Periodico della Società Italiana di Farmacologia - fondata nel 1939 - ANNO VIII n. 29 – Marzo 2012 Riconosciuto con D.M. del MURST del 02/01/1996 - Iscritta Prefettura di Milano n. 467 pag. 722 vol. 2° ISSN 2039-9561 Poche parole Flavia Franconi In questo numero si riprende la tradizione dei Forum con uno coordinato da Giampaolo Velo e Giuseppe Recchia su un argomento di grande importanza come l’informazione scientifica. Gli articoli che compongono il forum, scritti con grande maestria da Paolo Rizzini, da Maria Font, da Riccardo Renzi e Massimo Vergnano, tracciano un quadro completo sulle problematiche relative al tema trattato, dando notevoli spunti di riflessione sempre propositivi. Poi un articolo sui biosimilari scritto, con il vigore che sempre lo contraddistingue, da Giorgio Fo- resti, Presidente di Assogenerici. Infine, una lettera di una nostra lettrice e la recensione al libro recentemente uscito in memoria del Prof. Alberto Giotti. Gli argomenti di questo numero sono così tanti ed interessanti che non voglio rubarvi altro tempo. Buona lettura ■ FORUM SULL’INFORMAZIONE SCIENTIFICA coordinato da Giampaolo Velo e Giuseppe Recchia Farmaco, salute, informazione, pubblicità Giampaolo Velo1, Giuseppe Recchia2 1 Università di Verona, Direttore Reference Centre for Education and Comunication within the WHO Programme for International Drug Monitoring, Verona 2 Direttore Medico & Scientifico GlaxoSmithKline, Verona La storia della Medicina e quella della réclame sono intimamente connesse, tanto da potersi – con una certa fedeltà di immagine – concepire come due campi di luce e di ombra sfumanti, nel tempo, l’uno nell’altro attraverso una zona fluttuante di chiaroscuro. Con questa affermazione, Stanislao Silingardi introduceva la seconda parte del saggio analitico critico L’affare della réclame in medicina, nel quale approfondiva i complessi rapporti tra terapia, informazione e pubblicità nei primi del Novecento (1). Dopo oltre un secolo, questa complessità permane ed anzi risulta ancora maggiore, in relazione alla dimensione multipla degli interessi coinvolti e della evoluzione tecnologica. Informazione e Pubblicità L’informazione è un elemento essenziale per la promozione della salute e della terapia. Educazione Sanitaria, Formazione Medica, Informazione Scientifica hanno un ruolo primario nel migliorare la conoscenza della malattia e la adesione alla terapia da parte dei cittadini, consentire di acquisire Quaderni della SIF (2012) vol. 29- 1 nuove conoscenze e di apprendere nuove informazioni sulla malattia e sulla sua gestione da parte degli operatori sanitari. In conseguenza sia della complessità tecnologica che della dimensione e degli interessi economici (seppure spesso inferiori a quelli delle tecnologie diagnostiche) correlati al farmaco, la grande parte della discussione su informazione e pubblicità è centrata sull’uso del farmaco. Per Informazione Scientifica sul Farmaco intendiamo un trasferimento di dati, notizie, riferimenti bibliografici e altro, inerenti alle caratteristiche di un prodotto medicinale, attraverso varie forme e modalità con il fine di aumentare le conoscenze sul farmaco stesso (2). L’informazione scientifica sul farmaco è un fattore essenziale per l’uso razionale dei farmaci. Per tale ragione è importante che tale informazione risulti obiettiva, basata sulle migliori conoscenze scientifiche e trasferibile nell’am- bito della pratica clinica. La tipologia dell’informazione scientifica sul farmaco può essere promozionale (e pertanto rientrare nell’ambito della pubblicità) o non promozionale in relazione alla natura del soggetto che eroga tale informazione ed alle intenzioni correlate a tale erogazione. Quando tale intenzione è “promuovere la prescrizione e il consumo di medicinali”, l’informazione scientifica si configura come pubblicità. Per pubblicità si intende un enunciato verbale o scritto che mira a incoraggiare la prescrizione da parte di operatori sanitari e l’impiego dei farmaci da parte dei cittadini, generalmente mettendo in luce le caratteristiche del farmaco (claims o “dichiarazioni sul prodotto”). Le norme escludono da tale definizione il materiale di consultazione, le asserzioni o gli annunci di carattere informativo su dati di fatto, i cataloghi commerciali e i listini prezzi, sempre che questi non propongano claims sul prodotto. Poche parole Informazione Scientifica a Finalità Pubblicitaria 1 (F. Franconi) Forum sull’informazione scientifica (coordinato da G. Velo e G. Recchia) Farmaco, Salute, Informazione, Pubblicità 1 (G. Velo, G. Recchia) L’informazione scientifica sui farmaci in Italia: l’industria farmaceutica 4 (P. Rizzini) I provider d’informazione sui farmaci: i bollettini indipendenti 8 (M. Font) Canali di comunicazione sul farmaco: i media (R. Renzi) 11 Drug information channels: internet (M. Vergnano) 13 Farmaci biosimilari: analisi e prospettive (G. Foresti) 17 Lettera al direttore (N. B. Eisera) 19 In memoria di Alberto Giotti 19 2 - Quaderni della SIF (2012) vol. 29 È pertanto l’intenzione in via primaria e non tanto la qualità oppure il contenuto della informazione che opera tale differenza. Di conseguenza la medesima informazione può essere classificata come a finalità pubblicitaria oppure come informazione senza tale finalità, in relazione alle caratteristiche sopra esposte. L’informazione senza finalità promozionale alla quale oggi può accedere sia il medico che il cittadino può risultare di qualità limitata e può determinare effetti nocivi. A differenza della informazione non promozionale, per la quale non esiste alcuna forma di controllo e di assicurazione della qualità se non occasionali forme di autocontrollo e di certificazione terza, la informazione pubblicitaria è oggetto di controllo e verifiche da parte delle autorità regolatorie e sanitarie, a livello nazionale e talora regionale ed aziendale, intese a garantire il rispetto di una serie di standard minimi e che sia basata sulle migliori conoscenze scientifiche e trasferibile nell’ambito della pratica clinica. Come sottolinea nel proprio articolo Paolo Rizzini, la promozione è ammessa a condizione che rispetti le disposizioni normative vigenti in materia. Non deve, pertanto, contenere elementi tali da suscitare nel cittadino aspettative non realistiche né risultare ingannevole e/o fuorviante. I medicinali non possono essere considerati prodotti di consumo qualunque, pertanto la pubblicità ad essi collegata necessita di un particolare riguardo con dovute cautele e precauzioni. I farmaci sono dotati della potenzialità di nuocere tanto quanto di produrre effetti benefici e le informazioni necessarie al loro utilizzo sono collegate direttamente alla potenzialità di provocare anche gravi problemi alla salute. Ogni forma di pubblicità e di promozione dei farmaci deve essere responsabile e rispettare gli standard più elevati al fine di garantirne l’impiego razionale ed oculato, sia che il prodotto sia destinato all’automedicazione, sia che la sua somministrazione richieda la supervisione di personale medico. Le norme stabiliscono i requisiti e le restrizioni che interessano sia la pubblicità indirizzata a chi deve prescrivere o fornire farmaci al pubblico, sia la pubblicità diretta al pubblico. L’aspetto rilevante, a tale riguardo, è determinato dalle disposizioni normative vigenti (titolo VIII “Pubblicità” del D.lgs. 219/06) che: 1) vietano la pubblicità rivolta al pubblico dei farmaci soggetti a prescrizione medica 2) vietano ogni forma di pubblicità di medicinali non autorizzati 3) richiedono che la pubblicità sia conforme al RCP 4) richiedono sia favorito l’uso razionale del farmaco e sia evitata ogni ingannevolezza. La definizione della pubblicità che si applica ai farmaci non è limitata a specifici mezzi di comunicazione e pertanto comprende articoli pubblicati su riviste, settimanali e quotidiani, grafiche su manifesti e avvisi, fotografie, film, trasmissioni radio o televisive, videoregistrazioni, trasmissioni elettroniche, materiale pubblicato su web: siti internet, newsletter online, e-alert, podcasting, convegni e congressi ed altro. Recenti esperienze di certificazione della qualità della informazione scientifica e promozione della informazione scientifica collaborativa potrebbero rappresentare delle modalità di miglioramento degli standard qualitativi. Esperienze di Certificazione della Informazione Scientifica sul Farmaco Ai fini dell’appropriatezza prescrittiva è fondamentale che il principale vettore di informazione scientifica sui farmaci, l’Industria produttrice, sia portatore di informazioni complete, corrette e adeguatamente documentate. Data la rilevanza del tema, è stato realizzato un sistema pilota di gestione per la qualità ISO 9001:2000 in merito al processo di progettazione, sviluppo e diffusione della comunicazione ed informazione scientifica (3). All’interno del progetto sono stati sviluppati degli standard tecnici relativi ai contenuti del supporto scientifico utilizzato nell’informazione scientifica che viene trasmessa agli operatori sanitari. I principi ispiratori nel definire gli standard tecnici del contenuto scientifico sono stati quelli delle discipline propedeutiche al campo dell’informazione scientifica, come l’Evidence Based Medicine. In pratica viene raccomandato l’uso appropriato (in termini di completezza e correttezza) delle migliori informazioni disponibili, creando dei criteri minimi di inclusione ed esclusione e preparando anche una precisa gerarchia delle stesse. Questi principi obbligano ad una particolare attenzione nell’esplicitazione e valutazione delle fonti, in termini di tipologia e qualità dello studio che ha originato il dato o il claim, forza dell’evidenza prodotta ed indipendenza delle informazioni stesse. L’applicazione di