la corte costituzionale “azzoppa”

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Anno VII
Pubblicazione numero 1
2011
GiustiziaSportiva.it
Rivista Giuridica
Direzione e Fondatori
Antonino de Silvestri
Paolo Moro
Jacopo Tognon
Comitato di Redazione
Giuseppe Agostini
Marco Mazzucato
Jacopo Tognon
Direttore Responsabile
Mario Liccardo
_____________________________________________________________
Autorizzazione del Tribunale di Padova in data 1 ottobre 2004
al numero 1902 del Registro Stampa
- Periodico quadrimestrale –
- ISSN 1974-5230 -
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INDICE DEL FASCICOLO 1°
PARTE PRIMA
SPECIALE COMMENTO alla Sentenza 49/2011 della Corte Costituzionale
ANTONINO DE SILVESTRI, La corte Costituzionale “azzoppa” il diritto d'azione dei
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tesserati e delle affiliate.
PARTE SECONDA
DOTTRINA
ROLANDO FAVELLA, Il regolamento consob sulle operazioni con parti correlate.
pag.28
La risposta di Juventus, Roma e Lazio
LUCA LONGHI, Le comunicazioni pubblicitarie degli operatori di servizi televisivi
pag.47
in materia di sport tra regola della concorrenza e profili d’interesse generale
PARTE TERZA
NOTE A SENTENZA
ANTONIO ARMENTANO, L’ostracismo della subordinazione dallo sport dilettantistico
pag.60
(Nota a Trib. Torino, sezione lavoro, 25 maggio 2010, n. 1135, non pubblicata)
ANDREA PETRETTO, Il Regolamento illegittimo (nota a Tar Lazio, sez. III ter, 11
pag.69
novembre 2010, n. 5363)
MARIO VIGNA, Il passaporto biologico supera l'esame del TAS (nota a Lodo TAS
pag.81
2178/A/2010 Caucchioli/ CONI e UCI)
DOMENICO ZINNARI, Ultrattività del tesseramento e giurisdizione sportiva (nota a
pag.104
CGF FIGC C.U. n. 110)
PARTE QUARTA
SAGGI
pag.120
IGNACIO ARROYO, Contador, grazie!
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PARTE PRIMA
Speciale Commento
alla Sentenza 49/2011
SOMMARIO:
ANTONINO DE SILVESTRI, La corte Costituzionale “azzoppa” il diritto d'azione dei
tesserati e delle affiliate.
3
pag.4
La corte costituzionale azzoppa…
LA CORTE COSTITUZIONALE “AZZOPPA” IL DIRITTO
D’AZIONE DEI TESSERATI E DELLE AFFILIATE
(SENTENZA SCARICABILE SU WWW.CORTECOSTITUZIONALE.IT)
di Antonino De Silvestri (*)
Sommario:
1. L’ambiguità e le contraddizioni del contesto di riferimento
2. L’inaccettabile interpretazione limitativa della Corte
3. La tutela risarcitoria: solo una chimera?
4. La moltiplicazione delle incertezze e l’illegittimità costituzionale della giurisdizione
esclusiva
1. L’ambiguità e le contraddizioni del contesto di riferimento
La sentenza della Corte Costituzionale era attesa dagli specialisti con grande interesse
scientifico, essendo stata portata alla sua cognizione una materia che, oltre ad essersi sviluppata
seguendo un percorso ambiguo e progressivamente diversificato, impatta direttamente con i
massimi sistemi del diritto dello sport, coinvolgendo le questioni teoriche che rinviano alle teorie
ordinamentali e, più in generale, al pluralismo giuridico (1), e quelle strettamente operative, relative
all’intero sistema di giustiziabilità statuale delle pretese sportive quale disegnato dalla legge n.
280/2003.
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SPECIALE COMMENTO SENTENZA 49/2011
La corte costituzionale azzoppa…
I “panamministrativisti”, evidentemente soddisfatti dell’attribuzione del contenzioso sportivo
alla giurisdizione del TAR Lazio, giudicata una conferma delle loro teorie, hanno salutato la sua
emanazione come un “momento fondamentale nell’evoluzione dei rapporti tra l’ordinamento
sportivo complessivamente considerato e l’ordinamento statale”, valutando la riconosciuta
autonomia “come una grande conquista dello sport” e ritenendo, addirittura, di poter individuare
nella legge risvolti positivi sotto il profilo della certezza del diritto” (2).
Oltre ad avere immediatamente osservato che il movimento sportivo nazionale trova il suo
fondamento nella Costituzione e nella disciplina codicistica delle associazioni e che l’autonomia
dello sport poteva essere, pertanto, solo una “risultante di sistema”, avevo comunque segnalato
l’assoluta inidoneità della legge a discriminare in concreto le “due giustizie”, tanto da indurmi a
pronosticare che essa avrebbe sicuramente creato più problemi di quelli asseritamente risolti,
“costringendo l’interprete a misurarsi necessariamente con un referente specifico palesemente
inadeguato che avrebbe potuto mostrarsi persino fuorviante” (3).
Non è certo questa la sede per approfondire uno dei massimi problemi di teoria generale,
quello della certezza del diritto.
E’ comunque innegabile, anche nell’attuale contesto giuridico in profonda trasformazione,
caratterizzato dalla perdita di centralità della legge e dalla pluralità delle fonti in grado di scardinare
la tradizionale scala gerarchica, come la certezza continui ad essere avvertita come un’esigenza
imprescindibile perché evoca, in positivo, gli altrettanto irrinunciabili valori della parità di
trattamento, della chiarezza, della prevedibilità e dell’affidamento (4).
La situazione antecedente alla legge n 280/2003 era sicuramente deficitaria sotto gli anzidetti
profili, perché non consentiva a coloro che operano nell’ambito dello sport ufficializzato di
conoscere con esattezza quali fossero le situazioni giuridiche protette di cui godono e di quali
strumenti essi disponessero per ottenerne la concreta tutela innanzi ad un giudice legislativamente
precostituito.
La legge specifica, emanata al dichiarato scopo di costruire quel quadro di certezze che
mancava distinguendo, innanzitutto, le pretese sportive azionabili solo innanzi agli organi giustiziali
interni da quelle statualmente rilevanti, ha però clamorosamente mancato il suo obiettivo primario,
perché ha continuato a precludere a tesserati ed affiliate che, esercitando le loro prerogative
costituzionali, hanno optato per l’adesione ad un contesto associativo dotato di un sistema di
giustizia “di gruppo”, la possibilità di conoscere preventivamente i differenziati ambiti di tutela.
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SPECIALE COMMENTO SENTENZA 49/2011
La corte costituzionale azzoppa…
Emblematico è proprio l’esempio della giustizia disciplinare, quella che più di ogni altra
caratterizza e qualifica l’operato delle Federazioni sportive (5) se si considera che, ancor oggi, non è
dato sapere quale sia la natura degli atti irrogativi di sanzioni (6) e che, in termini di diritto vivente,
il testo della legge ha finito con il legittimare, per il tramite dell’interpretazione ritenuta
“costituzionalmente orientata”, l’impugnativa di praticamente tutte le sanzioni disciplinari in ottica
clamorosamente opposta a quella sancita (7).
Occorre poi considerare come la stessa legge, dopo l’opzione per il privato nella disciplina
sostanziale delle Federazioni, quelle nel cui ambito si sviluppa in concreto il contenzioso sportivo,
orientandosi
incoerentemente per il pubblico in quello processuale (8) abbia perpetuato,
radicalizzandolo all’estremo, l’antitetico approccio culturale di fondo che caratterizza da sempre le
problematiche di diritto dello sport.
Il quadro di riferimento entro il quale si è dovuto muovere il giudice delle leggi per valutare la
legittimità o meno della riserva all’autodichia sportiva di cui all’art 2 lett b) della legge n 280/2003
appariva dunque quanto di più incerto e contraddittorio si possa immaginare, perché accanto al
travagliatissimo percorso interpretativo del giudice amministrativo, le cui oscillazioni ed i
ripensamenti sono puntualmente riportati nell’ordinanza di rimessione (9), deve essere segnalato
anche l’orientamento del giudice civile nei casi in cui ha avuto la possibilità di pronunciarsi.
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha infatti subito mostrato di ritenere, con acritico
appiattimento al tenore letterale del dettato legislativo, che le sanzioni disciplinari possano
senz’altro rimanere “confinate all’interno dell’ordinamento sportivo propriamente detto”, con la
conseguenza che “ le controversie che in esso sorgono non potrebbero formare mai oggetto della
giurisdizione statale”, ribadendo peraltro il proprio convincimento anche successivamente (10), e
tale filone interpretativo ha ovviamente indotto ad orientarsi nello stesso senso anche i giudici di
merito in vario modo aditi.
Secondo il Tribunale di Genova, infatti, “le materie sottratte dalla legge n. 280/2003 alla
cognizione del giudice non danno luogo a situazioni giuridicamente protette, ma a meri interessi
semplici” (11) mentre, secondo quello di Trento, avendo il legislatore “regolato in via innovativa ed
esclusiva i rapporti tra i due ordinamenti”, se ne dovrebbe perciò dedurre “che lo stesso abbia
assegnato a quello sportivo la cognizione dell’intero, relativo settore di materie” (12).
Il mio personale convincimento, espresso nel commento all’ordinanza di rimessione (13), è
che l’impianto del decreto legge n. 220/2003, viziato dall’inemendabile peccato originale di aver
preteso l’impossibile coesistenza tra integrazione (che rinvia imprescindibilmente all’unica
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SPECIALE COMMENTO SENTENZA 49/2011
La corte costituzionale azzoppa…
giuridicità statuale) e separazione (che presuppone invece anche un’ “altra” giuridicità), abbia
“costretto” il legislatore di conversione per evitare, come ricordato dalla stessa Corte, “un vero e
proprio disastro incombente sul mondo del calcio”, alla mission impossible di creare zone franche
dalla giurisdizione, e che allo stesso non sia perciò rimasta altra possibilità se non quella di ridurre il
quantum delle questioni originariamente riservate all’autodichia sportiva per non avallare
l’altrimenti troppo scoperta pretesa di confinare nella sfera dell’indifferente giuridico l’intero
contenzioso tradizionalmente ricompreso nel concetto di giustizia sportiva. (14)
Avevo infatti segnalato come l’impianto di decreto e legge si fondasse su un falso sillogismo,
quello denominato dei “quattro termini”, che conduce a risultati fuorvianti perché attribuisce al
termine medio, quello che dovrebbe fungere da raccordo logico, due significati diversi tra loro.
Intendo riferirmi, ovviamente, ai concetti di “ordinamento” e di “autonomia”, che il
legislatore ha utilizzato quali sinonimi di superiorem non recognoscens e di incondizionata
autoreferenzialità e, al tempo stesso, di ordinamento derivato da quello statuale e di autonomia
coessenzialmente limitata dal sistema della legalità costituzionale (15).
In punto di stretta interpretazione, è il disposto dell’art. 1 comma 2 della legge, che fissa il
c.d. principio di connessione tra l’autonomia dell’ordinamento sportivo e la rilevanza statuale delle
situazioni soggettive, a fungere da inidoneo tertium genus comparationis.
Da un lato, infatti, non è possibile ipotizzare, com’è sin troppo ovvio, che il legislatore,
“riconoscendo e favorendo l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale”, abbia inteso
deragliare dai binari che gli sono propri sino a patrocinare la giuridicità eteronoma di quelle stesse
Federazioni sportive in precedenza erette a persone giuridiche di diritto privato.
Leggendo allora l’art 1 comma 1 della legge in tale ottica necessitata (16), non potrebbe
perciò residuare spazio né per eventuali clausole di riserva, ex se inidonee a sottrarre giurisdizione,
potendo le stesse riferirsi solo a quella che già risulterebbe essere la sfera dell’indifferente giuridico,
né per la stessa clausola di salvezza, perché parimenti incongrua e superflua, in quanto finirebbe
con il rinviare all’indiscusso monopolio statuale della giurisdizione.
Dall’altro, occorre pur prendere atto che il legislatore, con una univocità precettiva che non
può prestarsi ad interpretazioni diverse da quella che risulta dal chiaro tenore letterale della norma,
si è ciononostante spinto ad affidare alle Federazioni, con le due clausole di riserva di cui all’art. 2
comma 1, altrettanti “blocchi di contenzioso per materie” circostanza, questa, che non può non
rinviare, contraddittoriamente, ai principi separatisti della teoria classica.
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SPECIALE COMMENTO SENTENZA 49/2011
La corte costituzionale azzoppa…
Che il decretatore d’urgenza (e di conseguenza il legislatore) abbia ceduto anche alle lusinghe
di tale ultimo, ben diverso modo di intendere il pluralismo giuridico da quello costituzionalmente
previsto all’art 2 si evince, del resto, dalla stessa lettura della relativa relazione
d’accompagnamento, secondo la quale, quello sportivo, “è tradizionalmente riconosciuto quale
ordinamento autonomo secondo la nota teoria del pluralismo degli ordinamenti giuridici”
affermazione, questa, che lo ha indotto ulteriormente a sostenere che la “questione della relazione
tra giustizia sportiva e giustizia ordinaria si inquadra, ovviamente, nell’ambito del rapporto tra i due
ordinamenti” inteso, evidentemente, secondo i dettami della stessa teoria.
La realtà, però, è che tra integrazione (necessitata per il legislatore) e separazione (che il
legislatore non può sancire), non vi può essere alcuna forma di raccordo (17), e che la previsione
delle riserve di cui alle lettere a) e b) della legge 280/2003, nonostante nell’incipit dellart 2 di questa
se ne sostenga la derivazione applicativa dai “principi di cui all’art. 1”, non può che porsi in
insanabile contrasto con il dettato costituzionale.
La pretesa di coniugare l’inconiugabile è dunque frutto del convincimento secondo cui,
accanto alla giuridicità dello Stato, potrebbe trovare spazio anche quella, distinta ed eteronoma,
dell’ordinamento sportivo, e che quindi le sanzioni disciplinari, oltre a rilevare direttamente
dell’ambito di questo, potrebbero acquisire rilevanza statuale solo indiretta, per via interpretativa, in
virtù dell’anzidetto principio di connessione.
Ed è questo, del resto, lo stesso ordine di idee sotteso anche all’esegesi “correttiva”,
abbracciata in origine dai giudici amministrativi come male minore, che li ha indotti ad usare il
disposto dell’art. 1 comma 2 come inidoneo elemento di raccordo tra clausola di riserva e clausola
di salvezza costringendoli però, come si è già rilevato, a contraddire apertamente la chiara volontà
del legislatore.
Esegesi della quale, peraltro, tutto si può dire meno che fosse “costituzionalmente orientata”
(18), perché pretendeva all’opposto di fondare un percorso secondo il quale allo Stato sarebbe stato
consentito di abdicare, in prima battuta, a sovranità e giurisdizione, per poi consentirgli il recupero
delle stesse in modo indiretto per via giudiziale.
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SPECIALE COMMENTO SENTENZA 49/2011
La corte costituzionale azzoppa…
2) L’inaccettabile interpretazione limitativa della Corte
Sul presupposto, invero ovvio, che nessuna riserva a favore della giustizia sportiva possa
sussistere in materia di risarcimento, e che quindi non risulterebbe affatto preclusa, per il giudice
amministrativo, la possibilità di estendere la sua giurisdizione sulle sanzioni disciplinari “al fine di
pronunciarsi, in via incidentale e indiretta, sulla domanda risarcitoria proposta dal destinatario della
sanzione” il giudice delle leggi, ravvisando nella specie una “possibilità di deroga al diritto comune
della responsabilità civile”, ha ritenuto di avere così operato un “non irragionevole bilanciamento”
tra l’inderogabile sovranità statuale in tema di diritto di azione e le esigenze di autodichia,
escludendo l’intervento giurisdizionale “maggiormente incidente sull’autonomia dell’ordinamento
sportivo”, quello diretto cioè alla caducazione dell’atto.
La soluzione accolta, che offre ai cittadini-sportivi (sia individualmente, quali “tesserati”, che
alle stesse società e associazioni “affiliate”) solo una tutela residuale per equivalente non mancherà
di sollevare perplessità (19), se si considera che nella motivazione della stessa è a mio avviso
percepibile un qualche imbarazzo della Corte laddove questa, nel richiamare il proprio precedente
arresto n 254 del 2002, ove la deroga al regime risarcitorio era stata incentrata sulla realizzazione di
“un ragionevole punto di equilibrio tra le esigenze proprie” dei due portatori di interesse, ha nella
specie ritenuto di poter ripiegare, più timidamente, solo sull’anzidetto “non irragionevole
bilanciamento”.
La legge n 280/2003 ha sicuramente perpetuato la velleitaria pretesa del decretatore d’urgenza
di concedere alle Federazioni, in termini di gestione del contenzioso, più di quanto le stesse
potessero ottenere dal sistema della legalità costituzionale, ed era pertanto da escludere una
pronuncia di rigetto dell’eccezione sollevata che avallasse in toto la riserva in materia disciplinare.
Anche ragionando per principi “dal basso”, muovendo cioè dalla incontestabile natura
privatistica delle organizzazioni sportive e dalla considerazione che il loro potere di creare regole
interne, espressione di autonomia collettiva, non può non incontrare gli stessi limiti imposti
all’autonomia contrattuale (20), una tale eventualità non era nemmeno prospettabile.
Se, infatti, l’ordine pubblico costituisce lo strumento statuale con il quale precludere
l’ingresso a tutte le manifestazioni di autonomia autodisciplinare contrastanti con i principi ed i
valori fondanti della legalità costituzionale, quale indubbiamente il diritto di azione, sarebbe stata
davvero inimmaginabile e paradossale una soluzione della Corte che avesse consentito al legislatore
del 2003 di scardinare il sistema di cui esso stesso è e deve essere garante.
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SPECIALE COMMENTO SENTENZA 49/2011
La corte costituzionale azzoppa…
Esclusa una tale eventualità, non residuava però un’alternativa diversa dall’accoglimento
dell’eccezione.
La matassa interpretativa portata alla cognizione della Corte non poteva a mio avviso essere
districata se non muovendo dalla considerazione che, attualmente, il diritto nazionale dello sport è
sinonimo di diritto statuale dello sport, nel senso che le pretese sportive maturate in ambito federale,
ove si manifestino anche come situazioni soggettive che il legislatore, a prescindere da ogni
tassonomia (21), non può deprivare di tutela giurisdizionale perché garantite dalla Costituzione, non
possono che risolversi in pretese statuali direttamente azionabili (22), senza bisogno di essere
filtrate per il tramite del c.d. ordinamento sportivo.
La natura associativa delle Federazioni e quella, conseguente, di atti di autonomia collettiva
dei loro statuti (23) nonché, a cascata, di tutti gli ulteriori atti di autodisciplina, quali in particolare i
Codici di Giustizia Sportiva, impone perciò la necessaria conclusione che ogni situazione giuridica
soggettiva non può che originare direttamente dal medesimo contesto.
Il che equivale a dire, conclusivamente, in conformità del resto allo stesso impianto della
legge, la quale non prevede affatto un tertium genus di pretese sportive a rilevanza limitata, che non
vi può essere alternativa tra irrilevanza e tutela piena.
La parabola argomentativa della Corte trascura peraltro di considerare, sotto altro
fondamentale profilo, che non è affatto possibile comprimere la tutela endoassociativa nell’ambito
dei gruppi sportivi distinguendoli dalle altre formazioni sociali “sovvertendo”, solo per essi, “il
rapporto tra principio personalistico e pluralistico sancito dall’art 2 Cost”.
Anche le Federazioni sportive sono infatti “integrate entro gli schemi della giuridicità
statuale” ed anche le stesse, pertanto, “non sono tutelate ex se, per un qualche valore a esse
intrinseco ma, piuttosto, perché sono funzionali all’attuazione dei diritti inviolabili dell’uomo”,
senza che l’appartenenza alle stesse “possa far premio” su tali diritti, come del resto avviene nelle
altre formazioni sociali, quali i partiti, i sindacati e gli ordini professionali, i cui atti sono invece
pienamente giustiziabili.
Se, pertanto, ai radiati dagli iscritti agli albi professionali è consentito di chiedere
l’annullamento della sanzione per poter continuare ad operare, e non solo la tutela per equivalente,
non si vede perché analoga possibilità di conseguire il “bene della vita” asseritamente leso debba
essere preclusa ai tesserati professionisti o ai lavoratori in genere, quale appunto il dirigente Andrea
Cirelli, ovvero alle stesse società sportive affiliate, sia dilettantistiche che professionistiche, magari
quest’ultime quotate in borsa (24).
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SPECIALE COMMENTO SENTENZA 49/2011
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Non è questa la sede per prendere posizione in ordine a problematiche di stretto ordine
civilistico assai dibattute in dottrina e giurisprudenza, quale quella dell’individuazione del rapporto
che corre tra risarcimento in forma specifica e quello per equivalente al fine di individuare o meno
nel primo il rimedio principale e nel secondo quello sussidiario ovvero l’altra, alla quale peraltro la
giurisprudenza sembra rispondere in senso positivo, se la disciplina della reintegrazione in forma
specifica, quantunque dettata con specifico riferimento alla responsabilità aquiliana, sia comunque
espressione di un principio generale.
Sta di fatto, in ogni caso, che l’art 2058 cc pone solo due limiti alla tutela specifica, quello
dell’impossibilità della reintegrazione, non applicabile alle sanzioni sportive più gravi che si
protraggono nel tempo, quelle che peraltro più delle altre necessitano dell’auspicata tutela specifica
e quello dell’eccessiva onerosità, che riguardando solo i diritti reali, non interessa ai nostri fini (25).
Ed è da ultimo il caso di segnalare, che la giurisprudenza, in tema di diritti della personalità, quale
quello di cui il reclamante Andrea Cirelli lamenta anche la lesione, la giurisprudenza è propensa
senz’altro a privilegiare quella ripristinatoria, con il solo limite logico della possibilità (26).
Non convincono, infine, nemmeno le ragioni collaterali ulteriormente addotte dalla Corte per
giustificare il deficit di tutela delle pretese sportive.
Non quella che fa leva su una asserita difficoltà di tutela ripristinatoria, ben possibile ed
evidentemente perseguita soprattutto nei casi di sanzioni disciplinari più gravi che, protraendosi nel
tempo, impediscono la continuazione dell’attività, né l’altra che pretende di giustificare l’asserita
“deroga al diritto comune della responsabilità civile” sulla scorta del ben diverso precedente preso
in esame nella sentenza n 254 del 2002, relativo all’allora prevista esclusione di ogni responsabilità
risarcitoria da parte del servizio postale per il mancato recapito di telegrammi.
In tale ultimo caso, infatti, la possibilità di un risarcimento in forma specifica era per
definizione escluso, e la previsione di una possibile discrezionalità legislativa in tema di
bilanciamento tra le esigenze proprie del gestore del servizio telegrafico e quelle degli utenti si
armonizzava perfettamente con le altre limitazioni di responsabilità già previste, quali quelle
dell’albergatore e degli altri imprenditori assimilati (art 1786 cc) riguardanti sempre casi, però, in
cui l’unica forma di risarcimento possibile era ed è tuttora solo quella per equivalente.
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SPECIALE COMMENTO SENTENZA 49/2011
La corte costituzionale azzoppa…
3) La tutela risarcitoria: solo una chimera?
L’interpretazione della Corte, che in caso di impugnativa delle sanzioni disciplinari limita il
petitum esclusivamente a finalità risarcitorie per equivalente in attesa della formazione, se ci sarà, di
un preciso filone giurisprudenziale, è a mio avviso destinata a provocare nuove incertezze a livello
applicativo.
La prima questione concerne la concreta individuazione dei soggetti passivamente legittimati
ad eventualmente ristorare i danni che dovrà fare i conti, innanzitutto, con la natura delle istanze
giudicanti, sia endo che esofederali, sulle quali regna invero la massima confusione.
Può senz’altro sgomberarsi il terreno dalla concezione penamministrativistica che,
patrocinando un’interpretazione della legge n 280/2003 calata in un totalizzante contesto
pubblicistico, pretenderebbe di considerare tutti gli (asseriti) esercenti la funzione amministrativa
giustiziale, e gli stessi organi federali deliberanti investiti di potestà pubbliche, che aprirebbe in tal
caso lo spazio ad inconferenti problematiche di responsabilità risarcitorie delle Federazioni - enti
pubblici e dei loro funzionari (27).
Non può però non essere valutata criticamente l’autorevole affermazione della S.C.,
assecondata dai giudici di merito, secondo cui, integrando il vincolo di giustizia una “clausola
compromissoria per arbitrato irrituale” (28), ne dovrebbe conseguire che i componenti delle
commissioni federali che possono irrogare sanzioni, sia in primo che in secondo grado,
rivestirebbero natura di arbitri, ai quali soli potrebbero dunque essere imputati gli effetti dannosi dei
loro dicta, e non anche alle Federazioni.
La realtà, però, è che il vincolo di giustizia non ha alcuna finalità devolutiva né, tanto meno,
natura di convenzione arbitrale, costituendo più semplicemente una clausola associativa di fedeltà al
gruppo e alle determinazioni degli organi apicali, non solo giustiziali, e che le commissioni
permanenti, nominate appunto da tali organi, prive per definizione del requisito di “terzietà”, non
sono ex se idonee ad essere qualificate come collegi arbitrali, men che meno nei procedimenti
disciplinari, in cui le Federazioni devono anzi considerarsi parti in causa (29).
Ne è riprova, del resto, la circostanza che i provvedimenti irrogativi di sanzioni sono riportati
in Comunicati Ufficiali che vengono sottoscritti e fatti propri per la carica dai Presidenti federali (o
di Lega), il che dovrebbe conclusivamente indurre a riconoscere senz’altro la possibile
legittimazione passiva delle Federazioni interessate e dei loro “organi” giustiziali, i componenti
delle relative commissioni disciplinari, sia in primo che in secondo grado (30).
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SPECIALE COMMENTO SENTENZA 49/2011
La corte costituzionale azzoppa…
Il quadro è però ancora più complesso, se si considera che non minori sono le incertezze che
attengono ai componenti delle istanze giustiziali esofederali.
Nel caso del dirigente Andrea Cirelli, team manager di una società affiliata alla F.I.P. lo
stesso, dopo essere stato sanzionato in primo grado dalla Commissione Giudicante Nazionale con
l’inibizione a svolgere qualsiasi attività federale e sociale per la durata di due anni, ed essersi visto
aumentare la durata della stessa ad anni tre e mesi quattro dalla Corte Federale, ha adito senza
successo l’allora Camera di Conciliazione e Arbitrato presso il CONI, che ha definitivamente
confermato l’anzidetta misura.
All’epoca era pacifico che l’attività della Camera non potesse essere in alcun modo ricondotta
al sistema della Federazione sportiva di volta in volta interessata, né tantomeno al CONI, e che
quindi i relativi lodi dovessero essere imputati solo ed esclusivamente agli stessi arbitri (31).
A chi rivolgerà le proprie istanze risarcitorie il dirigente sanzionato? Solo alla F.I.P. o anche ai
componenti delle commissioni di primo e secondo grado? Potrà estendere le proprie richieste agli
allora giudicanti della Camera di Conciliazione a Arbitrato?
Né può affermarsi che l’attuale situazione sia più certa alla luce del nuovo modello di tutela
esofederale adottato dal CONI con lo statuto del 26 febbraio 2008, che prevede le due diverse
istanze giustiziali dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva e del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo
Sport in sostituzione della precedente Camera di Conciliazione e Arbitrato. Anche per quest’ultimo,
ora competente per le sanzioni disciplinari, in realtà mero organizzatore di arbitrati senza essere
direttamente coinvolto negli stessi, dovrebbe pervenirsi alle medesime conclusioni precedenti,
anche se per i sui dicta si sono però riproposte le medesime questioni sulla loro reale natura di lodi,
e quindi di arbitri dei relativi estensori (32).
Resta poi da chiarire, nella specie, quale sia lo spazio applicativo dell’art 813 cpc come
novellato il quale, quanto alla responsabilità civile degli arbitri, rinvia a quella dei magistrati per
dolo o colpa grave come disciplinata dalla legge n 117/1988 e che, quanto alla misura del
risarcimento, prevede che la stessa non possa in ogni caso superare una somma pari al triplo del
compenso convenuto o da tariffa!
Al di là della cennate problematiche e delle eventuali azioni di regresso nei confronti dei
materiali estensori dei provvedimenti sanzionatori, è inoltre la questione della stessa natura della
responsabilità risarcitoria, con tutte le relative conseguenze, a rendere l’intero contesto ancor più
articolato e incerto.
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SPECIALE COMMENTO SENTENZA 49/2011
La corte costituzionale azzoppa…
La materia può ovviamente essere solo accennata, coinvolgendo tematiche civilistiche di
amplissimo respiro attinenti alle diverse forme di responsabilità, alla sfera di operatività dell’art
2049 cc, al grado della colpa ed ai criteri di risarcibilità per perdita di chance alle quali dovrà farsi
necessario riferimento (33).
Nelle fattispecie che in qualche modo possono essere assimilate a quelle in questione, relative
alla responsabilità delle Federazioni per i danni cagionati dai medici e dal personale operante per
loro conto, la S.C. ha fissato il principio che le stesse possano essere chiamate a rispondere dei
sinistri avvenuti nello svolgimento di competizioni delle squadre nazionali ex art 2049 cc, quali
“datrici di lavoro”, tenute come tali ad adottare tutte le cautele necessarie, secondo le norme
tecniche e di esperienza, per tutelare l’integrità fisica dei calciatori impiegati (34).
Negli stessi termini si è pronunciato, più di recente, anche il Tribunale di Vigevano (35) il
quale, in occasione della morte di un calciatore avvenuta per colpa professionale di un medico
operante per conto della FIGC, ha condannato quest’ultima al risarcimento dei danni in favore degli
eredi, prendendo le mosse dal consolidato filone giurisprudenziale secondo il quale, per la
sussistenza della relativa responsabilità indiretta, “non è necessario che le persone che si sono rese
responsabili dell’illecito siano legate all’imprenditore da uno stabile rapporto di lavoro subordinato,
ma è sufficiente che le stesse siano inserite, anche se temporaneamente ed occasionalmente,
nell’organizzazione aziendale ed abbiano agito per conto e sotto la vigilanza dell’imprenditore”
(36). E può ancora aggiungersi che, in dottrina, si tende ad ampliare ulteriormente la sfera di
operatività dell’anzidetta norma, ritenendola applicabile anche a settori di attività senza fini di
lucro, quali per statuto quella delle Federazioni Sportive, purchè sussista l’astratta possibilità di
esercitare un potere di controllo e di direzione sui soggetti incaricati (37), come potrebbe perciò
ritenersi anche nel caso dei “giudici” sportivi.
Occorre però considerare, come si è già accennato, che il rapporto tra le istanze giudicanti ed i
sanzionati danneggiati non è affatto tra estranei, ma avviene nel generale contesto endoassociativo
ed autorganizzativo in cui deve essere riguardata l’attività di giustizia delle Federazioni ed in tale
ottica, piuttosto che chiamare queste a rispondere per fatto altrui, sembrerebbe senz’altro più
calzante ipotizzare un loro diretto coinvolgimento a titolo di responsabilità contrattuale per
inadempimento.
Nell’ambito del contratto associativo potrebbe infatti osservarsi che se i tesserati e le affiliate,
per il tramite della norma (rectius clausola contrattuale) vincolo di giustizia, hanno accettato di
sottoporsi all’eventuale giudizio degli organi disciplinari per la conservazione dei valori ritenuti
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SPECIALE COMMENTO SENTENZA 49/2011
La corte costituzionale azzoppa…
coessenziali al corretto funzionamento del gruppo le Federazioni, da parte loro, non possono non
ritenersi impegnate ad organizzare le relative attività giustiziali cercando di preservare gli incolpati
da ingiuste penalizzazioni, come del resto si desume dalla stessa lettura degli statuti federali, se si
considera che quello della nostra massima federazione inserisce la giustizia sportiva tra le funzioni
regolatrici e di garanzia, assicurandone l’ “efficiente funzionamento” anche con l’istituzione di
un’apposita “Commissione di Garanzia” (38).
Ed è possibile osservare ancora, in tale ottica, come il CONI, nell’esercizio delle sue potestà
“conformative” dell’autonomia organizzativa delle Federazioni, abbia imposto alle stesse, con lo
Statuto e con i Principi di Giustizia Sportiva, il rispetto del “giusto procedimento” e di tutti i più
rilevanti diritti processuali (39), allo scopo evidente di impegnarle direttamente e fattivamente nella
tutela di tesserati e affiliate.
A risultati non dissimili si potrebbe peraltro pervenire ravvisando anche, nella specie, una
ipotesi di responsabilità contrattuale da “contatto sociale qualificato”, che andrebbe perciò ad
aggiungersi a quelle, già riconosciute dalla S.C., della responsabilità medica, del minore
autolesionista, della mediazione tipica e della violazione da parte della P.A. delle norme sul corretto
procedimento amministrativo.
Tale forma di responsabilità, fondata sull’esigenza di una più attenta lettura dell’art 1173 cc,
secondo cui le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito o da altro atto o fatto idoneo a
produrle in conformità all’ordinamento giuridico, è stata infatti enucleata proprio per fornire una
tutela agevolata, sotto il profilo dell’onere della prova e della prescrizione, a forme di responsabilità
aquiliane che apparivano poco convincenti in quanto fondate su relazioni le quali, legittimando
soggetti ad incidere sulla altrui sfera giuridica, comportano l’insorgenza di doveri di collaborazione
e di protezione volti a salvaguardare le aspettative ingenerate nei potenziali danneggiati (40).
Apparirebbe perciò evidente, in tale ordine di idee, la posizione qualificata dei fruitori del
“servizio” giustizia sportiva i quali, pur non essendo legati da un rapporto giuridico diretto con le
istanze giustiziali adite, nemmeno potrebbero essere considerati totalmente estranei alle stesse, alla
stregua di un generico quisve de populo, non foss’altro perché impossibilitati a far valere
diversamente le loro pretese.
E, accanto all’affidamento necessitato di questi, sarebbe perciò individuabile una correlata
posizione di garanzia in capo ai soggetti incaricati all’esercizio delle funzioni giustiziali sportive,
tenuti da parte loro all’osservanza degli specifici precetti emanati dalle Federazioni anche a tutela
dei primi.
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Non può mancare, infine, un ultimo accenno all’elemento soggettivo che, a prescindere
dall’incombenza del relativo onere probatorio, non potrebbe comunque difettare in capo agli
irrogatori di sanzioni asseritamente ingiuste ai fini di una pronuncia di responsabilità per danni.
Sfiorando appena l’argomento e volendo assimilare, sotto il profilo psicologico, la posizione
dei componenti delle commissioni a quella degli arbitri i quali ultimi, come già ricordato,
rispondono solo per dolo o colpa grave entro i limiti previsti dalla legge n 117/1988 sulla
responsabilità civile dei magistrati, secondo la quale “non può dar luogo a responsabilità l’attività di
interpretazione delle norme di diritto”, nella specie i precetti autodisciplinari delle Federazioni, ci si
avvede come, a fronte degli irrisolti dubbi e ai contrasti tra le stesse istanze giudicanti, sarà davvero
arduo ottenere sentenze risarcitorie (41).
4) La moltiplicazione delle incertezze e l’illegittimità costituzionale della giurisdizione
esclusiva.
E’ oggettiva la constatazione che la legge n 280/2003 ha disseminato di incertezze l’intera
materia del contenzioso sportivo e che altre ne ingenererà ancora, e non solo nello specifico tema
della risarcibilità per equivalente da sanzioni ingiustamente inflitte che, come si è appena osservato,
affaticherà non poco gli operatori di settore.
La circostanza, del resto, non sorprende affatto se si considera, a monte, che l’intera materia
del diritto dello sport si dibatte ad ogni livello tra ambiguità e dubbi irrisolti, e che la legge
costituisce il referente specifico del momento contenzioso, quello cioè che deve misurarsi in action
con la disciplina vivente delle pretese disegnate in book.
La riprova del persistente contesto di incertezza si ricava, peraltro, proprio dal diversificato
ventaglio di opinioni delle autorevoli parti costituite nel giudizio di costituzionalità, tutte diverse tra
loro, sia nel merito della legittimità della riserva che in ordine alla valutazione delle numerose e
annose questioni di fondo toccate incidentalmente.
La sentenza interpretativa di rigetto, nel salvare la legittimità della riserva, ritenendo
azionabili le questioni in materia disciplinare esclusivamente a fini risarcitori, non ha peraltro
fornito alcun parametro interpretativo per selezionare le pretese statualmente rilevanti dalle altre a
valenza meramente endofederale finendo così con il perpetuare, nella stessa ottica salvifica sottesa
all’esegesi “correttiva”, il risultato di rendere impugnabili sempre e comunque tutte le sanzioni
disciplinari, in persistente contrasto, ancora, con l’inequivoco contenuto della riserva e con le
conclamate esigenze di autodichia sportiva.
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SPECIALE COMMENTO SENTENZA 49/2011
La corte costituzionale azzoppa…
Occorre poi considerare, a riprova della intrinseca inidoneità della legge a fornire certezze
come appaia, se possibile ancor più confusa, l’individuazione del contenuto precettivo della
clausola di riserva di cui alla lett a) dell’art 2 perché questa, a differenza dell’altra, è stata formulata
in riferimento a molteplici e indeterminate tipologie di questioni che solo arbitrariamente si possono
ricondurre agli aspetti tecnici dell’attività sportiva. Non senza peraltro osservare, a prescindere
dall’equivocità semantica della c.d. giustizia tecnica (42), che anche ove a questa il legislatore
avesse inteso
rinviare, come sembrerebbe potersi in qualche modo desumere dalla relazione
d’accompagnamento al decreto, non sarebbe egualmente risolto il problema della rilevanza statuale
dei relativi contenziosi, come ormai un numero sempre crescente di autori è propenso a riconoscere
(43) e come del resto ha evidenziato anche l’Avvocatura generale dello Stato per conto del Governo
nella propria memoria di costituzione.
Deve allora ritenersi che la soluzione interpretativa del Giudice delle leggi debba trovare
coerente applicazione anche nel caso di impugnativa innanzi al TAR di questioni diverse da quelle
disciplinari, comunque riconducibili al contenuto di tale clausola, svuotando così di significato la
disciplina delle riserve e quindi l’intero impianto della legge?
