Gazzetta del Sud - Festival d`Autunno

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Gazzetta del Sud Lunedì 14 Novembre 2016
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Cultura e Spettacoli
«La televisione dà la cultura a chi non ce
l’ha e la toglie a chi ce l’ha» Umberto
Eco
Il “Prog Rock” a Catanzaro
L’umile genio
di Steve Hackett
Vinicio Leonetti
CATANZARO
Dalla sala alla televisione. “Suburra” diventa una serie televisiva ed è tra le più attese del 2017. Il regista Stefano Sollima lavora a “Zero Zero Zero” tratto dal libro di Roberto Saviano
Il linguaggio “libero” della fiction attrae anche i grandi registi
La serialità diventa una “guida”
Il cinema italiano cerca nuove vie
In arrivo un “Django” televisivo e Michele Placido lavora al primo film italiano di Netflix
Alessandra Magliaro
ROMA
Dai film alle serie: dopo gli
esempi vincenti di “Romanzo
Criminale” e “Gomorra”, la strada sembra essere stata segnata,
attirando sulla serialità grandi
talenti del cinema (su tutti il premio Oscar Paolo Sorrentino,
“The Young Pope”, ma non è l’unico) mentre il linguaggio “libero” della nuova fiction televisiva
condiziona persino i generi cinematografici.
«Le serie sono riuscite a trasferire dal cinema alla tv il talento storytelling tutto italiano e a
sapere parlare alla gente di cose
di cui vuole sentir parlare, essendo capaci più del cinema
drammatico italiano degli ultimi anni di dialogare con il nostro profondo», dice il produttore di Cattleya Riccardo Tozzi.
Ispirata all’omonimo film di
Pif e con la sua voce fuori campo,
dal 21 novembre su Rai1 arriva
“La Mafia uccide solo d’estate”
con Claudio Gioè, Anna Foglietta, Francesco Scianna, Valenti-
na D’Agostino e con Nino Frassica (coproduzione Rai Fiction Wildside): la storia di una famiglia nella Palermo degli anni
‘70, tra tragedia e commedia,
per raccontare persino con sorriso ironico la mafia. Dario Argento sta lavorando ad una serie
ispirata al romanzo “Suspiria De
Profundis” di Thomas De Quincey. Anche Django diventerà
una serie, così come “Suburra”
che dal film di Stefano Sollima
(che invece lavora a “Zero Zero
Zero” tratto dal romanzo di Roberto Saviano prodotta da Sky e
Cattleya in coproduzione con
Canal+) si trasforma in una delle serie più attese della prossima
stagione (la prima tutta italiana
per Netflix) con la regia affidata
a Michele Placido, Andrea Mo-
L’ex presidente Anica
Riccardo Tozzi:
«Il dramma è stato
spazzato via
Resta la commedia»
laioli e Giuseppe Capotondi.
Basata sull’acclamato romanzo di Giancarlo De Cataldo
e Carlo Bonini, è ambientata
qualche anno prima dello scandalo politico realmente accaduto a Roma al quale si ispira, intrecciando politica, Vaticano,
mafia, riciclaggio di denaro ed è
interpretata da Alessandro Borghi, Claudia Gerini, Filippo Nigro, Francesco Acquaroli (coproduzione Rai Fiction - Cattleya). Il film “Smetto quando voglio” si serializza ma per la sala
con due sequel, una saga comedy dice il regista Sydney Sibilia,
che riporta sul set la banda dei
sette laureati composta da
Edoardo Leo, Valerio Aprea,
Paolo Calabresi, Libero De Rienzo, Stefano Fresi, Lorenzo Lavia
e Pietro Sermonti (insieme a Neri Marcorè e Valeria Solarino)
(produzione Rai Cinema, Fandango, Matteo Rovere).
«Nessun autore oggi può fare
del buon cinema se non si cala
nel linguaggio seriale, né le imprese possono sopravvivere più
solo con il cinema». Del resto
Nelle sale
Negli Usa domina
“Doctor Strange”
l Doctor Strange, il titolo
Disney-Marvel con Benedict
Cumberbatch protagonista,
resta primo al botteghino
Usa per il secondo weekend
consecutivo incassando 43
milioni di dollari per un totale domestico di 153 milioni (492 in tutto il mondo).
Al secondo posto l’animazione Dreamworks Trolls
con 35 milioni di dollari per
la seconda settimana e 94
in totale (200 milioni nel
mondo). Questo weekend
ha esordito uno dei film
considerati da Oscar: Arrival di Denis Villeneuve con
Amy Adams e Jeremy Renner, in sala in Italia il 12
gennaio. Terzo posto nonostante le 2317 copie: 24 milioni di dollari al box office.
