Le funzioni amministrative ambientali tra sviluppo sostenibile e

Francesca Mattassoglio
Le funzioni
amministrative ambientali
tra sviluppo sostenibile
e esigenze del mercato
ARACNE
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via Raffaele Garofalo, 133 A/B
00173 Roma
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ISBN
978–88–548–1701–5
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senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: aprile 2008
INDICE
INTRODUZIONE
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
Considerazioni preliminari .................................................................................... 1
Funzione amministrativa, funzione legislativa nozione di ambiente e
concorrenza............................................................................................................... 5
La rilevanza giuridica dell’ambiente ...................................................................... 6
Una breve digressione: la “materia” ambiente ....................................................... 9
Le peculiarità della disciplina ambientale ............................................................ 14
La tutela dell’ambiente nell’ottica della concorrenza e la rilevanza della
disciplina comunitaria............................................................................................ 15
La tutela della concorrenza quale obiettivo e scopo dell’ordinamento .............. 19
Ambiente e mercato: il superamento della diffidenza ......................................... 22
Piano dell’opera...................................................................................................... 24
CAPITOLO PRIMO
CORTE COSTITUZIONALE E NOZIONE DI AMBIENTE: ALLA
RICERCA DI UN DIFFICILE EQUILIBRIO CON LE ESIGENZE DEL
MERCATO E DELL’ECONOMIA
1.
2.
3.
4.
5.
6.
La Corte costituzionale e la “fase paesaggistica” ............................................... 27
Il patrimonio paesaggistico ambientale quale valore ......................................... 30
L’ambiente come bene giuridico unitario ........................................................... 34
L’ambiente come valore
38
L’ambiente come valore che si contrappone al mercato .................................... 43
Alcune riflessioni di sintesi in ordine alle pronunce della Corte nel
precedente assetto costituzionale.......................................................................... 45
7. Le pronunce successive alla modifica costituzionale del 2001: la sent. 26
luglio 2002, n. 407 e l’ammissione della competenza legislativa
regionale in materia di “tutela dell’ambiente”..................................................... 47
7.1. Segue: la sent. 2002, n. 536 e la negazione della competenza legislativa
regionale in materia di “tutela dell’ambiente” ................................................... 50
7.2. Segue: le altre pronunce in materia: la caccia e la tutela degli animali
esotici ..................................................................................................................... 52
7.3. Segue: tutela delle acque e cave ............................................................................ 56
VI
Indice
8.
Le sentt. n. 378 del 30 dicembre 2003 e n. 378 del 5 novembre 2007
e il riconoscimento della potestà esclusiva statale: pronunce isolate ................57
9.
Alcune ulteriori riflessioni di sintesi .................................................................59
10.
La “tutela dell’ambiente” nel nuovo testo costituzionale: tra
“smaterializzazioni” e materie .............................................................................61
11.
L’insufficienza della nozione di ambiente quale “valore” per
risolvere il riparto di competenze tra Stato e Regioni ........................................65
12.
Il principio di maggior protezione e la sent. n. 182 del 5 maggio 2006..........67
13.
La sent. n. 307 del 7 ottobre 2003 e le altre pronunce in materia di
inquinamento elettromagnetico: il confronto tra la tutela dell’ambiente
e le esigenze del mercato......................................................................................70
13.1. Il principio di maggior protezione e la sent. n. 62 del 29 gennaio 2005
sui rifiuti radioattivi ..............................................................................................77
14. Ancora sul principio di maggior protezione: pregi e limiti di un criterio
innovativo ..............................................................................................................79
CAPITOLO SECONDO
LA “TUTELA DELL’AMBIENTE E DELL’ECOSISTEMA” NELLA
PROSPETTIVA DELLA SOSTENIBILITA’ DELLO SVILUPPO ECONOMICO
1.
2.
2.1
3.
4.
L’ambiente come valore: un tentativo di diversa ricostruzione.........................81
La dottrina e l’ambiente: le teorie pluraliste .......................................................82
Segue: le teorie moniste ........................................................................................85
L’ambiente quale oggetto di un diritto e di un dovere .......................................91
L’ambiente come oggetto di un dovere nella prospettiva dello sviluppo
sostenibile ..............................................................................................................94
4.1. Pregi e difetti della teoria della doverosità ambientale per la risoluzione
delle problematiche connesse al riparto competenziale tra Stato e
Regioni...................................................................................................................98
5. Una rilettura delle pronunce della Corte costituzionale alla luce della
prospettiva della doverosità..................................................................................99
6. La lett. m) del 2° comma, dell’art. 117 Cost.: un’ipotesi sostenibile ..............102
6.1. Il “rovesciamento” della clausola dei livelli essenziali.....................................106
6.2. La nozione di “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti
civili e sociali”: profili problematici..................................................................108
7. La tutela dell’ambiente alla ricerca del diritto ...................................................112
7.1. La prestazione che afferisce al diritto all’ambiente...........................................115
7.2. L’essenzialità dei livelli ambientali ai fini della tutela dell’ambiente
nella prospettiva della sostenibilità dello sviluppo economico .........................116
7.3. Quel che resta in via esclusiva allo Stato: lo sviluppo sostenibile ....................118
Indice
VII
7.4. Lo sviluppo sostenibile come limite all’intervento normativo delle
Regioni................................................................................................................. 120
8. Il problema delle sanzioni penali......................................................................... 121
9. Il problema dei comportamenti “non doverosi” in materia ambientale ........... 123
10. La tenuta del sistema a fronte del regionalismo differenziato di cui all’art.
116 Cost. .............................................................................................................. 126
11. LEPA, LUTAR e la sostenibilità dello sviluppo ................................................ 129
CAPITOLO TERZO
IL RUOLO DEL POTERE PUBBLICO NELLA GESTIONE DEGLI INTERESSI AMBIENTALI: IL PROBLEMA
DELL’ALLOCAZIONE DELLE FUNZIONI
AMMINISTRATIVE
1.
2.
2.1.
2.2.
2.3.
3.
3.1.
4.
5.
6.
7.
7.1.
Premessa.............................................................................................................. 133
Il riparto di funzioni amministrative nell’art. 118 Cost. (originaria
formulazione): profili generali........................................................................... 135
La competenza amministrativa nelle materie di cui all’art. 117 Cost. .......... 137
Un’ulteriore riduzione dell’ambito di amministrazione esclusiva
regionale: le funzioni di esclusivo interesse locale.......................................... 140
Il 3° comma dell’art. 118 Cost. e la riduzione delle competenze a favore
degli enti locali. .................................................................................................. 141
I decreti degli anni ‘70 e il conferimento di funzioni amministrative:
profili di carattere generale ............................................................................... 143
Più in particolare: il trasferimento di funzioni in materia ambientale ............ 145
L’istituzione del Ministero dell’ambiente l’“accentramento” della
funzione amministrativa ambientale.................................................................. 147
L’ordinamento degli enti locali dalla l. n. 241 al d.lgs. 267 del 2000.
Cenni.................................................................................................................... 151
Gli enti titolari di competenze tecniche ............................................................. 157
La sussidiarietà nell’allocazione delle funzioni: l. 15 marzo 1997, n. 59
(c.d. Legge Bassanini) ...................................................................................... 160
Il decreto legislativo n. 112 del 31 marzo 1998 ................................................ 168
VIII
Indice
CAPITOLO QUARTO
LA GESTIONE DELL’AMBIENTE NEL QUADRO DELL’ART.
118 COST.: LA NUOVA RIPARTIZIONE DELLE FUNZIONI
AMMINISTRATIVE
1.
L’ articolo 118 Cost. nella sua nuova formulazione: impostazione del
tema......................................................................................................................173
2. I criteri di riparto delle funzioni e i principi di sussidiarietà,
differenziazione ed adeguatezza ........................................................................175
2.1. La competenza ad allocare la funzione: la rinascita del parallelismo ..............178
2.2. Segue: la necessità dell’accordo .........................................................................180
2.3. La possibilità del venir meno dell’accordo ........................................................189
3. Sviluppo sostenibile e sussidiarietà: riflessi sul tema dell’allocazione
delle funzioni amministrative .............................................................................190
4. Funzioni proprie, conferite e fondamentali: l’enigma delle etichette ..............193
5. Il problema della titolarità delle funzioni proprie..............................................196
6. Svalutazione delle differenze terminologiche al fine di interpretare le
nozioni di funzioni proprie, conferite e fondamentali: critica ..........................198
7. Alla ricerca di una identità delle funzioni proprie: la valorizzazione del
dato terminologico...............................................................................................200
8. La proposta di attuazione delle norme costituzionali riguardanti le
funzioni amministrative: il d.d.l. Lanzillotta .....................................................206
9. L’art. 118 Cost. nel prisma degli Statuti regionali ............................................209
CAPITOLO QUINTO
LIVELLI DI PROTEZIONE E SCELTE ALLOCATIVE DELLE
FUNZIONI TRA AMBIENTE E MERCATO: UN BINOMIO INSCINDIBILE
1. Premessa................................................................................................................215
2. L’istituto della delega nel prisma della giurisprudenza più recente della
Corte costituzionale..............................................................................................217
3. Il problema del doppio passaggio di funzioni.....................................................223
4. I caratteri della delega di funzioni amministrative .............................................227
4.1. La delega dalle Regioni agli enti locali, ex art. 118, 3° comma (vecchia
formulazione) ......................................................................................................228
Indice
IX
4.2. Segue: la delega dalle Regioni agli enti locali nel nuovo contesto
costituzionale ...................................................................................................... 230
4.3. Segue: la delega di funzioni dallo Stato alle Regioni nel nuovo contesto
costituzionale. ..................................................................................................... 234
5.
