Roberto Micheli Per un espressionismo astratto oggi di Arturo Carlo Quintavalle Quella di Micheli non è certo l’astrazione geometrica, diciamo de Stijl o Bauhaus, non è certo l’astrazione delle avanguardie sovietiche o quella della Scuola di Ulm oppure della New Bauhaus di Moholy Nagy a Chicago, Micheli punta su un territorio differente dove le scelte di immagine nascono da una attenzione verso il dipinto come uno spazio possibile, uno schermo vero e proprio, dunque un luogo di proiezione in termini psicoanalitici. Proviamo a utilizzare le parole di Micheli che sono davvero illuminanti nel descrivere il suo processo creativo: “Mi pongo di fronte al supporto (carta, tela e tavola, etc.) senza premeditazione, privo di progetto, mi lascio trascinare dal gesto, per questo prediligo le grandi superfici… il gesto va oltre l’apertura delle braccia, è un fatto mentale”. Dunque la superficie da dipingere è come un luogo di fissazione delle pulsioni del subconscio e di tensione nei confronti dell’inconscio. Certo, lo stesso Micheli riconosce che la sua strada si colloca all’interno della tradizione dell’Espressionismo Astratto americano, De Kooning e Motherwell, Guston e Kline, e magari anche Arshile Gorky . Precisa Micheli: “La parte più impegnativa del lavoro sta nel non farsi condizionare dalla memoria accademica; la sovrapposizione dei colori non rispetta le regole dei complementari, anzi le nega; il lavoro si sviluppa attento a rendere figura e fondo tutta una trama, il lavoro è riuscito quando il soggetto è tutto uno col fondo”.