Appunti di Viaggio per un Escursione Geo-morfologica in Alta Valtiberina a cura di Marco Caciagli Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. sede di Arezzo Schema semplificato della distribuzione delle fascie sismogeneticamente attive (in arancione) con possibili risentimenti in Italia (tratto da http://diss.rm.ingv.it/diss/ ) e distribuzione dei principali centri vulcanici nell’area mediterranea (tratto da Global Volcanism Program, Smithsonian Institution. http://www.volcano.si.edu/index.cfm ) Scala Geocronologica e principali avvenimenti paleogeografici ed evolutivi (tratti da Bortolotti V (a cura di), 1992, L'Appennino Tosco-Emiliano. Guide Geologiche Regionali S.G.I., Vol. 4, BE-. MA Editrice: 329 pp.) Circa 35 milioni di anni fa (Oligocene inferiore) l’orogenesi alpina era già in atto. Corsica, Sardegna, Isole Baleari, facevano parte della Placca Europea. Circa 28 milioni di anni fa (Oligocene superiore) comincia l’orogenesi appenninica, a partire dal margine meridionale del fronte alpino, e procede verso est. Circa 20 milioni di anni fa (Miocene inferiore) Corsica, Sardegna, Isole Baleari sono già separate dall’Europa e migrano verso le attuali posizioni seguendo l’evoluzione dell’arco appenninico. Evoluzione del fronte appenninico nel corso degl’ultimi 30 milioni di anni. Si notino le diverse velocità di migrazione del fronte appenninico, in particolare tra le sue parti settentrionali e quelle meridionali (arco calabro). La sequenza stratigrafica che si osserva nelle ofioliti corrisponde alla sequenza di formazione della litosfera nelle dorsali medio-oceaniche: Sedimenti: Argilliti (Argille nere) e selci depositatesi sul fondo oceanico. Sequenza effusiva: Basalti a cuscino che mostrano la superficie di contatto tra il magma e l’acqua di mare. Filoni stratificati: filoni colonnari che alimentano superiormente i basalti a cuscino. Rocce intrusive superficiali: Gabbro isotropico, che indica la presenza di una camera magmatica dove avviene il frazionamento del magma. Peridotite massiva: Strati ricchi in dunite che sono esterni alla camera magmatica. Peridotite tettonizzata: roccia del mantello ricca in Harzburgite-Lherzolite. livello del mare Sedimenti di mare profondo (Radiolariti, Diaspri, ecc...) Basalti “pillow lava” Dicchi/Filoni Gabbri Moho sismica Rocce ultrafemiche Moho petrologica Peridotiti Mantello Superiore Le rocce ultrafemiche, ultramafiche o ultrabasiche sono rocce ignee con contenuto molto basso, meno del 45%, di silice, generalmente percentuale superiore al 18% di ossidi di magnesio, ossidi ferrosi elevati, basso contenuto in potassio, e sono composte principalmente da minerali femici. Il mantello terrestre è considerato principalmente composto da rocce ultrafemiche. Vengono considerate rocce ultrafemiche quelle che presentano un contenuto di minerali femici (olivine, monticellite, pirosseni, anfiboli, miche, melilite, minerali opachi e accessori dello zircone, apatite, titanite, epidoti, allanite e carbonati) uguale o superiore al 90%, come ad esempio le peridotiti, composte prevalentemente da olivina e pirosseni. Possono essere suddivise in: Rocce ultrafemiche intrusive (esempio peridotite), le più diffuse Rocce ultrafemiche effusive o vulcaniche (esempio: picrite), rare e di origine antica Rocce ultrafemiche ultrapotassiche (esempio: kimberlite) Rocce ultrafemiche metamorfizzate (esempio: serpentinite) 1. Camera magmatica assiale 2. Sedimenti 3. Basalti a cuscino (pillow lava) 4. Dicchi basaltici foliati 5. Gabbro stratificato 6. Cumuliti di Dunite/peridotite Il Gabbro è una roccia intrusiva olocristallina, formata principalmente da plagioclasio e pirosseni. Il gabbro è il corrispondente intrusivo del Basalto, roccia ignea effusiva, e del diabase, roccia ignea subvulcaniche o filoniana. Il gabbro è costituito da uno o più minerali, con presenze in percentuali diverse, appartenenti a plagioclasi calcico-sodici, pirosseni, olivina e anfibolo. Sono inoltre presenti, in quantità accessorie: cromite, ilmenite e magnetite. Nel gabbro è sempre presente il plagioclasio; se assente, a parità di altri fattori, si parla di rocce intrusive ultrafemiche, costituite in prevalenza o associazione, da pirosseni ed olivine. Con il termine Diaspro (parola di origine persiana) si indica una roccia sedimentaria mono-mineralogica, ossia formata da un unico minerale, composta da quarzo (SiO2), e contenente sovente alcune impurità, solitamente atomi di ferro che conferiscono alla roccia vivaci colorazioni, rendendola ricercata come pietra semi-preziosa per la lavorazione in opifici. Il minerale si forma per sedimentazione e precipitazione di silice in acque abbondanti di questo elemento, sedimentazione/precipitazione innescata da un processo vulcanico innescato nel bacino acquifero stesso ] la precipitazione/sedimentazione della silice può avvenire sottoforma di "gel" che in seguito, dopo la depositazione sul fondo del bacino, si solidifica, tuttavia l'origine del diaspro può essere a volta organogeno è può essere originato quindi da alcuni tipi di spugne[1] e/o radiolari[1] e/o gusci silicei di diatomee (rispettivamente animali appartenenti al genere porifera, animali unicellulari planctonici ed alghe unicellulari planctoniche). La circolazione di fluidi idrotermali attraverso la crosta oceanica neoformata causa la serpentinizzazione, cioè l’alterazione delle peridotiti e l’alterazione dei minerali costituenti i gabbri e i basalti verso organizzazioni mineralogiche di più bassa temperatura. Per esempio, plagioclasi, pirosseni, e olivine nei filoni colonnari e nelle parti effusive si alterano in albite, clorite e serpentino rispettivamente. Spesso, filoni ricchi di zolfo-ferro si trovano sopra rocce molto alterate di epidoto e quarziti, che sono la prova della presenza di attività idrotermale che continuava ad operare sulla crosta oceanica che si allontanava progressivamente dalla dorsale. La serpentinite è una roccia ultrafemica metamorfizzata appartenente alla famiglia delle peridotiti, rocce nelle quali quasi tutti i minerali componenti (olivina, pirosseno e a volte gli anfiboli) si sono trasformati in serpentino. Affioramento della serie oceanica dei Monti Rognosi. A lato un estratto della Carta Geologica d’Italia 1:50000 (Foglio Città di Castello) relativa ai Monti Rognosi. Nella pagina precedente, descrizione delle roccie della Unita ofiolitica dei Monti Rognosi tratta dalle note illustritive della suddetta carta. Qui sotto una ipotesi di ricostruzione di un settore di Oceano Ligure-Piemontese nel Giurassico superiore e durante la fase compressiva alpina nel Cretaceo superiore e uno schizzo dell’affioramento con pillow-lava nei pressi della località “il Conventino” (tratti da Bortolotti V (a cura di), 1992, L'Appennino Tosco-Emiliano. Guide Geologiche Regionali S.G.I., Vol. 4, BE-. MA Editrice: 329 pp.) Tre stadi di dissecamento di un versante di faglia ad opera delle acque dilavanti. Nell’ultimo sono riconoscibili le “faccette triangolari” (da BRANCACCIO et alii, 1979) Modello evolutivo della crescita delle faglie distensive (o normali) (da TRUDGILL et alii, 1994). Elephas (Palaeoloxodon) antiquus ( Museo di Paleontologia dell’Università di Roma“La Sapienza”). Pleistocene medio-superiore (300.000-120.000 anni fa). Le diverse morfologie fluviali associate alle diverse fasi evolutive di un fiume. Ricostruzione del paesaggio del Valdarno superiore nel Pleistocene inferioremedio . Di seguito si riportano alcuni estratti della tesi di dottorato di Dario Delle Donne relativi all’Alta Valle del Tevere (Delle Donne, D., 2005. Tettonica attiva dell'Appennino Settentrionale nel settore compreso tra l'Appennino Pistoiese e l'alta Val Tiberina. PhD Thesis University of Florence, 144 pp) Inquadramento geologico strutturale e sismotettonico Il bacino Quaternario dell’Alta Valle del Tevere, ubicato tra la Toscana e l’Umbria (fig. 4.1), costituisce una pianura alluvionale intermontana ad una quota media di 300 m (s.l.m.). Il bacino è delimitato a nord-est dallo spartiacque appenninico principale, e ad ovest dai rilievi dell’Alpe di Catenaia, che dividono il bacino Tiberino dal bacino del F. Arno. Il bacino dell’alta Valle del Tevere è stato sede di una sismicità di forte intensità (fig. 4.2), caratterizzata dall’occorrenza di 4 eventi la cui magnitudo stimata supera il valore di Mw=5.5 (25 dicembre 1352, Imax=8.5 (MCS); 26 aprile 1458, Imax=8.5 (MCS); 30 settembre 1789, Imax=9.5 (MCS); 26 aprile 1917, Imax= 9.5 (MCS)). Le sorgenti sismogenetiche associate ai terremoti del 1789 e del 1917 (Valensise & Pantosti Eds., 2001) si orientano parallelamente all’asse principale del bacino. La sismicità strumentale rilevata dalla Rete Sismica Nazionale (dal 1985 al 2001) si concentra nella zona