La fisionomia della “nuova delega” alla luce delle scarne indicazioni
fornite dalla giurisprudenza costituzionale ...................................................... 237
6. Delega, flessibilità, funzioni “conferite”, “proprie” e “fondamentali” ............. 239
7. La nuova maturità della Corte: l’acquisizione di consapevolezza circa la
necessità di conciliare trasferibilità delle funzioni e responsabilità ................ 242
8. Sviluppo sostenibile, mercato, esigenze di carattere unitario e
allocazione/titolarità delle funzioni amministrative ......................................... 244
9. Una chiave interpretativa relativa all’art. 3 quinquies d.lgs. 152/2006: la
prospettiva del mercato tra perseguimento dello sviluppo sostenibile e
concreto esercizio della funzione....................................................................... 247
10. Delega, funzioni amministrative e funzioni legislative. Cenni ........................ 250
11. Un ulteriore profilo: il tema della potestà regolamentare ................................. 252
12. Verifica della validità del modello proposto alla luce di alcune
discipline di settore ............................................................................................ 253
13. Conclusioni. .......................................................................................................... 258
Bibliografia. ................................................................................................................. 267
X
Indice
INTRODUZIONE
Sommario: 1. Considerazioni preliminari – 2. Funzione amministrativa, funzione
legislativa nozione di ambiente e concorrenza – 3. La rilevanza giuridica
dell’ambiente – 4. Una breve digressione: la “materia” ambiente – 5. Le peculiarità della disciplina ambientale – 6. La tutela dell’ambiente nell’ottica della
concorrenza e la rilevanza della disciplina comunitaria – 7. La tutela della concorrenza quale obiettivo e scopo dell’ordinamento – 8. Ambiente e mercato. il
superamento della diffidenza – 9. Piano dell’opera
1. Considerazioni preliminari
Questo scritto si propone di indagare il tema delle funzioni amministrative in materia ambientale, nell’ottica dello sviluppo sostenibile
e del mercato.
Sono molteplici le ragioni che hanno determinato una simile scelta.
La questione ambientale costituisce una delle sfide più difficili che
l’intera collettività deve affrontare, anche in questo nuovo millennio.
Nessuno può ormai ignorare, adottando un’ampia prospettiva, le sempre più frequenti catastrofi naturali che stanno funestando il pianeta e
che vengono comunemente ricondotte nell’ambito del fenomeno del
‘mutamento climatico’ (meglio noto come climate change). La situazione non è certo migliore, limitandosi a considerare la situazione italiana, ove ormai si parla di vera e propria emergenza ambientale. Le
immagini di Napoli sepolta sotto cumuli di rifiuti hanno fatto il giro
del mondo.
Già da questi brevi cenni, si evince l’importanza del tema in oggetto e la necessità, anche per il giurista, di affrontare queste problematiche. La creazione di un efficace e efficiente apparato normativo costituisce un presupposto ineliminabile.
La complessità del fenomeno richiede una trattazione che si giovi
dell’utilizzo di diversi punti di osservazione. La difesa dell’ambiente
non può essere perseguita in un’ottica unilaterale, cioè senza prendere
in considerazione anche una serie di altri valori e interessi che costi-
Introduzione
2
tuiscono il fondamento della nostra società, quali in primis, la tutela
della concorrenza e il mercato.
Concetto nodale di questo studio sarà, proprio per questo motivo, il
principio dello sviluppo sostenibile1, in cui si manifesta pienamente la
necessità di adottare una prospettiva d’insieme decisamente più realistica, che coniughi la protezione ambientale con l’esigenza di garantire il progresso tecnologico.
Il principio richiamato, infatti, valorizza l’analisi dei fattori economico-sociali e culturali delle popolazioni, in cui deve innestarsi la tutela ambientale2, senza pretendere di riconoscere l’ambiente medesimo quale unico valore protetto dal sistema. Secondo una diversa prospettiva, esso ridefinisce la problematica ambientale nell’ottica della
solidarietà generazionale.
In altre parole, la sostenibilità dello sviluppo deve essere vagliata in
vista di una duplice ponderazione: collocando l’ambiente tra i diversi
interessi dell’ordinamento (oggi) e preoccupandosi della preservazione dell’ambiente naturale per le generazioni future.
Questo pare ormai essere l’obiettivo verso cui deve tendere qualsiasi “politica” ambientale, come dimostra la disciplina comunitaria il
cui art. 176 del Trattato prevede che i singoli Stati membri possano
«mantenere e… prendere provvedimenti per una protezione ancora
maggiore», purché essi non contrastino con altre disposizioni.
Anche il legislatore italiano ha da poco espressamente sancito
l’importanza del principio in oggetto.
1
Detto principio è stato enunciato, per la prima volta, alla Conferenza di Rio de
Janeiro del 1992 e, poi, richiamato dall’art. 6 del Trattato CE. Di esso non viene fornita una definizione, ma generalmente si riconosce una sua connessione con il principio di equità e la conseguente necessità di collegare responsabilità e doveri in modo direttamente proporzionale all’inquinamento. È evidente il notevole passo compiuto da Stoccolma, dove si perseguiva l’obiettivo di una tutela ambientale per c.d.
in assoluto.
2
Sul punto si veda, V. PEPE, Lo sviluppo sostenibile tra diritto internazionale e
diritto interno, in «Rivista giuridica dell’ambiente», 2001, p. 212; nonchè G. LOMBARDI, Contributo allo studio alla studio dei doveri costituzionali, Giuffré, Milano
1967, pp. 46-47.
Introduzione
3
Il d.lgs. n. 152 del 3 aprile 2006 (norme in materia ambientale), così come modificato dal d.lgs. 18 gennaio 2008, n. 14, contiene un
nuovo art. 3 quater, che riconosce che «ogni attività umana giuridicamente rilevante ai sensi del presente codice deve confermarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere
la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future».
Il principio dello sviluppo sostenibile diviene la lente interpretativa
tramite cui deve essere filtrata “ogni attività umana”, nel segno della
solidarietà3.
In questa sede si proporrà di distinguere tra “tutela dell’ambiente” e
“tutela dell’equilibrio ecologico”, nella sua declinazione di sviluppo
sostenibile. Mentre si ritiene che questo secondo profilo sia da attribuire all’esclusiva competenza dello Stato, nel caso della “tutela
dell’ambiente”, invece, si proporrà di risolvere il riparto di competenze legislative tra i due livelli di governo in forza di una lettura incrociata con la lett. m) sui «livelli essenziali delle prestazioni concernenti
i diritti civili e sociali».
Invero, è ormai evidente come l’autonomia del legislatore italiano
sia sempre più limitata dalla disciplina comunitaria (v. par. 6). A seguito dell’intervento comunitario, il ruolo del “normatore italiano” pare assumere un nuovo profilo, per divenire, sempre più, disciplina e
svolgimento dell’attività amministrativa. Questa accentuazione
dell’aspetto amministrativo discende anche dalle caratteristiche del
settore di cui qui si discute, che si caratterizza per aspetti affatto peculiari4. (v. par. 5).
3
Cfr. GRASSO G., Solidarietà ambientale e sviluppo sostenibile tra costituzioni
nazionali, carta dei diritti e progetto di costituzione europea, in «Politica del diritto», 2003, p. 581 ss.
4
Per un approfondimento di questi profili, v. D. DE PRETIS, Discrezionalità e
ambiente, in D. De Carolis, E. Ferrari, A. Police (a cura di), Ambiente, attività amministrativa e codificazione, Giuffrè, Milano 2006, p. 433 ss. L’A., in particolare,
mette in luce come nel settore ambientale la discrezionalità amministrativa assuma
dei caratteri per nulla comuni, quale la vastità e complessità della normativa ambientale che determina un sostanziale quadro di incertezza acuito dalla presenza di molteplici principi di carattere generale.
Introduzione
4
In virtù delle riflessioni che precedono, appare corretto ritenere
che, dal punto di vista del giurista, la questione attinente all’esercizio
della funzione amministrativa ambientale dovrebbe assumere un peculiare valore.
La realtà fattuale, invece, dimostra come questo aspetto sia per lo
più ignorato sia dalla dottrina, sia dalla giurisprudenza.
Questa è la ragione per cui nel corso di questo lavoro ci si concentrerà su siffatti profili e, in particolare, sulle modalità con cui dette
funzioni debbono essere “trasferite”.
