ARCIDIOCESI DI LANCIANO–ORTONA
“Affinché Cristo sia formato in voi” - Formazione diocesana 2012-2013
ADULTI CHE SI FORMANO INSIEME PER LA FORMAZIONE DI TUTTI
“IN RELAZIONI INTERPERSONALI e SOCIALI”
LO STILE EDUCATIVO: LA BELLEZZA DI AMARE ED ESSERE AMATI
2. COMUNICARE: CON CHI E CHE COSA? CAPACI DI RELAZIONI SIGNIFICATIVE
Prof. Vincenzo Rulli ([email protected])
Lanciano, 30 novembre 2012
 LA COMUNICAZIONE E I SUOI LINGUAGGI. Una parola, oggi, riempie i cervelli, le bocche, i libri, i convegni, i progetti delle aziende, le
preoccupazioni delle agenzie educative: comunicazione. Ma cosa significa comunicare? Se facciamo una ricerca etimologica, scopriamo
che esso deriva dal verbo latino communicare, composto da cum (= insieme) e munus (= compito, impegno, lavoro) e significa pertanto
mettere in comune, dividere con, cioè condividere. Presenta la stessa radice di “comunione”, da cui deriva la parola comunità. Per questo la
comunicazione, intesa nel suo senso vero e profondo, è l’essenza stessa di una comunità.
Come si comunica? La risposta è semplice: c’è qualcuno che dice qualcosa a qualcun altro. Ma a guardare bene, non basta questo
passaggio – di informazioni, di suggerimenti, di raccomandazioni - perché si possa dare una vera comunicazione. Difatti, se l’altro non
capisce, non accetta o non tollera …, il messaggio non è andato a buon fine!
Che cosa ci fa capire che la comunicazione ha funzionato oppure no? Evidentemente dobbiamo osservare la reazione del destinatario:
è solo in questo modo che possiamo capire se siamo riusciti nel nostro intento.
Quando noi comunichiamo, inoltre, non diamo solo un messaggio di contenuto, ma anche uno di relazione. Noi diciamo qualcosa, ma il
nostro tono di voce, la mimica, l’espressione del viso … dicono anche in che relazione siamo con la persona che abbiamo di fronte. La
comunicazione è frutto della collaborazione dei due (o più) protagonisti: ecco perché, come vuole l’etimologia, si dice “comunicazione”,
cioè “mettere in comune”. Perché questa «messa in comune» si verifichi, è necessaria la presenza contemporanea di alcuni elementi
fondamentali: l'emittente, il ricevente, il messaggio, il codice, il canale, la codifica, la decodifica, il feed-back, il contesto o ambiente.
 MODALITÀ COMUNICATIVE. La comunicazione può essere: verbale, non verbale, emozionale, simbolica. Un utilizzo congiunto delle diverse
modalità comunicative produce i risultati più efficaci. Per sfruttare coscientemente le possibilità offerte dalla comunicazione, è sempre
necessario definire con esattezza: A chi ci rivolgiamo? Qual è l’obiettivo finale? Attraverso la risposta a queste domande, è possibile
decidere: che cosa comunicare e come comunicarlo.
 IL LINGUAGGIO E LE SUE COMPONENTI. Per comunicare serve un ponte che, collegando l'emittente con il ricevente, consenta al
messaggio di passare dall'uno all'altro. Il ponte che collega e consente la comunicazione tra l'emittente e il ricevente è il linguaggio: la
facoltà degli individui e dei gruppi di esprimersi e di comunicare attraverso i segni e i simboli. Il «linguaggio» è costituito da tre elementi: il
referente, il significato, il significante.
 I SEGNI E I SIMBOLI: LA SCINTILLA. Per comunicare non è sufficiente emettere parole: parlare non significa, di per sé, comunicare. La
scintilla della comunicazione tra emittente e ricevente si accende infatti proprio a livello di significante. Segni e simboli non comprensibili e
non adeguati rendono la comunicazione muta.
 IL SEGNO. Cos’è il segno? Il segno è un oggetto, un fatto, un fenomeno che costituisce indizio o che si possa ricondurre ad un significato.