di catena a nord di Sansepolcro ed è caratterizzata dalla presenza di sequenza sismiche che si allineano in senso NE-SW. La piana si estende longitudinalmente all’asse principale della catena appenninica in direzione NW-SE per una lunghezza di circa 20 km ed una larghezza massima di circa 15. Il Bacino Alto-Tiberino è delimitato da sistemi di faglie orientate NW-SE (Cattuto et al., 1995) e da sistemi orientati NE-SW. Tre unità tettoniche principali sono presenti nell’area della valle del Tevere: le unità Liguri ed il loro basamento oceanico costituiscono la dorsale dei Monti Rognosi a nord, mentre le successioni silicoclastiche delle Unità Toscane ed Umbre costituiscono l’area occidentale e sud-orientale. È presente una sistema di faglie estensionali, orientato nella direzione NW-SE, che costituisce il sistema bordiero sud-occidentale del bacino Alto Tiberino. La sezione sismica crostale Crop-03 attraversa il bacino Alto Tiberino ortogonalmente al suo asse principale, evidenziando in quest’area, un orizzonte riflettente importante che è stato riferito ad una faglia estensionale a basso angolo immergente verso est, denominata Faglia Alto Tiberina (fig. 4.5), la cui emersione corrisponde al sistema bordiero sudoccidentale del bacino. L’area nord-orientale è caratterizzata dalla presenza di strutture plicative e di sovrascorrimento orientate nella direzione N-S, e che sono riferibili alla fase principale di messa in posto delle unità Toscane su quelle Umbre. Tra Sansepolcro e San Giustino queste strutture sono segmentate da una tettonica compressiva per retro-scorrimenti orientata in senso NW-SE, e caratterizzata da un’estesa presenza, lungo i margini del bacino, di giaciture sia normali che rovesciate entrambe immergenti verso NE (fig. 4.4). Figura 4.1. Immagine Landsat-TM del settore compreso tra il bacino del Valdarno superiore ad ovest, e l’alta valle del Tevere ad est, e dal Casentino a nord, alla val di Chiana a sud. Sistemi di faglie orientate in senso NESW (linea tratteggiata nera) interferiscono e delimitano i vari bacini Quaternari (linea continua bianca). Figura 4.2. In Alta Valle del Tevere sono documentati 4 eventi sismici principali di magnitudo stimata superiore a 5.5 (Boschi et al, 2000); i dati di sismicità storica e strumentale evidenziano un generale trend NW-SE parallelo all’asse principale del bacino. 78 Figura 4.4: sezioni geologiche che attraversano il bacino Alto – Tiberino (ubicazione in tav. 2). Si individua una deformazione complessa e dominata da estensione lungo il lato sud-occidentale del bacino, e da compressione lungo il lato nord-orientale. 79 Figura 4.5: Dettaglio della sezione Crop-03 e relativa interpretazione (modificato da Finetti et al., 2001). Il bacino dell’alta valle del Tevere si ubica tra gli shot points 5550 e 5900. Mentre è ben evidenziabile il riflettore corrispondente alla faglia Alto-Tiberina (e.g. Boncio et al., 2000) non si identifica con chiarezza la struttura antitetica lungo il margine nord-orientale. 4.2 I depositi Quaternari La successione Quaternaria è datata a partire dal Pleistocene inferiore fino all’Olocene ed è composta da ciottolami calcarei ed arenacei che si interdigitano con argille ed argille limose (Cattuto et al., 1995). È stata eseguita una classificazione dei depositi di riempimento secondo i criteri della stratigrafia sequenziale e della allostratigrafia (e.g. Benvenuti et al., 2004; fig. 4.6, 4.7, 4.8). Sono elencati dal più antico al più recente le unità riscontrate: 1. Il sintema di Fighille – Monterchi (FM - Pleistocene Inferiore – Medio(?)), include argille e limi di piana alluvionale (FMa), alternati a ciottolami e sabbie disposte in letti spessi poche decine di metri, con provenienze da NW e da SW (FMb); 2. Il sintema di Anghiari (Pleistocene medio(?)) è composto da tre sub-sintemi: A1) costituito da sabbie e ciottolami calcarei con provenienze da NW; A2) consiste da sottili livelli di ciottolami e sabbie di ambiente fluviale, su cui si sviluppa un paleosuolo fersiallitico; A3) costituito da corpi di conoide alluvionale localizzati con clasti essenzialmente arenacei silico-clastici; 3. Il sintema del Fiume Tevere (Pleistocene medio finale – Olocene), include quattro subsintemi: TR1) rappresentato da depositi alluvionali terrazzati costituiti da ciottolami, sabbie e argille, che sono riferibili al riempimento delle