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ANALISI DELLE POLITICHE PUBBLICHE
Contatti docente: [email protected][email protected]
Testo di riferimento: Howlett e Ramesh, Come studiare le politiche pubbliche, 2003, Il Mulino, Bologna
• Esistono diverse tipi di teorie: nel corso confronteremo solo alcuni
esempi rappresentativi (6), scelti in base alle principali unità di
analisi e all’approccio generale alla costruzione teorica.
METODO DI ANALISI
Deduttivo
Induttivo
Public choice
Economia del benessere
Marxismo
Pluralismo/corporativismo
Neoistituzionalismo
Statalismo
Individuo
UNITA’ DI
ANALISI
Gruppo
Istituzioni
• Teorie deduttive: partono da un numero relativamente limitato di
postulati fondamentali o affermazioni universalmente riconosciute e
applicano poi tali affermazioni allo studio di fenomeni specifici (topdown).
• Teorie induttive: partono dall’osservazione di fenomeni specifici e da
essa tentano di trarre delle generalizzazioni che possono poi combinarsi
in una teoria più generale (bottom-up).
Teorie e approcci
• Pone l’individuo come fondamentale unità di analisi.
• Institute for the Study of Public Choice (Virginia Polytechnic University)
• Costituisce un’applicazione dei principi dell’economia neoclassica al
comportamento politico
• Ipotesi: gli attori politici, così come quelli economici, agiscono in
maniera razionale al fine di raggiungere la massima utilità
(soddisfazione) per se stessi (il solo attore politico che conta è
l’individuo)
• Per il Nobel Buchanan: «in un certo senso, tutta la public choice o teoria
economica delle politica potrebbe essere sintetizzata nella scoperta, o
riscoperta, del fatto che gli individui dovrebbero essere trattati come
massimizzatori razionali del proprio interesse in tutte le loro possibilità
di comportamento» (1978, ‘The Economics of Politics’)
Public choice – 1
• Per la Public choice i singoli attori (politici e/o elettori) si lasciano
guidare dall’interesse personale nel compiere scelte che apportino
loro il maggior vantaggio (McLean (1987), ‘Public Choice: An
Introduction’)
•
-
Tale assunto (‘comportamento umano’) è stato applicato agli studi:
Comportamento degli elettori (Downs 1957)
Relazione fra sistema politico e sistema economico (Becker 1958)
Natura del comportamento individuale e collettivo nell’attività
decisionale (Coase 1960)
- Struttura e istituzioni di governo: apparati burocratici (Downs 1967),
organi legislativi (Niskanen 1971), partiti politici (Riker 1962) e la
costituzione (Buchanan 1975)
Public choice – 2
• Gli elettori necessariamente votano per i partiti e i candidati che meglio agiscono
nel loro interesse.
• I politici sono impegnati nella competizione elettorale al fine di promuovere i
propri interessi in termini di guadagno, potere e prestigio e propongono politiche
in grado di assicurarsi il favore degli elettori (allo stesso modo i partiti con
‘pacchetti di policy’)
• La ricerca dell’interesse spinge i funzionari della burocrazia ad aumentare il più
possibile gli stanziamenti a favore dei propri uffici (maggiori risorse = maggiore
potere, prestigio e stipendi più alti). Sono quelli che realizzano meglio il proprio
interesse perché detentori del monopolio dell’erogazione di beni e servizi, perché
non hanno concorrenti e perché né i cittadini né i politici eletti hanno l’esperienza
per controllare queste attività)
• Per Peter Self: «gli elettori possono essere paragonati a consumatori; i gruppi di
pressione possono essere visti come associazioni di consumatori politici o a volte
come membri di una cooperativa; i partiti politici diventano imprenditori che
presentano pacchetti competitivi di servizi e tasse in cambio dei voti; la
propaganda politica equivale alla pubblicità, mentre le agenzie governative sono
aziende pubbliche che dipendono dalla ricezione o dalla ricerca di un supporto
politico adeguato che permetta di coprirne i costi» (1985, ‘Political Theories of
Modern Government: Its Role and Reform’)
Public choice – 3
• Dunque gli elettori sono alla ricerca costante di programmi alternativi del
governo restando vincolati solo alla loro disponibilità di pagare tasse
• I politici, i partiti e i funzionari della pubblica amministrazione offrono
programmi per perseguire il proprio interesse di potere, prestigio e popolarità
• Tutto ciò porta ad aumento costante dell’intervento pubblico nell’economia e
nella società, spesso dando vita al ciclo economico-politico: si agisce sempre
come in campagna elettorale e le decisioni prese variano in base al periodo del
ciclo elettorale (quelle popolari vengono prese prima, mentre quelle impopolari
dopo) (Boddy e Crotty 1975; Foot 1979; Frey 1978; Locksley 1980; Tufte 1978)
• I teorici della Public choice traggono dalle loro analisi che è necessario
sviluppare istituzioni che abbiano la facoltà di limitare quella massimizzazione
dell’utilità che serve gli interessi di individui particolari con un impatto negativo
sulla società nel suo insieme.