tutto questo determina una produzione e diffusione di tutte le informazioni disponibili su un farmaco attraverso un sistema che necessariamente ne documenta un uso appropriato, e nell’ambito di un contesto standardizzato ed in un formato che permetta una verifica indipendente e critica delle fonti da parte degli utenti dell’informazione. Tutto il processo viene controllato da Enti certificatori esterni, attraverso un sistema oggettivo e misurabile mediante indicatori di processo e tecnici di risultato, finalizzato al miglioramento continuo di tale tematica. Esperienze di Informazione Scientifica Collaborativa La informazione scientifica condotta in collaborazione tra impresa del farmaco e società scientifiche, associazioni mediche, aziende sanitarie locali o regioni rappresenta un elemento di assicurazione della qualità e di ampliamento delle finalità della informazione scientifica promozionale. Il razionale di tale modalità deriva dalla consapevolezza della rilevanza per il medico di essere in grado di: - accedere a tutta l’informazione disponibile relativa ai problemi rilevanti per la propria attività professionale su malattia e terapia - distinguere i diversi livelli qualitativi della informazione disponibile - identificare rapidamente l’informazione di maggior rilevanza per la propria professione L’informazione scientifica collaborativa rappresenta pertanto un nuovo modello informativo inteso a definire i principi per la analisi dei bisogni informativi, la selezione ed elaborazione del contenuto informativo, la erogazione della informazione scientifica sui farmaci in accordo alle vigenti normative e secondo modalità che consentano l’utilizzo di diversi canali informativi, quali visite individuali, incontri collegiali, web e canali telematici. Esperienze pilota condotte nella Azienda ULSS 12 Veneziana e in fase di pianificazione nella Regione Puglia nell’ambito del progetto Quadro hanno confermato a livello preliminare la fattibilità di questa modalità. Le Nuove Tecnologie Web (che nel 2011 ha celebrato i primi 20 anni), social network, smartphone stanno rivoluzionando le modalità di distribuzione, accesso e fruizione dell’informazione, compresa quella relativa ai farmaci. L’evoluzione della dimensione quantitativa della informazione scientifica non si è accompagnata ad una pari evoluzione della dimensione qualitativa, aprendo una serie di problemi nuovi ed inattesi. Comunicazione al Cittadino Il tema della comunicazione diretta al cittadino da parte dell’impresa del farmaco è stato oggetto in Europa di diverse iniziative, intese a consentire, impedire o limitare le possibilità. Una dichiarazione di Erice sulla comunicazione promozionale sui farmaci ai consumatori ha evidenziato fin dal 2002 l’opportunità di assicurare forme di comunicazione senza finalità promozionali, secondo modalità diverse rispetto al modello statunitense (4). Conclusioni Il farmaco rappresenta un bene per la persona e per la società. L’informazione sull’uso del farmaco, sia promozionale che non Quaderni della SIF (2012) vol. 29- 3 promozionale, diretta al cittadino, all’operatore sanitario ed ai diversi attori della gestione della salute, ha un ruolo fondamentale nel promuovere il buon uso del farmaco. Iniziative di varia natura, soprattutto legislative, hanno indubbiamente contribuito a migliorare negli ultimi anni la qualità della informazione scientifica a finalità pubblicitaria. La complessità del sistema di informazione scientifica, caratterizzato da diversi erogatori, diversi canali, diversi destinatari è elevata e solo una costante opera di verifica e controllo può consentire di assicurare a cittadini e medici lo standard di qualità necessario per prendere le decisioni più appropriate ai fini della gestione propria o dei propri pazienti. L’approfondimento che viene condotto con le relazioni successive intende fornire un contributo per chiarire gli aspetti più complessi di questo quadro e per orientarne l’evoluzione in modo da migliorare la qualità dell’informazione. BIBLIOGRAFIA 1. S. Silingardi. L’affare della réclame in medicina. Stab. Tip. Lit. F Apollonio 1909. 2. G. Apolone, M. Bassi, N. Buscone, P. Mosconi, P. Rizzini, V. Scarpino, G. P. Velo. Informazione Scientifica sul Farmaco: riflessioni ed indirizzi per una buona pratica. Economia e Politica del Farmaco, 2006. 3. P. Rizzini, A. Antonello, M. Farina. L’informazione scientifica? Facciamola con il bollino blu. Il Sole24Ore Sanità, 9.9.2003. 4. The Erice Statement on drug adverti■ sing to consumer. Erice 2002. L’informazione scientifica sui farmaci in Italia: l’industria farmaceutica Paolo Rizzini Direttore Medico e Scientifico, ViiV Healthcare, Verona L’informazione sui medicinali è indubbiamente un’attività estremamente rilevante ai fini del loro appropriato utilizzo, essendo i far4 - Quaderni della SIF (2012) vol. 29 maci ed i vaccini elementi essenziali nel processo di prevenzione e cura, ed avendo anche impatto sull’organizzazione e sui costi di- retti ed indiretti in sanità. Quello informativo è inoltre uno dei tre prodotti più importanti dell’industria farmaceutica, insieme ai dati generati attraverso il processo di ricerca e sviluppo, ed ai medicinali prodotti attraverso i processi produttivi industriali, ed ha lo scopo appunto di fornire informazioni relative ai propri farmaci al fine di promuoverne l’utilizzo. Poiché in Europa è tuttora di fatto vietata alle aziende la possibilità di fare informazione sui farmaci da prescrizione diretta al cittadino, l’attenzione informativa è sempre stata rivolta al medico prescrittore ed al farmacista, con un significativo impiego di risorse da parte dell’industria farmaceutica a livello internazionale, attraverso un investimento stimato intorno al 15-20% del fatturato, quando nell’intero sistema industriale la spesa media per pubblicizzare i propri prodotti è intorno al 2% (1, 2). Data quindi l’importanza ed il ruolo che viene ad assumere l’informazione scientifica per il farmaco quando essa viene condotta da aziende farmaceutiche, essendo l’intento principale quello di promuovere l’appropriato utilizzo di farmaci di proprietà, essa viene inquadrata nel contesto delle attività di promozione e pubblicità e pertanto regolata da leggi nazionali, ed ora anche regionali, fin dal testo unico delle leggi sanitarie (art. 201) del 1934, cui sono seguite varie normative e decreti, fino a giungere al d.lgs. 219 del 2006, recepimento dell’ultima direttiva europea (2001/83/CE). Il Titolo VIII del decreto tratta specificamente della promozione dei medicinali, riprendendo in buona misura quanto già previsto dal precedente d.lgs. 541 del 1992, prevedendo però anche la possibilità di legiferare in materia da parte delle singole regioni, ed annunciando più dettagliate norme operative da emanare attraverso una specifica linea guida dell’AIFA, ad oggi non ancora emessa, benché siano già circolate presso gli addetti ai lavori due diverse bozze della stessa. Anche in Italia la storia dell’informazione scientifica sul farmaco è quindi prevalentemente quella della promozione dei propri farmaci da parte delle aziende produttrici, e dei vari tentativi, più o meno riusciti, di regolamentarla da parte delle istituzioni centrali e regionali. L’investimento industriale in informazione scientifica negli anni è andato progressivamente aumentando, almeno fino al 2005, passando da complessivi 1283 milioni di euro nel 2000 a 2514 milioni nel 2005, cifra legata in grande prevalenza al costo complessivo delle visite degli informatori scientifici ai medici (l’84% del totale nel 2005), essendo il resto attribuibile ai costi per saggi medici, mezzi promozionali, pubblicità attraverso riviste scientifiche, organizzazione di eventi promozionali. Va anche però considerato che nello stesso periodo il numero di strumenti informativi e promozionali utilizzati dall’industria si è significativamente ridotto (vedi Tab. 1), ad indicare una maggiore focalizzazione dell’investimento in informazione su un numero inferiore di medicinali. Negli anni più recenti, l’informazione scientifica in Italia ha subito un’evoluzione in parallelo al cam- biamento avvenuto nel mercato dei farmaci con l’avvento della genericazione delle principali molecole, in particolare nel settore dei farmaci al pubblico, e con l’indirizzo preso dalla ricerca di innovazione verso settori con bisogni più insoddisfatti, e quindi verso il settore specialistico, spesso di nicchia, e dell’utilizzo ospedaliero. Questo cambiamento sostanziale, progressivo ed ancora in corso, ha comportato la necessità di una informazione più qualificata e tempestiva, con relativo abbandono dei settori informativi delle aree terapeutiche generaliste che richiedevano un elevato numero di informatori. Se analizziamo, infatti, il livello occupazionale per ruolo nell’industria farmaceutica in Italia tra il 2006 ed il 2010 (Fig. 1), vediamo come, a fronte di un decremento occupazionale complessivo nell’industria farmaceutica italiana di circa l’11% (il totale degli occupati è passato da 74.726 unità nel 2006 a 66.700 nel 2010), la diminuzione del numero di informatori scientifici del farmaco è stata del 22,1%. È inoltre diminuita la percentuale di informatori Tabella 1 – Evoluzione (migliaia di unità) degli strumenti di informazione medica in Italia (fonte IMS). Quaderni della SIF (2012) vol. 29- 5 all’interno delle aziende, passando dal 38% del 2007 al 32,8% del 2010. La Fig. 2 mette in evidenza il decremento numerico negli ultimi quattro anni (-19,6%), comparandolo alla invece sostanziale stabilità del personale dedicato alla ricerca e sviluppo (-0,6%), che ha pertanto aumentato il suo peso relativo (4). A questo quadro d’insieme, va aggiunto che nel corso del 2011 e 2012, tra riduzioni già in corso e annunciate o