In proposito, la tesi che verrà presentata muove dal presupposto che
debba essere riservata una grande attenzione alle modalità di trasferimento delle funzioni amministrative, soprattutto con riferimento alla
materia ambientale. In particolare, dovrà porsi estrema cautela
nell’ammettere la possibilità, per le Regioni, di modificare la scelta allocativa fissata dallo Stato.
Per gli stretti legami che sussistono tra gli art. 117 e 118 Cost.,
qualsiasi studio che voglia considerare il tema delle funzioni “amministrative” in materia ambientale, deve necessariamente prendere avvio dall’annosa questione sul riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni, contenuto per l’appunto nell’art. 117 Cost.5
L’attuale momento storico si dimostra problematico per uno studio
di questo tipo. La recente caduta del governo, infatti, ha nuovamente
bloccato non soltanto il processo di modifica al testo sull’ambiente,
ma ha anche prorogato l’adozione del Testo unico sugli enti locali, di
attuazione dell’art. 118 Cost. e di individuazione delle funzioni fondamentali, di cui alla lett. p), 2° comma art. 117 Cost (v. Cap. IV).
Quindi, a tutt’oggi, non è stata ancora introdotta una disciplina delle funzioni amministrative che tenga conto delle modifiche costituzionali, ormai risalenti al 2001.
5
Detta indagine non può trascurare di mettere in luce i molti dubbi e interrogativi che essa ha determinato. Primo fra tutti il sostanziale fallimento del riparto di
competenze fissato dall’art. 117 Cost. che ha comportato il proliferare del contenzioso tra Stato e Regioni e l’assunzione di un ruolo determinante da parte della Corte
costituzionale, sul punto v. P. CARETTI, Quale futuro per il nostro incerto regionalismo nella prossima legislatura, in «Le regioni», 2006, p. 3 ss.
Introduzione
5
2. Funzione amministrativa, funzione legislativa e la nozione di
ambiente
Come si è già anticipato, il tema delle funzioni amministrative richiede, non soltanto di addentrarsi nella controversa disamina dei rapporti tra i diversi livelli di governo (Stato-Regioni-Enti locali), ma anche di scandagliare la questione attinente all’esistenza di una nozione
giuridica di ambiente, condicio sine qua non, ai fini
dell’interpretazione della “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”, di
cui alla lett. s) del 2° comma del’art. 117 Cost., nonché alla delimitazione della materia “tutela della concorrenza”, di cui alla lett. e). La
trattazione deve necessariamente muovere dalla ricostruzione di un
quadro complessivo della riforma, ponendo particolare attenzione anche ai profili attinenti al riparto di competenze legislative, di cui
all’art. 117 Cost.
Per comprendere la stretta correlazione tra i diversi temi qui richiamati, si consideri che l’attuale disposto del primo comma dell’art.
118 Cost. sancisce che «le funzioni amministrative sono attribuite ai
Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite
a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza».
Mentre il 2° comma della medesima disposizione aggiunge che «i
Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni
proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le
rispettive competenze».
La dottrina ha negato che, con l’entrata in vigore del l. cost. 18 ottobre 2001, n. 3, contenente Modifiche al Titolo V della parte seconda
della Costituzione, si sia verificato un automatico trasferimento di tutte le funzioni in capo ai comuni. Per l’attuazione dell’art. 118 Cost. è
così necessaria l’interpositio legislatoris.
La tesi maggioritaria – che sarà accolta anche in questo scritto – ritiene che una siffatta potestà debba essere riconosciuta rispettivamente
alla legge statale o regionale, a seconda delle materie di cui all’art.
Introduzione
6
117 Cost.6; ossia allo Stato nelle materie di sua esclusiva competenza,
alla Regione in quelle residuali e concorrenti7.
Nel quadro così ricostruito, appare con evidenza l’importanza di
chiarire l’attuale riparto dei poteri legislativi tra Stato e Regioni ai fini
della trattazione della questione concernente le funzioni amministrative.
3. La rilevanza giuridica dell’ambiente
L’originario testo della Costituzione del 1948 non conteneva alcun
riferimento all’ambiente e soltanto il nuovo art. 117, 2° comma lett. s),
Cost. lo ha previsto, affidando alla competenza legislativa esclusiva
dello Stato la materia “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”.
Pur nel silenzio serbato dalla Carta fondamentale8, fin dagli anni
’80, la dottrina e la giurisprudenza cominciarono ad occuparsi della
suddetta tematica al fine di attribuirle un autonomo rilievo, sotto la
forte spinta dell’opinione pubblica che ormai richiedeva, con sempre
maggior insistenza, la garanzia di un’effettiva tutela9.
Ciò indusse a porre un freno al fenomeno dell’inquinamento tramite una puntuale disciplina del settore, senza dimenticare che, nello
stesso periodo, anche la Comunità europea cominciò a muovere i primi passi in questo senso10. Il legislatore italiano, però, non riuscì a far
6
Sul punto, v. infra Cap. III.
Cfr. E. FOLLIERI, Le funzioni amministrative nel nuovo titolo V della parte seconda della Costituzione, in «Le regioni», 2003, p. 439 ss.
8
Cfr. L. MEZZETTI, Comparazione e armonizzazione internazionale nel campo
del diritto dell’ambiente, in «Diritto e società», 1987, p. 375 ss., secondo cui
dall’analisi della maggior parte dei sistemi contemporanei mostra la tendenza a preservare l’ambiente pur in assenza di un qualsiasi riferimento testuale in Costituzione,
a fronte della consapevolezza dei rischi ambientali e per le spinte provenienti dalla
necessità di recepire il diritto internazionale e comunitario.
9
Tradizionalmente, la problematica ambientale viene fatta risale al 1972, anno in
cui si svolge la Conferenza dell’ONU a Stoccolma. Allo stesso periodo, peraltro, risalgono i primi provvedimenti in materia ambientale della comunità europea.
10
Sul punto v. S. GRASSI, Principi costituzionali e comunitari per la tutela
dell’’ambiente, in Scritti in onore di Alberto Predieri, Giuffrè, Milano 1996, 907,
7
Introduzione
7
fronte con prontezza a queste richieste, a tal punto, da costringere gli
operatori ad utilizzare norme già presenti11, piegandole ai fini della
protezione ambientale12.
La mancanza di una qualsiasi considerazione “olistica”
dell’ambiente ha altresì determinato la creazione di una serie «di modelli organizzativi finalizzati alla cura dei profili materiali della funzione, quali enti-parco nazionali e regionali, le zone di controllo
dell’inquinamento atmosferico, le autorità di bacino per la difesa del
suolo, il servizio idrico integrato per la gestione delle acque», ecc. 13.
sottolinea come la disciplina giuridica entri in gioco, quale estrema ratio per far
fronte all’allarme sociale. Circa l’azione comunitaria in materia, si veda più puntualmente il par. V.
11
In proposito v. A. D’AMELIO, voce Ambiente (tutela del), in Enc. Giur., vol. II,
Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 1988, che richiama quali unici esempi
di intervento la legge antismog (l. n. 615 del 13 luglio 1966); la legge Merli sulla
tutela delle acque (319/1976); nonché art. 80 del d.p.r. 616/1977 che assegna
all’edilizia anche la tutela dell’ambiente.
12
Ancora sul punto v. B. CARAVITA DI TORITTO, Costituzione, principi costituzionali e tecniche di normazione per la tutela dell’ambiente, in S. Grassi, M. Cecchetti, S. Andronio (a cura di), Ambiente e diritto, Oloscki, Firenze 1999, I, p. 201
ss., lo ritiene il momento genetico di quel fenomeno di caos normativo, che tuttora
caratterizza il settore, con un proliferare di fonti e di attori. Per una ricostruzione
delle fasi che la legislazione ambientale ha conosciuto in Italia, v. F. FONDERICO, La
tutela dell’ambiente, in S. Cassese (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, II,
Parte Speciale, 2003, 2015. In particolare, M. TALLACHINI, Ambiente e diritto della
scienza incerta, in S. Grassi, M. Cecchetti, S. Andronio (a cura di), Ambiente e diritto, Oloscki, Firenze 1999, I, 62 mette in luce come «il diritto dell’ambiente è nato
come una realtà composita, in cui la rapsodicità e la disomogeneità degli interventi,
determinate dalla crescente e affrettata necessità di disciplinare settori diversi (rifiuti, emissioni, territorio), hanno a lungo ostacolato una riflessione unitaria e
l’individuazione di un nucleo coerente di principi ispiratori. Ma dopo una nebulosa
fase iniziale, la giuridificazione dell’ambiente è divenuta la sede di una stimolante
riflessione critica sul diritto e la scienza che, oltre ad essere all’origine del nucleo
teorico innovatore nel diritto ambientale, si pone anche come più generale elaborazione delle linee di un diritto della scienza».
13
Così, P. DELL’ANNO, Modelli organizzativi per la tutela dell’ambiente, in D.
De Carolis, E. Ferrari, A. Police, Ambiente, attività amministrativa e codificazione,
Giuffrè, Milano 2006, p. 266.
Introduzione
8
Il diritto dell’ambiente nasce come risposta ad una crisi e presenta
un forte carattere emergenziale14.