paleo-valle del Torrente Sovara, ed alla grande conoide alluvionale del fiume Tevere. I depositi riferibili a questo sintema 80 si interdigitano verso i margini del bacino a conoidi alluvionali di modeste dimensioni, e depositi di versante. Ritrovamenti archeologici datano questi depositi al Paleolitico medio (120-130 ka); TR2) consiste in a) depositi fluviali della piana alluvionale del Fiume Tevere, b) conoidi alluvionali e depositi di versante lungo i margini del bacino che si impostano sopra i depositi riferibili al sub-sintema TR1; TR3) si riscontra limitatamente all’area di Sansepolcro ed è costituito da corpi di conoide alluvionale progradanti sui depositi fini di pianura alluvionale; TR4) costituito da ciottolami fluviali, sabbie e limi dell’attuale valle del Tevere. 81 Figura 4.6. Schema geologico del settore settentrionale del bacino (bacino di Anghiari – Sansepolcro) e suddivisione della successione Quaternaria in Unità a Limiti Inconformi (modificato da Benvenuti et al., 2004). Il grande corpo di conoide orientato NW-SE separa due bacini di sedimentazione ubicati rispettivamente lungo il margine sud-occidentale e nord-orientale della Valle del Tevere. 82 Figura 4.7. Sezione geologica schematica, da ovest ad est del bacino Alto tiberino (ubicazione in fig. 4.6). Sono evidenziate i vari corpi deposizionali della successione Quaternaria e le loro reciproche relazioni stratigrafiche. L’analisi stratigrafico – sequenziale ha permesso di distinguere tre principali unità a limiti inconformi (UBSU). Una superficie di discordanza angolare separa il Sintema di Monterchi – Fighille (FMa-b) dal Sintema di Anghiari (A1-3). Il fenomeno di basculamento progressivo a carico di quest’ultimi sintemi è in relazione all’attività della faglia ubicata lungo il corso del T. Sovara. Successivamente, l’attivazione della faglia di Anghiari provoca il sollevamento della successione Quaternaria (FM e A) e la deposizione della successione TR. Figura 4.8. Sezione geologica (ubicazione in fig. 4.6) che mostra le relazioni stratigrafiche del sintema TR e dei vari sub-sintemi costituenti. L’attività della faglia di Anghiari è registrata dal sintema TR nella sequenza terrazzata, presente lungo il blocco sollevato, e nella sequenza aggradante lungo il blocco subsidente. 83 4.4 La Faglia di Anghiari ed il sistema di faglie estensionali del margine sud-occidentale La storia geologico evolutiva del bacino indotta dall’attività del sistema di faglie sudoccidentale può essere così riassunta (fig. 4.11): durante il Pleistocene Inferiore – Medio si forma una depressione lungo il margine sud-occidentale del bacino, causata dall’attivazione di una faglia orientata NW-SE ubicata lungo la valle del Torrente del Sovara (Tav. 2; sez. B fig. 4.4, Faglia del Sovara). Infatti la valle del torrente Sovara delimita gli affioramenti del substrato pre-Quaternario, presenti ad ovest, dagli affioramenti dei depositi Quaternari presenti ad est. L’attività della faglia del T. Sovara controlla la sedimentazione clastica della successione riferibile al Pleistocene Inferiore-Medio che corrisponde ai sintemi di Fighille– Monterchi (FM) ed Anghiari (A1-3). Quest’ultimi sono delimitati da una superficie di discordanza angolare. Infatti il Sintema di Monterchi-Fighille presenta inclinazioni di 30-40° verso il letto della faglia del T. Sovara (SW), mentre il sintema di Anghiari presenta giaciture pressoché orizzontali. Ciò implica che tra la deposizione dei due sintemi si è verificato un basculamento del letto della faglia del T. Sovara. Successivamente si nuclea la faglia di Anghiari, determinando il sollevamento dei depositi riferibili ai sintemi di Anghiari e Fighille – Monterchi con la formazione della dorsale di Anghiari – Citerna. Sul blocco ribassato della faglia, i depositi riferibili al sintema del Fiume Tevere (TR) iniziano a depositarsi sopra i precedenti, mentre sul blocco sollevato si attuano fenomeni di intensa lisciviazione ed alterazione. Il terrazzo di Anghiari (A2) si forma alla sommità della dorsale di Anghiari – Citerna, costituendo così un marker temporale dell’attivazione della faglia di Anghiari. In sintesi si verifica, lungo il margine occidentale del bacino, una progradazione della deformazione verso il centro del bacino di sedimentazione. L’attività della faglia di Anghiari è riscontrabile nell’assetto dei depositi tardo-Quaternari: sul blocco sollevato della faglia si forma la successione terrazzata, presente nella valle del T. Sovara, mentre sul blocco ribassato si forma una sequenza clastica aggradante alla base del fronte montuoso. Le strie su piani di faglia e le impronte di pressione-dissoluzione su ciottoli (fig. 4.12) a carico dei depositi Quaternari, indicano una cinematica estensionale con asse di massima estensione orientato ortogonalmente all’asse principale del bacino. Inoltre, alcuni affioramenti suggeriscono probabili eventi di fagliazione avvenuti nei tempi storici (fig. 4.13). 