• I teorici della PC tendono anche a sostenere che l’intervento pubblico nella
società dovrebbe limitarsi a ‘completare’ il mercato tramite garanzie di
applicazione o in modo da consentire alle forze del mercato di operare ed allocare
risorse in un modo che risulti benefico per tutta la società.
Public choice – 4
•
1) la PC rappresenta una semplificazione che non si accorda con la realtà empirica.
Molte delle attività politiche vengono intraprese anche per motivi rituali o simbolici,
dunque trattarle come comportamento che mira a massimizzare l’utilità significa
sottovalutare la complessità della politica che soggiace alla determinazione delle
politiche pubbliche.
•
2) Presenta scarse capacità predittive. La previsione secondo cui le funzioni del
governo crescerebbero in maniera inesorabile a causa delle dinamiche concorrenziali
della democrazia non è sorretta da prove empiriche.
•
3) concepisce la dinamica partitica in un conteso bipolare permettendo agli elettori di
scegliere tra due alternative chiare. Non è così: democrazie con sistemi multipartitici
•
4) Niente da dire sul policy making in sistemi non democratici non fondati su libere
elezioni
•
5) Sottovaluta gli effetti dei fattori istituzionali nel dare forma alle preferenze degli
attori politici (per alcuni effetti vincolanti delle istituzioni sul comportamento degli
attori, per altri le istituzioni sono modificabili da parte degli attori in base alle loro
preferenze)
•
6) la teoria non è positiva o indipendente, ma è normativa e cerca di promuovere una
visione particolare del liberalismo ortodosso (neoliberalismo) che promuove il
mercato e limata la sfera delle attività pubbliche.
Public choice – 5
• Un gruppo di teorie fondamentalmente accomunate dal primato
accordato alle entità collettive come oggetto dell'analisi
• Tuttavia, a differenza delle altre teorie del gruppo induttivo, esse
tendono a definire l’unità di analisi in termini «oggettivi»,
attribuendo cioè l'appartenenza al gruppo sulla base di caratteristiche
osservabili degli individui, a prescindere dal fatto che gli stessi si
riconoscano in questo modo.
• L'appartenenza ad una classe è solitamente determinata dalla
presenza o dall'assenza di certe caratteristiche, che spesso, ma non
necessariamente, sono di natura economica.
• Per Ossowski (1963) il concetto di classe riguarda «gruppi
variamente differenziati all’interno di una categoria maggiormente
comprensiva, quale la categoria dei gruppi sociali che condividono i
medesimi interessi economici, o la categoria dei gruppi i cui membri
condividono condizioni economiche che in un certo senso sono le
stesse»
Teorie classiste
• Nel Manifesto del Partito Comunista, Marx illustrava la dicotomia
strutturale presente in tutte le società, in cui due classi si contendono il
potere politico ed economico.
• Secondo la concezione materialista della storia di Marx la società umana
è passata:
- attraverso un certo numero di fasi (modi di produzione) : 1) comunismo
primitivo (proprietà comune della terra); 2) sistema schiavistico
(appropriazione privatistica della terra); 3) sistema feudale; 4)
capitalismo (capitale, lavoro salariale, ecc.)
- ciascuna caratterizzata da proprie condizioni tecnologiche di produzione
(mezzi di produzione) : es. suolo, pala…oppure miniere e fabbriche.
- da un diverso sistema di rapporti tra i vari attori del processo produttivo
(struttura di classe)
• Ciascun modo di produzione comporta un sistema di classi particolare,
determinato in ultima analisi dal possesso (o meno) dei mezzi di
produzione. Modello conflittuale dicotomico tra i due gruppi.
