Prof. Diego Manetti Filosofia Aristotele – L’ETICA L’opera di riferimento è l’Etica Nicomachea Alle origini della filosofia pratica Scienze teoretiche : hanno un oggetto necessario indagato da quella parte dell’anima razionale detta scientifica (conosce le realtà necessarie) Scienze pratiche: hanno un oggetto possibile (che dipende dall’uomo e dalla sua azione e decisione) indagato dalla parte dell’anima razionale detta calcolatrice (conosce le realtà possibili) Aristotele fonda la filosofia pratica come disciplina autonoma In Platone la dimensione etica si lega all’unico discorso sul Bene che è insieme teorico (Idea suprema del Bene), politico (i filosofi/governanti devono assicurare il Bene della Polis), religioso (contemplare il Sommo Bene rende l’uomo simile agli dei) invece in Aristotele il discorso teoretico è ben distinto da quello pratico Metodo della ricerca morale La praxis ( = azione) umana è libera e non può portare a un sapere rigoroso, ma semplicemente approssimativo. Il metodo della ricerca morale sarà simile a quello induttivo. Si tratta infatti di raggruppare le diverse azioni particolari in base alla somiglianza, partendo dall’analisi dei ‘fatti’, con quella concretezza tipica del ‘fare scienza’ di Aristotele. Per giudicare i costumi, si parte dall’analisi degli éndoxa, ovvero delle opinioni autorevoli di saggi e filosofi (è probabile che ciò che riscuote maggior consenso sia anche corretto). Carattere approssimativo del sapere etico: non è dunque insegnabile come la matematica o altre discipline teoretiche, ma solo tramite lunga e accurata educazione sorretta da esempi e buoni consigli. L’etica è dunque un discorso che si rivolge all’uomo in cui sia radicata la ‘morale del senso comune’, unitamente a senso di appartenenza alla comunità e condivisione die suoi valori. Critica all’etica platonica 1. Il Sommo Bene di Platone è talmente trascendente ( = superiore) rispetto all’uomo, che non può che coincidere col Primo Motore Immobile: separato dal mondo umano, non può avere la normatività etico – politica che Platone desiderava. Aristotele elimina tale trascendenza e riporta l’etica a ‘discorso sui fatti’: ognuno tende alla felicità come proprio sommo bene. 2. L’etica di A. è descrittiva (descrive ciò cui l’uomo tende: è un’etica del fine, cioè teleologica/eudaimonistica), non più prescrittiva (prescrive ciò che l’uomo deve fare: etica platonica del dovere) 3. Soggetto morale per A. non è la sola anima (come credeva Platone) ma l’uomo come insieme di anima e corpo 4. Non vi sono premi e castighi nell’aldilà perché l’esistenza umana è racchiusa tra nascita e morte. Prof. Diego Manetti Filosofia Felicità Aristotele, osservando i modi di vita dell’uomo, ricava tre modi di vivere e di intendere la felicità: Vita edonistica: la felicità coincide con il piacere (corporeo). Una vita simile renderebbe l’uomo simile alla bestia e lo condannerebbe a oscillare tra un desiderio (mancanza, dolore) e il suo appagamento (momentaneo) Vita politica: la felicità coincide con onore e prestigio conseguiti nella vita pubblica. Una vita simile condannerebbe l’uomo a una felicità precaria e dipendente dagli altri. Vita teoretica: la felicità coincide con la conoscenza della verità. In questo caso, si tratta dell’unica posizione valida. Infatti: 1. i beni si distinguono in desiderabili per sé e beni desiderabili in vista dei primi; 2. la felicità, Bene Supremo, deve consistere in un bene desiderabile per sé; 3. per l’uomo massimamente desiderabile è ciò che o realizza pienamente in quanto uomo; 4. ma l’attività umana per eccellenza è quella razionale (specifica dell’uomo in quanto animale razionale), che è compiuta al massimo grado quando è sorretta da virtù, per cui Il bene umano consiste nella attività razionale dell’anima secondo virtù, e se le virtù sono molteplici, secondo la più eccellente e la più perfetta. Tale felicità non è raggiungibile dall’individuo in solitudine ma abbisogna di condizioni favorevoli (amici, ricchezza e potere, fortuna, buona famiglia) Virtù etiche e dianoetiche VIRTU’ ETICHE Riguardano l’anima sensitiva; in essa nascono le passioni, che sono pre-etiche: non sono buone o cattive in quanto semplici reazioni spontanee in certe situazioni (es. moto di spavento per un pericolo). Si imparano non con l’insegnamento teorico (cfr. sopra) ma con esempi e compiendo gesta virtuose (si diventa giusti facendo azioni giuste, …): ethos significa infatti abitudine, costume. La virtù etica consiste essenzialmente nello scegliere il giusto mezzo tra due vizi opposti (es.: il coraggio è virtù rispetto a viltà e temerarietà). Particolare rilievo riceve l’analisi della giustizia, virtù etica per eccellenza in quanto determina il giusto mezzo, distinta in g. distributiva (rapporti commerciali) e g. correttiva (diritto civile e penale). VIRTU’ DIANOETICHE Riguardano l’anima razionale, che presiede l’attività teoretica (oggetti necessari) e l’attività pratica (oggetti possibili). Diànoia significa ragione. Le virtù dianoetiche fondamentali sono saggezza e sapienza. La saggezza è una ‘disposizione, accompagnata da ragionamento, vera, che dirige l’agire nell’ambito dei beni umani’. La sapienza è una ‘disposizione che dirige la dimostrazione’, cioè un’attività conoscitiva rivolta a ciò che è eterno e necessario. In questo senso, è maggiore della saggezza che ha oggetti possibili (‘beni umani’). La sapienza è dunque la virtù più eccellente, chiamata ad accompagnare l’esercizio dell’attività razionale umana e a costituire dunque la vera felicità per l’uomo. La vita del filosofo, capace di garantire piaceri stabili e puri, rende l’uomo simile a un dio. Con ciò, si intravede la possibilità di un contrasto tra vita teoretica e vita attiva, in Platone sintetizzate invece nell’ideale dello ‘schiavo liberato’ che torna nella caverna per unire la pratica della politica all’esercizio della filosofia.