86 Figura 4.11. Schema evolutivo del margine SW del bacino Alto-Tiberino. a) l’attività della faglia del F. Sovara genera la conca intermontana (sintemi Fm ed A, fig. 4.6); b) l’attivazione verso il centro del bacino della faglia di Anghiari provoca l’esumazione di parte della successione clastica precedentemente deposta, e la sedimentazione del sintema TR. Figura 4.12. Dati strutturali su depositi Quaternari del bacino Tiberino. Per l’ubicazione vedi Tav. 2. Lo stress tettonico principale è orientato nella direzione NE-SW. Faglie NE-SW sono presenti. 87 Figura 4.13. Un’escavazione ha portato alla luce un’affioramento di depositi Quaternari riferibili al sub-sintema A1, che sono interessati da una serie di faglie di modeste dimensioni e sigillate da cinque metri di depositi di versante tramite una superficie di discordanza. Un corpo clastico cuneiforme, entro il quale sono stati rinvenuti reperti archeologici databili al 17° secolo D.C., giace a ridosso del piano principale di faglia. Questo affioramento può rappresentare un evento di fagliazione di superficie avvenuto nel 17° secolo D.C. L’evoluzione della sezione può essere riassunta nei seguenti punti: 1. Formazione del versante sui depositi Quaternari esumati della dorsale di Anghiari – Citerna; 2. Un evento di fagliazione deforma la superficie topografica determinando una scarpata; 3. il processo d’erosione degrada la scarpata, producendo materiale colluviale che seppellisce parzialmente la scarpata stessa; 4. i depositi antropici seppelliscono la sezione. 4.4.1 La faglia di Anghiari – Aspetti morfotettonici La dorsale collinare di Anghiari costituisce il principale elemento fisiografico del bacino Quaternario, ad una quota topografica di circa 90 metri rispetto alla pianura attuale (fig. 4.14). La collina presenta un profilo asimmetrico con versanti nord-orientali più acclivi (Cattuto et al., 1995). Alla sua sommità si trova il terrazzo alluvionale riferibile al sub-sintema A2, al cui 88 tetto è presente un paleosuolo molto sviluppato. L’intensa alterazione meteorica ha prodotto un suolo di tipo fersiallitico di colore rossastro molto intenso che costituisce un aspetto peculiare del rilievo di Anghiari. La faglia di Anghiari delimita verso est il colle omonimo, determinandone il suo sollevamento ed esumazione. La faglia separa gli affioramenti dei depositi Quaternari antichi (sintemi FM, A, fig. 4.6), dai più recenti depositi alluvionali della valle del Tevere (sintema TR, fig. 4.6). Il fronte montuoso è molto rettilineo, e mostra faccette triangolari molto sviluppate ed alte fino a 65 metri (Tanini, 1998), che si sviluppano lungo i ciottolami calcarei riferibili al subsintema di Anghiari (A1). I versanti sono caratterizzati dalla presenza diffusa di materiale clastico colluviale. I corsi d’acqua incidono profondamente i deposti Quaternari che costituiscono il rilievo di Anghiari, formando valli a calice. L’analisi di carte topografiche di dettaglio in scala 1:2.000 e di foto aeree, ha rivelato la presenza di una scarpata parallela alla base del fronte montuoso alta circa 10 metri che disloca i corpi di conoide alluvionale alla base del fronte montuoso (fig. 4.15). Figura 4.14. a) in alto, D.E.M. estratto da cartografia numerica in scala 1:10.000 del fianco orientale del rilievo collinare di Anghiari (ubicazione in tav. 2). A nord (la destra della figura) la collina di Anghiari è caratterizzata da faccette triangolari molto sviluppate su un fronte montuoso piuttosto rettilineo. Verso sud il fronte montuoso è più sinuoso. b) In basso vista panoramica del rilievo collinare di Anghiari. La traccia della faglia è caratterizzato dalla presenza di una scarpata alta circa 10 metri. 