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R eport
diAnno XVI - Supplemento a MARK UP 180 - settembre_2009
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Comunicazione
&Marketing
Urbanistica ❖ Real Estate ❖ Centri Commerciali
Settembre 2009
- Settembre 2009
Comunicazione & Marketing
Urbanistica ❖ Real Estate ❖ Centri Commerciali
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Sommario
n.3 - Settembre 2009 www.markup.it
Editoriale
Per i centri commerciali
il marketing fa la differenza di Roberto Pacifico
5
Una coerente strategia di comunicazione
crea distintività di Roberto Pacifico
6
Iniziative ed eventi cambiano
secondo tre classi dimensionali di Roberto Pacifico
8
La creatività genera identità di Raffaele Manfredi
Oriocenter 2004-2009:
l’evoluzione continua di Michele Neri 10
12
I centri commerciali vanno
gestiti come department store
di Luca Bastagli Ferrari
15
Per Multi il concetto chiave
è il luogo d’incontro
di Nicola Semprevivo 17
Come Il Vulcano Buono
ha affrontato la crisi
di Massimiliano Peron 18
Link utili
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- Settembre 2009
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Retail is Detail
Multi shopping centres host 10,599 retailers and 764,151,342 customers
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Per i centri commerciali
il marketing fa la differenza
C
on lo speciale dedicato alla comunicazione e al
marketing dei e nei centri commerciali siamo giunti al terzo appuntamento con I Report di MARK UP.
Sponsor di questa edizione è Canali & C., operativa da anni nella consulenza strategica per l’industria degli shopping center, e che nel 2009 ha curato la comunicazione
interna ed esterna di Ecocentro, iniziativa sviluppa dal
centro commerciale Oriocenter a Orio al Serio (Bg), nella quale si mescolano promozione, animazione scenica,
ed edutainment. Ecocentro rappresenta un motivo non
solo per comunicare ed educare nel campo dell’ecologia,
ma anche un pretesto per offrire spazio e visibilità a soluzioni e prodotti concepiti e realizzati per ridurre l’impatto ambientale: Ballarini, Maniva, Rex, Ropeca,
Samsung, Sony, Volkswagen, sono
solo alcune delle 50 aziende scelte che operano in settori molto diversi, dall’alimentare alla bellezza/
cura persona, dall’arredo casa agli
elettrodomestici, dal settore automobilistico alla domotica. All’obiettivo promozionale e commerciale si
lega dunque un momento formativo rivolto a bambini e classi scolastiche: fra i partner dell’operazione spicca Costa Edutainment che ha curato le
animazioni per il pubblico.
Oriocenter è uno dei più grandi centri commerciali italiani sia per dimensione (74.600 mq di Gla e 200 negozi) sia
per fatturato: tra ipermercato a insegna iper la grande i, e
negozi, si superano i 450 milioni di euro; con queste credenziali, la direzione del centro può dunque avvalersi di
un budget marketing tra i più cospicui, almeno 1,5 milioni di euro. Indubbiamente il marketing, inteso come complesso di attività, campagne, ed eventi, costa, soprattutto
se si vogliono fare le cose bene e in grande. Inoltre, molto dipende dalla volontà dell’investitore: nel caso di Oriocenter, parliamo della proprietà, Commerz Real Bank AG,
che ha incaricato la direzione e il marketing del centro di
organizzare Ecocentro.
Ecocentro, così come “Acque chiare - giro d’Italia a nuoto” (Cogest Italia-Uisp-Lega Nuoto), che si è aggiudicato
l’ICSC Solal Marketing Awards 2009, rappresentano un
- Settembre 2009
aspetto del marketing dei centri commerciali, quello per
così dire più creativo, più utile e formativo sul fronte sociale e culturale, più originale e impegnativo sotto il profilo tecnico e organizzativo.
L’altro aspetto del marketing è raffigurabile nell’iniziativa “Vinci la tua casa”, promossa dal centro commerciale Il
Ducale a Vigevano: dal 1° settembre al 22 dicembre 2009
si svolge un concorso che permetterà di vincere un bilocale di nuova costruzione realizzato da Edil Carnevale, presso la residenza Susanne a Gambolò. Questa iniziativa segue l’analogo concorso lanciato dal Vulcano Buono quest’estate, come ci spiega Massimiliano Peron. Uno degli
aspetti più delicati nella strategia di
comunicazione dei centri commerciali è rappresentato dalla difficoltà
di armonizzare esigenze molto diverse che riflettono la complessità
del centro commerciale inteso non
come prodotto immobiliare, ma come luogo/piazza nel quale opera un
insieme non omogeneo di operatori commerciali. Da un lato comunicare il centro commerciale come
brand. Dall’altro, le esigenze commerciali e promozionali dei tenant, per non parlare dell’ipermercato, locomotiva alimentare degli shopping center italiani, che segue calendari promozionali indipendenti. In altre parole, non è facile armonizzare le iniziative in
materia di comunicazione promosse dalle proprietà con
le reali esigenze dei negozi nella galleria. La scelta si porrà quindi sempre più fra due polarità: strategie comunicazionali finalizzate al rafforzamento della brand identity di un centro - che garantiscono immagine e traffico, ma
non necessariamente scontrini - e operazioni, come i concorsi a premi, più tarate sul target degli acquirenti e orientate all’incremento del fatturato. In quest’ultimo caso, c’è
una controindicazione: i premi comuni non bastano più.
Bisogna inventarsi cose concrete e necessarie, e/o speciali. Appunto come posti di lavoro o appartamenti. Sui premi speciali saremo ben disposti a suggerire all’immaginazione degli operatori un elenco di sicuro successo: basta
un po’ di fantasia…
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Roberto Pacifico
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Una coerente strategia di
comunicazione crea distintività
E
rmanno Canali è presidente di
Canali & C, una delle più note
agenzie di comunicazione integrata che da anni collabora in modo specifico con l’industria dei centri
commerciali nell’accezione più ampia,
comprensiva, cioè, di parchi commerciali e factory outlet center. Ed è proprio la specializzazione maturata in
questi tre grandi ambiti dell’immobiliare commerciale a conferire unicità a
Canali & C, la cui esperienza si dipana
così attraverso un percorso professionale ripartito equamente fra i più diversi modelli di shopping center: dal
piccolo centro commerciale fino a giganti dello store traffic come Porta di
Roma e Oriocenter, che, con fatturati
rispettivamente di circa (la stima è di
Mark Up) 600 e 450 milioni di euro,
dominano le posizioni alte nella classifica dei primi 10 shopping center italiani per vendite aggregate (iper + galleria). A proposito di Oriocenter, Canali & C cura tutta la comunicazione
interna ed esterna del progetto Ecocentro (si veda il box).
Ermanno Canali, 54 anni, viene dal
mondo della pubblicità con la P maiuscola - suo mentore è stato Claudio
Maria Masi, fratello del più famoso
Diego, presidente di Assocomunicazione - settore nel quale ha percorso
tutte le principali tappe intermedie,
dalla vendita di spazi pubblicitari in
Manzoni fino alla costituzione di una
propria società a Reggio Emilia che lo
ha portato a interessarsi sempre più di
retail e di centri commerciali. E in tale ambito il primo importante cliente è
stato lo shopping center I Gigli a Campi di Bisenzio (Fi), seguito dal Grandemilia (Mo). Con l’acquisizione del
budget marketing del centro di Montebello della Battaglia (Pv), Ermanno
- Settembre 2009
quadro è in parte cambiato. Le società d’investimento attribuiscono alla leva del marketing un’importanza superiore rispetto alla considerazione che
altri soggetti istituzionali rivolgono a
questa disciplina.