stimate, si prevede una ulteriore diminuzione del numero di informatori scientifici del farmaco in Italia che si stima intorno alle 2000 unità, e continuerà ad esserci anche un riposizionamento degli informatori in attività dalle linee generalistiche (nelle quali prosegue una drastica riduzione) a quelle specialistiche ed ospedaliere, per le quali è previsto un aumento, sia in termini assoluti (circa +3%) che ovviamente relativi. Queste modifiche organizzative sono in linea con il già descritto riposizionamento delle pipeline di prodotti delle aziende verso settori altamente specialistici e di nicchia, che richiedono maggiore intensità e specificità qualitativa, tempestività e completezza delle informazioni da erogare agli specialisti, sia per la maggiore attesa degli stessi, sia per il continuo aggiungersi di dati ed evidenze che si accumulano su queste molecole, con continui aggiornamenti necessari sia 6 - Quaderni della SIF (2012) vol. 29 sul fronte regolatorio (molteplici variazioni di RCP all’anno) che su quello delle comunicazioni e pubblicazioni scientifiche. Ne deriva quindi la necessità di rivedere anche il modo in cui l’informazione scientifica viene erogata, passando sempre più dalla classica forma del “visual aid” stampato, più utile a trasferire informazioni concentrate, semplificate e generali, all’utilizzo diretto di fonti bibliografiche primarie, sia come reprint di stampa, che attraverso la navigazione tra le diverse fonti accreditate su supporti hardware come l’iPad, o su fonti già elaborate su web. L’informatore scientifico di questa nuova era della promozione dei medicinali deve avere quindi una solida preparazione, sia scientifica che sulle moderne tecniche di comunicazione, e basare sempre più il suo successo informativo sulla capacità di interlocuzione scientifica “alla pari”, invece che sulla relazione interpersonale consolidata. La qualità dell’informazione scientifica delle aziende dovrà quindi migliorare anche nei contenuti, pur dovendosi mantenere in linea con i dettati normativi che la regolano strettamente, e che si spera evolvano concordemente alle nuove necessità informative. Bisogna infatti riconoscere che il miglioramento qualitativo dell’informazione scientifica, sia in Italia che a livello internazionale, non sembra sia significativamente progredito in linea con lo scenario precedentemente descritto. Uno studio pubblicato sul British Medical Journal nel 2004 (5), riportava infatti che un’analisi fatta su un campione di materiale promozionale utilizzato dall’industria farmaceutica in Germania era supportato da evidenze scientifiche solo nel 9% dei casi, ed uno studio fatto in Italia nel 2006 rilevava tra l’altro come solo il 63% dei medici ritenesse credibili le informazioni ricevute, e come un terzo ricevesse informazioni estratte direttamente da internet dagli informatori, senza una verifica qualitativa delle stesse da parte delle Direzioni Scientifiche delle aziende, e senza la necessaria preventiva sottomissione all’AIFA (6). Del resto, un’indagine della FIMMG effettuata nel 2008 dimostrava che solo un terzo dei medici di famiglia italiani si considerava soddisfatto dell’informazione scientifica dell’industria, e ben l’82,5% riteneva che negli anni successivi il modo di fare informazione scientifica dovesse cambiare (7). Il problema sembra principalmente riferito ai contenuti informativi più che alle modalità di erogazione, venendo rilevato anche in altri settori promozionali come quello delle pagine promozionali pubblicate su riviste scientifiche dalle aziende farmaceutiche. Infatti, una metanalisi del 2009 (8) di studi pubblicati in 26 paesi sulla valutazione di questo tipo di promozione, rilevava che solo il 28% dei claim sostenuti potevano definirsi non ambigui, che meno del 67% di essi aveva un adeguato supporto di letteratura, e che tra le fonti bibliografiche a supporto esistevano ben il 17% di “data on file”, e il 15% di presentazioni a congressi, entrambi tipo di referenza considerata non adeguata e quindi non utilizzabile, per lo meno in molti paesi tra cui l’Italia. Questa situazione non è accettabile soprattutto alla luce del fatto che la rilevanza a fini prescrittivi dell’informazione scientifica pro- Tabella 2 % di tipologie di fonti utilizzabili nei documenti promozionali Italia Francia 50% 50% Germania Spagna mozionale fatta dalle aziende è stata analizzata in diversi studi, ed una recente metanalisi di 57 pubblicazioni degli stessi (9) conferma come l’attività informativa promozionale effettuata attraverso diversi mezzi (visite degli informatori, partecipazione ad eventi promozionali, pubblicità su riviste scientifiche, informazioni per via postale) è direttamente associata a maggiore frequenza prescrittiva, aumento dei costi delle prescrizioni, e talora minore qualità delle stesse. Va ricordato come tutti questi studi abbiano chiari limiti metodologici, siano molto generali, spesso tengano principalmente conto della realtà non specialistica, siano stati principalmente realizzati in contesti regolatori e sanitari diversi uno dall’altro ed in tempi molto diversi, non tenendo conto dell’evolvere della materia normativa in proposito. Rimane comunque il fatto che il principale problema da affrontare è quello della qualità del contenuto informativo, ed all’interno di questo quello della tipologia e qualità delle fonti bibliografiche utilizzate e della completezza delle informazioni fornite, essendo infatti indubbio che l’informazione trasmessa risulta talora ingannevole non tanto perché ci si sia stata qualche forma di manipolazione dei dati presentati, ma attraverso l’omissione di dati rilevanti. Il problema di un’informazione fuorviante è estremamente rilevante, anche se spesso forse sottovalutato, se si considera il profilo di rischio per le aziende e per le Istituzioni, che va dalla violazione delle regole sulla pubblicità dei medicinali (d.lgs 219), ai danni all’erario a seguito di prescrizione di farmaci per indicazioni non registrate, al danno alla salute derivante dall’utilizzo non corretto di un farmaco a seguito di promo- 90% 70% UK 80% Russia USA 90% 40% Canada 50% zione non corretta o parziale. Va però anche evidenziato come in Italia, dopo l’istituzione dell’AIFA e la pubblicazione del d.lgs 219 del 2006, ci sia sicuramente stato un maggiore controllo e un conseguente miglioramento dell’informazione scientifica erogata dall’industria, anche se lo standard qualitativo è ancora difforme sia tra le varie aziende in Italia, che tra i diversi paesi europei, che interpretano spesso in modo differente i principi della Direttiva europea del 2001. Nell’ambito del Gruppo ViiV Healthcare (vedi Tab. 2) è stata fatta un’indagine tra i direttori medici di diversi paesi sulle varie tipologie di fonti informative che si potevano utilizzare o meno nei documenti promozionali forniti agli informatori (presentazioni in congresso, poster a congresso, abstract su sito web, abstract pubblicati, articoli su riviste indicizzate, articoli su riviste non indicizzate, review da siti web di diversa estrazione, documenti regolatori, data on file, ecc.). I risultati hanno documentato una significativa variabilità tra i diversi paesi considerati: la situazione più restrittiva, e comunque più corretta in Europa, era quella francese ed italiana, che forse non a caso sono le uniche due realtà le cui normative prevedono una precisa responsabilità legale sulle attività promozionali in genere e sull’informazione scientifica in particolare attribuite ad un ben definito ruolo aziendale, in Italia quello del responsabile del servizio scientifico. Il problema della qualità è stato affrontato direttamente anche dalle aziende, e Farmindustria il 25 luglio 2003 introduceva tra i suoi associati “l’obbligo di certificazione annuale relativamente alle procedure inerenti le attività di marketing e di informazione scienti- fica”, focalizzata però più alla verifica dei processi interni che non alla qualità stessa dei materiali promozionali. Sono comunque stati fatti nel tempo anche tentativi di definire gli standard tecnici cui riferirsi per definire la qualità di un documento informativo, attraverso i quali si è poi arrivati anche ad una certificazione di qualità secondo standard ISO (10), che alcune aziende hanno poi seguito. Infine si è arrivati anche a proporre da più parti (11, 12), ad esempio già nel 1999 da parte della Società Italiana di Medicina Generale (SIMG), Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici (FNOM) e Associazione Italiana Informatori Scientifici del Farmaco (AIISF), un osservatorio indipendente che valutasse la qualità dei contenuti dell’informazione scientifica, sia aziendale che “indipendente”, partendo da quella che dovrebbe essere la definizione di informazione scientifica, che per essere tale deve contemporaneamente essere oggettiva (basata su dati empirici), verificabile e riproducibile (prodotta con metodo scientifico) e accessibile (al fruitore dell’informazione e ad altre parti interessate) (13). Un esempio di agenzia di revisione indipendente è il Pharmaceutical Advertising Advisory Board (PAAB) canadese, il cui ruolo primario è quello di assicurare che la comunicazione relativa ai prodotti sanitari per la prescrizione, non soggetti a prescrizione, prodotti sanitari biologici e naturali sia precisa, completa ed equilibrata, basata sulle migliori evidenze disponibili, monitorando inoltre la promozione dei diversi prodotti e la compliance alle normative vigenti (14). A conclusione di questo breve resoconto sull’informazione scientifica (IS) dell’industria farmaceutica in Italia, ritengo si debbano sottolineare e ribadire alcuni punti, che dovrebbero essere considerati in una eventuale futura ed auspicabile agenda di lavori sull’argomento: Quaderni