• Es. Società schiaviste: schiavi vs padroni; società feudale: servi della
glebe vs signori; società capitalista: operai vs proprietari
Teorie classiste – marxismo 1
• Secondo le teorie classiste, le politiche pubbliche nelle società
capitalistiche costituiscono un riflesso della classe capitalista (i
capitalisti controllano lo stato e le sue attività per aumentare i
profitti/plusvalore)
• Per la sua natura deduttiva, l'analisi delle politiche pubbliche dal punto di
vista marxista si configura sempre come dimostrazione dell'asservimento
delle politiche agli interessi del capitale, prova di come quest'ultimo si
serva dello stato per perseguire il proprio interesse.
• Problematiche:
1) se anche fosse vero che una certa politica fosse asservita all'interesse
del capitale, non sarebbe possibile concludere ipso facto che quella
politica sia stata messa in atto su ordine del capitale. Per provare una
cosa del genere, bisognerebbe dimostrare che i detentori del capitale
dettino istruzioni e che i funzionari dello stato eseguano fedelmente;
2) questo approccio non spiega l'adozione di politiche a cui i detentori del
capitale si oppongono. In molti stati capitalisti, ad esempio l’adozione
di politiche di welfare è stata fortemente osteggiata dai capitalisti, fatto
non spiegabile in questa prospettiva.
Teorie classiste – marxismo 2
• Per Poulantzas (1977) i conflitti tra le diverse frazioni del capitale,
insieme all'esistenza di un apparato burocratico composto di individui di
estrazione non capitalista, permettono allo stato un certo livello di
autonomia dal capitale che consente allo stato di adottare misure in
favore delle classi subordinate garantendo un clima di stabilità sociale
• Sebbene alcune di queste misure possano contrastare gli interessi a breve
termine del capitale agiscono comunque nell’interesse a lungo termine.
• Per i neomarxisti la formazione delle politiche è sempre asservita agli
interessi del capitale in maniera strutturale, ma non nel senso strumentale
dei primi marxisti.
• Critiche di semplicismo (Thompson 1978):
- Affermare che qualsiasi azione compiuta dallo stato debba a priori essere
nell'interesse a lungo termine del capitale è eccessivamente deduttivo.
- In circostanze simili diversi stati capitalisti adottano misure diverse: oltre
all'imperativo funzionale, devono quindi esistere altri fattori che
determinano l'azione di uno stato.
Teorie classiste – neomarxismo 3
• Per superare i problemi indicati dai critici, alcuni teorici neomarxisti
riconoscono esplicitamente l'importanza dei fattori politici nella
determinazione delle politiche pubbliche (Esping-Andersen 1981;
1985; Esping-Andersen e Korpi 1984)
• il ruolo dei partiti della classe operaia che agiscono attraverso i canali
politici e i sindacati, considerati il fattore chiave nella formazione
delle politiche pubbliche
• la nascita del welfare state, ad esempio, si spiega come risultato delle
pressioni politiche esercitato dalla classe operaia (sempre e
comunque senza minare il profitto).
Teorie classiste – neomarxismo 4
• Il metodo analitico classista continua a dimostrare gravi problemi
• Il primo di questi riguarda la difficoltà di determinare esattamente il
significato di classe (Przeworski 1985; Olin Wright 1985)
• I teorici dei marxismo si esprimono a volte in termini di borghesia e
proletariato, concetti abbastanza chiari, ma si riferiscono anche a
categorie quali piccola borghesia, frazioni nazionaliste e
internazionaliste della borghesia e anche lavoro produttivo e
improduttivo, che rappresentano invece categorie concettuali non
troppo precise. (es. podemos, syriza, m5s…dicotomizzazione del
conflitto)
• Il riconoscimento da parte dei neomarxisti dell'importanza delle
classi intermedie fra capitalisti e classe operaia costituisce senza
dubbio un miglioramento, che però ha reso più difficile l'analisi
basata sul concetto di classe.
Teorie classiste – neomarxismo 5
• Il secondo riguarda l'analisi marxista ruota intorno alla relazione tra
«sovrastruttura» sociale e «struttura» economica. Secondo la visione
marxista tradizionale, il modo di produzione e i relativi rapporti di
produzione costituivano la base strutturale per le sovrastrutture quali
lo stato, il diritto e l'ideologia.