Ermanno Canali,
presidente Canali & C
Canali conosce Michele Neri, allora responsabile marketing di Psg, oggi vice
presidente di Canali & C.
Un altro aspetto distintivo - che si lega all’attività complessiva, la comunicazione integrata - è l’orientamento di
Canali alla consulenza strategica che,
in ultima analisi, esercita un forte impatto sulle strategie di marketing. Data la forte attualità dell’argomento, avviamo l’intervista con Ermanno Canali
proprio da questo punto.
Dott. Canali si va sostenendo da
più parti che il marketing nei centri commerciali è una disciplina poco valorizzata. È d’accordo?
Sì. E aggiungerei che è pressoché sconosciuto anche il marketing strategico. La sottovalutazione del marketing
in questo settore è la conseguenza di
un’evoluzione di mercato nella quale
le due attività clou - commercializzazione degli spazi e gestione del centro non richiedevano un urgente confronto con l’esigenza di stabilire piani strategici a medio e lungo termine in materia di comunicazione.
Con l’ingresso dei fondi specializzati il
Che cosa pensa della tendenza a ridurre i budget di marketing?
Innanzitutto bisogna puntualizzare
un dato: in questo momento mi sembra siano soprattutto le società di gestione a premere per il contenimento
dei budget riservati agli investimenti
in marketing, non tanto per una scelta strategica quanto per l’esigenza generica di ridurre le spese. La scarsa
fiducia che le società di gestione nutrono verso la leva del market­ing rappresenta uno dei limiti strutturali del
mercato. Lo stesso discorso vale per
le società legate alla grande distribuzione. Personalmente ritengo sia
una tendenza un po’ suicida, perché
in contraddizione con la congiuntura di mercato nella quale si trova l’industria dei centri commerciali, e che
suggerirebbe, semmai, di aumentare
gli investimenti orientati alla comunicazione e al marketing. Se non altro per due motivi di evidenza palmare: la leva del marketing è la più veloce da attivare, nonché la più economica, se confrontata agli investimenti richiesti da eventuali operazioni di revamping e riformulazione dell’offerta
merceologica.
Proprio per questo motivo sarebbe opportuno che i soggetti interessati si facessero promotori di un’opera di sensibilizzazione presso le proprietà affinché queste ultime integrino con propri contributi le risorse a disposizione
del centro, nel caso i budget allocati
dagli operatori si rivelino insufficienti.
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È in momenti congiunturali come gli
attuali che le proprietà dovrebbero intervenire per il bene del centro: alcune di quelle più evolute e attente lo
hanno fatto ottenendo concreti risultati già nel breve periodo.
Qual è l’ammontare del budget
marketing in termini assoluti?
Dipende dal cluster cui appartiene un
centro commerciale, e quindi in ultima analisi da variabili riconducibili a
fattori strategici come dimensione del
centro e location.
Per un centro commerciale di attrazione interprovinciale e regionale, come
Oriocenter, il budget marketing può
arrivare fino a 1,5 milioni di euro.
E i factory outlet?
In genere dispongono di budget anche
superiori. Nei factory outlet center è
la proprietà a stabilire l’investimento,
mentre nei centri commerciali tutto
passa attraverso il consorzio degli operatori cui fa capo l’attività di gestione
compresa la voce marketing. Donde la
probabilità più elevata che i Foc possano attingere da somme extra-budget
nel corso dell’anno.
Le attività di comunicazione sono
dunque classificabili in base a precisi cluster.
Noi ne abbiamo elaborati quattro, che
per comodità possiamo ridurre a tre.
Per fare un esempio, i centri commerciali di vicinato - quelli con un numero di negozi non superiore a 50 unità
- non hanno bisogno di insistere sull’advertising classico, perché l’ipermercato è già il principale attrattore. In questa categoria i budget sono
compresi tra 150.000 e 200.000 euro.
Il mix più corretto negli investimenti
prevede un 70% in eventi, animazioni e promozioni, lasciando alle attività
istituzionali circa il 30%.
In quali condizioni cresce l’importanza dell’advertising?
Quando la galleria riesce a esprimere
una capacità d’attrazione uguale o superiore a quella dell’ipermercato: que-
- Settembre 2009
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sto avviene nel caso di mall dotati di
un numero di negozi tra 100 e 200 unità. La galleria assume, così, un ruolo
attrattivo superiore all’ipermercato,
anche in presenza di medie superfici specializzate. In tale caso il rapporto advertising/eventi si rovescia, con il
primo che assorbe anche il 70% delle
risorse. Maggiore è la dimensione del
centro, per superficie e numero di negozi, più elevata la possibilità che un
singolo evento possa disperdersi in termini di attenzione ed efficacia, a meno
che non si tratti di mega-show, che però richiedono strutture molto grandi
e ricettive. Impianti simili in Italia si
contano sulle dita di una mano.
Quali sono le differenze rispetto ai
retail park?
Le differenze sono meno sensibili sul
piano della clientela potenziale - in
entrambi i casi si lavora su un target
esteso 18-54 anni - e molto più rilevanti sul fronte delle motivazioni di visita. L’utenza dei parchi commerciali è
meno propensa a finalizzare il proprio
spostamento a scopi ludici o d’intrattenimento: chi frequenta i retail park ha
un’idea molto chiara di ciò che motiva
la sua scelta. Per questo funziona molto bene l’operazione a premio.
In genere l’incidenza di chi dichiara
di frequentare un centro per evasione
o passatempo va dal 15% degli shopping center al 30% dei factory outlet
center: la quota scende al 5% nel caso dei retail park. Stiamo parlando di
stime basate sull’isocrona più vicina ai
centri.
Quali sono gli aspetti salienti nell’attuale panorama dei centri commerciali in Italia?
La differenza più evidente è la dimensione, che non è però l’unica variabile né la più importante. Il primo problema che chi promuove e gestisce un
centro commerciale si trova oggi ad
affrontare, è come rendere esclusivo
il proprio prodotto attraverso un diverso approccio sul versante della domanda.
La diversità di approccio è fondamentale. Se in passato la domanda era:
“perché un consumatore deve frequentare i nostri centri?”, oggi ci si deve chiedere: “quale consumatore vogliamo che entri nei nostri shopping
center?”.
Obiettivi per il futuro?