Vista l’inattività legislativa, anche la Corte costituzionale cominciò
a svolgere un’importantissima opera di ricostruzione della materia,
che l’ha portata a fondare la nozione di ambiente quale “valore costituzionalmente protetto”, tramite un’interpretazione estensiva, della
nozione di tutela del paesaggio (ex art. 9 Cost.), o della tutela della salute (ex art. 32), ovvero ricorrendo, in altre occasioni, alla caccia15 o
alla pesca, che l’art. 117 Cost. (vecchia formulazione) attribuiva alla
competenza concorrente Stato-Regioni16.
Grazie all’opera interpretativa degli autori e dalla giurisprudenza –
si ribadisce – pur in mancanza di un qualsiasi riferimento nel testo
fondamentale, l’ambiente è così divenuto una sorta di ambito/valore
riservato alla competenza concorrente Stato-Regioni, ove, in particolare, avrebbe dovuto trovare applicazione il principio di sussidiarietà e
di leale collaborazione17, pur con i già richiamati conflitti.
L’inserimento nel testo costituzionale del 2001, della nozione di
ambiente non è valsa a districare il complesso riparto in materia, o a
14
Con riferimento a questo profilo, v. D. AMIRANTE, I principi comunitari di
“gestione dell’ambiente” e il diritto italiano: prime note per un dibattito, in Diritto
e gestione dell’ambiente, Jovene, Napoli 2001, p. 12, che precisa come «i problemi
ambientali sono stati quasi sempre affrontati quando erano urgenti o improcrastinabili, quando avevano già prodotto effetti catastrofici o, comunque, erano arrivati a
una gravità tale da richiedere interventi immediati».
15
Particolarmente critico verso la tendenza della Corte a trasformare, tramite la
sua opera interpretativa, le materie dell’art. 117 Cost. (nella formulazione originaria)
è A. D’ATENA, L’Italia verso il federalismo, Milano, Giuffrè, 2001, p. 82, ove l’A.
lamenta che il giudice delle leggi, ad esempio, con la sent. n. 63 del 1990, abbia sostanzialmente ammesso che la materia “caccia” non riguardi più “l’esercizio venatorio”, ma bensì “la protezione della fauna selvatica”, determinando così una trasformazione della materia “nel suo contrario”.
16
Sul punto, v. Cap. I.
17
Cfr. S. GRASSI, op. cit., p. 920, secondo cui mentre allo Stato sarebbero state
da imputare competenze in merito a scelte di ordine generale e di programmazione,
alle Regioni, invece, le competenze su scelte quantitative della tutela ambientale.
Nello stesso si v. anche G. MORBIDELLI, Il regime amministrativo speciale
dell’ambiente, in Aa.Vv., Studi in onore di Alberto Predieri, Milano, Giuffrè 1996,
1139, secondo cui la Corte costituzionale avrebbe ricostruito un quadro nel quale
Stato e Regioni avrebbero dovuto cooperare ai fini di tutela del “valore” ambientale.
Introduzione
9
chiarirne il significato terminologico, la stessa scelta di attribuirlo alla
competenza esclusiva dello Stato, si pone18, altresì, in controtendenza
rispetto all’impostazione che era prevalsa nel precedente assetto.
Era, pertanto, immaginabile che con simili precedenti, gli scontri di
competenza tra i diversi livelli di governo non potessero diminuire19.
In un certo senso, potrebbe quasi dirsi che la modifica del Titolo V
abbia “tradito” in un duplice modo la tradizione sedimentata dalla giurisprudenza costituzionale in materia ambientale, sorta nel precedente
assetto costituzionale. Da una parte, infatti, introducendo la nozione
all’interno dell’articolo che si occupa del riparto di competenze, parrebbe averne fatto una vera e propria “materia” nonostante la già richiamata concezione di valore costituzionale20. Dall’altra, invece, parrebbe aver negato una qualsiasi competenza legislativa regionale in
quest’ambito.
4. Una breve digressione: la “materia” ambiente
Ai fini dell’indagine qui condotta, appare opportuno svolgere alcune riflessioni sul riparto legislativo per materie, nell’attuale formulazione dell’art. 117 Cost.
Il nostro ordinamento ha mantenuto – pur nell’apparente inversione
dei rapporti tra centro e periferia – un criterio di regolamentazione del-
18
In senso contrario, si v. S. MANGIAMELI, L’ambiente nel riparto di competenza
tra Stato e Regioni (dalla configurazione di una materia, all’assetto di un difficile
modello), in id. (a cura di), Giornate teramane sull’ambiente, Giuffré, Milano 1998,
p. 139 ss., secondo cui l’elaborazione della Corte costituzionale avrebbe, invece, determinato la formazione di una nuova materia di competenza statale.
19
In tal senso, v. R. CHIEPPA, Ruolo delle Corti costituzionali nelle odierne democrazie, in «Giurisprudenza costituzionale», 2004, p. 18.
20
Cfr. M. CECCHETTI, Il principio costituzionale di unitarietà, cit., p. 98, secondo cui la tutela dell’ambiente non avrebbe mai potuto configurarsi quale materia giuridica autonoma e a se stante. Nello stesso senso si era espresso anche, M.S. GIANNINI, «Ambiente»: saggio sui diversi significati giuridici, in «Rivista trimestrale di
diritto pubblico», 1973, p. 23 ss.
Introduzione
10
le fonti basato sul principio materiale, nonostante le difficoltà di perimetrazione delle medesime21.
Una simile scelta è da sempre oggetto di attenzione da parte della
dottrina che non ha mancato di parlare di una vera e propria “alchimia” delle materie22, il cui prodotto, naturalmente, cambia a seconda
dell’interpretazione che viene loro data. Una diversa soluzione avrebbe, invece, potuto essere quella fondata sulla rilevanza dell’interesse
da tutelare23.
Fondamentali divengono i criteri che possono essere adottati per ricostruire il significato dei diversi ambiti materiali.
Sul punto, il metodo, che garantisce una maggior aderenza al dettato costituzionale, è sicuramente quello storico-normativo che richiede
che la definizione legale della norma debba essere individuata per
“presupposizione”, ossia facendo riferimento ai concetti e alle nozioni
utilizzate dal legislatore ordinario al momento dell’entrata in vigore
della Costituzione24.
Secondo questa impostazione, qualora intervenga una modifica costituzionale, come nel caso della l. n. 3 del 2001, si verificherebbe il
21
La l. 3/2001 non ha innovato circa il sistema di riparto delle funzioni legislative tra Stato e Regioni, contrariamente a quanto è avvenuto per quelle amministrative. Numerosi sono i contributi dottrinali che si riferiscono al dibattito in merito alle
modalità di interpretazione delle materia, soprattutto in vista della preservazione della competenze regionali, spesso intese restrittivamente proprio dallo Stato. Ex multis,
v. L. PALADIN, Problemi legislativi e interpretativi nella definizione delle materie di
competenza regionale, in «Foro amministrativo», 1971, III, p. 3 ss.; S. BARTOLE,
Supremazia e collaborazione nei rapporti tra Stato e Regioni, in «Rivista trimestrale
di diritto pubblico», 1971, p. 84 ss.
22
Cfr. M.S. GIANNINI, Nota a Corte costituzionale n. 7 del 1957, in «Giurisprudenza costituzionale», 1957, p. 50 ss.
23
Sul punto v. Q. CAMERLENGO, Autonomia regionale e uniformità sostenibile:
principi fondamentali, sussidiarietà e intese forti, in «Giurisprudenza costituzionale», 2006, p. 424 ss., secondo cui l’attuale sistema di riparto per materie, previsto
dall’art. 117 Cost. costituirebbe un concreto vincolo all’attività della Corte costituzionale, a differenza di un sistema fondato sul criterio dell’interesse consentendo al
più meri «interventi di affinamento e di razionale assestamento».
24
Così, S. MANGIAMELI, La riforma del regionalismo, cit., pp. 122-123, secondo
cui detto metodo consentirebbe di tutelare l’ambito competenziale delle regioni di
fronte all’indebito spossessamento statale.
Introduzione
11
peculiare effetto della “ricezione”, ossia esso «consiste nella possibilità di utilizzare in sede di interpretazione costituzionale le nozioni e le
definizioni elaborate nell’ambito dall’ordinamento nel tempo intercorso dall’entrata in vigore della Carta, o dell’ultima revisione, sino
all’ingresso nel sistema costituzionale delle nuove disposizioni»25.
Una siffatta ricostruzione, che richiama la teoria della pietrificazione di sandulliana memoria26, impedisce che una materia possa assumere significati ignoti al momento di adozione della norma stessa.
Secondo altri, invece, dovrebbe essere utilizzato un criterio “legislativo-evolutivo” per l’interpretazione delle materie attribuite alla esclusiva competenza statale, che «ammette cioè l’attitudine delle leggi
di concorrere alla incessante ridefinizione semantica dei nomina costituzionali»27.
Da ultimo, le materie potrebbero essere definite tramite il metodo
teleologico, criterio anche questo che permette di «inserire elementi
dinamici, quasi sempre estranei all’enumerazione», consentendo di
colmare le incertezze legate all’elencazione per materie28.