Contrariamente a quanto generalmente si crede, è infine il caso di ricordare come la legge non
risulti appagante nemmeno in ordine alla giurisdizione del giudice ordinario quella che, a ben
vedere, non necessitava affatto, secondo l’inciso di cui all’art 3 comma , di essere “tenuta ferma”.
La dizione “sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni ed atleti”, come subito ho
immediatamente osservato, non può infatti essere presa alla lettera, nonostante la relazione
d’accompagnamento al decreto, non modificato sul punto, deponga proprio in tal senso, non
potendo non ricomprendere nella previsione, affidandoli in caso contrario al G.A., i contenziosi tra
pariordinati degli altri professionisti sportivi né, tanto meno, quelli tra società (44). Nè risulta
chiaro, da ultimo, non avendo la legge ancorato l’anzidetto disposto al dettato della legge n 91/1981
sul professionismo sportivo, se essa offra uno spazio applicativo anche ai professionisti di fatto,
come peraltro personalmente ritengo, per far valere le loro ragioni innanzi al Tribunale del
lavoro(45).
E’ conclusivamente mio preciso convincimento che l’attuale, generale stato di incertezza in
ordine alla giustiziabilità statuale di tutte le pretese sportive, arricchito in negativo dalla soluzione
interpretativa della Corte, che non convince sotto il profilo formale e appare iniqua sotto quello
sostanziale, si ricolleghi a monte alla reazione pubblicistica, sia dottrinale che giurisprudenziale,
conseguente all’emanazione del D.lgs n 242/1999, che ha progressivamente creato l’humus per
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SPECIALE COMMENTO SENTENZA 49/2011
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orientare il legislatore processuale all’infelice opzione in favore del G.A. e che ha finito con lo
“scollegare” le Federazioni sia dal sistema della legalità costituzionale che dallo stesso ordinamento
sportivo sovranazionale (46).
La legge n 280/2003, un “brutto cappello per la testa sbagliata” (47), emanata sul presupposto
che l’affidamento al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva delle controversie
sportive non patrimoniali quale “blocco di materie” avrebbe consentito di superare, sul piano
processuale, i persistenti dubbi sostanziali sulla collocazione delle stesse tra il pubblico e il privato,
non ha però potuto fare i conti con lo storico intervento “demolitivo” della Corte Costituzionale, che
ha ancorato alla ricorrenza di precisi presupposti l’individuazione delle “particolari materie”
richieste dall’art 103 della Costituzione. Per non incorrere nella violazione del principio del giudice
naturale istituendo giudici speciali il legislatore, nell’attribuire la giurisdizione esclusiva, deve in
estrema sintesi riscontrare che la lesione delle pretese la cui tutela intende affidare al GA consegua
ad una specifica attività provvedimentale della P.A. laddove, come dovrebbe ormai essere evidente,
nel contenzioso endofederale tra privati difettano, prima ancora di una qualche attività autoritativa,
la stessa natura pubblica delle Federazioni (48).
Ed ho già rilevato altrove come il Tribunale di Genova, innanzi al quale la questione di
legittimità era stata invero proposta, pur avendo rilevato la non manifesta infondatezza della
questione, si sia lasciato sfuggire la ghiotta occasione per sollecitare una pronuncia di legittimità
sotto tale profilo, ritenendo la stessa irrilevante ai fini del decidere sull’erroneo presupposto della
conformità della riserva al dettato costituzionale (49).
(*) Avvocato del Foro di Vicenza, Docente nell’Università di Teramo,esperto di Diritto dello
Sport.
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NOTE
1) Per un panorama generale sull’intera materia vedi G. MANFREDI, Pluralità degli
ordinamenti e tutela giurisdizionale. I rapporti tra giustizia statale e giustizia sportiva, Giappichelli
editore, Torino, 2007.
2) Così E. LUBRANO in AA. V.V, La giustizia sportiva Analisi critica della legge 17 ottobre
2003 n 280, Experta edizioni, Forlì, 2004, pp 182 e 183.
3) Così A. DE SILVESTRI, ibidem, p 87.
4) Sulle problematiche attuali della “certezza del diritto”, ovvero del “diritto alla certezza”
come diritto di terza generazione, vedi S. CICCARELLI, Decodificazione e certezza del diritto,
documento AIGA del 30 aprile 2003, in Archivio Juris Data nonché, di più ampio respiro, con
ulteriori richiami dottrinali, E. CASTORINA, Certezza del diritto e ordinamento europeo:
riflessioni intorno un principio “comune”, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 1998, 6, pp 1177 ss.
5) Sulla c.d. giustizia disciplinare e sulla sua funzione in ambito endofederale vedi A. DE
SILVESTRI, in AAVV, Il diritto dello sport, Le Monnier Università, Economia e Diritto, Mondadori
Education, Milano, 2008, pp 147 ss.
6) Nonostante l’espressa previsione ex lege della natura privatistica delle Federazioni, larga
parte della dottrina e la giurisprudenza amministrativa continuano a sostenere la natura
provvedimentale delle sanzioni disciplinari, disconoscendo quella di pene private che la dottrina più
attenta era propensa a riconoscere alle stesse prima ancora dell’entrata in vigore del D.lgs n
242/1999 (F.P. LUISO, Le pene private nel diritto sportivo, in Le pene private, a cura di
BUSNELLI e SCALFI, Milano, 1985, p 171 ss; A. DE SILVESTRI, Le qualificazioni giuridiche
dello sport e nello sport, in Riv. dir. sport, Giuffrè, 1992, p 298). Occorre ricordare che la tesi è stata
in origine sviluppata dalla giurisprudenza di mezzo secolo fa che, costretta a qualificare la natura
delle sanzioni sportive, ha finito per considerarle alla stregua di provvedimenti amministrativi in
considerazione della loro attitudine a modificare imperativamente la sfera giuridica degli incolpati
(ulteriori dettagli in F.P. LUISO, La giustizia sportiva, Giuffrè, Milano, 1975, pp 131 ss).
Successivamente, argomentando dalla tesi della “doppia natura” delle FSN, che si prestava in realtà
ad opposte applicazioni, hanno affermato la loro giurisdizione sulle sanzioni sia il giudice civile che
quello amministrativo (amplius in A. DE SILVESTRI, Enfatizzazione delle funzioni e “infortuni
giudiziari” in tema di sport, in Riv. dir. sport., Giuffrè, 1993, pp 370 ss) il quale ultimo,
paradossalmente, ha finito con il monopolizzare progressivamente le relative, intere questioni,
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proprio dopo l’entrata in vigore del D.lgs 242/1999, che ha attribuito alle Federazioni la personalità
giuridica di diritto privato.
Non avendo la clausola di riserva di cui all’art 2 lett. b) della legge n 280/2003 precluso al
G.A. la cognizione sulle sanzioni disciplinari, si è ulteriormente rafforzato il convincimento che, a
fronte dell’irrogazione delle stesse, considerata attività provvedimentale, (come si rileva anche
dall’ordinanza di rimessione), esistano davvero posizioni di interesse legittimo in capo agli
incolpati. Circostanza, quest’ultima, che come è noto ha portato allo snaturamento del lodo
camerale (vedi A. DE SILVESTRI, Le questioni del lodo camerale: autonomia o discrezionalità
nelle federazioni sportive nazionali?, in questa stessa rivista) ed alla conseguente riforma del CONI
della giustizia esofederale. Salvo a doversi rilevare, con completa rottura della logica interna a tale
ordine di idee, che la cognizione sulle sanzioni disciplinari, asseritamente materia indisponibile, è
stata affidata al TNAS e non, come ci si sarebbe dovuti attendere, alla ACGS (per indicazioni
bibliografiche vedi la nota 32). A definitiva riprova dello Stato di totale incertezza che regna
sull’argomento, ricordo che l’Avvocatura Generale dello Stato, per conto della Presidenza del
Consiglio, ha sostenuto tout court, nella memoria di costituzione, che “i provvedimenti resi dalle
Federazioni sportive….. non sono sussumibili sotto la specie del provvedimento amministrativo,
sicché neppure sarebbero suscettibili di essere annullati dal Tribunale rimettente”, e che la stessa
Corte mostra di dubitare che il G.A. sia il “giudice naturale” delle controversie disciplinari, tanto da
avere espunto il riferimento agli artt 103 e 113 per fondare esclusivamente il proprio giudizio solo
sull’art 24 della Costituzione.
7) Rinviata ogni valutazione di merito in ordine all’interpretazione “costituzionalmente
orientata” è certo che questa, svincolando da ogni parametro predeterminato il giudizio sulla
rilevanza statuale o meno delle sanzioni disciplinari, che non possono comunque non avere effetti
sul patrimonio o sui diritti della persona, ha costretto il TAR Lazio ad affermare coerentemente la
propria giurisdizione in tutti i casi in cui le stesse sono state impugnate.
Con il risultato di vanificare totalmente ogni pretesa di autodichia, che in assenza della
clausola di riserva risultava peraltro in buona parte fatta salva in virtù del criterio discriminante
dell’alterazione di status, enucleato in precedenza dalla stessa giurisprudenza amministrativa
(Amplius in A. DE SILVESTRI, Il diritto dello sport, cit., pp 134-135; 156-157).
8) Vedi, per tutti L. FERRARA, voce Giustizia Sportiva, in Enc. Dir. Giuffrè, Milano, § 12.
9) L’ordinanza di rimessione risulta commentata da L. MARZANO, La giurisdizione sulle
sanzioni disciplinari sportive: il contrasto tra TAR e Consiglio di Stato approda alla Corte
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SPECIALE COMMENTO SENTENZA 49/2011
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Costituzionale, in Giur Merito, 2010, pp 2567 ss, nonché da A. DE SILVESTRI, La mission
impossible del legislatore di conversione e la progressiva demolizione del sistema sportivo, in
questa stessa rivista.
10) Si tratta di Cass. Sez. Prima civile, sentenza n 18919 del 16 febbraio – 28 settembre 2005,
a cui ha fatto seguito, redatta peraltro dal medesimo giudice estensore della precedente e
contenente, quindi, analoghe affermazioni di diritto, la n 21006 del 17 maggio 2006. Il filone
interpretativo della S.C. appare ancor più incomprensibile se si considera che, anche in tali due
ultime sentenze, l’autonomia dell’ordinamento sportivo, della quale si tratterà oltre nel testo, è stata
ricondotta nel giusto alveo dei diritti costituzionali relativi alla libertà di associazione e ai diritti
inviolabili delle e nelle formazioni sociali.
11) Trib. Civile di Genova, Sez. feriale, ordinanza 18 agosto 2005, Genoa C/FIGC, est Vigotti.
12) Trib, civile di Trento, ordinanza 4 dicembre 2008, Tsc/FIPAV, est Adilardi.
13) La mission impossible, cit.
14) Così in A. DE SILVESTRI, Diritto dello sport, cit, p 131.
15) E’ di tutta evidenza che le due diverse prospettive rinviano, rispettivamente, alla teoria
ordinamentale classica e al pluralismo endostatuale, ampiamente trattati da G. MANFREDI,
Pluralità degli ordinamenti, cit, passim, al quale per tanto si rinvia; per le differenti questioni di
metodo nei contesti legislativo-ordinamentali che si sono succeduti nel tempo, vedi A. DE
SILVESTRI, Il diritto dello sport: nuove metodologie d’approccio, in Riv. Fac. Univ. Studi
Palermo, Sport, benessere, diritto e società, Fasc. 2, 2009.
16) Non contrasta con tale lettura l’inciso della disposizione laddove considera
“l’ordinamento sportivo nazionale quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale
facente capo al Comitato Olimpico Internazionale”, sul quale vedi G. MANFREDI, Pluralità degli
ordinamenti, cit, pp 268 ss. Rilevata l’esistenza, al di là delle opzioni terminologiche per descrivere
il fenomeno di una comunità sportiva transnazionale che si ricollega al nuovo spazio giuridico
globale che ha portato al superamento del concetto di sovranità statuale in termini di territorialità
esclusiva l’affermazione legislativa di cui sopra, lungi dal rappresentare un vulnus alla sovranità
nazionale, si risolve all’opposto nel riconoscimento, quale valore statuale, proprio al concreto,
dinamico adeguamento delle nostre istituzioni sportive ai precetti autodisciplinari del cd
ordinamento sportivo internazionale (Amplius in A. DE SILVESTRI, Il diritto dello sport: nuove
metodologie d’approccio, cit § 4 nonché, dello stesso, sulle formule organizzatorie che raccordano
in vario modo le istituzioni apicali sportive nell’ambito del trasnational law, vedi Le nuove frontiere
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SPECIALE COMMENTO SENTENZA 49/2011
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del diritto dello sport, in AAVV, Diritto comunitario dello sport, a cura di J. TOGNON,
Giappichelli, Torino, 2009, pp 81 ss).
17) Per completare il discorso sugli equivoci che si risolvono in travisamenti di sostanza,
occorre rilevare il ruolo fuorviante che continua a giocare il concetto di ordinamento giuridico:
inteso in senso classico non può che portare alla separazione, mentre deve necessariamente
considerarsi integrato nell’ordinamento generale inteso come derivato.
L’apparente linearità di tale proposizione deve però fare i conti con l’uso inappropriato,
spesso inconsapevole, che viene fatto di una nozione che, per quanto inopportunamente recepita a
livello costituzionale, “si sta divincolando su se stessa, prossima allo sfinimento” (così L.
FERRARA, Giustizia sportiva, cit., § 2, al quale si rinvia per maggiori dettagli e ulteriori
indicazioni bibliografiche). Sulla pregressa plausibilità metodologica del concetto e sulla perdita di
ogni funzione euristica dello stesso, avendo proprio le Federazioni sportive rinunciato ad ogni
pretesa di incondizionata autodichia, vedi A. DE SILVESTRI, Diritto dello sport, 2008, cit., pp 26
ss).
18) Sulla quale, peraltro, sono state avanzate da più parti numerose perplessità, concernenti la
natura più politica che giuridica dell’esegesi, e comunque la sua persistente inidoneità selettiva
(vedi, sul punto, F. ELEFANTE, I risvolti economici della giustizia sportiva nella giurisprudenza
del TAR Lazio. L’inafferrabilità del criterio della rilevanza esterna, in Foro amm TAR, 2008, 6, pp
1740 ss. Di “grimaldello esegetico” che travalica il limite della mera interpretazione estensiva della
legge “per rappresentarne una aperta violazione parla icasticamente il C.G.A.S., 8 novembre 1997,
n 1048, in Lex Italia.it.
19) Manifestate apertamente da G. MANFREDI, Tutele endoassociative e gruppi sportivi, in
corso di pubblicazione su Giur cost, a quanto consta l’unico commento alla sentenza della Corte.
20) Amplius in R. CAPRIOLI, L’autonomia normativa delle federazioni sportive nazionali nel
diritto privato, Jovene, Napoli, 1997, p 73.
21) Non è infatti dalla tradizionale, quanto inattuale e arbitraria quadripartizione della
giustizia sportiva che, con singolare inversione metodologica, possono derivarsi conseguenze
sull’esistenza o meno di situazioni soggettive qualificate prescindendo dai parametri desumibili,
invece, dalla Costituzione e dall’intero sistema legislativo: amplius in A. DE SILVESTRI, Il diritto
dello sport, 2008, cit., pp 120 ss.
22) Sul presupposto che tutte le sanzioni sportive, in quanto pene private, incidono su
situazioni giuridiche soggettive, senza alcuna possibilità di distinguere “ tra una rilevanza interna e
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SPECIALE COMMENTO SENTENZA 49/2011
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una esterna all’ordinamento sportivo degli interessi coinvolti, così come tra una rilevanza diretta e
una indiretta degli atti degli organismi sportivi”, vedi L. FERRARA, La giustizia sportiva, cit., §§ 7
e 12 né, del resto, è possibile opinare diversamente se si considera la piena integrazione tra il c.d.
ordinamento sportivo e quello statuale sulla quale vedi, per tutti, G. MANFREDI, pluralità degli
ordinamenti, cit., pp 259 ss.
23) Anche se il riconoscimento legislativo di associazioni private delle Federazioni non
dovrebbe lasciare spazio a dubbi sulla corrispondente, eguale natura, di tutti i relativi atti di
autodisciplina generalmente, ma atecnicamente indicati con la dizione omnicomprensiva di
“Regolamenti”, è ancora prevalente il convincimento che gli stessi rivestano natura di fonti
secondarie. Per un completo e motivato sconfessamento di una tale, ingiustificata opinione vedi R.
CASTAGNINI, La natura giuridica degli statuti e dei regolamenti federali delle Federazioni
Sportive Nazionali, tesi di laurea, a.a. 2009-2010, Università di Firenze, inedita, nonché, in
giurisprudenza, Cas. Civ sez lav, 03 agosto 2007 n 17067, ove si legge “che le disposizioni delle cd
Carte Federali delle Federazioni Sportive Nazionali….. rappresentano atti di autonomia
organizzativa contrattuale”.
24) Le considerazioni di cui sopra, assolutamente convincenti, e le espressioni virgolettate si
devono a G. MANFREDI, Tutele endoassociative e gruppi sportivi, cit.
25) Le relative problematiche, con ulteriori indicazioni, in P.G. MONATERI, Responsabilità
civile e risarcimento del danno in forma specifica, in Trattato di diritto privato, diretto da M.
BESSONE, Giappichelli, Torino, 2005.
26) Cass. Civ., 22 gennaio 1985, in Giur. It., 1986, I, 1, p 129.
27) Sulle inaccettabili conseguenze di una ricostruzione in termini di diritto pubblico
dell’intero sistema statual-sportivo, in particolare sui riflessi soggettivi anche in tema di
applicabilità dello statuto penalistico della P.A. agli operanti in ambito endofederale, vedi A. DE
SILVESTRI, Diritto dello sport , 2008, cit., pp 142 ss.
28) E’ quanto si legge nelle due note sentenze nn 18919/2005 e 21006/ 2006, citt. che hanno
subito trovato eco nella giurisprudenza civile di merito. Sul diffuso convincimento, anche a livello
di dottrina e di organi giustiziali federali, della sovrapponibilità tra vincolo di giustizia e clausola
compromissoria vedi, ancora, A. DE SILVESTRI, op. supra cit., pp 20 ss.
29) Nell’ambito dei rapporti intersoggettivi occorre infatti differenziare quelli tra pariordinati,
relativamente ai quali le Federazioni si limitano solo a garantire la predisposizione di idonei
strumenti di risoluzione delle relative controversie dagli altri che, coinvolgendo direttamente
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SPECIALE COMMENTO SENTENZA 49/2011
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interessi collettivi che travalicano le posizioni delle affiliate e dei tesserati coinvolti, come avviene
nel contenzioso tecnico e disciplinare, si articolano pertanto secondo moduli autoritativi. Amplius,
sulle formule organizzatorie dell’autodichia sportiva e sulla possibilità di assimilare le stesse,
evidentemente solo funzionalmente, agli schemi del diritto privato e del diritto pubblico, vedi A. DE
SILVESTRI, Il contenzioso tra pariordinati nella Federazione Italiana Giuoco Calcio, in Riv. dir.
sport., Imago Media editrice, Piedimonte Matese (CE), 2000 pp 506 ss.
30) Nell’ottica dell’assunzione di personale responsabilità risarcitoria dei componenti delle
commissioni irrogatrici di sanzioni disciplinari e di una possibile azione di regresso nei loro
confronti, potrebbero dunque aprirsi nuovi e sgraditi scenari sotto vari profili, quale ad esempio
quello assicurativo ovvero, ancora, quello relativo alla possibilità del singolo membro di esprimere,
a fini deresponsabilizzanti, una dissenting opinion.
31)L. FUMAGALLI, in AAVV, Diritto dello sport, 2008, cit., pp 196 ss.
32) Sul nuovo modello di giustizia esofederale e sulle conseguenti difficoltà applicative vedi
V. VIGORITI, La giustizia sportiva nel sistema CONI, in Riv arbitrato, 2009, 3, pp 403 ss; sulle
alterne vicende dei dicta camerali vedi A. DE SILVESTRI, Le questioni del lodo camerale, cit.;
sulla riproposizione, anche per il TNAS, delle stesse problematiche che hanno portato alla
soppressione della C.C.A.S. vedi, in particolare, F.P. LUISO, Il Tribunale Nazionale Arbitrale per lo
Sport. Il punto di vista del processualista, ne Il processo civile in Italia ed in Europa, in judicium.it.
33) Sulle quali, per un panorama d’insieme e per ulteriori riferimenti, vedi G.
ANNUNZIATA, Responsabilità civile e risarcibilità del danno, Cedam, Padova, 2010.
34) Cass civ, 8 gennaio 2003 n 85, in Mass giur lav, 2003, pp 232 ss, con nota di E.
LANOTTE.
35) Trib. Vigevano, sez. pen., 9 gennaio 2006, n 426, in Riv. dir. Econ. Sport, 2006, con nota
di M. GRASSANI.
36) Cass civ, 9 novembre 2005, n 21685, in Foro it, 2006, I, pp 1454 ss.
37) Amplius in G. ANNUNZIATA, cit., pp 336 ss.
38) Art 34 n 1 e 2 statuto FIGC
39) Sul ruolo di garanzia dei diritti processuali, vedi P. MORO, in AAVV, La giustizia
sportiva, 2004, cit., pp 10 ss.
40) Sul fondamento e sulle origini della responsabilità da “contatto sociale qualificato”, vedi
G. ANNUNZIATA, op. cit., pp 265 ss nonché, in senso critico, L. VIOLA, Ok, la giurisprudenza
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parla di contatto sociale…. Ma se fosse un contratto ad effetti protettivi?, in ALTALEX, Quotidiano
d’informazione giuridica, n 3203 del 21 aprile 2011.
41) La violazione del vincolo di giustizia costituisce notoriamente illecito disciplinare tra i più
gravi in tutte le FSN. Per rimanere sul tema, senza indugiare in altri esempi di contrasti
interpretativi, basterà allora ricordare, a riprova delle difficoltà di ravvisare colpa grave in coloro
che hanno irrogato sanzioni, l’altalenante e ancora non consolidato filone di giudizio in presenza di
denuncie o querele, ovvero di costituzione in giudizio nei procedimenti penali.
Il TNAS, in data 21/07/2010, nel procedimento promosso da A. Guerra contro la FIGC, ha
negato la vigenza del vincolo di giustizia “laddove impatta con la materia penale, e quindi con
reati”, adottato però con la dissenting opinion di uno degli arbitri, mentre la Commissione
Disciplinare Nazionale della stessa Federazione, in accoglimento dell’appello della Procura
Federale avverso il proscioglimento della Asd Sanluri Calcio e del calciatore L. Uccheddu da parte
della Commissione Territoriale presso il CR Sardegna, ha sanzionato i predetti per avere presentato
denuncia-querela nei confronti di altro tesserato. Sull’intera materia vedi M. MAIONE, In presenza
di un reato commesso nell’ambito di attività sportive opera il vincolo di giustizia?, in Riv. arbitrato
2009, 3, pp 523 ss.
42) Sulla necessaria presenza, in ogni Federazione, di un nucleo di regole finalizzate alla
corretta proclamazione del vincitore, ritenute tradizionalmente incompatibili con ogni intervento
giurisdizionale, sulla progressiva erosione del principio di impenetrabilità statuale del fenomeno
agonistico e sulla incontrollata estensione del concetto di attività, e quindi di giustizia tecnica, sino
a ricomprendere le valutazioni del merito sportivo per l’ammissione ai vari livelli agonistici, ai
quadri dirigenziali e arbitrali, e persino alla convocazione nelle rappresentative nazionali, tanto da
giustificare l’affermazione che, per la risoluzione dei singoli problemi di trattamento delle relative
controversie non è, possibile nemmeno per queste, prescindere dalle abituali indagini di sistema,
vedi A. DE SILVESTRI, Diritto dello sport, 2008, cit., pp 123 e 158 ss.
43) Sul punto vedi, già, R. CAPRIOLI, L’autonomia, cit., p 105. Sulla c.d. giustizia tecnica,
allo stato attuale della dottrina e della giurisprudenza, amplius in A. DE SILVESTRI, Diritto dello
sport, 2008, cit., pp 158 ss.
44) A. DE SILVESTRI, La giustizia sportiva, 2004, cit., pp 103 ss.
45) A. DE SILVESTRI, Ancora in tema di lavoro nello sport dilettantistico, in AA.VV, Il
rapporto di lavoro dello sportivo, a cura di L. MUSUMARRA e E. CROCETTI BERNARDI,
Experta edizioni, Forlì, 2007, pp 51 ss.
25
SPECIALE COMMENTO SENTENZA 49/2011
La corte costituzionale azzoppa…
46) Così A. DE SILVESTRI, Le questioni del lodo camerale, cit., § 4.
47) Così A. DE SILVESTRI, Ibidem, § 2.
48) Amplius, con ulteriori indicazioni bibliografiche, in A. DE SILVESTRI, Lo sport nella
costituzione italiana ed europea, in questa stessa rivista.
49) Gli estremi della relativa ordinanza sono citati alla nota 11.
26
SPECIALE COMMENTO SENTENZA 49/2011
PARTE SECONDA
DOTTRINA
SOMMARIO:
ROLANDO FAVELLA, Il regolamento consob sulle operazioni con parti correlate.
pag.28
La risposta di Juventus, Roma e Lazio
LUCA LONGHI, Le comunicazioni pubblicitarie degli operatori di servizi televisivi
in materia di sport tra regola della concorrenza e profili d’interesse generale
27
pag.47
Il regolamento consob....
IL REGOLAMENTO CONSOB SULLE OPERAZIONI
CON PARTI CORRELATE.
LA RISPOSTA DI JUVENTUS, ROMA E LAZIO.
di Rolando Favella (*)
Sommario:
1. Introduzione
2. Operazioni con parti correlate
3. Le definizioni di “parte correlata” e di “operazione”
4. Gli elementi del Regolamento OPC
5. La “Procedura per operazioni con parti correlate” della Juventus
6. La condotta di Roma e Lazio. L’astratta punibilità delle stesse
7. Conclusioni
1. Introduzione
Affrontare una tematica così strettamente di diritto societario, quale quella relativa alla
normativa Consob in tema di operazioni con parti correlate, in una sede deputata a discernere
questioni di diritto sportivo potrebbe apparire curioso. Tuttavia, al di là di considerazioni degne di
Monsieur de Lapalisse (ad esempio, “il calcio è business”), bisogna partire da un dato di fatto: tre
società calcistiche iscritte al campionato di Serie A, Juventus, Roma e Lazio, sono quotate in borsa.
In quanto tali, sono soggette alla disciplina della Consob.
L’occasione per la presente disamina è fornita dalla recente adozione, da parte della Consob,
di una specifica regolamentazione sul tema, in applicazione del disposto dell’art. 2391 bis del
codice civile.
28
DOTTRINA
Il regolamento consob....
Ai sensi di tale ultima norma «Gli organi di amministrazione delle società che fanno
ricorso al mercato del capitale di rischio adottano, secondo principi generali indicati dalla
Consob, regole che assicurano la trasparenza e la correttezza sostanziale e procedurale delle
operazioni con parti correlate e li rendono noti nella relazione sulla gestione […]». La scelta
normativa del legislatore è stata, dunque, quella di demandare alla regolamentazione secondaria,
nello specifico della Consob, la determinazione della disciplina e delle definizioni.1
L’Autorità di vigilanza - chiamata ad individuare definizioni e fattispecie rilevanti, nonché a
dettare i principi e le concrete regole procedurali - ha emanato, in data 12 marzo 2010, il
“Regolamento recante disposizioni in materia di operazioni con parti correlate”, adottato con
delibera n. 17221 e poi integrato con la delibera n. 17389 del 23 giugno 2010 (di seguito,
“Regolamento OPC”).2
2. Operazioni con parti correlate
Il tema quivi oggetto di disamina - le operazioni con parti correlate - è di primaria
importanza nella panoramica del diritto delle società. Tale rilevanza acquista ulteriore significato in
una realtà economica, quale quella italiana, caratterizzata da legami societari e cointeressenze di
ogni tipo, dalla presenza di gruppi e situazioni di controllo ramificate in tutte le direzioni.3
In tale ambito, quindi, contraddistinto dalle menzionate connessioni societarie, sono notevoli
i rischi, alla luce della circostanza che soggetti che sono tra loro legati per il tramite di vincoli e/o
partecipazioni si trovano in una relazione che può implicare ipso facto un pericolo di conflitto con
l’interesse sociale.
Tali transazioni, quindi, sono “inquinate” dal sospetto che possano essere ispirate da
interessi non esclusivamente aziendali. Infatti, è fisiologica l’eventualità che dette operazioni
possano determinare abusi, ad opera degli organi direttivi e a danno della società e dei soci di
1
2
3
Sul tema delle operazioni con parti correlate, tra i primi e più rilevanti contributi si deve menzionare P. FERRO-LUZZI, Le
innovazioni alla disciplina societaria: obbligazioni e operazioni con parti correlate, in Bancaria, n. 7/8, 2004, 47. Quanto,
invece, alla specifica scelta normativa adottata dal legislatore si rinvia a G. LIACE, Commento sub art. 2391 bis, in G. FAUCEGLIA,
G. SCHIANO DI PEPE (diretto da), Codice commentato delle S.p.A., II, Utet, Milanofiori Assago (MI), 2007, 751. L’autore, in
particolare, afferma che «sembra improprio che sia la Consob a stabilire una disciplina specifica ed eventualmente derogatoria
sulla correttezza e sulla competenza a decidere le operazioni con parti correlate ». Ugualmente, in senso critico si vedano F.
BONELLI, Commento sub art. 2391 bis, in Codice Civile Commentato, G. ALPA, V. MARICONDA (a cura di), Ipsoa, Milano, 2005,
1225-1226, nonché A. POMELLI, Commento sub art. 2391 bis, in A. MAFFEI ALBERTI, Commentario breve al diritto delle società,
Cedam, Padova, 2007, 525.
Tutti i riferimenti relativi alla regolamentazione Consob sono consultabili on line all’indirizzo www.consob.it (marzo 2011).
Come osservato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nell’indagine conoscitiva IC36, “La corporate
governance di banche e compagnie di assicurazioni”, 86-139, consultabile su www.agcm.it (marzo 2011).
29
DOTTRINA
Il regolamento consob....
minoranza, perseguendo un unico target - l’immediato interesse, per di più particolare - a discapito
della corretta gestione e della tutela del mercato.4
Tuttavia, non si può non rimarcare anche i profili positivi di tali operazioni. Come
sottolineato in dottrina, infatti, la circostanza che due soggetti, tra loro correlati, pongano in essere
una transazione può garantire una più corretta ed approfondita disamina dell’operazione, con
conseguenti riflessi positivi in termini di economicità. Ciò alla luce dell’inevitabile maggior
“conoscenza” reciproca. Affermano, infatti, gli autori che «è di sicuro lecito e comprensibile che
un’azienda, al fine di ridurre i costi ed i rischi connessi ad una qualsiasi operazione di mercato,
scelga i propri partner commerciali e finanziari anche tra i soggetti in qualche modo ad essa
collegati».5
3. Le definizioni di “parte correlata” e di “operazione”
Per operazione con parte correlata si intende un’operazione posta in essere da una società
(nel nostro caso, quotata o con azioni diffuse) con un altro soggetto - ad esempio, un’altra società
od una persona fisica - che sia alla società medesima legata da un qualche tipo di rapporto.
In riferimento ad operazioni di tal guisa il Regolamento OPC prescrive alle società
interessate l’adozione di un’apposita procedura che individui regole e presidii idonei a garantire la
correttezza e la trasparenza di tali operazioni.
Ma ai sensi delle diverse fonti normative che disciplinano la fattispecie, cosa intende per,
rispettivamente, “operazione” e “parte correlata”?
Nel rimarcare il silenzio dell’art. 2391 bis del codice civile, si devono menzionare il
principio contabile internazionale IAS 24, il Regolamento Emittenti della Consob (di seguito,
“Regolamento Emittenti”),6 le Comunicazioni Consob del 30 settembre 20027 e del 10 aprile 2003,8
nonché, ovviamente, il Regolamento OPC.
4
5
6
7
8
Con endemica mortificazione della funzione di controllo. Come si afferma nell’articolo “Confessions of a risk manager”, in The
economist, consultabile su www.economist.com (marzo 2011), «The business line was more focused on getting a transaction
approved than on identifying the risks in what it was proposing. The risk factors were a small part of the presentation and always
“mitigated”. This made it hard to discourage transactions. If a risk manager said no, he was immediately on a collision course
with the business line. The risk thinking therefore leaned towards giving the benefit of the doubt to the risk-takers ». Vedi anche V.
PESIC, Il sistema dei controlli interni dopo la crisi, in Bancaria, 2009, n. 6, 100, il quale sottolinea «una sistematica
sottovalutazione del rischio». V. inoltre A. POMELLI, Commento sub art. 2391 bis, in A. MAFFEI ALBERTI (a cura di), Il nuovo diritto
delle società, I, Cedam, Padova, 2005, 779; nonché G. BEVILACQUA, in G. BONILINI, M. CONFORTINI, C. GRANELLI (a cura di), Codice
Civile Ipertestuale, II, Utet, Milanofiori Assago (MI), 2005, 4449.
N. MOSCARIELLO, Le operazioni tra “parti correlate” nella comunicazione d’azienda, CEDAM, Padova, 2007, 7.
Consob, Regolamento del 14 maggio 1999, n. 11971. Consultabile su www.consob.it (marzo 2011).
Consob, Comunicazione n. DEM/2064231 del 30 settembre 2002, consultabile su www.consob.it (marzo 2011). Comunicazione,
comunque, abrogata con la delibera Consob n. 14990 del 14 aprile 2005, la quale ha modificato ed integrato il Regolamento
Emittenti.
Consob, Comunicazione n. DEM/3022996 del 10 aprile 2003, anch’essa consultabile sul sito dell’Autorità di vigilanza.
30
DOTTRINA
Il regolamento consob....
In base alle fonti normative sopra individuate è possibile innanzitutto individuare le “parti
correlate”, cioè quell’insieme di persone giuridiche o fisiche che intrattengono un rapporto di tipo
privilegiato con una società che ricorre al mercato del capitale di rischio.9
In particolare, l’art. 2, lett. g), del Regolamento Emittenti definisce come parti correlate “i
soggetti definiti tali dal principio contabile internazionale concernente l’informativa di bilancio
sulle operazioni con parti correlate”. Si rinvia, dunque, allo IAS 24. Tale previsione è nella sostanza
confermata dall’art. 3 del Regolamento OPC, il quale ripropone fedelmente le definizioni adottate
dallo IASB, pur non rinviando direttamente ai principi contabili.
È dunque lo IAS 24 il riferimento da prendere in considerazione. Ai sensi di tale principio
contabile internazionale, sono considerate parti correlate a società le seguenti figure:
a) i soggetti che, direttamente o indirettamente, anche attraverso una o più società
controllate, fiduciari o interposte persone, i) controllano, sono controllati da, o sono sottoposti a
controllo congiunto con la società che ricorre al mercato del capitale di rischio, o ii) detengono una
partecipazione nella società tale da poter esercitare un’influenza notevole sulla stessa, oppure,
infine, iii) controllano congiuntamente la medesima.10
Quanto alle definizioni funzionali (“controllo”, “influenza notevole”, “controllo congiunto”),
il Regolamento OPC individua le situazioni rilevanti facendo riferimento alle indicazioni enunciate
dai principi contabili internazionali, con particolare riferimento ancora allo IAS 24, come rilevabile
dal punto 3.2. dell’Allegato 1 al Regolamento medesimo.11
9
10
11
L. BONZANINI, A. MARTELLONI, Le operazioni con «parti correlate» di società «aperte», in Le Società, 2005, n. 8, 951.
Per una disamina della disciplina e della nozione di “controllo” ai sensi della normativa nazionale si rimanda a M. LAMANDINI, Il
controllo, Giuffrè, Milano, 1995. Per un analogo approfondimento per quel che concerne il settore del credito, si rinvia invece a
F. GIORGIANNI, C. M. TARDIVO, Manuale di diritto bancario, Giuffrè, Milano, 2009, 228-233. La Comunicazione Consob del 30
settembre 2002, poi abrogata, individuava la nozione di “controllo” facendo esplicito riferimento all’art. 93 del TUF.
Il “controllo” è identificato con il potere di determinare le politiche finanziarie e gestionali di un’entità al fine di ottenere
benefici dalla sua attività (IAS 27). Nel concreto, sussiste “controllo” in caso di possesso, diretto o indiretto, di più della metà del
potere di voto di un’impresa, nonché nelle ipotesi di partecipazione comunque sostanziale, tale da determinare la maggioranza
dei voti in virtù di accordi con altri investitori, o il potere di delineare le politiche finanziare e d’impresa, ovvero il potere di
nominare e revocare gli amministratori o, infine, la possibilità di esprimere la maggioranza dei diritti di voto in seno all’organo
amministrativo.
L’“influenza notevole”, invece, consiste nel potere di partecipare alla determinazione delle politiche finanziarie e gestionali della
partecipata, senza averne il controllo o il controllo congiunto, in virtù del possesso azionario, o tramite clausole statutarie ed
accordi. L’influenza notevole si ritiene sussistente, salva prova contraria, ove la partecipante possegga, direttamente o
indirettamente, almeno il 20% dei voti esercitabili nell’assemblea della partecipata (IAS 28). A titolo esemplificativo, tale
situazione si realizza nel caso in cui sussista il potere di nomina di propri rappresentanti nel consiglio di amministrazione
dell’“influenzata”, l’interscambio di personale dirigente ovvero la messa a disposizione di informazioni tecniche essenziali (IAS
24).
Il “controllo congiunto”, infine, è la condivisione, di fonte contrattuale, del controllo su un’attività economica; esso sussiste solo
nella misura in cui, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività, sia richiesto il consenso unanime di
tutti i partecipanti al controllo congiunto (IAS 31). Non rientrano, quindi, nel novero delle parti correlate due società che, ad
esempio, abbiano meramente un amministratore in comune, salva l’ipotesi in cui lo stesso, da solo, possa condizionare le
politiche di entrambe le società nei rapporti reciproci.
31
DOTTRINA
Il regolamento consob....