Per affrontare questo scenario competitivo, le società più direttamente coinvolte nell’industria dei centri commerciali dovranno attivare gli strumenti di
marketing tenendo conto delle specificità di ciascun centro. Vi sono però
alcune linee guida che possono valere per tutti i centri appartenenti a un
cluster. Per semplificare la nostra analisi, abbiamo suddiviso i centri commerciali in tre categorie (cluster) basate sul numero di punti di vendita della galleria: fino a 50 negozi, fino a 150
negozi, oltre i 150 negozi. n
Scheda di Canali
Ragione sociale: Canali & C srl - via Tacito 6 - 20137 Milano
Altre sedi o filiali: via Degani 1 - 42100 Reggio Emilia
Dipendenti e collaboratori fissi: 32
Staff dirigenziale: Ermanno Canali (presidente), Michele Neri (vice presidente),
Elisa Rocchi (direttore sede di Reggio Emilia), Manuel Maffeis (direttore clienti)
Core business: attività di consulenza e comunicazione per centri commerciali
Specializzazioni: consulenza strategica, creatività, pianificazione media, concorsi
a premio e relativa analisi dati
Servizi: consulenza e ricerche di mercato • comunicazione above the line su stampa,
radio, tv, esterna, internet e new media • comunicazione below the line:
immagine coordinata, materiali pop, direct marketing, packaging • analisi, pianificazione
e gestione media • Pr e ufficio stampa • eventi speciali, fiere e convegni • ideazioni siti
internet e strumenti multimediali
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Iniziative ed eventi cambiano
secondo tre classi dimensionali
1° cluster:
centri commerciali
fino a 50 negozi
All’interno di questa classe l’ipermercato esercita un importante ruolo di
attrazione, soprattutto per i residenti nelle isocrone di vicinato. “In questo caso - spiega Ermanno Canali - è
possibile presidiare un’area più allargata proponendo un posizionamento
specifico. È necessario creare valore
aggiunto, per esempio con uno o più
eventi di qualità che diventino elemento di differenziazione in grado di
attrarre e di fidelizzare un target preciso. Il fatto che il bacino d’utenza del
centro coincida con quello dell’ipermercato e delle medie superfici, che
svolgono un’azione sul territorio grazie anche alle loro promozioni, attenua la necessità di una forte pressione comunicativa”.
“Per quanto riguarda la comunicazione esterna - prosegue Canali - è
necessario investire in modo mirato
per creare stretti legami con il territorio, stimolando la simpatia e il senso di appartenenza alla comunità: per
esempio, con il coinvolgimento di media locali, o presidiando eventi, come sagre e feste, che richiamano una
grande partecipazione di pubblico.
2° cluster:
centri commerciali
fino a 150 negozi
La capacità attrattiva della galleria equivale a quella dell’ipermercato e delle medie superfici che presidiano l’area primaria. Diventa necessaria un’attività parallela della galleria, meno intensa nell’area primaria,
più coinvolgente per le isocrone più
lontane per richiamare consumatori con scarsa frequenza, ma che visi-
- Settembre 2009
tano comunque il centro commerciale più volte l’anno, portando clienti a
tutti i soggetti, anche all’ipermercato
e alle medie superfici. “S’innesca così una sinergia virtuosa - spiega Canali - tra ipermercato/medie superfici, che attirano la clientela di prossimità con le loro offerte, e i negozi della galleria che richiamano consumatori da più lontano. Calcolando anche
solo 150.000 consumatori che visitano il centro 5-6 volte l’anno, l’aumento di store traffic qualificato può essere anche di un milione di unità. Considerando che tale clientela è disposta a effettuare spese d’importo rilevante, possiamo prevedere anche un
innalzamento dello scontrino medio,
con evidenti vantaggi per la proprietà e per tutti i protagonisti della galleria”.
L’offerta è il principale fattore di attrazione: il consumatore frequenta la
galleria perché la identifica con il proprio concetto di shopping experience.
La galleria ha già di per sé una capacità di attrazione nei confronti del consumatore almeno equivalente a quella dell’ipermercato. Viene quindi meno la necessità di prevedere numerosi
eventi, mentre aumenta l’importanza
della comunicazione esterna.
“La presenza di un bacino d’utenza
più ampio - prosegue Canali - richiede
un maggiore investimento in comunicazione: le risorse si concentrano su
pochi grandi momenti. Nei periodi di
minore pressione rimane comunque
il ricordo delle campagne precedenti,
che è ancora alto quando viene riattivato dalla campagna successiva. Il posizionamento è fondamentale per differenziarsi: il consumatore si identifica con il luogo nel quale soddisfa il
suo desiderio di shopping”.
“Di rilevante importanza l’uso dei
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mezzi classici, che danno credibilità alla comunicazione: quella esterna
raggiunge un target orizzontale, la radio assicura con la sua duttilità un’ampia copertura, mentre i quotidiani sono strategici per le situazioni straordinarie (per esempio le aperture).
“Gli eventi si svolgono con minor frequenza, limitandosi a 4-5 occasioni
importanti l’anno. Vanno scelti in relazione al posizionamento determinato con l’advertising. Gli appuntamenti
sono fissi e riconoscibili e con il tempo diventano abitudini consolidate
nell’attesa del consumatore”.
3° cluster:
centri commerciali
con oltre 150 negozi
L’importanza della galleria, in termini
di attrazione, supera il richiamo dell’ipermercato. Occorre disegnare un
bacino d’utenza con una quantità di
consumatori che garantisca store traffic soddisfacenti. L’area di gravitazione dovrà aggregare anche oltre 2 milioni di clienti, stima basata sulla popolazione che per età e caratteristiche
può essere considerata responsabile
di acquisto e con capacità di spesa.
“Solo con un numero così elevato di
probabili consumatori possiamo ottenere 700.000 clienti che frequentano
il centro anche solo 6-7 volte l’anno
- precisa Canali -. Lo store traffic così ottenuto equivale ai flussi generati
dall’ipermercato, superandoli.
L’advertising è determinante per decretare il successo del centro.
È importante comunicare su una vasta area, che comprende anche i media nazionali.
Il centro commerciale stesso diventa elemento di attrazione e intrattenimento per la sua capacità di soddisfare il desiderio di shopping experience
del consumatore.
La pressione pubblicitaria deve mantenere costantemente alto il ricordo.
Il merchandising mix diventa elemento di fondamentale importanza per la
capacità di attrazione, mentre perdono peso i piccoli eventi e le microanimazioni, che nel caso di centri co-
- Settembre 2009
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Ecocentro
Il progetto Ecocentro, promosso da
Oriocenter, si baserà su quattro percorsi
tematici legati ai 4 elementi della natura:
acqua, terra, aria e fuoco. Per ciascuno
di essi saranno fornite indicazioni pratiche
per contribuire a un comportamento di vita
quotidiana più in sintonia con l’ambiente.
L’iniziativa si articolerà
in una serie di eventi
che avranno come
Gli allestimenti
protagonisti le scuole,
nella galleria di
con l’intervento di
Oriocenter evocano
esperti, personaggi
i 4 elementi
pubblici e altri
della natura
testimonial di richiamo.
In particolare, per
le scuole Oriocenter
diventerà un vero e
proprio laboratorio
didattico.
“Scopo del progetto è comunicare, informare e
formare il pubblico che frequenta Oriocenter sul
tema dell’ecologia” - riassume Ermanno Canali,
presidente dell’omonima agenzia che curerà tutta
la comunicazione del progetto, interna ed esterna -.
