ARISTOTELE (384 – 322)
1. Aristotele è l’inventore della scienza politica.
a. Ha introdotto il termine “politica” e ne ha delineato l’oggetto. (come ha ordinato
sistematicamente tutte le altre discipline – retorica, poetica, metafisica etc.)
b. Ha iniziato ad analizzare positivamente la realtà politica. (approccio scientifico)
classificando le costituzioni. Il fondamento è un’idea della natura dell’uomo
considerata politica. La teoria della polis è quella dello zoon politikon (=animale
politico). E zoon logon ekon (animale che possiede il logos, ovvero la parola). Sono
due aspetti tra loro connessi
c. Zoon logon ekon. Introduce una dimensione normativa: relativa non alle cose come
sono, ma alle cose come devono essere (norma che prescrive). La razionalità
aristotelica non è strumentale, ovvero non si limita a suggerire come fare una cosa,
ma ci dice anche cosa fare. C’è sempre un aspetto normativo legato alla natura
umana, che la polis ha il compito di realizzare. La polis non fa solo vivere ma anche
vivere bene. Nella polis migliore abbiamo l’uomo migliore.
2. Antropologia, etica e politica
Chi vuole fare la migliore costituzione deve quindi conoscere la natura umana. (1323 a 14). Etica e
politica non sono separabili. La politica ha a che fare con l’azione dell’uomo, con la realtà pratica.
ETICA NICOMACHEA (è un libro di Aristotele che parla di etica, d’ora in avanti EN) libro IV
1. Separazione tra teoria e prassi.
-rispecchia la divisione aristotelica tra una sfera propria dell’umano da una sfera inferiore,
relativa al mondo animale, e una sfera superiore, relativa al mondo divino o delle sfere
superiori.
a. Theorein/ teoria (contemplazione): il modo con cui l’uomo si mette in rapporto
razionale con ciò che non cambia. Il mondo fisico non cambia (l’acqua scorre,
indipendentemente se io la vedo oppure no); il mondo divino non cambia. Dice Aristotele:
“come dottrina della natura (episteme), essa si occupa del genere dell’essere che ha in se
stesso il principio del movimento e della quiete….” Il voler sapere le cose come sono in se
stesse. non è una scienza pratica e neanche poetica (da poiesis, che vuol dire fare, nel senso
che si produce qualcosa, ad esempio un vaso)
b. Il mondo umano è mutevole. Può essere trasformato da questo interessamento
umano. Il mondo del fare: “..infatti per quel che concerne le cose prodotte, il principio
risiede nel producente, tanto se questo sia un intelletto se sia un arte o una qualche capacità,
mentre, per quel che concerne le cose pratiche, il principio risiede nell’agente, ed è un atto di
libera scelta, giacchè l’oggetto dell’azione e quello della scelta si identificano.” (Met. 1075 a
1)
c. Prassi: attuazione esistenziale ed azione dell’uomo ed autorealizzazione
esistenziale. Prassi umana è prassi di un essere che ha la ragione. Si distingue dalla scienza
teoretica per due momenti:
a.
l’oggetto: non si tratta dell’eterno e dell’immutaile, ma nemmeno
dell’essere al quale le cause e i motivi del divenire e dell’accadere non
sono immanenti (altrimenti si identificherebbero con le cose naturali –
oggetto della scienza fisica), bensì risiedono nella ragione o arte o qualsiasi
altra capacità dell’uomo. “OGGETTO DELL’EPISTEME PRAKTIKE
– scienza pratica sono ta anthropina – le cose umane. “
b.
Le scienze pratiche esse stesse vogliono la prassi: “scopo della scienza
teoretica è la verità, quello della scienza pratica è l’attività pratica”
Ancora: “La parte della filosofia con cui noi abbiamo qui a che fare non è
esercitata come le altre a causa delle teoria; cioè non svolgiamo la nostra
indagine per sapere che cosa sia la virtù in se, ma per diventare noi stessi
buoni; altrimenti questo filosofare sarebbe inutile. Pertanto dobbiamo
rivolgere la nostra attenzione all’agire.
Politica =
la scienza complessiva dell’attività morale dell’uomo sia come singolo che come
cittadino. Questa “politica” si suddivide in etica e politica.