Tutto esaurito nelle otto date italiane del tour
I King Crimson fermano il tempo
Tante percussioni
e un mix di classici
e brani più recenti
Emanuele Riccardi
ROMA
King Crimson, una vera macchina da guerra: in prima linea sul
palcoscenico dell’auditorium
romano di via della Conciliazione, all’ombra del cupolone di
San Pietro, tre batterie allineate.
Una ritmica martellante, un tripudio di tom e di piatti. Appena
dietro, un gradino più in su, gli
altri musicisti. A destra il leggendario Robert Fripp, a sinistra il
sassofonista degli inizi, Mel Collins. In mezzo Jakko Jakszyk, la
voce solista, e lo storico bassista
Tony Levin, coinvolto nella band
dagli anni ottanta. Di fronte a loro, il pubblico con molti i cinquantenni/sessantenni, ma non
mancano i giovanissimi che hanno (ri)scoperto questa mitica
band inglese che iniziò a segnare
la storia del rock progressivo negli anni settanta.
Si avvia a conclusione il tour
italiano dei King Crimson, otto
concerti, con un successo di pubblico straordinario. Tutto sold
out: da Milano a Firenze, a Roma
a Torino dove sono attesi oggi e
domani al Teatro Colosseo.
Pat Mastelotto, Jeremy Stacey e Gavin Harrison. Il primo è
batterista della band dal 1994,
avendo affiancato il mitico Bill
Bruford per un certo periodo,
quando Fripp decise di passare
al “double drumming”, riprendendo chissà l’antica tradizione
giapponese del taiko per risolvere le dispute tra due villaggi: vince chi suona più a lungo. Stacey
ha lavorato a lungo per Sheryl
Crow e ha fatto da session man
per Eric Clapton e Joe Cocker.
Harrison è forse la vera star del
trio come sembra confermare la
scelta di affidargli l’unico vero
assolo nel bel mezzo del bis: un
lungo, struggente ma violento,
21st Century Schizoid Man, il
primo mitico pezzo dell’album
di esordio, In the Court of the
Crimson King. È preciso, virtuoso, un vero maestro dei piatti. Jakko Jakszyk infine. Come non si
capisce dal nome è inglese (in
realtà si chiama Michael Lee
Curran), e nel 2002 aveva creato
la 21st Century Schizoid Band,
Tutto sold out. Tanti cinquantenni
nel pubblico dei King Crimson
A Firenze la “chicca”:
l’omaggio
di Robert Fripp
a David Bowie
con “Heroes”
non è un caso che più del cinema
italiano ad attirare i gruppi internazionali sono le partnership
produttive sulla serialità italiana. Intanto, in attesa dei dati
dell’anno sull’andamento cinematografico, quelli sulle quote
di mercato parlano chiaro: la
fetta relativa al cinema italiano
è in erosione da tempo, dal 33%
del 2013, al 27 del 2014 è scesa
al 20 nel 2015, rispetto ad una
quota Usa che lo scorso anno ha
toccato il 60,97%.
«Il dramma è stato investito
dalla nuova serialità televisiva,
spazzato via. È un problema italiano, ma non solo. Le serie su
Sky, Netflix, Amazon hanno
portato il pubblico lì ed è complicato riportarlo al cinema. Restano le commedie, la roccaforte del cinema italiano», osserva
Riccardo Tozzi, ex presidente
Anica, tra i più positivi sulla nuova legge audiovisivo appena approvata perché, sostiene, è adeguata alla situazione in quanto
integra l’intero settore dell’audiovisivo e solo in questo modo
si può guardare avanti.3
che riprendeva pezzi dei King
Crimson, un fatto che lo ha avvicinato a Robert Fripp. Nel 2013,
la sorpresa: Fripp annuncia la rinascita dei King Crimson e un
primo tour, con Jakko secondo
chitarrista e voce solista. Una voce solida, profonda e melodica.
Non vellutata come quella di
Greg Lake (il cantante bassista
degli inizi), ma comunque ottima e giusta.
La scaletta. Un mix di classici e
di brani recenti, per lo più strumentali, con ampio spazio alle
percussioni e a fraseggi anche
free. Accanto a titoli come Cirkus (da Lizard), Lark’s Tongue in
Aspic (part I and II), Peace e Pictures of a City (da In the Wake of
Poseidon), oltre ai tre pezzi principali dell’album di esordio. A Firenze, nel bis, una chicca: Heroes di David Bowie, con la fantastica chitarra assolo di Fripp
(fu proprio lui a suonare nel pezzo originale accanto ai sintetizzatori di Brian Eno). Ed è proprio
a Firenze, nell’American Church
of San James, che Bowie sposa
Man il 6 giugno del 1992.3
Non è un concerto di rock'n
roll. Avverte Steve Hackett
entrando in scena come uno
qualunque, con un'agenda
rossa in mano, nel buio quasi
totale, tra il silenzio stupito
del Politeama. Eppure è lui.