Se queste sono le tradizionali teorie sull’interpretazione delle materie costituzionali, nel contesto attuale, sussistono ulteriori problemati-
25
Cfr. S. MANGIAMELI, La riforma del regionalismo, cit., p. 123, che precisa altresì come «l’applicazione del criterio storico-normativo non consente di ritenere
insito nella normativa costituzionale un rinvio alla legge statale perla determinazione
degli oggetti e i contenuti da includere nelle singole voci, ma solamente che la legislazione in vigore al tempo in cui vengono in essere le norme della Costituzione costituisce la base da cui trarre la definizione legale delle materie, ponendosi
quest’operazione pur sempre sul piano dell’interpretazione costituzionale».
26
Vedi sul punto le argomentazioni di M.A. SANDULLI, La tutela del paesaggio,
cit., p. 72, sull’interpretazione che poteva essere data alla nozione di paesaggio di
cui all’art. 9 Cost.
27
Così A. RUGGERI, Riforma del Titolo V, cit., p. 43 che rifiutando le posizioni
espresse da Mangiameli, ritiene che pur nella consapevolezza che un simile sistema
possa consentire allo «Stato, col solo fatto di legiferare, di spostare di continuo la
linea di confine dei campi materiali», sia un esito ormai inevitabile.
28
Cfr. S. MANGIAMELI, Sull’arte di definire le materie dopo la riforma del Titolo
V della Costituzione, in «Le regioni», 2003, p. 338.
Introduzione
12
che connesse, in particolare, con la «mancanza di esclusività degli
ambiti materiali»29.
In altre parole, il legislatore del 2001, nell’elencare le materie riservate ora alla competenza dello Stato, ora delle Regioni, ha richiamato settori tra cui non è possibile tracciare nette linee di separazione30. Soprattutto per ciò che concerne l’ambiente, che parrebbe sovrapporsi pericolosamente con materie quali, ad esempio, il “governo
del territorio”, la “valorizzazione dei beni culturali e ambientali”, la
“tutela della salute”, ecc.31
A complicare ulteriormente il quadro fin qui descritto, si deve da
ultimo accennare alla questione concernente le c.d. materie funzionali,
attribuite all’esclusiva competenza dello Stato e che acquistano un peculiare significato ai fini del presente lavoro. È noto, infatti, come non
tutti gli ambiti indicati nel nuovo art. 117 Cost. possano considerarsi
come vere e proprie “materie”32. Alcune di esse, tra cui rientra anche
l’ambiente e la tutela della concorrenza di cui qui si discute, sarebbero
più che altro compiti o funzioni che attraversano diversi campi materiali. In particolare, «ogni volta… che la Costituzione adotta
l’espressione “tutela” o “promuove”, o altre consimili, impone
29
Cfr. S. MANGIAMELI, La riforma del regionalismo, cit., p. 126.
Sul punto si vedano, ad esempio, le riflessioni R. BIN, I criteri di individuazione delle materie, in «Le regioni», 2006, p. 890 ss., secondo cui, in passato, i decreti
legislativi di trasferimento delle funzioni svolgevano un ruolo importante nella delimitazione stessa delle materie, nonché la stessa esistenza di ambiti materiali che
rinviavano alle concrete competenze dei diversi ministeri.
31
Per citare soltanto gli ambiti con connessioni più evidenti.
32
Questa osservazione discende dall’esistenza di tre diverse tipologie di enumerazione materiale che tradizionalmente si distinguono in: 1. definizione oggettiva o
naturalistica, tale per cui nella materia viene richiamato un oggetto naturale; 2. definizione teleologica o finalistica, ove la materia si riferisce ad una finalità che deve
essere perseguita dai poteri pubblici; 3. criterio misto, tale per cui viene selezionata
soltanto una parte di un oggetto naturalistico, che viene attribuito allo Stato, alla regione o all’ente locale a seconda dell’interesse, per un approfondimento sul punto, v.
P. CARROZZA, Le “materie”: uso delle tecniche di enumerazione materiale delle
competenze e modelli di riferimento del “regionalismo di esecuzione” previsto dal
nuovo titolo V della Costituzione, in G.F. Ferrari, G. Parodi (a cura di), La revisione
costituzionale del Titolo V tra nuovo regionalismo e federalismo, Padova, Cedam
2003, p. 92 ss.
30
Introduzione
13
l’attribuzione di un compito, si parte cioè da un oggetto, ma questo
non è accolto nel suo aspetto statico, ma finalistico e teleologico. Lo
svolgimento di tale compito importa una competenza dinamica e non
meramente oggettiva»33.
Siffatta interpretazione estensiva, secondo alcuni non dovrebbe
stupire se si considera che essa discenderebbe dall’impossibilità di definirne in modo certo il loro contenuto, tale per cui «i poteri funzionali
possono giustificare interventi del legislatore statale… su tutti i campi
materiali a prescindere dalla regola della competenza”, con l’unico limite di un esercizio “irragionevole”»34.
Per ciò che concerne, più propriamente l’ambiente, esso rientrerebbe nell’ambito delle materie-compito, che pur muovendo da un oggetto o campo materiale effettivo presenta un «carattere funzionale
dell’azione… [che] riconnessa all’oggetto consente di attraversare più
campi materiali e di giustificare l’attrazione degli oggetti connessi,
senza che la regola della competenza possa dirsi violata»35.
33
Cfr. S. MANGIAMELI, La riforma del regionalismo italiano, cit., 121.
Un’attenta dottrina ha sottolineato come la Corte costituzionale sia ben consapevole
della potenziale capacità espansiva di questi criteri, visto che ripetutamente richiama, nel corso delle sue argomentazioni il principio di ragionevolezza: così A. RUGGERI, Riforma del Titolo V, cit., p. 43, secondo cui una simile insistenza «può persino suonare strana ove si accolga il punto di vista … secondo cui ogni disciplina legislativa, di questo o quell’ente, non può non orientarsi verso il canone in parola, per
la elementare ragione che le discipline stesse si giustificano … alla luce degli interessi istituzionalmente, tipicamente affidati alla cura degli enti produttori e … alla
condizione che riescano effettivamente a conseguire un punto apprezzabile di sintesi
tra unità ed autonomia».
34
Ancora S. MANGIAMELI, La riforma del regionalismo italiano, cit., pp. 127128. Sul principio di ragionevolezza vedi, in particolare, le sent. n. 14 e n. 272 del
2004, su cui per un commento G. SCACCIA, Le competenze legislative e nelle materie trasversali, in «Diritto pubblico», 2004, p. 479 ss. e F. CASALOTTI, Il riparto della potestà legislativa “alla prova” della disciplina dei servizi pubblici locali, in «Le
Regioni», 1-2/2005, pp. 262 ss. Un tipico esempio di questo tipo di “materia” è costituito dalla «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali», di cui alla lett. m) dell’art. 117 Cost.
35
Nel contesto attuale «le materie elencate nell’art. 117, comma 2 come competenza esclusiva dello Stato… , molto spesso non hanno una consistenza determinabi-
14
Introduzione
Quanto fin qui argomentato giustifica l’adozione di un atteggiamento particolarmente cauto nei confronti del riparto per materie e, a
maggior ragione, in ordine alla nozione di ambiente da attribuire alla
più volte richiamata lett. s) dell’art. 117 Cost.
Lo stesso può dirsi anche per la diversa materia della tutela della
concorrenza, che al pari dell’ambiente, come si è già detto, è stata ricostruita in modo così ampio, da non assumere potenzialmente contenuti predeterminabili.
5. Le peculiarità della disciplina ambientale
Per comprendere la stretta connessione che lega il tema delle funzioni amministrative con il riparto delle competenze legislative in materia ambientale, è bene chiarire alcuni aspetti precipui della disciplina
in questa materia.
La necessità di effettuare una simile precisazione discende, in particolare, da due diverse considerazioni che attengono alla tematica
ambientale.
In primo luogo, si deve sottolineare che la normativa, in
quest’ambito, è per lo più caratterizzata da disposizioni di carattere
tecnico che vengono spesso trasfuse direttamente in atti regolamentari,
dal momento che la legge è incapace di far fronte alla disciplina di
questo settore che richiede «norme puntuali, concrete spesso provvisorie, spesso mirate a situazioni puntualmente definite nel tempo e nello
spazio», oltre alle peculiari conseguenze dovute alla necessità di operare in un ambito di incertezza36.
Ciò del resto, trova conferma in quella dottrina che ha messo in luce come non è possibile «predeterminare interamente in sede di normazione primaria una disciplina che risulti efficace per una effettiva
le, non sono supportate da una precisa struttura ministeriale né sono organizzate in
uno specifico corpo normativo», a differenza di quanto accadeva nel precedente contesto costituzionale, così R. BIN, Le deboli istituzioni della leale collaborazione, in
«Giurisprudenza costituzionale», 2002, p. 4189.
36
Sul punto v. S. GRASSI, Principi costituzionali, cit., p. 913.