“Punto di partenza e base fondamentale dell’iniziativa è la presenza nella galleria del centro
di prodotti, servizi e tecnologie innovative che esercitano una forte componente di ecocompatibilità ed eco-sostenibilità”. “L’iniziativa Ecocenter è un’opportunità per offrire spazio
e visibilità ad aziende specializzate nella produzione eco-sostenibile - aggiunge Giancarlo
Bassi, presidente del Consorzio degli operatori
di Oriocenter, e imprenditore lui stesso - finora
ne abbiamo selezionate una cinquantina,
scartandone circa 150”.
Oriocenter non è nuovo alle esperienze di
marketing culturale: nel 2007 ha ospitato la
più grande mostra sulla corrente artistica della
cracking art, con un’esposizione di oltre 4.000
sculture, aggiudicandosi il Gold Award agli ICSC
Solal Marketing Awards, manifestazione che
premia ogni anno i centri commerciali distintisi
per le azioni di marketing e comunicazione.
Ermanno Canali (a sin.) e Giancarlo Bassi, che è
anche imprenditore con la catena US Fashion Store
sì grandi rendono più caotica la shopping experience. Bastano 1-2 grandi
eventi l’anno per distinguere il centro, in perfetta sinergia con l’immagine che vuole trasmettere (moda, arte,
ecologia ecc.). Negli anni questi eventi diventano un appuntamento fisso
per il consumatore, differenziandolo dai concorrenti e rafforzando il suo
posizionamento”. n
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La creatività
genera identità
I
cambiamenti nella comunicazione dei centri commerciali raccontati da un professionista del settore: dai primi e incerti passi del decennio
scorso all’approccio sempre più maturo
dei giorni nostri.
“Quando nel 1998 ho iniziato la mia
avventura professionale, partendo
proprio dai centri commerciali, muovendomi quindi su un percorso che
negli anni successivi avrei continuato
a esplorare con entusiasmo, lo scenario di mercato era senz’altro diverso
da quello attuale.
L’attenzione delle agenzie pubblicitarie si rivolgeva solo alle opportunità
economiche che i centri commerciali offrivano. Nella maggior parte dei
casi, l’industria pubblicitaria considerava gli shopping centre come oggetti
poco decifrabili, parvenu commerciali
senza passato e con un futuro difficile da indovinare. In altre parole, clienti di serie B. Da allora molte cose sono cambiate.
Da un lato il mercato si è fatto più
competitivo: la densità di insediamenti sul territorio ha raggiunto livelli tali da imporre l’adozione di strategie
sempre più consapevoli e mirate in
materia di marketing, comunicazione e immagine. Nello stesso tempo, le
agenzie pubblicitarie hanno preso atto che lo sviluppo dei centri commerciali, lungi dall’essere un fenomeno
transitorio, andava radicandosi nelle
abitudini dei consumatori.
Superando l’approccio naif e un po’
snob degli esordi, le agenzie hanno necessariamente acquisito competenze e
savoir-faire specifici, fattori indispensabili per fare comunicazione in modo efficace e brillante, mirata al centro
commerciale, cioè a un prodotto com-
10 - Settembre 2009
Raffaele Manfredi
direttore creativo Canali & C
plesso che vive di linguaggi, dinamiche, tempi ed equilibri del tutto propri,
che si dovrebbero conoscere a memoria prima di mettere mano a qualsiasi
marketing plan o copy strategy.
Da tali esigenze scaturisce la scelta di
alcune strutture - fra le quali Canali &
C. con cui collaboro ancora oggi e che
in Italia ha saputo ritagliarsi una posizione di leadership nel segmento dei
centri commerciali - di specializzarsi nella comunicazione degli shopping
centre, o di dare vita a divisioni interne
dedicate a questa tipologia di clienti.
Dal punto di vista creativo, la maturazione complessiva del mercato nazionale dei centri commerciali ha rappresentato uno stimolo a fare sempre meglio. Oggi la parola d’ordine è identità. Ogni centro commerciale ha la sua,
quale risultato di un complesso mix
che include, fra l’altro, offerta merceologica, ambiente e architettura, caratteristiche dell’area d’attrazione, profilo del consumatore. Capire l’identità
del centro rappresenta il primo passo
per ottenere un posizionamento corretto, un concept coerente e un format che lo esprima visivamente in
modo originale e accattivante.
La messa a fuoco del posizionamento è un passaggio cruciale. Ogni centro ha un profilo diverso, con punti di
forza e di debolezza. L’intuizione felice di un creativo o di un esperto di
marketing può fare la differenza, arrivando a trasformare un meno in un
vantaggio. Un centro commerciale di
70 negozi attivo su un’area d’attrazione presidiata anche da strutture più
grandi, con un numero uguale o superiore a 150 negozi, non potrà certo
fare leva in comunicazione su quantità e completezza di offerta: uscirebbe dal confronto con le ossa rotte. Può
però posizionarsi come lo shopping a
misura d’uomo, contrapponendo rilassatezza e vivibilità del suo ambiente al caos e alla spersonalizzazione
della maxi galleria concorrente.
Parco Romagna a Savignano sul Rubicone:
campagna istituzionale 2007
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Campagna per i saldi invernali 2009 nel centro
commerciale i Petali a Reggio Emilia
Parlando di creatività in senso stretto, credo che l’aspetto più importante sia mantenere la libertà di muoversi in qualsiasi direzione e di assumersi
dei rischi, superando la tendenza del
cliente - e a volte delle stesse agenzie
- a stare sul sicuro e perciò a cristallizzarsi su messaggi collaudati, e situazioni e immagini già viste. Un creativo
non dovrebbe mai perdere la voglia di
meravigliarsi e sorprendere il proprio
interlocutore: questo vale anche per i
centri commerciali.
È chiaro che si possono individuare
alcuni temi, mondi e modelli narrativi emersi con forza negli ultimi anni non solo in Italia ma a livello internazionale - nella comunicazione dei centri commerciali. Temi che, a loro volta, si offrono a numerose possibili interpretazioni e riletture creative, arricchite da contaminazioni con altri
linguaggi e mondi diversi.
La moda con il suo immaginario è
una fonte d’ispirazione molto importante. Il parallelismo tra il mondo del
fashion e il milieu dei centri commerciali nasce spontaneo, se si pensa che
il 70% dell’offerta si concentra su abbigliamento e accessori soprattutto
in gallerie di grandi dimensioni. Que-
11 - Settembre 2009
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di
sta percentuale aumenta nel caso degli outlet village, dove la moda è protagonista assoluta. Anche la qualità
dei marchi presenti è cresciuta, e sempre più spesso i grandi nomi della moda compaiono nelle directory sia degli
outlet center sia dei centri commerciali. La scelta di adottare un’immagine
dai forti contenuti glamour, patinata,
con modelle e modelli ritratti in contesti, abiti e atteggiamenti di tendenza, ammicca alle caratteristiche dell’offerta e contribuisce a fare emergere l’esclusività del centro, anche in termini ambientali. Eleganza, raffinatezza, attenzione ai dettagli e modernità:
la moda è questo e molto altro. Soprattutto, la moda è lifestyle, quindi voglia
di appartenere a un determinato gruppo che condivide la visione dello shopping, dello stile, della vita.