Si nota una SUBORDINAZIONE DELL’ETICA ALLA POLITICA (uomo= cittadino)
“Se infatti identico è il bene per il singolo e per a città, sembra importante e più perfetto scegliere e
difendere quello della città; certo esso è desiderabile anche quando riguarda una sola persona, ma è
più bello e più divino se riguarda un popolo e le città” (Etica Nicomachea A 2, 1094b 7-8)
2. L’uomo nelle sue azioni tende a fini specifici, che si configurano come beni. I beni sono
relativi, ovvero variano a seconda degli individui. Non si può passare da bene a bene
all’infinito (forma “cattiva di infinito”) i beni sono funzionali ad un fine ultimo, ovvero a un
bene supremo.
Il bene supremo è la felicità = eudaimonia. Cos’è? Qui iniziano i problemi.
a. piacere, godimento.
b. Onore = vita politica. Ma non può essere un fine ultimo: ”Esso infatti sembra
dipendere più da chi conferisce l’onore che da chi è onorato: noi invece riteniamo
che il bene sia qualcosa di individuabile e di alienabile.” Gli uomini lo cercano per il
riconoscimento pubblico.
c. Ricchezze. “la vita (…) dedita al commercio è qualcosa di contro natura, ed è
evidente che la ricchezza non è il bene che cerchiamo; infatti essa è solo in vista del
guadagno ed è un mezzo per qualcosa d’altro” (EN, A 5, 1096, 5-7)
d. Il bene in sé dei platonici. Non è realizzabile per l’uomo. Il bene che riguarda l’etica
è quello immanente, realizzabile, a portata dell’azione umana.
a. Bene = aretè. Virtù. Ciò che l’uomo sa svolgere. Come è la natura umana?
Metafisica e dottrina delle 4 cause. Dottrina delle cause: formale, materiale,
efficiente e finale. L’etica si collega a un certo fine (telos) della natura umana.
3. Qual è la differenza specifica che riguarda l’uomo? Qui vi è un riferimento all’antropologia
(scienza dell’uomo) e alla dottrina dell’anima:
i. Non è il semplice vivere (anima vegetativa)
ii. Non è nemmeno il sentire, comune con gli animali.
iii. Ragione: l’attività dell’anima secondo ragione. Questa è la virtù dell’uomo,
qui va cercata la felicità.
“se dunque è così, allora il bene proprio dell’uomo è l’attività dell’anima secondo virtù, e se
molteplici sono le virtù, secondo la migliore e la più perfetta. E ciò vale anche per tutta una vita
completa. Infatti una sola rondine non fa primavera né un solo giorno; così neppure una sola
giornata o un breve tempo rendono la beatitudine o la felicità”. EN A 7, 1098 a 12-20.
Intelletto è la parte migliore dell’uomo.
“E’dunque chiaro che ciascuno è intelletto e che la persona moralmente conveniente ama
soprattutto esso” EN I, 8,1169, a 2 ss.
Le virtù sono dedotte dalle parti dell’anima.
1. Vegetativa. Questa hanno anche le piante che vivono.
2. Sensitiva o concupiscibile; è relativa alla sfera animale. Riguarda le virtù etiche perché
questa parte dell’anima”partecipa in qualche modo alla ragione” EN, A, 13 – la virtù
etica serve a dominare questi impulsi.
3. intellettiva o razionale= virtù dianoetiche
Tutti gli uomini possono accedere alla vita teoretica (contemplativa)
3. la virtù:
Ci sono le virtù etiche: sono molte, perché molti sono gli impulsi che devono essere dominati.
Derivano dall’abitudine/habitus/seconda natura.
Esercizio: se ci abituiamo a fare qualcosa, ci
diventa facile. Le virtù si apprendono come le altre arti.
Qual è la natura comune a tutte le virtù etiche?
NON C’E MAI VIRTU’QUANDO C’E’ ECCESSO O DIFETTO.
“In ogni cosa, sia essa omogenea oppure divisibile, è possibile distinguere il più, il meno e l’uguale,
e ciò o in relazione alla cosa stessa o in relazione a noi: l’uguale è la via di mezzo tra l’eccesso e il
difetto. Io chiamo dunque posizione di mezzo di una cosa quella che dista ugualmente da ciascuno
degli estremi, ed essa è una sola ed identica in tutte le cose e chiamo posizione di mezzo rispetto a
noi ciò che non eccede né fa difetto; essa però non è l’unica, né uguale per tutti. “ EN, B 6, 1106 a
26-1106b 7.
L’oggetto è la passione: la virtù etica è la medierà tra i due estremi della passione. E’ il massimo
dal punto di vista normativo perché segna l’affermazione della ragione sull’irrazionale. (sempre
l’idea del limite!)