Introduzione
15
tutela dell’ambiente»37. Il livello amministrativo deve essere in grado
di esercitare poteri atti ad adeguarsi, in modo tempestivo, alla realtà da
tutelare. Di conseguenza, la «dinamicità degli interventi di tutela ambientale e amministrativi viene… assicurata da poteri conferiti ad organi tecnici ed amministrativi volti ad adeguare tale tutela ai mutamenti che la realtà subisce nel tempo»38.
La protezione di questo interesse si concretizza, così, il più delle
volte, nel potere di emanare un provvedimento espresso39.
6. La tutela dell’ambiente nell’ottica della concorrenza e la rilevanza della disciplina comunitaria
In secondo luogo, l’importanza della fase amministrativa discende
dal fatto che, ormai, l’Unione europea interferisce in maniera sempre
più determinante in materia, giungendo a porre una regolamentazione
di dettaglio40. Secondo alcuni, essa non rivendicherebbe più soltanto
«una competenza primaria e diretta» di tipo “normativoregolamentare”, ma, altresì, di tipo “dispositivo-provvedimentale”41.
Nel corso di questi ultimi decenni, il legislatore comunitario non si è
più limitato a imporre i principi fondamentali che disciplinano il settore, ma ha cominciato ad adottare previsioni “sostanziali” che giungono
a regolamentare puntualmente anche i procedimenti, le stesse attività
37
Così G. MORBIDELLI, Il regime amministrativo, cit., p. 1165.
Così G. MORBIDELLI, Il regime amministrativo, cit., p. 1165.
39
In tal senso, v. M. GOLA, L’amministrazione degli interessi ambientali, Giuffré, Milano 1995, p. 36.
40
Già in tal senso, v. G. CAIA, Compiti di tutela ambientale nello Stato delle autonomie (tra intervento comunitario e “modelli differenziati” dell’organizzazione
amministrativa), in Aa.Vv., Scritti in onore di Giuseppe Guarino, vol. I, Cedam, Padova 1998, p. 377 ss.
41
Così E. PICOZZA, Alcune riflessioni circa la rilevanza del diritto comunitario
sui principi del diritto amministrativo italiano, in «Rivista trimestrale di diritto pubblico comunitario», 1992, p. 1230.
38
Introduzione
16
e, talora, perfino l’organizzazione amministrativa finalizzata alla cura
dell’interesse ambientale42.
Al fine di meglio comprendere le modalità e il ruolo del livello comunitario nell’attuale disciplina di settore, occorre ripercorrere, seppur
brevemente l’evoluzione che si è verificata proprio con riferimento alla tutela dell’ambiente.
In proposito, è necessario ricordare come, originariamente, la Comunità non vantasse alcun potere di intervento in quest’area, dal momento che lo stesso Trattato istitutivo della Cee del 1957, aveva completamente ignorato questo aspetto43.
Il problema concernente l’assenza in capo all’Unione di competenze specifiche venne, in un primo momento, superato grazie ad interpretazione estensiva delle competenze di cui agli art. 30844 (ex 235) e
art. 9445 (ex 100) che prevedevano rispettivamente, l’uno la deliberazione unanime del Consiglio per l’adozione di misure imprescindibili
al fine di garantire il funzionamento del mercato comune; il secondo,
invece, una delibera unanime del Consiglio, ma tesa all’adozione di
42
Cfr. DELL’ANNO, Il principio di maggiore protezione nella materia ambientale e gli obblighi comunitari di ravvicinamento delle legislazioni nazionali, in «Foro
amministrativo- Tar», 2002, p. 1446 ss.
43
Le istituzione comunitarie possono emanare atti giuridici vincolanti per gli
Stati membri soltanto nelle materie espressamente previste nel Trattato, in proposito,
v. G. LANDI, L’ambiente nel diritto comunitario, in L. Mezzetti (a cura di), Manuale
di diritto ambientale, Cedam, Padova 2001, p. 44 ss. Sul punto v. anche N. OLIVETTI
RASON, La disciplina dell’ambiente nella pluralità degli ordinamenti giuridici, in A.
Crosetti, R. Ferrara, F. Fracchia, N. Olivetti Rason, Diritto dell’ambiente, Laterza,
Bari 2007, p. 18 ss., che ha messo in luce come la mancata menzione dell’ambiente
nel Trattato non fosse altro che il riflesso dell’assenza di sensibilità ambientale dei
Paesi membri.
44
L’articolo prevede che «quando un’azione della Comunità risulti necessaria
per raggiungere, nel funzionamento del mercato comune, uno degli scopi della Comunità, senza che il presente trattato abbia previsto i poteri d’azione a tal uopo richiesti, il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione e dopo aver consultato il Parlamento europeo, prende le disposizioni del caso».
45
La disposizione prevede che «il Consiglio deliberando all’unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, stabilisce direttive volte al avvicinamento delle disposizioni
legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che abbiano
un’incidenza diretta sull’instaurazione o sul funzionamento del mercato comune».
Introduzione
17
misure dirette ad armonizzare la legislazione e la normazione secondaria degli Stati membri, purché aventi effetti sull’instaurazione e sul
funzionamento del mercato comune.
Con riferimento all’aspetto contenutistico, occorre sottolineare come, secondo alcuni, dopo l’iniziale approccio utilitarista all’ambiente,
presente nei primi atti, la comunità avrebbe cominciato ad ammettere
una diretta tutela dell’ambiente46, indipendentemente dagli altri valori
in gioco, tale per cui una simile «evoluzione ha trasformato la visione
dell’ambiente fortemente legata all’idea principiale del miglioramento
delle condizioni di vita dell’uomo, come enunciato nella prima versione del Trattato istitutivo delle Comunità europee, in un pieno ed indipendente riconoscimento del bene ambientale in quanto tale»47.
Dal punto di vista normativo, l’azione comunitaria prese avvio con
quattro programmi di tutela – il primo dei quali risalente al 1973 – che
contenevano una vera e propria azione di politica ambientale48.
46
Cfr. G. COCCO, Nuovi principi ed attuazione della tutela ambientale tra diritto
comunitario e diritto interno, in in S. Grassi, M. Cecchetti, A. Andronio (a cura di),
Ambiente e diritto, Olschki, Firenze 1999, I, p. 142 ss.
47
Cfr. G. LANDI, L’ambiente nel diritto, cit., p. 40.
48
Per un’analisi, si v. A. ROVERSI MONACO (a cura di), La nuova legislazione
ambientale, Il Milino, Bologna 1989; BAGGIANI, Il quarto programma d’azione della CEE in materia di ambiente, in «Diritto dell’economia», 1990, p. 129; B. CARAVITA, I principi di politica comunitaria in materia ambientale, in «Rivista giuridica
dell’ambiente», 1991, p. 207; A. CAPRIA, Direttiva ambientali CEE e stato di attuazione in Italia, Giuffré, Milano 1992; B. NASCINBENE, Le competenze delle Comunità europee in materia di politica dell’ambiente, in Impresa, amb., p.a., 1974, p. 261
ss.; P. BIANCHI, G. CORDINI, Comunità europea e protezione dell’ambiente, Cedam,
Padova 1983; G. AMENDOLA, La normativa ambientale nei Paesi della Comunità
europea, Giuffré, Milano 1975; B. NASCINBENE, voce Ambiente (tutela dell’) (diritto comunitario), in Nuovissimo Digesto italiano, Appendice, vol. I, Utet, Torino
1979, p. 274; G. CORDINI, voce Ambiente (tutela dell’) nel diritto delle Comunità
europee, in Dig. Disc. Pubbl., vol. I, Utet, Torino 1987, IV ed., p. 189 ss.; M. MIRABELLI, La protezione comunitaria dell’ambiente con riferimento all’Italia, in «Foro
amministrativo», 1988, 1964; G. PARODI, La tutela dell’ambiente nella Comunità
economica europea, in «Sanità pubblica», 1982, p. 343 ss.; A. SAGGIO, Le basi giuridiche della politica ambientale nell’ordinamento comunitario dopo l’entrata in
vigore dell’A.U.E., in «Rivista di diritto europeo», 1990, p. 39; M. VACCA, La politica comunitaria dell’ambiente e la sua attuazione negli Stati membri, Giuffré, Mi-
18
Introduzione
Soltanto con l’Atto unico europeo e il successivo Trattato di Maastricht49 venne, invece, ammessa una competenza diretta, del livello
comunitario, in materia ambientale, grazie all’introduzione degli artt.
174 (ex 130r), 175 (ex 130s) e 176 (ex 130t).
In seguito, la Comunità adottò una concezione di ambiente affine a
quella enunciata alla conferenza internazionale di Rio, inserendo il diritto all’ambiente tra quelli c.d. di terza generazione50.
A partire da questo momento, la dottrina ha messo in luce come si
sia andati sempre più verso un “diritto europeo dell’ambiente”, sicché
ai governi nazionali spetterebbero unicamente compiti di programmazione e di coordinamento, mentre l’Amministrazione sarebbe tenuta
ad adempiere agli obblighi di derivazione comunitaria, posto che, ormai, «l’azione della maggior parte delle pubbliche amministrazioni,
statali e regionali, è condizionata dalle norme prodotte dalla Comunità
europea. Interi settori dell’amministrazione… operano, infatti, dando
attuazione ad indirizzi elaborati dalle istituzioni comunitarie, oppure
agiscono nel quadro dei criteri da esse delineati»51.