Gli elementi del segno sono: la realtà che si vuole significare, la realtà significante, la relazione di significazione.
 SEGNO NATURALE E CONVENZIONALE. Quando la relazione di significazione è determinata dalla natura stessa delle cose, il segno è «naturale».
Quando la relazione di significazione è determinata dal libero e anche arbitrario intervento dell'uomo, il segno è «convenzionale».
 IL SIMBOLO. La parola «simbolo» etimologicamente significa: incontrarsi, mettere in comune. Il simbolo è quell'oggetto, quell'immagine,
quella parola che va a richiamare e a congiungersi con una parte che è già in noi. Per raccogliere la forza del simbolo è necessario aver
vissuto un’esperienza.
 TANTI LINGUAGGI PER LA CATECHESI. La ricchezza dei linguaggi fa parte del creato e quindi sono un dono di Dio. Non possiamo perciò
togliere all'annuncio e all'approfondimento della parola di Dio la ricchezza dei mezzi che abbiamo a disposizione. Ma quanti sono i
linguaggi? Tanti. Noi prenderemo in esame tre grandi famiglie di linguaggi che, in qualche modo, fanno da matrice a tutti gli altri: il
linguaggio dei gesti, delle immagini e delle parole.
 IL LINGUAGGIO DEI GESTI. La specie umana non ha iniziato a comunicare con le parole. All'inizio c'erano i gesti: le urla di guerra per
impaurire, i colori sul corpo per esprimere la gioia e il dolore, le maschere sul volto, le danze, i canti, i rumori. Arrivati a un certo punto del
cammino, si è rischiato di dimenticare il punto di partenza, si è creduto che la parola e la scrittura (le forme più alte di comunicazione)
fossero l'unica forma di comunicazione. In realtà noi, anche oggi, comunichiamo con i gesti molto più di quello che crediamo. La simpatia,
l'amicizia, l'amore, la paura, l'odio, la difesa del territorio... prima di trovare parole, si esprimono con i gesti. Alcuni ambienti ecclesiali
hanno purtroppo dimenticato questo linguaggio e fanno poco per riappropriarsene. In questo modo la comunità cristiana rischia di non
comunicare più niente agli uomini e alle donne di oggi, di tagliare l'erba sotto i piedi alle parole e, quello che è drammatico, di togliere
«energia» alla Parola di Dio. È così che si corre il pericolo di minare il «ponte» della comunicazione o di non riuscire a ricostruirlo. Non c'è
davvero da stupirsi troppo se, appena assolti gli obblighi della comunione e della cresima, i ragazzi se ne vanno a cercare altrove i valori che
noi abbiamo loro insegnato ma non comunicato: il calore della vita vissuta insieme, dell'essere popolo, del sentirsi un «noi».
- Scintilla del senso religioso. Il linguaggio dei gesti, oltre a fare da «grembo» all’esperienza religiosa, è indispensabile per accenderla e
farla ardere. Educare i fanciulli, i ragazzi, i giovani a rimanere in silenzio davanti al sole con le braccia alzate; educarli ad ascoltare il vento, a
contemplare un fiore, stimolarli ad accogliere la luce che entra nella stanza con le mani aperte come quelle del povero; farli pregare
stringendo le mano del vicino per sentirne il calore e le vibrazioni … è educare a cogliere il mistero che sta nelle cose! Questo linguaggio è
anche la condizione indispensabile per un’esatta e autentica comprensione dei sacramenti. Non basta spiegarli! Bisogna rivisitarli
attraverso la strada dell'esperienza. Il linguaggio dei gesti è anche l'humus che consente di far nascere la capacità di pregare.
- Le esperienze non si dimenticano. Una volta che la nozione non è più vista come un corpo estraneo, un peso imposto, ma un mezzo per
chiarire a se stessi e agli altri la nostra esperienza di fede, ragazzi e adulti non proveranno fatica a imparare ciò che serve per «rendere
ragione della propria speranza».
- La memoria profonda. Quello che il linguaggio dei gesti imprime è la memoria profonda. Quella che rimane dentro, che niente può
cancellare. Si dimentica un discorso, ma non un abbraccio!