-coraggio è in mezzo tra viltà e audacia
-temperanza è in mezzo tra insensibilità e dissolutezza
-liberalità è in mezzo tra avarizia e prodigalità
Giustizia: libro V dell’EN.
La giustizia è la virtù più completa. Consiste, in prima battuta, nel rispetto della legge:
“il rispettoso della legge è giusto, è evidente che tutte le cose legali sono in un certo modo giuste:
infatti le cose stabilite dal poter legislativo sono legali, e noi diciamo che ciascuna di esse è giusta”
Etica Nicomachea, V, 1, 1129, b 12 – 14)
la giustizia è virtù perfetta perché è “ IN RELAZIONE AD ALTRO” PER QUESTO:
“la giustizia sembra essere la più importante delle virtù. E che né la stella della sera né quella del
mattino siano così ammirabili” EN 1129, b, 27)
La perfezione della giustizia consiste nel fatto che riguarda anche gli altri, e non solo se stessi.
Esiste una giustizia completa, che corrisponde all’”intera virtù verso gli altri”. Le cause efficienti
dell’intera virtù sono poi tra le prescrizioni della legge quelle che stabiliscono attorno
all’educazione in comune” EN V, 2, 1139, b, 25.
Esiste anche una giustizia particolare.
Ci sono più forme di giustizia
1. Commutativa: La seconda (equo/iniquo) è relativa alla giustizia commutativa. Riguarda le
partizioni. “L’equo è il medio tra il più e il meno” (EN V, 4, 1132 a, 13) L’equo è il medio
tra il più e il meno secondo la proporzione aritmetica” (ibid. 30) Si legge “Per questo in
greco esso è chiamato con il termine “giusto” (dijaion), che è simile a bipartito, (dichaion),
proprio perché è diviso in due; e il termine “giudice” (dikastés) è simile al termine
“bipartitore”(dichastés)” (bid., 30-34.)
2. Distributiva: il giusto nella società. “Questo si presenta in coloro che vivono in società, al
fine di essere indipendenti, liberi ed eguali o in rapporto proporzionale o in rapporto
numerico. Cosicché quelli che non sono in queste condizioni on hanno una vera giustizia
sociale tra di loro, bensì solo una data sorte di giustizia (dikaion ti) e solo simile a quella”.
V, 6, 1134, a, 26.
La giustizia esiste per coloro per cui esiste la legge. C’è uguaglianza davanti alla legge. “Un tale
giusto infatti è … secondo la legge e tra persone che naturalmente devono obbedire alla legge; e
costoro sono, quelli A CUI COMPETE UGUAGLIANZA NEL COMANDARE E NELL’ESSERE
COMANDATI. EN, V, 6, 1134 b 15.
Si tratta della giustizia distributiva. Qui il discorso diventa politico e si trova nella politica. Ivi si
parla delle città e delle diverse costituzioni -
Politica libro V
“Così la democrazia nacque dall’idea che quanti sono uguali sotto un certo rispetto, siano uguali
assolutamente (in realtà per il fatto che tutti sono assolutamente liberi pensano di essere
assolutamente uguali), l’oligarchia dalla supposizione che quanti sono disuguali nel possesso della
proprietà suppongono di essere assolutamente diseguali). Perciò gli uni, essendo uguali, ritengono
giusto partecipare in ugual misura di ogni cosa, mentre gli ALTRI, ESSENDO DISUGUALI,
CERCANO DI AVER SEMPRE DI Più, E IL Più è DISEGUALE” Politica v, 1301, A 30.
Virtù dianoetiche. = virtù di ragione.
Ci sono due funzioni dell’anima razionale:
1. quella che conosce le cose variabili
2. quella che conosce le realtà immutabili.
Vi è perfezione della virtù per entrambe le funzioni. Ragione pratica e ragione teoretica. Phronesis
e Sophia. Due visioni della felicità, che si connettono una forma difettiva ed una forma eccedente di
felicità.
La felicità della vita teoretica eccede la felicità specifica per l’uomo, è la felicità umana “massima”.
E’ rivolta all’elemento divino nell’uomo. Soddisfa le condizioni per la felicità che sono prevalenti
nell’uomo.
Sophia= sapienza: verte sulle cose immutabili.
1. la teoria è forma suprema dell’attività umana. Lo spirito il “nous” ha il grado supremo
perché si rivolge agli oggetti più eccellenti: il bello e il divino.