• Questa elaborazione concettuale tuttavia è problematica in quanto lo
stato, ad esempio, svolge un ruolo fondamentale nell'organizzazione
dell'economia e nella definizione del modo di produzione (Cox 1987)
– Es. Canada e sfruttamento risorse naturali con protezionismo a
favore dell’industria nazionale; oppure le infrastrutture strategiche a
monopolio statale
• Il terzo riguarda il problema del determinismo economico che riporta
tutti i fenomeni sociali e politici ad una base economica (McLennan
1989). Per poter prendere in considerazione fatti non economici, essi
non riescono completamente ad evitare di ridurre i fenomeni sociali e
politici ad una base economica
Teorie classiste – neomarxismo 6
• Il neoistituzionalismo nasce dai dubbi (e dai limiti delle teorie deduttive
basate sullo studio di individui e gruppi) sollevati riguardo alla capacità
delle teorie deduttive già esistenti di affrontare il motivo dell'esistenza di
istituzioni politiche, economiche e sociali quali governi, aziende,
istituzioni religiose (Cammack 1992; Hall e Ikenberry 1989; Rockman
1990)
• Il neoistituzionalismo, noto anche come New Economics of
Organization, riconosce il ruolo cruciale delle istituzioni nella vita
politica e sostiene che la loro esistenza nella società è finalizza al
superamento degli ostacoli alla circolazione delle informazioni e allo
scambio nelle organizzazioni sociali.
• L’unità fondamentale utilizzata in questo tipo di analisi è legata alle
“transazioni” tra gli individui all’interno delle istituzioni (Coase 1960),
le quali aumentano o diminuiscono i costi delle transazioni.
• le istituzioni sono «prodotti del disegno umano, effetti di azioni
finalizzate, poste in essere da individui razionalmente orientati» (Powell
e DiMaggio 1991)
Neoistituzionalismo 1
• Secondo la prospettiva neoistituzionalista, i due tipi di
organizzazione che grazie al loro effetto, possono minimizzare i costi
di transazione sono:
• il mercato: dove i costi per procurarsi le informazioni e soddisfare
altre esigenze sono generalmente esternalizzati poiché produttori e
consumatori condividono i costi di acquisizione e diffusione di
informazioni, beni e servizi.
• La gerarchia o burocrazia: dove i costi sono internalizzati, come
avviene ad esempio nella maggior parte delle multinazionali e degli
organi burocratici dell'era moderna.
(North 1990, Williamson 1985; Kiser e Ostrom 1982; Levi 1988)
Neoistituzionalismo 2
• Nella sfera politica, secondo la prospettiva neoistituzionalista, le
istituzioni hanno ragione di esistere in quanto esse «nominano e
legittimano gli attori politici e offrono loro regole di comportamento
coerenti, concezioni della realtà, standard di valutazione, legami affettivi
e dotazioni, e quindi capacità d'azione mirata» (March e Olsen 1994)
• Robert Keohane (1989) definisce le istituzioni come «insiemi duraturi e
connessi di regole (formali o informali) che prescrivono ruoli di
comportamento, vincolano l'attività e danno forma alle aspettative».
• In base a ciò, le istituzioni non soltanto aumentano o diminuiscono i costi
di transazione, ma configurano anche le preferenze ed il loro grado di
realizzazione.
• Peter Hall (1986) descrive l'analisi «istituzionalista» come un tipo di
analisi «che sottolinea le relazioni istituzionali, sia formali che
convenzionali, che tengono insieme i componenti di uno stato e ne
strutturano i rapporti con la società».
Neoistituzionalismo 3
• Per March e Olsen i punti maggiormente evidenziati dal neo
istituzionalismo sono:
- l’autonomia delle istituzioni politiche rispetto alla società in cui esse
sono inserite;
- l’organizzazione delle istituzioni governative e il suo effetto sulle
azioni dello stato;
- le regole, le norme e i simboli che governano il comportamento
politico;
- gli schemi unici di sviluppo storico e i vincoli da essi imposti alle
scelte future
Neoistituzionalismo 4
• Per Stephen Krasner (1988):
«Nella prospettiva istituzionalista le strutture istituzionali durature sono
viste come i mattoni della vita sociale e politica» che condizionano «le
preferenze, le capacità e l'identità fondamentale degli individui».
Il futuro dipende dalle strade intraprese: «una volta compiute
determinate scelte, certe possibilità future vengono limitate».
Ciò che i policy makers dispongono oggi è funzione delle capacità
istituzionali messe in atto ieri, «probabilmente in risposta a pressioni
molto diverse provenienti dall'ambiente».
• La questione non è tanto costituita dal fatto che le istituzioni
provochino un'azione. Piuttosto, esse influiscono sulle azioni dando
forma all'interpretazione del problema e alle soluzioni possibili e
limitando le possibilità di scelta della soluzione, nonché il modo e il
grado in cui le azioni vengono realizzate.
Neoistituzionalismo 5
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