Il marchio è un altro validissimo generatore di spunti creativi. Forme, colori, pay off: il marchio può offrire numerosi agganci al creativo che immagina il format di un centro commerciale. Intuizioni che possono essere
utilizzate per definire l’immagine e il
messaggio del centro. Così, oltre a lavorare sulla brand awareness - fondamentale soprattutto quando il centro
è nuovo e poco conosciuto - si ottiene
un formato tailor-made, ritagliato sul
cliente: nessun altro shopping centre
potrà usare quel linguaggio, perché
quello è il linguaggio del marchio.
In altri casi, l’ironia rappresenta un’arma formidabile per catturare l’attenzione del target e stimolarne l’empatia con il centro. Il consumatore contemporaneo si è allontanato dalla retorica eroicizzante di certa vecchia
pubblicità e preferisce un marchio o
un prodotto capaci di farlo sorridere,
di condividere con lui una visione ludica e per certi versi disincantata della
realtà e del consumo. Via libera, quindi, alla rivisitazione in chiave ironica dei principali topoi della drammaturgia moderna: dalle favole alla fantascienza, dall’arte alla cultura popolare, dagli oggetti giganti e fuori scala alle ambientazioni esotiche o estreme che presentano vistose, buffe ano-
malie. Non c’è limite alla fantasia e alla possibilità di divertire (e divertirsi)
con l’ironia.
Una tecnica di comunicazione ancora
poco frequentata in Italia è quella della campagna-copy, dove il messaggio
è la campagna e la rappresentazione
grafica del claim coincide con il visual,
o meglio lo soppianta. Questo modello
può anche essere ibridato, mantenendo il claim protagonista ma inserendo
alcuni elementi grafici o fotografici di
contorno, per rendere più dinamico
e brillante il visual. Il vantaggio della
campagna-copy è la possibilità di dilatare il messaggio e di avere claim più
lunghi, articolati, e originali nell’argomentare i plus del centro.
Questi sono solo alcuni esempi dei
percorsi ispirativi che possono guidare un creativo nella messa a punto di
un concetto e di un formato di comunicazione per un centro commerciale.
In realtà, pretendere di etichettare la
creatività o farne un dato statistico è
sbagliato e non porta da nessuna parte. La creatività è infatti esplorazione
e l’obiettivo che dovrebbe guidarci nel
nostro lavoro è quella di aprire sempre nuove strade per i clienti, piuttosto che limitarsi a percorrere quelle
già battute da altri.
Raffaele Manfredi
Immagine campagna saldi estivi 2009 per il
Valdichiana Outlet Village a Foiano (Arezzo)
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di
Oriocenter 2004-2009:
l’evoluzione continua
O
biettivo di questo mio intervento è descrivere in sintesi le
principali tappe della comunicazione di Oriocenter in cinque anni: un lustro di lavoro che ha espresso
un’evoluzione concettuale e stilistica
divenuta, secondo me, un’esperienza così interessante nel panorama dei
centri commerciali italiani, da configurarsi come caso scuola.
Il nostro percorso d’analisi inizia nel
2004. Negli anni precedenti, la comunicazione si era incentrata quasi esclusivamente sul marchio per rispondere alla necessità di farlo conoscere creando brand awareness all’interno del bacino primario. In questa
fase, però, la conoscenza del marchio
non viaggiava di pari passo con la chiarezza del posizionamento: Oriocenter
si presentava dunque come un gigantesco contenitore per lo shopping privo di un’identità propria, in una parola, anonimo.
Per certi versi, dal punto di vista strategico, Oriocenter trasmetteva ancora
l’immagine di una galleria di dimensioni medio-piccole, animata da una
proliferazione di microeventi che andavano a intaccare il budget, senza generare un reale ritorno.
Il 2004 è anche l’anno del primo ampliamento del centro, fase che ha aggiunto decine di nuovi negozi contribuendo all’accrescimento dell’offerta
complessiva, e dando così a Oriocenter il primato di più grande (nel 2004)
centro commerciale d’Italia.
L’ampliamento ne aveva modificato il
profilo: si avvertiva con forza la necessità di comunicare all’esterno questo
cambiamento, facendo leva su un primato che nel mondo dei centri commerciali è per natura temporaneo,
destinato, cioè, a essere soppiantato
12 - Settembre 2009
nell’arco di qualche mese/anno dall’inaugurazione di nuove e più grandi gallerie.
2004/2005: il più grande
Per rilanciare Oriocenter e dare impulso all’ampliamento, tra la fine del
2004 e l’intero 2005 è stato concepito un formato di comunicazione che
ruotava su un concetto solido, basato sulla dimensione di Oriocenter: il
più grande. Oriocenter era diventato il più grande
centro commerciale italiano e la
sua comunicazione strillava a gran
voce la notizia,
traducendola in
termini creativi
nel paragone tra
un enorme lottatore di sumo e
la O del marchio
Oriocenter, dove il primo era
semplicemente grande, mentre il secondo (il
centro commerciale) era il più
grande (relativo vs assoluto).
Nei mesi successivi all’ampliamento si
è poi esteso questo concetto di shopping assoluto ai diversi settori merceologici del centro, per comunicare
la completezza di offerta. Un’elegante signora impersonava la casalinga e
veniva accostata alla O del marchio,
che era invece la casa. Un giovane appassionato di computer era tecnologico, ma era la O del marchio a rappresentare la tecnologia. E così via attraverso numerose declinazioni che,
campagna dopo campagna,
hanno fatto sedimentare nel
target un messaggio preciso:
nessuno offre
più di Oriocenter, nessuno ha
un’offerta più
ampia.
Per quanto riguarda strategie di marketing
e media mix, la
novità di maggior rilievo - e,
per alcuni aspetti, epocale - è stata la scelta di utilizzare per la prima volta i media
Oriocenter: i fatturati e gli ingressi 2005-2008
Anni
Fatturato
Ingressi
2005/2004
+11,59
+ 6,28
2006/2005
+15,36
+ 6,80
2007/2006
+13,37
+19,92
2008/2007
+ 3,65
+ 1,87
Fonte: elaborazioni dell’autore su dati aziendali
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nazionali per un centro commerciale. Sono state pianificate le principali riviste rivolte al pubblico familiare e femminile, con il preciso obiettivo di allargare l’area d’attrazione di
Oriocenter fino a farlo diventare uno
shopping centre d’interesse pluriregionale. Un’operazione motivata anche dalla strettissima vicinanza tra il
centro e l’aeroporto di Orio al Serio,
dove ogni giorno sbarcano migliaia
di turisti provenienti da tutta Italia e
dall’estero.
2006: pubblicità
comparativa
Una volta esaurita la spinta creata dall’ampliamento, nel 2006 arriva il momento di far muovere la comunicazione e l’immagine del centro verso un
nuovo format, che in realtà rappresentava un’evoluzione di quello precedente: con la differenza principale
che l’accento veniva a cadere non più
sui plus dimensionali, ma sugli aspetti
più qualitativi. Non bastava più affermare: “ti offriamo di più”; era il momento di aggiungere: “ti offriamo di
più e di meglio”.
Si è quindi creato un formato comparativo basato sull’accostamento visivo e verbale tra gli altri (i centri commerciali concorrenti) e Oriocenter.