2. la teoria può essere esercitata con maggiore continuità.
Fronesis= saggezza: verte sulle cose che potrebbero anche essere diversamente. Felicità di “tipo
umano”
Saggezza: saper correttamente dirigere la vita dell’uomo, saper deliberare su ciò che è bene e male.
LA FRONESIS ADDITA I MEZZI PER RAGGIUNGERE I FINI. I veri fini e il vero scopo sono
colti dalla virtù che indirizza il volere in modo corretto.
“…L’opera umana si compie attraverso la saggezza e la virtù etica: infatti la virtù rende retto lo
scopo, mentre la saggezza rende retti i mezzi” EN Z 12, 1144 a 6-9
LA VIRTU’ETICA E DIANOETICA SONO LEGATE TRA DI LORO: non E’POSSIBILE
ESSERE VIRTUOSI SENZA LA SAGGEZZA NE’ ESSERE SAGGI SENZA LA VIRTU’ETICA.
La virtù dianoetica è la conoscenza dei principi e delle conseguenze che da essi logicamente
vengono tratte. La saggezza riguarda l’uomo, la sapienza riguarda le cose che sono sopra l’uomo.
Perfetta felicità:
Contemplazione intellettiva.
Passi :
1 »Vi sono altre cose molto più divine, come, per restare alle più visibili, gli astri di cui si
compone l’universo. Da ciò che si è detto è chiaro che la sapienza è insieme scienza e intelletto
delle cose più eccelse per natura. » EN Z 7 1141 a 34-1141;
2 (..)se l’attività dell’intelletto, essendo contemplativa, sembra eccellere per dignità e non
mirare a nessun altro fine all’infuori di se stessa ed avere un proprio piacere perfetto (che accresce
l’attività) ed essere autosufficente, agevole, ininterrotta, per quanto è possibile all’uomo e sembra
che in tale attvità si trovino tutte le qualità che si attribuiscono all’uomo beato : allora questa sarà la
felicità perfetta dell’uomo, se avrà la durata intera della vita. Infatti in ciò che riguarda la felicità
non può esserci nulla di incompiuto. Ma una tale vita sarà superiore alla natura dell’uomo; infatti
non in quanto uomo egli vivrà in tal maniera, bensì in quanto in lui v’è qualcosa di divino; e di
quanto esso eccelle sulla struttura composta dell’uomo di tanto eccelle anche la sua attività
conforme alle altre virtù. Se dunque in confronto alla natura dell’uomo l’intelletto è qualcosa di
divino, anche la vita conforme ad esso sarà divina in confronto alla vita umana. Non bisogna però
seguire quelli che consigliano che, essendo uomini si attenda a cose umane, ed essendo mortali, a
cose mortali, bensì, per quanto è possibile, bisogna farsi immortali e far di tutto per vivere secondo
la parte più elevata di quelle che sono in noi; seppure infatti essa è piccola per estensione, tuttavia
eccelle di molto su tutte le altre per potenza e valore » EN K 7, 1177b 19-1178;
3. « (..) cosicchè l’attività del dio, che eccelle per beatitudine, sarà contemplativa. Quindi
anche tra le attività umane quella che è più congenere a questa, sarà quella più capace di rendere
felici. Prova di ciò è anche il fatto che gli altri esseri viventi non partecipano della felicità, perchè
sono completamente privi di questa attività. Invece per gli dei tutta la vita è beata, e per gli uomini
lo è in quanto vi è in essi un’attività simile a quella ; ma nessuno degli altri esseri vivienti è felice,
perchè non partecipa per nulla della speculazione. Per quanto dunque si estende la speculazione, di
tanto si estende anche la felicità, e in quelli in cui si trova maggior speculazione vi è anche maggior
felicità; e ciò accade non per caso, ma per via della speculazione: essa infatti ha valore di per se
stessa. Così la felicità è una specie di speculazione. »
EN K 8, 1178 b 21-32.
4. Virtù e atto morale .
1. Razionalismo etico di Socrate e anche di Platone. Significa: se uno conosce il bene, lo fa.
Viceversa: se si compie il male è a causa di un difetto della conoscenza.
