: zibaldone Ma poi è successo che appena lo avete baciato, appena avete messo da parte le tattiche e vi siete concesse il lusso di lasciarvi andare anche con il cuore, il vostro eroe si è inaspettatamente trasformato in rospo. Avete scoperto che il suo senso di responsabilità cela in realtà una totale mancanza di leggerezza e, se tutto ai suoi occhi è un impegno, anche nelle relazioni viene costantemente calcolato il peso che comportano; vi siete sentite un optional – sebbene importantissimo – perché lui, in fondo, basta benissimo a se stesso; così vi ha costrette a una “miseria affettiva” in cui non c’è spazio per un coinvolgimento più profondo, figuriamoci per la progettualità. Infine, chiuso com’è nella sua dimensione algida e distante, avete constatato con frustrazione come sia incapace di parlare di sentimenti, di parlare davvero di sé, quasi fosse estraneo persino alla sua stessa intimità. Non fatevi illusioni, un giorno lui se ne andrà e non capirete nemmeno come e perché, non ci saranno campanellini d’allarme. Una relazione asciutta, una relazione con un “briciola” generalmente finisce senza preavviso. Umberta Telfener, attingendo alla sua esperienza di psicologa, epistemologa e psicoterapeuta, nel suo ultimo libro descrive gli amori “briciola”, quelle relazioni in cui non ci si concede che a piccole dosi, in cui si evita di coinvolgersi e di condividere troppo per mantenere inalterati i propri interessi e la propria intimità. Soprattutto forse l’idea che si ha di se stessi, facendo in modo che l’Altro non arrivi mai a metterla in discussione. Certo è, come scrive l’autrice, che “quando si resta soli nel letto si possono dormire sonni tranquilli, si rimane però uguali a se stessi.” Solo la relazione è evoluzione, curiosità per il mondo, estasi, espansione. Solo l’Amore (a-mors) spartito è uscire dal limite, dalla morte inevitabile e sfiorare l’eternità. Umberta Telfener Gli amori briciola. Quando le relazioni sono asciutte viverla come frontiera aperta, come un luogo di transito segnato da un continuo andirivieni, in cui poter riconoscere tutti i mutamenti possibili. Quelli che le metafore riescono a descrivere; le immagini del pensiero, vivere. I topoi più classici (labirinto, nebbia) e quelli meno conosciuti (febbre, risveglio) vengono utilizzati da questo Prof. che vuole “liberarsi del linguaggio accademico” per meglio significare il senso dello spaesamento necessario ad avviare un percorso teso a riconquistare il molteplice proprio dell’essere umano. Non è solo, Rella. In questo ‘viaggio’ lo aiutano i grandi della filosofia, dell’arte e, soprattutto, della letteratura: da Proust a Benjamin, da Kafka a Klee, e Balzac, Flaubert, Leopardi… Quelli, insomma, che hanno cercato le relazioni tra cose – direbbe Baudelaire – “nella foresta di simboli” che ci circonda. La ricerca di Rella è comunque ricerca non lineare, fatta di frammenti sedimentati nella cultura; e fatta mettendosi in gioco in prima persona, con le sue letture, i suoi ricordi; la sua storia. Solo così, attraverso un “pensiero visibile”, è possibile per lui recuperare, e poi donare, quel simbolico che appartiene a tutti e che permette di non restare schiacciati e muti in un “mondo che si è atrofizzato e raggrinzito”. Solo così è possibile avviare un percorso di conoscenza che abbia come fine la piena individualizzazione e realizzazione di sé. Franco Rella Metamorfosi. Immagini del pensiero Moretti&Vitali, 2014 pp. 179, euro 16,00 Alla scoperta dell’homo communicans Ma.Gi, 2013 pp. 144, euro 15,00 di Federico Mussano Metamorfosi. Immagini del pensiero Sovente le nostre esperienze di vita (riferite sì al mondo reale ma dotate di una sempre maggiore integrazione con il web e con estensioni virtuali) ci conducono a riconsiderare contesti che ci parevano familiari e a ridiscutere punti di riferimento e orizzonti. Cambiano gli scenari, i riferimenti si connotano sempre di più in chiave dinamica corrodendo le certezze di immutabilità su cui avevamo costruito congetture e strategie comunicative. Ecco quindi come la