89 Figura 4.15. Dettaglio della faglia di Anghiari (ubicazione in tav.2). La scarpata che sta alla base del versante, taglia i corpi di conoide alla base del fronte montuoso, sollevandone l’apice di circa 10 metri. A sud dell’abitato di Anghiari, la faglia si divide i due segmenti principali ribassanti entrambi il lato nord-orientale (tav. 2). Il movimento congiunto lungo i due sistemi provoca il basculamento del blocco intermedio (fig. 4.16). Infatti i depositi Pleistocenici mostrano, lungo il blocco intermedio, giaciture da 20 a 40°. I depositi riferibili ad A2 (terrazzo di Anghiari) sono ribassati di circa 30 metri rispetto ai loro corrispettivi presenti sul letto della faglia, e presentano inoltre un basculamento (Tanini, 1998) di circa 2° verso SW (fig. 4.17). L’interpretazione delle stratigrafie dei sondaggi presenti nel catalogo dei pozzi della Provincia di Arezzo, evidenzia un ispessimento dei depositi tardo-Quaternari verso SW (fig. 4.18), identificando un piccolo depocentro tardo-Quaternario (sag pond) caratterizzato inoltre dalla presenza di un reticolo centripeto (Cattuto et al., 1995). Il reticolo idrografico mostra sensibili variazioni nella tipologia di decorso all’attraversamento della zona di basculamento. Infatti il Torrente Sovara, che risulta antecedente rispetto al sollevamento della dorsale di Anghiari, è caratterizzato da un canale rettilineo lungo il blocco in sollevamento, mentre nella zona di basculamento esso presenta un canale meandriforme (tav. 2, fig. 4.16). Quest’evidenza è in accordo con il continuo processo di basculamento nei tempi compatibili con l’evoluzione della dinamica fluviale. 90 Figura 4.16. D.E.M. che mostra l’influenza dell’attività della faglia di Anghiari sulla morfologia del rilievo topografico (punto di vista in tav. 2). Il sollevamento tardo-Quaternario del colle di Anghiari è registrato dalla presenza di terrazzi alluvionali lungo la valle del Torrente Sovara. In prossimità dell’abitato di Anghiari, il sistema si divide in due segmenti principali individuando un’area di basculamento confinata tra i segmenti stessi. Il terrazzo di Anghiari (A2) che caratterizza la sommità del rilievo longitudinale, è dislocato e basculato, come i depositi Quaternari antichi. Il piccolo bacino aggradante di Monterchi è inoltre visibile. Fig. 4.17. Il terrazzo fluviale presente sulla sommità del colle di Anghiari risulta basculato verso SW (sinistra della foto) di circa 2° (punto di vista in fig. 4.16). 91 Figura 4.18. Sezione geologica nella zona di Monterchi eseguita con l’ausilio dei sondaggi disponibili (da W, sinistra della figura, ad E, destra della figura, ubicazione in Tav. 2). Un corpo sedimentario, riferibile alla successione tardo-Quaternaria (sintema TR1-3), si imposta sui depositi Quaternari antichi (sintemi Fm e A1-3), ispessendosi verso la faglia fino a raggiungere uno spessore maggiore di 40 metri. 4.4.2 Faglia di Anghiari – Sismica a riflessione I risultati della prospezione sismica descritta al paragrafo 4.3 mostrano un’ottima immagine del sottosuolo, caratterizzata da numerosi eventi di riflessione (fig. 4.19). È stata tentata un’interpretazione dell’immagine sismica, considerando la stratigrafia, gli spessori misurati nella successione Quaternaria esposta e l’architettura dei depositi emersa dall’immagine sismica stessa. Una zona di faglia est-immergente può essere riconosciuta fino a 300 metri sotto la superficie topografica. Il piano principale è leggermente arcuato, e presenta un’inclinazione media di circa 60°. La traccia della faglia coincide in superficie con la scarpata di faglia alla base del fronte montuoso, che è stata evidenziata dall’analisi morfostrutturale (fig. 4.15). I riflettori presenti al tetto della faglia mostrano una generale struttura anticlinale di roll-over, e relativamente alla zona più superficiale essi identificano un ispessimento dei sedimenti verso la zona faglia. Quest’ultima geometria è stata interpretata come l’effetto di una sedimentazione sin-tettonica verificatasi a ridosso della faglia di Anghiari. 