Un profilo particolarmente dibattuto è stato, nelle prime letture interpretative fornite dagli
autori, quello relativo al controllo congiunto; si è infatti discusso circa la rilevanza dei patti di
sindacato ai fini della disciplina delle parti correlate. La soluzione adottata dalla Consob è stata
quella di non applicare il Regolamento OPC a tutti ed indiscriminatamente gli aderenti a patti
parasociali, ma solo agli aderenti che sono in grado, grazie al patto, di esercitare un controllo
solitario o congiunto ovvero un’influenza notevole sulla società.12
b) Le società collegate (in base agli indici dello IAS 28) alla società che ricorre al mercato
del capitale di rischio.
c) Le joint venture in cui la società è una partecipante (il riferimento è dato dallo IAS 31).
d) I dirigenti con responsabilità strategica della società o della sua controllante.
e) Gli stretti familiari di uno dei soggetti di cui alla lettera (a) (soggetti che esercitano
controllo / influenza notevole / controllo congiunto) o (d) (amministratori con responsabilità
strategica).
f) Le entità controllate, o controllate congiuntamente, o comunque soggette ad influenza
notevole dagli amministratori con responsabilità strategica o dai familiari di cui alle lettere (d) ed
(e), nonché le entità in cui i predetti soggetti detengono, direttamente o indirettamente, una quota
non inferiore al 20% dei diritti di voto.
g) I fondi pensionistici per i dipendenti della società o a favore di una qualsiasi altra entità
correlata alla società medesima.
Quanto alla nozione di “operazione”, il Regolamento OPC statuisce che per operazione con
parti correlate si intende «qualunque trasferimento di risorse, servizi o obbligazioni fra parti
correlate, indipendentemente dal fatto che sia stato pattuito un corrispettivo».13
Tra gli autori si è avvertita l’esigenza di restringere il campo di applicazione della suddetta
generica definizione - in considerazione della gravosità degli obblighi e dei presidii imposti dalla
12
13
Per una disamina sui patti parasociali si rinvia, fra i vari, a A. TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, Cedam, Padova, 2009, XLIV
Ed., 1158-1158, nonché a G. SBISÀ, Dei patti parasociali, in F. GALGANO, P. ZANELLI, G. SBISÀ, Società per azioni, I, Zanichelli,
Bologna, 2006, 198-277.
L’art. 71 bis del Regolamento Emittenti, invece, fornisce la disciplina relativa alle sole operazioni con parti correlate che « per
oggetto, corrispettivo, modalità o tempi di realizzazione possono avere effetti sulla salvaguardia del patrimonio aziendale o sulla
completezza e correttezza delle informazioni, anche contabili, relative all’emittente», prescrivendo obblighi di informazione e
trasparenza. Tuttavia, la distinzione tra le nozioni individuate dal Regolamento OPC e dal Regolamento Emittenti non ha più
ragion d’essere, in quanto, a far data dall’1 dicembre 2010, il menzionato art. 71 bis è stato abrogato. Il termine dell’1 dicembre è
stato inserito con la delibera n. 17389 che la Consob ha adottato il 23 giugno. Originariamente il Regolamento OPC prevedeva il
termine dell’1 ottobre 2010.
32
DOTTRINA
Il regolamento consob....
regolamentazione Consob - alle sole operazioni che, per natura o rilevanza, siano idonee a produrre
un apprezzabile impatto sulle società ed eccedano l’ordinaria amministrazione.14
In virtù di ciò, si è preso a riferimento nuovamente il menzionato IAS 24, ai sensi del quale
viene fornita un’individuazione delle operazioni che - a prescindere dalla circostanza che sia stato
pattuito un corrispettivo ed indipendentemente dal soggetto al quale è attribuita la competenza a
deciderne l’esecuzione - siano da considerarsi rilevanti per la normativa in esame.
Nel novero delle “operazioni”, quindi, sono ricondotti:
- acquisti o vendite di beni;
- acquisti o vendite di immobili o di altre attività;
- prestazione o ottenimento di servizi;
- contratti di agenzia, d’affitto o di leasing;
- trasferimento di ricerca e sviluppo, o accordi di licenza;
- finanziamenti (compresi prestiti e conferimenti di capitale in denaro o in natura);
- garanzie, personali e collaterali;
- contratti le cui obbligazioni sono ancora ineseguite;
- accordi in materia di passività a nome dell’entità o accordi su passività assunte dall’entità a
nome di un’altra parte.
Inoltre, la Consob medesima ha specificato come in tale novero debbano rientrare
necessariamente le operazioni di fusione e scissione, nonché ogni decisione relativa alle politiche
remunerative degli amministratori.15
4. Gli elementi del Regolamento OPC
Ovviamente non è questa la sede e l’occasione per fornire una dettagliata analisi dei
contenuti e delle applicazioni del Regolamento OPC. Sarà sufficiente, allora, individuarne gli
aspetti e le regole di maggior importanza, al fine poi di poter confrontare le soluzioni adottate da
Juventus, Roma e Lazio con le best practices (e con quelle obbligatorie) ricavabili dalla normativa
Consob.16
14
15
16
M. VENTORUZZO, Commento sub art. 2391 bis, in P. MARCHETTI, L. A. BIANCHI, F. GHEZZI, M. NOTARI (a cura di), Commentario alla
riforma delle società, artt. 2380-2396. Amministratori, Giuffrè, Milano, 2005, 510.
Consob, Comunicazione n. DEM/10078683 del 24 settembre 2010, consultabile su www.consob.it (marzo 2011).
In riferimento alle best practices, si deve rinviare senza dubbio anche alle soluzioni adottate dal Codice di Autodisciplina delle
società quotate (c.d. Codice Preda).
33
DOTTRINA
Il regolamento consob....
In concreto, viene statuito che le società italiane con azioni quotate o comunque diffuse tra il
pubblico in misura rilevante devono adottare entro l’1 dicembre 2010 idonee procedure, le quali
enuncino la concreta disciplina e le modalità di compimento delle singole operazioni con parti
correlate poste in essere dalle società.
Si dispone, poi, che le procedure medesime siano rese pubbliche senza indugio nel sito
internet delle società, nonché evidenziate nelle relazioni sulla gestione.
Quanto all’adozione delle procedure, le stesse vanno approvate previo parere favorevole di
un comitato, anche appositamente costituito, composto esclusivamente da amministratori (o
consiglieri di gestione o di sorveglianza, in caso di sistema dualistico) indipendenti. Nell’ipotesi in
cui non ci siano in carica almeno tre amministratori indipendenti, le delibere relative alle procedure
vanno approvate previo parere favorevole degli indipendenti eventualmente presenti ovvero, in loro
assenza, previo parere favorevole - comunque non vincolante - di un esperto indipendente.
Le procedure devono distinguere le ipotesi di maggiore rilevanza - con conseguente
disciplina più complessa e specifica - da quelle di minore rilevanza - con obblighi e presidii graduati
di conseguenza.17
In riferimento alle prime, le procedure devono statuire, innanzitutto, una riserva di
competenza a deliberare in capo al consiglio di amministrazione (salva l’ipotesi di espressa
competenza assembleare).
Tali procedure, come detto, sono deliberate previo parere favorevole di un comitato, anche
appositamente costituito, composto esclusivamente da amministratori indipendenti.
Proprio le funzioni degli amministratori indipendenti rappresentano l’elemento di maggiore
rilievo del Regolamento OPC.18
17
18
Si è in presenza di “maggiore rilevanza” nelle ipotesi in cui uno dei seguenti parametri superi la soglia del 5%: capitalizzazione
di Borsa, patrimonio, totale delle attività o delle passività. In particolare, rilevano l’indice di rilevanza del controvalore, l’indice
di rilevanza dell’attivo e l’indice di rilevanza delle passività. In particolare, ai sensi del Regolamento OPC l’indice di rilevanza
del controvalore è «il rapporto tra il controvalore dell’operazione e il patrimonio netto tratto dal più recente stato patrimoniale
pubblicato dalla società, ovvero, per le società quotate, se maggiore, la capitalizzazione della società rilevata alla chiusura
dell’ultimo giorno di mercato aperto compreso nel periodo di riferimento del più recente documento contabile periodico
pubblicato». Per le banche, si specifica, tale indice è «il rapporto tra il controvalore dell’operazione e il patrimonio di vigilanza
tratto dal più recente stato patrimoniale pubblicato». Quanto all’indice di rilevanza dell’attivo, per questo s’intende «il rapporto
tra il totale dell’attivo dell’entità oggetto dell’operazione e il totale attivo della società», con riferimento ai dati contabili più
recenti. Infine, l’indice di rilevanza delle passività è «il rapporto tra il totale delle passività dell’entità acquisita e il totale attivo
della società», avendo a riferimento i dati contabili più aggiornati. Inoltre, sono da considerarsi “di maggiore rilevanza” le
operazioni con la società controllante quotata o con soggetti a quest’ultima correlati che risultino a loro volta correlati alla
società, qualora almeno uno dei menzionati indici di rilevanza sia superiore al 2,5%.
Il ruolo degli amministratori indipendenti (nelle fasi istruttoria, consultiva, delle trattative e deliberativa), ritenuto
imprescindibile dalla Consob, ha destato le perplessità di Confindustria, la quale ha osservato che un’eventuale eccessiva
competenza degli indipendenti finirebbe per snaturare la figura ed il ruolo degli stessi, nonché per deresponsabilizzare gli
amministratori esecutivi. Si potrebbe infatti porre il caso in cui gli amministratori indipendenti, pur se non esecutivi, potrebbero,
con un loro veto, condizionare l’amministrazione e la gestione della società. Ad avviso della Consob, tuttavia, tali amministratori
possono rappresentare una maggior tutela di quel che resta dell’autonomia gestionale e attuare un più severo controllo sulle
34
DOTTRINA
Il regolamento consob....
Oltre al ruolo svolto nell’adozione delle procedure, infatti, gli indipendenti non correlati
devono essere coinvolti nelle fasi delle trattative ed istruttoria relative al compimento delle singole
operazioni tra parti correlate di maggiore rilevanza. Gli stessi hanno poi la facoltà di farsi assistere
da esperti esterni alla società, a spese di quest’ultima.
Il ruolo di tali amministratori è altresì valorizzato nella statuizione che impone che il
consiglio di amministrazione approvi ogni operazione previo motivato parere favorevole degli
indipendenti, ovvero, in alternativa, che siano assicurate modalità di approvazione che garantiscano
comunque un ruolo determinante alla maggioranza degli indipendenti non correlati (ad esempio,
con meccanismi di doppie maggioranze ovvero con quorum rafforzati che attribuiscano un ruolo
determinante agli amministratori indipendenti. In tale ultima ipotesi, le procedure potrebbero
prevedere che l’operazione vada approvata dal consiglio di amministrazione senza la necessità di
ottenere il previo consenso degli indipendenti, ma comunque con una deliberazione assunta oltre
che con la maggioranza prevista da legge o statuto, anche con il voto favorevole della maggioranza
degli amministratori indipendenti non correlati membri del CdA).
Qualora le procedure dispongano che le operazioni con parti correlate debbano essere
approvate previo parere favorevole degli amministratori indipendenti, in caso di parere negativo di
tali ultimi il Regolamento OPC prevede comunque la possibilità di porre in essere tali operazioni,
purché vengano garantiti meccanismi di whitewash, i quali assicurino che la funzione svolta dagli
indipendenti non sia mortificata dalle iniziative dei soggetti correlati. Tali meccanismi sterilizzano
di fatto il voto dei soci correlati nel computo dei voti relativi all’assunzione della delibera. Ad ogni
modo, è necessario che tale facoltà sia espressamente prevista dallo Statuto.
In concreto, nell’ipotesi di parere negativo degli indipendenti, qualora l’intendimento
dell’organo amministrativo sia quello di compiere ugualmente l’operazione, allora la stessa
dev’essere sottoposta all’esame dell’assemblea dei soci, la quale può approvarla solo ed
esclusivamente nella misura in cui la maggioranza dei soci non correlati votanti esprima il proprio
voto favorevole.
Quanto invece alle operazioni di minore rilevanza tra parti correlate, il Regolamento OPC
prevede presidii di correttezza e trasparenza analoghi a quelli da adottarsi in occasione di operazioni
aventi considerevole rilevanza; tuttavia, ne diminuisce la portata.19
19
direttive impartite. A loro, poi, dovrebbe essere affidato il difficile compito di valutare se sussistano per davvero gli eventuali
vantaggi compensativi, e se le sinergie non stiano poi sempre ai “piani superiori” (leggasi, parte correlata controllante), come
rilevato in R. CASIRAGHI, Nei cda ruolo centrale per gli indipendenti, in Il Sole 24 Ore, 22 gennaio 2010, 36.
Tali regole meno incisive possono trovare applicazione anche in ipotesi di operazioni di maggiore rilevanza. Va infatti notato
come il Regolamento OPC preveda una deroga in favore delle società quotate di minori dimensioni, della società di recente
35
DOTTRINA
Il regolamento consob....
Le procedure devono prevedere la costituzione di un comitato di amministratori non
esecutivi e non correlati, il quale è composto, si badi, solo in maggioranza da indipendenti. Tale
comitato va consultato prima dell’approvazione dell’operazione ed adotta un parere non vincolante,
ma non viene coinvolto nella fase delle trattative.
In secondo luogo, la società è tenuta a mettere a disposizione del pubblico un documento
informativo, ma solo qualora, nel trimestre di esercizio, sia stata compiuta un’operazione minore
con parti correlate nonostante il parere contrario del summenzionato comitato. L’informativa deve
indicare la controparte, l’oggetto ed il corrispettivo della transazione, nonché la ragioni per le quali
si è ritenuto di non condividere il parere del comitato.
Esaminati gli aspetti procedurali, si deve sottolineare come il Regolamento OPC si premuri
di imporre alle società quotate o con azioni diffuse anche specifici obblighi di informativa, interna
ed esterna, graduati a seconda che si tratti di operazioni con parti correlate di maggiore o di minore
rilevanza.
Nei casi di maggiore rilevanza, le società sono tenute a redigere uno specifico documento
informativo, il quale va messo a disposizione del pubblico entro sette giorni dall’approvazione
dell’operazione o dalla stipula del contratto.20 Tale documento deve indicare tutti gli elementi atti a
delineare la correttezza delle scelte poste in essere.21
In particolare, vanno individuati i termini e le condizioni dell’operazione; le parti che hanno
posto in essere la stessa ed il loro grado di correlazione; le motivazioni economiche alla base
dell’operazione (ed un’analitica esposizione di tali ragioni nel caso in cui gli amministratori
indipendenti avessero espresso il loro dissenso circa l’operazione medesima); le modalità di
20
21
quotazione e delle società con azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante (ma non quotate). Questi soggetti, infatti, possono
adottare anche per le operazioni di maggiori rilevanza i presidii previsti per le operazioni minori, così rendendo meno stringenti
gli obblighi da rispettare. La ratio di tale deroga può apparire condivisibile. A titolo esemplificativo, si può ritenere che per le
imprese di medie e piccole dimensioni i costi sostenuti per adeguarsi agli obblighi procedurali previsti per le operazioni maggiori
risulterebbero probabilmente superiori ai benefici ottenuti. Ad ogni modo, come osservato da R. MARCELLO, L’applicazione dei
principi contabili nei bilanci delle piccole e medie imprese, in Le Società, 2009, n. 2, 156, realtà societarie minori che si
dovessero comunque adeguare agli standard generalmente applicati «potrebbero essere reputate» dalla platea degli investitori
«come più trasparenti e più affidabili, e quindi meno rischiose, di quelle che non li usano».
Oppure quindici giorni nell’ipotesi in cui il superamento delle soglie di rilevanza sia determinato dal cumulo di operazioni.
Per quel che concerne la correttezza sostanziale, ci si deve interrogare se sia sufficiente, ai fini della sussistenza della stessa, che
il corrispettivo dell’operazione sia allineato ai prezzi di mercato. Infatti, non necessariamente la previsione di un prezzo a
condizioni di mercato assicura la fairness dell’operazione, poiché la stessa, pur se conclusa a condizioni eque, potrebbe per
esempio risultare svantaggiosa poiché non necessaria per una delle controparti. Come osserva la dottrina, la correttezza
sostanziale di un’operazione non dipende dal quantum o dal quomodo, bensì dall’an, poiché il giudizio sulla fairness di un affare
non può basarsi solo sulle condizioni alle quali è stato concluso, prescindendo da una valutazione dell’opportunità
dell’operazione medesima per l’emittente. Quindi, si deve ritenere che un’operazione tra parti correlate è corretta se non è stata
influenzata dalla sussistenza del rapporto di correlazione o, quantomeno, senza che esso abbia determinato l’accettazione di
condizioni ingiustificate penalizzanti per l’emittente. Sul punto, v. M. VENTORUZZO, Commento sub art. 2391 bis, in P. MARCHETTI,
L. A. BIANCHI, F. GHEZZI, M. NOTARI (a cura di), Commentario alla riforma delle società, artt. 2380-2396. Amministratori, cit.,
518.
36
DOTTRINA
Il regolamento consob....
determinazione del corrispettivo, con particolare riferimento al fair value individuabile, e gli
eventuali pareri in merito espressi da esperti terzi del caso nominati.
Inoltre, il documento deve illustrare gli effetti economici, patrimoniali e finanziari
dell’operazione, nonché la possibile circostanza che - a fronte del compimento dell’operazione
stessa - i compensi degli amministratori siano destinati a variare.
Sono altresì da indicare i soggetti o gli amministratori che hanno condotto o partecipato alle
trattative, ovvero che abbiano istruito o approvato l’operazione secondo i rispettivi ruoli, con
particolare riguardo alle funzioni svolte nel concreto dagli amministratori indipendenti.
Infine, qualora le parti correlate siano amministratori, direttori o dirigenti delle società
coinvolte nell’operazione, allora il documento dovrà evidenziare gli strumenti finanziari di tali
ultime eventualmente detenuti dai soggetti correlati, nonché i concreti interessi dagli stessi
posseduti nell’operazione stessa.
Inoltre, precise indicazioni circa il compimento di operazioni tra parti correlate vanno
inserite nella relazione sulla gestione aziendale e nella relazione intermedia sulla gestione. La prima
si tratta del documento redatto dagli amministratori ed allegato al bilancio, che fornisce un
resoconto sulla gestione della società e che dipinge i prevedibili scenari di tale gestione, tenuto
conto dell’attività «nel suo complesso e nei vari settori in cui essa ha operato, anche attraverso
imprese controllate, con particolare riguardo ai costi, ai ricavi e agli investimenti, nonché una
descrizione dei principali rischi e incertezze cui la società esposta».22 La seconda, invece, è il
resoconto intermedio di gestione prescritto ai sensi dell’art. 82 del Regolamento Emittenti, il quale,
redatto in osservanza dei principi contabili internazionali rilevanti, fornisce informazioni sulla
situazione economico-finanziaria dell’emittente.
Tale documento, entro quarantacinque giorni dalla chiusura del primo e del terzo trimestre di
esercizio, deve essere messo a disposizione del pubblico nella sede sociale e comunicato alla
Consob.23
22
23
Ex art. 2428 del codice civile. Sul punto v. M. CIAN, A. BEGHETTO, Commento sub art. 2428, in G. CIAN, Codice civile e leggi
collegate. Commento giurisprudenziale sistematico, II, Cedam, Padova, 2010, 4373-4374, nonché C. G. CASADIO, Commento sub
art. 2428, in A. MAFFEI ALBERTI, Commentario breve al diritto delle società, Cedam, Padova, 2007, 822-827.
Ex art. 154-ter del TUF, ai sensi del quale tale resoconto deve fornire «a) una descrizione generale della situazione patrimoniale
e dell’andamento economico dell’emittente e delle sue imprese controllate nel periodo di riferimento; b) un’illustrazione degli
eventi rilevanti e delle operazioni che hanno avuto luogo nel periodo di riferimento e la loro incidenza sulla situazione
patrimoniale dell’emittente e delle sue imprese controllate». Come detto, inoltre, tale resoconto dovrà, ai sensi dell’art. 5 del
Regolamento OPC, contenere informazioni sulle singole operazioni con parti correlate di maggiore rilevanza concluse nel
periodo di riferimento, ovvero su quelle che abbiano influito in misura rilevante sulla situazione patrimoniale o sui risultati della
società, nonché indicare qualsiasi rilevante modifica o sviluppo di operazioni con parti correlate descritte nell’ultima relazione
annuale.
37
DOTTRINA
Il regolamento consob....
Il Regolamento OPC prevede infine una puntuale disciplina in riferimento al sistema
dualistico,24 alle operazioni di competenza assembleare, alle ipotesi in cui siano adottate delibere
quadro ed alle società sottoposte a direzione e coordinamento; inoltre, sono previste alcune
casistiche di esenzione, sussistenti le quali i presidii di cui al Regolamento OPC medesimo sono
disapplicabili.
5. La “Procedura per operazioni con parti correlate” della Juventus
Come detto, l’art. 4 del Regolamento OPC impone alle società quotate o con azioni diffuse
di pubblicare «senza indugio» sui propri siti internet le procedure per il compimento di operazioni
con parti correlate.
Possiamo allora utilizzare i siti internet di Juventus Football Club S.p.A. (di seguito,
“Juventus”), AS Roma S.p.A. (di seguito, “Roma”) e SS Lazio S.p.A. (di seguito, “Lazio”) per
effettuare un’analisi critica delle soluzioni da tali società adottate.
La compagine di Torino ha adottato la specifica “Procedura per operazioni con parti
correlate” (di seguito, “Procedura Juventus”),25 il cui sottotitolo sottolinea come tale adozione sia
stata posta in essere «ai sensi dell’art. 4 del Regolamento adottato da Consob con delibera n.
17221 del 12 marzo 2010, come successivamente modificato ed integrato».
La Procedura Juventus rinvia, oltre che all’art. 2391 bis del codice civile ed al Regolamento
OPC, anche al Codice di Autodisciplina delle Società Quotate (di seguito, “Codice Preda”), adottato
da Borsa Italiana S.p.A. In particolare, l’art. 9 del Codice Preda individua tutta una serie di best
practices - quali, a titolo esemplificativo, l’imprescindibilità del ruolo ricoperto dal comitato per il
controllo interno, il quale, nel sistema del Codice Preda medesimo (art. 8), è costituito da
amministratori non esecutivi, la maggioranza dei quali indipendenti. 26 Alla luce di ciò, la
circostanza che la Juvenuts abbia inteso effettuare anche un rinvio a tale regolamentazione va
salutata con favore.
24
25
26
In riferimento al sistema dualistico si rinvia a G. F. CAMPOBASSO, Diritto Commerciale, II, Utet, Milanofiori Assago (MI), 2010,
VII Ed., 421-429, e a R. FAVELLA, Governo societario della banche. Gli orizzonti futuri tra sana e prudente gestione e scelta del
modello di governance, in Banche e Banchieri, 2009, n. 4, 309-312.
Consultabile on line all’indirizzo web
www.juventus.com/site/filesite/club/corporate_governance/Procedura_Parti_Correlate_per_sito_definitiva.pdf (marzo 2011)
Nel commento all’art. 9, il Codice Preda suggerisce anche le seguenti best practices: riserva alla competenza del consiglio
dell’approvazione delle operazioni di maggior rilievo; la previsione di un parere preventivo del comitato per il controllo interno;
l’affidamento delle trattative ad uno o più amministratori indipendenti; il ricorso ad esperti indipendenti.
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DOTTRINA
Il regolamento consob....
Al Codice Preda si rinvia anche per l’individuazione dei requisiti di “indipendenza” degli
amministratori, i quali si afferma siano quelli di cui all’art. 147 ter del Testo Unico della Finanza (di
seguito, “TUF”).27
Quanto al rinvio al Regolamento OPC, la Procedura Juventus sottolinea come tutte le
definizioni rilevanti (ad esempio, “operazione”, “parte correlata”, “controllo”, “controllo
congiunto”) contenute nella Procedure medesima si intendano di significato uguale a quello
disposto nel Regolamento OPC.
Venendo alla disciplina contenuta nella Procedura Juventus, si osserva subito come i
menzionati consigli del Codice Preda siano stati oggetto di fedele attenzione da parte del club
torinese, il quale ha individuato il “comitato per le operazioni con parti correlate” (di seguito,
“Comitato OPC Juventus”) nel comitato per il controllo interno, composto da tre amministratori
indipendenti.
In tema di operazioni con parti correlate la competenza del Comitato OPC Juventus è
massima, essendo esclusa sono nel caso di operazioni di minor rilevanza in materia di
remunerazioni e compensi degli amministratori e degli altri eventuali dirigenti con responsabilità
strategica (in tali ipotesi, infatti, la competenza è attribuita al comitato remunerazioni e nomine, già
previsto all’interno della società).
Il Comitato OPC Juventus è tenuto a dare attuazione alla Procedura OPC Juventus,
valutando anche quali, tra le operazioni di maggiore rilevanza, possano essere escluse dalla
disciplina procedurale in quanto concluse a condizioni equivalenti a quelle di mercato.
Nelle attività di cui alla Procedura OPC Juventus sono coinvolti anche altri soggetti, quali il
Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari (il quale è tenuto a coordinare le
diverse procedure - OPC, amministrativa e contabile - per la formazione del bilancio di esercizio),
la Funzione Affari Societari (tenuta, nell’attuazione della Procedura OPC Juventus, ad assistere le
altre Funzioni aziendali nell’identificazione delle parti correlate alla società di volta in volta
rilevanti) ed altre Funzioni aziendali del caso coinvolte nelle operazioni con parti correlate (le quali
sono tenute a comunicare il proprio coinvolgimento in un’operazione e qualsiasi informazione utile
per l’esecuzione della stessa).
Venendo alla specifica disciplina disposta dalla Procedura OPC Juventus in merito alla
singole operazioni con parti correlate, sono da individuarsi tre macro-aree: a) identificazione della
singola operazione, b) specifica procedura da adottare, e c) obblighi di informativa.
27
D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58.
39
DOTTRINA
Il regolamento consob....
Ricadono sub (a) l’identificazione delle operazioni con parti correlate di maggiore rilevanza
(valgono a tal fine le soglie ed i valori previsti dal Regolamento OPC), l’identificazione delle
operazioni con parti correlate di minore rilevanza (diverse dalle operazioni di importo esiguo, che
rientrano nei casi di esenzione), e l’identificazione dei casi di esenzione.
Per tali ultimi la Procedura OPC Juventus intende: i) le operazioni di importo esiguo (di
importo inferiore ad Euro 200.000 e, limitatamente a quelle poste in essere con soggetti giuridici, di
importo inferiore ad Euro 500.000), ii) le operazioni ordinarie concluse a condizioni equivalenti a
quelle di mercato o standard (quelle cioè rientranti nell’ordinario esercizio dell’attività operativa
della Juventus e della connessa attività finanziaria, concluse a condizioni analoghe a quelle
usualmente praticate nei confronti di parti non correlate per operazioni di corrispondente natura,
entità e rischio, ovvero basate su tariffe regolamentate o su prezzi imposti ovvero quelle praticate a
soggetti con cui la società sia obbligata per legge a contrarre ad un determinato corrispettivo), 28 e
iii) le altre operazioni, quali i piani di compensi basati su strumenti finanziari approvati
dall’assemblea a favore degli amministratori, collaboratori della Juventus o di altre società
controllanti o controllate, nonché le deliberazioni del C.d.A. in materia di remunerazione degli
amministratori investiti di deleghe o cariche o dei dirigenti con responsabilità strategiche che siano
attuative di politiche di remunerazione approvate dall’assemblea dei soci con il coinvolgimento del
comitato remunerazioni e nomine.
Nel novero di cui alla macro-area (b) rientra la disciplina relativa a tutti gli aspetti
procedimentali disposti dalla Procedura OPC Juventus.
Innanzitutto è prevista una procedura di identificazione delle operazioni con parti correlate,
ai sensi della quale è statuito che, in’occasione di ogni singola operazione con parti correlate, la
Funzione Affari Societari riceva, da amministratori e sindaci, una comunicazione che individui la
controparte, l’oggetto dell’operazione, il controvalore stimato della stessa,29 la tempistica prevista e
le eventuali altre operazioni concluse con la parte correlata o con soggetti alla stessa correlati. In
base a tali flussi informativi la Funzione Affari Societari valuta la sussistenza o meno della
correlazione, l’applicabilità di un caso di esenzione e la rilevanza - maggiore o minore dell’operazione.
28
29
Si deve comunque precisare che, qualora le suddette operazioni ordinarie concluse a condizioni equivalenti a quelle di mercato o
standard rientrino nel novero delle operazioni di maggiore rilevanza, la Juventus sarà tenuta a i) comunicare alla Consob, entro
sette giorni dall’approvazione dell’operazione, la controparte, l’oggetto ed il corrispettivo della stessa, e ii) specificare nella
relazione intermedia sulla gestione e nella relazione sulla gestione annuale, quali tra le operazioni oggetto di informativa siano
state concluse avvalendosi dell’esenzione, indicando controparte, oggetto e corrispettivo.
In caso di acquisizione o cessione di partecipazioni, aziende o rami d’azienda, vanno identificati nel flusso informativo in favore
della Funzione Affari Societari il totale delle attività e delle passività dell’entità target.
40
DOTTRINA
Il regolamento consob....
È poi prevista la Procedura per operazioni di maggiore rilevanza, la quale distingue le
operazioni di competenza del C.d.A. da quelle di competenza assembleare.
In entrambi i casi assume rilevanza il ruolo rivestito dal Comitato OPC Juventus. Lo stesso è
infatti informato dalle competenti Funzioni aziendali, sollecitate a loro volta dalla Funzione Affari
Societari, al fine di poter essere coinvolto nella fase istruttoria ed in quella delle eventuali trattative,
anche grazie ad idonei flussi informativi del caso richiesti dal Comitato OPC Juventus medesimo.
Tale ultimo può inoltre farsi assistere, a spese della società, da esperti indipendenti.
Il Comitato OPC Juventus emette, entro cinque giorni dalla data del C.d.A. rilevante,
proprio parere motivato vincolante in merito alla convenienza e correttezza dell’operazione ed
all’interesse del club al compimento della stessa.
Il C.d.A. può deliberare l’approvazione dell’operazione solo successivamente a tale parere, e
la stessa considerazione vale anche per le operazioni di competenza assembleare.
Qualora il parere del Comitato OPC Juventus sia negativo, allora trovano applicazione
meccanismi di whitewash. In particolare, l’operazione non può essere approvata in caso di voto
contrario della maggioranza dei soci non correlati, a condizione comunque che i soci non correlati
presenti in assemblea rappresentino almeno il 10% del capitale sociale con diritto di voto.
La situazione muta in caso di operazioni di minore rilevanza. La specifica Procedura per
operazioni di minore rilevanza prevede, infatti, che il motivato parere del Comitato OPC Juventus
non sia vincolante. In caso di parere negativo, quindi, il compimento dell’operazione è ammesso e
vincola la società a meri obblighi di informativa esterna.
Oltre alle menzionate Procedure - di identificazione delle operazioni con parti correlate, per
operazioni di maggiore rilevanza, per operazioni di minore rilevanza - è poi prevista una Procedura
per delibere-quadro, ai sensi della quale determinate categorie di operazioni omogenee possono
essere approvate sulla base di generali delibere-quadro - di durata massima annuale e relative ad
operazioni sufficientemente determinate - senza che sia necessario svolgere il menzionato iter
Comitato OPC Juventus - C.d.A. / Assemblea dei soci.
Infine, la terzo macro-area individuabile nella Procedura OPC Juventus è quella relativa agli
obblighi di informativa, esterna e - con cadenza trimestrale e nei confronti di amministratori e
sindaci - interna. Tali disposizioni vanno coordinate con quanto disposto dal TUF.
In riferimento agli obblighi in favore del pubblico degli investitori, è innanzitutto previsto
che in occasione di qualsiasi operazione di maggiore rilevanza la Juventus sia tenuta, entro sette
giorni dall’approvazione della medesima, a mettere a disposizione del pubblico presso la sede un
41
DOTTRINA
Il regolamento consob....
apposito documento informativo, redatto in conformità delle disposizioni del Regolamento OPC. Lo
stesso obbligo sussiste anche nel caso in cui vengano compiute, con la medesima parte correlata,
operazioni omogenee (o in esecuzione di un disegno unitario) le quali, pur se prese singolarmente
siano di minore rilevanza, cumulativamente vaglino la soglia della maggiore rilevanza.
A tale obbligo coincide un analogo obbligo di pubblicazione sul sito internet del club.
Oltre alle singole informative correlate alle singole operazioni, la società a tenuta a fornire
informazioni periodiche (quali l’indicazione delle singole operazioni o di operazioni idonee ad
incidere sulla situazione patrimoniale o sui risultati della società, ovvero di qualsiasi sviluppo
rilevante di operazioni descritte in precedenti relazioni di periodo) nella relazione intermedia sulla
gestione e nella relazione annuale sulla gestione.
Tali relazioni devono ovviamente riportare l’eventuale circostanza che una singola
operazione sia stata approvata nonostante il parere contrario del Comitato OPC Juventus.
6. La condotta di Roma e Lazio. L’astratta punibilità delle stesse
Antitetica alla puntuale condotta della Juventus si può dire essere la condotta tenuta finora
da Lazio e Roma.
Si ricorderà infatti quanto supra detto, che cioè, ai sensi dell’art. 4 del Regolamento OPC, le
società interessate siano tenute a pubblicare «senza indugio» sui propri siti internet le procedure per
il compimento di operazioni con parti correlate.
Orbene, nei siti delle due società capitoline non vi è traccia, ad oggi (25 marzo 2011), delle
relative procedure per il compimento di operazioni con parti correlate.
Le uniche informazioni utili che si trovano nei siti, rispettivamente, di Lazio e Roma sono le
seguenti.
Il Consiglio di Gestione30 della Lazio ha approvato la procedura in data 30 novembre 2010. 31
Da un comunicato pubblicato sul sito si apprende che «le operazioni con parti correlate sono state
distinte in operazioni di minore rilevanza, operazioni di maggiore rilevanza e operazioni esenti,
con la previsione di regimi procedurali e di trasparenza differenziati in relazione a tipologia e
rilevanza dell’operazione», con specifico impegno mettere a disposizione del pubblico la procedura
30
31
Il Consiglio di Gestione è, nel sistema dualistico di amministrazione e controllo, l’organo deputato all’amministrazione della
società. In tal senso, rappresenta il corrispettivo del Consiglio di Amministrazione nel sistema tradizionale.
Come indicato in http://www.investireoggi.it/news/s-s-lazio-s-p-a-consiglio-di-gestione-approva-procedura-parti-correlate/
(marzo 2011).
42
DOTTRINA
Il regolamento consob....
«nei termini di cui al Regolamento Consob sulle operazioni con parte correlate, sul sito internet
della società all’indirizzo www.sslazio.it, sezione “Investor Relator”».32
Per quel che attiene ai giallorossi, un comunicato consultabile nella sezione “Comunicati
Finanziari” rende noto come il C.d.A. della Roma - in data 3 dicembre 2010, quindi in ritardo
rispetto al termine dell’1 dicembre 2010 (v. § 4.) - abbia approvato la specifica procedura per il
compimento di operazioni con parti correlate.
Si può discutere su quale sia l’effettiva portata della locuzione “senza indugio” ai sensi del
Regolamento OPC. Tuttavia, a prescindere da profili di colpevolezza in senso stretto, la condotta di
Lazio e Roma è quanto meno censurabile. Dalle date, rispettivamente, del 30 novembre 2010 e del
3 dicembre 2010 sono passati mesi; tra l’altro in questo periodo le due società capitoline hanno più
volte aggiornato i loro siti internet, inserendo notizie e documenti aventi rilevanza societaria e
finanziaria.
Non si spiega allora il motivo di così poca celerità nel pubblicare sui propri siti - come
richiesto dalla Consob - le procedure per il compimento di operazioni con parti correlate.
Escludendo ipotesi, quali la mancata adozione tout court delle procedure, che solleverebbero
problematiche di natura finanche penale, si deve comunque sottolineare come tale circostanza sia a
tutto svantaggio del pubblico degli investitori e degli stessi shareholders delle due società.
Alla luce di ciò, non sarebbe peregrino un intervento degli organi della Federazione Italiana
Giuoco Calcio (di seguito, “FIGC”). In particolare, potrebbe attivarsi la Commissione di Vigilanza
sulle Società di Calcio Professionistiche (di seguito, “Co.Vi.So.C.”).
L’art. 80 delle Norme Organizzative Interne della FIGC (di seguito, “NOIF”) dispone che la
Co.Vi.So.C. eserciti una funzione di controllo sull'equilibrio economico-finanziario delle società di
calcio professionistiche e sul rispetto dei principi di a gestione. Nell’esercizio di tale funzione, la
stessa può richiedere alle società dati e documenti societari.
Ad avviso di chi scrive, nel menzionato concetto di “corretta gestione” rientra il rispetto,
per le società quotate, della normativa Consob. In caso di mancata osservanza di tale ultima, si può
ritenere che un club professionistico quotato commetta una violazione delle normative federali,
sussistente la quale - ai sensi dell’art. 80 delle NOIF - è previsto il potere sanzionatorio della
Co.Vi.So.C.
32
Comunicato consultabile on line all’indirizzo web www.sslazio.it/societa/investor-relator.html (marzo 2011).
43
DOTTRINA
Il regolamento consob....
7. Conclusioni
Tutte le società con azioni quotate o comunque diffuse tra il pubblico in misura rilevante
sono tenute all’osservanza del Regolamento OPC.
Tale ultimo impone l’adozione di una specifica procedura per il compimento di operazioni
con parti correlate, procedura da pubblicare senza indugio sul sito internet delle società interessate.
Nel calcio italiano sono tre le società quotate: Juventus, Lazio e Roma.
All’appello della Consob solo la prima ha risposto presente, adottando una puntuale
procedura, conforme alle prescrizioni del Regolamento OPC, immediatamente pubblicata su
www.juventus.com.
Di contro, sui siti internet di Lazio e Roma non sono riportate le rispettive procedure.
Tale circostanza, di per sé già discutibile se vista nell’ottica della tutela dei risparmiatori,
potrebbe destare l’attenzione - anche sanzionatoria - della Co.Vi.So.C., l’organo della FIGC
deputato al controllo della regolarità economico-finanziaria del pallone nostrano.
44
DOTTRINA
Il regolamento consob....
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2005.
(*) Monaco studio legale, sede di Roma. Dottorando di Ricerca in Diritto ed Economia dei Sistemi
Produttivi, dei Trasporti e della Logistica presso l’Università degli Studi di Udine.
46
DOTTRINA
Le cominicazioni pubblicitarie....