 IL LINGUAGGIO DELLE IMMAGINI. A pochi mesi, il bambino è calamitato dalla televisione e da tutto ciò che è immagine. Poi, un bel giorno,
arriva in parrocchia e trova una chiesa spoglia di immagini e echeggiante di parole, nozioni e concetti. E si sente straniero. L'abbandono
dell’immagine non ha inciso soltanto a livello di metodo di trasmissione del messaggio: a una chiesa più comunità, calore, partecipazione,
mistero, è succeduta una chiesa più struttura, più gerarchia, più dottrina.
- Il linguaggio delle immagini per l'emozione e la bellezza. L'uso abbondante del linguaggio delle immagini nella catechesi può essere una
medicina salutare per riportare il bello dentro all'esperienza religiosa. La bellezza è l'esperienza umana che più ci avvicina a Dio. La bellezza
affascina, crea emozioni, conquista. Come possiamo pretendere di conquistare a Dio senza bellezza, senza fascino, senza emozioni? I freddi
ragionamenti e le formule aride sono strade senza uscita nel cammino verso Dio. L'immagine seduce e conquista.
- L'immagine per capire e ricordare. Oltre a sedurre, l'immagine ha la straordinaria proprietà di far capire meglio e di far ricordare più a
lungo. Già gli antichi dicevano: «Chi sente dimentica, chi vede ricorda».
 IL LINGUAGGIO DELLA PAROLA PER INTERIORIZZARE. Dopo le immagini viene il momento della parola per sistemare, organizzare, fare sintesi,
interiorizzare, riflettere. A questo punto, le parole non saranno più segni difficili da interpretare con il vocabolario. Non saranno più
«nude», ma vestite di emozioni e di fascino. Perché questo avvenga dobbiamo tornare abbondantemente al linguaggio simbolico che è
quello più adatto a parlare di Dio. La parabola, il racconto, la fiaba addirittura sono strumenti capaci di parlare del mistero di Dio molto più
che tanti ragionamenti rigorosi!
 LA PAROLA: PONTE D'ORO. La parola è il ponte che ci unisce, che ci mette in contatto con gli altri; in contatto profondo. L'insegnante è
a contatto con gli alunni, proprio grazie alle parole. Parole che arrivano alla loro anima e la formano o la deformano.
 LA RESPONSABILITÀ. Avere la parola è una responsabilità perché: 1. vi sono parole che sono carezze e altre che sono proiettili; 2. le parole
portano in sé pensieri, veicolano idee; 3. sono le parole che costruiscono la nostra immagine mentale.
 L’ATMOSFERA. Le parole possono essere dette con dolcezza o con rabbia, con gioia o con tristezza, con calore o con freddezza... In breve, il
parlare è sempre inserito in un dato clima psicologico. Quale deve essere l'atmosfera giusta in grado di accogliere in modo opportuno le
parole dell’educatore? Ci pare che il clima adatto debba avere alcune precise caratteristiche: il tono della voce favorevole, l'accoglienza, la
serenità.
 COME PARLARE? IMPARIAMO DA GESÙ. Creato il giusto clima psicologico, preparata l'atmosfera adatta, finalmente possiamo metterci
a parlare. In che modo? Ecco alcune proposte concretissime: parliamo limpido, ricco, vivace, vario, rapido, in modo critico e visivo.
 FAR PARLARE. Non basta parlare, occorre far parlare. Difatti perché il ciclo dell'apprendimento sia completo, occorrono tre momenti: il
momento dell'ascolto, il momento della riflessione e il momento della verbalizzazione.
 AMBIENTE ESTERIORE E INTERIORE. Perché i ragazzi parlino si richiedono alcune condizioni fondamentali. Intanto, la creazione di un particolare
ambiente esteriore: ambiente ordinato, disciplinato; ambiente nel quale si sa cosa succede: si parla uno alla volta, non si interrompe chi sta
parlando... Oltre all'ambiente esteriore è indispensabile creare anche l'ambiente interiore che permetta al ragazzo di sentirsi del tutto a suo
agio e che gli permetta di fare domande e intervenire, senza paura di essere preso in giro o di essere rimproverato.