13 - Settembre 2009
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di
Una piccola spilla grigia rappresentata da un viso triste identificava lo
shopping degli altri, contrapponendosi all’analogo emoticon più grande, colorato e sorridente: il claim
era lo shopping nei nostri 200 negozi. Un’anonima mascherina di carnevale rappresentava il carnevale degli altri, mentre una splendida e ricca maschera veneziana era
il carnevale nei nostri 200 negozi,
eccetera.
Si continuava a lavorare anche sulla quantità dell’offerta (200 negozi), ma nel contesto di un messaggio più ampio e organico che chiamava in causa direttamente i concorrenti e, implicitamente, li sfidava: potete dimostrare, argomentare di offrire di più e di meglio di quanto offriamo noi? La risposta era inevitabilmente no, almeno prendendo in considerazione la
nuova area d’attrazione allargata nella quale, grazie alla scelta dei mezzi,
Oriocenter si trovava a operare.
2007: straordinorio!
Il 2007 ha segnato un altro passaggio
cruciale nell’evoluzione della comunicazione di Oriocenter e in generale
dei centri commerciali in Italia.
Nei due anni precedenti, i numeri relativi a traffico e fatturato erano continuati a crescere, a dimostrazione di
come, in un primo momento, posizionare il centro come il più grande e il
migliore era servito a consolidarne la
leadership e ad attirare sempre più
consumatori in galleria.
Confrontandosi con la proprietà e immaginando una nuova direzione per
la comunicazione, si è compreso che il
passo successivo non poteva non coincidere con un innalzamento dell’immagine, e quindi del posizionamento,
di Oriocenter.
Portare gente in galleria non bastava
più: era necessario selezionare il target o almeno riuscire a comunicare
anche con una fascia di consumatori
di profilo più alto, più evoluto, caratterizzato da una maggiore capacità di
spesa. Per realizzare questi obietti-
vi, si è deciso di privilegiare immagini, messaggi e soluzioni grafiche dalla
connotazione decisamente più sofisticata e modaiola. Spazio quindi a testimonial più giovani e ricercati nell’abbigliamento e nello stile. Massima pulizia grafica, testi ridotti al minimo come succede nelle campagne di moda
e un divertente meccanismo per costruire i claim, sempre sviluppati declinando o coniugando in -orio aggettivi, parole e verbi dal suono simile
(assonanza): straordinorio, ti adorio,
necessorio, affari d’orio, eccetera.
Il 2007 è anche l’anno di “Una mostra bestiale”, il più grande evento
mai concepito all’interno di un centro commerciale in Italia. La mostra,
dedicata all’avanguardia artistica della cracking art, vantava numeri di tutto rispetto per un centro commerciale: investimento complessivo (con
budget dedicato) di oltre 750.000 euro, 5 mesi di durata, oltre 4.100 opere esposte, 300 coccodrilli di plastica giganti applicati sulle pareti esterne di Oriocenter come una spettacolare installazione ambientale, oltre
3.600.000 visitatori e decine e decine
di articoli e servizi su tutti i più importanti media nazionali.
“Una mostra bestiale”, inserita nel
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Guinness dei Primati come “la più
grande mostra sulla cracking art mai
realizzata al mondo”, si è aggiudicata
dapprima il CNCC Excellence Award
2007, quindi il Gold Award agli ICSC
Solal Marketing Awards di Praga.
2008: sempre più fashion!
Il tentativo di portare in galleria un
nuovo target, più colto e attento alla qualità dell’offerta, era riuscito. Lo
testimoniavano i numeri, ma bastava
guardarsi intorno per capire come il
pubblico di Oriocenter fosse sempre
più diverso dai frequentatori medi del
centro commerciale.
Perché allora non andare fino in fondo in questo processo di fashionizzazione di Oriocenter, puntando su immagini ancora più patinate e su un approccio lifestyle ancor più aggressivo
e consapevole? Così è stato, e nel 2008
Oriocenter ha di nuovo cambiato le
regole di settore, dimostrando che un
centro commerciale può comunicare
come un grande marchio di moda, se
la sua offerta glielo permette. Modelle da sogno, styling di tendenza, scatti emozionanti e - ancora per un anno - il gioco di -orio nei claim, che aveva funzionato così be-
14 - Settembre 2009
R eport
di
ne fino a diventare un vero e proprio tormentone nell’area d’attrazione del centro.
Prima di allora, nessuno aveva
spinto i contenuti-moda della comunicazione di un centro commerciale a questi livelli di ricercatezza,
e farlo sembrava un azzardo. Nel
giro di pochi mesi, gran parte dei
concorrenti stava imitando Oriocenter.
2009: nuovo make up
Ed eccoci arrivati ai giorni nostri,
al 2009. Quello che sta succedendo in questi mesi a Oriocenter è
un ennesimo cambio di prospettiva che ha arricchito il posizionamento del centro di nuove sfumature. La moda è sempre il
principale motivo ispiratore,
ma ora ci si concentra più sulla personalizzazione dell’immagine, attraverso un accurato lavoro di make up sui volti delle modelle. Facendo riferimento ai trucchi fantasiosi e spesso estremi delle sfilate e dei servizi di moda, ogni
campagna vive di una personalizzazione del make up, volta a
sottolineare i contenuti salienti di comunicazione. Un simbolo della percentuale di sconto dipinto sull’occhio in occasione dei saldi, una foglia autunnale che fa capolino sulla
guancia per lanciare le nuove
collezioni autunno-inverno e
così via.
Il risultato è la messa a fuoco di un’identità sempre più
esclusiva per Oriocenter, anche in
ragione dell’allineamento di molti
concorrenti su questo immaginario
fashion che tanta fortuna ha portato a Oriocenter.
Uno scatto originale e una grafica
accattivante non bastano più: occorre distinguersi.
Sempre nel 2009 - dopo la mostra
sulla cracking art nel 2007 e coerentemente con la nuova strategia
di marketing che vede l’abolizione
delle microanimazioni in favore di
un maxievento di portata internazionale da mandare in scena ogni due anni - è stato lanciato l’evento Oriocenter l’ecocentro, kermesse dedicata all’ambiente e alle politiche di ecosostenibilità, di cui il centro si fa volentieri portavoce, attraverso monumentali
allestimenti a tema in galleria e sulla
facciata esterna, spettacoli, workshop
ed eventi di vario genere.
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Michele Neri
vice presidente Canali & C.
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di
I centri commerciali vanno
gestiti come department store
S
e quasi tutti i segnali e i messaggi
che giungono dal mondo economico e finanziario indicano una
prossima uscita dalla crisi che ha attanagliato il nostro paese nel 2009, dobbiamo prepararci alla riemersione anche grazie a un modo nuovo d’interpretare le nostre professioni: i fatti accaduti nel mondo dallo scoppio della crisi negli Usa fino a oggi hanno in
qualche maniera coinvolto il nostro
settore e devono insegnarci come impostare la ripresa.
Ma bisogna partire da una domanda: i
centri commerciali si configurano come luoghi di commercio, e come tali
si adeguano a logiche determinate dal
mercato, o sono invece prodotti immobiliari che rispondono solo ai criteri tipici di altri investimenti finanziari? Sembra una domanda banale, ma
dal non poi tanto lontano 1972, quando Rinascente aprì a Concesio il primo centro commerciale d’Italia, fino
a oggi, tante cose sono cambiate, una
in particolare: il vero sviluppo della
grande distribuzione italiana si è verificato negli ultimi dieci anni, e il ruolo
guida di questa crescita è stato assunto da logiche non commerciali, bensì
immobiliari.