2. Aristotele è realista: altro è conoscere il bene, altro è il praticarlo. Così cerca di indagare
l’atto morale più da vicino.
a. Azioni involontarie =azioni coatte;
b. Azioni volontarie”in cui il principio risiede in chi agisce, se conosce le circostanze
particolari in cui si svolge l’azione. (EN L 1, 1111 a 22-24)”. In questa categoria
entrano tutte le azioni dettate dall’impetuosità, ira, desiderio etc. Sono volontarie
anche le azioni dei bambini. Volontarie sono le azioni spontanee.
i. Volontarie sono le azioni determinate da una scelta (proairesis): la scelta
“sembra essere cosa essenzialmente propria della virtù e più atta che non le
azioni a giudicare i costumi”.- deliberazione (o proponimento)
ii. Scelta: si riferisce ai mezzi che vengono ritenuti idonei, tutte le cose che
servono per realizzare il fine, dalle più prossime alle più remote. Scarta
quelle irrealizzabili e mette in atto le realizzabili.
“L’oggetto della deliberazione e quello della scelta sono la stessa cosa, eccetto il fatto che ciò che
si sceglie è già stato determinato. Infatti oggetto della scelta è ciò che è già stato giudicato con la
deliberazione. Ciascuno infatti cessa dal ricercare come dovrà agire, quando avrà ricondotto a se
stesso il principio dell’azione e l’abbia ricondotto a quella parte di lui che comanda: essa infatti è
quella che decide” …EN L 3 1113 a 2-7
Non si nota una chiara formulazione della nozione di volontà. La volontà riguarda solo i fini
(bulesis). NOI SIAMO BUONI IN RELAZIONE AI FINI CHE CI PROPONIAMO, non in
relazione ai mezzi.
Come si determina la bontà del fine?
1. se è determinata dalla tendenza infallibile verso il bene – non vi è volontà (su cosa
delibero?) E se scelgo il male sarà solo per ignoranza;
2. se determinata dalla tendenza a ciò che appare bene, si dovrebbe concludere che “ciò che
è voluto non è voluto per natura, ma a seconda che a ciascuno pare; e poiché a uno pare
una cosa, a uno un’altra, se così fosse, ciò che è voluto sarebbe insieme cose contrarie”
=nessuno potrebbe più essere chiamato buono o cattivo.
3. Soluzione prospettata: “..bisogna dire allora che assolutamente e secondo verità l’oggetto
della volontà è il bene, però a ciascuno di noi oggetto della volontà è ciò che sembra
bene: per chi è virtuoso ciò che è veramente bene, per chi è vizioso quello che capita;
come anche per i corpi, a quelli che sono ben disposti sono sane le cose che sono
veramente tali, a quelli malati invece lo sono le altre cose: e altrettanto è delle cose
amare, di quelle dolci di quelle calde, di quelle pesanti e così via. Chi è virtuoso, infatti
giudica rettamente ogni cosa ed in ciascuna gli appare il vero. In realtà le cose adatte a
ciascuna disposizione sono belle e piacevoli, e forse l’uomo virtuoso differisce dagli altri
soprattutto perché vede la verità in tutte le cose, essendo egli il canone e la misura di
esse. Nella maggioranza degli uomini, invece, sembra sorgere l’inganno attraverso il
piacere che sembra bene, pur non essendolo. Perciò essi scelgono come bene ciò che è
piacevole, come male ciò che è doloroso.” (EN L 4, 113 a 23-111 b 2.)
Ci si trova come in un circolo: per diventare ed essere buono ho bisogno di volere i fini buoni, per
fare questo devo essere buono. = antropologia. Il bene dell’uomo è ciò che è a lui specifico,
l’attività dell’anima secondo ragione.
Noi siamo responsabili delle nostre azioni a causa dei nostri abiti morali.
Possiamo notare una interessante dialettica tra esterno e interno.
Della vita contemplativa – si è parlato.
Per Aristotele anche la vita attiva (=vita politica nella polis) è qualcosa di positivo.
Nella polis: servono uomini intelligenti come Pericle. Non filosofi. Serve un ethos della comunità e
delle buone leggi.
5. La polis
Aristotele segna l’autonomizzazione del bios politikos (della vita politica), che assume due diversi
significati: la vita civile e l’attività politica, pubblica, in posizione dirigente. Autonomizzazione
significa che la politica è possibile anche senza metafisica e senza teologia. Il possesso, l’esercizio
del potere politico non sono legate a conoscenze di carattere filosofico. Scienza e responsabilità
politica devono rimanere separate: il politico si può avvalere dell’aiuto dello scienziato.
Il bene dello stato è sopra quello dell’individuo: il tutto è più perfetto della parte
Lo studio della politica è quello della koinonia, la comunità.
