MICROECONOMIA
Il monopolio
Enrico Saltari
Università di Roma “La Sapienza”
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• Analizzeremo ora il monopolio, ovvero quella forma di mercato che si caratterizza
per l’esistenza di una sola impresa che offre un determinato bene e per l’esistenza di
barriere all’entrata che impediscono l’ingresso di altre imprese. Questo per quanto
riguarda il lato dell’offerta. Quanto al lato della domanda, supporremo che sia caratterizzato da concorrenza perfetta, cioè dall’esistenza di molti consumatori che per
la dimensione irrilevante dei loro acquisti non sono in grado di influire sul prezzo di
mercato.
• Al solito, l’obiettivo dell’impresa anche in monopolio è di massimizzare il profitto. Nel
perseguire quest’obiettivo il monopolista può fissare il prezzo o la quantità. Non può
però fissare tutti e due. Il motivo è che una volta fissato per esempio il prezzo saranno
poi i consumatori a decidere l’ammontare da acquistare. Così pure se il monopolista
fissa la quantità, la domanda dei consumatori stabilirà di conseguenza a quale prezzo
sono disposti ad acquistare quella quantità. Insomma, il monopolista ha un vincolo
al suo agire che è fissato dalla curva di domanda. La curva di domanda stabilisce
infatti un nesso tra prezzo che i consumatori sono disposti a pagare e quantità che
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sono disposti ad acquistare. Per semplicità analitica, supporremo che il monopolista
decida la quantità da immettere sul mercato. La curva di domanda stabilirà poi a
quale prezzo questa quantità verrà acquista.
• La massimizzazione del profitto è come sempre caratterizzata dall’uguaglianza tra
costo marginale e ricavo marginale
RMa = CMa
Come sappiamo, il ricavo marginale è definito come la variazione del ricavo derivante
da una unità aggiuntiva venduta, RMa = ∆RT
∆Q . La variazione del ricavo totale ∆RT
può essere scritta così
∆RT = P ∆Q Ã
+ Q∆P = !
Q∆P
= P ∆Q 1 +
P ∆Q
µ
¶
1
= P ∆Q 1 −
E
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La prima riga ci dice che quando il monopolista immette sul mercato una maggiore
quantità ∆Q il suo ricavo per un verso aumenta (P ∆Q) ma per un altro diminuisce
perché la maggiore quantità può essere assorbita solo ad un prezzo più basso (Q∆P ).
Come vediamo dall’ultima riga, questa stessa relazione può essere espressa in termini
di elasticità della domanda E. Si noti che se vogliamo che ∆RT sia positivo, occorre
che E > 1 (perché?).
• Dall’ultima riga otteniamo anche
µ
¶
µ
1
1
∆RT = P ∆Q 1 −
→ RM a = P 1 −
E
E
Possiamo perciò scrivere la condizione di massimo profitto come
µ
¶
¶
1
= CM a
P 1−
E
Da questa relazione discendono due modi importanti di guardare al potere di mercato.
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1. Possiamo caratterizzare le forme di mercato, in questo caso il monopolio, in termini del
ricarico o markup che l’impresa è in grado di imporre sul costo marginale. Riscriviamo
la precedente relazione come
1
E
=
CM
a
1
E−1
1−E
µ
¶
1
= CM a (1 + mk)
= CM a 1 +
E−1
Poiché E > 1, la frazione a destra del segno di uguale nella prima riga è maggiore
dell’unità. Vale a dire, il prezzo è fissato aggiungendo un margine al costo marginale,
margine che dipende dall’elasticità. Nell’ultima riga si vede che questo margine è
1
uguale a mk =
. Notare che se siamo in concorrenza perfetta, dove E = ∞,
E−1
prezzo e costo marginale sono uguali. A mano a mano che aumenta il potere di
mercato, il ricarico aumenta, che è quanto dire che il valore dell’elasticità diminuisce.
Cioè, se la concorrenza diminuisce la domanda è sempre meno elastica perché vi sono
meno sostituti, e questo consente un maggior potere di mercato.
P = CM a
5
2. Un altro modo per caratterizzare la forma di mercato è attraverso il grado di monopolio
1 =μ
μ. Riscriviamo ancora la condizione di massimo profitto ponendo E
P (1 − μ) = CMa → 1 − μ =
CM a
P
P − CMa
P
Il potere di mercato aumenta quanto maggiore è la differenza tra prezzo e costo
marginale. In particolare, in concorrenza perfetta il potere di mercato è nullo, P =
CMa. Aumenta al diminuire dell’elasticità.
μ =
Esercizio
Un’impresa monopolista fronteggia una curva di domanda a elasticità costante il cui valore è pari a E = 5. Calcolate il margine che l’impresa applica al costo marginale per
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determinare il prezzo.
1 . Sostituendo, si ha mk = 1 , cioè il margine
Risposta. Il margine è dato da m = E−1
4
è pari al 25%.