L’attuale orientamento politico della comunità, come si è detto, pare orientato all’applicazione del principio dello sviluppo sostenibile
lano, 1992; C. VIVANI, Le basi giuridiche degli atti comunitari in materia ambientale, in «Foro amministrativo», 1994, p. 1033 e ss.
49
Sul punto v. G. COCCO, A. MARZANATI, R. PULILELLA, A. RUSSO, Ambiente,
in M.P. Chiti, G. Greco, Trattato di diritto amministrativo europeo, Parte Speciale,
I, Giuffrè, Milano 1997, p. 107, mettono in luce come «con il passaggio dall’Atto
unico al Trattato di Maastrict, la Comunità non si limita più a svolgere una mera
(ancorché importantissima) azione in materia ambientale, ma ha il compito di elaborare una vera e propria politica che rientra a pieno titolo tra le politiche fondamentali
del’Unione e contribuisce quindi a realizzarne direttamente gli scopi».
50
Cfr. G. CORDINI, Diritto ambientale, cit., 50 ss.
51
Così si legge nel Rapporto sulle condizioni delle Pubbliche amministrazioni,
redatto dal Dipartimento per la funzione pubblica nel 1993 (Cap. 9, allegato 6), riportato da M. GOLA, L’organizzazione pubblica, cit., 158. Sul punto, v. anche G.
COCCO, Nuovi principi ed attuazione, cit., 148 secondo cui «gli obiettivi non vengono proposti sotto forma di obbligo giuridico, ma piuttosto di indicatori dei livelli da
realizzare fin da ora per giungere ad uno sviluppo sostenibile ed il loro perseguimento viene graduato nel tempo, individuando taluni obiettivi a lungo termine che costituiscono l’orientamento da seguire in vista di uno sostenibile ed alcuni obiettivi da
raggiungere».
Introduzione
19
tramite l’introduzione di nuove strategie tese a coinvolgere «tutti i settori della società in uno spirito di responsabilità comune»52.
Inoltre, il 1° comma dell’art. 117 Cost., prevedendo oggi che «la
potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto
della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali», ha fornito una nuova copertura al diritto comunitario53 costituzionalizzando, così, il rapporto tra
Regioni e Unione, sebbene la materia sia attribuita alla competenza
concorrente e, di conseguenza, lo Stato debba pur sempre dettare i
principi fondamentali54. Ne conseguirebbe che il vero punto innovativo sarebbe costituito dalla “irretrattabilità della scelta”, ossia il legislatore statale non potrebbe più invertire il processo di integrazione europea55.
7. La tutela della concorrenza quale obiettivo e scopo
dell’ordinamento
Al fine di illuminare le strette correlazioni che sorgono tra ambiente e “tutela della concorrenza” e che si sono evidenziate anche dal
punto di vista comunitario, è necessario svolgere alcune considerazio-
52
Cfr. G. COCCO, Nuovi principi, cit., p.150 ss.
Cfr.L. TORCHIA, I vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario nel nuovo
Titolo V della Costituzione, in «Le regioni», 2001, p. 1203, che sottolinea come in
precedenza la rilevanza del diritto comunitario trovava fondamento nella sola interpretazione «estensiva ed evolutiva dell’art. 11 della Costituzione». Per una riflessione sull’incidenza della disciplina comunitaria in materia ambientale prima delle riforma del Titolo V, si v. G. DE VERGOTTINI, La ripartizione dei poteri, cit., p. 561,
ove l’A. sottolinea come, per l’appunto, sia lo Stato che le Regioni si siano spesso
trovate di fronte a direttive che contenevano una disciplina particolarmente
dettagliata.
54
Cfr. L. TORCHIA, op. cit., p. 1206.
55
Ancora L. TORCHIA, op. cit., p. 1211.
53
Introduzione
20
ni in merito al campo di applicazione di questa seconda nozione,
anch’essa attribuita alla competenza esclusiva dello Stato56.
L’operazione ermeneutica non appare semplice, dal momento che,
già all’indomani dell’approvazione della modifica costituzionale, la
dottrina si è interrogata circa il suo ambito di applicazione.
Secondo alcuni, essa non sarebbe altro che la riconferma
dell’importanza della libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41
Cost.57. Per altri, invece, questa materia avrebbe fatto assurgere a rilievo costituzionale anche la “concorrenza” ex se, slegandola dalla libertà di cui all’art. 41 summenzionato58.
Dal punto di vista “storico-normativo”, la più rilevante disciplina
che occorre considerare al fine di comprendere l’ambito di estrincazione della materia in oggetto è sicuramente la disciplina antitrust posta dalla l. n. 287/199059.
La legge, adottata per rispondere alle pressioni comunitarie finalizzate alla promozione del valore della concorrenza nel “mercato interno”, così come sancito dal Trattato sull’unione europea del 1992, poi
consacrato dall’Atto Unico europeo del 1996, può essere considerata
la concretizzazione dell’interesse pubblicistico «al corretto funzionamento del mercato»60.
56
Sul punto v. M. DANGELOSANTE, La tutela della concorrenza, in A. Pioggia,
L. Vandelli (a cura di), La Repubblica delle autonomie, Il Mulino, Bologna 2006, p.
77 ss.; nonché L. AMMANNATI, Concorrenza e regolazione tra Stato e Regioni, in
www.unisi.it/ricerca/dip/dir_eco/amm.htm
57
Così A. PACE, Gli aiuti di stato sono forme di tutela della concorrenza?, in
«Giurisprudenza Costituzionale», 2004, p. 262 ss.
58
Cfr. G. CORSO, La tutela della concorrenza come limite alla potestà legislativa
delle Regioni e dello Stato), in «Diritto pubblico», 2002, p. 987 ss., l’A. richiamando
Irti, pone in particolare rilievo il fatto che «la libertà di iniziativa economica… non
contiene in sé il principio di concorrenza».
59
Cfr. L. CASSETTI, Potestà legislativa regionale e tutela della concorrenza, in
www.feralismi.it, n. 2001, secondo cui, in proposito, sarebbe necessario distinguere
«da un lato l’incidenza trasversale delle competenze statali relative alla tutela della
concorrenza nel mercato nazionale e di chiarire, dall’altro, l’effetto diretto di alcune
normative sulla difesa della concorrenza per alcuni mercati rispetto agli ambiti economici ai quali si affaccia oggi la competenza legislativa regionale».
60
Così L. CASSETTI, Il governo e la regolamentazione del mercato alla ricerca
di nuovi equilibri, in www.federalimi,it, 2007, p. 2.
Introduzione
21
Sotto la spinta del diritto comunitario, il ruolo dell’amministrazione
nei confronti del mercato è mutato profondamente, non soltanto per
l’inserimento dell’Autorità indipendente dell’Antitrust, ma, altresì, per
il fenomeno del decentramento amministrativo, che ha avuto inizio a
partire dagli anni ’9061.
Anche con riferimento alla nozione di tutela della concorrenza, la
Corte costituzionale ha svolto un ruolo fondamentale62 (è questa
un’ulteriore affinità con le tematiche ambientali), con una serie di importanti decisioni che hanno ricostruito l’ambito di applicazione della
nozione. In particolare, la Consulta nella decisione n. 14 del 13 gennaio 2004 è giunta a un’interpretazione dinamica della materia in oggetto, secondo cui «non può essere intesa soltanto in senso statico,
come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio
perduto, ma anche in quell’accezione dinamica… che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali»63.
Più di recente, anche se con precipuo riferimento al nuovo Codice
appalti, si consideri ancora la sent. n. 401 del 23 novembre 200764,
ove la Corte ha fornito una peculiare nozione secondo «cui la legge
tutela la concorrenza “per il mercato”, nel senso che il contraente va
scelto mediante procedure che garantiscono il rispetto dei valori comunitari; e tutela anche la concorrenza “nel mercato”, che si attua con
61
In proposito, v. A. VIGNUDELLI, Economia senza amministrazione o tecnopolitica del mercato, in www.federalismi.it, n. 14/2006, p. 8 ss.
62
Per quanto concerne questo profilo, v. L. BUFFONI, La “tutela della concorrenza” dopo la riforma del Titolo V: il fondamento costituzionale ed il riparto di
competenze legislative, in «Le istituzioni del federalismo», 2003, p. 345 ss.
63
Per un commento v., L. CASSETTI, La Corte e le scelte di politica economica:
la discutibile dilatazione dell’intervento statale a tutela della concorrenza, in
www.federalismi.it, n. 5/2004, che precisa come «dopo la modifica del Titolo V la
tutela della concorrenza risulta essere un parametro costituzionalizzato all’interno
delle norme sul riparto di competenze Stato-Regioni». F. SACCO, Competenze statali
trasversali e potestà legislativa regionale: un tentativo di razionalizzazione (a proposito della “tutela della concorrenza”) della Corte costituzionale, in
www.associazionedeicostituzionalisti.it.