Mezza leggenda di quel rock
progressive che con i Genesis
ha cambiato il registro musicale di eserciti di giovani negli
anni Settanta.
Steve la chitarra la teneva
bene a vent'anni. E lo fa ancora a 66 su un palcoscenico lontano da lui come Catanzaro,
che non avrebbe mai immaginato. Era lì ad arpeggiare la
sua “Horizon”, un minutino di
musica molto bachiana che
ancora tiene banco a più di
quarant'anni dal vinile “Foxtrot” con la copertina fiabesca entrato nell'immaginario
collettivo.
Non imbraccia più una Gibson col distorsore, non sta più
dietro ai giganti Peter Gabriel
e Phil Collins. I Genesis non ci
sono più. Adesso Hackett è
quasi da solo, si fa corteggiare
da due splendide chitarre
classiche artigianali, attorniato da due navigati jazzisti come Rob Towsend ai fiati e il
pianista Roger King. Poco
rock il suono che viene fuori,
molto progressive, a tratti intriso di Bach e Mozart.
«Isn’t rock’n roll» aveva
detto appena arrivato. Continuando: «È un sogno acustico». È il suo “acoustic dream”,
anche se ancora Hackett si dà
molto da fare con le sue Gibson de luxe e la pedaliera elettronica. Perché sa bene che la
musica è arte, ricerca affamata del nuovo. I Genesis hanno
fatto scuola. Hackett ha costruito uno stile.
A Steve Hackett basta suonare. Leggendo qualche parola in lingua segnata sulla sua
inseparabile agendina rossa
(se l'è portata dietro anche nei
suoi due bis). «Tante Grazie, è
la prima volta che sono in Calabria», poi sbaglia pagina e
gli esce un «danke shon» che
avrebbe dovuto dire sul palco
di Berlino. Catanzaro come
Berlino e Parigi grazie all'estro di Antonietta Santacroce
e del suo Festival d'Autunno
che trasforma un bel Politeama di provincia in una capitale dello spettacolo. Tempo fa
per artisti come i Genesis i calabresi dovevano prendere
aerei, oggi sono a chilometro
zero.
E arrivano alle orecchie
“Horizon” e “Supper's ready”.
Su iTunes e dintorni “Foxtrot”
è ancora tra gli album più venduti, insieme a “Selling England by the pound”. Tre i brani composti e ripresi da Hackett: “Aisle of Plenty”, “After
the ordeal” e “Firth of fifth”
nel primo dei due bis. Poi
“Blood on the rooftops”.
Rob Towsend si muove tra
flauto, traverso e sax soprano.
Ricrea il magico background
dei primi Genesis. Nei suoi assoli traspare la formazione
jazz. King, invece, è un pianista classico. E si sente.
Il concerto non è tutto qui.
La musica non si fa stringere
dalle parole. Trabocca. Come
l'umiltà di Hackett. Ancora
con i suoi capelli lunghi come
quarant'anni fa. E le sue mani
che non finiscono mai.3
Steve Hackett. L’ex Genesis ripropone un passato immortale
Sabato la consegna a Lecco
Addio a Leon Russell
Fu un grande del rock
ROMA
Un mito della musica rock degli anni ’70, Claude Russell
Bridges in arte Leon Russell, è
morto a 74 anni. Cantante,
musicista, compositore e produttore discografico statunitense, grande personaggio
della scena di quegli anni con
39 album pubblicati e decine
di concerti e tournée. Collaborò con i più grandi artisti, in
particolare con Joe Cocker.
Phil Spector, George Harrison, Eric Clapton, Ringo Starr,
John Lennon, Bob Dylan, Rolling Stones, Beach Boys, B.B.
King, Ray Charles, Frank Sinatra sono alcuni dei nomi degli
artisti con cui ha lavorato. Tra
questi Elton John, che su twitter ha scritto, ricondandolo:
«Fu un mentore, ispiratore e
così gentile con me. L’ho amato e sempre così sarà».
Era nato a Tulsa, in Oklahoma il 2 aprile 1942, è morto a
Nashville. Molte sue canzoni
sono diventate cover come
Delta nell’album di Mina Baby
Gate del 1974, This Masquerade riproposta da Mia Martini e
ripresa da George Benson che
nel ‘76 vinse con quella cover il
Grammy. Tra le canzoni più
note, A Song for You è stata inserita nel 2005 nell’album It’s
Time di Michael Bublé e nel
2009 in I look to You di Whitney Houston e cantata anche
da Ray Charles, Joe Cocker,
the Carpenters, the Temptations, Neil Diamond, Lou Rawls, Dusty Springfield, Aretha
Franklin e Willie Nelson.3
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