• Dal lato dei costi, supporremo che i costi totali abbiano la seguente forma
CT = K + mQ
K rappresenta i costi fissi mentre m rappresenta i costi marginale. Si noti come
questa formulazione dei costi dia grande peso ai costi fissi. In effetti, questo è uno
dei modi per caratterizzare il monopolio: l’esistenza di barriere all’entrata dipende
dai rilevanti costi fissi che in molti casi è necessario sostenere all’inizio per avviare
l’impresa: si pensi a servizi come il gas o la telefonia, dove il costo delle infrastrutture
iniziali è assai rilevante. Si noti ancora come questa formulazione comporti l’esistenza
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di importanti economie di scala: quanto più la produzione cresce, tanto più il costo
medio diminuisce. Questo è evidente dalla definizione di costo medio
CM e =
CT
K
=
+m
Q
Q
• Il grafico in figura 1 illustra la posizione di massimo profitto per il monopolista con
una curva di domanda lineare.
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: Il monopolio
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Esercizio
La funzione del costo totale di un monopolista sia CT = 14.28Q + 16. La funzione di
domanda di mercato è P = 26.28 − Q. Determinate la quantità offerta dall’impresa e il
profitto corrispondente.
Risposta. La quantità offerta dal monopolista viene determinata in corrispondenza dell’uguaglianza tra ricavo marginale e costo marginale. Il primo è dato da RM a =
26.28 − 2Q mentre il secondo è CMa = 14.28. Uguagliando si ottiene un’equazione
la cui radice è Q∗ = 6. Dalla funzione di domanda si ricava che il prezzo corrispondente
è P ∗ = 20.28. Perciò, il profitto è dato da Π = RT (5) − CT (5) = 20.
10
30
20
10
0
2
4
6
8
10
12
14
16
11
Esercizio
La funzione del costo totale di un monopolista sia CT = Q3 − 8Q2 + 14.28Q + 25.
La funzione di domanda di mercato è P = 19.28 − Q. Determinate la quantità offerta
dall’impresa e il profitto corrispondente.
12
20
10
0
1.5
3
4.5
6
7.5
9
10.5
12
− 10
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Monopolio e concorrenza
• Un confronto tra i risultati prodotti dalla concorrenza e quelli del monopolio è difficile.
Se per un verso è chiaro che, a parità di condizioni, l’allocazione realizzata dalla
concorrenza è più favorevole di quella del monopolio, è anche vero che il monopolio
proprio per la concentrazione di cui è capace può realizzare economie di scala che non
sono possibili in regime di concorrenza.
• Quanto al primo punto, supponiamo per amor di argomentazione, che un intero settore
inizialmente caratterizzato dalla concorrenza divenga istantaneamente di proprietà di
una sola impresa monopolista. È chiaro che il passaggio della proprietà conduce ad
un’allocazione peggiore perché l’uguaglianza tra ricavo marginale e costo marginale
conduce ad un prezzo più alto in monopolio (si ricordi l’esistenza del markup) che
non in concorrenza.
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• D’altra parte, quando la proprietà passa di mano, la tecnologia utilizzata potrebbe
mutare passando ad impianti di maggiori dimensioni e sfruttando così economie di
scala. Questo processo potrebbe condurre a prezzi più bassi che non in concorrenza.
Occorre però sottolineare che questo argomento non prende in considerazione le cause
storiche che hanno portato all’affermarsi della concorrenza in un dato settore
Esercizio
Come prima, la funzione del costo totale del monopolista è CT = 14.28Q + 16. La
funzione di domanda di mercato è P = 26.28 − Q. Utilizzando i dati della precedente
risposta, determinate il margine applicato dal monopolista nella posizione di massimo
profitto. Determinate inoltre la quantità che verrebbe offerta in concorrenza perfetta.
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Risposta. Applicando la defizinione dell’elasticità della domanda otteniamo
dQ P
26.28 − Q
26.28
E=−
=1
=
−1
dP Q
Q
Q
che nel punto di massimo profitto Q∗ = 6 dà E = 26.28
6 − 1 = 3.38. Il margine è perciò
1 = 0.42. Si noti che questo ci da esattamente il prezzo nella situazione di
mk = E−1
massimo profitto, P = CM a (1 + mk) = 14.28 (1.42) = 20.28. Qual è perciò un altro
modo per determinare il margine?
In concorrenza, la quantità che corrisponde al massimo profitto è determinata dall’uguaglianza tra prezzo e costo marginale. Perciò, 26.28 − Q = 14.28, cioè QCON =
12.
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L’inefficienza del monopolio
• Se il confronto tra monopolio e concorrenza può dare adito a dubbi quanto alla superiorità dei risultati prodotti dall’una o dall’altra forma di mercato, è del tutto evidente
che l’allocazione prodotta dal monopolio non è in sé efficiente. Per rendersene conto,
è sufficiente osservare che in monopolio il prezzo è maggiore del costo marginale. Vi
è perciò una produzione addizionale per cui la disponibilità a pagare è maggiore del
costo che si sopporterebbe.