LE COMUNICAZIONI PUBBLICITARIE DEGLI OPERATORI DI SERVIZI
TELEVISIVI IN MATERIA DI SPORT TRA REGOLA DELLA
CONCORRENZA E PROFILI D’INTERESSE GENERALE.
di Luca Longhi (*)
Sommario:
1. Introduzione. Servizi televisivi tra finalità commerciali e diritti dei destinatari.
1.2. Sulla centralità dello sport nei consumi.
2. Breve premessa metodologica. Sui motivi della scelta dell’osservazione di alcune
decisioni del Giurì di autodisciplina pubblicitaria.
3. Pronuncia n. 35/10 RTI s.p.a. – Sky Italia s.r.l. (“Chi ti offre solo calcio”).
4. Pronuncia n. 56/10 Sky Italia s.r.l. – RAI Radiotelevisione Italiana s.p.a.
(“I mondiali in chiaro sono i mondiali di tutti”).
5. Pronuncia n. 109-112/10 (“Libero di scegliere”, “Il calcio più bello”, “Fiorello e la
talpa”).
6. Pronuncia n. 124-127/10 (“L’Europa League in radio”, “La talpa ad Hollywood”).
7. Conclusioni.
47
DOTTRINA
Le cominicazioni pubblicitarie....
1. Introduzione. Servizi televisivi tra finalità commerciali e diritti dei destinatari.
Nella società moderna, di pari passo con l’avanzare del progresso tecnologico, è aumentato
il catalogo delle prestazioni avvertite come d’utilità generale da parte della collettività. Ed invero,
accanto ai servizi tradizionali, immediatamente riconducibili a bisogni essenziali (si pensi, ad
esempio, al diritto alla salute rispetto al servizio idrico), si sono imposti negli ultimi decenni servizi
non previsti (per ovvi motivi) nel nucleo originario della teoria giuridica francese1, eppure
egualmente collegati alla sfera dell’interesse generale.
E’ il caso dei servizi radiotelevisivi, i quali, seppur erogati in condizioni di libero mercato,
non smarriscono certo la propria cifra di inerenza all’ambito dei diritti fondamentali (cfr., ad
esempio, art. 11, par. 2 Carta europea dei diritti fondamentali 2).
Pertanto, in adesione ad una nozione oggettiva (o funzionale) di servizio pubblico 3, non si
può non riconoscere che gli editori televisivi (anche privati), insieme alle finalità meramente
commerciali connesse alle relative attività, svolgano anche non trascurabili funzioni in ordine
all’informazione, alla divulgazione di contenuti culturali, allo svago a vantaggio dei destinatari,
dovendo contribuire in una certa misura al progresso spirituale della società. In riferimento alla
trasmissione di eventi sportivi, poi, le responsabilità, se possibile, aumentano, attesa la spiccata
dimensione sociale del fenomeno (sul piano, ad esempio, del diritto alla salute e dell’integrazione
culturale e sociale), ribadita anche in sede comunitaria (cfr. art. 165 TFUE e, da ultimo, la
comunicazione della Commissione COM(2011) 12 del 18 gennaio 2011).
In realtà, nel contesto attuale, pur caratterizzato da profonde criticità dal punto di vista
economico ed energetico, il dibattito intorno alla natura e alla ragion d’essere del servizio televisivo
riveste importanza non secondaria rispetto al panorama dei servizi pubblici complessivamente
intesi. Un servizio televisivo, peraltro, in continua evoluzione e così invasivo nelle vite di ciascuno
da poterne condizionare nel bene o nel male numerosi aspetti (si pensi al voto, al linguaggio, alla
moda, al tempo libero).
1
2
3
cfr. tra gli altri L. DUGUIT, Traité de droit constitutionnel, t. I Théorie generale de l’État, Paris, 1911; ID., Les transformations du
droit public, Paris, 1913.
Per un approfondimento del tema si rinvia a F. DONATI, art. 11. Libertà di espressione e d’informazione, in R. BIFULCO, M.
CARTABIA, A. CELOTTO, L’Europa dei diritti, Bologna, 2001, pp. 100 ss. e R. MASTROIANNI, Riforma del sistema radiotelevisivo
italiano e diritto europeo, Torino, 2004, p. 78.
cfr. S. CATTANEO, Servizi pubblici (voce), in Enc. Dir., vol. XLII, Milano, 1990, pp. 368 ss.
48
DOTTRINA
Le cominicazioni pubblicitarie....
Con il presente contributo si procederà ad un esame della recente giurisprudenza del
Giurì di autodisciplina pubblicitaria avente ad oggetto la concorrenza tra operatori pubblici e
privati (RAI, Mediaset, Sky) del settore televisivo in materia di sport, al fine di evidenziare, tra i
vari profili, la delicata convivenza in materia di regola della concorrenza e diritti fondamentali,
collegati più o meno direttamente ad una missione di servizio pubblico. L’osservazione di tali
pronunce costituisce, difatti, oltre che una preziosa occasione di studio sul piano della tecnica
giuridica, uno dei punti di vista più originali per osservare le relazioni tra mercato e diritti e la
coesistenza di dimensione sociale e dimensione economica nello sport 4.
1.2. Sulla centralità dello sport nei consumi.
L’esistenza di un così vivace contenzioso tra operatori di servizi televisivi in materia di
pubblicità relativa ad eventi sportivi rivela la centralità dello sport rispetto all’economia attuale,
oltre a colorare lo stesso di connotazioni un tempo impreviste dal punto di osservazione del giurista.
In realtà, lo sport riveste profili di rilevanza giuridica non solo con riguardo
all’ordinamento sportivo e alle sue peculiarità 5, bensì conosce anche innumerevoli applicazioni,
dirette o indirette, in riferimento ad istituti di diritto comune, rientranti a tutti gli effetti in altre
più “classiche” partizioni del diritto (si pensi alla materia civile, penale, del lavoro).
Si potrebbe, inoltre, affermare che lo sport, proprio in ragione della propria larga
diffusione nei consumi (non solo televisivi) di tutti, si candidi a divenire sempre più uno degli
ambiti d’elezione del cd. diritto dell’economia, lato sensu inteso.
Convivono, difatti, nella disciplina del fenomeno profili strettamente sportivi (relativi alla
specificità dell’ordinamento sportivo: ad esempio, le regole del gioco) accanto a profili
economici, tutt’altro che indifferenti rispetto ai sistemi giuridici interni e comunitario.
Tali profili risultano, di fatto, difficilmente distinguibili e finiscono, talora, per
condizionarsi reciprocamente6.
4
5
6
Gli spunti per parlare dell’argomento sono stati offerti dalla brillantissima lezione (senza la quale il presente contributo non
sarebbe stato realizzabile) tenuta dall’Avv. Paolina Testa al Corso di perfezionamento in diritto sportivo e giustizia sportiva
dell’Università degli Studi di Milano (diretto dall’Avv. Lucio Colantuoni) il 17 febbraio 2011, dal titolo “Sport e pubblicità”, che
si ringrazia per la disponibilità dimostrata.
Sul tema cfr. il fondamentale contributo di W. CESARINI SFORZA, La teoria degli ordinamenti giuridici e il diritto sportivo, in Foro
it., 1933, I, col. 1381.
Per un approfondimento della questione si rinvia a S. BASTIANON, B. NASCIMBENE, Diritto europeo dello sport, Torino, 2011.
49
DOTTRINA
Le cominicazioni pubblicitarie....
Pertanto, non possono assolutamente trascurarsi i considerevoli interessi economici
sollevati dal fenomeno sportivo, dei quali i diritti televisivi costituiscono elemento
particolarmente significativo, sia dal punto di vista quantitativo sia dell’impatto sociale 7. Si tratta,
evidentemente, di vicende meritevoli di tutela giuridica a vari livelli.
La pubblicità, in particolare, costituisce un fondamentale volano della concorrenza esistente
sul mercato dei diritti televisivi legati allo sport e, in quanto tale, esige il rispetto di precise regole di
condotta, a beneficio degli altri operatori, ma anche dei destinatari dei servizi.
Ed invero, i fruitori dei servizi televisivi (in questo caso, spettacoli sportivi con le relative
comunicazioni commerciali) non devono vedersi ridotto il proprio spazio di tutela, solo perché
qualificati, con accezione “mercatoria”, come clienti o consumatori e non più (o non
necessariamente) come utenti, alla maniera del vecchio servizio pubblico in regime di monopolio.
Del resto, se tra le righe del primo comma dell’art. 41 Cost. è dato rinvenire un implicito
riconoscimento della libertà di concorrenza 8, è parimenti possibile cercare la rilevanza
costituzionale della posizione del consumatore nel secondo comma e, più precisamente, nel
concetto di utilità sociale, inteso come clausola generale di tutti quei valori extra-imprenditoriali
aventi carattere e contenuto sociale 9.
La stessa Costituzione economica è permeata di istituti che ne evidenziano il timbro
sociale10: si pensi, in particolare, alle locuzioni “utilità sociale” (art. 41, co. 2) “fini sociali” (art. 41,
co. 3), “funzione sociale [della proprietà]” (art. 42 co. 2), “utilità generale” (art. 43), in armonia le
une con le altre e con le stesse regole comunitarie (cfr., ad esempio, attuale art. 106 par. 2 TFUE).
Tali clausole si collocano, peraltro, in relazione di stretta contiguità logica e semantica con gli
artt. 2 e 3 Cost.
Sussistono, difatti, come si vedrà, in capo alle aziende che investono in comunicazione
commerciale (televisiva, in particolare) doveri specifici in termini di onestà, verità e correttezza dei
messaggi (cfr. art. 1 codice di autodisciplina della comunicazione commerciale, d’ora in poi C.A.;
ma anche artt. 2598 ss. c.c.).
7
cfr. L. COLANTUONI, Diritto sportivo, Torino, 2009, pp. 298 ss.
cfr. F. GALGANO, art. 41, in Comm. Cost. Branca, Bologna-Roma, 1982, pp. 11 ss.
9
A. ZITO, Tutela amministrativa e tutela civile nei confronti della pubblicità ingannevole e parità di trattamento tra imprenditori e
consumatori, in Jus, 1995, p. 379.
10
cfr. M. LUCIANI, Economia nel diritto costituzionale (voce), in Dig. Disc. Pubbl., vol. V, Torino, 1990, p. 375.
8
50
DOTTRINA
Le cominicazioni pubblicitarie....
2. Breve premessa metodologica. Sui motivi della scelta dell’osservazione di alcune
decisioni del Giurì di autodisciplina pubblicitaria
Una volta inquadrato, dunque, il tema nelle sue linee generali, si può passare ad analizzare
una serie di recenti pronunce del Giurì di autodisciplina pubblicitaria aventi ad oggetto la
concorrenza tra operatori del settore televisivo in materia di sport, particolarmente significative ai
fini che qui rilevano.
In particolare, può essere utile ripercorrere alcuni capitoli del contenzioso inerente alle
comunicazioni commerciali trasmesse nell’imminenza di recenti avvenimenti sportivi di richiamo
(Mondiali di calcio FIFA 2010, Serie A 2010-2011, Champions League 2010-2011, Europa League
2010-2011).
Nelle fattispecie che si andranno ad illustrare, ulteriore peculiarità è rappresentata dal fatto
che le parti dei giudizi sono operatori di servizi televisivi che rilevano quali inserzionisti
pubblicitari, giacché la materia del contendere è proprio la correttezza (in un’ampia accezione) delle
rispettive comunicazioni commerciali.
La rilevanza delle questioni affrontate è accresciuta ancor più dalla circostanza che i servizi
pubblicizzati hanno un forte impatto sulla società, attese le peculiarità degli stessi (servizi televisivi)
e dei relativi contenuti (eventi sportivi), in ragione delle considerazioni svolte nei paragrafi
precedenti.
3. Pronuncia n. 35/10 RTI s.p.a. – Sky Italia s.r.l. (“Chi ti offre solo calcio”)
Con la pronuncia n. 35/10 il Giurì ha deciso sul ricorso di RTI – Reti Televisive Italiane
s.p.a. (società licenziataria delle concessioni televisive del gruppo Mediaset) avverso la campagna
pubblicitaria diffusa da Sky Italia s.r.l., con la quale quest’ultima pay-tv, rivendicando la particolare
ricchezza di contenuti della propria offerta, identificava la concorrenza con l’espressione “chi ti
offre solo calcio”.
RTI lamentava una violazione degli artt. 1 (Lealtà della comunicazione commerciale), 2
(Comunicazione commerciale ingannevole), 15 (Comparazione) e 14 (Denigrazione) C.A. da
parte di Sky. Si lamentava, in particolare, una violazione della disciplina relativa alla pubblicità
51
DOTTRINA
Le cominicazioni pubblicitarie....
comparativa11 e denigratoria (veniva diffusa l’immagine di un pallone che si sgonfia) ed
un’incompletezza nell’illustrazione delle condizioni economiche dell’offerta (sintetizzata nel
claim “tutto Sky a 29,90 euro al mese per tre mesi”), tale da indurre in inganno i consumatori.
Sky, con la propria memoria difensiva, negava la valenza comparativa del filmato,
rivendicandone piuttosto una funzione comunicazionale, motivata peraltro dallo stereotipo che
le pay-tv siano specializzate esclusivamente nella trasmissione di spettacoli calcistici e dal rifiuto
delle reti Mediaset (anche quelle generaliste non a pagamento) di vendere spazi pubblicitari a
Sky12.
Secondo il Giurì, la configurazione del mercato delle pay-tv (annoverante allora quattro
concorrenti, vale a dire le due parti del giudizio più Dahlia TV e Conto TV) esclude il riferimento
comparativo a Mediaset Premium della campagna Sky.
L’esigenza avvertita da Sky di correggere lo stereotipo menzionato, ricorrendo ad una
comunicazione suggestiva sulla ricchezza tematica della propria offerta, poi, orienta la
qualificazione della campagna come pubblicità debolmente iperbolica piuttosto che comparativa.
Per quanto concerne la questione legata alle condizioni economiche dell’offerta, il Giurì ha
ritenuto il regolamento contrattuale (compiutamente valutabile dall’utenza solo via internet, stante
la poca leggibilità delle note in super e l’insufficienza di un’informativa orale via call center) tale da
provocare uno scarto rilevante tra attesa del consumatore e condizioni effettive di fruizione del
servizio, giacché la quota di 29,90 euro al mese era destinata a diventare di oltre 50 euro a partire
dal quarto mese di fruizione.
Pertanto, la comunicazione commerciale de qua è risultata affetta da una non conformità
all’art. 2 C.A., con riferimento all’ingannevolezza nell’illustrazione delle condizioni di vendita.
4. Pronuncia n. 56/10 Sky Italia s.r.l. – RAI Radiotelevisione Italiana s.p.a.
In occasione della pronuncia n. 56/10 del 14 maggio 2010 il Giurì ha avuto modo di
decidere su un ricorso presentato da Sky avverso RAI – Radiotelevisione Italiana s.p.a. avente ad
11
12
Per una ricostruzione delle evoluzioni del C.A. e della giurisprudenza del Giurì in tema di pubblicità comparativa cfr. S.
GUIZZARDI, Pubblicità comparativa e autodisciplina pubblicitaria: prospettive dopo la direttiva CEE, in Giur. it. , 1999, pp. 1344
ss.
Invero, nel momento in cui si scrive, tra i gruppi di appartenenza di RTI e Sky è in corso una sorta di boicottaggio reciproco con
riferimento all’accesso ai rispettivi spazi pubblicitari.
52
DOTTRINA
Le cominicazioni pubblicitarie....
oggetto le comunicazioni commerciali relative ai Mondiali di calcio FIFA 2010 che si sarebbero
disputati poche settimane dopo.
In particolare, la ricorrente, avendo acquistato onerosamente nel gennaio 2009 dalla RAI i
diritti di trasmissione televisiva dei Mondiali di calcio FIFA 2010 per il territorio italiano (ed
essendosi riservata la RAI, nell’ambito del medesimo accordo, di trasmettere in chiaro e mediante il
sistema di digitale terrestre 25 delle 64 partite della competizione, tra le quali quelle della Nazionale
italiana), lamentava il carattere ingannevole della campagna RAI contrassegnata dalla sigla “I
mondiali in chiaro sono i mondiali di tutti”, in contrasto con gli artt. 1 e 2 C.A.
Nel ricorso, peraltro, si evidenziava il carattere dissuasivo della campagna ad abbonarsi a
Sky, in ragione della contrapposizione stabilita con tra le offerte.
La RAI nella propria memoria difensiva chiedeva preliminarmente di dichiarare
improcedibile il ricorso di Sky avuto riguardo alla natura pubblica del servizio esclusivamente
informativo espletato dalla televisione di Stato, sottratto, come tale, alla logica del mercato e della
negoziazione di beni o servizi cui è, invece, finalizzata la comunicazione commerciale oggetto della
pubblicità regolata dal C.A.
In udienza, poi, la RAI eccepiva il difetto di giurisdizione del Giurì per via della
previsione, nel contratto inter partes con il quale venivano trasferiti di diritti televisivi sui
Mondiali di una clausola compromissoria applicabile anche in tema di pubblicità.
Il Giurì ha ritenuto la controversia rientrante nell’ampia formulazione della clausola
compromissoria («qualsiasi controversia dovesse insorgere da, e/o in connessione con, questo
Media Rights Agreement»), inerendo la stessa alla corretta esecuzione del contratto, ed ha
dichiarato, quindi, di non potersi pronunziare.
La vicenda descritta riveste importanza a vari livelli.
In primo luogo, per quanto concerne la questione del difetto di giurisdizione, si può
osservare che, nel caso in esame, l’esistenza di una clausola compromissoria inter partes, dal
contenuto peraltro piuttosto ampio, deroga la giurisdizione del Giurì (a sua volta espressione di
autonomia contrattuale13), in quanto legge speciale avente maggiori punti di contatto con la
fattispecie considerata.
Dal punto di vista del merito, invece, occorre rilevare, proprio alla luce dei profili di rito
appena riportati, che si fa riferimento qui non solo e non tanto alla correttezza delle comunicazioni
pubblicitarie, quanto alla natura stessa dei servizi offerti.
13
cfr. S. GUIZZARDI, cit., p. 1346.
53
DOTTRINA
Le cominicazioni pubblicitarie....
La vicenda, pertanto, malgrado non sia approdata ad una decisione nel merito, sottende
questioni di diritto sostanziale molto profonde, quali ad esempio il rapporto tra servizio pubblico
televisivo e mercato o i diritti degli utenti in occasione di eventi sportivi di particolare rilevanza.
La diffusione dello sport, del resto, e la promozione della sua duplice dimensione sociale
ed economica non possono prescindere da una trasmissione erga omnes in chiaro delle sue
manifestazioni più popolari, nell’interesse sia della collettività sia dei diversi attori economici.
La specificità della missione perseguita dalla RAI e la sua particolare contiguità con la sfera
dell’interesse generale non dovrebbero escludere, tuttavia, l’impiego della buona fede né
tantomeno il ricorso alle regole di un più generico fair play nei confronti della concorrenza,
anche nella trasmissione delle comunicazioni pubblicitarie.
5. Pronuncia n. 109-112/10 (“Libero di scegliere”, “Il calcio più bello”, “Fiorello e la
talpa”)
Con la pronuncia n. 109-112/10 il Giurì ha deciso su delle vertenze riunite tra Sky Italia s.r.l.
e RTI Reti Televisive Italiane s.p.a.
Nell’occasione, Sky aveva richiesto l’intervento del Giurì per censurare una campagna
andata in onda sulle reti Mediaset indirizzata, a detta della società ricorrente, ad evidenziare la
pretesa superiorità di contenuti e la pretesa di maggior convenienza economica dell’offerta calcio di
Mediaset Premium rispetto all’offerta di calcio Sky. La campagna RTI era costruita intorno al
dialogo tra due personaggi rappresentanti rispettivamente Mediaset Premium e Sky, diretta ad una
comparazione tra le due offerte, e si concludeva poi con il personaggio Mediaset Premium che,
riprendendo uno slogan tipico di Sky, si rivolge all’interlocutore dicendogli la battuta “libero di
scegliere!”.
Nel proprio ricorso, Sky sosteneva la non omogeneità delle offerte comparate (requisito
indispensabile ex art. 15, co. 1 C.A. per porre in essere una pubblicità comparativa lecita 14),
trattandosi di offerte aventi oggetti non identici, dunque tra loro non commensurabili 15.
14
15
La disposizione citata, invero, consente la comparazione beni e servizi concorrenti che «(…) soddisfano gli stessi bisogni o si
propongono gli stessi obiettivi».
Ed invero, l’offerta calcistica di Sky per la stagione 2010/2011 comprende tutti e 380 gli incontri della Serie A contro i 324
visibili su Mediaset; offre servizi dagli spogliatoi; riprese dall’alto; la diretta gol in contemporanea; il meglio dei campionati
esteri; le partite delle Nazionali inglese e tedesca; vari servizi interattivi (Diretta Gol, Gol Alert, Gol Parade, Bet on Sky) e, per
l’abbonamento a 47 euro al mese, offre tutta la UEFA Champions League in diretta e in HD, servizi diversi, sul piano quantitativo
e qualitativo, da quelli offerti dall’operatore concorrente.
54
DOTTRINA
Le cominicazioni pubblicitarie....
Nella propria memoria difensiva, RTI, tra gli altri rilievi, evidenziava la natura di
legittima difesa del proprio spot, negandone qualsiasi carattere denigratorio (una sorta di
autotutela)16. La tesi della legittima difesa potrebbe trovare fondamento nell’ipotesi in cui si
valutasse la campagna pubblicitaria altrui come un’aggressione ingiusta in termini obiettivi e non
evitabile ed il conseguente comportamento posto in essere come proporzionato all’offesa e
necessario ed inevitabile al fine di eliminare un pericolo attuale e non ipotetico 17.
Nel caso in esame, la difesa sosteneva la sussistenza di tali profili, in considerazione della
particolare tempestività (rectius, immediatezza) che richiede la tutela degli interessi degli
inserzionisti pubblicitari, alla base, peraltro, dell’istituto stesso del Giurì.
Con successiva istanza, poi, RTI richiedeva l’intervento del Giurì nei confronti di Sky in
riferimento alle campagne “Il calcio più bello è solo su Sky” (con testimonial calciatori famosi
come Pato, Cassano, Cambiasso ed altri), “Esci dal buco – Fiorello e la talpa” (con, appunto, il noto
showman Fiorello) oltre che alla campagna a stampa “Scegli tu il migliore”.
In particolare, con la prima campagna venivano giustapposte le immagini positive di
calciatori in azione ad immagini di loro alter ego in versione goffa, con intenti, ad opinione della
ricorrente, denigratori nei confronti di tutta la concorrenza.
Con la seconda campagna, invece, lo showman Fiorello intratteneva un dialogo con una
talpa denominata Ugo, personaggio, secondo la ricorrente, raffigurante l’utente digitale terrestre,
«cieco e relegato nel sottosuolo», invitandolo ad uscire dal buco e ad abbonarsi a Sky.
Sky, con memoria difensiva, negava il carattere denigratorio delle proprie campagne,
evidenziandone piuttosto il carattere ironico e creativo. La campagna “Il calcio più bello è solo su
Sky”, in particolare, intendeva alludere alla tecnologia HD, tra gli elementi maggiormente
qualificanti dell’offerta di Sky.
Il Giurì, una volta riunite le cause, ha valutato non omogenee le offerte comparate nella
campagna Mediaset e, dunque, in contrasto con la previsione di cui all’art. 15 C.A.
Rispetto, poi, alla questione della legittima difesa, l’organo giudicante ha ritenuto difettare,
nel caso di specie, il requisito dell’immediatezza e, in più, non ha ritenuto giustificata la
divulgazione al consumatore di notizie fuorvianti (integrata dalla comparazione tra servizi
disomogenei).
16
17
Sul punto cfr. M. VALCADA, La pubblicità comparativa: dalla varietà dei sistemi nazionali a una disciplina comunitaria, in Dir.
com. scambi internaz., 1997, p. 788.
cfr. Cass. 6 maggio 2003, n. 6863, in Giur. it., 2004, p. 760.
55
DOTTRINA
Le cominicazioni pubblicitarie....
Per quanto attiene la campagna “Il calcio più bello è solo su Sky” il Giurì non ha riscontrato
elementi di denigrazione della concorrenza nel messaggio veicolato, non essendo ravvisabile, con la
diligenza dell’utente medio, alcuna contrapposizione con l’offerta di Mediaset Premium.
Per quanto riguarda la campagna “Esci dal buco – Fiorello e la talpa”, invece, è stata
ravvisata un’identità tra la talpa e l’utente Mediaset Premium, in quanto esempio tipico di chi
vive nel “buco”, con un conseguente effetto denigratorio ex art. 14 C.A., non neutralizzato dalla
pur evidente eleganza dello spot.
6. Pronuncia n. 124-127/10 (“L’Europa League in radio”, “La talpa ad
Hollywood”).
Con la recente decisione n. 124-127/10 il Giurì si è pronunciato su una vertenza promossa
da RTI – Reti Televisive Italiane s.p.a. contro Sky Italia s.r.l. e istanza riconvenzionale di Sky
contro RTI.
In particolare, RTI lamentava la diffusione, da parte di Sky, di una nuova campagna
nell’ottobre 2010 avente come protagonista Ugo la talpa, intitolata “La talpa ad Hollywood”,
malgrado la decisione n. 109-112/10 commentata nel paragrafo precedente. Nella nuova campagna,
erano stati eliminati i richiami al “buco” ed al sottosuolo di cui ai precedenti spot e sostituiti da
un’esortazione rivolta alla talpa a “svegliarsi dal letargo”. La ricorrente, pertanto, evidenziava il
carattere denigratorio della nuova campagna ed una violazione dell’art. 42 C.A. per inosservanza di
una precedente decisione del Giurì (la cessazione della precedente campagna “Esci dal buco –
Fiorello e la talpa” disposta con la citata pronuncia n. 109-112).
La resistente, invece, nella propria memoria difensiva, negava qualsiasi intento denigratorio
e rapporto di identità con la campagna precedentemente censurata.
Con separata istanza, inoltre, Sky chiedeva l’intervento del Giurì con riferimento ad una
campagna di Mediaset Premium nella quale veniva riproposto lo schema comparativo dei due
personaggi che si scambiano informazioni sulle offerte delle televisioni a pagamento. In
particolare, nella campagna de qua il personaggio raffigurante Sky veniva rappresentato con
un’antiquata radiolina per ribadirne l’ impossibilità di seguire la diretta TV delle partite
dell’Europa League, competizione trasmessa in esclusiva da Mediaset. Anche in quest’occasione,
venivano riformulate richieste in ordine all’ingannevolezza della comparazione (riferita ad offerte
56
DOTTRINA
Le cominicazioni pubblicitarie....
tra loro non omogenee) e al contenuto denigratorio dello slogan conclusivo “libero di scegliere”
(ripreso dalla pubblicità Sky), insieme alla richiesta ex art. 42 C.A. di accertamento
dell’inadempimento rispetto alla citata pronuncia n. 109-112, con la quale era stata ordinata la
cessazione della precedente campagna comparativa di Mediaset Premium.
A sua volta, RTI, nella propria memoria negava il rapporto d’identità tra le proprie due
campagne necessario perché ricorra la fattispecie di cui all’art. 42 C.A. e rivendicava il proprio
diritto di enfatizzare determinati caratteri dei propri servizi piuttosto che altri (in questo caso, porre
l’accento sull’esclusiva dell’Europa League, competizione nella quale in questa stagione erano
impegnati club dal grande seguito come la Juventus e il Napoli).
Il Giurì, una volta disposta la riunione dei procedimenti per ragioni di economia processuale,
ha ritenuto non sussistente in entrambi i casi l’inosservanza delle decisioni precedenti, attesa
l’eliminazione nella campagna Sky dei riferimenti al sottosuolo ritenuti denigratori e la
comparazione nella campagna Premium basata questa volta su dati oggettivi (l’esclusiva
sull’Europa League) e non più su offerte disomogenee (gli imprecisi riferimenti ai prezzi contenuti
nella precedente campagna).
Nella decisione in oggetto è stata solo ordinata la cessazione di una campagna di direct
mailing di Sky, avente contenuti denigratori ex art. 14 C.A. (l’utilizzo delle espressioni “TV terra
terra” e “TV di livello terra terra” chiaramente dirette alla concorrenza).
7. Conclusioni.
Il breve excursus sulle recenti pronunce del Giurì di autodisciplina pubblicitaria, pur privo
di qualsivoglia pretesa di completezza, vuol dare l’idea della ricchezza del dibattito sorto intorno
all’applicazione della regola della concorrenza in materia di diritti televisivi inerenti a spettacoli
sportivi.
Sport e televisione sono realtà che hanno bisogno l’una dell’altra: il primo senza la
seconda non avrebbe l’espansione e la popolarità che oggi conosce; la seconda senza il primo
vedrebbe drasticamente ridursi audience e ricchezza di palinsesti.
Il pubblico, in quanto composto da sportivi e allo stesso tempo consumatori di prodotti
televisivi, necessita di una tutela in nessun modo comprimibile, sia che si abbia riguardo al dato
commerciale legato alla pubblicità, sia che ci si riferisca più strettamente alla dimensione sociale,
57
DOTTRINA
Le cominicazioni pubblicitarie....
consacrata anche dal diritto comunitario del fenomeno (cfr. art. 165 TFUE) e dei media che lo
trasmettono (cfr. art. 11 della Carta europea dei diritti fondamentali).
Ed invero, anche nella sede sui generis dell’autodisciplina pubblicitaria, espressione in una
certa misura di una giustizia privata e “associativa” 18, i diritti dei consumatori vengono in
particolare rilievo, costituendo fondamentale parametro di riferimento delle pronunce del Giurì
e, in generale, di tutto il relativo impianto regolamentare (cfr. lett. a delle norme preliminari e
generali al C.A., rubricata “Finalità del Codice”).
Le comunicazioni pubblicitarie analizzate, crocevia di due tra le più rilevanti economie
del tempo (sport e mezzi di comunicazione), pur attingendo notevoli delicati assetti di interessi,
non possono importare alcun sacrificio dei diritti fondamentali coinvolti nella materia (si pensi
anche solo alla libertà di manifestazione del pensiero ex art. 21, co. 1 Cost. o alla libertà di
informazione in termini di correttezza dei messaggi promozionali e di rispetto dei tempi da parte
degli stessi).
Difatti, secondo la giurisprudenza comunitaria, «la tutela dei consumatori contro gli
eccessi della pubblicità commerciale o, in un fine di politica culturale, il mantenimento di una
certa qualità dei programmi costituiscono motivi imperativi d'interesse generale che possono
giustificare restrizioni alla libera prestazione dei servizi 19».
Le comunicazioni commerciali aventi ad oggetto spettacoli sportivi o trasmesse in
occasione degli stessi, in considerazione dell’elevato profilo educativo della materia sportiva, da
un lato, e della grande partecipazione emotiva che tali spettacoli suscitano negli spettatori (tale da
renderli potenzialmente vulnerabili), dall’altro, dovrebbero allinearsi ai principi scolpiti in tema
di pubblicità ed in più rispettare, in una prospettiva etica metagiuridica, una serie di doveri
additivi ponendosi al servizio dell’interesse generale.
(*) Avvocato, dottore di ricerca in diritto dell’economia Università degli Studi
di Napoli Federico II.
18
19
cfr. S. GUIZZARDI, cit.
CGCE, 28 ottobre 1999, C-6/98, Arbeitsgemeinschaft Deutscher Rundfunkanstalten (ARD) c. PRO Sieben Media AG, punto 50.
Per un approfondimento della questione si rinvia a M. AMBANELLI, Televisioni senza frontiere: la Corte di giustizia sceglie la
pubblicità “lorda” (ma non troppo), in Dir. com. scambi internaz., 2000, pp. 533 ss.
58
DOTTRINA
PARTE TERZA
NOTE A SENTENZA
SOMMARIO:
ANTONIO ARMENTANO, L’ostracismo della subordinazione dallo sport dilettantistico
pag.60
(Nota a Trib. Torino, sezione lavoro, 25 maggio 2010, n. 1135, non pubblicata)
ANDREA PETRETTO, Il Regolamento illegittimo (nota a Tar Lazio, sez. III ter, 11
pag.69
novembre 2010, n. 5363)
MARIO VIGNA, Il passaporto biologico supera l'esame del TAS (nota a Lodo TAS
pag.81
2178/A/2010 Caucchioli/ CONI e UCI)
DOMENICO ZINNARI, Ultrattività del tesseramento e giurisdizione sportiva (nota a
CGF FIGC C.U. n. 110)
59
pag.104
L'ostracismo della subordinazione…
L’OSTRACISMO DELLA SUBORDINAZIONE
DALLO SPORT DILETTANTISTICO
NOTA
A TRIBUNALE
TORINO, SEZ.LAV. DEL 25/05/2010 N. 1135
(NON PUBBLICATA)
di Antonio Armentano (*)
Sommario:
1. Introduzione
2. La fattispecie concreta
3. La qualificazione giuridica della prestazione dello sportivo non professionista
4. Conclusioni
1. Introduzione
La sentenza del Tribunale di Torino offre lo spunto per qualche riflessione in tema di
configurabilità del vincolo della subordinazione nell’esercizio dell’attività sportiva dilettantistica.
Sebbene la pronunzia in commento sembri negare la natura subordinata dello specifico
rapporto sottoposto al vaglio del Tribunale solo sulla base del concreto atteggiarsi della prestazione
resa dall’atleta - quindi senza rifugiarsi nel comodo alibi delle norme dell’ordinamento sportivo che,
per i calciatori non professionisti, escludono “ogni forma di lavoro autonomo o privato” - non si
può tuttavia tacere del fatto che le cosiddette Carte federali, soprattutto a seguire l’opinione di una
60
NOTE A SENTENZA
L'ostracismo della subordinazione…
parte della dottrina non prettamente giuslavoristica1, costituiscono il principale ostacolo che si
frappone all’“ingresso” del lavoro subordinato nell’ambito dello sport praticato dai dilettanti.
Com’è noto, la legge n. 91/1981, sia pure con ovvie e marcate deroghe rispetto alla
disciplina della fattispecie tipica della subordinazione 2, si è preoccupata di regolare soltanto il
rapporto di lavoro subordinato (o autonomo) degli sportivi professionisti, trascurando
completamente quello degli atleti non professionisti.
Ora, se questa scelta del legislatore si può capire in relazione alla situazione del dilettante,
per così dire, puro, cioè di colui che pratica lo sport a livello amatoriale o vi si avvicina nel tempo
libero per realizzare un proprio benessere psico-fisico, non è invece comprensibile se si pensa alla
posizione di quegli atleti che, pur non potendosi qualificare come professionisti, in realtà, lo sono di
fatto, in quanto svolgono l’attività sportiva ricevendone in cambio un compenso.
La qualificazione giuridica del rapporto di tali atleti postula però la soluzione di una serie di
complesse questioni che riguardano, tra l’altro, la possibilità di un’interpretazione estensiva o di
un’applicazione in via analogica della legge n. 91/1981, le relazioni tra l’ordinamento statale e
quello sportivo, i margini di operatività delle comuni regole della disciplina lavoristica.
2. La fattispecie concreta
La controversia esaminata dal Tribunale del lavoro di Torino ha ad oggetto l’accertamento
della natura subordinata del rapporto intrattenuto da una calciatrice con l’associazione sportiva per
la quale si era impegnata a fornire le relative prestazioni, con la conseguente richiesta di condanna
del (presunto) datore di lavoro al pagamento delle differenze retributive.
Queste le più significative circostanze di fatto allegate a supporto della domanda:
- l’atleta era tenuta ad osservare le direttive impartite dai responsabili dell’associazione
(presidente ed allenatore);
1
GRASSANI, L’allenatore dilettante non può essere lavoratore subordinato, nota a CdA Venezia, sez. lav., 21.3.2006, n.
173, in Riv. Dir. Econ. Sport, vol. II, fasc. 2, 2006, 35 ss.; FRATTAROLO, Il rapporto di lavoro sportivo, Milano, 2004, 27.
Anche tra gli esperti di diritto sportivo vi è però chi (D’ONOFRIO, Manuale operativo di diritto sportivo. Casistica e
responsabilità, Rimini, 2007, 51 ss.; CROCETTI BERNARDI-DE SILVESTRI-AMATO-MUSUMARRA-MARCHESEFORTE, Il rapporto di lavoro dello sportivo, Forlì, 2007, 60 ss.; CANTAMESSA–RICCIO–SCIANCALEPORE (a cura di),
Lineamenti di diritto sportivo, Milano, 2008, 185 ss.), sia pure con accenti e sfumature diverse, avverte la disparità di
trattamento che si verrebbe a creare tra professionisti e dilettanti se non si ritenesse applicabile a questi ultimi una qualche
forma di tutela tutte le volte in cui la loro prestazione si svolga con le modalità proprie del rapporto di lavoro subordinato.
2
Sulla specialità del rapporto di lavoro sportivo, cfr., per tutti, CARINCI–DE LUCA TAMAJO–TOSI–TREU, Il rapporto
di lavoro subordinato, Torino, 2006, 52-53.
61
NOTE A SENTENZA
L'ostracismo della subordinazione…
- l’associazione, dal canto suo, si era impegnata a corrisponderle un corrispettivo mensile
qualificato come rimborso forfetario;
- la calciatrice era obbligata a partecipare agli allenamenti, distribuiti su cinque giorni a
settimana (dal lunedì al venerdì), nel rispetto di orari predeterminati;
- l’associazione, in un’occasione, le aveva comminato una sanzione.
La difesa della convenuta è affidata, in sostanza, alle seguenti argomentazioni:
- il rapporto di lavoro sportivo (subordinato o autonomo) è disciplinato dalla legge n.