Il motivo della koinonia si trova nella natura umana. Aristotele enuncia la tesi della naturale
socievolezza dell’uomo: l’uomo è un animale politico. “Chi non può entrare a far parte di una
comunità, chi non ha bisogno di nulla bastando a se stesso, non è parte di una città, o è una belva o
è un dio”
Ci sono diverse tipologie di koinonia.
1. Vi sono uomini e donne. Uniti a costutire una famiglia per il soddisfacimento dei bisogni
elementari.
2. Dalla famiglia si forma il villaggio.
3. Ma non basta: per garantire la vita perfetta occorrono le leggi, le magistrature,
l’organizzazione dello stato. Nello stato l’individuo esce da una concezione soggettiva
del bene. Lo stato incarna ciò che è oggettivamente buono. Ultimo cronologicamente è
PRIMO ONTOLOGICAMENTE =sotto il profilo dell’essere come tale). Il tutto precede
le parti. Solo lo stato dà senso alle altre comunità, solo lo stato è autosufficiente.
(=concezione finalistica e teleologica)
Ci sono diversi tipi di comando (arké) a seconda dei tipi di koinonia
1. despotiké = dispotico. E’quello del marito sulla moglie. La donna è per natura inferiore
all’uomo. E’il dominio sullo schiavo, asservito ai bisogni del padrone. Strumento
animato. Per Aristotele esistono gli schiavi per natura. Sono i barbari. “Quindi quelli che
differiscono tra loro quanto l’anima dal corpo (devono essere subordinati) o l’uomo dalla
bestia, costoro sono per natura schiavi (…) in effetti è schiavo per natura chi può
appartenere a un altro e chi in tutto partecipa di ragione in quanto può apprenderla, ma
non averla” Politica I 5, 1254, 15 ss. La subordinazione è la stessa delle varie parti
dell’anima: una è abituata ad obbedire, l’altra a comandare.
2. basiliké = è il comando che il padre esercita sui figli. Finalizzato al bene dei figli.
3. politike : il tipo di comando che si esercita sui liberi ed uguali. Il problema della politica:
chi sono gli uguali?
Caratteristiche del dominio politico:
tempo: si obbedisce e/o si comanda a turno;
è basato sulla peitho, il convincimento. Il logos (di cui la donna è meno dotata). Le
spetta tacere (p.129). La natura del dominio politico implica il problema della
stabilità politica (p.157; p.199) (tutte le parti della città devono essere contente). Il
rapporto con l’unità platonica.
Abbiamo diverse tipologie di città, a seconda delle componenti. E dei modelli di costituzione.
Definizione di cittadino (p. 229, p. 233); e di città (p. 239). Il cittadino è colui che partecipa ai
tribunali e alle magistrature; colui che prende parte all’amministrazione della giustizia e fa parte
dell’assemblea che legifera sulla città. Anche gli uomini liberi, che non hanno il tempo di
partecipare alle magistrature e alle assemblee non sono veramente cittadini. Tutti questi – come gli
schiavi – sono mezzi che soddisfano i bisogni dei cittadini. La libertà è quella del cittadino che
partecipa alle magistrature della città.
a. Democrazia/libertà (p. 245) E’ il dominio dei poveri (che di solito sono anche più
numerosi).
i. Dominata dal principio di uguaglianza esteso a tutti: non è necessaria
ricchezza per accedere alle magistrature.
ii. Cariche a tempo (p. 245, 247) turno 256-7; prevale il sistema del
sorteggio, così tutti possono accedere alle magistrature (se hanno fortuna)
iii. Educazione e controllo del desiderio (p.174-5), che tendenzialmente non
ha limiti.
b. oligarchia/ricchezza,
i. le cariche sono a pagamento (p. 217)
c. aristocrazia/nobiltà virtù (p.215)
i. assenza di mercede ovvero di compenso, assenza di sorteggio. Le elezioni
sono tipiche dell’aristocrazia, perché vengono selezionati i migliori (p.
215);
ii. comandano quelli che sanno farlo nel modo migliore (p.217)
Relativamente alla giustizia: esiste in ciascuna costituzione, ovvero forma politica dello stato.