Autorevoli protagonisti del settore
hanno ricordato nell’ambito di recenti
incontri e seminari, che la grande differenza competitiva consista oggi nel
recupero e nel mantenimento (e magari potenziamento) dei tradizionali
obiettivi e servizi commerciali, mentre le logiche immobiliaristiche devono collocarsi in secondo piano nello
sviluppo dei centri commerciali.
Quanti di questi insediamenti sono
sorti in luoghi dove esistevano possibilità in termini di autorizzazioni e
programmazione, ma privi del bacino
15 - Settembre 2009
Luca Bastagli Ferrari,
presidente di Global real estate Solutions,
già Ceo di Fashion District, Ad della Camera
nazionale della moda e creatore di format
commerciali diretti e indiretti
per i più prestigiosi marchi del made in Italy
d’utenza necessario? Quanti sviluppi
sono guidati dalla logica immobiliare
dei rendimenti piuttosto che da parametri più squisitamente commerciali?
Un esempio di questa tendenza è offerto dallo sviluppo degli shopping
centre in Italia meridionale, sviluppo
favorito e guidato non tanto dai criteri razionali basati sulle richieste dei
consumatori, sulle loro abitudini d’acquisto, e sulla loro propensione e capacità di spesa, quanto dall’esistenza
di opportunità in termini di autorizzazioni.
omologazione del mix
Quanti piani di merchandising sono
dettati dall’esigenza di garantire redditività e massimizzazione delle rese
al mq, più che dall’opportunità di elaborare mix merceologici coerenti alle caratteristiche socio-demografiche
del territorio?
Se persino Carrefour ha deciso che il
futuro risiede nella differenzazione
dell’offerta secondo i territori e i bacini d’utenza, e oggi nei suoi ipermercati francesi si riscontrano margini di
differenza nei lineari fino al 35%, perché le gallerie dei nostri centri commerciali sono tutte uguali, hanno tutte le stesse insegne da Trento a Palermo, da Milano a Catania? È chiaro: le logiche di sviluppatori, architetti, società di commercializzazione e
gestione dei centri commerciali hanno risposto all’obiettivo di creare un
prodotto, un cespite da collocare sul
mercato al maggior offerente e con le
maggiori garanzie di redditività che
non coincidono con quelle di maggior
successo. Era una pacchia per tutti,
con asset venduti a rendimenti scesi
sino al 5%. Abbiamo visto sviluppatori
di tutti i tipi senza conoscenze specifiche gettarsi alla ricerca di facili guadagni inseguendo il miraggio del reddito
dei centri commerciali e quindi la sua
liquidità ricavabile. Che cosa è successo lo sappiamo, ed è altrettanto noto
quanto sia duro oggi vendere centri
anche prime a tassi del 6,5%.
Tutti abbiamo seguito queste logiche,
cavalcando l’onda del boom immobiliare. Ma da domani dovremo tutti ricordarci che gli shopping centre sono luoghi di commercio nel senso più
positivo e alto (cioè culturalmente e
socialmente connotato) del termine,
e che se vogliono attirare devono essere gestiti con specificità tecniche e
professionalità da commercianti, con
grande attenzione ai territori, ai loro
usi e costumi, cercando di coinvolgere anche i multimarca, i grandi esclusi
del commercio in Italia.
Abbiamo assistito allo sviluppo di
troppi centri, tutti uguali e asettici, gestiti come condomini, con pochi servizi sia ai conduttori sia ai consuma-
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tori; e tale sviluppo è avvenuto muovendo da una fiducia aprioristica nelle capacità attrattive dei centri commerciali, garantite dal traino delle locomotive alimentari, e dall’appeal dei
negozi in galleria. Ma oggi tutto questo non basta.
Il consumatore uscirà dalla crisi più
preparato, esigente, attento e alla ricerca di luoghi e modalità di acquisto nei quali si possano ritrovare la familiarità e il rapporto di fiducia tipico
del multimarca di qualità.
Oggi si devono gestire i centri commerciali come department store, con
piani di marketing e comunicazione riferiti a precisi target di consumo, soddisfacendone bisogni ed esigenze. I tenant devono essere considerati alla stregua di reparti: i conduttori dovranno così curare al meglio il
loro cliente, e per raggiungere questo obiettivo devono essere formati su
strategie di gestione del punto di vendita, che forniscano veri strumenti di
marketing diretto, orientati alla cura
del servizio e al trasferimento ai consumatori di una forte immagine comune del centro commerciale, non legate alle singole ancore e insegne che
lo compongono.
Basta eventi-spot che portano il consumatore ora in quel centro ora in
quell’altro facendo leva sugli sconti della grande superficie alimentare,
ora su feste o spettacoli. È necessario
fidelizzare seriamente con servizi ad
altissimo livello, e rapporti quotidiani, utilizzo attento del web (per esempio, controllo del livello medio di capacità di comunicazione sul web dei
nostri centri e il loro livello di aggiornamento), investimenti finalizzati alla conoscenza dei clienti e dei visitatori per costruire rapporti di fiducia e
familiarità.
riscoperta dei multimarca
Gestire un centro commerciale leggendo il mercato con gli occhiali dell’operatore e con grande attenzione ai
trend, lavorando da commerciante:
per esempio, con i temporary store,
realtà nuova di grande successo nei
16 - Settembre 2009
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di
Nella commercializzazione degli spazi bisogna creare mix merceologici precisi e adattati al territorio
centri storici che potrà ogni sei mesi
rinnovare il centro commerciale dando linfa vitale, novità e stimolo, assumendosi i rischi che derivano dal dover ricercare periodicamente un affittuario, necessità che spinge alla selezione dell’operatore più capace di garantire risultati commerciali apprezzabili. Nella commercializzazione degli spazi bisogna evitare la pigrizia, la
tentazione di adagiarsi sulla sicurezza, ma creare mix merceologici precisi, personalizzati rispetto al territorio,
senza clonare un centro dopo l’altro.
In ogni città italiana è presente un
bravo dettagliante, un multimarca interessante in tanti settori: sarebbe opportuno coinvolgere questo tipo di
operatore, evitando di soffocarlo con
minimi garantiti folli, optando come
contropartita per un’alta percentuale sugli incassi. Il multimarca replicherà così il suo punto di vendita del
centro storico, portando nella galleria
dello shopping centre non solo i suoi
clienti fedeli, ma anche visitatori nuovi e marche oggi sconosciute nei centri commerciali.
In fase di sviluppo e progettazione è
consigliabile di evitare la creazione
di luoghi asettici, finti, chiusi, privilegiando l’ariosità delle vie, dei viali e
delle piazze. Così si tenderà a ridurre
l’uso del termine gallerie, che ricorda
quello di tunnel, un tunnel dal quale uscire anche grazie a scelte di costruzione e strutturazione innovative, proiettate verso il nuovo, ma con
grande attenzione ai luoghi integrando i centri nei territori e non soverchiandoli.
Nella progettazione sarà opportuno
avere un occhio di riguardo alle spese generali, prevedendo tutto quello
che servirà per un risparmio energetico e amministrativo e a incidere il meno possibile sul monte affitti.