91/1981 che, però, non trova applicazione nei confronti degli atleti non professionisti;
- l’associazione sportiva è iscritta alla Lega Nazionale Dilettanti in conformità a quanto
previsto dall’art. 10 dello Statuto della Federazione Italiana Giuoco Calcio;
- l’art. 29, 1° comma, delle NOIF (Norme Organizzative Interne della FIGC) qualifica come
“non professionisti” “i calciatori che, a seguito di tesseramento, svolgono attività sportiva per
società associate nella L.N.D. compresi quelli di sesso femminile . . .” ed al 2° comma precisa che
“Per tutti i calciatori ‘non professionisti’ è esclusa ogni forma di lavoro, sia autonomo che
subordinato”;
- quest’ultima disposizione è, in sostanza, ribadita dall’art. 94 ter delle NOIF, il cui 1°
comma recita: “Per i calciatori/calciatrici tesserati con società partecipanti ai Campionati
Nazionali della Lega Nazionale Dilettanti, è esclusa, come per tutti i calciatori/calciatrici ‘non
professionisti’, ogni forma di lavoro autonomo o subordinato”;
- la conferma che, nel caso in esame, non si è in presenza di un rapporto di lavoro
subordinato si ricava dall’art. 37 della legge n. 342/2000, laddove è detto che i rimborsi spese ed i
compensi erogati ai dilettanti vanno ricompresi nella categoria dei “redditi diversi”;
- d’altra parte, secondo la circolare dell’INPS n. 32 del 7 febbraio 2001, le somme
corrisposte agli sportivi non professionisti a titolo di rimborso spese e/o di compenso non sono
assoggettabili a contribuzione.
All’esito dell’espletata istruttoria, il Tribunale di Torino ha rigettato il ricorso con la
seguente motivazione: “. . . l’attività resa dalla ricorrente non si configura come prestazione
lavorativa e i vincoli dalla medesima dedotti costituiscono per lo più espressione di regole tecniche
che sono quelle tipiche di una disciplina che accomuna ogni sportivo, non diversamente da quanto
è richiesto in qualunque ambito sportivo . . . La circostanza che la società corrisponda all’atleta un
rimborso spese economicamente apprezzabile non vale a qualificare l’attività sportiva svolta dalla
ricorrente come prestazione lavorativa ben potendo tale erogazione perseguire anche una finalità
62
NOTE A SENTENZA
L'ostracismo della subordinazione…
incentivante per l’impegno profuso; siffatta attività di calciatrice, per quantità, qualità e modalità,
non appare accostabile ad un’attività lavorativa quanto piuttosto a quella di una proficua
realizzazione di un interesse personale, inteso come espressione della personalità del singolo, e
coltivato attraverso la specialità del dedotto rapporto che esula dalla fattispecie del lavoro
subordinato ed altresì da quella del lavoro parasubordinato e/o autonomo”.
Il giudice, per escludere la subordinazione, sembrerebbe aver valutato esclusivamente le
concrete modalità di svolgimento della prestazione, ritenendo che le direttive impartite alla
calciatrice fossero di natura tecnica e non attribuendo alcun rilievo, ai fini qualificatori, alla
corresponsione del rimborso spese, anche se definito “economicamente apprezzabile”. In sostanza,
dalla lettura della sentenza si ricava l’impressione che l’attività della calciatrice sia stata considerata
alla stregua di quella esercitata da un dilettante puro, cioè di colui il quale pratica lo sport per mero
diletto.
Nessuna considerazione, invece, è stata espressa dal tribunale sul percorso argomentativo,
estremamente formalistico, seguito dalla difesa dell’associazione sportiva ed incentrato su di una
presunta inderogabilità e supremazia delle regole stabilite dall’ordinamento sportivo.
3. La qualificazione giuridica della prestazione dello sportivo non professionista
La legge n. 91/1981, come detto, trova applicazione esclusivamente nei confronti degli atleti
che praticano lo sport professionistico e quindi soltanto il loro rapporto di lavoro (autonomo o
subordinato che sia) è oggetto di una specifica e compiuta disciplina.
Per i dilettanti, invece, non esiste un’apposita regolamentazione del rapporto che li lega al
sodalizio sportivo di appartenenza, ma se questa lacuna non crea particolari problemi nell’ipotesi in
cui l’attività sportiva sia esercitata, senza scopo di lucro, per finalità meramente edonistiche o
ricreative – perché ciò attiene al metagiuridico - non altrettanto può dirsi per quegli sportivi ai quali,
benché non professionisti, siano corrisposti dei compensi come corrispettivo della loro prestazione.
La distinzione tra sport professionistico e dilettantistico è rimessa, dall’art. 2 della più volte
citata legge n. 91, alla decisione delle singole federazioni sportive, sulla base dei criteri dettati dal
CONI: attualmente, la più gran parte delle discipline sportive, ivi compreso il calcio femminile,
sono annoverate tra quelle dilettantistiche3, a conferma del fatto che il cosiddetto “professionismo di
3
Ad oggi sono soltanto sei (calcio, ciclismo, golf, motociclismo, pallacanestro e pugilato) gli sport qualificati come
professionistici.
63
NOTE A SENTENZA
L'ostracismo della subordinazione…
fatto” è un fenomeno assai diffuso e di rilevanti dimensioni economiche e, ciononostante, privo di
un’adeguata disciplina giuridica.
Si tratta, allora, di stabilire quale sia la fonte normativa cui fare riferimento per evitare che le
prestazioni rese da quegli atleti che sono dilettanti solo formalmente restino confinate “in una
specie di limbo giuridico o di spazio vuoto di diritto”4.
Occorre, innanzi tutto, verificare se esiste la possibilità di estendere, in qualche modo, anche
ai dilettanti la disciplina contenuta nella legge sul lavoro sportivo.
Due gli strumenti per tentare di conseguire questo risultato: il ricorso all’analogia 5 oppure
l’interpretazione estensiva di quella legge6. Nessuno dei due, però, a ben guardare, si presta ad
essere legittimamente utilizzato: non il primo, perché la legge n. 91/1981 ha introdotto una
normativa speciale del lavoro sportivo, che presenta evidenti elementi di differenziazione rispetto
alla disciplina generale dei rapporti di lavoro e, quindi, ai sensi dell’art. 14 delle preleggi, non è
suscettibile di essere applicata in via analogica; non il secondo, perché altrimenti si finirebbe col
cancellare uno dei fondamentali canoni ermeneutici, espresso nel noto brocardo “ubi lex voluit
dixit, ubi noluit tacuit”.
Non residuando spazi di applicabilità della legge n. 91/1981 7, la qualificazione giuridica del
rapporto di lavoro degli sportivi dilettanti non può che essere effettuata alla stregua delle comuni
regole del diritto del lavoro8.
Pertanto, poiché, com’è noto, ogni attività umana economicamente rilevante può essere
svolta sia in regime di subordinazione che in regime di autonomia 9 – è questo l’incipit con cui
tradizionalmente si aprono le massime giurisprudenziali riguardanti il tema della qualificazione dei
rapporti di lavoro – è di tutta evidenza che, ricorrendo nel caso concreto i tratti distintivi tipici del
4
L’espressione è di BELLAVISTA, Il lavoro sportivo professionistico e l’attività dilettantistica, in Riv. Giur. Lav. Prev.
Sociale, 1997, 525.
5
MERCURI, Sport professionistico (rapporti di lavoro e previdenza sociale), in Noviss. Dig. It., VII, 1987, 513 ss., ha
sostenuto l’applicazione in via analogica della legge n. 91/1981 al rapporto di lavoro degli sportivi dilettanti. ndo
INDRACCOLO, Rapporti e tutele nel dilettantismo sportivo, Napoli, 2008, 163 ss., soltanto “un’interpretazione più
elastica”, che vada cioè al di là del dato letterale, consentirebbe alla legge n. 91/1981 di sottrarsi alle censure di
incostituzionalità per contrasto con l’art. 3 Cost. Lo stesso autore, però, subito dopo, afferma che, non ritenendosi
applicabile ai dilettanti la legge sul lavoro sportivo, allora “non si potrà non tenere conto dei principi generali che
disciplinano il diritto del lavoro”.
6
7
Va ricordato, però, che non è mancato, sia in dottrina (ICHINO, Il lavoro subordinato: definizione e inquadramento (artt.
2094-2095), in Cod. Civ. Comm. Schlesinger, Milano, 1992, 99) che in giurisprudenza (Pret. Busto Arsizio, 12 dicembre
1984, in Giust. Civ., 1985, 2085 ss.), chi ha ritenuto direttamente applicabile tale legge anche nell’ambito dello sport
dilettantistico.
8
E’ questa la tesi prevalente, sostenuta, tra gli altri, da BIANCHI D’URSO-VIDIRI, La nuova disciplina del lavoro
sportivo, in Riv. Dir. Sport., 1982, 9; VALORI, Il diritto nello sport. Principi, soggetti, organizzazione, Torino, 2005, 196197; MARTINELLI, Lavoro autonomo e subordinato nell’attività sportiva dilettantistica, in Riv. Dir. Sport., 1993, 17.
9
Per tutte, Cass., 8 febbraio 2010, n. 2728, in Dir. Prat. Lav., 2010, 33, 1983.
64
NOTE A SENTENZA
L'ostracismo della subordinazione…
lavoro subordinato, l’attività dell’atleta dilettante dovrà essere ricondotta nello schema normativo
dell’art. 2094 c.c. o, in mancanza, in quello dell’art. 2222 c.c..
Questa conclusione, sia pure con i temperamenti derivanti dall’inapplicabilità al lavoro dei
dilettanti di alcune norme giuslavoristiche (ad esempio l’art. 2103 c.c.) in considerazione della
peculiarità della prestazione, ha il pregio, da un lato, di essere coerente con il sistema dei valori
costituzionali (inutile dire che il lavoro ha diversi referenti normativi nella Carta fondamentale) e,
dall’altro, di essere pienamente rispettosa dell’attuale assetto normativo.
A questo punto bisogna chiedersi se, ed in quale misura, le disposizioni delle Carte federali
(e segnatamente, nel caso esaminato dal Tribunale di Torino, gli artt. 29 e 94 ter delle NOIF)
possano inficiare la tesi poc’anzi espressa.
Non è certo questa la sede per passare in rassegna (e prendere posizione su) le varie teorie
elaborate in tema di rapporti tra ordinamenti giuridici diversi e, tuttavia, qui va sottolineato che,
rispetto all’ordinamento sportivo che, per sua natura, è settoriale, quello statale è generale, sicché
quest’ultimo, nelle materie che non rientrano nella esclusiva competenza del primo, in caso di
antinomia, è destinato a prevalere sempre e comunque.
Se questo è vero, ne deriva che l’ordinamento giuridico sportivo non è impermeabile ai
principi generali ed alle norme inderogabili dell’ordinamento statale, non potendo essere concepito
come avulso dal mondo che lo circonda.
La relazione che intercorre realmente tra i predetti ordinamenti è stata chiarita anche dal
legislatore che, con la legge n. 280/2003 (artt. 1 e 2), pur riconoscendo l’autonomia
dell’ordinamento sportivo, nel contempo, la circoscrive ad alcune e ben individuate materie, sì da
non precludere l’intervento dello Stato in relazione a tutte le situazioni giuridiche soggettive che
abbiano “rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica”. In altri termini, l’ordinamento
giuridico sportivo, in quanto settoriale, non può che operare nel rispetto della supremazia
dell’ordinamento statale.
Fatta questa necessaria premessa, è allora fuor di dubbio che disposizioni come quelle di cui
agli artt. 29 e 94 ter delle NOIF – secondo cui, nell’ambito dello sport dilettantistico, non è
configurabile alcuna forma di lavoro – sono palesemente contrarie ai principi di rango
costituzionale (e non solo) in tema di lavoro e quindi esse non possono costituire una seria e valida
argomentazione per confutare la tesi dell’applicabilità delle norme di diritto comune alla
prestazione lavorativa degli atleti dilettanti.
65
NOTE A SENTENZA
L'ostracismo della subordinazione…
Sul punto, non può essere affatto condivisa l’opinione di chi - senza alcuna plausibile
motivazione giuridica, ed anzi con considerazioni assai singolari (quali, ad esempio, la necessità che
le associazioni sportive dilettantistiche non siano gravate da oneri impositivi e contribuivi) - tenta di
fortificare
l’autonomia della “cittadella” dell’ordinamento sportivo, ritenendo addirittura un
“affronto” l’incursione del giudice statale in tale ordinamento e sostenendo comunque che le Carte
federali dovrebbero essere fatte salve10. Così opinando, infatti, si perverrebbe all’assurda ed
inaccettabile conseguenza di affermare il dogma della superiorità e dell’intangibilità delle norme
federali.
Ma l’erroneità della teoria che vorrebbe legittimare, e rendere quindi applicabili, siffatte
disposizioni federali, a dispetto dei principi generali del diritto del lavoro, è ancora più manifesta
alla luce delle pronunzie con cui la Corte costituzionale ha sancito il principio di indisponibilità ex
lege del tipo contrattuale, in virtù del quale non è consentito neppure al legislatore “negare la
qualificazione giuridica di rapporti di lavoro subordinato a rapporti che oggettivamente abbiano
tale natura, ove da ciò derivi l’inapplicabilità delle norme inderogabili previste dall’ordinamento
per dare attuazione ai principi, alle garanzie e ai diritti dettati dalla Costituzione a tutela del
lavoro subordinato”11.
Sarebbe allora a dir poco paradossale sostenere che, ciò che è precluso al potere legislativo,
sia invece consentito alla potestà normativa del Consiglio Federale della FIGC12!
D’altra parte, l’idea che una prestazione che presenti le caratteristiche proprie dell’attività
lavorativa subordinata (o autonoma) non sia considerata e qualificata come tale solo perché resa in
un determinato contesto (il dilettantismo sportivo) è stata da sempre osteggiata anche in ambito
comunitario. In particolare, la Corte di Giustizia, sulla questione della configurabilità di un rapporto
di lavoro, ha affermato che, in sede interpretativa, deve prevalere il criterio del favor rispetto a
quello restrittivo13; sulla nozione di dilettante, ha stabilito che non può essere così definito lo
sportivo cui vengano corrisposte indennità superiori all’importo delle spese concretamente
10
GRASSANI, op. cit., 50 ss., a dire del quale, “Se esiste . . . una normativa federale, va da sé che essa non può essere
posta nel nulla e, di fatto, abrogata senza che, per converso, se ne esplicitino le ragioni giuridiche ”. Secondo tale autore,
peraltro, il contrasto della suddetta normativa federale con le norme, di rango primario, dettate dall’ordinamento statale in
materia di lavoro non è ritenuta una valida ragione giuridica giustificatrice della sua mancata applicazione.
Sull’inapplicabilità della normativa giuslavoristica allo sport dilettantistico, cfr., altresì, GUARINO, L’attività sportiva, in
AA.VV., Il diritto dello sport (a cura di IZZO, MERONE e TORTORA), in Giur. Sist. Civ. Comm., Torino, 2007, 101 ss.
11
Corte cost., 29 marzo 1993, n. 121, in Foro It., 1993, I, 2432. Tale principio è stato poi ribadito da Corte cost., 31 marzo
1994, n. 115, ivi, 1994, I, 2656, e da Corte cost., 19 luglio 2000, n. 306, in Giur. Cost., 2000, 2323.
12
Ai sensi dell’art. 27, 2° comma, dello Statuto della Federazione Italiana Giuoco Calcio, il Consiglio Federale, tra l’altro,
emana le norme organizzative interne.
13
Corte Giust., 12 dicembre 1974, causa 36/74, in Foro It., IV, 81.
66
NOTE A SENTENZA
L'ostracismo della subordinazione…
sostenute per l’esercizio della sua attività 14; sulle qualificazioni formali operate dagli organismi
sportivi nazionali, ha precisato che l’avere la federazione di appartenenza qualificato un atleta come
dilettante non è di per sé sufficiente ad escludere lo svolgimento, da parte dello stesso, di un’attività
economica15 (e, quindi, lavorativa).
Insomma, in assenza di una disciplina ad hoc per gli sportivi non professionisti, non v’è
alcuna valida ragione per negare ad essi, se e quando ricorrono gli estremi del rapporto di lavoro
subordinato, la relativa normativa protettiva.
4. Conclusioni
Lo sforzo degli interpreti deve essere diretto ad evitare che lo sport dilettantistico, allorché
venga praticato non per il puro piacere di farlo, ma nell’ambito di una relazione giuridica che
presenti i tratti fisionomici tipici della subordinazione, resti ingiustificatamente privo delle tutele e
delle garanzie apprestate dal diritto del lavoro.
De iure condito, dunque, la tutela degli atleti non professionisti resta affidata alle cure della
giurisprudenza più avveduta che, analizzando di volta in volta le singole fattispecie concrete, non
potrà non ricondurre nell’alveo della subordinazione anche le prestazioni degli sportivi dilettanti,
qualora le concrete modalità di effettiva esecuzione del rapporto - escludendo una causa implicante,
per dirla con il Tribunale di Torino, l’“interesse personale . . . (alla) espressione della personalità
del singolo” - rimandino inequivocabilmente al tipo delineato dall’art. 2094 c.c. E non è escluso poi
che un rinnovato contesto giurisprudenziale – più sensibile a valutare le esigenze di tutela
giuslavoristica provenienti dal mondo dello sport dilettantistico e più incline ad accoglierne le
istanze – contribuisca a scuotere l’inerzia del legislatore, spingendolo finalmente ad intervenire per
colmare il divario di disciplina esistente tra (lavoratori) professionisti e dilettanti.
De iure condendo, è auspicabile che il legislatore torni presto sui suoi passi e provveda ad
allargare le maglie delle norme sul lavoro nello sport fino a farvi rientrare quanto meno il fenomeno
del professionismo di fatto, riscontrabile ai più diversi livelli della pratica sportiva, sanando così
una frattura che, per essere assolutamente irragionevole, è fonte di innegabili discriminazioni.
14
E’ questo uno dei principi espressi nell’ormai famosissima sentenza Bosman (Corte Giust., 15 dicembre 1995, causa
415/93, in Giust. Civ., 1996, I, 601 ss.).
15
Corte Giust., 11 aprile 2000, cause riunite 51/96 e 191/97, in Rep. Foro It., 2000, voce Unione Europea e Consiglio
d’Europa, 911.
67
NOTE A SENTENZA
L'ostracismo della subordinazione…
Quanto all’ordinamento sportivo, sarebbe opportuno che si astenesse dal dettare regole
(come, ad esempio, le disposizioni che escludono aprioristicamente la possibilità di configurare
qualsivoglia rapporto di lavoro) che si pongono in aperto contrasto con i principi, le tutele ed i diritti
che, secondo le norme costituzionali e di legge ordinaria, sono sottesi alle molteplici forme in cui
può esplicarsi il lavoro dell’uomo.
Quelle regole, peraltro, poiché sono destinate a soccombere di fronte all’indiscutibile,
necessaria supremazia dell’ordinamento statale, lungi dal creare, nella materia in esame, un argine
all’applicazione della normativa lavoristica, come forse era nell’intenzione di chi le ha scritte,
finiscono coll’ingenerare solo confusione, alimentando conflitti, tanto inutili quanto dannosi, tra i
due ordinamenti.
(*) Dottore di ricerca in diritto del lavoro europeo – Università di Napoli.
Avvocato specializzato in diritto del lavoro
68
NOTE A SENTENZA
Il regolamento illegittimo…
Tar Lazio, sez. III ter, 11 novembre 2010, n. 5363
(Pres. Daniele, Rel. Ferrari)
FATTO
1. Con ricorso notificato in data 7 giugno 2010 e depositato il successivo 14 giugno la I.F.A. International Football Agency di Giuseppe B. & C. s.a.s. ha impugnato il Regolamento degli agenti
calciatori della Federazione Italiana Giuoco Calcio, pubblicato con Comunicato Ufficiale della
Federazione Italiana Giuoco Calcio n. 100/A dell’8 aprile 2010, nella parte in cui stabilisce
limitazioni allo svolgimento dell’attività degli agenti di calciatori e delle Società di agenti (art. 4,
comma 2, lett. d e f).
Espone, in fatto, che il sig. B. è un agente di calciatori ed è accomandatario della ricorrente
I.F.A., della quale è socio accomandante, tra gli altri, il dott. M. B., figlio dell’accomandatario.
L’attività dell’agente dei calciatori è disciplinata dal relativo regolamento della Federazione
Italiana Giuoco Calcio, il cui testo vigente è stato adottato dalla F.I.G.C. con il provvedimento
impugnato. Di detto Regolamento si contesta la legittimità dell’art. 4, secondo comma, lett. d ed f,
nella parte in cui stabilisce le condizioni a cui è subordinata la facoltà degli agenti di organizzare la
propria attività imprenditoriale attribuendo ad una società, costituita ai sensi della legislazioni
civilistica vigente, i diritti economici derivanti dagli incarichi ricevuti.
Illegittimamente è previsto che gli agenti possono costituire una società solo a condizione che:
a) il numero di agenti soci non sia superiore a cinque (art. 4, secondo comma, lett. d); b) nessuno
dei soci sia legato da rapporto di coniugio, di parentela o di affinità fino al secondo grado, con
agenti non soci o con soggetti comunque aventi un‘influenza rilevante su società di calcio italiane o
estere (art. 4, secondo comma, lett. f).
L’attività di agente di calciatori può essere esercitata solo da persone fisiche, a fronte della
previsione dell’art. 4, secondo comma, primo inciso, secondo cui “l’attività di agente può essere
effettuata solo da persone fisiche che abbiano ottenuto la Licenza”.
Ciò non toglie che gli agenti possono organizzarsi in forma di società, a cui attribuire i diritti
economici dei soci, consentendo loro di sostenere un’organizzazione più complessa, diverse
economie di scala, con conseguente riduzione dei costi e massimizzazione dell’efficienza, a tutto
beneficio proprio e dei propri clienti.
69
NOTE A SENTENZA
Il regolamento illegittimo…
L’applicazione delle norme impugnate costringe la ricorrente a cambiare la compagine
sociale, con pregiudizio dei rapporti tra gli attuali agenti che ne fanno parte e con grave
depauperamento del patrimonio di esperienza e imprenditorialità che la caratterizza.
2. Avverso il predetto provvedimento, nei limiti dell’interesse, la ricorrente è insorta
deducendo:
a) Eccesso di potere per violazione dei principi di ragionevolezza, proporzionalità,
adeguatezza, parità di trattamento, eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità manifesta –
Violazione e falsa applicazione art. 18 Cost. – Violazione e falsa applicazione art. 41 Cost. –
Violazione e falsa applicazione art. 15 D.L.vo n. 242 del 1999 – Violazione e falsa applicazione artt.
49-55 e 81 del Trattato Istitutivo della Comunità Europea Eccesso di potere per violazione dei
principi di concorrenza e libertà di iniziativa economica.
L’art. 4, secondo comma, lett. d), del Regolamento, nella parte in cui limita a cinque il numero
massimo di agenti di calciatori che possono essere soci della stessa società. Detta limitazione è
illogica ed ingiustificata. La società tra agenti, infatti, non si sostituisce al singolo agente nello
svolgimento dell’attività, che rimane personale, né incide sul rapporto di fiducia tra cliente ed
agente. Detta disposizione viola anche l’art. 18 Cost., che tutela la libertà di associazione, nonché
l’art. 41 Cost., che garantisce la libertà di iniziativa economica.
b) Eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità manifesta, violazione del principio di
proporzionalità, disparità di trattamento – Violazione e falsa applicazione artt. 18 e 41 Cost. –
Violazione e falsa applicazione artt. 49-55 e 81 del Trattato CE nonché dei principi di libera
circolazione dei servizi e di concorrenza.
L’art. 4, secondo comma, lett. f, del regolamento, che esclude che i soci possano essere legati
da rapporti di coniugio, parentela o affinità fino al secondo grado con agenti non soci o con soggetti
comunque aventi un’influenza rilevante su società di calcio italiane o estere, è illogica ed
ingiustificata.
3. Si è costituita in giudizio la Federazione Italiana Giuoco Calcio, F.I.G.C., che ha sostenuto
l’infondatezza del ricorso.
4. Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.) non si è costituito in giudizio.
5. Il sig. Guglielmo Gabetto non si è costituito in giudizio.
6. Con memorie depositate alla vigilia dell’udienza di discussione le parti costituite hanno
ribadito le rispettive tesi difensive.
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NOTE A SENTENZA
Il regolamento illegittimo…
7. Alla Camera di consiglio dell’1 luglio 2010, sull’accordo delle parti, l’esame dell’istanza di
sospensione cautelare è stato abbinato al merito.
8. All’udienza del 4 novembre 2010 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Come si è detto in narrativa la resistente F.I.G.C., nel costituirsi in giudizio, ha eccepito
l’inammissibilità del ricorso sotto diversi profili, che vanno singolarmente esaminati e definiti.
2. Si sostiene che la ricorrente Associazione non sarebbe legittimata ad impugnare il nuovo
regolamento per la disciplina della professione di agente di calciatori non potendosi escludere che la
posizione da essa assunta risulti contraria agli interessi di alcuni suoi iscritti.
L’eccezione deve essere disattesa. In punto di fatto è agevole opporre che viene prospettata
una mera eventualità non sorretta neppure da un minimo di prova.
Ma è assorbente la considerazione, questa volta in punto di diritto, che l’interesse che
l’Associazione coltiva è quello di garantire a tutti gli agenti la possibilità di scegliere liberamente
fra l’esercizio individuale o in forma societaria della professione, senza che l’opzione per la
seconda soluzione vada incontro a limitazioni prive di giustificazioni e in contrasto con principi di
diritto. Si tratta di un interesse innegabilmente riferibile all’intera categoria, che l’Associazione
legittimamente difende anche se dalla sua iniziativa, ove ritenuta meritevole di tutela dal giudice
adito, potrebbe derivare un pregiudizio per i pochi ai quali il nuovo regolamento continua
sostanzialmente a conservare la posizione di privilegio ad essi garantita da quello precedente.
3. Si sostiene ancora che il ricorso sarebbe inammissibile perché proposto avverso un
regolamento, le cui prescrizioni assumono carattere di lesività solo a seguito dell’adozione di
successivi provvedimenti che di esse facciano applicazione nei confronti dei singoli destinatari.
Anche questa eccezione deve essere disattesa in quanto le prescrizioni regolamentari, di cui i
ricorrenti si dolgono e di cui chiedono l’annullamento, sono immediatamente lesive.
Ed invero, quando si prescrive che in ogni società il numero degli agenti soci non può essere
superiore a cinque (art. 4, comma 2, lett. d, del regolamento) e che non può assumere la qualità di
socio l’agente che sia legato da un rapporto di coniugio, di parentela o affinità fino al secondo grado
con un agente non socio (art. 4, comma 2, lett. f) del regolamento), senza che siano fatte salve
situazioni pregresse contrastanti con il “nuovo” codificato, è evidente che si dettano regole di
condotta di immediata applicazione, che comportano un obbligo conformativo implicante la
71
NOTE A SENTENZA
Il regolamento illegittimo…
subitanea revisione degli assetti societari in atto, e alle quali gli unici provvedimenti che possono
ragionevolmente seguire sono quelli sanzionatori per riscontrata inadempienza.
4. Nient’affatto condivisibile è l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto
d’interesse, dedotta sotto il duplice profilo che, per quanto attiene agli assetti societari, il nuovo
regolamento, elevando il numero dei soci della stessa società da tre a cinque, realizzerebbe una
situazione di vantaggio rispetto al pregresso che i ricorrenti avrebbero interesse a conservare,
laddove l’eventuale annullamento del nuovo regolamento comporterebbe la reviviscenza della
disciplina precedente.
Per quanto attiene al primo profilo è agevole osservare che le censure, che la ricorrente
deduce, non investono il dato numerico dei soci, così come quantificato dal regolamento precedente
e da quello attuale, ma l’illegittimità dell’introduzione del criterio numerico in quanto incompatibile
con la libertà di associazione e di iniziativa economica costituzionalmente garantita.
Di ancora minore spessore è l’affermazione della resistente F.I.G.C. secondo cui l’eventuale
annullamento, iussu judicis, delle prescrizioni regolamentari impugnate, ridarebbe vita alla meno
vantaggiosa normativa precedente.
E’ agevole opporre che il “nuovo” presuppone sempre un giudizio di disvalore del
“pregresso” da parte dell’Autorità emanante, che la ricorrente condivide appieno e che non intende
affatto mettere in discussione, a meno che il suo dichiarato interesse non sia quello di recuperarlo in
ragione del vantaggio che i suoi iscritti dallo stesso ricevevano e che assume essere stato ad essi
illegittimamente sottratto.
Ma, per le ragioni innanzi esposte, non è questa la situazione che ricorre nel caso in esame,
atteso che l’obiettivo al quale la ricorrente associazione tende è che ai suoi iscritti sia garantita la
possibilità di fruire, in sede di determinazione dell’assetto societario, della stessa libertà di azione di
cui fruisce ogni altra associazione professionale, libera di dare alla struttura societaria le dimensioni
più confacenti agli obiettivi perseguiti, alle opportunità che offre il mercato nel quale opera, alle
potenziali economiche di cui dispone, alla propria capacità organizzativa.
5. Da ultimo deve essere disattesa l’eccezione dedotta dalla F.I.G.C. secondo la quale il
ricorso sarebbe inammissibile perché volto a contestare valutazioni espressive della discrezionalità
tecnica di cui essa dispone nella materia de qua.
Anche in questo caso è agevole opporre che la discrezionalità, alla quale la resistente si
richiama, ricorre quando l’Amministrazione, in sede di adozione di un provvedimento, non è
chiamata ad effettuare una scelta di opportunità (Cons. Stato, sez. VI, 24 aprile 2009 n. 2537), ma è
72
NOTE A SENTENZA
Il regolamento illegittimo…
tenuta ad adottare regole “tecniche”, cioè dettate dalla scienza, ed a scegliere nell’ambito di una
pluralità di soluzioni “tecniche”, tutte opinabili, che essa offre, sicchè la libertà di cui dispone è
limitata alla scelta fra le stesse.
Si tratta, con evidenza, di situazione non ricorrente nel caso in esame atteso che dagli atti di
causa non emergono regole tecniche che la F.I.G.C. sarebbe stata costretta ad applicare né le
richiama nei suoi scritti difensivi, sicchè il riferimento alla discrezionalità tecnica di cui essa
disporrebbe nel suo operare è un mero espediente per sottrarsi al sindacato giurisdizionale.
Comunque, quand’anche fosse esatta la premessa dalla quale la resistente parte nel suo
argomentare, l’eccezione sarebbe egualmente da disattendere atteso che costituisce principio da
tempo acquisito nella giurisprudenza del giudice amministrativo che anche le valutazioni di
carattere tecnico sono soggette al sindacato giurisdizionale allorché le scelte, di cui si è detto, sono
prive di qualsiasi supporto logico, indimostrate, arbitrarie e illegittimamente invasive di spazi che
l’ordinamento generale riserva ad altro soggetto.
6. Alcune precisazioni, in punto di diritto, appaiono necessarie prima di affrontare il merito
del ricorso.
L’agente di calciatori non è affiliato né è legato da alcun rapporto associativo o di altra natura
alla F.I.G.C. ma, come dichiarato anche dall’art. 1 del Regolamento della suddetta Federazione, è un
libero professionista che, avendo ricevuto, a titolo oneroso, l’incarico, cura e promuove i rapporti
fra un calciatore e una società in vista della stipula di un contratto di prestazione sportiva ovvero fra
due società per la conclusione del trasferimento o la cessione del contratto di un calciatore. Svolge
quindi un’attività inquadrabile nella prestazione d’opera professionale (art. 2229 cod. civ.), che ha
come presupposto l’avvenuto rilascio di un mandato senza rappresentanza e come oggetto
un’obbligazione di mezzi, e non di risultato.
Non è affiliato né tesserato né legato da alcun rapporto associativo o di altra natura alla
F.I.G.C. (art. 1, comma 2, del regolamento), ma svolge un’attività che il giudice comunitario (Corte
giust. CE, ord. 23 febbraio 2006; Trib. di prima istanza 26 gennaio 2005) ha definito solo
“periferica all’attività sportiva, e non peculiare al mondo dello sport”, come tale soggetta non solo
alla disciplina civilistica dettata dall’ordinamento dello Stato di appartenenza per le prestazioni
d’opera intellettuale, ma anche a quella comunitaria e nazionale in tema di concorrenza e di
antitrust.
Segue da ciò il diritto dell’agente al rispetto delle libertà civili ed economiche riconosciute ad
ogni operatore e, quindi, anche delle sue libere scelte in ordine allo svolgimento della propria
73
NOTE A SENTENZA
Il regolamento illegittimo…
attività a titolo individuale o in forma associativa, nella stessa misura in cui le stesse sono
riconosciute ad ogni altra associazione professionale e ai suoi componenti, e senza limiti e
condizioni che si pongano in irragionevole contrasto con i principi innanzi richiamati di libertà di
concorrenza, di iniziativa economica e di associazione.
Sulla necessità di assicurare anche all’agente di calciatori tutti i diritti di cui fruiscono i
medesimi operatori in ambito comunitario è intervenuta l’Autorità garante della concorrenza e del
mercato (Delibera IC27 del 21 dicembre 2008) la quale, a conclusione di una ampia ed articolata
indagine conoscitiva, avente ad oggetto il “settore del calcio professionistico”, ha individuato le
parti del pregresso regolamento da rivedere perché invasive di competenze riservate al legislatore
nazionale e limitative dei diritti che questo riconosce ad ogni prestatore d’opera intellettuale.
7. Ciò premesso, è fondata la censura proposta avverso l’art. 4, comma 2, lett. d) del
Regolamento, nella parte in cui limita a cinque il numero massimo di agenti che possono assumere
la qualità di soci nella stessa società, atteso che (come insegna la normativa in tema di accesso ai
corsi universitari di medicina e chirurgia) il ricorso al criterio del “numero chiuso” per l’esercizio di
determinate professioni può considerasi legittimo solo se imposto da una specifica legge e in
presenza di un mercato ormai saturo, quindi al fine di evitare che l’accesso di nuovi operatori possa
determinare distorsioni alla libera concorrenza.
Questa situazione certamente non ricorre nel caso in esame, atteso che uno degli obiettivi
perseguiti dal nuovo regolamento è quello di contrastare le posizioni oligarchiche presenti nel
mercato e di assicurare l’accesso allo stesso a chiunque sia in possesso dell’unico titolo a tal fine
richiesto, e cioè la licenza di agente di calciatori conseguibile a seguito del superamento di apposito
esame.
Sotto questo profilo è palese il contrasto dell’impugnata norma regolamentare con i principi di
libera concorrenza predicati dal legislatore comunitario, codificati da quello nazionale e tutelati dal
giudice anche sotto il profilo della libertà di associazione assicurata dall’art. 18 della Carta
costituzionale.
Detta limitazione è inoltre priva di qualsiasi motivazione, e una giustificazione ragionevole
non si ritrova neppure negli scritti difensivi della resistente, sicchè risulta ignota la ragione che ha
indotto la F.I.G.C. a ritenersi autorizzata a contravvenire a regole comunitarie e codicistiche in
ordine alle modalità di svolgimento di una libera professione, quale è quella di agente di calciatori
e, in via subordinata, parimenti sconosciute restano le regole tecniche che sarebbero state applicate
nel quantificare in cinque il numero massimo dei soci della stessa società.
74
NOTE A SENTENZA
Il regolamento illegittimo…
Il silenzio serbato dal provvedimento impugnato sul punto appare ancor più incomprensibile
e, quindi, illegittimo, ove si consideri che il vincolo societario non comporta limiti all’esercizio
autonomo dell’attività professionale da parte del singolo socio, che la svolge sempre a titolo
personale assumendo su di sé la responsabilità del modo in cui il mandato ricevuto è stato svolto,
sulla base di un rapporto con il cliente al quale la società è del tutto estranea e sul quale essa non ha
alcun titolo per interferire.
Si è già detto, infatti, che il ricorso alla formula societaria trova in via generale spiegazione in
esigenze di carattere organizzatorio e di contenimento dei costi di esercizio.
Né, per le ragioni innanzi esposte, può essere consentito alla resistente Federazione di
difendere la legittimità del proprio operato facendo richiamo alla discrezionalità tecnica di cui essa
disporrebbe nella materia de qua e che la porrebbe al riparo dal sindacato giurisdizionale.
La discrezionalità, sia amministrativa che tecnica, anche se comporta libertà di scelta, non
esonera infatti l’Autorità emanante dall’obbligo del clare loqui, cioè dal chiarire le ragioni per le
quali ha optato per una soluzione pur avendo la possibilità di determinarsi in altro modo, trattandosi
di adempimento al quale è condizionato, fra l’altro, il potere-dovere di verificare, su istanza del
soggetto leso, se sono stati superati i limiti entro i quali è tenuto ad esercitare il suo sindacato.
8. Parimenti fondata, sotto un duplice profilo, è la censura dedotta nei confronti dello stesso
art. 4, comma 2, ma lett. f, nella parte in cui esclude che possa essere socio di una società la persona
fisica che risulti legata da un rapporto di coniugio, parentela o affinità fino al secondo grado “con
agenti non soci”, con conseguente divieto per il soggetto che abbia detto rapporto con altro agente
che ha optato per l’esercizio a titolo individuale.
Si tratta di limite di cui è taciuta la ratio sottostante, che non spiega perché esso si riferisce
solo agli agenti non soci e non anche a quelli che sono soci anche di altra società, che introduce un
divieto assolutamente immotivato e sconosciuto nel nostro ordinamento e in quello comunitario per
ogni altra associazione di professionisti e che si traduce in un’ingiusta, irragionevole penalizzazione
per l’agente che abbia un congiunto che ha liberamente scelto di esercitare la medesima professione
in forma individuale.
Se la ragione del divieto fosse individuabile nell’esigenza di evitare situazioni di
incompatibilità, ma si tratta di mera supposizione non sorretta da alcun elemento testuale o logico,
la censura sarebbe egualmente fondata atteso che le situazioni di incompatibilità con l’esercizio
dell’attività di agente, eventualmente derivante dai succitati rapporti di coniugio, parentela e affinità
entro il secondo grado, sono compiutamente disciplinate dall’art. 11 del regolamento, che per queste
75
NOTE A SENTENZA
Il regolamento illegittimo…
situazioni prevede l’applicazione delle sanzioni di cui al successivo art. 25, cioè misure disciplinari
che trovano il loro presupposto logico in un legame societario in atto, che a seconda della gravità
dell’infrazione accertata può portare anche alla revoca della licenza ma che, in mancanza di
un’espressa previsione regolamentare, non può da solo incidere sul legame societario.
In effetti nello stesso senso aveva già concluso l’Autorità garante della concorrenza e del
mercato che nella delibera innanzi citata aveva affermato che “le restrizioni alla concorrenza fra
agenti derivanti dall’esistenza di legami di parentela con soggetti operanti nel mondo del calcio ….
dovrebbero essere risolti sulla falsariga delle previsioni del regolamento in tema di incompatibilità”.
