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TAVOLA ROTONDA FEDERFARMA
DALLA FRAMMENTAZIONE ALL’UNITARIETÀ: PROPOSTE PER
MIGLIORARE L’ACCESSO AI FARMACI INNOVATIVI
ROMA, 13 NOVEMBRE 2009
INTERVENTO INTRODUTTIVO
DR.SSA ANNAROSA RACCA, PRESIDENTE FEDERFARMA
Oggi, i farmaci più importanti e innovativi, destinati alla cure di patologie di forte
impatto sociale e sanitario, vengono distribuiti ai cittadini con modalità estremamente
diversificate sul territorio, con differenze tra Regione e Regione e anche tra
diverse ASL della stessa Regione.
Vediamo alcune DIAPOSITIVE che ci mostrano esempi significativi di un’Italia a
macchia di leopardo:
1. I farmaci a base del principio attivo Bicalutamide, per la cura del carcinoma
della prostata, vengono distribuiti per la quasi totalità in farmacia nel Lazio,
in Puglia, in Lombardia e in Basilicata, passano quasi totalmente per le ASL in
Abruzzo e Molise;
2. i farmaci a base di Aripiprazolo, per il trattamento della schizofrenia, sono
disponibili in farmacia per la quasi totalità in Liguria, Lazio, Abruzzo e
Molise, mentre in Campania per oltre il 50% sono erogati dalle ASL;
3. le epoietine, farmaci per la cura di anemie gravi, sono distribuite quasi
totalmente in farmacia in Friuli-Venezia Giulia, ma passano nelle ASL al 90%
in Emilia-Romagna, Campania, Piemonte e Val d’Aosta.
Analoghe considerazioni si possono fare se, anziché i farmaci, prendiamo in esame le
patologie:
4. i malati di Alzheimer, o piuttosto i loro familiari, trovano in farmacia quasi
tutti i medicinali per il trattamento di questa grave patologia in Puglia, mentre
in Emilia-Romagna e Campania, la metà di questi medicinali è erogato dalle
ASL;
5. i pazienti affetti da sindrome coronarica, una patologia cardiovascolare in
forte diffusione, possono curarsi quasi completamente in farmacia in Piemonte,
Val d’Aosta e Basilicata, mentre in Abruzzo e Molise devono recarsi alla ASL,
dove vieni distribuito l’80% dei farmaci necessari;
6. le persone che hanno subito un trapianto di organo, nella Regione
Lombardia trovano praticamente tutti i farmaci immunosoppressori in
farmacia, mentre in Piemonte devono andare, nel 93% dei casi, alla ASL.
Come si può capire già da questa breve illustrazione di una ricerca più ampia che
trovate in cartellina e che è stata realizzata con la collaborazione di Promofarma e di
IMS – che ringrazio - stiamo parlando di medicinali che costituiscono, per le loro
caratteristiche e per il loro ampio utilizzo, il cuore dell’assistenza farmaceutica.
Sono i medicinali inseriti nel cosiddetto PHT, il prontuario della continuità
assistenziale ospedale-territorio, cioè – come si legge nella determinazione del 29
ottobre 2004 dell’allora CUF (oggi sostituita dall’AIFA) - l’elenco contenente i
farmaci che dovrebbero garantire una continuità assistenziale tra l’ospedale (area
intensiva - H) e il territorio (area della cronicità - T); uno strumento elastico che
dovrebbe essere adeguato alle esigenze del paziente, affinché possa essere seguito,
dopo un ricovero ospedaliero, e affidato progressivamente all’assistenza territoriale.
“Il PHT – si legge nella delibera CUF – non scaturisce prioritariamente dalla
necessità di un contenimento della spesa, ma dalla esigenza di adeguamento delle
strategie assistenziali ai processi di trasformazione in sanità, senza destrutturare
l’attuale sistema distributivo intermedio e finale.”
Inoltre - stabiliva sempre la CUF - “la lista dei farmaci inclusi nel PHT deve essere
sottoposta a revisione periodica per garantirne l’aggiornamento quando vengono a
mancare le motivazione di inclusione del farmaco nel PHT”: quindi si sarebbe dovuto
trattare di un elenco flessibile in entrata e in uscita, che avrebbe dovuto costituire una
fase di passaggio e di monitoraggio del farmaco in fase di primo utilizzo sul
territorio, per farlo diventare un farmaco consolidato e sicuro, disponibile
normalmente in farmacia.
Questi presupposti sono stati smentiti dalla realtà.
Il crescente ricorso alla distribuzione diretta di medicinali da parte delle strutture
pubbliche sta avendo pesanti conseguenze negative sul sistema delle farmacie, perché
è dettato più da considerazioni di carattere economico che sanitario: infatti le ASL
erogano sempre più farmaci innovativi e costosi che vengono quindi esclusi dal ciclo
distributivo delle farmacie.