(definizione. IV 11, 1295 a 2). CIASCUNA CITTA’ESPRIME UNA QUALCHE FORMA DI
GIUSTIZIA. I CITTADINI CHE SEGUONO LE LEGGI SONO GIUSTI. MA POSSONO
ANCHE NON ESSERE UOMINI GIUSTI, SE LE LEGGI DELLA CITTA’ NON SONO
SECONDO VERA GIUSTIZIA. (SITUAZIONE IN CUI L’UOMO GIUSTO COINCIDE CON IL
CITTADINO GIUSTO)
Le città si trasformano: il buon politico governa il cambiamento e capisce prima che succederà.
Ogni componente della città deve “stare bene”: deve avere, quindi, un minimo di benessere
materiale, un minimo di riconoscimento sociale (partecipare alle cariche), un minimo di
considerazione. = coesione e amicizia politica. Sull’amicizia si fonda la VERA UNITA’
POLITICA, non nell’unità immaginata da Platone.
La domanda della giustizia si tramuta in quella della stabilità: nel modo come le forme si
trasformano e cambiano le forme della giustizia (distribuzione di onori e di cariche). Sono presi in
considerazione anche vari “stati d’animo” relativi alla collocazione sociale – violenza criminalità
negli orgogliosi/ricchi/potenti – e pusillanimità, schiavitù nei poveri. Ciò crea instabilità. Per aver la
migliore forma di giustizia occorre trovare il regime più equilibrato – dove ci sia prevalenza del
ceto medio, perché:
1. I membri del ceto medio sono pronti ad obbedire come anche a comandare
2. Nel ceto medio non ci sono fazioni (IV, 1296 a 10
3. tra liberi che NON INVIDIANO (il potere che non hanno, come il popolo invidia chi
comanda) NE’ DISPREZZANO (chi non ha il potere, come l’oligarchia che disprezza il
popolo che non ha il potere) C’E’ CONCORDIA E AMICIZIA POLITICA. (Politica
1295 b 20. )
Questa amicizia politica diventa la precondizione alla giustizia.
6. Stato e forme E LA POLIS IDEALE.
Lo stato può stabilirsi secondo diverse costituzioni: “La costituzione è la struttura che dà ordine alla
Città, stabilendo il funzionamento di tutte le cariche e soprattutto dell’autorità sovrana” (Pol. L 5,
1278) Le costituzioni sono tante quanto le forme di governo.
a. uno: monarchia/tirannide
b. pochi:aristocrazia/oligarchia
c. molti: politia/democrazia.
Le costituzioni rette sono quelle in cui i governanti governano per l’interesse collettivo, quelle non
rette sono quelle governate da un interesse privato. Quale è la migliore?
La migliore forma di governo è quella in cui viene perseguito il bene comune. Se si trovasse un
uomo eccellete, evidentemente sarebbe la monarchia oppure l’aristocrazia; ma siccome è più
probabile che queste élite degenerino, la forma migliore è la politia. Molti uomini sono capaci di
comandare e di essere comandati secondo la legge.
LA POLITIA E’UNA VIA DI MEZZO TRA LA OLIGARCHIA E LA DEMOCRAZIA – una
democrazia temperata con l’oligarchia. Governa una moltitudine agiata capace di servire anche
l’esercito ed eccellente nella virtù guerriera.
La politia tempera i difetti e assume i pregi delle due forme pure. E’ la forma della classe “media” e
come tale garantisce più stabilità. = ed anche maggiore giustizia. Inoltre seleziona i migliori.
(aristocrazia)
NELLO STATO IDEALE IL BUON CITTADINO COINCIDE CON IL BUON UOMO
Parallelismo tra uomo e stato:
“(…)d’altronde il coraggio, la giustizia, la prudenza e la saggezza d’uno stato hanno la stessa forza
e la stessa natura di quello che deve avere un uomo per essere detto valoroso e giusto e prudente e
saggio” Politica VII (H) 13
Lo stato ideale è cercato in base a parametri morali ed educativi.
Si è visto come A. distingua i beni esteriori, i beni corporei e i beni spirituali. La città deve
finalizzarsi all’acquisto di questi ultimi, che soli portano alla felicità. Polemizza contro costituzioni
volte al dominio esterno e alla conquista “a Sparta e Creta l’educazione e l’intero corpo delle leggi è
ordinato, più o meno, in vista della guerra” VII 2, 1324, 10
Il dominio viene criticato: tanto come fine della città quanto come fine dell’individuo: “non è legale
dominare, non solo secondo giustizia, ma anche contro giustizia..” (si tratta di un dominio che è
dispotismo)- E’il dominio che caratterizza il rapporto di schiavitù.