Né può essere seguita la resistente F.I.G.C. allorché, a difesa del proprio operato e in assenza
di altre giustificazioni, fa richiamo all’autonomia dell’ordinamento sportivo, atteso che anche
questo è tenuto al rispetto dei principi comunitari e nazionali in materia di concorrenza.
La causa del divieto resta pertanto priva di qualsiasi giustificazione.
9. Segue da ciò che il ricorso deve essere integralmente accolto
La novità e la complessità delle questioni oggetto della controversia giustificano la
compensazione delle spese e degli onorari del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per
l’effetto, annulla l’art. 4, comma 2, lett. d e f dell’impugnato regolamento.
Compensa integralmente tra le parti in causa le spese e gli onorari del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 novembre 2010
Depositata in segreteria l’11/11/2010
76
NOTE A SENTENZA
Il regolamento illegittimo…
IL REGOLAMENTO ILLEGITTIMO
NOTA
A
TAR LAZIO, SEZ III TER, DEL 11/11/2010, N.5363
di Andrea Petretto (*)
La sentenza in commento riguarda la decisione adottata dal Tribunale Amministrativo del
Lazio in ordine all’impugnativa esercitata da una Società di agenti calciatori (la I.F.A. –
International Football Agency di Giuseppe B. & C, breviter I.F.A.) relativamente al nuovo
Regolamento degli stessi attuato dalla F.i.g.c. con Comunicato Ufficiali n. 100/A, e, in particolar
modo, alle lettere d) ed f) del secondo comma dell’art. 4 in base alle quali venivano poste esplicite
limitazioni allo svolgimento dell’attività degli agenti di calciatori e alla possibilità degli stessi di
organizzare detta attività in maniera imprenditoriale attribuendo ad una società i diritti economici
derivanti dagli incarichi ricevuti.
Con il ricorso così proposto la I.F.A. mirava a far dichiarare illegittimo tale punto normativo
in base al quale il numero degli agenti soci non doveva essere superiore a cinque (art. 4, secondo
comma, lettera d) e come nessuno di questi dovesse essere legato da un vincolo di parentela,
coniugio o affinità entro il secondo grado con agenti non soci o con soggetti comunque aventi
un’influenza rilevante su società di calcio italiane o estere (art. 4, secondo comma, lettera f),
unitamente alla predetta limitazione posta alla facoltà degli agenti di organizzare la propria attività
in modo imprenditoriale preferendo una struttura societaria ai fini dell’espletamento della stessa.
Il Collegio giudicante si è espresso sin da subito in maniera chiara e precisa a riguardo e
definendo in modo altrettanto esplicito le motivazioni che hanno portato all’accoglimento del
sotteso ricorso e alla conseguente censura del regolamento così impugnato.
Con detta regolamentazione, infatti, la F.I.G.C. limitava sostanzialmente la possibilità di
espletare un’attività professionale secondo quanto statuito dai normali criteri normativi ed
associativi del nostro ordinamento, in modo tanto più contrario se si considera quanto precisato
dallo stesso Collegio, ossia che l’agente di calciatori non è un soggetto affiliato né legato da alcun
rapporto associativo o di altra natura alla F.I.G.C..
77
NOTE A SENTENZA
Il regolamento illegittimo…
Di tal guisa, dunque, detto incarico rientra nel novero delle libere professioni, inquadrabile, in
particolare, in quello che la disciplina civilistica sancisce essere una prestazione d’opera
professionale secondo l’art. 2229 del Cod. Civ..
Procedendo con ordine si devono evidenziare i motivi di censura adottati dal Collegio nei
confronti delle eccezioni rivolte dalla difesa di parte resistente.
Quest’ultima, invero, riterrebbe inammissibile un ricorso proposto avverso un regolamento
che di fatto, e in genere, non adotta prescrizioni lesive in sé, ma solo conseguentemente
all’adozione di provvedimenti derivanti dall’applicazione delle medesime.
Ebbene, il Collegio va oltre detta eccezione, che in prima istanza potrebbe trovare
fondamento, analizzando accuratamente il contenuto della norma regolamentare così impugnata
avvertendo e notando subito come, invece, la stessa sia di per sé lesiva e, pertanto, da disattendere.
Invero, il limitare ad un determinato numero la compagine sociale di una qualsiasi
associazione professionale, come è da intendere quella di agenti calciatori, oltre all’ulteriore
limitazione derivante dall’impossibilità di assumere tale qualità chi sia legato da un rapporto di
parentela, affinità e/o coniugio, sono circostanze che dettano regole di condotta di immediata
applicazione influenti sulla possibilità di partecipare alla stessa società determinando così
un’immediata lesività alla sfera dei diritti anche costituzionalmente garantiti.
Apprezzabile, a tal proposito, la presa di nota da parte del giudice amministrativo
dell’eventuale adozione del più volte discusso e trattato criterio del “numero chiuso”, da ritenersi
legittimo solo qualora venga disposto ed imposto da una specifica legge in considerazione della
presenza di un mercato ormai saturo e al solo fine di evitare una distorsione della libera
concorrenza.
Rimane, altresì, degno di rilevanza l’esame scrupoloso di ciò che sin da subito appare
palesemente non sussistere e in contrasto con le stesse regole di libero mercato e di concorrenza
appena richiamate e dettate dal legislatore comunitario e inevitabilmente recepiti dal sistema
normativo italiano anche, e soprattutto, nella Carta costituzionale all’art. 18.
Curiosa, dunque, appare tale lapalissiana discrasia tra quanto regolamentato dalla federazione,
che nemmeno nei propri scritti difensivi riesce ad offrire un’adeguata giustificazione a tale
contravvenzione, e quanto chiaramente disposto e di certa applicazione dalla normativa comunitaria
e nazionale in merito.
Al contempo, però, proprio tale incongruenza tra quanto adottato dalla federazione, poi,
inevitabilmente, censurato dal giudice amministrativo, risulta interessante.
78
NOTE A SENTENZA
Il regolamento illegittimo…
A tal proposito, sembra inevitabile richiamare, prendendo spunto anche dalla difesa di parte
resistente, l’ormai annosa disputa tra l’ordinamento sportivo e ordinamento statale, che, nel caso di
specie, non ha ragion d’essere risolvendosi in maniera assorbente da quanto ricordato a chiare
lettere dal Collegio giudicante secondo cui la figura dell’agente dei calciatori deve necessariamente
essere considerata solamente come “[…] una figura periferica e non peculiare dl mondo dello sport
” da sottoporre alla normativa ordinaria statale nonché comunitaria.
L’agente dei calciatori, infatti, non è in alcun modo legato alla F.I.G.C. non essendo né un
tesserato, né un affiliato e non persistendo alcun vincolo associativo con la stessa, se non de relato,
rientrando, così, nel novero delle libere professioni il cui accesso, però, è garantito e sottoposto al
superamento di un apposito esame.
Tale figura professionale è, dunque, soggetta solo alla disciplina civilistica nazionale e
comunitaria e, quindi, limitata solamente da quanto stabilito dalle stesse.
A questo proposito sorgono una serie di riflessioni e questioni che conducono al di là di
quanto trattato dal giudice amministrativo e dal prodromico ricorso, conducendo più ad una attenta
valutazione di ciò che accade nella prassi rispetto alla fase regolamentare e/o normativa.
In tale ambito e in dette circostanze, probabilmente, si potrebbe ritrovare anche la ragione
“giustificatrice” della limitazione illegittima posta dalla federazione calcistica e che l’organo
giudicante non ha potuto, come ampiamente motivato dallo stesso, rilevare e censurare.
Interessante, a parere dello scrivente, infatti, risulta ciò che presumibilmente avrebbe condotto
ad adottare un simile regolamento da ricercarsi nella prassi ove potrebbe essere, altresì, possibile
trovare una parziale giustificazione dell’adozione di detta disposizione regolamentare.
Come sopra accennato, l’accesso alla sottesa professione è subordinata al superamento di un
apposito esame, cui deve unirsi non tanto, o quanto meno non solo e nemmeno in maniera
preponderante, una specifica competenza tecnica professionale, ma anche, e soprattutto, una serie di
conoscenze personali in detto ambito.
Ebbene, quanto appena brevemente descritto pur rientrando in una sorte di normalità ai fini
dell’espletamento di detta professione ha notoriamente portato ad una serie di connivenze e
degenerazioni che hanno condotto a taluni scandali giornalistici e giudiziari (su tutti si veda
“Calciopoli”).
Se, dunque, fosse stata intenzione della federazione limitare o addirittura evitare il ripetersi di
tali situazioni, appare addirittura apprezzabile il suddetto tentativo, che, però, non sembra essere il
modo possibile e attuabile al fine di giungere a detto supposto obiettivo non essendo ovviamente in
79
NOTE A SENTENZA
Il regolamento illegittimo…
alcun modo sanzionabile e/o censurabile ciò che comunque in parte rientra nella sfera di attuazione
della stessa professione.
A modesto parere dello scrivente, piuttosto, ci si dovrebbe interrogare, ad esempio, sulla
necessità di aver istituito una tale figura professionale la cui attività essenziale, come ben
evidenziato nella stessa motivazione del giudice amministrativo chiamato a pronunciarsi in merito,
è inquadrabile in quella particolare prestazione d’opera professionale sancita e delineata dall’art.
2229 del Cod. Civ..
L’agente dei calciatori, infatti, altro non è che un libero professionista che “[…] avendo
ricevuto, a titolo oneroso, l’incarico, cura e promuove i rapporti fra un calciatore ed una società in
vista della stipula di un contratto di prestazione sportiva ovvero tra due società per la conclusione
del trasferimento o cessione del contratto di un calciatore […]”.
A parte, quindi, il particolare ambito in cui trova esplicazione detta professione e detto
incarico, altro non è che una prestazione d’opera professionale che ha come presupposto l’avvenuto
rilascio di un mandato senza rappresentanza e come oggetto un’obbligazione di mezzi e non di
risultato.
Ebbene, la domanda che, inevitabilmente ci si pone è se fosse davvero necessario istituire una
tale espressa figura professionale sottoposta anche al superamento di un apposito esame, per
l’esplicazione di un’attività di cui non sono richieste particolari competenze – riscontrabili,
comunque, anche in altri professioni tra cui quella forense, di manager o di dottore commercialista
– e in ogni caso già sancita e ben delineata dal nostro codice civile.
Pur volendo prescindere da detto interrogativo non sembra potersi, però, esimere dall’ulteriore
quesito sulla necessità di aver istituito tale figura solo nel mondo del calcio.
Volendo accogliere, infatti, l’eccezione opposta della f.i.g.c. secondo cui si tratterrebbe di una
conoscenza e competenza tecnica, ci si dovrebbe interrogare perché si ritrova tale figura
professionale con dette modalità di accesso solo nel mondo del calcio.
Invero, se si volesse creare una figura tecnica specifica e riconosciuta sarebbe, forse,
auspicabile l’istituzione della figura di agente sportivo nella sua generalità ed interezza piuttosto
che lasciarlo limitato solo ad una o poche federazioni sportive.
(*) Dottore, esercente professione forense – Assistente Università degli Studi del Foro
Italico, Roma.
80
NOTE A SENTENZA
Il passaporto biologico…
Tribunal Arbitrai du Sport
Court of Arbitration for Sport
TAS 2010/A/2178 Pietro Cauccbìoli c. CONI & UCI
SENTENCE ARBITRALE
rendue par le
TRIBUNAL ARBITRAL DU SPORT
siégeant dans la composition suivante:
Président: Me Romano Subiotto QC, Solicitor-Advocate, Bruxelles, Belgique et
Londres, Royaume-Uni
Arbitres: Me Patrick Lafranchi, Rechtsanwalt, Bem, Suisse
Dr. Dirk-Reiner Martens, Rechtsanwalt, Munich, Allemagne
Greffier ad hoc: Me Pierautonio D'Elia, Avvocato, Rome, Italie dans laprocédure arbitrale d'appel
entre
M. PIETRO CAUCCHIOLI, Villafontana, Italie
Représenté par Me Federico Maria Scaglia, J1.1ilan, Italie et Me Rocco Taminelli, Bellinzona,
Suisse
- Appelant- contre
COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO (CONI), Rome, Italie
Rcprésenté par M. Ettore Toni, Procureur Général
UNION CYCLISTE INTERNATIONALE (UCI), Aigle, Suisse
Représentée par Me Philippe Verbiest, Louvain, Belgique
81
NOTE A SENTENZA
Il passaporto biologico…
LES PARTlES
l. Pietro Caucchioli (l' « Athlète » ou l' « Appelant ») est un coureur cycliste professionnel
de nationalité ita!ienne, titulaire·d'une licence délivrée par la Fédération de Cyclisme Italienne (c<
FCI »).
2. Le Comitato Olimpico Nazionale Italiano (le «CONI») rassemble !es fédérations sportives
nationales italiennes; il réglemente et encadre l'orgnnisation des activités sportives en Italie. En
particulier, le CONI adopte des mesures de prévention et de répression à l'égard de la prise de
substances altérant les prestations physiques des athlètes durrui.t leur activité sportive.
L'Ufficio
di Procura Antidoping du CONI (l' c< UPA-CONI ») est l'organisme chargé d'enqueter sur les
violations des nonnes
antidopage italiennes ( « NSA »), adoptées pil.l' le CONI conf01mément au Code
lviondial Antidopage (le «Code AMA ») de l'Agence Mondiale Antidopage (l'
« AMA))). Le Tribunale Nazionale Antidoping (le << TNA ») est l'instance supreme du
CONI en matière de dopage.
3. L'Union Cycliste Internationale (l' UCI )
est l'association des Fédérations Nationales de
cyclisme. Elle a pour missions la direction, le développement, la réglementation, le controre et la
discipline du cyclisme dans toutes ses formes au niveau intemational (Article 2, pamgraphe a, du
Statut de l'UCI). Afm de lutter contre le dopage dans le cyclisme, l'UCI a adopté un Règlement du
contr(lle antidopage (le RAD).
FAITS
4.M. Caucchioli est un des coureurs inclus dans le progranune « Passeport Biologique de l'Athlète
( ABP, depuis son acronyme anglais, c( Athlete's Biologica!Passport >>) del'UCI.
5. L'ABP est un document électronique et individuel, dans !eque!tous les résultats des contr6les
antidopage eftèctués sur un coureur sont consignés. Pour ce qui relève de la présente procédure, il
faut souligner que l'ABP contient les résultats des controe!s sanguins ainsi que, grllce à unlogiciel
d'élaboration statistique, un pro:fil hématologique de l'athiète fondé sur !es paramètres
hématologiques résultant des échantil!ons de sang prélevés.
82
NOTE A SENTENZA
Il passaporto biologico…
6. Le 7 juin 2009, le comité d'experts désigné par l'UCI pour réviser !es données présentes
dans !es passeports biologiques des athlètes a examiné l'ABP de l'Athlète, contenant les résultats
relatifs à 13 échantillons de sang collectés entre avril2008 et mai
2009. Après avoir exclu un des échantillons Clll' un standard d'analyse n'avalt pas été respecté (le
temps entre le prélèvement et l'analyse s'étant révélé supé.rieur à 36 heures), !es experts ont
relevé que le profil hématologique de l'Athlète ne pouvait @tre expliqué que par l'utilisation
d'une méthode interdite, c.-à-d, l'amélioration du transfert d'oxygène sous la catégorie M.l de
la liste des interdictions publiée pur l'AMA.
7. Le 17 juin 2009 l'DCI a infòtmé l'Atlùète· de la violation de l'Article 21.2 RAD interdisant ]es
méthodes pour l'amélioration du transport d'oxygène, et averti la FCI et l'DPA-CONI. Le
lendemain, I'Atlùète a été suspendu par son équipe « Lampre » de toute compétition.
8. Sur cette base, le 16 juillet 2009 l'UPA-CONI a entendu l'Athlète, qui a nié avolr eu recours à
des méthodes prohibées.
9. Suite à des clari:tlcations de l'UCI en date des.24 juillet et 13 janvier 2010 età l'avis d'un expert
hématologue (le Prof. D'Onofrio) du 23 mars 2010 selon lequell'analyse du profil hématologique de
l'Atlùète confrrmait la «probabilité extramement élevée de dopage hématologique », l'DPA-CONI
a· demandé le 29 mars 2010 au TNA de sanctionner l'Athlète pour violation des normes
antidopage.
10. Le 29 mai 2010, l'UPA-CONI a déposé son mémoire d'audience dans !eque!, mise à part la
confirmation des arguments déjà soulevés, se trouvait jointe une note de l'UCI du 29 avril 201O
concemant une procédllfe pénale en cours devant une juridiction autrichienne. Cette
note
contenait la copie du procès-verbal d'une interrogation du cycliste Bemard Kohl affirmant à
plusieurs reprises, devant le Bureau Fédéral d'investigation crirninelle, que l'Athlète avait fait
usage d'un équipement servant à la transfusion sanguine en septembre 2008.
11. Le 31 mai 20l O, la partie défenderesse a déposé son mémoire en réponse contestant que
l'interrogation de Bernard Kohl puisse @tre admise à la procédu!'e et relevant !es carences et
incomplétudes des phases pré-analytique et analytique.
12. Le 3 juin 2010, le TNA a adopté la décision qui fait l'objet du présent appel (la
« Décision ») dans laquelle, après une explication de la méthode de l'ABP ainsi qu'un réswné des
constatations scientifiques de l'expert Prof. D'Onofrio, le TNA a
concluque:
83
NOTE A SENTENZA
Il passaporto biologico…
!es anomalies rencontrées ne pouvaient se justifier que par le recours à des pratiques illicites
de dopage hérnatologique (particulièrement durant la saison 2008) l'Athlète n'avait pas présenté
d'argumeilts à caractère teclmico-scientifique ou médical valables pour prouver son inhocence.
De plus, auctme preuve de son Ìlmocence n'était ressortie de l'examen des actes acquis durant
la procédure disciplinaire, l'Athlète s'étant lirnité à contester de façon génétique !es carences et
incomplétudes des informations. reçues de l'DCI.
Par conséquent, conformément à l'Article 3.2 Code AMA, les résultats cles analyses devaient etre
considérés valides étant donn( ql)l'Athlète n'avait pas été en mesure de démontrer qu'une
quelconque .
« ]'iolation significative »des
standards internationaux • qui aurait l'aÌsonnablement pu
provoquer une tmomalie dans !es réstùtats d'analyse • avait euiieu la validation des données des
laboratoires s'était également déroulée confonnément aux standards intemationaux.
Le moyen soulevé par l'Athlète selon-lequell'usage de ses échantillons biologiques ne serait pas
valable puree que ces échantillons ont été prélevés et analysés avant la publication par l'AMA d es
premières Lignes directrices pour le programme du passeport biologique de l'athlète » (Document
technique approuvé en dé.cembre 2009) était non fondé, en ce que : (i) l'UCI fow'llissait déjà des
infonnations eXhaustives à propos de l'ABP depuis 2008, en plus de l'impmtante littérature
techri.ique et scientifique existante à l'époque; (ii) le site de l'UCI lui-meme contenait déjà d'amples
informations sur l'ABP; (iii) le 13 janvier 2010, l'UCI avait précisé que !es échantillons
biologiques de l'Athlète avaient été récoltés, transpmtés et analysés conformément aux
stipulations du Document Technique en vigueur pour l'ABP, te!·que confirrné par le Labomtoire
Antidopage de Lausanne pour le conipte de I'AMA et qu'il ne subsistait par ailleurs pas d'éléments
qtù pomTaient infinner la validité des échantillons en question ;
la contestation de l'Athlète selon laquelle !es dounées obtenues ne .dépassaient jamais les limites
prévues par les normes antidopage en vigueur était non fondée, En effet, avec le système de l'ABP
la preuve de l'usage d'une substance ou d'une méthode prohibée ne provient pas de la détection d'un
dépassement de limites standards applicables à tous les athlètes, mais bien du dépassement des
limites individuelles, calculé au moyen de la méthode statistique du logiciel ABP et validé à
l'unanimité par !es membres de la Commission des experts de l'UCI;
l'Athlète avait signé !es documents d'inscription nécessaires pour l'adhésion aux compétitions
spo1tives ainsi que ceux relatifs au consentement du traitement de ses dormées. Par conséquent,
84
NOTE A SENTENZA
Il passaporto biologico…
l'Athlète était dans l'obligation de ·respecter les règles antidopage établies par l'UCI et l'AMA, en
ce compris le dépistage parla méthode de l'ABP.
13. Par conséquent, le Tribuna! a considéré l'Athlète responsable d'une violation de l'Article
2.2 Code AMA et de la lettre M1 de la liste des interdictions AMA (plus précisément du point l de
la lettre MI qui prohibe « [l]e dopage sanguin, y comprts l 'utilisatlon de produits scmguins
autologues, homologues ou hétérologues, · ou de globules rouges de toute origine>>).
Sur la base de l'Article 10.2 Code AMA (et de l'Article 293- RAD) I'Athlète a été suspendu pour
une période de deux ans, débutant le 18 juin 2009 (date de communication de la violation) et se
terminant le 17 juin 2011.
De plus, confom1ément à l'Alticle 10.8 Code AMA et Al1ic1e 313 RAD, les résultats éventuels
obtenus postérieurement au 18 juin2009 ont étés annulés.
RESUME DE LA PROCEDURE DEVANT LE TAS
14. Le 23 juillet 2010 l'Athlète a déposé une déclaration d'appel et a fait valoir dims son mémoire
du 31 aoilt 20lO que: l'ABP ne serait pas applicable en l'espèce, dès lors que la violation constatée
est relative à une période antérieure à l'adoption de l'ABP;
la contestation manquerait de clmté et la référence à la méthode interdite MI ne permettrait pas de
comprendre le bien-fondé de la contestatian;
l'Article 23.2 RAD prévoirait une présomption de dopage modifiant l'Al.iicle 3 Code AMA sur
la « preuve du dopage », en violation du mème Code AMA;
Les expelis nommés ne seraient pas indépendants, car ils sont rémunérés par
l'UCI; le modèle ABP aurait des limites statistiques et scientifiques et !es données relatives
à l'Athlète ne seraient pas utilisables en raison de nombreuses irrégularités pré-alh1lytiques
et analytiques; en tout état de cause, !es valeurs résultant des analyses seraient régulières et
com]JUtibles avec l'activité de cycliste professionnel. De plus, iln'y aurait pas de preuve de réinjection de sllllg dans les analyses postérieures à octobre 2008; le témoignage de M. Kohl n'aurait
aucune valeur probatohe et ne pourrait pas etre utilisé contre l'Athlète, faute d'avoir été recueilli en
sa présence, en violation du principe du contradictoire.
15. Le 5 octobre 2010 l'UPA-CONI a déposé son mémoire en réponse, dans lequel il
conteste !es arguments de I'Athlète en soulignant que:
85
NOTE A SENTENZA
Il passaporto biologico…
l'autorité lllltidopage se serait acquittée de san devoir de contester la violation, en faisllllt valoir la
violation de l'Artìc!e 2.2 Code AMA et en particulier l'utilisation de« méthode interdite Ml >> («
amélioration du transport d'oxygène »);
le principe de non-rétroactivité ne trouverait pas à s'appliquer car l'ABP semit seuleme.nt une
nouvelle méthode pour démontrer la violation de l'Al.iicle 2.2 Code AMA, déjà en vigueur
à.l'époque des faits; afm de prouver la violation, l'organisation lllltidopage pourrait utiliser «
tout moyen fiable », y compris l'ABP; ·
l'expert qui a donné son avis à l'UPA-CONI en première instllllce (le Prof. D'Onofrio) serait
indépendant .dès lors qu'il est chargé d'évaluer ]es ABP suspects de manière anonyme;
il n'y aurait pas eu d'hTégularités dlllls la prise de sang, le transport et l'analyse des échantillons,
comme le démontre l'absence d'anomalies dans !es valeurs des indicateurs érythrocytaires ;
les valeurs de I'ABP de l'Atlùète seraient h1·égulières;
le témoignage de M. Kohl serait une circonstllllce supplémentaù·e à l'appui de l'accusation.
16. L'DCI a déposé son mémoire en réponse le 2 novembre 20lO où elle a fait vaioir que:
l'introduction de l'ABP n'établirait pas de nouvelles violations; il s'agirai! seulement d'une
nouvelle méthode permettaot de détecter la commission d'une violation déjà punissable.
La version du RAD en vigueur en 2009 serait applicable dès lors que la violation est de
nature continue;
l'Article 23.2 RAD ne renverserait pas la charge de la preuve, dès lors qu'il n'impose pas à
l'athlète de réfuter une quelconque présomptìon de dopage. L'DCI et la fédération natìonale
auraient en l'espèce établi la violation avec le degré de p):euve requis;
l'ABP serait une méthode fiable, dès lors qu'elle s'appuie sur l'évaluation unanime d'un
comité d'expe!1S, qui apprécient la fiabilité des données et font une évaluatfon globale des
résultats;
la validité et fiabilité des données de l'ABP de l'Athlète mu·aient été examinées par les experts, qui
n'auraient pas trouvé d'éléments de nature à remettre en cause leur fiabilité.
Les paramètres
érythrocytaires confirmeraient le bon état des échantillons;
!es valeurs démontreraient le recours à des pratiques de dopage saoguin et !es valeurs stables de
l'hiver 2008-2009 ne seraient pas surprenaotes, cm· il s'agirait d'tme période de repos sans nécessité
de ré-injection.
86
NOTE A SENTENZA
Il passaporto biologico…
17. Le 17 novembre 2010, la prése.nte Fo1mation a accordé à l'Athlète la possibilité de présenter
ses observations sur !es éventuels faits nouvellement allégués et pièces nouvellement produites par
l'UCI.
18. Le 30 novembre 2010 l'Atlùète a déposé un mémoire en réplique dans !eque!il a de nouveau
contesté les accusations, et réitéré que l'ABP était régulier avec le soutien d'un avis supplémentaire
du Prof. Banfi.
19. Le 8 décembre 2010, I'UCI a contesté l'étendue du mémoire en réplique de l'Athlète, aù1si que
la production de pièces nouvelles, et a demaodé à la Formation de lui accorder un délai pour
déposer un mémoìre en duplique.
20. Le 13 décembre 20l O, Ja Formation a demandé à l'DCI de préciser quels sont !es
· argmnents nouveaux: auxquels elle se réfere daos son courrier susmentionné.
21.Par com·rier du 16 décembre 2010, l'DCI a indiqué que l'Appelant avait procédé au dépòt d'une
deuxième écdture daos le but de pouvoir déposer, notamment une version plus détaillée de l'avis du
Professeur Banfi soumis avec le mémoire d'appel.
22. Il n'y a pas eu d'échanges d'écrìtures sup}Jlémentaires et !es parties ont assisté à
l'audience tenue au siège du TAS à Lausanne, Suìsse, en date du 21 décembre 2010. Les parties ont
été entendues, ainsi que leurs experts. Elles ont confmné à 1'issue de l'audience que leur droit d'etre
entendu avait été respecté.
DROIT
A.COJUPETENCE DU TAS ET POWOIR D'EXAMEN
23. La compétence du TAS, qui n'a pas été contestée par !es parties, résulte de l'Atiicle R47 Code
TAS et de l'Atticle 4.23 de l'Almexe H aux NSA en vigueur au moment de la publication de la
Décision, et applicables en vertu du principe de rempus regit actum.1 Au surplus, !es parties au
présent arbitrage ont signé l'ordonnance de procédure
du
9 novembre
2010,
confnmant
ainsi la
compétence
du TAS
(voir Article
l
de
l'ordonnance).
24. Le pouvoir d'exarnen de la Formation dans la présente procédure arbitrale d'appel est régi par
les dispositions des Articles R47 et suivants Code TAS.
En particulier, l'Aliicle R57 confère au
TAS un pouvoir d'appréciation de plein droit des éléments de fait et de droit dans le cadre de
l'instruction.
87
NOTE A SENTENZA
Il passaporto biologico…
25. L'Athlète a invoqué une violation des droits de la défense dans la procédure de première
instance en raison du.manque de clmié de la contestation, la référence à la méthode interdite MI
étant insuffisante pour comprendre le bien-fondé de la contestation. Or, en raison du plein
pouvoir d'exarnen conféré aux formations arbitrales du TAS, l'appel au TAS pennet de <<
consldére1· camme purgés !es vices de
procédure ayant éventuellement affecté !es instancesprécédentes ». 2
B. DROIT APPLICABLE
26. L'arbitrage sportif est régi par le Code du TAS, et plus spécifiquement par ses Atiicles
R27 àR37 etR47 et snivants.
27. Selon l'Atiicle R58 Code du TAS, une Fonnation
statue seo! n les règlements
applicables et selon les règles de droit choisies par les parties, ou à défaut de choix, selon le droit du
pays dans lequella fédération, association ou autre organisme spmiif ayaut rendu la décision
attaquée a son domicile ou selon !es règles de droit dont l'application est jugée appropriée parla
Fotmation. Dans ce dernier cas, la décision de
la Formation doit lltre motivée.
28.La Formation estime que !es NSA trouvent à s'appliquer en tant que normes de l'organisation
nationale, le RAD et le Code AMA étant applicables en vertu des renvois contenus dans les NSA.
Voir Cass., sez. un., 20.12.2006 n. 27172 (voir i11fi·a sur l'application du droit italien nu fond
à titre subsidiaire).
1TAS 2004/A/549 G.Deferr & RFEG c/FIG, para. 31; voir également CAS 2003/0/486
Fulham FC c. 0/ympique Lyonnais, para. 50; CAS 2006/A/1153 WADA v. Assis & FPJ:."',
para. 53; CAS 2008/A/1594 Sheykhov v, FJLA para. 109; TAS 2008/A/1582 FIFA c.
URBSFA & Mlchael Wiggers, pam. 54.
29. Quant au choix de la version des NSA applicable en l'espèce, en principe, Ics normes en
vigueur au moment de la violatlon trouvent à s'appliquer (voir CAS 2000/A/274, S. c. FINA, para.
72 et seq., et CAS 2008/A/1563, Rive/lini c. CONI, para. 56). Les règles, qui entrent en vigueur
après !es faits, peuvent 1\tre appliquées rétroactivement si elles sont plus favorables à l'Athlète
selon le principe de la !ex mitior, également recorum par
lajurisprudence du TAS (vou:TAS 2001/A/318, v: c. FCJ).
88
NOTE A SENTENZA
Il passaporto biologico…
30. Dans le cas d'espèce, il n'est pas contesté que la no1me interdisant le dopage sanguin sous la
forme de la méthode Ml était incluse dans les NSA (ainsi que dans le RAD et le Code A1v1A) pour
toute la période couverte par l'ABP de l'Athlète (e.g., voir Article
4.1 des versions des NSA approuvées les 23 janvier 2008 et 23 juillet 2008), En tout état de cause,
la Formation estime que, étant donné que le dernier résultat irrégulier contenu dans I'ABP remante
à octobre 2008, les NSA en vigueur ù cette époque trouvent à s'appliquer.
31. Le droìt italien est applicable à titre subsidiaire.
C.LA QUESTIONDE LA RETROACTIVITE
32.En l'espèce, l'Athlète a contesté l'application de l'ABP en vertu du principe de non rétroactivité:
!es violations alléguées auraient eu lieu avant l'introduction de l'ABP, ce qui en empecherait I'app!
ication rétroactive.
33.La présente Formation esti.Jne que l'ABP n'a pas introduit de nouvelle interdiction, mais
représente seulement une nouvelle méthode de dépistage du dopage sanguin, déjà interdìt par
d'autres normes. De nouvelles méthodes scientifiques, mBme si les normes antidopage ne !es
mentionnent pas expressément, peuvent etre utilisées à tout moment pour prouver des violations
passées, avec pour seules limitations le terme d'utilisation des échantillons pour la lutte contre le
dopage (fixée ù huit ans) et le commencement des procédures disciplinaires dans !es délais requis.
34. Pat' conséquent, le recours à de nouvelles méthodes ne constitue pas un cas
d'ap]Jiication rétroactive de normes, dès lors que !es no1mes sanctimmant une conduite comme acte
de dopage étaient en vigueur avant la réalisation de cette conduite. A défùut, on ne pourrait pas
bénéficier des progrès technologiques pour découvrir des actes de dopage passés inaperçus en
raison d es limites des méthodes précédentes (voir CAS 2009/A/1931 Ekaterina lourieva & Albina
Akhatova 11. Jntemational Biathlon Unlon, para. 8.10).
35. Or en l'espèce il n'est pas contesté que !es nmmes enmatière de dopage sanguin (sous la forme
de laméthode «MI») étaient en vigueur aumoment des faits et que l'ABP de l'Athlète a été élaboré
sm la base d'échantillons remis à des fins antidopage (voir CAS/A/1912 et 1913, Pechsteln, para.
100). Par conséquent, l'ABP de l'Atblète peut, en principe, 1\tre utilisé cmmne moyen de preuve
dans le cas d'espèce,
89
NOTE A SENTENZA
Il passaporto biologico…
D. A!'PRECIATIONDESPREUVES
1. La charge et le degré dc la preuve
36, Les pa1ties conviennent qu'il appartieni au CONI de prouver, à la satisfaction de la Fom1ation,
la violation selon un standard qui doit etre plus ilnpo1tant qu'm1e simple prépondérance des
probabilités, mais moindre qu'une preuve au-delà du doute raisonnable (Articie 3 NSA et Article 3.l
Code AMA).
37. Les faits peuvent etre établis par tout moyen finble (Acticle 3.2 NSA et Article 3,2 Code
AlviA). A cet égnrd, il ±àut souligner que l'organisation antidopage ne bénéficie pas de
présomptions, ne s'agissant pas d'un cas de test positif (Opinion CAS 2005/C/841
CONI, para. 84; Pechstein, cit., para. 114).
38. Quant à la méthode en cause, l'ABP est fondé sur nn profil hématologique élaboré sur la base
de résultats de contròles sanguins pe1mettant d'établiJ:les limitcs individuelles de
athlète
pour
trois
paramètres hématologiques:
la
chaque
concentration d'hémoglobine (exprimé
en g/dL ou giL; « HGB »), le pourcentage de réticulocytes (exprimé en valeur absolue; « RET ») et
l'index de stimulation ou « Off-Score » (qui exprime le rapport entre les deux valeurs précédentes).
39. La concentration d'HGB est une valeur relativement stable pour chaque individu en l'absence
de conditions pathologiques, m6me si l'an peut emegistrer chez !es cyclistes des variations
spécifiques par rapport uu reste de la po:pulation, l'HGB étant légèrement plus élevé dans !es
périodes de repos et déeroissant pendant les courses à étapes, car l'effort physique prolongé et
intense engendre un volume snoguin compensatoire qui fait baisser la concentration d'HGB, un
phénomène connu sous le nom d' « hyper volémie ».
40. Les réticulocytes sont des globules rouges jeunes dont le tatL'>': dans le sang exprime
l'activité de production de globules rouges par la moelle (l' « érythropoi:èse médullaire
»). Le pourcentage de rétictùocytes s'élève quund la moelle osseuse fait un effort de régénération,
camme dans le cas d'une hémonagie aigua.
41. La valeur Off-Score est calculée sur la base des valeurs d'HGB et des RET: un indice très haut
signale que la valem· des RET est disproportionnément basse par rappo1t à la valeur de HGB (p.ex.
lors d'une injection de sang); au contraire, un indice très bas indique que la valeur des RET est
particulièrement élevée par rapport à la valeur de HGB, ce qui se passe dans le cas d'une extraction
de sang (ou autre conditian pathologique avec hémorragie ou hémolyse).
90
NOTE A SENTENZA
Il passaporto biologico…
42, Sur Ja base des résultats des analyses, lm programme d'élaboration statistique établit des
fourchettes de valeurs considérées physiologiques pour chaque athlète et, en cas de variation
signiiìcative par rappmt aux valeurs ainsi établies, l'ABP d'un atlùète est sélectionné camme étant
vraisemblablement non physiologique et soumis à lm collège d'expe11s nommés par l'UCI.
43.La formatìon d'experts
procède à une évaluation de la fiabilité des anulyses età une
interprétation des résultats, qui porte sur la vraisemblance des causes susceptibles d'expliquer ces
résultats. Lorsqu'ils décident- à l'unanimité et sur la base d'un dossier com}Jlet - que l'usage d'une
substance ou méthode interdite est une cause hautement vraisemblable de ces résultats, !es
experts recolllillandent à l'UCI les actions à entreprendre. Par conséquent, iln'y a pas de
confiance à priori dans !es résultats du logiciel statistique à la base de l'ABP car !es données des
athlètes sont soumises à tme évaluation complète et approfondie d'un pane!d'experts en la matière,
qui adopte son avis à l'unanimité.
44. Au vu de ce qui précède, la présente Fmmation estime que l'application rigoureuse de l'ABP
mis en piace par l'UCI peut Stre considérée comme un moyen fiable pour le dépistage indirect
d'actes de dopage.
2.
L'indépendance des experts
45. L'Appelant a contesté l'indépendance des expe!ls nommés par l'UCI, eu vertu du fait qu'ils
seruient rémtmérés par l'UCI et n'auruient
pas sìgné d'accord sur les conflits d'intériìts (en
violatìon de l'Annexe E aux Lignes Directrices de l'AMA en lamatière).
46. Selon les intirnés, le Prof. D'Onofrio faìt partìe, en tant qu'expert indépendant, de la fo1mation
de l'UCI en charge d'évaluer !es cas suspects de manière unonyme et de recommander à l'UCI !es
actions à entreprendre.
47. La présente Formation estime que la circonstance que les experts soient rémunérés par l'UCI
pour Jeur prestation professionnelle n'affecte pas l'indépendance de letu·avis, qui est rendu sur la
base de dossiers anonymes. De plus, la présente Fonnation n'a pas de doute quant à l'indépendance
du Prof D'Onofrio, qui est un expert très réputé et qui, colllille !es autres membres du comité, a
évalué l'ABP de l'Athlète de façon anonyme.
3. La fiabilité des résultats
48. L'Athlète, avec le soutien de son expert (le Prof. Banfi), a contesté la possibilité d'utiliser les
résultats des anaiyses en raison de nombreuses hrégularités pré analytiques et analytiques qui
auraient compromis la fiabilité des résultats.
91
NOTE A SENTENZA
Il passaporto biologico…
49. Les intimés ont défendu la régularité des pmcédures analytique et pré-analytique, en s'appuyant
sur !es avis du Prof. D'Onofrio et du Prof. Audran.