Vediamo con maggiore dettaglio cosa sta succedendo sul territorio.
I farmaci del PHT possono essere:
1) acquistati dalle ASL e distribuiti direttamente ai cittadini dalle strutture sanitarie
pubbliche (ospedali, ambulatori, distretti);
2) acquistati dalle ASL e distribuiti dalle farmacie per conto delle ASL stesse (con un
compenso concordato e diverso da quello previsto per i farmaci erogati in regime
di convenzione con il SSN), sulla base di specifici accordi a livello regionale
ovvero di singola ASL;
3) acquistati e distribuiti dalle farmacie in regime di convenzione con il SSN.
Questa diversificazione nel modello di erogazione dei medicinali determina una serie
di conseguenze negative per i cittadini e per l’intero sistema, in quanto:
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a) incrina di fatto i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), perché rende
fortemente disomogeneo sul territorio l’accesso al farmaco che è condizionato da
scelte prevalentemente economiche delle Regioni (se non addirittura delle singole
ASL). In alcune zone i cittadini trovano il farmaco di cui hanno bisogno nella
farmacia sotto casa, in altre, con gravi disagi ed elevati costi sociali, devono
percorrere svariati chilometri per ritirare il medicinale presso le strutture
pubbliche, in locali spesso destinati ad attività interne, non attrezzati
all’accoglienza dei pazienti e aperti poche ore alla settimana;
b) la distribuzione diretta, in particolare, priva i medici di medicina generale e le
stesse farmacie della possibilità di avere un quadro farmacologico completo
dei propri pazienti, poiché vengono estromessi dal processo prescrittivo e
distributivo dei farmaci innovativi. La conseguenza è uno scadimento della qualità
dell’assistenza garantita ai cittadini. La frammentazione dell’assistenza
farmaceutica tra diversi soggetti che non comunicano tra loro (specialistaASL, da una parte, medico di medicina generale-farmacia, dall’altra) si traduce,
per il paziente, in uno spezzettamento della cura in compartimenti stagni, con una
perdita di efficacia delle terapie e, potenzialmente, con gravi danni per la salute;
c) la tendenza a dirottare la distribuzione di medicinali verso le ASL è in contrasto
con l’indirizzo generale di trasferire la cronicità sul territorio, per lasciare
all’ospedale la cura delle patologie acute;
d) il fatto che i farmaci innovativi sfuggano completamente a medico di medicina
generale e farmacista determina conseguenze negative anche sul fronte
culturale; questi professionisti, pur essendo obbligati a frequentare corsi ECM per
essere sempre aggiornati sulle novità, non avrebbero più alcuna conoscenza diretta
delle nuove terapie disponibili;
e) la distribuzione diretta, inoltre, nella maggior parte dei casi non consente alla
pubblica amministrazione di disporre di informazioni tempestive, certe e
verificabili sulla tipologia dei farmaci erogati ai cittadini dalle ASL e sui relativi
costi, a differenza di quanto avviene per i farmaci distribuiti dalle farmacie. Le
farmacie, infatti, forniscono da anni, mensilmente, alle istituzioni tutti i dati
analitici (qualità, quantità, prezzo, medico prescrittore, farmacia erogante,
paziente) su ciascuno dei farmaci dispensati in regime di SSN, senza alcun onere
per lo Stato.
Sui farmaci acquistati dalle ASL ed erogati ai cittadini non abbiamo informazioni
altrettanto dettagliate né di tipo quantitativo, né qualitativo, né economico: è
praticamente impossibile tracciare il percorso di una confezione acquistata da una
ASL per comprendere quale utilizzo ne viene fatto (somministrazione ai pazienti
ricoverati, consegna alla dimissione, distribuzione diretta, smaltimento dopo la
scadenza).
La conseguenza di questa differenza nel livello di trasparenza è che la spesa
farmaceutica territoriale è sotto controllo e rispetta il tetto di spesa (sia nel 2008
che nel 2009, nonostante la riduzione del tetto stesso al 13,7%); la spesa
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farmaceutica ospedaliera, invece, è del tutto fuori controllo, con uno sforamento di
1,6 miliardi di euro nel 2008, con una conferma di tale trend nel 2009;
f) il cittadino riceve un servizio di livello nettamente inferiore, in quanto le
farmacie rischiano progressivamente di erogare solo farmaci non innovativi, come
i generici, e di essere costrette a snaturare il proprio ruolo per sopperire alla
compressione imposta all’erogazione di farmaci a carico del SSN. La farmacia è
un presidio sanitario che opera in un regime di concessione da parte della Pubblica
Amministrazione e, quindi, dovrebbe essere interesse della Pubblica
Amministrazione evitare il depauperamento di questa struttura, con l’obiettivo di
garantire non solo l’erogazione dei farmaci, ma anche nuovi servizi alla
popolazione;
g) nelle Regioni dove è previsto un ticket sui medicinali a carico del SSN, tale quota
di partecipazione viene pagata unicamente sui farmaci dispensati dalle farmacie e
non su quelli erogati direttamente dalle strutture pubbliche e ciò desta qualche
perplessità.
