1/
46, rue de la Ferté-Gaucher, 77169 Boissy-le-Châtel, France
Tel. +33 (0)1 64 20 39 50 / [email protected] / www.galleriacontinua.com
Dal mercoledì alla domenica, dalle 12:00 alle 18:00
Atelier Tayou
Explosition
21/05/2016 - 25/09/2016
Vernissage sabato 21 maggio a partire dalle 16.30
Su richiesta del loro professore,
gli studenti dell’Atelier Tayou dell’Ecole
Nationale Supérieure des Beaux-Arts
di Parigi sono invitati a realizzare una
mostra al di fuori della scuola presso
GALLERIA CONTINUA / Les Moulins. Il suo
obiettivo: creare delle opere in situ che
dialoghino in maniera pertinenete con
il luogo e la storia del Mulino di SainteMarie. Per la prima volta, l’edificio A
viene aperto al pubblico, lasciando
scoprire
un’architettura
industriale
dalla forte identità. La volontà degli
studenti è quella di una “esplosizione”
che contraddica la linearità dell’edificio
e presenti una progressione nello spazio
ruvido e sorprendente.
Il percorso si apre con un stopmotion di Marine Bikard costituito da una
successione di disegni a grafite. Al limite
dell’automatismo, la giovane artista si
lascia prendere dal piacere delle forme
che nascono e si disfano; resiste alla
tentazione della figurazione per rimanere
nello spazio immaginario e offrire al
fruitore una finestra sul suo proprio
immaginario. Ritroviamo il tocco della
sua mano nell’installazione di acqueforti
e filigrane. Espace cachés, espaces
ouverts, in riferimento all’attività
passata del luogo, presenta delle viste
di Sainte-Marie su cui sono stati apposti
degli schermi bianchi, che ostruiscono
così una parte dell’immagine, delicata mise
en abyme della sparizione di un’attività,
di una storia che non ritornerà.
Suni Prisco invece posa il suo
1. Henri Bergson, L’énergie spirituelle, 1919.
sguardo sulla storia in corso e sui
cambiamenti che essa apporta, quelle
Migrations di senso e di luogo, come uno
slittamento metonimico. Uno stormo di
storni prende il volo su un solido sospeso
e, come prigioniero dei suoi confini, non
trova mai riposo. Dei tappeti evocano
l’intimità domestica, mentre dei fili di lana
disegnano delle porte che si aprono sul
vuoto. Una pesante coperta abbandonata,
intessuta di corda ruvida, da oggetto di
conforto diventa strumento di tortura.
Questa installazione disegna un habitat
carico di una presenza assente e sembra
dare forma a un ricordo “netto e preciso,
ma impersonale e senza vita”1.
È a questo interno abbandonato che
s’interessa Malena Robin costruendo delle
rovine intorno ad elementi di cemento
abbandonati.
Queste
architetture
coperte di collage di materiali di recupero
funzionano come un palinsesto ed evocano
le pelli differenti dei muri e degli edifici
del luogo.
Con Éruption Spontanée, Laure
Barillé si interroga sui nostri modi di vita
in relazione all’industria e ai rischi ad essa
connessi. Questo fungo atomico di cotone,
tanto minaccioso quanto affascinante,
presenta nei suoi fumaioli degli elementi
organici fluorescenti. Detriti umani o
organismi mutanti, catastrofe naturale
o umana? Si tratta evidentemente di un
momento di transizione, ma l’opera non
dice se si tratterà di un cambiamento
positivo o negativo.
Alexander Claude Raczka si interroga
2/
allo stesso modo sulla condizione attuale
del mondo e dipinge dei planisferi che
illustrano in maniera critica gli scambi
e i movimenti (umani, commerciali, di
capitale) tra i continenti. Import
Export è particolarmente esplicito nella
raffigurazione di un maiale. Sospesi al piano
rialzato dell’edificio, essi ci ricordano le
minacce che pendono sulla nostra testa
e allo stesso tempo rassomigliano a dei
manifesti rivoluzionari.