della SIF (2012) vol. 29- 7 - l’IS sta rapidamente cambiando in funzione dello spostamento delle pipeline industriali dei farmaci verso settori specialistici e patologie a minore prevalenza e maggiori bisogni, e di nuove forme e mezzi di comunicazione, comportando una riduzione del numero di informatori e la necessità di una loro riqualificazione professionale; - a fronte di questo cambiamento e della difformità di interpretazione dei principi normativi da parte di diverse aziende e delle diverse autorità regolatorie europee, si rende necessaria l’emanazione da parte di AIFA di una linea guida operativa che definisca standard qualitativi chiari, condivisi tra i diversi stakeholder, e che siano applicati da tutti gli erogatori di informazione scientifica (indipendenti, pubblici e privati), - l’IS industriale deve sempre più confrontarsi con l’IS “indipendente”, che viene talora veicolata attraverso documenti di raccomandazione emanati anche da istituzioni regionali, come linee guida e percorsi terapeutici, che hanno un importante contenuto informativo sui medicinali, spesso difforme da regione a regione, e che talora danno indicazioni non in linea con quanto approvato a livello regolatorio, ed andrebbero quindi anch’essi verificati da un’agenzia regolatoria come l’AIFA (come recente esempio la raccomandazione sull’utilizzo degli inibitori della proteasi in monoterapia per il trattamento dell’HIV, uso non previsto nelle indicazioni approvate, contenuta in un Percorso Terapeutico regionale), - andrebbe infine valutata la creazione di un osservatorio indipendente sull’informazione scientifica, che si faccia garante della qualità dell’IS sia a monte (documenti informativi), che a valle (survey sul medico) del processo informativo, supportato in modo paritetico dagli attori pubblici e privati a vario titolo interessati all’IS sul farmaco. BIBLIOGRAFIA 1. Windmeijer F., De Laat E., Douven R. e Mot E., Pharmaceutical promotion and GP prescription behaviour, Health Econ., 15:5-18, 2006. 2. Indicatori Farmaceutici 2006, Centro Studi Farmindustria. 3. Indicatori Farmaceutici 2010, Centro Studi Farmindustria. 4. Indicatori Farmaceutici 2007-2010, Centro Studi Farmindustria. 5. Tuffs A., Only 6% of drug advertising material is supported by evidence, BMJ, 328: 485, 2004. 6. Velo GP. Bassi M., Apolone G., Rossi M., Buscone N., Scarpino V. e Rizzini P., Informazione scientifica sul farmaco: risultati di un’indagine pilota su un campione di medici di medicina generale, Economia e Politica del Farmaco, 7: 13-19,2006. 7. Centro Studi FIMMG. Informatori scientifici: si può fare meglio. Avvenire Medico, 1: 8-12, 2008. 8. Othman N., Vitry A., Roughead EE, Quality of Pharmaceutical Advertisements in Medical Journals: A Systematic Review, PLoS ONE, 4(7): e6350, 2009. 9. Spurling G.K., Mansfield P.R., Montgomery B.D., Lexchin J., Doust J. et al., Information from Pharmaceutical Companies and the Quality, Quantity, and Cost of Physicians’ Prescribing: A Systematic Review, PLoS Med, 7(10): e1000352, 2010. 10. Rizzini P., Antonello A. e Farina M., L’Informazione Scientifica? Facciamola con il bollino blu, Il Sole 24 Ore Sanità, 14-15, 9-15 sett. 2003. 11. Rivista SIMG, Ottobre 1999. Nuove Regole: nasce l’Osservatorio per l’Informazione Scientifica. http://www.simg. it/documenti/rivista/1999/8_1999/9. pdf. 12. Velo G. P., Date un Osservatorio all’informazione sui Farmaci, Il Sole 24 Ore Sanità, 16-17, 24 agosto 2006. 13. Apolone G., Bassi M., Buscone N., Mosconi P., Rizzini P., Scarpino V. e Velo G. P., Informazione Scientifica sul Farmaco: riflessioni ed indirizzi per una buona pratica, Economia e Politica del Farmaco, 5: 30-35, 2005. 14. http://www.paab.ca/en/about_paab/mission/. ■ I provider d’informazione sui farmaci: i bollettini indipendenti Maria Font Vicedirettore Dialogo sui Farmaci, Verona, Past President Società Internazionale dei Bollettini Indipendenti (ISDB) I primi bollettini d’informazione indipendente sui farmaci Le prime forme editoriali d’informazione indipendente sui farmaci nascono negli anni ‘60 in 8 - Quaderni della SIF (2012) vol. 29 concomitanza con la rivoluzione farmacologica di questi anni, che vede l’entrata in commercio di un gran numero di nuovi farmaci e, nello stesso tempo, un ruolo prevalente dell’Industria farmaceutica nella promozione di que- ste novità alla classe medica. Una massa critica di prescrittori sente il bisogno di attingere a fonti d’informazione diverse da quelle promozionali. Inoltre, il disastro generato dall’utilizzo di talidomide negli stessi anni comportò an- che un significativo cambiamento dei requisiti regolatori per i nuovi farmaci, ma, soprattutto, una maggiore consapevolezza tra il pubblico dell’importanza dell’accertamento, prima della commercializzazione, della sicurezza dei nuovi medicinali. Appare negli stessi anni un progressivo interessamento delle associazioni di consumatori per la politica sanitaria e di fatto il primo bollettino indipendente d’informazione sui farmaci appare nell’anno 1959 pubblicato da Harold Aaron, un consulente della potente associazione di consumatori americana, Consumer’s Association. Il nuovo bollettino si chiama Medical Letter e sarà adattato per i prescrittori inglesi nel 1962. Nel 1963 però diventa un bollettino a sè chiamato Drug and Therapeutic Bulletin (DTB), mentre il Ministro della Salute inglese pubblica il Prescriber’s Notes per i medici del NHS. Nei successivi 30 anni, nascono un numero rilevante di bollettini d’informazione sui farmaci per i prescrittori in molti paesi, in particolare in Europa. Cos’è l’ISDB La Società Internazionale dei Bollettini Indipendenti (ISDB), nasce come società nel 1986, con il supporto dell’Ufficio Regionale dell’OMS Europa, consapevole delle specificità di questo tipo di editoria, ponendosi come obiettivi quelli di incoraggiare lo sviluppo dei bollettini indipendenti d’informazione sui farmaci, promuovere lo scambio a livello internazionale d’informazione di buona qualità su farmaci e terapie in generale. Perché un bollettino sia ammesso nella società deve dimostrare di essere prodotto da un team indipendente che lavora in una struttura capace di garantirne l’indipendenza editoriale. Le risorse finanziarie per garantire l’attività editoriale devono provenire da enti governativi, ONG, associazioni di consumato- ri, oppure da strutture finanziate attraverso l’abbonamento dei lettori. Non devono contenere pubblicità. Attualmente l’ISDB accoglie 65 pubblicazioni, divulgate in più di 40 paesi dei 5 continenti, per lo più indirizzate ai prescrittori. Oltre al formato classico di bollettino coesistono formati elettronici, Formulari, Linee guida e pubblicazioni rivolte ai consumatori. In Italia, 5 bollettini aderiscono all’ISDB. La caratteristica comune di questi bollettini è un approccio critico e pratico per un utilizzo sicuro ed efficiente dei farmaci. Le attività della società e le varie pubblicazioni sono disponibili nel sito della società: www.isdbweb. org. Contesto attuale e caratteristiche dell’informazione sui farmaci L’insieme delle evidenze a supporto dell’efficacia e della sicurezza dei nuovi farmaci costituisce ancora oggi un insieme di informazioni che condividono l’industria che produce il nuovo farmaco e l’agenzia regolatoria (o le agenzie) che lo valuta e ne decide l’autorizzazione all’immissione in commercio, la rimborsabilità e il prezzo. L’informazione su questo farmaco accessibile agli operatori sanitari è variabile dipendendo se il farmaco è stato autorizzato per procedura centralizzata EMA, nel cui caso l’informazione ufficiale rende disponibile la scientific discussion dell’EMA e il riassunto delle caratteristiche del prodotto. Se l’autorizzazione all’immissione in commercio è per la procedura di mutuo riconoscimento o decentralizzata oppure per via nazionale, questi documenti ufficiali non sono disponibili. Per quanto riguarda la pubblicazione degli studi registrativi, è variabile da un farmaco all’altro e non è infrequente che la maggioranza degli studi sottoposti ai regolatori non siano stati pubblicati e quindi siano inaccessibili per una valutazione esterna. Nel processo di documentazione dei nuovi farmaci, necessario per una valutazione critica ed indipendente, tre sono gli aspetti limitanti: 1. Come sono valutati e approvati i farmaci (prima e dopo l’AIC). Le modalità di valutazione dei medicinali da parte delle agenzie regolatorie rendono incerto il rapporto beneficio/rischio dei nuovi farmaci. Ciò è dovuto alle caratteristiche degli studi clinici inclusi nel dossier registrativo, in particolare quelli di fase III con la scelta di end point surrogati e con comparator spesso inadeguati e per tempi brevi anche quando si tratta di condizioni croniche. Il recente ritiro di rosiglitazone è un esempio dell’inadeguatezza delle valutazioni dei medicinali per uso cronico basati su end point surrogati, con studi a breve termine e con un tardivo e sostanzialmente inadeguato accertamento della sicurezza (1, 2). 2. Quanta di questa informazione è accessibile: c’è un percettibile problema di trasparenza per l’accesso all’informazione disponibile dalle agenzie. Vari articoli recenti hanno reso manifesto il problema di accesso ai dati da parte dell’EMA (3, 4). I dati disponibili sulla scientific discussion dell’EPAR non sono adeguati per una accurata valutazione delle evidenze disponibili (5). È necessaria una maggiore trasparenza nell’accesso all’informazione, una valutazione dell’efficacia più accurata e un coinvolgimento più allargato nella farmacovigilanza post-marketing dei medicinali attraverso una rete europea di sorveglianza per la rilevazione di segnali di tossicità e/o di mancata efficacia (6). Il finanziamento dell’EMA, per la maggior parte dipendente dalle tasse dell’industria farmaceutica (che supera l’80% del budget dell’agenQuaderni della SIF (2012) vol. 29- 9 zia), rende difficile l’auspicabile indipendenza che si attende di una agenzia regolatoria. 