Infine è necessario aprire un serio
dialogo con gli investitori, per renderli partecipi del nostro lavoro di commercianti al servizio di commercianti.
Il commercio è un settore molto più
fluido dell’immobiliare: necessita di
innovazione costante e ha sì una sua
percentuale di rischio ma se ben gestito e strutturato è ancora oggi una
garanzia di successo e di ottimi rendimenti.
Molte regioni italiane sono arrivate ai
livelli europei e nord americani in termini di densità, ma con modelli poco adeguati al nostro mercato. Con il
risultato che non si è fatto molto per
sviluppare una formula ispirata all’idea del centro commerciale italiano
basata su esperienza, tradizione e capacità del nostro commercio.
In Italia vi sono negozi e grandi magazzini che funzionano benissimo e
che tutti ci invidiano, vetrine che tutti
fotografano e che fanno tendenza. La
nostra ambizione deve essere quella
di modificare i centri esistenti e creare quelli nuovi con l’obiettivo di creare il centro commerciale all’Italiana.
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Luca Bastagli Ferrari
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Per Multi il concetto chiave
è il luogo d’incontro
M
ulti Corporation (o come si
dice più semplicemente e familiarmente, Multi) è conosciuta in Italia come gruppo che opera attraverso 4 divisioni specializzate: Multi Development, Multi Investment, Multi Asset Management e
Multi Mall Management. Dopo avere aperto I Petali a Reggio Emilia (si
veda MARK UP, n. 164 alle pagg.158159), Multi sta inaugurando Forum
Palermo (si veda l’articolo pubblicato
su MARK UP, n. 177 alle pagg. 140141), uno dei più grandi centri commerciali del sud Italia. Braccio operativo di Multi Development, l’obiettivo di Multi Mall Management è di
mantenere la continuità del concept
Multi, aumentando con la collaborazione dei dettaglianti e della proprietà la redditività degli investimenti e la
bontà delle operazioni. Semplificando, siamo l’equivalente di una società
di gestione e commercializzazione. Essendo un gruppo internazionale presente in diversi paesi europei (Olanda, Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Slovacchia, Spagna, Svizzera, Turchia, Ucraina), la nostra attività in materia soprattutto di marketing e comunicazione può variare, e sensibilmente, da mercato a mercato. Ma anche in
questo campo così soggetto alle diversità territoriali degli ambiti urbani nei
quali si trovano i nostri centri, l’attività di Multi Mall Management è contraddistinta da un comune denominatore: il brand, che nel nostro caso è costituito dalla parola-chiave Forum seguita dal nome della città in cui sorge il centro commerciale. E già in questa denominazione si può riscontrare
il distillato di una strategia di marke-
17 - Settembre 2009
Nicola Semprevivo, general manager Multi
Mall Management Italy
ting che ruota intorno all’identificazione del centro come luogo d’incontro.
Il marketing di un centro commerciale è un mestiere molto specifico, che
richiede anche un’attitudine all’innovazione, soprattutto quando innovare
diventa il criterio guida nello sviluppo
di centri commerciali: Multi ricerca innovazione e qualità già a partire dalle
fasi di progettazione, cercando l’originalità nel concept, nell’architettura, e
nel design.
La nostra strategia di comunicazione
è finalizzata a promuovere i centri co-
me luoghi nei quali le persone s’incontrano: un obiettivo che si può avvertire in filigrana già attraverso la denominazione dei nostri centri commerciali. Forum vuole proprio suggerire il
luogo d’incontro, riprendendo intenzionalmente il significato del termine
latino forum, che indicava il luogo nel
quale gli antichi romani s’incontravano per discutere, trattare e commerciare.
A livello operativo bisogna distinguere
tra le attività di routine legate alle fasi
di apertura e lancio di un centro commerciale, e le azioni più distintive e mirate, spesso tematizzate, come le campagne legate all’ambiente e all’eco-sostenibilità: nei Petali lavoriamo molto
su questi concetti, non solo attraverso
soluzioni tecniche - per esempio le luminarie natalizie a impatto zero - ma
soprattutto con iniziative sociali, come il libro a fumetti per bambini il cui
obiettivo era raccogliere libri usati, donati all’ospedale pediatrico di Reggio
Emilia. L’ottenimento della certificazione Iso14001 sui processi ambientali sarà un altro elemento su cui lavorare in chiave di marketing.
Nicola Semprevivo
Forum Palermo, uno dei più grandi centri commerciali del sud Italia
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Come Il Vulcano Buono
ha affrontato la crisi
I
l 2009 conferma la sua nomea di
anno difficile (eufemismo) per tutti. La famigerata crisi di cui tutti
abbiamo preso ampiamente coscienza, sembra non volerci proprio abbandonare, anzi, ogni giorno, contrariamente a quanto si dice, assume contorni drammaticamente più preoccupanti. Per affrontare questa fase recessiva, le aziende hanno cominciato
a tagliare i budget. Che cos’è un centro commerciale se non un’azienda?
Anche il Vulcano Buono si è dovuto, suo malgrado, difendere dalla crisi abbracciando la filosofia del taglio
delle spese superflue.
Ovviamente, nella voce delle spese superflue è finito anche gran parte del budget destinato a marketing e
comunicazione. Come si fa a conciliare i tagli dei budget con la necessità
di mantenere (se non incrementare)
la visibilità sufficiente a sopravvivere
in una zona ad alta presenza di concorrenti?
concorsi con premi speciali
L’unica alternativa è stata quella di
concentrare gli sforzi sia per riportare
all’interno attività prima demandate
esclusivamente alle agenzie specializzate, sia per trovare aziende partner
con le quali dare vita ad attività di comarketing valorizzando in tal modo le
risorse a disposizione.
Non sono certe soluzioni definitive,
perché, pur facendo emergere iniziative originali frutto dell’impegno dei
singoli, inficiano in qualche modo il
risultato finale.
Seguendo queste linee guida, il Vulcano Buono ha dato vita, tra le altre numerose iniziative, a un concorso veramente singolare che ha visto come
premio finale una casa, e come premi
18 - Settembre 2009
mi totale di circa 200.000 euro è frutto esclusivamente di accordi di comarketing.
Massimiliano Peron, direttore del centro
commerciale Il Vulcano Buono a Nola (Na)
settimanali tutti gli arredi ad essa collegati.
In questa operazione il montepre-
obiettivi centrati
Nonostante abbia centrato gli obiettivi prefissati (aumento delle presenze infrasettimanali, incremento dello scontrino medio), con adeguate risorse a supporto della comunicazione,
l’iniziativa avrebbe di certo prodotto
maggiori riscontri riuscendo a coinvolgere un bacino di utenza più allargato e portando più valore al centro.
In conclusione, se il 2009 può essere
considerato un anno importante per
la riscoperta del saper operare ai limiti, ciò non può diventare il modus
operandi del futuro perché concentrarsi troppo sulla ricerca dell’ottimizzazione spesso rischia di far perdere
quelle opportunità che invece rappresentano il vero valore aggiunto.
Massimiliano Peron
Progettato dall'architetto Renzo Piano, Il Vulcano Buono sorge su un'area di 500.000 mq
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