92 Figura 4.19. Immagine sismica della faglia di Anghiari e relativa interpretazione. In basso a sinistra è raffigurato un dettaglio dell’immagine sismica che evidenzia l’unità superficiale associata al movimento della faglia. La traccia della faglia corrisponde in superficie alla scarpata che sta alla base del fronte montuoso. L’integrazione dei dati di sismica con i dati morfo-strutturali ha permesso di valutare il rigetto verticale totale verificatosi posteriormente alla formazione del terrazzo di Anghiari. Questo risulta pari a 190 m, che deriva dalla somma tra l’elevazione della dorsale di Anghiari rispetto alla piana attuale (90 m), e lo spessore della successione sin-tettonica misurato in prossimità della faglia (100 m). Nel complesso i depositi Quaternari raggiungono lungo il margine sudoccidentale uno spessore di almeno 300 metri. 4.5 Studio morfostrutturale nella zona di Sansepolcro (margine nord-orientale) Il margine nord-orientale del bacino presenta una tettonica complessa di tipo prevalentemente compressivo (par. 4.1), e dove la tettonica estensionale è scarsamente rappresentata dalla geologia di superficie. Il fronte montuoso nord-orientale (fig. 4.20) è caratterizzato da i seguenti elementi morfo-strutturali: i) una scarpata morfologica cumulativa di 100 m alla base del versante, ii) piccole faccette triangolari su cui si sviluppano alcune spianate sommitali, iii) conoidi alluvionali coalescenti alla base del fronte montuoso; iv) terrazzi fluviali elevati 3 m sopra il livello attuale dei corsi d’acqua, presenti entro la valle del Torrente Afra. La sovrapposizione dei corpi di conoide alluvionale più recenti su quelli più antichi, suggerisce un processo di subsidenza contemporaneo alla sedimentazione clastica che agisce alla base del fronte montuoso nord-orientale. Questo probabilmente ha avuto luogo durante l’ultimo massimo glaciale (intorno ad i 14 ka), quando la disponibilità di sedimenti era maggiore. Le osservazioni enunciate sono in accordo con l’ipotesi un controllo tettonico dell’evoluzione del fronte montuoso nord-orientale. 94 Figura 4.20. Schema morfo-strutturale dell’area di Sansepolcro e traccia del profilo sismico. Sistemi di faglie orientate NW-SE interessano la catena appenninica sollevando il settore nord-orientale. Conoidi coalescenti (bahada) si sviluppano al margine del bacino. I versanti presentano una scarpata morfologica di 100 metri alla propria base. 4.5.1 Profilo sismico a riflessione Il profilo sismico eseguito lungo il margine orientale è lungo circa 1600 m (fig. 4.21). L’immagine finale non risulta però così definita come quella acquisita lungo il margine sudoccidentale. La sezione è infatti caratterizzata da pochi eventi di riflessione, e ciò può essere dovuto a 1) la mancanza di alternanze tra livelli fini e grossolani: l’apporto detritico lungo il margine nord-orientale è molto maggiore che lungo il margine opposto poiché i bacini idrografici sono di maggiori dimensioni, 2) il forte contrasto d’impedenza tra le rocce del 95 Figura 4.22. Diversioni fluviali e conoidi alluvionali recenti nella zona di faglie trasversali al bacino (da Benvenuti et al., 2004). Le anomalie del reticolo e le decapitazioni del bacino d’alimentazione delle conoidi suggerisce una componente d’attività trascorrente lungo i segmenti di faglie bordiere. 4.7 Discussione ed implicazioni sismotettoniche Sono stati studiati i sistemi di faglia che localmente hanno controllato l’evoluzione Quaternaria dell’Alta Valle del Tevere. Il sistema estensionale sud-occidentale è caratterizzato da una storia evolutiva che risale alla prime fasi di formazione del Bacino Alto-Tiberino. Si identifica una progressiva migrazione della deformazione verso il centro del bacino, che ha 98 determinato l’aggradazione di una successione sedimentaria continentale di oltre 300 metri di spessore. Lungo il margine settentrionale la subsidenza locale di circa 100 metri, identificata dall’analisi morfostrutturale e sismica, può essere in relazione alle strutture compressive retrovergenti che delimitano il bacino verso est. Il sistema trasversale delimita l’estensione verso nord delle strutture bordiere del bacino Tiberino e probabilmente determina la formazione di anomalie nel reticolo idrografico. Comunque, la struttura principale che presenta i maggiori rigetti e le migliori evidenze è la struttura bordiera sud-occidentale di Anghiari. Questa è da associarsi all’evoluzione principale del bacino Quaternario di sedimentazione e può rappresentare l’emersione della faglia Alto Tiberina (e.g. Collettini et al., 2000) alla sua estremità settentrionale. La faglia Alto Tiberina non proseguirebbe verso nord, ma sarebbe confinata alla Valle del F. Tevere, e si estenderebbe verso sud fino all’area dei Massicci Perugini (e.g. Boncio et al., 2000). Ciò contrasta fortemente con l’ipotesi sulla presenza dell’Etrurian Fault System, estensione verso NW della faglia Alto Tiberina (Boncio et al., 2000). Per quanto riguarda gli aspetti sismotettonici del bacino Alto Tiberino, è da notare che nella sua relazione effettuata a seguito del terremoto dell’Alta Valle del Tevere del 1917 (Me=6, Boschi et al., 2000), Oddone (1918) descrive in dettaglio alcune fessurazioni superficiali associate a questo terremoto. Queste si ubicavano in particolare in prossimità della faglia più occidentale del sistema di Anghiari, presso Monterchi, suggerendo così l’attivazione di questa struttura in quell’evento (fig. 4.23). Tale ipotesi è in accordo con la posizione e l’orientazione della sorgente sismogenetica associata a questo terremoto (fig. 4.23). Inoltre la zona di Anghiari, che presenta le caratteristiche più evidenti di attività, non presenta epicentri di terremoti importanti localizzati nelle immediate vicinanze, né presenta localizzazioni strumentali. Questo genera una notevole asimmetria nella distribuzione macrosismica e strumentale degli epicentri dei terremoti dell’alta Valle del Tevere. Il terremoto del 1948 danneggiò l’abitato di Sansepolcro, ubicato in prossimità del margine nord-orientale del bacino, e produsse fessurazioni ai margini del bacino orientate parallelamente al F.Tevere (Boschi et al., 2000). Sono state identificate alla base del fronte montuoso nella zona di Sansepolcro, probabili dislocazioni dei depositi fluviali presenti (fig. 4.24) che potrebbero essere in relazione a fagliazioni di superficie che si sono cumulati nel tempo. Quindi probabilmente anche il sistema bordiero nord-orientale, sebbene abbia un’importanza minore nell’evoluzione generale del bacino Tiberino, risullta capace di generare terremoti. 99 Figura 4.23. Schema sismotettonico dell’Alta Valle del Tevere. Sono indicate le principali caratteristiche geometriche delle faglie bordiere indagate e l’ubicazione delle fessurazioni documentate da Oddone durante il terremoto del 1917. Figura 4.24: Scarpata di circa 50 cm entro depositi fluviali tardo-Quaternari alla base del fronte montuoso nordorientale (ubicazione in fig. 4.20). Questa evidenza può rappresentare un probabile evento di fagliazione di superficie. 100 1917April26, 09:35:59 GMT - Io IX-X ; Me=5.9 Il terremoto colpì l’alta Val Tiberina, in particolare alcuni centri situati sui rilievi collinari alla destra del corso del Tevere. I paesi più danneggiati furono Monterchi e Petretole, che vennero distrutti pressocché completamente; altre 5 località (Citerna, Lippiano, Lugnano, Monte Santa Maria Tiberina e Padonchia) subirono crolli estesi a gran parte dell’abitato. Il numero di abitazioni distrutte o dichiarate inagibili fu altissimo: a Monterchi e nel suo territorio il 90% delle case crollarono o divennero inabitabili; a Citerna, Lippiano, Lugnano e Monte Santa Maria Tiberina il 50% subirono crolli o gravi lesioni. Secondo il parere degli esperti che visionarono direttamente i danni, gli edifici crollati erano per lo più vecchi o mal costruiti. Gravi danni subì Sansepolcro, dove 200 case furono lesionate gravemente e divennero inabitabili e 900 furono danneggiate in modo più leggero; danni notevoli avvennero anche ad Anghiari e Città di Castello. Non ci furono interruzioni alle linee ferroviarie, né danni rilevanti a ponti e strade. L’area di risentimento fu molto vasta (non meno di 30.000 kmq), estesa a gran parte della Toscana, dell’Umbria e delle Marche; più leggermente la scossa fu avvertita fino alla Romagna e al Lazio settentrionale. BIBLIOGRAFIA BIGI S., DOGLIONI C. & MARIOTTI G. (2002) – Thrust vs normal fault decollements in the Central Apeninnes. – Boll. Soc. Geol. It. Vol. Spec. N.1, pp. 161-166. BORTOLOTTI V (A CURA DI), (1992) - L'Appennino Tosco-Emiliano. Guide Geologiche Regionali S.G.I., Vol. 4, BE-MA Editrice, pp. 329. BRANCACCIO L., CINQUE A. & SGROSSO I. (1979) – Forma e genesi di alcuni versanti di faglia in rocce carbonatiche: il riscontro naturale di un modello teorico. – Estratto dal Rend. Acc. Sc. Fis. Mat. della Soc. Naz. di Sc. Lett. e Arti, Napoli, serie IV, vol. XLVI, pp. 1-21. CATALANO R., DOGLIONI C., MERLINI S. (2001) – On the Mesozoic Ionian Basin. Geophys. Journal Int. 144, pp. 49-64. DELLE DONNE, D., (2005). 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