Le opere di Charlie Jouan e Théophile
Stern, la cui intersezione ricorda un
hortus conclusus, richiamano l’attenzione
del visitatore sull’architettura. Gli archi
immacolati di Caligari che strizzano
l’occhio alle architetture traballanti
ed espressioniste del gabinetto del
celebre dottore, dialogano con i moduli
ortogonali creati dai pilastri. Le delicate
volte di tessuto perturbano lo spazio di
questa cattedrale di cemento e acciaio
e invitano il visitatore a passeggiare
tra esse. Sul cammino, l’incontro con
Italo, una scultura cinetica costituita
da una torre di pietra calcarea attorno
alla quale girano delle piccole capanne
galleggianti. Realizzata con dei materiali
trovati sul sito, quest’opera col suo
movimento circolare diventa un’immagine
poetica del Mulino di Sainte-Marie.
All’idea di giardino e di spazio
raccolto risponde Sur les épaules du
Monde di Charles le Hyaric, una rocca irta
di rami e costellata di rocce dorate. La
forza dell’oggetto è controbilanciata
dalla possibilità di raggomitolarcisi,
d’entrarci come per trovarvi rifugio,
letteralmente ritirarcisi, come l’eroe di
Patrick Süskind in Il Profumo.
Dodici colpi vengono sferrati
ritmicamente, instaurando una durata
artificiale nel continuum temporale
della grotta e della natura. Questa
installazione segna l’entrata nello spazio
d’esposizione più intimo, dove il soffitto
separa nuovamente lo spazio al piano.
L’idea di rinascita è altrettanto presente
nel lavoro di Ferdinand Makouvia. Con la
sua performance 28 minutes inside, che
lo trasforma dallo stato di cingolato di
gomma a quello di uomo nuovo – un cyborg?
– propone un’immagine positiva del futuro
dell’umanità.
Su scala più grande, Victoire
Kammermann con Hors-cadre invita lo
spettatore ad affacciarsi sull’intimità
della sua pratica pittorica e sui colori e gli
schizzi di pittura che ornano il pavimento
a seguito della realizzazione di una tela.
Nicolas
Dol
realizza
invece
degli autoritratti vocali, moduli di
legno bidimensionali intitolati Je suis.
Approfondisce la sua ricerca sull’identità
Nous
étions,
con
le
fotografie
fototessere sottoposte a tre azioni
della Verb List di Richard Serra.
Naomi
Lulendo
accompagna
i
visitatori nel suo universo, fantasticato
tra natura e astrazione, mettendo a
confronto le prospettive artificiali
dell’habitat alla sensualità degli orizzonti.
Il Plexiglas dialoga con la ceramica, la
sabbia nera con l’acrilico, per generare
una narrazione sensibile e soggettiva.
La narrazione è al cuore anche del
lavoro di Benoît Porta che, nel contesto
della sua performance Nomade, ha marciato
dalla Porte de Bagnolet fino a Boissy-leChâtel. Il suo video rivela la transizione
progressiva dallo spazio urbano a quello
rurale, attraverso la trasformazione
visiva del paesaggio tanto quanto quella
del sottofondo sonoro, con la progressiva
scomparsa dei rumori della città a favore
del canto degli uccelli.
Prés emportés, acte I et II, le
forme geometriche realizzate al suolo
con una mistura di clorofilla e zucchero,
riprendono le forme tosate nell’erba delle
aiuole all’esterno dell’edificio, creando
un nuovo legame tra natura e industria.
Gaëlle Sidawy presenta all’esterno
nel giardino recintato le sue Vestiges,
immagini del suolo del sito – cemento,
piastrelle, ghiaia – che, come fossero le
impronte digitali del luogo, costituiscono
con le loro asperità, rilievi e incrinature
il racconto della sua vita passata.
Sulla
terrazza,
Alexandre
Korzeniovski realizza delle costruzioni in
legno e cornici di recupero, intitolata Av..
Ognuna si apre su una vista particolare
dell’istallazione e del luogo, inquadrando
così il paesaggio vivente. Il giovane artista
fa di queste fragili architetture delle
wunderkammer ponendovi all’interno degli
elementi trovati sul sito, presentando
agli occhi del visitatore questi piccoli
oggetti di nessun conto e nonostante
questo pieni di magia e di indizi per una
storia da ricostruire.