3. Quale informazione arriva agli operatori sanitari/decisori (Promozione vs informazione). Il rapporto fra informazione indipendente e quella proporzionale è largamente asimmetrico. Le fonti d’informazione sui farmaci maggiormente usate dai prescrittori, siano questi medici di famiglia che specialisti, è quella proveniente dall’industria farmaceutica. L’informazione promozionale raggiunge anche altri target, oltre i prescrittori, quali i media e indirettamente, attraverso la stampa laica, i cittadini/pazienti. Il giudizio su un nuovo farmaco e le raccomandazioni d’uso cambieranno considerevolmente tra quelle proposte direttamente dall’industria rispetto a quelle dei bollettini indipendenti da essa. È interessante però far notare che le raccomandazioni (e quindi i giudizi impliciti che le sostengono) cambieranno anche in funzione del tipo di finanziamento della pubblicazione. Un recente articolo ha riportato i risultati della valutazione delle raccomandazioni sui nuovi farmaci documentate da 11 diversi bollettini tedeschi: 5 distribuiti gratuitamente e contenenti pubblicità; 5 finanziati attraverso abbonamento dei lettori, 3 dei quali appartenenti all’ISDB; 1 con finanziamento misto. Sono state analizzate 9 classi di farmaci, fortemente promossi dal 2007, erano più cari rispetto a categorie analoghe e c’erano alcune controversie sulla loro reale efficacia. Come mostra la Tabella 1, le raccomandazioni d’uso per questi farmaci sono diametralmente opposte tra i bollettini finanziati attraverso la pubblicità rispetto a quelli finanziati attraverso abbonamento dei lettori. L’unico bollettino a finanziamento misto ha una posizione tendenzialmente più vicina ai bollettini gratuiti con il 57% degli articoli che esprimono una forte raccomandazione 10 - Quaderni della SIF (2012) vol. 29 d’uso per il farmaco documentato. Gli autori dell’articolo concludono che mostra valori intermedi fra i due tipi di bollettini, le raccomandazioni per l’uso di un farmaco dipendono dalla fonte di finanziamento del giornale. Quelli gratuiti contenenti pubblicità raccomandano sempre l’utilizzo dei nuovi farmaci, mentre quelli a sottoscrizione si pronunciano quasi sempre contro il loro utilizzo (7). Per quanto l’informazione cartacea come unica fonte d’informazione abbia una efficacia limitata, risulta ancora una fonte importante di aggiornamento per i prescrittori. I requisiti d’indipendenza dell’ISDB, cioè l’indipendenza intellettuale e finanziaria dall’industria farmaceutica da parte di chi fa informazione sui farmaci, si confermano quindi imprescindibili per garantire una informazione obiettiva e attendibile. Il ruolo dei bollettini indipendenti è anche quello di analizzare e portare all’attenzione degli operatori sanitari e dei decisori alcuni problemi che riguardano l’accesso ai farmaci (o all’informazione su di essi) oppure sulle decisioni regolatorie non adeguatamente sostenute dall’evidenza. A questo proposito, si portano all’attenzione alcuni esempi pubblicati dal bollettino Dialogo sui Farmaci che riguardano le anomalie della lista di trasparenza AIFA sui farmaci equivalenti a fine 2010. In questa analisi si osserva che il 25% delle specialità della lista hanno un prezzo superiore a quello di riferimento quindi i pazienti devono pagare la differenza. Inoltre, queste specialità sono anche quelle più prescritte. L’articolo forniva anche alcune proposte per migliorare questa situazione (8). Contrariamente a ciò, la quota a carico del cittadino è ulteriormente aumentata da aprile 2011 con l’entrata in vigore dei nuovi prezzi di riferimento. Questa misura, che beneficia al SSN e all’industria farmaceutica, può risultare penalizzante per i pazienti cronici con comorbilità e per i cui trattamenti non ci sono attualmente alternative a costo zero (9). In una logica d’interlocuzione fra le autorità sanitarie e operatori e cittadini ci si augurerebbe che la correzione della lista di trasparenza fosse avvenuta per un intervento più deciso dell’AIFA. Rendere effettiva una lista con più della metà dei farmaci non allineati rende ancora più difficile l’affermazione dei farmaci equivalenti e più velleitaria la politica di rigore che ci si aspetta da una Agenzia regolatoria. Un altro articolo del 2011 sulla lista AIFA dei farmaci innovativi non ha riscontrato adeguate evidenze a supporto dell’innovatività per la maggior parte di loro, né l’agenzia ha ritenuto necessario fornire le evidenze che ne giustifichino l’inclusione nella lista. Una maggiore trasparenza sui motivi alla base delle decisioni regolatorie sottoscrizione Tabella 1. Raccomandazione (Raccom) dei nuovi farmaci e fonti di finanziamento dei giornali (7). è tuttora imprescindibile (10). Infine, l’accesso pubblico alle informazioni ufficiali sui farmaci come il riassunto delle caratteristiche dei prodotti medicinali (RCP) è oramai necessaria. Da un’analisi effettuata da DsF, l’Italia è uno dei pochi paesi europei a non fornire un database pubblico e gratuito di accesso a tali documenti (11). Un miglior utilizzo dei farmaci richiede, tra altri fattori, una informazione non fuorviata d’interessi diversi da quelli del paziente. A questo obiettivo contribuiscono da molti anni i bollettini indipendenti. Sarebbe auspicabile che anche le agenzie regolatorie ottimizzassero il loro contributo a tale obiettivo modificando adeguatamente i criteri di valutazione dei medicinali e rendendo maggior- mente trasparenti e accessibili i dati sui quali si sono basate le loro decisioni. BIBLIOGRAFIA 1 Garattini S, Bertele V: Rosiglitazone and the need for a new drug safety agency. Personal view. BMJ 2010;341:c5506. 2 Frau S, Font Pous M, Luppino MR, Conforti A Risk Management Plans: are they a tool for improving drug safety? Eur J Clin Pharmacol DOI 10.1007/s00228-010-0848-8. 3. Gøtzsche P, Jørgensen A: Opening up data at the European Medicines Agency. BMJ 2011;342:d2686 doi: 10.1136/ bmj.d2686. 4. European Drug Agency Under Fire. Critics Charge That Trial Data Are Too Inaccessible JAMA, August 10, 2011 – Vol 306, No. 6 593. 5. Barbui C, Baschiirotto C, Cipriani A: EMA must improve the quality of its clinical trial reports. BMJ. 2011 May 25;342:d2291. doi: 10.1136/bmj. d2291. 6. Garattini S, Bertele’V: Europe’s opportunity to open up drug regulation. BMJ 2010;340:c1578. 7. Becker A., Dörter F, Eckhardt K et al: The association between a journal’s source of revenue and the drug recommendations made in the articles it publishes. CMAJ 2011; 183: 544-8. 8. Schievenin F, Font M: Anomalie della Lista di trasparenza AIFA: a farne le spese sono i cittadini. Dialogo su Farmaci 2010: 1; 10-13. 9. Amedei S, Pilati P, Torbol M, et al: Perché parlare ancora di farmaci equivalenti?. DsF 2011, 5.206-8. 10. Frau S, Zimol R: Farmaci innovativi le criticità della lista dell’AIFA. Dialogo su Farmaci 2011, 3:96-101. 11. Le schede tecniche dei medicinali. la situazione italiana e internazionale. Dialogo su Farmaci 2009; 3: 113-4. ■ Canali di comunicazione sul farmaco: i media Riccardo Renzi Giornalista Medico Scientifico, Milano Quando nelle ricerche editoriali si richiede a un campione di lettori di indicare, a numero libero, in un elenco di tematiche giornalistiche quali sono gli argomenti più interessanti che vorrebbero veder trattati sui giornali o in Tv, l’unico tema che supera normalmente il 50 per cento dei voti è la Salute. Che risulta quindi sempre prima in classifica, grazie soprattutto al fatto che suscita un interesse molto trasversale ai diversi segmenti di pubblico. È certamente più femminile che maschile, trova un’attenzione più assidua nella popolazione più anziana, ma comunque nelle sue diverse articolazioni può interessare tutti, scavalcando tranquillamente le altre differenze sociologiche, di istruzione, di livello economico, di area geografica. In questa accezione la salute è dunque per i mass media il tema più popolare. E il mondo del farmaco, nel bene e nel male, è inevitabilmente legato a filo doppio a questa vasta audience. Eppure, analizzare il rapporto tra farmaci e mass media tradizionali significa soprattutto affrontare una lunga serie di contraddizioni, a tutti i livelli. Esiste, tanto per cominciare, una contraddizione legale. In teoria, ma molto in teoria naturalmente, non si potrebbe nemmeno parlare sui giornali o alla Tv di farmaci che non siano quegli stessi, di fascia C, per i quali è ammessa la pubblicità. Ma qui sorge subito una sottocontraddizione: parlare di farmaci che vengono anche pubblicizzati può costituire pubblicità occulta e violare le regole deontologiche della professione giornalistica. Per questo sarebbe quantomeno vietato citare i nomi commerciali dei medicinali, rifugiandosi ipocritamente nei nomi delle molecole. Salvo ampie eccezioni, quando tali nomi diventano ampiamente popolari (Aspirina, Voltaren, Prozac, Viagra) e liberano il redattore (noblesse oblige) dall’arrampicarsi faticosamente, soprattutto nei titoli, tra acido acetilsalicilico e sildenafil. Di tutte le altre molecole però non potrebbero parlare nemmeno i medici intervistati, neppure gli specialisti più accurati, secondo le loro regole deontologiche. Ma qui ci giunge in soccorso, per fortuna, il diritto di cronaca: se c’è una scoperta, una nuova ricerca, l’arrivo sul mercato (o il ritiro) di un farmaco, uno studio di efficacia o un warning, allora c’è una noQuaderni della SIF (2012) vol. 29- 11 tizia. Che può e deve essere data. Ma questo meccanismo provoca spesso un altro paradosso: al di fuori delle pagine e rubriche specializzate difficilmente trovano posto, a meno che non abbiano un particolare glamour, le notizie