64
In www.cortecostituzionale.it.
Introduzione
22
la liberalizzazione dei mercati stessi, affidata, in particolare, alla eliminazione di diritti speciali o esclusivi concessi alle imprese»65.
La tutela del mercato, sotto la spinta della matrice comunitaria, si
configura oggi come materia trasversale e come titolo di legittimazione che giustifica l’intervento legislativo dello Stato.
È quasi inevitabile che essa – o, meglio, i valori che la sottendono –
debba contemperarsi con un’altra materia trasversale, l’ambiente, che
ha subito una vicenda in parte differente: pure essa riconosciuta espressamente come di competenza dello Stato, in forza
dell’interpretazione offerta dalla Corte cost. al 117 Cost., può, invece,
venire disciplinata anche dalle regioni.
8. Ambiente e mercato il venir meno della diffidenza
A conferma di quanto testé osservato, si noti che il concetto di sviluppo sostenibile consente di individuare un punto di contatto tra ambiente e mercato66. La nuova frontiera della tutela ambientale, infatti,
pare ormai orientata a accostare al tradizionale sistema di “command
and control”, strumenti che attengono per l’appunto al mercato, quali
ad esempio, l’utilizzo di sussidi67 e tasse68 per incentivare o, disincentivare, il comportamento degli operatori69.
65
Cfr. G. CORSO, G. FARES, Il codice dei contratti pubblici: tra tutela della concorrenza e ordinamento civile, in corso di pubblicazione in «Foro italiano», I, 2008.
66
Cfr. M. CLARICH, La tutela dell’ambiente attraverso il mercato, in
www.giustizia-amministrativa.it.
67
Esistono diversi tipi di contributi mirati alla realizzazione di taluni impianti o
alla ricerca e all’innovazione, si ricordi ad esempio il sussidio per l’acquisto di veicoli ecocompatibili (l. 296/2006).
68
Si pensi ad esempio alle c.d. tasse ambientali, quale la carbon tax, di cui
all’art. 8, l. 488/1998, che sono finalizzate ad allocare i costi ambientali in capo ai
produttori di inquinamento.
69
Sul punto si v. M. CAFAGNO, La cura dell’ambiente tra mercato ed intervento
pubblico. Spunti dal pensiero economico, in D. De Carolis, E. Ferrari, A. Police (a
cura di), Ambiente, attività amministrativa e codificazione, Giuffrè, Milano 2006, p.
191, mette in luce come «lo studio dei rapporti tra mercato ed intervento pubblico in
materia ambientale ammette perlomeno due angoli visuali simmetrici». Da una parte, infatti, secondo l’A. è possibile «interrogarsi sull’influenza che la normativa am-
Introduzione
23
In questo caso, esso si traduce non soltanto «con il porre all’esterno
dell’amministrazione alcune strutture e attività, ma anche come responsabilizzazione dei privati singoli o nelle loro forme associative,
proprio in relazione alla delicatezza della materia, l’ambiente su cui si
interviene»70. L’accentuarsi del profilo della responsabilità, vista da
un differente profilo, può divenire applicazione dello stesso principio
“chi inquina paga”, sia nel senso che chi ha causato un danno deve rimediare, sia nel dovere di far preventivamente certificare la conformità dei propri comportamenti alla disciplina71.
Da un punto di vista più generale, la dottrina ha distinto tre diverse
tipologie di strumenti economici applicabili all’ambiente, nei quali il
potere pubblico agisce, al fine di correggere il «funzionamento di un
mercato preesistente»72.
In un primo gruppo, ad esempio, dovrebbero rientrare le tasse o i
sussidi; le une spingerebbero gli operatori a “internalizzare” i costi
ambientali, gli altri, invece, a “esternalizzare” gli effetti positivi73.
Un diverso gruppo di misure riguarderebbe, invece, il c.d. green
procurement, ossia la possibilità per le amministrazioni di prediligere
la stipulazione di contratti pubblici con soggetti che siano “ambientalmente” virtuosi. Tale tipo di disposizioni può contribuire a determinare un innalzamento della tutela considerando che i soggetti pubblici
sono uno dei più rilevanti committenti sul mercato74.
bientale abbia esercitato e tuttora eserciti sul processo di apertura del mercato».
Dall’altra, invece, occorre chiedersi «quale impatto abbia il mercato e la sua disciplina sulla salvaguardia dell’ambiente».
70
Cfr. S. AMOROSINO, Ambiente e privatizzazioni delle funzioni pubbliche, in S.
Grassi, M. Cecchetti, A. Andronio, Ambiente e diritto, Olschki, Firenza, 1999, I, pp.
350-351.
71
Cfr. ancora S. AMOROSINO, op. cit., p. 351.
72
F. FRACCHIA, I procedimenti amministrativi in materia ambientale, in A. Crosetti, R. Ferrara, F. Fracchia, N. Olivetti Rason (a cura di), Diritto dell’ambiente, Laterza, Bari, in corso di pubblicazione.
73
Per un esempio, si pensi alla carbon tax di cui alla l. n. 488 del 1998.
74
Si veda ad esempio in proposito, l’art. 44 d.lgs. 163/2006 che, con riferimento
agli appalti di servizi e di lavori, sancisce che le amministrazioni possano richiedere
ai concorrenti la dimostrazione di misure di gestione ambientale, nonché il successi-
24
Introduzione
Un terzo gruppo di strumenti raggrupperebbe, invece, istituti tesi a
diminuire le c.d. “asimmetrie informative” tra cui possono ricordarsi
gli ecolabel, ecoaudit ed emas75. Anche in questo caso la pubblica
amministrazione non assumerebbe un ruolo autoritativo, ma si limiterebbe a influenzare le scelte degli operatori che intendono soddisfare
la c.d. domanda verde.
Occorre, infine, ricordare un’ultima possibilità di esplicazione del
potere pubblico, ossia il caso in cui esso crei «una nuova domanda e,
dunque, un nuovo mercato… sul quale vengono scambiati non già beni tradizionali…, ma titoli»76.
Questa ipotesi si verifica, ad esempio, nel caso del Protocollo di
Kyoto, nonché per i certificati verdi e bianchi relativi al settore energetico.
In ogni caso, si è al cospetto di modalità differenti, rispetto al passato di tutela dell’ambiente e di individuazione del punto di equilibrio
tra sviluppo e sostenibilità.
9. Piano dell’opera
Il piano complessivo di lavoro prevede una suddivisione in cinque
capitoli.
Il primo avrà a oggetto la ricostruzione della nozione giuridica di
ambiente. L’indagine muoverà, in via prioritaria, dall’esame delle diverse pronunce della Corte costituzionale, adottate sia prima, sia dopo
vo art. 83 che prevede, tra i requisiti di valutazione dell’offerta economicamente più
vantaggiosa anche l’aspetto ambientale.
75
Sui sistemi dell’ISO 141001, EMAS (Eco-management and audit scheme) e
Ecolabel (N. LUGARESI, Diritto dell’ambiente, Cedam, Padova 2004, p. 111 ss.; A.
CROSETTI, R. FERRARA, F. FRACCHIA, N. OLIVETTI RASON, Diritto dell’ambiente,
cit., 237 ss.). Nel primo caso, infatti, la regolamentazione consiste in linee guida poste dall’International standards Organisation e poi approvate dal Comité Européen
de Normalisation (CEN), nel secondo e nel terzo è posta, invece, rispettivamente dai
regolamenti 761/2001/CE del 19 marzo 2001 e 1980/2000/CE del 17 luglio 2000.
Giova, peraltro, sottolineare come l’ISO 14001 sia stata recepita dallo stesso regolamento n. 761/2001 cit., ciò comporta che un’organizzazione che voglia aderire ad
EMAS debba essere conforme alla suddetta normativa.
76
F. FRACCHIA, I procedimenti amministrativi, cit.
Introduzione
25
la modifica del Titolo V del 2001.
Tale scelta mira a evidenziare i profili di differenziazione e di continuità nelle decisioni del giudice delle leggi.
L’analisi, inoltre, cercherà di mettere in luce i punti di contatto e di
intersezione tra tutela del bene ambientale e mercato.
Nel corso del secondo capitolo, invece, si cercherà di offrire un diverso approccio ricostruttivo alla lett. s) del 2° comma dell’art. 117
Cost., grazie ad una lettura incrociata con la lett. m) del medesimo art.
117 Cost, sui “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti
civili e sociali”, nell’ottica dello sviluppo sostenibile.
Il terzo e il quarto capitolo saranno dedicati a una ricostruzione sistematica della disciplina relativa alle funzioni amministrative, a partire, dal testo dell’art. 118 Cost., vecchia formulazione.
Infine, nel quinto capitolo si tenterà di fornire una interpretazione
dei primi due commi dell’art. 118 Cost. che sia in linea con la ricostruzione di ambiente e sviluppo sostenibile proposta, mostrando come sia appunto quest’ultimo criterio ad assurgere al rango di criterio
fondamentale che consente di allocare e di decidere, tra i vari livelli,
in vista delle “esigenze di carattere unitario” menzionate al 1° comma
dell’art. 118 Cost.