50. A cet égard, !es règles en. matière de preuve (Alticle 3 NSA, reproduisant l'Alticle 3
Code AMA) prévoient que si l'athlète apporte la preuve qu'un écart par rappmt aux standards
applicables a raisonnablement causé un résultat d'analyse anormal, alors l'organisation antidopage
aura la charge de prouver que cet écart n'est pas à l'origine du résultat défavorable en cause.
51. En l'espèce, après avoir évalué les avis des experts lors de l'audience, la présente
Formation est d'avis que, mlìme s'il a pu y avoir des irrégularités daus !es analyses, l'Athlète n'est
pas parvenu à prouver que ces inégularités ont pu causer l'anmmalité de sonABP.
52. En particulier, !es indicateurs érythrocytaires MCV (volume globulaire moyen), MCH
(teneur corpusculaire moyenne en hémoglobine) et MCHC (concentration corpusculaire moyenne
en hémoglobine) constituent un paramètre pennettant de mettre en évidence des anomalies du
processus pré-analytique ou des défaillances instrumentales, car des valeurs élevées sont un
signa! d'éventuelles interférences, regonflement ou hémolyse
(voir aussi Pechstein, cit., para. 144). En effet, lors d'une conservati011 inadéquate ou
trop longue d'un échantillon, le volUllle des globules rouge tend à augmenter en raison de
l'affaiblissement de leur capacité énergétique et de la dilatation de leur membrane. Par collSéquent,
les globules rouges se gonflent et la valeur MCV augmente. De plus, quand la mesure de l'HGB
est altérée par des dystonctionnements importants, ceci engendre une modification anormale des
indices MCH et MCHC.
53. En l'espèce, !es indicateurs MCV, MCH et MCHC des échanti!lollS à la base de l'ABP de
l'Athlète montrent une remarquable stabilité sur une longue période et dans de nombreux
laboratoires situés dans différents pays.
Cette stabilité permet d'exclure la possibilité de
conditions inappropriées de conservation et de gestion des échantillons (voir l'avis du Prof.
D'Onofi"io en date du 30 septembre 2010, pp. 27 et suiwmtes). D'ailleurs, !es valeurs des ces
indicateurs sont considérées comme indiquant une bom1e. qualité des échantillons.
54. De plus, meme s'il a falt valoir plusieurs irrégularités quant au." analyses à la base de son
ABP (y compris, en particulier, celle du 7 octobre 2008), I'Athlète a déclaré à l'audience ne pas
contester la validité des analyses faltes dans certains laboratoires (Lausanne, Rome et Saint Alban).
Par conséquent, on peut logiquement considérer que
92
NOTE A SENTENZA
Il passaporto biologico…
!es valeurs de MCV des échantillons analysés duns ces trois laboratoires indiquent la régularité
des procédures (ou, à tout le moins, qu'elles identifient une valeur m!lXinmle de MCV acceptable
pour l'Atblète, étant donné qu'une valeur basse indique plutot une bonne qualité de l'échantillon).
Or, ces échantillons ont une valeur maximale de MCV égale à 92.7; dès lors, on doit considérer
tout autre échantillon de l'ABP ayant une valeur inférieure de MCV camme étant acceptable,
ce qui est le cas pour tous les échantillons de l'ABP de l'Athlète (p.ex., l'échantillon du 7
octobre 2008 a une valeur de MCV égale à 91.7).
55. Quant aux éventuelles irrégularités aualytiques, l'Athlète n'est pus parvenu à prouver que
celles-ci ont nui à la qualité des réstùtats. D'abord, les instruments utilisés dans les analyses n'aut
pas révélé d'en-ems dans la phase analytique.
En outre, les experts du laboratoire de Lausanne
ont expliqué
utilisées dans les laboratoires
à l'audience que ]es machines
échantillons sur la base de leurs codes-batTes.
analysent
!es
Par conséquent, l'analyse est associée à un
échantillon qui, à son tour, correspond à un athlète (voir, pour des considérations similaires,
Pechstein, cit., para. 143). En l'espèce la Formation estinle qu'il n'existe pas non plus d'indices
permettant de douter que cette procédure a été respectée pour les échantillons de l'Athlète,
Enfin, meme si l'utilisution de machlnes de marques différentes requiert une légère correction
des valeurs ainsi obtenues, !es expetts ont affumé que la fluctuation des valeurs dans l'ABP de
l'Athlète est de toute manière trop importante pour étre imputée à des différences instrumentales.
56. Par conséquent, la présente Formation peut considérer que !es éventuel!es irrégt1larités préanalytiques et analytiques n'ont pas affecté les résnltats et que, dès lors, l'Athlète n'a pas établi que
ces irrégularités ont pu produire !es résultats positifs en cause.
57. Quant à la violation supposée des « Lignes directrices opératiOJmelles pour le. Passeport
Biologique de l'Athlète», celles-ci n'avaient pas ±brce obligatoire avant le l" janvier
2010 et n'étaient donc pas applicables aux analyses dans le cas d'espèce. D'ailleurs, le principe de
la !ex mltim· invoqué par l'Atlùète est inopérant car le principe se réfère à l'application de sanctions
plus favoriJ.bles et non pas aux normes techniques petmettant de prouver une violation (voir
Ekaterina Iourieva & Albina Akhatova v. Intemational Biathlon Union, cit., para. 8.10).
4. L'ioterprétation des résultats
58. L'Athlète
a contesté que les résultats des analyses puissent confll'mer le recours à des
méthodes de dopage sanguin. Les valeurs d'HGB, RET et Off-Score seraient dans la norme pour un
cycliste professionnel camme l'Athlète.
93
NOTE A SENTENZA
Il passaporto biologico…
59. Le CONI et l'UCI ont fait valoir, au contraire, que les valeurs hématologiques de l'ABP de
l'Athlète seraient irrégulières, conune le confirment aussi bien la littérature scientifique que les avis
des Prof. D'Onofrio et Audran.
60. Après avoir évalué soigneusement !es avis et entendules experts lors de l'audience, la présente
Formation estime que l'OJ·ganisation antidopage est parvenue à prouver le recotu·s à des méthodes
interdites à la satisfaction de la Formation.
61. En patticulier, !es variations des valeurs d'HGB au cours de la période avril-octobre
2008 ne peuvent pas etre considérées camme physiologiques, mais au contraire caractéristiques
d'un prélèvement de sang, démontrant ainsi la manipulation sanguine à des fins de dopage.
62. La justi±ìcation de l'Athlète selon laqueJle les fluctuations de ses valeurs d'HGB seraient
liées à une activité physique intense est démentie par !es valeurs memes : les deux rapides
diminutions de l'HGB (en avril2008 et entre septembre et octobre 2008) ne correspondent pas à
des compétitions à étapes et, en principe, !es valeurs ne devtaient pas 8tre plus élevées à la fin
de la saison (14 septembre 2008) qu'uu cours de la période de repos (hiver 2008). D'ailleurs, la
valeur singulièrement basse de l'HGB le 7 octobre 2008 est enregistrée deux semaines après le tour
de Pologne quand, en principe, celte valem· aurait dO. augntenter.
63.De plus, la valeur basse d'HGB
du 7 octobre
2008 ne peut résulter
que d'un
prélèvement de sang, carelle s'accompagne d'une montée parallèle des RET et d'une chute de la
valeur
Off-Score (qui est inférieure
concentration d'HGB
médullaire
à la limite minimale
baisse lors d'une
de production
de globules
È1 cette date).
En effet,
la
extraction de sang et stimule une réaction
rouges
(l'érythropolèse),
ce qui augmente le
pourcentage de RET (les jeunes globules rouges) dans le sang et entra!ne une chute de la valeur
Off-score. En revanche, le pourcentage de RET n'est pas affecté parla baisse de la concentration
d'HGB dans le cad'un eff01t physique intense.
64. Quant à la supposée régularité des valeurs successives pendant l'hiver 2008 (qui
prouverait l'inconsistance de l'hypothèse du prélèvement de sang en l'absence de ré injection), il
est superflu de prouver lUle ré-injection de sang, d'autant plus que celle-ci est habituellement
effectuée lors des compétitions
et non pas pendant des périodes
de repos, conune
l'hiver.
D'ailleurs, compte tenu de la longue période de consenration du sang réfrigéré, la ré-injection aurait
pu avoir lieu pendant la saison cycliste 2009.
94
NOTE A SENTENZA
Il passaporto biologico…
65.La Formation
interdisent
conclut
l'usage d'une
quel'Athlète a commis
méthode interdite
une violation des NSA applicables
qui
et, en particulier, de la méthode M.l («
amélìoration du transport d'O},:ygène ») de la liste des interdictions .AIVIA.
66.Etant donné que la violntion a été établie sur la base de l'ABP, la Formation n'a pas à
se prononcer sur l'admissibilité et la valeur des déclarations de M. Kohl.
E. SANCTION
67.Au vu de l'Article R55 du Code en vigueur dans la présente procédure, la Formation est d'avis
qu'il n'y a pas lieu d'appliquer l'Atticle 313 RAD qui prévoit l'annulation de tous les résultats
obtenus postérieurement à une violation antidopage, camme requis par l'UCI dans ses
conclusions reconventionnelles écrites.
68. Far conséquent,
la Formation concluant à une violation des NSA applicables
par
l'Athlète conune précédenunent mentionné au paragraphe 65, elle confll1Ile la sanction consistant
à suspendre l'Athlète polli' une durée de 2 ans à compter du 18 juin 2009, car il ressort des
cìrconstances de l 'espèce que l'Athlète a été suspendu par son équipe à partir de ce jour.
F. FRAIS ET DEPENS
69.En application de l'Article R65.2 Code TAS, la présente procédure est gratuite sous réserve
du droit de Greffe de CHF 500.- déjà payé par l'Athlète, qui reste acquis au TAS.
70. Confonnément à l'Aliicle R65.3 Code TAS, << lesjrais des parties, témoins, experts el
intmprètes sont avancés par !es partles » et « [l]a Formation en attribue la charge dans la sentence
en tenant compie du résultat de la pracédure, du campartement e.t des
ressources financlètes des parties »,
71.Quant aux frais, l'Athlète a demandé de condamner le CONI aux fraìs qu'il a encourus à
l'occasion de la présente procédure. A leur tour, !es co-intimés ont demandé de mettre à la charge
de l'Atlùète les frais et autres dépenses encourus à l'occasion de la présente procédure.
72. Au vu des conclusions finales de cette se11tence, la F01mation condamne l'Athlète à
rembourser !es frais encourus pm·le CONI et I'UCI à concunence de CHF 8'000-.
PAR C.ES MOTIFS
Le Tribunal Arbitrai du Sport :
95
NOTE A SENTENZA
Il passaporto biologico…
l.Dénlare recevable l'appel déposé le 23 juillet 2010 par Pietro Caucchioli contre la décision N°
17/201.0 rendue le 3 juin 2010 par le Tribunale Nazionale Antidoping du CONI.
2. Con.finne la décision No 17/2010 rendue le 3 juin 2010 par le TNA, condarnnant
Pietro Caucchioli à la suspension pour une période de deux ans à compter du18 juin
2009.
3,Déchu:e que la sentence est rendue sans frais, à l'exception du droit de greffe de CHF
500.-, versé pPietro Caucchioli, c1ui reste acquis an TAS.
4. Conclamue Piett'o Caucchioli à verser au CONI et li l'DCI la somme de CHF 8'000
(huit mille francs suisses), à titre de remboursement des frais de la présente procédure.
5,Rejette toute autre demande ou conolusion des parties. Lausanne, le 8 mars 2011
96
NOTE A SENTENZA
Il passaporto biologico…
IL PASSAPORTO BIOLOGICO SUPERA
L’ESAME DEL TAS
di Mario Vigna (*)
Con il lodo in esame il Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna (di seguito “TAS”) –
chiamato a pronunciarsi per la prima volta su una sanzione incentrata sulle anomalie del passaporto
biologico di un atleta (di seguito ABP)1 – ha, di fatto, sdoganato tale “tool”, chiarendo come l’ABP
rappresenti a tutti gli effetti un valido mezzo per determinare se un soggetto abbia o meno fatto
ricorso a sostanze o metodi proibiti. Invero, il TAS ha precisato come l’ABP non rappresentasse del
tutto un nuovo metodo di detection, quanto piuttosto l’evoluzione – per quanto riguarda i campioni
ematici – di quei controlli longitudinali sui valori biologici che già potevano svolgersi ai sensi della
normativa WADA del 2003. In altre parole, il TAS ha confermato come l’ABP rientri in quella
categoria di mezzi di prova capaci di evidenziare “indirettamente” (ovvero senza la prova certa di
positività ad una sostanza) la violazione delle norme antidoping.
In particolare, nel dare all’ABP predisposto dall’UCI la necessaria attestazione di
“reliability” ai sensi dell’art. 3.1 del Codice WADA, il Collegio TAS ha ovviamente analizzato tutti
gli aspetti relativi all’attendibilità e all’interpretazione dei dati analitici risultanti dalle analisi. In
particolare, il TAS si è avvalso delle considerazioni svolte dagli esperti nominati dalle parti, così da
rivedere nel dettaglio tutte le fasi dell’ABP Program dell’UCI ed il rispetto delle relative procedure.
All’esito di tale disamina, il Collegio TAS ha concluso come alcune irregolarità pre-analitiche o
altre verificatesi nelle fasi di analisi non potessero considerarsi ex se causa di invalidazione del
profilo ematico dell’atleta. Infatti, dopo un’accurata ponderazione delle obiezioni tecnicoscientifiche avanzate dal corridore sull’attendibilità dei dati, il Collegio Arbitrale ha concluso come
1
Il TAS ha successivamente riaffrontato il tema dell’ABP nei lodi TAS 2009/A/2308 Franco Pellizotti c/ CONI & UCI e CAS
2010/A/2235 UCI v/ Tadey Valjavec & Olympic Committee of Slovenia. Ad oggi non è ancora giunta la decisione nel
procedimento CAS 2010/A/2174 Francesco De Bonis vs CONI & UCI.
97
NOTE A SENTENZA
Il passaporto biologico…
non vi fossero nel cosiddetto “documentation package” dell’ABP delle irregolarità tali da inficiare
l’autenticità dei risultati d’analisi.
In conclusione, volendo riprendere le parole del Direttore Generale della WADA David
Howman, sicuramente questo lodo rappresenta la prova che l’ABP “can withstand legal and
scientific challenges”.
Sommario:
1. Il caso di specie.
2. Il Passaporto Biologico.
3. La questione della irretroattività.
4. L’onere della prova.
5. Conclusioni.
1. Il caso di specie.
Nell’ambito del programma del Passaporto Biologico, l’UCI ha esaminato alcuni campioni
ematici del corridore Pietro Caucchioli tra l’aprile del 2008 e il maggio del 2009. Dopo aver
costruito un profilo ematico con tali dati, nel giugno 2009 l’UCI ha informato l’atleta della
violazione della normativa antidoping per aver fatto ricorso a metodi per l’aumento del trasporto di
ossigeno nel sangue (cd. doping ematico).
A seguito dell’apertura del procedimento disciplinare in ambito nazionale, il ciclista è stato
riconosciuto colpevole dal Tribunale Nazionale Antidoping del CONI (“TNA”) dell’uso o tentato
uso di sostanze vietate (Art. 2.2. Codice WADA) e della categoria M1 la quale proibisce il doping
ematico. In particolare, l’organo giudicante italiano riteneva che vi fossero prove sufficienti per
sostenere la colpevolezza del corridore, con l’applicazione dell’articolo 3.2 del regolamento
WADA, che consente all’organizzazione antidoping procedente di dimostrare come le variazioni
ematiche dell’atleta non causate da variazioni fisiologiche possano ricondursi necessariamente
all’uso di sostanze dopanti o metodi proibiti. Il TNA, di fatto, sanzionava il corridore definendo
insufficienti le eccezioni presentate dall’atleta in merito all’interpretazione dei dati analitici e alle
supposte irregolarità nell’iter procedurale dell’ABP.
Il TAS, chiamato a pronunciarsi su appello del corridore, ha respinto quindi la domanda e ha
ratificato la sentenza del CONI, confermando quindi i due anni di squalifica per i valori alterati
98
NOTE A SENTENZA
Il passaporto biologico…
registrati sull’ABP, svolgendo le medesime considerazioni scientifiche che avevano spinto il TNA
ad emettere una decisione di condanna.
A fronte dell’applicazione dell’articolo 3.1 del Codice WADA sull’onere della prova a carico
dell’organizzazione antidoping, per il TAS le prove illustrate da CONI e UCI sono state più che
sufficienti per stabilire l’infrazione delle regole.
Sul piano istruttorio, è di tutta evidenza come una materia così scientifica come l’ABP non
potesse prescindere da valutazioni tecniche ed è evidente come il Collegio Arbitrale abbia tenuto
debitamente da conto le perizie di parte presentate. In particolare, hanno svolto un ruolo
determinante le relazioni accusatorie rivolte a segnalare anomalie nel profilo ematico dell’atleta
italiano. Esse infatti sono state decisive ai fini di provare come valori ematici instabili tra l’aprile e
l’ottobre 2008 non potessero considerarsi fisiologici.
2. Il Passaporto Biologico
Tale pronuncia rappresenta un chiaro sigillo di qualità per l’ABP, un mezzo per la scoperta
dell’utilizzo di sostanze e metodi proibiti che ha radici nella fine del 2007, quando la WADA e
l’UCI approvarono l’introduzione di questo nuovo strumento di lotta al doping. In particolare,
l’ABP messo in piedi dall’UCI consiste in un profilo di valori ematici di ogni ciclista, in maniera
tale da poter valutare, caso per caso, la presenza di alterazioni dovute all’uso di sostanze o metodi
proibiti. Il profilo viene elaborato in base ad un numero minimo di controlli, effettuati sia nel corso
delle competizioni che a riposo, alcuni dei quali a sorpresa.
Una volta raccolti i dati, in particolare i valori di emoglobina e reticolociti, essi vengono
inseriti in un software statistico (anche detto “Adaptative Model”) che elabora un diagramma atto a
mostrare le anomalie intraindividuali. In pratica, tramite un accurato sistema di raccolta dati, si crea
per ciascun ciclista il profilo-tipo, corrispondente alle condizioni normali dell’atleta; questi dati
vengono preferibilmente raccolti nei periodi “di riposo” di ciascun ciclista, cioè lontano da ogni
competizione o da periodi di allenamento più intenso.
Tale profilo funge poi da parametro di confronto per ogni valore che verrà poi riscontrato
sull’atleta durante i controlli nei periodi di gara o di allenamento. In breve, il software statistico
effettua uno screening quantitativo, di fatto segnalando i profili anomali.
Tali dati sono poi inviati ad un gruppo di esperti, in forma assolutamente anonima (tale da
attestarne l’imparzialità), il quale effettua una vera e propria disamina qualitativa con voto unanime,
99
NOTE A SENTENZA
Il passaporto biologico…
comunicando poi all’UCI quali profili debbano o meno ritenersi anomali ai fini del procedere
disciplinarmente contro un ciclista sospettato di doping.2
Nel lodo in esame, il Collegio TAS spiega il tutto in un breve passaggio del lodo “L’ABP est
fondé sur un profil hématologique élaboré sur la base de résultat de contrôles sanguins permettant
d’établir les limites individuelles de chaque athlète trois paramètres hématologiques: la
concentration de hémoglobine (…) le pourcentage de réticulocytes (…) e l’index de stimulation Offscore’ (qui exprime le rapport entre les deux valeurs précédentes)”3.
Per comprendere appieno il meccanismo va inoltre ricordato come nel 2010 la WADA abbia
approvato delle esplicite Operating Guidelines and Compilation of Required Elements con le quali
ha sancito che “in order to establish a systematic and robust longitudinal monitoring program, the
list of relevant and significant variables for a specific class of substance (e.g. Substances enhancing
oxygen transfer, such as EPO) must be identified and then monitored on a regular basis for any
given Athlete. The collection and monitoring of values corresponding to these identified variables
will constitute an individual and longitudinal profile. Such profiles are the cornerstones of the
Athlete Biological Passport with a subject becoming his/her own reference. This contrasts the
traditional approach of the Athlete’s variables in the blood will be taken into consideration to
confirm blood manipulation or aerobic performance enhancement”4.
Alla luce di tale processo d’analisi, è quindi evidente come l’ABP fornisca una prova
indiretta di doping. Esso, infatti, non rivela la presenza di una sostanza vietata nell’organismo di un
atleta come fa un test antidoping standard, ma piuttosto mira ad analizzare gli effetti che le sostanze
e/o i metodi proibiti recano nell’organismo dello sportivo.
3. La questione della irretroattività
Il Collegio TAS ha inteso da subito chiarire come l’ABP e la sua normativa non
possano ritenersi “una nuova violazione”.
Esso è piuttosto un nuovo metodo per la scoperta del doping ematico, pratica già vietata sul
piano del diritto sostanziale antidoping. Sulla base di tale considerazione preliminare, il Collegio
Arbitrale ha chiarito come i nuovi metodi scientifici, anche se non espressamente menzionati dalla
norma antidoping sostanziale, possano essere utilizzati in ogni momento al fine di determinare la
positività degli atleti.
2
3
4
Sulla prova degli esperti si veda Scientific and Expert Evidence, CONLEY & CAMPBELL-MORIARTY, 2007.
Si veda il paragrafo 5 del Lodo qui esaminato.
Si veda 1.0 Introduction and Scope.
100
NOTE A SENTENZA
Il passaporto biologico…
Infatti, l’unico limite che le organizzazioni antidoping incontrano con riferimento
all’utilizzo dei campioni biologici degli atleti è quello della finalità di riscontrare l’uso di pratiche o
metodi proibiti. Da ciò, si evince che campioni biologici prelevati agli atleti ai fini antidoping ben
possano essere utilizzati anche più volte – fermo restando il limite prescrizionale di otto anni –
qualora nuovi strumenti scientifici (e.g. ABP) consentano di riscontrare violazioni che in
precedenza erano sfuggite a controlli di vecchia generazione5.
In altre parole, il TAS chiarisce come l’utilizzo di nuovi strumenti d’indagine quali
l’ABP non abbia nulla a che vedere con il principio di irretroattività della norma antidoping.
Si ribadisce quindi il principio secondo il quale i progressi scientifici e tecnologici nella
lotta al doping non possano considerarsi efficaci solamente per l’accertamento di violazioni
successive al verificarsi di tali miglioramenti nelle tecniche di detection.
È infatti di tutta evidenza come una diversa impostazione porterebbe ad un’aberrante
disparità di trattamento tra atleti colpevoli delle medesime violazioni, con alcuni non sanzionati
unicamente perché metodi più scientificamente avanzati non erano stati già scoperti al momento
della loro condotta illecita.
Volendo fare un’analogia con il processo penale, ciò equivarrebbe ed escludere
l’applicazione di metodi quali il test del DNA a reati commessi antecedentemente alla scoperta di
tale strumento d’indagine. È chiaro che ciò sarebbe illogico ed iniquo.
Ovviamente il passaporto biologico, per sua natura, si presta a discussioni ed
interpretazioni in quanto un metodo indiretto non appare generalmente dotato della stessa forza
accusatoria scaturente da una conclamata positività ad una sostanza. Tuttavia, va però ricordato
come il lodo Caucchioli non rappresenti il primo caso di un atleta sanzionato solamente sulla base
di anomalie dei propri dati ematici.
Nel novembre 2009, il TAS aveva infatti confermato la decisione della International Skating
Union (“ISU”) che squalificava l’olimpionica Claudia Pechstein 6 per due anni a seguito dei valori
irregolari dei propri campioni biologici. Il Collegio Arbitrale considerò come tali valori anomali non
fossero risultanti da errori di laboratorio, quanto piuttosto di pratiche ematiche vietate.
5
6
Si veda sul punto il paragrafo 8.10 del Lodo CAS 2009/A/1931 Ekaterina Iourieva & Albina Akhatova v.
International Biathlon Union.
Lodo CAS 2009/A/1912 Claudia Pechstein v/International Skating Union CAS 2009/A/1913 Deutsche
Eisschnelllauf Gemeinschaft e.V. v/International Skating Union.
101
NOTE A SENTENZA
Il passaporto biologico…
Del resto, il commento dell’art. 3.2 del Codice WADA già specificava come sia possibile far
riferimento a “conclusions drawn from the profile of a series of the Athlete blood or urine samples”,
con ciò dando ab origine un sostanziale imprimatur all’utilizzo di tale metodo d’indagine.
4. L’onere della prova.
Come noto, l’onere della prova ai fini di stabilire la violazione della normativa antidoping
mediante l’ABP spetta all’organizzazione antidoping procedente7 e lo standard è chiaramente quel
“comfortable satisfaction” di cui all’art. 3.1 del Codice WADA. Tale standard è inferiore a quello di
rango penale (i.e. “oltre ogni ragionevole dubbio”) ma superiore a quello prettamente civilistico
(i.e. “bilanciamento delle probabilità”).
Come sopra esposto, la specificità tecnica della materia non può prescindere da valutazioni
tecniche e dal parere degli esperti. Alla luce di ciò, è ovvio come il Collegio TAS sia chiamato a
valutare caso per caso i fatti, i dati d’analisi e le effettive competenze sulle quali si basano le perizie
tecniche. Pertanto, nel lodo il Collegio chiarisce come la prima domanda cui va data risposta è
inerente all’affidabilità dei dati analitici sui quali l’ABP si basa.
A tal fine, gli arbitri incentrano la loro valutazione su due aspetti principali: (i) la regolarità
delle procedure di prelievo e di trasporto dei campioni (cd. “catena di custodia”) e (ii) la precisione
delle analisi effettuate sui campioni stessi.
L’ulteriore questione sulla quale il Collegio Arbitrale rivolge la propria attenzione è quella
relativa alle conclusioni tecniche scaturenti da quei dati analitici. Nel fare ciò è evidente che ciò che
rappresenta un’anomalia nel profilo ematologico di un atleta non è necessariamente derivante
dall’utilizzo di sostanze e/o metodi proibiti. A prova di ciò l’atleta è quindi chiamato a fornire prova
di quei “particular factors” (e.g. patologie in essere, allenamenti in altitudine ecc.) che possano aver
avuto un effetto sui parametri ematici.
Può quindi argomentarsi come nella valutazione degli elementi dell’ABP l’approccio del
Collegio TAS debba essere di tipo medico-legale8.
Nel caso in esame, il Collegio TAS ha riscontrato come non vi fosse alcun elemento atto a
porre in discussione la catena di custodia dei campioni o il dato scientifico risultante dalle analisi di
laboratorio. Essendo quindi i dati “attendibili”, il Collegio ha vagliato la consistenza delle
interpretazioni tecniche fornite dagli esperti delle parti e delle spiegazioni fornite dall’atleta.
7
8
Sul punto si veda Opinion CAS 2005/C/841 CONI, par. 84 e Pechstein, cit., par. 114.
Si vedano gli articoli Statistics and the Evaluation of Evidence of Evidence for Forensic Scientists, AITKEN AND TARONI, 2004 e
Data analysis in forensic sciences: a Bayesian decision perspective, TARONI ET AL, 2010.
102
NOTE A SENTENZA
Il passaporto biologico…
Come detto, l’esperienza nel campo del doping ematico degli esperti e il supporto della
documentazione scientifica a favore di una tesi piuttosto che dell’altra giocano in questo ambito un
ruolo decisivo nel determinare il convincimento del Collegio TAS.
5. Conclusioni.
Può osservarsi come la presente decisione rappresenti per l’ABP un significativo successo.
Sulle orme dell’UCI ora altre Federazioni Internazionali potranno attivarsi nell’implementare tale
metodo indiretto al fine di scoprire violazioni della normativa antidoping.
Tuttavia, non va dimenticato come l’elevata tecnicità del metodo non possa prescindere da
un rigoroso rispetto dei protocolli e delle regole previste per le fasi di prelievo, di trasporto e di
analisi dei campioni. Un’impostazione superficiale su tali punti rischierebbe infatti di minare alla
base l’attendibilità dei dati analitici e, di conseguenza, l’intero valore probatorio del profilo
ematologico risultante.
In conclusione, è indubbio che con questa pronuncia il TAS abbia chiarito una volta di più
come il principio di non retroattività e quello della lex mitior non abbiano alcuna attinenza con
l’adozione o meno di metodi più tecnologicamente avanzati di detection.
Essi infatti si riferiscono all’applicazione di norme sostanziali o previsioni sanzionatorie e
non certo a norme tecniche che permettano di scoprire una violazione della normativa antidoping
altrimenti lasciata impunita.
(*) Avvocato, associato dello Studio Coccia – De Angelis & Associati. Dal 2009 riveste il
ruolo di Procuratore Antidoping del CONI. .
103
NOTE A SENTENZA
Ultrattività del tesseramento…
FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO
00198 ROMA – VIA GREGORIO ALLEGRI, 14
CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE Sezioni Unite
COMUNICATO UFFICIALE N. 229/CGF (2010/2011)
TESTI DELLE DECISIONI RELATIVE AL
COM. UFF. N. 110/CGF – RIUNIONE DEL 2 DICEMBRE 2010
II° Collegio composto dai Signori
Presidente: Dott. Giancarlo CORAGGIO; Componenti: Dott. Gerardo MASTRANDREA,
Prof. Piero SANDULLI, Prof. Mario SERIO, Avv. Italo PAPPA, Avv. Carlo PORCEDDU,
Avv. Maurizio GRECO, Dott. Claudio MARCHITIELLO, Avv. Mario ZOPPELLARI Rappresentante A.I.A.: Dr. Carlo BRAVI - Segretario: Dott. Antonio METITIERI.
3) RICORSO PROCURATORE FEDERALE AVVERSO LA DECLARATORIA DI
DIFETTO DI GIURISDIZIONE DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE NAZIONALE
RELATIVA AL DEFERIMENTO DEL CALCIATORE JOSEPH DAYO OSHADOGAN - NOTA
N. 8092/318PF09-10/SP/AM/MA DEL 20.5.2010 – (Delibera della Commissione Disciplinare
Nazionale – Com. Uff. n. 14/CDN del 16.9.2010)
Con proprio atto del 20.5.2010 la Procura Federale della F.I.G.C. deferiva, alla
Commissione Disciplinare Nazionale, il calciatore Joseph Dayo Oshadogan, chiamandolo a
rispondere della violazione prevista dall’art. 1, comma 1 C.G.S. avendo mancato ai suoi doveri di
lealtà e probità; violazione nella quale il tesserato era incorso a causa del mancato rispetto di quanto
previsto dall’art. 30, commi 1, 2 e 3, dello Statuto federale, avendo lo stesso Oshadogan omesso di
richiedere l’autorizzazione ad adire le vie legali prima della proposizione di una querela nei
confronti di altro tesserato, l’allenatore di seconda categoria Maurizio Raggi.
La peculiarità della situazione, portata alla attenzione delle Sezioni Unite della Corte di
Giustizia Federale, deve ricercarsi nel fatto che, al momento della proposizione della querela,
inoltrata alla Questura di Pisa il 20.2.2007, il tesserato Oshadogan aveva visto sciolto, a seguito di
un lodo arbitrale reso il 9.2.2007, il proprio vincolo di tesseramento con la società Ternana Calcio e
104
NOTE A SENTENZA
Ultrattività del tesseramento…
che successivamente, il 6.3.2007, aveva ottenuto dall’Ufficio Tesseramenti della F.I.G.C. un
certificato internazionale di tesseramento che lo aveva vincolato, da quella data, alla società polacca
del Widzew Lodz, militante nel Campionato di Serie A di quella nazione.
Sosteneva, dunque, la difesa del tesserato Oshadogan, in prime cure, che al momento della
presentazione della querela, azionata in prossimità del termine processuale, egli non era più
vincolato con alcuna società calcistica italiana e conseguentemente nei suoi confronti non poteva
essere operativa di effetti la normativa della Federazione Italiana.
Con decisione del 16.9.2010 la Commissione Disciplinare Nazionale, adita in prime cure, ha
dichiarato il proprio difetto di giurisdizione sul presupposto che all’atto della proposizione della
querela (20.2.2007) il tesserato Oshadogan non fosse più vincolato con una società italiana, avendo
il lodo del 9.2.2007 sciolto il vincolo che legava il tesserato alla società Ternana e, pertanto, al
calciatore non potesse applicarsi il dettato dell’art. 1 C.G.S., né lo stesso fosse, in quel momento
tenuto al rispetto dello Statuto della F.I.G.C..
Avverso la decisione del 16.9.2010 la Procura Federale interponeva gravame con atto del
22.9.2010, adducendo che la decisione resa dalla Commissione Disciplinare appariva lesiva
del dettato dell’art. 4 del Regolamento F.I.F.A. che prescrive che “i professionisti che cessano di
giocare alla scadenza dei loro contratti e i dilettanti che cessano di giocare rimarranno tesserati
presso la Associazione nazionale (rectius: Federazione) dell’ultima società per la quale hanno
giocato per un periodo di trenta mesi. Il termine decorre dal giorno in cui il calciatore ha
giocato per l’ultima volta una partita ufficiale per la sua società” dando vita ad una sorta di
perpetuatio della “giurisdizione” del Giudice Sportivo italiano, sussistente alla data del 20.2.2007
(momento della querela non autorizzata), data in cui non era ancora operativo di effetti il
tesseramento con la società polacca intervenuto, soltanto, il successivo 6.3.2007.
Del resto aggiungeva nella sua memoria la Procura Federale la decisione della Commissione
Disciplinare dava vita ad un pericoloso vuoto di tutela certamente non condivisibile.
Per la delicatezza della questione, vertente in materia di giurisdizione, la stessa chiamata
innanzi alla Seconda Sezione della Corte di Giustizia Federale, veniva trasmessa alle Sezioni Unite
della stessa Corte le quali, in data 5.11.2010, ne fissavano la discussione.
In quella circostanza le Sezioni Unite della Corte di Giustizia Federale non discutevano, però,
la questione aderendo ad una istanza di rinvio proposta dalla difesa del tesserato Oshadogan (Avv.
Coco del Foro di Pisa) e non opposta dalla Procura Federale.
105
NOTE A SENTENZA
Ultrattività del tesseramento…
Successivamente, la questione veniva discussa nella adunanza del 2.2.2010 dal
rappresentante della Procura Federale dott. Chinè e dal difensore del tesserato, avv. Daniele Coco e
trattenuta in decisione.
La questione, portata all’attenzione delle Sezioni Unite delle Corte di Giustizia Federale, ha
ad oggetto il tema della “giurisdizione” del Giudice Sportivo Nazionale in presenza di un
trasferimento all’estero del tesserato o quando viene meno, per qualsiasi altra ragione, il
tesseramento dell’atleta con una società italiana.
In sostanza il tema portato alla attenzione della Corte di Giustizia Federale ha ad oggetto
l’estensione della “giurisdizione” della Giustizia Sportiva italiana quando il tesserato non è più
vincolato con alcuna società sportiva italiana.
Per
rispondere
al
quesito
proposto
dalla
Procura
Federale
occorre
muovere
dall’inquadramento del fenomeno sportivo di carattere internazionale che concepiva l’attività
agonistica non come settorializzata all’interno delle singole federazioni nazionali, ma inquadrata in
un contesto più ampio nel quale non possono essere individuate soluzioni di continuità, ma che va
costruito su base unitaria.
Alla luce di questa prima considerazione deve collocarsi la disposizione del codice F.I.F.A.
(art. 4), che trova applicazione nel nostro ordinamento, in quanto norma di un Organismo
internazionale cui la Federcalcio aderisce, tesa ad evitare che i comportamenti illegittimi posti in
essere in Italia, dei tesserati, trasferiti all’estero, non possano essere sanzionati.
Nel caso di specie, infatti, pur essendo stato dichiarato nullo il tesseramento che legava il
calciatore Oshadogan alla società Ternana Calcio S.p.A. lo stesso era, comunque, tenuto, per il
principio della perpetuatio sancito dall’art. 4 del Regolamento F.I.F.A., al rispetto della normativa
propria della Federazione italiana ed in particolare allo Statuto di essa ed al Codice di Giustizia
Sportiva.
Pertanto, permanendo l’operatività della “giurisdizione” sportiva italiana, almeno fino alla
data del tesseramento del calciatore presso la Federazione calcistica polacca, lo stesso alla data del
20.2.2007, data in cui il calciatore Oshadogan era svincolato dalla Ternana, ma non ancora
tesserato in favore del Widzew di Lodz, era tenuto al rispetto della normativa della Federcalcio
italiana ed assoggettato alla giustizia sportiva dalla stessa federazione.
Alla luce di quanto sopra deve essere cassata la decisione resa dalla Commissione
Disciplinare Nazionale in quanto sussiste la giurisdizione degli Organi di Giustizia Sportiva della
106
NOTE A SENTENZA
Ultrattività del tesseramento…
F.I.G.C. Per l’effetto la questione deve essere rinviata alla Commissione Disciplinare Nazionale per
giudicare sul merito della vertenza dedotta in giudizio.
Per questi motivi la C.G.F. dichiara la sussistenza della giurisdizione del Giudice sportivo
endofederale e rimette la vertenza alla Commissione Disciplinare Nazionale per il merito della
vicenda.
IV Collegio composto dai Signori
Presidente: Dott. Giancarlo CORAGGIO; Componenti: Prof. Piero SANDULLI, Prof.
Mario SERIO, Avv. Italo PAPPA, Avv. Carlo PORCEDDU, Avv. Maurizio GRECO, Dott. Claudio
MARCHITIELLO, Avv. Mario ZOPPELLARI, Avv. Maurizio BORGO - Componenti aggiunti:
Dott. Maurizio DE FILIPPO, Dott. Gian Matteo CIAMPAGLIA, Prof. Mauro SFERRAZZA –
Rappresentante A.I.A.: Dr. Carlo BRAVI - Segretario: Dott. Antonio METITIERI.
10) RICORSO S.S. CAVESE 1919 S.R.L. AVVERSO LE SANZIONI:
INIBIZIONE PER MESI 13 AL SIG. ACCARINO ADOLFO, AMMINISTRATORE
UNICO E LEGALE RAPPRESENTANTE DELLA S.S. CAVESE 1919 S.R.L.;
PENALIZZAZIONE DI PUNTI 5 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA
CORRENTE STAGIONE SPORTIVA 2010/2011 ALLA SOCIETÀ;
INFLITTE A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE –
NOTA N. 2093/95PF10-11/SP/BLP DEL 14.10.2010 - PER VIOLAZIONE DEGLI ART.