positive che accompagnano lo sviluppo di un farmaco, mentre tutti si sentono in dovere di riportare le notizie negative. Si tratta, d’altra parte, della solita vecchia regola dell’uomo che morde il cane: il fatto che un farmaco apporti dei benefici non è una notizia, mentre lo è quando provoca la morte (o si sospetti che lo faccia) dei pazienti. È lo stesso motivo per cui sulle pagine dei giornali prevale la malasanità rispetto a quella buona. Anche il modo stesso di dare le notizie crea contraddizioni. Le esigenze di comunicazione semplice, rapida, netta si scontrano inevitabilmente con i tempi lunghi, le complessità, le articolazioni del mondo scientifico del farmaco. Dal punto di vista dei mass media il farmaco ideale è il Viagra e non soltanto per la popolarità del suo ambito terapeutico. Il sildenafil è il farmaco ideale perché risponde appieno al semplice schema problema-farmaco-soluzione: un problema ben preciso, una pillolina blu facilmente identificabile, una soluzione in tempi rapidi e ben visibile, con pochi e definibili effetti indesiderati. E inoltre alle spalle una storia di serendipity che non guasta alla “narrazione” giornalistica. Ma sono ben pochi i farmaci che possono godere di questo “effetto Viagra” comunicativo. In tutti gli altri casi, per una comunicazione efficace, non resta che affidarsi all’enfasi, che è la figura retorica del giornalismo, che piaccia o no. Ogni comunicazione radiofonica o televisiva deve avere un titolo e un’highlight, che sono costruiti sulla sintesi e sull’enfasi e che sono evidentemente in contraddizione con il rigore scientifico, basato su precise indicazioni e controindicazioni, sui distinguo e 12 - Quaderni della SIF (2012) vol. 29 sulla cautela. Raramente il titolo di una rivista scientifica potrebbe trovare posto, anche fisico, sulla pagina di un quotidiano. Inoltre la comunicazione giornalistica nel campo della salute tende a puntare su aspetti emozionali (anch’essi agli antipodi sulle necessità razionali della farmacologia) e in particolare sulle due grandi leve della speranza e della paura, la paura della malattia e la speranza di guarigione. Un farmaco, agli occhi del pubblico, guarisce o non guarisce, funziona o non funziona ed è poco attraente la molecola che funziona solo in alcuni casi o che promette un miglioramento della sopravvivenza del 5%. Il che può essere un grande risultato dal punto di vista medico, ma troverà scarso interesse nel caporedattore che dovrà decidere la pubblicazione della notizia. È da notare che il contenuto emotivo delle notizie relative ai farmaci è spesso indipendente dal trattamento delle notizie stesse, ma insito nelle aspettative dei lettori-spettatori non professionali, soprattutto quando sono personalmente coinvolti delle patologie trattate. Nel Corriere Salute, il settimanale di medicina del Corriere della Sera, ospitavamo una rubrica, intitolata Ci guarirà domani, dedicata alla ricerca di base e d’avanguardia e tenuta da uno dei migliori giornalisti medicoscientifici italiani, Giuliano Ferrieri. Nonostante il titolo esplicito e le immancabili frasi cautelative (tipo: Ci vorranno anni prima di passare alla pratica clinica oppure I primi risultati dovranno essere verificati da successive ricerche) ogni settimana ricevevamo telefonate di lettori che chiedevano ansiosamente dove si potesse trovare il farmaco citato o dove si potesse godere di quell’avveniristica terapia. Alla fine la rubrica fu abolita. Al di là di questi problemi-contraddizioni, non possiamo esimerci poi da citare quello che è forse il più importante: l’impreparazione, l’ignoranza, la faciloneria del mondo giornalistico che si occupa di salute e medicina, figlie di una non lunga tradizione italiana in questo campo e dalla mancanza, se non negli ultimi anni, di una formazione specifica. Un problema aggravato oggi dallo sviluppo globale, attraverso Internet, di un sistema informativo che facilita la circolazione delle notizie giuste e sbagliate e ne rende ancora più arduo il controllo. A nessun giornalista può essere richiesta una conoscenza specifica di tutte le specialità mediche di cui gli tocca occuparsi (oltre agli altri temi “salutisti”: l’alimentazione, l’attività fisica, l’estetica eccetera), ma certamente una competenza professionale nella verifica e nel confronto delle fonti, nel sapersi districare tra i “trucchi” della statistica medica, nel sapere evitare le trappole (è giusto ricordarlo) del marketing farmaceutico. E dall’astenersi dai conflitti di interesse, che non derivano soltanto dalle pressioni pubblicitarie o dai legami, talvolta forti, tra gruppi ospedalieri ed editoriali, ma anche dai coinvolgimenti diretti (sotto forma di inviti, viaggi per conferenze stampa, congressi ed eventi vari) con le case farmaceutiche, che pure restano una delle fonti primarie di informazione. Facendo attenzione anche ai conflitti di interesse degli altri, i medici stessi e i ricercatori in primo luogo, gli enti pubblici e privati, le fonti di informazione scientifica, comprese le grandi riviste internazionali. Un buon riassunto di queste problematiche si ritrova in un documento dedicato appunto al rapporto tra informazione e farmaco, nato da un incontro, organizzato nel 2007 da Giampaolo Velo, farmacologo dell’Università di Verona, al quale hanno partecipato giornalisti medico-scientifici (compreso il sottoscritto), rappresentanti della sanità locale, dell’industria farmaceutica e naturalmente del mondo accademico. Il documento (detto “Carta di Verona”) è stato poi pubblicato dalla rivista Drugs (1) da cui, per esempio, si evince che quando proposto un nuovo farmaco per una certa malattia dobbiamo chiederci: Esiste la malattia per cui viene proposto o si tratta di un caso di disease mongering? Il farmaco è veramente nuovo o si tratta di un clone di farmaci esistenti? Le ricerche di sviluppo sono state sufficientemente ampie e approfondite in modo da metterne in luce gli eventuali effetti indesiderati? Da chi sono stati finanziati i ricercatori che hanno sviluppato il farmaco? I benefici illustrati sono reali e sufficientemente ampi da giustificare l’impiego di una nuova molecola (con i rischi connessi)? Che garanzie offre la rivista scientifica che ha pubblicato lo studio in questione? Qual è il rapporto costo-benefici? È stato fatto un confronto con altre terapie, non necessariamente farmacologiche, in termini di costi e risultati? Esistono fonti indipendenti che possono confermare i risultati? Tutte domande che garantiscono rigore e trasparenza, ma le cui risposte sono tutt’altro che agevoli. Una strada, come si vede, lunga e difficile per chi vuole dare semplicemente un’informazione corretta, da percorrere esercitando continuamente l’esercizio del dubbio. Ma che vale la pena affrontare per fare bene il proprio mestiere. BIBLIOGRAFIA 1. Velo G. P., Renzi R. e Satolli R., Drugs in the Newspaper, Drugs, 68(7): 101718, 2008. ■ Drug information channels: internet Massimo Vergnano Presidente Medepha, Milano La discussione sulle potenzialità di internet come canale d’informazione sul farmaco va inquadrata nel contesto più generale dell’impatto della rete sulla formazione di conoscenze, atteggiamenti e comporta- menti in tema di salute. Le coordinate quantitative del fenomeno “online health” sono fornite dalla ricerca effettuata dalla British United Providers Association (BUPA), la maggiore organizzazio- ne britannica di fornitura di servizi assicurativi in Sanità, che nel 2010 ha coinvolto un campione di circa 12.000 individui in 12 Paesi (vedi www.bupa.com/healthpulse – vedi Fig. 1). Fig. 1 - (fonte: www.bupa.com/healthpulse) Quaderni della SIF (2012) vol. 29- 13 Per quanto riguarda l’Italia, gli utilizzatori di Internet sarebbero ca. 30 milioni (il 52% della popolazione) con 16 milioni (29%) di utilizzatori di Facebook a testimoniare la rapidità con cui si è sviluppato il fenomeno della diffusione di piattaforme di “Social Media”. Complessivamente è proprio la ricerca di informazione su medicamenti che è risultata essere l’attività più frequente tra quelle riconducibili al tema “Salute”, con una percentuale vicina al 70%, 20 punti più elevata della seconda attività più ricercata, quella dell’autodiagnosi (vedi Fig. 2). Fig. 2 - (fonte: Bupa Health Pulse 2010 international statistics) Sul fronte dei professionisti del mondo della Sanità invece, da una recentissima ricerca Eurisko, i Medici che utilizzano internet per documentarsi sono il 90%, di cui circa la metà dichiara di aver partecipato ad eventi convegnistici in modalità virtuale. Le opportunità e i problemi posti dall’accedere all’informazione sanitaria (e quindi principalmente sui farmaci) via internet sono stati ampiamente trattati internazionalmente in numerose sedi professionali e istituzionali; ad esempio in un Pharmaceutical Forum della Commissione Euro14 - Quaderni della SIF (2012) vol. 29 pea nel 2009, in cui le aree di criticità sono state identificate nella qualità, accessibilità e trasparenza dell’informazione al pubblico e principi di “buona pratica” ribaditi sotto l’acronimo DARTS: - Data (aggiornamento dell’informazione); - Autore (qualificazione professionale del redattore); - Referenze (validità delle fonti bibliografiche); - Tipo (finalità del sito); - Sponsor (indipendenza o meno da terze parti commercialmente interessate). Criticità e criteri di “Good Information Practice” dovrebbero essere considerati nel contesto dell’evoluzione tecnologica della rete: da Web 1.0 (statico e chiuso) a Web 2.0 (interattivo e sociale) al futuribile Web 3.0 (la rete “semantica” o “trascendente”), passaggi evolutivi riassunti nella Fig. 3. Con il passaggio a Web 2.0 anche la vita sociale dell’“Health Information” si evolve: dal “non so, ma posso provare ad informarmi” si passa al “lo