• Per verificare questa affermazione, guardiamo al grafico seguente in cui si continua
a supporre che i costi marginali siano costanti. L’uguaglianza tra ricavo marginale e
costo marginale conduce ad un prezzo più alto e ad una quantità più bassa di quanto
non sarebbe efficiente. La perdita sociale che così si realizza è identificata dall’area
B in figura 4.
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• Possiamo pervenire alla stessa conclusione in altro modo. Guardiamo al surplus del
consumatore. Il prezzo più alto del monopolio conduce ad una riduzione della rendita
del consumatore pari all’area A + B. Aumenta d’altra parte la rendita del produttore.
In particolare, i profitti aumentano: i ricavi totali aumentano di un’area pari a A − C
mentre i costi si riducono per l’area C. Nel complesso, i profitti aumentano quindi
di A. Sommando le due rendite, otteniamo così che nel totale esse diminuiscono di
un’area pari a A + B − A = B.
Esercizio
La funzione del costo totale del monopolista è CT = 14.28Q. La funzione di domanda
di mercato è P = 26.28 − Q. Determinate la perdita sociale che si avrebbe in questa
situazione.
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Risposta. L’area B della perdita sociale è data dal triangolo con base pari alla differenza
tra le quantità offerte in concorrenza e monopolio e altezza uguale alla differenza tra prezzo
e costo marginale,
B=
e quindi B =
(QCON − QMON ) (P − CM A)
2
(12−6)(20.28−14.28)
= 18.
2
• Una soluzione di mercato alla presenza di questa inefficienza è quella di un contratto
tra monopolista e consumatori in cui il primo si impegna a vendere al prezzo di
concorrenza (= CM a) e i secondi si tassano per garantire il profitto al monopolista.
• Notare che esiste convenienza per i consumatori a stipulare questo accordo. Essi infatti
realizzerebbero un guadagno di utilità pari all’aumento del surplus del consumatore che
otterrebbero con un prezzo uguale al costo marginale, A + B, mentre pagherebbero
un costo pari ai profitti del monopolista, l’area A.
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• Esiste però un problema di free riding alla realizzazione di questo contratto. Ogni
partecipante ha interesse a dichiararsi non interessato all’accordo, e quindi a pagare
l’indennizzo, perché sa che se all’accordo si giunge egli non potrà esserne escluso.
• L’intervento dello stato può assumere molte forme: si può fissare per legge un prezzo uguale al costo marginale, si può nazionalizzare l’impresa, si può ostacolare con
un’opportuna legislazione il formarsi di monopoli. Le prime due soluzioni corrono però
il rischio di rivelarsi inefficienti. Nei primi due casi infatti chi dirige l’impresa perde
l’incentivo derivante dalla massimizzazione del profitto. Inoltre, la valutazione dei costi è spesso assai difficile a farsi. D’altra parte, anche la legislazione antimonopolistica
può scoraggiare il formarsi di imprese di grandi dimensioni e le conseguenti economie
di scala
• Queste difficoltà possono spiegare perché molti monopoli “naturali” data la presenza
di economie di scala, soprattutto nel settore dei servizi pubblici, sono stati aperti alla
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concorrenza nel corso degli anni 80 e 90 del secolo scorso. I costi fissi derivanti dalle
grandi infrastrutture che in genere la fornitura di questi servizi (telefono, gas, acqua,
elettricità, ferrovie, ecc.) erano già stati sopportati, e la gestione dei servizi comporta
un costo assai basso che poteva essere sostenuto anche da imprese di non grandi
dimensioni. Tuttavia, i risultati ottenuti spesso fanno dubitare che la strada scelta sia
stata la migliore.
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La concorrenza monopolistica
• Questa forma di mercato si trova per così dire a metà strada tra concorrenza e
monopolio. È diversa dalla concorrenza perché ciascuna impresa in questo regime è
in grado di differenziare il proprio prodotto (nel senso che il consumatore lo considera
differente) da quello delle altre imprese. Questa differenziazione conferisce all’impresa
un potere di mercato che la avvicina al monopolio. D’altra parte, e a differenza del
monopolio, questo potere di mercato può essere eroso da altre imprese che, attratte
dalla presenza del profitto, entrano nel mercato vendendo prodotti simili anche se non
uguali. Nella concorrenza monopolistica non esistono perciò barriere all’entrata
• Questo significa che nel breve periodo la singola impresa è in grado di conseguire un
profitto in maniera analoga a quanto avviene nel monopolio. Ma nel lungo periodo
questo profitto deve essere nullo: questo avviene in conseguenza dell’entrata di nuove
imprese sul mercato che, riducendo la quota di mercato per la singola impresa, ne
annullano appunto il profitto.
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• Due osservazioni. Come nel monopolio, l’allocazione che si realizza in concorrenza
monopolistica è inefficiente perché il prezzo è maggiore del costo marginale. In secondo luogo, il fatto che nel lungo periodo l’impresa si trovi nel tratto decrescente
della curva del costo medio e non nel suo punto di minimo implica che l’impresa ha
capacità produttiva in eccesso non sfruttando a pieno le economie di scala.
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