“il comando è di due specie, l’uno in vista di chi comanda, l’altro in vista di chi è comandato: nel
primo caso diciamo che si ha il comando del padrone, nel secondo quello che conviene ai liberi”
VII, 14, 1333 4-7.
La felicità massima è data dai beni dell’intelletto. Ma anche “la felicità è attività” -Politica VII 3,
1325, a, 30 – “e le azioni degli uomini giusti e temperanti riescono a molti e nobili risultati.”
= non ci può essere felicità nell’attività solo per l’attività:
”su tali basi si potrebbe forse supporre che il potere supremo sia la cosa migliore di tutte, perché in
tal modo si avrebbe la possibilità di compiere moltissime e nobilissime azioni.” (VII, 3 1325 a-b).
Eppure Aristotele introduce un criterio qualitativo (una sorta di riconoscimento di superioritàovvero non è il potere di per sé che definisce la vita activa):
“Perché non è possibile che siano nobili le azioni di chi non abbia tanta superiorità quanta è quella
dell’uomo rispetto alla donna, o del padre rispetto ai figli, o del padrone rispetto ai servi: quindi il
trasgressore non potrà mai più in seguito riparare nella stessa misura il fallo che ha commesso
trasgredendo la virtù” (VII, 31325 b 5)
“uomini uguali devono avere a turno quel che è nobile e giusto, perché questo risponde a un criterio
di parità e uguaglianza, mentre è contro natura che uomini pari abbiano ciò che non è pari e uomini
uguali quel che non è uguale: e niente di quel che è contro natura è bello” VII, 3, 1325 b 5-10)
i pensieri devono dirigere le azioni = modello dello stato ideale “l’organizzazione dello stato deve
seguire i nostri voti”(VII, 3, 1325 b, 37)
Ci sono delle condizioni ideali.
1. Popolazione ideale: né troppo esigua né troppo numerosa, ma in giusta misura. Quella
troppo numerosa sarà ingovernabile e quella troppo esigua non autosufficiente. I cittadini
devono potersi conoscere l’un l’altro. = amicizia politica = “scelta deliberata di vivere in
comune” Politica III, 9, 1280, 40.
2. Territorio = deve avere caratteristiche analoghe. Il territorio corrisponde alle diverse
costituzioni: un territorio piano va bene per una democrazia, un acropoli per una
aristocrazia. Il territorio deve essere ben difendibile, in posizione favorevole verso il
retroterra e verso il mare.
3. Le qualità del cittadino sono quelle che presentano i greci: VII 7, 1327. Occorre notare
come siano contemplati i due elementi, intelligenza e cuore – virtù dianoetiche e etiche.
L’importanza dell’elemento cuore è massima: “E il desiderio di dominio e di libertà
deriva in tutti da questa facoltà, perché il cuore è elemento dominatore e invincibile”.
VII, 7-8,1328,6 E’il giusto mezzo.
4. Nella città ideale devono esserci agricoltori, artigiani, commercianti, guerrieri e
“consiglieri”, ovvero quelli che decidono cosa sia utile alla comunità e cosa sia giusto.
Ci son poi i sacerdoti. Queste ultime sono le funzioni principali. Il cittadino libero deve
occuparsi della vita pubblica (la città è parassitaria). La comunità ideale è quella di
“persone uguali, il cui fine è la migliore vita possibile” VII, 8, 1328, 35. “E poiché il
bene migliore è la felicità e la felicità è realizzazione e pratica perfetta di virtù e poiché
succede che taluni possono partecipare di essa, altri poco o niente, risulta chiaro che è
questo il motivo per cui esistono forme e varietà di stati e più tipi di costituzioni.” 1328,
40. Qui prende in esame i cittadini “giusti assolutamente” e non solo secondo un certo
rapporto (III, 9, 1280). Uguaglianza tra i cittadini migliori: il problema delle funzioni
viene risolto con un criterio di rotazione. VII, 9, 1329.
5. La felicità della città dipende dalla virtù, ma la virtù vive in ciascun cittadino, la città
può essere felice nella misura in cui sono virtuosi i cittadini. Questo avviene quando si
realizza l’ideale stabilito dall’etica: il corpo viva in funzione dell’anima, le parti inferiori
dell’anima in funzione di quelle superiori, che si realizzi l’ideale della pura
contemplazione. Questa è la felicità: Politica VII, 13, 1332, 9: “noi diciamo che è
perfetta attività e pratica di virtù e non condizionatamente, ma assolutamente” (energeia)