so e voglio condividere quanto so” (vedi http://www. Fig. 3 - (fonte: Booz & Company “Designing the Transcendent Web he ower of Web 3.0”) Fig. 4- fonte http://www.patientslikeme.com Quaderni della SIF (2012) vol. 29- 15 Fig. 5 – (fonte: PatientView Plus 2011 “What do patients think about health apps”) pewinternet.com/Reports/2011/ Social-life-of-Health-Info.aspx). Da questo punto di vista appare interessante (o illuminante) confrontare l’atteggiamento conservatore della Classe Medica (almeno in Italia) nei confronti dei Social Networks (secondo la ricerca Eurisko precedentemente citata solo il 3% ca. dei Medici partecipa a discussioni on line, collegandosi ai social networks), in confronto a quello della popolazione “laica”. Ad esempio alla voce “Healthcare” si trovano 352.000 contributi video sul social medium “YouTube”. Per quanto riguarda il ruolo di Facebook si rimanda al sito (http://creationhealthcare. com/articles/social-media-in-health-care-focus-on-facebook). L’esplosione dei Social media in Sanità ha indotto le più previdenti associazioni mediche (ad esempio la British Medical Association) ad emanare linee guida pratiche ed etiche per quanto riguarda il loro utilizzo (http:// 16 - Quaderni della SIF (2012) vol. 29 www.bma.org.uk/press_centre/ video_social_media/socialmediaguidance2011.jsp) e a porre all’Industria Farmaceutica il dilemma sull’opportunità di essere parte del fenomeno e quindi esposti ai rischi legali ad essi associati, o ad escludersi e quindi a condannarsi ad essere irrilevante nella “narrazione” della salute e dei suoi bisogni. Alcune avvertenze circa l’uso più appropriato di Facebook da parte dell’industria Farmaceutica si possono trovare su http:// mashable.com. Infatti, fasce sempre crescenti di individui, in particolare quelli affetti da patologie croniche o rare cercano relazioni “tra pari” (peer-to-peer) a sussidio del parere medico (vedi http://pewinternet.org/Presentations/2012/ Jan/C3N-Project.aspx) come dimostrato dal portale “Patients like me” (http:www.patientslikeme.com – Fig. 4). Una dimensione ulteriore dell’evoluzione del Web in Sanità è quella degli applicativi (sof- tware) alle tecnologie “mobili”, considerando che attualmente si stima in 5 miliardi il numero di Smart Phones, in 1 milione quello degli applicativi (vedi http:// www.mobilewalla.com) e in più di 10.000 quelli in qualche modo correlabili a problematiche della salute. A questo riguardo si rimanda ad un recente report dell’organizzazione “Patient View” (http://www.patient-view.com) per un’analisi organica dei bisogni e delle soluzioni correlate allo sviluppo di “health applications” (Fig. 5). In conclusione, appare sempre più urgente una revisione dell’approccio legislativo sull’informazione su tematiche della salute ed in particolare sui farmaci, pena la totale irrilevanza di dette regole nella pratica quotidiana e l’alienazione dalla realtà del vissuto e dei bisogni di salute oggi, pur nel rispetto del principio della protezione dal rischio. ■ Farmaci biosimilari: analisi e prospettive Giorgio Foresti AD Teva Italia e Presidente Assogenerici Negli ultimi vent’anni si è assistito a un radicale cambiamento nell’accesso alle cure grazie ai farmaci generici che hanno portato la spesa sanitaria verso una maggiore razionalizzazione dei costi. È stato calcolato che nella sola Unione Europea siano stati risparmiati all’anno circa 20 miliardi di euro che hanno permesso di liberare risorse da investire nella ricerca di farmaci innovativi (fonte: Farmaci Biotecnologici Biosimilari: Innovazione e Sostenibilità, 2011). Ora una possibilità simile potrebbe arrivare dai farmaci biotecnologici, immessi in commercio negli anni Ottanta e prossimi alla scadenza brevettuale, che consentirebbero la registrazione di farmaci biotecnologici biosimili o biosimilari. Occorre però sottolineare che questi ultimi non sono “i generici” dei farmaci biotecnologici. Infatti mentre gli equivalenti hanno la stessa composizione quali-quantitativa, la stessa forma farmaceutica e devono soddisfare il principio di bioequivalenza con il medicinale di riferimento, i biosimilari per la loro stessa natura e il loro processo produttivo complesso non consentono la riproduzione di una molecola identica all’originale. Proprio per la peculiarità del processo produttivo, l’European Medicines Agency (EMA) ha richiesto lo sviluppo di linee guida ad hoc (studi pre-clinici e clinici, studi di immunogenicità e piani di farmacovigilanza) in grado di garantire la qualità, l’efficacia e la sicurezza dei prodotti immessi in commercio. Utilizzare i farmaci biosimilari assicura un risparmio per la comunità e libera risorse da destinare al mercato farmaceutico, rendendo disponibile l’utilizzo di farmaci innovativi e ad alto costo a un numero sempre maggiore di pazienti. Un esempio è dato dal filgrastim, usato per trattare la neutropenia. Se in Italia si usasse la stessa quota di biosimilari del filgratim usata in Germania, cioè il 30%, il servizio sanitario potrebbe risparmiare almeno 15 milioni di euro ogni anno, mentre oggi per la scarsa penetrazione dei biosimilari il risparmio generato è inferiore a 2 milioni di euro (fonte: Assogenerici). Un altro vantaggio è rappresentato dalla qualità. Rispetto agli originatori i biosimilari sono farmaci più “moderni”, poiché il loro processo di produzione si avvale delle esperienze scientifiche e tecnologiche di almeno 20 anni di innovazione rispetto alle metodiche in uso quando il farmaco originale è stato messo a punto. Questo aspetto potrebbe addirittura dare origine a farmaci con nuove qualità cliniche rispetto a quelle degli originali. Tuttavia, nonostante non manchino esperienze cliniche che ne confermino l’efficacia e la sicurezza e un iter registravo severo, la comunità medica e scientifica mostra ancora una certa resistenza dovuta a una non corretta diffusione di informazioni sul processo normativo di approvazione, sull’interpretazione stessa delle linee guida, unitamente alla scelta di non voler modificare la terapia ai pazienti già in trattamento con il farmaco di riferimento. Le aree terapeutiche L’area terapeutica che assorbe il 40% dei farmaci biotecnologici disponibili in commercio è l’oncologia (fonte: Farmaci Biotecnologici Biosimilari: Innovazione e Sostenibilità, 2011). A quest’area appartengono oltre i fattori di crescita, gli anticorpi monoclonali utilizzati per il trattamento delle neoplasie mammarie, del polmone, dei reni e del colon-retto. La loro introduzione ha segnato importanti traguardi sia per una minore progressione della malattia sia in termini di sopravvivenza. L’introduzione dei fattori di crescita si è rivelata un’importante opzione terapeutica anche per numerose patologie ematologiche e onco-ematologiche. In particolare il principale fattore di crescita dei neutrofili ha reso possibile il trapianto di cellule staminali da sangue periferico, una procedura che sta sostituendo il trapianto di midollo osseo. In ambito onco-ematologico vengono utilizzate anche le eritropoietine ricombinanti in grado di stimolare la produzione degli eritrociti per contrastare gli effetti tossici dei farmaci antitumorali e per ridurre la necessità di trasfusioni. Anche in nefrologia le eritropoietine hanno rivoluzionato il trattamento dell’anemia uremica e la prevenzione e il rigetto da trapianto d’organo. Il confronto con il resto del mondo L’Unione Europea, a garanzia di quanto detto, ha emanato linee guida chiare e normative specifiche definendo la tipologia degli studi clinici necessari per l’autorizzazione all’immissione in commercio dei farmaci biosimilari come in Australia, Giappone e Canada, mentre in Cina, in India e in alcune nazioni del Sudamerica non esistono linee guida e regole rigorose. Un capitolo a sé è rappresentato dagli Stati Uniti. Qui non esiste una procedura legislativa che regoli l’immissione in commercio dei farmaci biosimilari, anche se negli ultimi anni si sono fatti importanti passi in questa direzione. Nella riforma sanitaria del presidente Obama, approvata nel 2010, è stata introdotta una sezione Quaderni della SIF (2012) vol. 29- 17 Fig. 1: Farmaci Biotecnologici Biosimilari: Innovazione e Sostenibilità, 2011. dedicata alla produzione di questo tipo di farmaci. Il capitolo stabilisce un iter abbreviato per l’approvazione, ammessa solo in seguito a studi che dimostrino la biosimilarità con il farmaco di riferimento, intesa questa però come differenza non significativa sotto il profilo clinico e di sicurezza. Il mercato dei farmaci biotecnologici oggi rappresenta il 10-15% del mercato farmaceutico globale, caratterizzato da un tasso di crescita doppio rispetto ai farmaci di sintesi chimica. La perdita della copertura brevettuale di numerosi farmaci biologici prevista nel 2013-2015, da un lato consentirà l’immissione nel mercato globale di 400-600 molecole di nuovi farmaci biologici, di cui 250 con indicazioni oncologiche, dall’altro offrirà la possibilità di ottenere risparmi consistenti grazie al lancio di farmaci competitori. Questo scenario appare particolarmente rilevante in Italia, dove i farmaci biotecnologici vengono 18 - Quaderni della SIF (2012) vol. 29 utilizzati prevalentemente in ambito ospedaliero. Infatti nel periodo compreso tra il 2001 e il 2007 si è registrato un incremento annuo di spesa del 15,9% a fronte di un calo dello 0,1% della spesa farmaceutica convenzionata. L’ingresso dei farmaci biosimilari nel mercato dunque si presenta come una tappa importante per continuare a garantire la sostenibilità della sanità pubblica, soprattutto nel nostro Paese dove potrebbero rappresentare un’opportunità di risparmio aggiuntiva ai farmaci equivalenti. Purtroppo, soprattutto in Italia, la penetrazione sul mercato risulta ancora limitata sia in termini di fatturato