10, COMMA 3 E 4, COMMA 1 C.G.S., IN RELAZIONE AL TITOLO I) PARAGRAFO III)
LETT. B) PUNTI 4), 5), 7) E LETT. C) PUNTI 1 E 2 DEL C.U. 117/A DEL 25.5.2010
(Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 25/CDN del 3.11.2010)
La CO.VI.SO.C segnalava alla Procura Federale con nota del 3.8.2010, n. 2871, alcune
violazioni commesse dalla società Cavese inerenti l’ammissione ai campionati professionistici
2010/2011.
In particolare:
A) violazione al titolo I), paragrafo III), lett. b), punto 7, del Com. Uff. n. 117/A del 25.5.2010
per non aver depositato entro il termine del 30.6.2010 la prevista fidejussione bancaria a favore
della F.I.G.C.;
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NOTE A SENTENZA
Ultrattività del tesseramento…
B) violazione al titolo I), paragrafo III), lett. b), punto 4, del Com. Uff. n. 117/A del 25.5.2010
per il mancato deposito della dichiarazione attestante l'avvenuto pagamento delle ritenute IRPEF e
dei contributi ENPALS riguardanti gli emolumenti dovuti ai tesserati fino ad aprile 2010;
C) violazione al titolo I), paragrafo III), lett. b), punto 5, del Com. Uff. n. 117/A del 25.5.2010
per il mancato deposito della dichiarazione entro il termine del 30.6.2010 attestante l'avvenuto
pagamento dei tributi IRES, IRAP ed IVA;
D) violazione al titolo I), paragrafo III), lett. c), punto 2, del Com. Uff. n. 117/A del 25.5.2010
per il mancato ripianamento della carenza patrimoniale di € 197.285,00 entro il termine del
6.7.2010;
E) violazione al titolo I), paragrafo III), lett. c), punto 1 del Com. Uff. n. 117/A del 25.5.2010,
mancato superamento della situazione prevista dall’art. 2482, ter cc, non avendo la società
provveduto entro il termina del 6.7.2010.
Tutte dette violazione venivano sanate, oltre il termine previsto dalla citata normativa, e la
società ne forniva la relativa documentata prova in sede di ricorso avverso la delibera della
CO.VI.SO.C del 7.6.2010.
La Procura Federale, preso atto di quanto rappresentato dalla CO.VI.SO.C, deferiva alla
Commissione Disciplinare Nazionale la società Cavese ai sensi dell’art. 4, comma 1, C.G.S.,
nonché l’amministratore unico e legale rappresentante della società stessa, Accarino Adolfo, ai sensi
dell’art. 10, comma 3, C.G.S. in relazione ai sopra citati articoli del più volte richiamato Com. Uff.
del 25.5.2010.
La Commissione Disciplinare Nazionale (cfr. Com. Uff. n.25 del 3.11.2010) inibiva per mesi
13 il signor Accarino e comminava 5 punti di penalizzazione, da scontarsi nella corrente Stagione
Sportiva, alla società Cavese.
Quest’ultima proponeva impugnazione contestando con articolate argomentazioni le
conclusioni cui era giunta la Commissione Disciplinare evidenziando come la punizione sia del
Dirigente sia della società fosse eccessiva e spropositata, rilevando altresì che alcuni degli
inadempimenti contestati erano indissolubilmente ed imprescindibilmente connessi tra loro, tant’ è
che la sanzione a carico della società – subordinatamente – andava ridotta a 3 o al massimo
4 punti di penalizzazione.
La fondatezza di tale subordinato assunto era altresì dimostrata dal fatto che la stessa Procura
Federale, nel corso del giudizio di I° grado, ammetteva la fondatezza di detta tesi difensiva, che
vedeva il ripianamento della carenza patrimoniale ed il superamento della situazione prevista
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NOTE A SENTENZA
Ultrattività del tesseramento…
dall’art. 2482 ter., cc, teleologicamente legati e tali da dover essere considerati come un'unica
violazione.
Ancora, secondo parte ricorrente, detti fatti dovevano considerarsi assorbiti nelle
contestazioni relative ai mancati versamenti contributivi, previdenziali e fiscali; quindi per le
medesime ragioni andava conseguenzialmente ridotta la sanzione – oltre a quella comminata a
carico della società – inflitta al suo legale rappresentante dott. Accarino.
Ritiene questa Corte il ricorso infondato e non meritevole di accoglimento.
Risulta dagli atti che la CO.VI.SO.C. ha potuto accertare, senza ombra di dubbio,
l’inosservanza da parte della società Cavese degli adempimenti amministrativi-contabili sopra
specificati entro i termini tassativamente previsti per ciascun adempimento.
A nulla rileva il fatto evidenziato dalla difesa che i pagamenti, e gli ulteriori adempimenti
necessari all’ottenimento della Licenza Nazionale ai fini dell’ammissione al campionato, sarebbero
avvenuti solo con pochi giorni di ritardo rispetto al termine previsto dalla normativa federale.
Al riguardo, non può avere alcuna rilevanza la circostanza, invocata nell’impugnazione, che
il ritardo fosse dovuto ad improvvisi ed imprevedibili problemi di carattere organizzativo ed
economico, per altro indipendenti dalla volontà della società stessa, dovendosi anzi valutare il fatto
che il massimo dirigente si fosse adoperato fattivamente per superare le anzidette difficoltà.
Al riguardo, osserva questa Corte che la perentorietà dei termini non ammette scusanti di sorta
non essendo prevista la possibilità di una “sanatoria” che elida la portata della sanzione prevista in
presenza di qualsivoglia supposta causa giustificatrice del ritardo.
Né, d’altra parte, può trovare accoglimento la tesi della difesa che tende a considerare come
unica violazione quelle che al contrario sono state previste dalla normativa come diversi e singoli
specifici adempimenti.
Trattasi, infatti, di fattispecie – ed adempimenti connessi - nettamente distinte e previste in
diversi capi del più volte citato Com. Uff. n. 117/A; con la conseguenza che la violazione comporta
sanzioni singole e differenti non essendo previsto nel sistema normativo né l’istituto della
continuazione, né quello del concorso.
Per le ragioni sopra esposte appare evidente che la decisione del Giudice di prime cure è
esente da censura ed è pertanto condivisa da questa Corte.
Per questi motivi la C.G.F. respinge il ricorso come sopra proposto dall’S.S. Cavese 1919
S.r.l. di Cava de’ Tirreni (Salerno).
Dispone incamerarsi la tassa reclamo.
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NOTE A SENTENZA
Ultrattività del tesseramento…
12) RICORSO VILLACIDRESE CALCIO S.R.L. AVVERSO LE SANZIONI:
INIBIZIONE PER MESI 18 AL SIG. MARROCU SIRO, PRESIDENTE DEL CDA E
LEGALE RAPPRESENTANTE DELLA VILLACIDRESE CALCIO S.R.L.;
INIBIZIONE PER MESI 6 AL SIG. PALMAS MARCO, PRESIDENTE DEL
COLLEGIO SINDACALE DELLA
VILLACIDRESE
CALCIO
S.R.L. E
SOGGETTO RESPONSABILE DEL CONTROLLO CONTABILE;
PENALIZZAZIONE DI PUNTI 5 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA
CORRENTE STAGIONE SPORTIVA 2010/2011 ED AMMENDA DI € 3.000,00
ALLA SOCIETÀ;
INFLITTE A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA
N. 2070/102PF10-11/SP/BLP DEL 13.10.2010 -
PER LE VIOLAZIONI RISPETTIVAMENTE
ASCRITTE DEGLI ARTT. 8, COMMA 1, 10, COMMA 3 E 4, COMMA 1 C.G.S., IN
RELAZIONE AL TITOLO I) PARAGRAFI III), LETT. B), PUNTI 4), 5), 6), 8) E IV) LETT. A)
PUNTO 1) DEL C.U. 117/A DEL 25.5.2010 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale
– Com. Uff. n. 26/CDN del 3.11.2010)
La società Villacidrese Calcio S.r.l., in persona del Presidente del CdA, legale rappresentante
pro tempore, signor Siro Marrocu e degli altri membri del CdA., signor Davide Farris e signor
Luciano Porcedda, nonché il signor Siro Marrocu in proprio e il signor Marco Palmas, presidente
del collegio sindacale e responsabile del controllo contabile della società, per quanto addebitatogli,
inoltrava in data 5.11.2010 innanzi alla C.G.F. tempestivo e rituale gravame avverso la decisione di
cui in epigrafe con la quale il Giudice di prime cure infliggeva sanzioni personali a carico dei
dirigenti e 5 punti di penalizzazione da scontarsi nella corrente Stagione Sportiva a carico del
sodalizio sardo.
La vicenda traeva origine da atto di incolpazione del Procuratore Federale, che con proprio
provvedimento Prot. 2070/102pf10-11/SP/blp, deferiva innanzi alla Commissione Disciplinare
Nazionale i prevenuti, per la violazione delle seguenti disposizioni del Codice di Giustizia Sportiva:
- Marrocu Siro, nella qualità di presidente del CdA e legale rappresentante p.t della
Villacidrese Calcio S.r.l., dell'art. 10, comma 3, C.G.S. in relazione al titolo I) par. III, lett. b)
punti
4,5, 6 e 8 del Com. Uff. n.117/A del 25.5.2010 ai fini dell'ammissione ai campionati
professionistici
110
NOTE A SENTENZA
Ultrattività del tesseramento…
2010/2011; dell’art 10 comma 3 C.G.S. in relazione al titolo I), par. IV, lett a), punto 1) del
Com. Uff. n. 117/A del 25.5.2010 ai fini dell’ammissione ai campionati professionistici 2010/2011,
nonché, personalmente, dell’art 8, comma 1 C.G.S. per dichiarazione non veridica effettuata alla
Co.Vi.So.C in data 6.7.2010, per la parte relativa al pagamento dei tributi IRES, IRAP e IVA;
- Palmas Marco, nella qualità di presidente del collegio sindacale e responsabile del
controllo contabile della Società, dell'art. 8, comma 1, C.G.S. per dichiarazione non veridica
effettuata alla Co.Vi.So.C in data 6.7.2010, per la parte relativa al pagamento dei tributi IRES, IRAP
e IVA;
- la Villacidrese Calcio S.r.l. a titolo di responsabilità diretta e oggettiva ex art. art. 4, comma
l e 2, C.G.S., per la condotta ascritta al proprio Legale rappresentante e al soggetto responsabile del
controllo contabile e presidente del collegio sindacale.
A tale conclusione si giungeva a seguito di nota del 3.8.2010 a cura della Commissione di
Vigilanza sulle Società di Calcio (d'ora innanzi anche Co.Vi.So.C.).
Impugnato ritualmente il deliberato della Commissione Disciplinare Nazionale, la ricorrente,
a mezzo del suo difensore, Avv. Giannichedda compariva alla seduta del 2.12.2010 riportandosi
all’atto di gravame e concludeva per il proscioglimento dalle violazioni di cui all’art. 10, comma 3
C.G.S. in relazione al Titolo I), par. III), Lett. b), punti 6 e 8 del Com. Uff. n. 117/A nonché
dell’art. 8, comma 1 C.G.S.. Il Vice Procuratore Federale, nella persona del Dott. Chinè, si
opponeva preliminarmente alla produzione documentale nuova chiedendo che fosse dichiarata
inammissibile e concludeva per il rigetto dell’appello.
Con riferimento al capo di incolpazione relativo alla assunta violazione dell’art. 10 comma 3
C.G.S. in relazione al Titolo I, Par. III), Lett. b), punti 6) e 8) del Com. Uff. n. 117/A del
25.5.2010, la ricorrente produceva per la prima volta innanzi alla C.G.F. documentazione (all. da 1
a 8 fascicolo d’appello) che proverebbe in pieno l'errore scusabile, in cui, in ordine all'accusa di
omesso deposito entro il 30.6.2010 delle copie delle ricevute di invio telematico delle dichiarazioni
relative al periodo di imposta terminato al 31.12.2008 e della nota contenente gli estremi di un
conto corrente bancario dedicato, è incorso il sodalizio.
L’esame della documentazione richiamata, in particolare della nota del 4.11.2010
proveniente dalla Lega Pro con la quale, quest’ultima, dichiara “di aver trasmesso documentazione
destinata alla Covisoc – da codesta società erroneamente depositata presso questa Lega lo
scorso
111
NOTE A SENTENZA
Ultrattività del tesseramento…
30 giugno,….via fax alla Covisoc il successivo 5.7.2010…” e la missiva formulata dal
Marrocu Siro all’indirizzo della Lega Pro e recante data vergata a mano del 5.7.2010, oltre a non
fornire certezza in ordine al contenuto degli atti che sarebbero stati inviati, risulta comunque tardiva
rispetto alla scadenza del 30.6.2010.
Questa Corte ritiene allora non invocabile l’errore scusabile dedotto a difesa dalla società
Villacidrese sia perché l’odierna ricorrente ha partecipato nella stagione 2009/2010 al
Campionato di Lega Pro ed era quindi consapevole delle prescrizioni federali disciplinanti il
campionato di competenza, sia in quanto le disposizioni fissate dalla normativa federale pubblicate
il 25.5.2010 non lasciano spazio a dubbi di sorta in ordine ai soggetti operanti ai fini
dell’espletamento degli adempimenti richiesti.
La documentazione inerente l’iscrizione ai campionati di competenza per la stagione
(essenzialmente quella di natura legale) in parte alla CO.VI.SO.C (quella economicofinanziaria). E non c’è dubbio che le prescrizioni non osservate rivestono natura squisitamente
finanziaria soggette, pertanto, alla verifica e controllo dell’Organo Federale a ciò deputato.
Priva di pregio, dunque, l’eccezione svolta sul punto dalla ricorrente che va quindi disattesa.
Venendo all’esame della contestata violazione dell’art. 8, comma 1, C.G.S. per dichiarazione
non veritiera effettuata alla CO.VI.SO.C in data 6.7.2010 sottoscritta dal Legale rappresentante e
dal soggetto responsabile del controllo contabile, per la parte relativa alla comunicazione di
avvenuto pagamento dei tributi IRES, IRAP ed IVA la società assume di avere provveduto al
pagamento di tutti i debiti fiscali definitivi e che il richiesto ed eseguito pagamento della somma di
€ 7.705,73 non si riferirebbe a tale tipologia di debiti.
Deduce altresì, nella ipotesi denegata, di riconoscimento della mendacità della
dichiarazione, l’assenza di dolo o colpa grave tali da scriminare la condotta contestata.
La Corte osserva che il più volte citato Com. Uff. n. 117/A, nella parte di interesse, (titolo I,
par. III), lett. b) punto 5), prescrive di “depositare presso la Co.Vi.So.C., anche mediante fax, una
dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante della società e dal soggetto responsabile de
controllo contabile o dal presidente del collegio sindacale o del consiglio di sorveglianza,
attestante l’avvenuto pagamento dei tributi IRES, IRAP ed IVA, esposti nelle relative dichiarazioni,
riferiti ai periodi di imposta terminati entro il 31 dicembre degli anni 2004, 2005, 2006, 2007 e
2008. Per le suddette annualità e per le precedenti, le società devono, altresì, dichiarare
l’avvenuto pagamento degli stessi tributi, relativi ad atti divenuti definitivi con cartella di
pagamento
112
NOTE A SENTENZA
Ultrattività del tesseramento…
notificata entro il 30.4.2010….”. Orbene, il tenore letterale degli enunciati nei quali si articola
il testo della norma federale in esame, in base al canone ermeneutico di cui all’art. 12 preleggi,
depone nel senso di considerare come ulteriore (l’avverbio altresì ha senz’altro valore aggiuntivo) la
prescrizione relativa alla dichiarazione attestante l’avvenuto pagamento di quegli stessi tributi
dovuti per le annualità dal 2004 al 2008 eventualmente contestati dal fisco con cartella notificata
entro il 30.4.2010.
Anche tale doglianza appare, pertanto, infondata.
Da ultimo il sodalizio sardo deduce
“violazione del principio di giustizia equità e
proporzionalità in relazione all’art. 16, comma 1 C.G.S., in quanto la Commissione Disciplinare
Nazionale ha adottato un'interpretazione meramente formalistica del dettato normativo, operando un
mero calcolo algebrico al fine di determinare le sanzioni da infliggere, senza considerare la
peculiarità del caso e l'esatta ricostruzione dei fatti come dedotti dalla reclamante e comprovati per
tabulas”.
Sul punto giova ricordare che il Com. Uff. n. 117/A ha delineato un articolato sistema per
l’accesso alle Licenze Nazionali per il Campionato in corso, prevedendo la necessità che le società,
per partecipare alla competizione di competenza, ottengano la stessa licenza e stabilendo come
misura strumentale che esse osservino una molteplicità di adempimenti, puntualmente ed
analiticamente descritti, in relazione ai criteri economico-finanziari e legali, ai criteri infrastrutturali
nonché ai criteri sportivi e organizzativi.
Distinte disposizioni sono state emanate con riferimento all’osservanza di ciascuno di tali
criteri, mediante la previsione degli adempimenti specifici e del relativo calendario.
La comune scelta normativa, omogenea alla struttura delle modalità adempitive di ciascuno
dei criteri, è stata quella di considerare atomisticamente i singoli adempimenti, nell’evidente
presupposto della loro essenzialità e di configurare come illecito disciplinare autonomamente
perseguibile ciascuna violazione sotto forma di mancata osservanza della condotta richiesta in
relazione a ciascuna delle circostanze individuate nel comunicato.
E’, infatti, costantemente ripetuto il caveat che ciascun inadempimento costituisce di per sé
illecito disciplinare: è agevole l’esegesi di questo genere di precetto, e cioè che, da un canto, il
legislatore ha descritto un modello puramente formale ed inderogabile di condotta esigibile, mentre,
d’altro canto, ha reso del tutto irrilevante – in analogia a quanto l’ordinamento prevede per i reati
contravvenzionali – il possibile elemento soggettivo (dolo o colpa) che potrebbe in astratto
sorreggere l’elemento materiale dell’illecito.
113
NOTE A SENTENZA
Ultrattività del tesseramento…
possibile identità di disegno violativo delle disposizioni, fedele alla propria linea di attribuire
specifico rilievo a ciascun adempimento. Né, peraltro, pare a queste Sezioni Unite che la tecnica
normativa possa prestarsi a censure di irragionevolezza, tenuto conto che essa obbedisce ad un
disegno implementativo di disposizioni legislative cogenti anche in ambito federale e mira a
salvaguardare beni fondamentali quali salute, sicurezza etc. alla cui salvaguardia il rigoroso
catalogo di prescrizioni è indubbiamente orientato. E la severità delle sanzioni, nonché il metodo
della loro applicazione (una distinta sanzione per ciascun inadempimento), del tutto razionalmente
si concilia con i valori che attraverso questa via normativa vengono opportunamente ed
adeguatamente protetti. Da questa politica legislativa, calibratamente inverata attraverso la
equilibratissima pronuncia dei giudici di primo grado, queste Sezioni Unite non vedono ragione
alcuna per discostarsi.
Per questi motivi la C.G.F. respinge il ricorso come sopra proposto dalla Villacidrese
Calcio S.r.l. di Villacidro (Villacidro – Sanluri).
Dispone incamerarsi la tassa reclamo
13) ISTANZA DI RIABILITAZIONE DEL CALCIATORE ALFONSO LAZZARI matricola
n. 2.796.879
Con rituale istanza 17.11.2010 il calciatore Lazzari Alfonso, nato a Camberra il 14.5.1964,
residente in Roma, già tesserato per il C.S.R. Morandi di Ostia Ponente, ha proposto richiesta di
riabilitazione conseguente alla sanzione disciplinare della squalifica fino al 29.11.2006 irrogatagli
dal Giudice Sportivo presso il Comitato Regionale Lazio (Com. Uff. n. 33 del 29.11.2001), con
proposta di preclusione poi ratificata dal Presidente Federale (Com. Uff. n. 166/A del 15.5.2003).
A supporto dell'istanza ha prodotto l'autocertificazione attestante la sussistenza dei requisiti di
cui all'art. 19.3 della previgente normativa in materia, poi modificata dall'art. 26.3 C.G.F..
Nella seduta del 2.12.2010 la C.G.F. - Sezioni Unite – ha esaminato la richiesta, accogliendola
in quanto sussistenti i requisiti normativi.
Si osserva, infatti, che la squalifica di anni cinque aveva esaurito i suoi effetti il 29.11.2006 e
che, inoltre, era decorso il termine di anni sei ex art. 19.3 C.G.S., norma, questa, che deve essere
applicata in quanto più favorevole rispetto al vigente art. 26.3 C.G.S..
Per questi motivi la C.G.F. accoglie l’istanza di riabilitazione avanzata dal calciatore
Alfonso Lazzari sussistendone i presupposti.
Pubblicato in Roma il 5 aprile 2011
114
NOTE A SENTENZA
Ultrattività del tesseramento…
ULTRATTIVITA' DEL TESSERAMENTO E
GIURISDIZIONE SPORTIVA
NOTA
A
C.G.F F.I.G.C C.U. N. 110
di Domenico Zinnari (*)
La decisione che qui brevemente si annota resa della Corte di Giustizia F.I.G.C., trae origine
dalla presentazione da parte di un calciatore tesserato, o ritenuto tale essendo questo il nodo
gordiano della vicenda come si dirà oltre, di un atto di querela nei confronti di un allenatore.
Nel predetto atto l’atleta assumeva di essere stato destinatario di dichiarazioni ingiuriose
pronunciate dal tecnico nel corso di una trasmissione televisiva avendo costui, richiesto di un
commento sulla notizia circa la soccombenza della società all’esito del giudizio arbitrale intentato
dal calciatore, espresso giudizi derisori e considerazioni diffamatorie.
L’aspetto singolare della vicenda è rappresentato dalla tempistica in ordine alla presentazione
della
querela intervenuta solo successivamente alla pronuncia del lodo arbitrale
che aveva
dichiarato la risoluzione del contratto di lavoro con conseguenziale decadenza del tesseramento.
A fronte del deferimento da parte della Procura Federale attesa la ritenuta violazione dell’art.
30 dello Statuto Federale per avere il calciatore in difetto di preventiva autorizzazione adito
l’Autorità Giurisdizionale Statale, la difesa rilevava il difetto di giurisdizione della Commissione
Disciplinare non potendosi ritenere il calciatore soggetto tesserato all’atto della commissione
dell’illecito disciplinare.
La Commissione Disciplinare dichiarava il proprio difetto di giurisdizione sul presupposto
che all’atto della proposizione della querela il tesserato non fosse più vincolato con la società
sportiva, avendo il lodo risolto il vincolo che legava il tesserato alla società e, pertanto, al calciatore
non potesse applicarsi il dettato dell’art. 1 C.G.S., né lo stesso fosse, in quel momento, tenuto al
rispetto delle norme endoassociative.
La Corte di Giustizia Federale, di contro, muovendo da una visione dell’attività “agonistica
non come settorializzata all’interno delle singole federazioni nazionali, ma inquadrata in un
115
NOTE A SENTENZA
Ultrattività del tesseramento…
contesto più ampio nel quale non possono essere individuate soluzioni di continuità, ma che va
costruito su base unitaria”, ha ritenuto applicabile la norma contenuta nell’ambito dell’art. 4 del
Regolamento sullo Status ed i Trasferimenti dei Calciatori F.I.F.A. (art. 4) secondo cui “i
professionisti che cessano di giocare alla scadenza dei loro contratti e i dilettanti che terminano la
loro attività calcistica rimangono tesserati presso la Federazione di appartenenza dell’ultima società
per la quale hanno giocato per un periodo di 30 mesi”.
Ad avviso della Corte tale disposto “trova applicazione nel nostro ordinamento, in quanto
norma di un Organismo internazionale cui la Federcalcio aderisce, tesa ad evitare che i
comportamenti illegittimi posti in essere in Italia, dei tesserati, trasferiti all’estero, non possano
essere sanzionati”.
Nel caso di specie, pertanto, pur considerando come ai sensi dell’art. 117 N.O.I.F. “ la
risoluzione del rapporto contrattuale con i calciatori professionisti, determina la decadenza del
tesseramento dal giorno in cui i competenti Organi Federali ne prendono o ne danno ufficialmente”,
il calciatore dovrebbe considerarsi ad ogni effetto soggetto alla potestà disciplinare della
giurisdizione domestica per i fatti commessi nelle more di un eventuale nuovo tesseramento.
La
decisione della Corte di Giustizia pare chiudere il cerchio, nell’intendimento del
giudicante, in ordine al tema della perpetuatio iurisdictionis, richiamando alla memoria, pur nella
diversità della fattispecie essendo nel caso che ci occupa in discussione la qualità di tesserato
all’atto della commissione dell’illecito, le difficoltà interpretative ed applicative già in passato
emerse in tema di cessazione del vincolo associativo a seguito di dimissioni del tesserato
anteriormente all’inizio del procedimento disciplinare.
Sul punto non può non richiamarsi la pronuncia della Corte di Giustizia, a Sezioni Unite, che,
in data 27 ottobre 2008 (Com. Uff. n. 53/CGF), pur consapevole della sussistenza di precedenti
decisioni rese in senso difforme da diversi Organi di giustizia sportiva, ha stabilito che “…la
rinuncia da parte di un tesserato federale a tale sua qualità, intervenuta anteriormente all’inizio di un
procedimento disciplinare instaurato a suo carico – essendo la fattispecie della rinuncia successiva
specificamente disciplinata dalla norma di cui all’art. 36, comma 7, N.O.I.F. – rende il dimissionario
non più soggetto al vincolo di giustizia di cui all’art. 30 dello Statuto federale e di conseguenza non
più sottoponibile al giudizio disciplinare l’ex tesserato, che ormai non fa più parte dell’ordinamento
sportivo e, quindi, non è più soggetto alla giurisdizione domestica esercitata dagli Organi di
Giustizia Federale”.
116
NOTE A SENTENZA
Ultrattività del tesseramento…
Tale pronuncia, con buona pace della funzione normofilattica della Corte di Giustizia, era
apertamente contrastata dalla immediatamente successiva decisione della Commissione Disciplinare
(in C.U. n. 34 del 6 novembre 2008) ove, non senza vis polemica, si affermava, di contro, che:
“all’epoca della condotta contestata il deferito risultava tesserato della FIGC e quindi soggetto alle
regole dell’ordinamento Federale, onde permane nei suoi confronti l’interesse della FIGC ad
ottenere un provvedimento che accerti l’eventuale responsabilità del deferito in ordine ai fatti
contestati e, dunque, non può non persistere l’operatività del vincolo da lui assunto con la
costituzione del rapporto associativo, a norma dell’art. 30, comma 2, Statuto Federale (già art. 27,
comma 2, a prescindere dalla eseguibilità della eventuale sanzione. A ciò si aggiunga che,
ragionando a contrariis, si consentirebbe paradossalmente la facile elusione dell’azione disciplinare
da parte del soggetto che, avuta notizia dell’avvio di indagini nei propri confronti, ben potrebbe
preventivamente dimettersi, sottraendosi in tal modo all’eventuale provvedimento. Alla luce degli
argomenti sopra illustrati questa Commissione ritiene di non dover condividere sul punto la diversa
decisione assunta dalla Corte Federale con CU n. 21/CF del 21 giugno 2007, nonché quella assunta
dalla Corte di Giustizia Federale con CU n. 53/CGF del 27.10.2008".
Il Consiglio Federale, nell’ottica di ribadire la perdurante vigenza del principio della
perpetuatio iurisdictionis, a mente del quale i soggetti appartenenti all’ordinamento federale restano
sottoposti alla potestà punitiva degli organi di giustizia della Federazione purché (e quindi a
sufficienza che) l’illecito contestato sia stato commesso in costanza di tesseramento, e visto l’art.
16, comma 3, dello Statuto Federale, che vieta il tesseramento di chiunque si sia sottratto
volontariamente, con dimissioni o mancato rinnovo del tesseramento, ad un procedimento
instaurato o ad una sanzione irrogata nei suoi confronti, ha ritenuto di dover adeguare alla suddetta
norma statutaria il disposto del richiamato art. 36, comma 7, delle N.O.I.F., che è stato quindi
riformulato nel senso che “è vietato il tesseramento di chiunque si sia sottratto volontariamente, con
dimissioni o mancato rinnovo del tesseramento, ad un procedimento instaurato o ad una sanzione
irrogata nei suoi confronti”.
Nondimeno anche l’art. 19, comma 1, C.G.S. veniva, “in via di interpretazione autentica”,
con C.U.n. 74/A dell’1.12.2008, riformulato nel senso di chiarire, evitando ogni incertezza
applicativa, che per l’ordinamento sportivo settoriale la punibilità di dirigenti e tesserati si ha
all’integrarsi della sola condizione che si tratti di “fatti commessi in costanza di tesseramento”, con
riguardo dunque anche alla figura del successivo extraneus, sempre “ferma restando l’applicazione
degli articoli 16, comma 3, dello Statuto e 36, comma 7, delle N.O.I.F.”.
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NOTE A SENTENZA
Ultrattività del tesseramento…
Da qui, ritornando alla pronuncia in commento, la centralità della problematica circa
l’accertamento della sussistenza dello “status” di tesserato al tempus commissi delicti, non essendo
in contestazione l’assenza della predetta qualifica all’atto dell’instaurazione del procedimento
disciplinare (l’atleta infatti pochi giorni dopo la presentazione della querela aveva ottenuto il
transfert internazionale tesserandosi in favore di società sportiva estera ed ivi svolgeva la propria
attività all’atto del deferimento).
La soluzione offerta dalla Corte di Giustizia, per quanto giustificata da evidenti ragioni di
ordine pratico tese ad prevenire ipotetici vuoti “di tutela”, pare di fatto introdurre, in difetto di
specifico recepimento da parte del legislatore federale della normativa internazionale, ed anzi in
presenza di norma (cfr. art. 117 NOIF) di tenore invero opposto, un principio di ultrattività del
vincolo di tesseramento e dunque anche del vincolo di giustizia che non mancherà di suscitare
nuove più approfondite riflessioni anche sulla tematica della perpetuatio iurisdictionis.
(*) Avvocato del foro di Lecce.
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NOTE A SENTENZA
PARTE QUARTA
SAGGI
SOMMARIO:
pag.120
IGNACIO ARROYO, Contador, grazie!
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Contador, grazie.
CONTADOR, GRAZIE.
di Ignacio Arroyo (*)
Le controversie sportive al di fuori della giustizia ordinaria guadagnano in celerità ed
imparzialità
La notizia del possibile doping di Alberto Contador ha fatto il giro del mondo e suscita
riflessioni in ambiti tra loro molto diversi come lo sport, la salute, l’alimentazione, l’educazione,
l’economia, la politica, la morale e la giustizia. Ed é opportuno che sia così, dal momento che alla
figura mediatica del personaggio, recente vincitore del Tour per la terza volta, si unisce la natura
polivalente dell’attività sportiva. Ciò spiega perché la società tratti con la massima attenzione l’esito
della notizia. Contador é un eroe o un disonesto?
Le riflessioni che seguono non pretendono di dare una risposta ad una domanda così
complessa, bensì di avvicinarci a due aspetti centrali della questione.
Il primo consiste in chi giudicherà Contador. É possibile che il fatto venga anzitutto portato
innanzi alle autorità sportive, in questo caso la Federazione Spagnola di Ciclismo, vincolata alla
Unione Ciclista Internazionale (UCI) e secondo il Codice dell’Associazione Mondiale Antidoping
(AMA) ed in un secondo momento, se alcuna delle parti lo considera, innanzi al Tribunale Arbitrale
dello Sport (TAS). Non sarà invece incardinato innanzi un organo giudiziale. Si consideri che le
controversie sportive, salvo i casi aventi incidenza penale, restano fuori della giustizia ordinaria:
tutti i contratti tra ciclisti ed i propri rispettivi team, e tra questi e la Federazione competente,
includono una clausola di stile che compromette in arbitri qualsiasi controversia.
Ciò premesso, dobbiamo applaudire il fatto che lo sport abbia optato per una via alternativa
a quella dei tribunali giurisdizionali, per molteplici motivi resi evidenti dall’esperienza. Celerità,
specializzazione ed imparzialità sono vantaggi dell’arbitrato rispetto al processo giudiziale.
La celerità é fuori discussione.
Il TAS ha risolto il caso Valverde in dieci mesi, mentre il caso “operación puerto”, innanzi il
G.I.P. n. 31 di Madrid, iniziò quasi cinque anni or sono ed ancora oggi non v’é indicazione
dell’inizio del processo.
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SAGGI
Contador, grazie.
Può forse un ciclista attendere 5, 6 o 10 anni per sapere definitivamente se é colpevole o
innocente? Occorrerà ricordare che la sua vita sportiva é, normalmente, più breve della durata di un
processo giudiziale?
La specializzazione é un’altra delle ragioni che motivarono la creazione del TAS, sotto gli
auspici del COI, fissando la sede in Losanna e con delegazioni in New York e Sidney. Tutti gli
arbitri sono qualificati specialisti in diritto sportivo e la stessa istituzione gode di un’ampia
esperienza maturata attraverso la soluzione di circa 2000 casi durante i quasi 25 anni di attività. Al
rivolgersi alla giurisdizione civile o amministrativa, é risaputo che i giudici conoscono materie
molto diverse come sfratti, divorzi, sanzioni per la circolazione stradale o esecuzioni forzate, così
frequenti come estranee alla specializzazione sportiva.
L’imparzialità non significa dubitare dell’indipendenza dei giudici, affermatasi da secoli
salvo pochissime eccezioni. Si tratta piuttosto di garantire al massimo l’indipendenza del
giudicante, compresi gli aspetti formali e di etichetta, essenziali nel processo.
Lo sport che oggi ci riguarda é internazionale e pertanto devono essere sopranazionali i
giudicanti ed il processo; o detto con maggiore rigore, entrambi gli elementi devono essere stranieri.
Nessuno deve vantare una posizione più favorevole e l’arbitrato TAS evita che il giudizio si celebri
nel paese dello sportivo, che lo presiedano giudici nazionali, che si applichino leggi nazionali e che
si conduca secondo un procedimento nazionale. In particolare, il TAS é organo arbitrale
sopranazionale, autonomo ed indipendente, composto da arbitri di nazionalità diversa da quella
della parte, che applicano un procedimento ad hoc e le cui decisioni sono definitive con riferimento
alla sostanza della questione. É ammesso solamente un ricorso eccezionale per violazione delle
garanzie essenziali innanzi il Tribunale Supremo della Confederazione Elvetica, in quanto
l’arbitrato é radicato in detto Stato.
Il secondo scenario si riferisce ai fatti o alla condotta tenuta da Contador che possa essere
oggetto del processo. I laboratori accreditati che hanno analizzato l’urina del ciclista di Pinto
mostrano, prima facie, la presenza di due sostanze a sospetto di doping: il clenbuterolo e il diftalato.
La UCI é intervenuta ed ha sospeso il ciclista in via cautelare. Ma la UCI deve ora decidere se le
tracce incontrate sono, in ragione delle sostanze o della loro percentuale, indizi sufficienti per
iniziare il processo sanzionatorio. Contador ha dalla sua due argomenti di rilievo.
Da un lato, la quantità (0,000000000005gr) di clenbuterolo é insufficiente per comminare
una sanzione, in quanto irrilevante in termini di rendimento fisico.
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SAGGI
Contador, grazie.
E ancorché sia una sostanza proibita, Contador afferma che la causa sarebbe stata una
intossicazione alimentare prodotta a seguito dell’ingestione inconsapevole di carne contenente la
sostanza proibita.
Non v’é intenzionalità, nemmeno negligenza, queste saranno la basi della sua difesa.
É lecito esigere che uno sportivo prima di ingerire della carne ne effettui un’analisi clinica?
É forse obbligato a sapere che esistono alimenti importati, ma ammessi al consumo, che possono
contenere prodotti contaminati? Perché la Unione Europea consente l’importazione di carni
arricchite con sostanza proibite nella Unione Europea ma lecite, per esempio, negli Stati Uniti? Non
é necessario essere giuristi per comprendere che il dovere di diligenza giunge ove giunge il senso
comune, non oltre.
Dall’altro lato, la presenza di diftalato non significa che si sia trovata la sostanza proibita,
bensì ne é mero indizio.
Questa sostanza non vietata (il diftalato) si trova nelle borse di plastica usate per conservare
il sangue; borse che possono servire per un’autotrasfusione la quale certamente é vietata.
Quindi, i laboratori si muovono su una piano che va “dagli indizi agli indizi”, ma solo una
prova più complessa e complementaria può portare al ragionevole convincimento che si tratti di una
condotta sanzionabile.
Come si comprenderà, il processo é lungo e complicato dal momento che ci troviamo sul
terreno degli indizi, senza alcuna prova diretta: dalle borse di plastica si passa alla autotrasfusione e
da lì all’EPO. Peraltro, la tessera o passaporto biológico di Contador é impeccabile, il che significa
che il “poliziotto” che lo vigilava 24 ore al giorno prova la sua condotta irreprensibile. Per questo ci
si chiede se sia giusto sanzionare e rovinare uno sportivo senza prove dirette e solo indiziarie.
In conclusione, il pluricampione mediatico Alberto Contador può essere anzitutto sospeso in
via cautelare e successivamente subire un processo, nel caso in cui le autorità mondiali che lottano
contro il doping ritengono che questi indizi remoti sono sufficienti per adempiere alla loro
obbligazione di perseguire coloro che a livello presuntivo non praticano uno sport pulito e lealmente
concorrenziale.
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SAGGI
Contador, grazie.
Naturalmente non conosco quale sarà la decisione, ma attualmente dobbiamo essere tutti
grati a Contador poiché grazie a lui, e nonostante lui, si promuovono valori essenziali per la
convivenza come l’uguaglianza dinanzi alla legge, il diritto al giusto processo, il diritto
all’informazione, la protezione della salute e la necessità di uno sport sano, corretto e competitivo.
¡Grazie, Contador!
Il presente saggio costituisce la traduzione fornita dall’autore dell’articolo pubblicato sul
quotidiano spagnolo El Pais in data 13 ottobre 2010
(*)_Ordinario nell’Università Autonoma di Barcellona, autore dell’opera Legislación deportiva e
Avvocato del Comitato Olimpico Nazionale Italiano nel caso Operación puerto
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SAGGI
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