 TECNICHE E STRUMENTI. Oltre alle due condizioni accennate, possono aiutare i ragazzi a parlare anche alcune tecniche, alcuni strumenti
didattici. Il primo, tra questi, è la domanda. Abbiamo due tipi di domande: quelle fatte dai ragazzi e quelle poste dall'educatore. Le
domande dei ragazzi sono sempre un'opportunità da non lasciare sfuggire, ma da gestire al meglio.
 TROPPA FATICA? Un dubbio può insinuarsi nei nostri circuiti mentali: «Una catechesi fatta con tutti questi linguaggi non è troppo
faticosa?». Lo è senza dubbio, ma è anche bella, gratificante, festosa, attraente e... efficace. Poi, risultati concreti a parte, con questa fatica
di rendere tridimensionale la catechesi, noi superiamo la mentalità e il costume della catechesi come dottrina, come scuola di catechismo e
ci avviciniamo fortemente alla catechesi come esperienza comunitaria.
 GRAZIE! Spero che tutto ciò che è stato detto susciti in voi una dolce grinta per un maggior impegno. Impegno che vogliamo onorare
con serenità e pace. Forse che abbiamo intenzione di togliere il lavoro a Dio? A noi la semina, la germinazione e la maturazione a Lui! Un
educatore che in una stanza, povera e disadorna, senza testimoni e senza elogi, continua, nonostante tutto, a regalare Dio, con passione e
amore, è la parola che parla più forte di tutte le parole!
 TESTI UTILI PER L’APPROFONDIMENTO
“Segno/Simbolo”, in AA.VV., Nuovo dizionario di liturgia, Roma, Ed. Paoline, 1988 3; A. PIERETTI, Il linguaggio, Ed. La Scuola, Brescia 1984; C.
MOLARI, Il linguaggio della catechesi, Ed. Paoline, Roma 1986; G. COLOMBERO, Dalle parole al dialogo, Ed. Paoline, Alba 1981; CENTRO
CATECHISTICO PAOLINO, Come fare catechismo? Per chi incomincia e per chi ha già incominciato, Ed. Paoline, Roma 1987; D. MEREGALLI,
“L’accoglienza dell’altro”, in M. MUSAIO (a cura di), Dentro la relazione educativa, Editrice Elledici, Leumann (TO) 2012, pp. 119-138; D.
MORRIS, La tribù del calcio, Mondadori Ed., Milano 1982; ID., L'uomo e i suoi gesti, Mondadori Ed., Milano 1977; ID., Il nostro corpo,
Mondadori Ed., Milano 1986; G. SAVAGNONE - A. BRIGUGLIA, Il coraggio di educare. Costruire il dialogo educativo con le nuove generazioni,
Editrice ELLEDICI, Leumann (TO) 2008; L. PAOLINI, Nuovi media e web 2.0. Come utilizzarli a scuola e nei gruppi, EDB Scuola, Bologna 2010; P.
BABIN, La catechesi nell'era della comunicazione, Leumann (TO), Elledici 1989; P. PELLEGRINO, Parola di catechista. Come essere efficaci
nella comunicazione catechistica, Coll. Appunti per una scuola dei catechisti vol 6, Editrice ELLEDICI, Leumann (TO) 1995; Il linguaggio
simbolico. Un linguaggio da catechisti professionisti, Coll. Appunti per una scuola dei catechisti vol 7, Editrice ELLEDICI, Leumann (TO) 1995;
S. LANZA, La narrazione in catechesi, Ed. Paoline, Roma 1985; T. GORDON, Genitori efficaci. Educare figli responsabili, Ed. La Meridiana,
Molfetta (BA) 1994; T. LASCONI – G. QUAGLINI – C. CIBIEN, L’arte del comunicare. I linguaggi della catechesi, Coll. Catechisti oggi domani, Vol. 1
Metodologia didattica, Ed. Paoline, Roma 1990; T. LASCONI, Amico Dio, Ed. AVE, Roma 1989; U. HAUG - G. RAMMER, Psicologia del linguaggio
e teoria della comunicazione, Armando Ed., 1984.