comunicazione possa essere vissuta come «un luogo quotidiano e uno spazio intricato in cui si rischia (o si sceglie) di perdersi» ed ecco come l’onere di effettuare scelte comunicative e di praticare modalità rinnovate di rapporto con i gruppi sociali cada sulle spalle di un nuovo individuo che, secondo la formulazione di Giovanni Ciofalo e di Silvia Leonzi (entrambi docenti di Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza Università di Roma), possiamo definire Homo Communicans. La comunicazione di cui è protagonista questo nuovo in- di Anna Rita Guaitoli “Sono un filosofo che si occupa di letteratura, o sono un letterato che si sporge verso la filosofia?”. La domanda è dello stesso Rella, di professione filosofo, in un’intervista. Ma dà bene il senso di questo libro del 1984, ripubblicato in un tempo in cui le città sono sempre più soffocanti, il rumore sempre più assordante, e il mondo è sempre più il “mondo della quantità e dei calcoli”. Lo “spiraglio” per recuperare frammenti di un altro mondo, quello “intermedio di forme e colori” che pure ci appartiene, c’è. La strada, però, non è lineare. Per ritrovare la realtà nella sua complessità, senza fuggire da essa, occorre 46 : Leggere TuttI n.85 aprile 2014 dividuo è interpretabile sulla base di tre direttrici secondo una prospettiva in cui notiamo “Le tre H della comunicazione” (questo il titolo del paragrafo nel quale vi è il contributo, oltre che dei citati Ciofalo e Leonzi, anche di Antonio Di Stefano) a incardinare considerazioni idonee a comprendere la portata di questa rivoluzione antropologica: «la comunicazione può essere, contemporaneamente, considerata un ambiente (habitat), uno spazio d’interazione (habitus), una terza natura (heimat)». La comunicazione può essere interpretata come una specifica forma di adattamento dell’uomo all’ambiente (un habitat rapportabile non tanto all’apparentemente infinito, ma in realtà sostanzialmente circoscritto, universo bensì a un “multiverso”, a una situazione di coesistenza di una moltitudine di universi, di «infiniti spazi compresenti in infiniti tempi») ma ciò non determina forse una modifica dell’ambiente stesso dove l’uomo (Faber, Sapiens ma soprattutto Communicans) si trova a operare e a comunicare? Naturalità e artificialità degli ambienti cessano di essere distinguibili e di conferire un carattere assoluto con valenza classificatoria a fenomenologie esperienziali patrimonio del nostro vissuto: la presenza di barriere insormontabili tra uno spazio e l’altro (barriere che l’attore sociale sovente concepiva come ostacoli da aggirare più che da affrontare, conscio della quasi impossibilità di superarle) non è più che un ricordo. La dissoluzione delle barriere sociali risente delle caratteristiche di sempre maggior immediatezza (e questo lo si dava per scontato nel prevedere l’impatto dei nuovi media e dei nuovi dispositivi mobili) e di maggior intimità (e questo non lo si dava affatto per scontato) dei contatti promossi e ricercati da questo individuo nuovo in un tempo di grandi trasformazioni: l’Homo Communicans. Giovanni Ciofalo, Sivia Leonzi (a cura di) Homo communicans Una specie di/in evoluzione Armando Editore, 2014 pp. 144, euro 12,00 Sulle tracce di un incontro di Serena Rossi Gianfranco Ravasi, cardinale, teologo e biblista, è una delle voci più autorevoli per l’interpretazione delle sacre scritture e tra le più amate per la capacità di trasmettere con freschezza e attualità i valori cristiani. Con questo suo ultimo libro fornisce un prezioso strumento per chi volesse mettersi sulle tracce di un Dio che invita l’uomo ad un incontro concreto e autentico, attraverso la riscoperta della sua Parola, della preghiera e della bellezza del creato. Scriveva Gesualdo Bufalino in riferimento a certi scialbi credenti: “solo negli atei sopravvive oggigiorno la passione per il divino”. Ma in un mondo come quello di oggi, dove anche l’ateismo ha perso la forza dei grandi sistemi di pensiero per degradarsi in un agnosticismo disinteressato e passivo, Leggere TuttI n.85 aprile 2014 : 47