Riteniamo che una soluzione a questi problemi possa essere ricercata in occasione del
rinnovo della convenzione farmaceutica nazionale.
Nei giorni scorsi è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo sui
nuovi servizi che potranno essere offerti dalle farmacie.
Nel decreto legislativo, che demanda alla convenzione farmaceutica la definizione
delle modalità attuative dei nuovi servizi, è stata inserita anche la norma che chiarisce
definitivamente che l’organismo deputato a trattare il rinnovo della convenzione con
le farmacie è la SISAC. In questo modo viene eliminato qualsiasi ostacolo all’avvio
del confronto per rinnovare un accordo scaduto ormai da troppi anni.
In quella sede vogliamo individuare con le Regioni una soluzione che consenta di
riportare a uniformità il sistema, riconducendo in farmacia i farmaci innovativi,
perché senza innovazione qualsiasi azienda o impresa professionale è destinata a
esaurire la propria funzione.
L’obiettivo è quello di ristabilire il ruolo centrale del paziente e del territorio
nell’assistenza farmaceutica, attraverso l’omogeneità nel livello di assistenza fornita
al cittadino e attraverso la valorizzazione della rete capillare delle farmacie.
Questo risultato si può raggiungere concordando modalità ed elenchi di farmaci
omogenei sul territorio per la distribuzione tramite le farmacie dei medicinali
acquistati dalle ASL.
È, inoltre, necessario individuare, per l’erogazione da parte delle farmacie dei
medicinali innovativi acquistati dalle ASL, una diversa remunerazione delle
farmacie rispetto a quella prevista per i farmaci erogati nel normale regime
convenzionale. Tale remunerazione deve essere omogenea e deve garantire
economicità al sistema.
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La differenziazione nella remunerazione sarebbe giustificata anche dal fatto che, in
questo caso, le farmacie non devono anticipare i costi di acquisto del farmaco e non
sostengono rischi di impresa (per esempio, farmaci scaduti o non più vendibili).
In questo contesto va inserita anche la questione della remunerazione per
l’attivazione e l’erogazione dei nuovi servizi che costituiscono sicuramente
un’opportunità per i cittadini e un risparmio per la pubblica amministrazione, ma
richiedono alla farmacia rilevanti investimenti in apparecchiature, personale, spazi.
Un esempio lampante è quello della prenotazione di visite ed esami in farmacia
(CUP), con possibilità di pagamento del ticket e ritiro del referto sempre in farmacia.
Con le Regioni, infatti, intendiamo concordare modalità omogenee sull’intero
territorio nazionale per l’erogazione dei nuovi servizi in farmacia: mi riferisco
all’assistenza domiciliare, alla presa in carico di pazienti residenti nel territorio di
riferimento della farmacia, alla prevenzione tramite analisi di prima istanza in
farmacia.
Il nostro obiettivo è quello di fare in modo che l’opportunità di ottenere servizi di
grande utilità sociale in farmacia sia garantita a tutti i cittadini italiani.
Ricordo, peraltro, che nel decreto legislativo è già prevista la possibilità di una
distribuzione di medicinali destinati ai pazienti assistiti a domicilio tramite le
farmacie (ADI). Il tema dei nuovi servizi, quello dell’uniformità dell’assistenza
farmaceutica e quello della distribuzione dei farmaci innovativi sono, quindi,
strettamente correlati tra loro. Lo strumento più efficace per raggiungere questo
obiettivo è il confronto tra tutti i soggetti interessati, nell’ambito di un tavolo
negoziale.
Spero che le Regioni vogliano condividere questo percorso e vogliano confermare la
disponibilità al dialogo su questi temi, come ripetutamente preannunciato
dall’assessore Rossi.
Confido anche che il Governo, e soprattutto il nuovo Ministero della salute,
rappresentato qui oggi dal vice-ministro Fazio, con l’attenta vigilanza del Ministero
dell’economia, e l’AIFA vogliano dare il proprio sostegno all’individuazione di
soluzioni innovative che consentano di dare risposte chiare ed efficaci a tutti i
cittadini.
Perché se è vero che la competenza su molti dei temi che ho trattato è in mano alle
Regioni, è anche vero che l’assistenza farmaceutica rientra a pieno titolo nei Livelli
Essenziali di Assistenza, definiti a livello nazionale.
Sono convinta che i Livelli di Assistenza non si debbano limitare a un semplice
elenco di farmaci da garantire in qualche modo ai cittadini, ma debbano indicare
anche modalità di accesso omogenee che assicurino realmente a tutti i cittadini
italiani le stesse opportunità di cura.
Vi ringrazio.
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