sia in termini di consumi. In particolare i prodotti biosimili dell’eritropoietina ricombinante non sembrano aver avuto un impatto significativo sul mercato di riferimento e solo il filgrastim, da poco presente sul mercato italiano, ha registrato in breve tempo una penetrazione del mercato apprezza- bile, coprendo il 2,1% dei consumi e l’1,44% del fatturato. L’AIFA, in considerazione delle difficoltà di penetrazione del mercato, è intervenuta in merito alla negoziazione con le aziende produttrici di farmaci biosimilari prevedendo una differenza del 20% rispetto all’originatore, un differenziale che potrà aumentare qualora la penetrazione dei biosimilari si rivelasse massiccia. A conclusione di quanto esposto sono dell’idea che una corretta informazione possa accelerare quel percorso culturale di diffusione di un nuovo atteggiamento nei confronti sia dei farmaci generici sia dei farmaci biosimilari da parte degli operatori sanitari e dei cittadini. Non dobbiamo dimenticare che entrambe le tipologie di farmaci possono rappresentare uno strumento fondamentale per la razionalizzazione della spesa farmaceutica italiana, a vantaggio dell’innovazione e dell’accesso alle cure per tutti noi. ■ Lettera al direttore di Noemi Bruna Eisera (Medico di Medicina Generale, Provincia di Milano) Salve. Leggo sempre con interesse i vostri “quaderni” e, oltre a ringraziarvi per l’utile servizio, questa volta sento la necessità di commentare un vostro articolo pubblicato in dicembre a firma Dr. Santoiemma in merito all’oggetto (Farmaci generici ndr.). L’argomento mi coinvolge molto in quanto MMG e ancora di più alla luce delle recenti normative. Sottolineo con forza che le aziende “generiche”: - dovrebbero pubblicizzarci (o dovrebbe farlo il Ministero) le cur- ve di biosponibilità e non richiedere un atto di fede; - dovrebbero registrare il farmaco per TUTTE le indicazioni di quello di “marca”, nessuna esclusa; - dovrebbero rispettare la formulazione almeno in merito agli eccipienti “critici” tipo lattosio, glutine, zucchero (come controllare e memorizzare il loro elenco per tutte le marche?..perché la maggior parte dei programmi, almeno per il mio è così, prevede che io indichi la marca del genericato e quindi mi assuma tutta la responsabilità in merito al suo contenu- to). Un saggio mi ha detto: è meglio andare davanti alla corte dei conti per aver speso di più, che davanti al procuratore della repubblica per aver provocato un danno alla salute. Inoltre, se prescrivo con “non sostituire” il farmaco di marca non creo nessun danno all’erario e vado sul sicuro... ma certamente “boicotto” l’industria dei generici che indiscutibilmente con la libera concorrenza ha creato una grossa fonte di risparmio. Vi ringrazio dell’attenzione e di nuovo complimenti. ■ In memoria di Alberto Giotti “In Memory of Alberto Giotti”, volume recentemente pubblicato dalla Casa Editrice Exòrma (Roma) nella Collana “Monografie”, è un libro che, nel ripercorrere la carriera scientifica e umana del Prof. Alberto Giotti, riassume la storia della farmacologia fiorentina nella seconda metà dello scorso secolo. La pregevole iniziativa editoriale, gradevole ed elegante nella sua forma tipografica, è curata dai Professori Giancarlo Pepeu, Alessandro Mugelli, Flavio Moroni e Giuseppe Nisticò e corona la giornata di studi organizzata dal Centro Interuniversitario di Medicina Molecolare e Biofisica Applicata il 1° luglio 2011. Gli scritti qui raccolti mostrano l’ammirazione per il Maestro, la stima per il ricercatore e l’affetto per l’uomo di allievi e amici che ben ne delineano la personalità vivace e poliedrica. Già nei titoli dei differenti capitoli emerge la varietà degli approcci e la profonda influenza di Alberto Giotti nello sviluppo della farmacologia fiorentina e nazionale: sono menzionati infatti molti -se non tutti- i possibili settori della materia farmacologica. E va al Maestro il merito di essere riuscito a far crescere organicamente tante figure di illustri ricercatori per i quali egli era un attento consigliere e punto di riferimento, senza mai imporre loro un argomento di studio. Nella sua introduzione, Giuseppe Nisticò, Ordinario di Farmacologia, Università degli Studi di Roma Tor Vergata, traccia il filo conduttore della amicizia tra lui e Alberto (My long-lasting Friendship with Alberto Giotti) e l’intervento successivo di Gianfranco Gensini descrive quanto la forte personalità di Giotti abbia influenzato l’evolversi della Facoltà di Medicina e Chirurgia negli anni Ottanta del secolo scorso (The Influence of Alberto Giotti on the University of Florence Medical Faculty). Seguono poi le memorie scientifiche, accademiche e personali di allievi e colleghi. Così, la carriera scientifica e accademica di Alberto Giotti è ben riassunta nel capitolo scritto da Giancarlo Pepeu (The Scientific Activity of Alberto Giotti) che ne ripercorre le tappe fondamentali attraverso le pubblicazioni scientifiche, dai primi lavori sull’intossicazione da barbiturici (di grande interesse tossicologico l’articolo del 19511, citato anche nel manuale di farmacologia Goodman & Gilman, ed. 1955) agli ultimi lavori degli anni 20002. Il ruolo svolto da Giotti nella nascita e lo sviluppo della farmacologia cardiovascolare fiorentina è tracciato da Elisabetta Cerbai, Fabrizio Ledda e Alessandro Mugelli (Alberto Giotti and Cardiovascular Pharmacology in Florence) e prosegue nel ricordo personale di Emanuela Masini (Experimental Myocardial Infarction: a Personal Memoir) e di Flavia Franconi e Paola Antonini (Not Only Taurine). La taurina, uno degli argomenti di ricerca centrali nella carriera di Alberto Giotti, è poi il filo conduttore di Diana Conte Camerino, Sabata Pierno e Annamaria De Luca (A 30-years Story about Taurine and Skeletal Muscle: from Mechanisms to Clinical Application) e Gianpietro Sgaragli e Maria Frosini (Taurine as an Endogenous Cryogen in the Mammalian Brain and a Primary Cell Protecting Agent). E ancora Pierfrancesco Mannaioni e Patrizia Blandina (Cardiac and Cerebral Histamine) e Roberto Fantozzi (My Memories of Alberto Giotti) riassumono Quaderni della SIF (2012) vol. 29- 19 le ricerche su istamina e autacoidi infiammatori; l’importante apporto di Giotti alla farmacologia dell’acido γ-aminobutirrico è tracciato da Lucilla Zilletti e Saverio Luzzi (A Contribution to the Pharmacology of GABA Outside the Central Nervous System), mentre Alessandro Bartolini delinea la storia della farmacologia del dolore nelle ricerche della scuola farmacologica fiorentina (Pain Pharmacology: a Florentine Tradition). Anche la tossicologia deve molto alla passione scientifica, medica e umana di Alberto Giotti: Flavio Moroni gli dedica un sentito tributo per quanto costruito nell’ambito della clinica tossicologica (A Tribute to Giotti’s Pioneer Role in the Development of the Clinica Toxicology unit, Florence University Hospital) e Piero Dolara nell’ambito dell’ecotossicologia (Alberto Giotti and the Emergence of Environmental Toxicology). Della nascita della chemioterapia antimicrobica e antineoplastica nel contesto della farmacologia fiorentina si occupano Teresita Mazzei, Enrico Mini e Andrea Novelli (Chemiotherapy of Microbial and Neoplastic Diseases: the Florentine Experience), dove accanto alla figura di Giotti va ricordata quella di Piero Periti. Infine, gli interventi di colleghi farmacologi di altri Atenei quali Paolo Preziosi, Università Cattolica, Roma (My Memories of Alberto Giotti) e Francesco Clementi, Università di Milano (Alberto Giotti, His Merits for the Italian Pharmacology) mostrano come la figura di Alberto Giotti sia ancora viva al di là dei confini dell’Ateneo fiorentino. Last, but not least il volume riporta il contributo scientifico di un grande ricercatore quale Salvador Moncada, direttore del Wolfson Institute, University College, London (Discovery of the Me- chanism that Enable the Provision of Nutrients to Proliferating Cells), che ha partecipato al workshop di luglio onorando la memoria di Alberto Giotti con la sua Lettura Magistrale. SOCIETÀ ITALIANA DI FARMACOLOGIA Viale Abruzzi, 32 - 20131 Milano e-mail: [email protected] e-mail: [email protected] Web site: www.sifweb.org Consiglieri: Emilio Clementi, Salvatore Cuzzocrea, Romano Danesi, Patrizia Hrelia, Giovan Battista Leproux, Mariangela Serra Pubblicazione iscritta nel Registro Stampa Tribunale di Milano in data 20 settembre 1997 - N° 528 CONSIGLIO DIRETTIVO Presidente: Pier Luigi Canonico Presidente-eletto: Francesco Rossi Segretario: Liberato Berrino Past President: Carlo Riccardi Quaderni della SIF Comitato di Redazione: Giovanni Biggio, Sandra Brunelleschi, Pier Luigi Canonico, Ida Ceserani, Diana Conte Camerino, Carlo Riccardi, Francesco Rossi Direttore Responsabile: Flavia Franconi BIBLIOGRAFIA 1. Giotti A, Maynert EW. The renal clearance of barbital and the mechanism of its reabsorption. J Pharmacol Exp Ther. 1951;101:296-309. Questo articolo descrive le ricerche svolte alla Columbia University dove Giotti lavorò come “research visitor” con un grant della Rockefeller Foundation. 2. Failli P, Fazzini A, Ruocco C, Mazzetti L, Cecchi E, Giovannelli L, Marra F, Milani S, Giotti A. Lack of nitric oxide- and guanosine 3’:5’-cyclic monophosphate-dependent regulation of alpha-thrombin-induced calcium transient in endothelial cells of spontaneously hypertensive rat hearts. Br J Pharmacol. 2000;130:1468-1476. ■ Stampa: MediaPrint s.r.l. Via G. Gozzano, 7 - 57121 Livorno 0586 tel. 403023 - fax 409414 e-mail: [email protected] Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro: “Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abb.post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Prato” La rivista è pubblicata con grant educazionale di: 20 - Quaderni della SIF (2012) vol. 29