introduzione - Istituto Comprensivo Italo Svevo

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INTRODUZIONE
La presente relazione (intende) riassumere) riassume una parte del percorso di
formazione (seguito nell’ambito della frequenza) al Master di I livello in Psicopedagogia e
Psicopatologia per i disturbi specifici dell’apprendimento. Dopo un (breve) inquadramento
generale sugli aspetti scientifici, metodologici e normativi relativi ai disturbi che più
frequentemente possono manifestarsi nei bambini in età scolare, ho descritto l’attività
svolta con un alunno della mia classe che, seppur piccolo, manifesta i sintomi di DSA negli
ambiti della lettura, della scrittura e del calcolo.
2 poiché, da molti anni, insegno prevalentemente matematica nella scuola primaria e sono
molto interessata ai processi di apprendimento ed alle metodologie didattiche relative alla
disciplina, 1 Ho cercato di approfondire gli aspetti relativi alla cognizione numerica e al
calcolo.
Queste pagine(quindi,) (non hanno altra ambizione che rappresentare) rappresentano
quindi semplici(?) appunti e considerazioni di un’insegnante che si è soffermata a riflettere
su uno dei tanti aspetti della propria esperienza scolastica.
PRIMA PARTE
I DSA e le altre problematiche scolastiche
Negli ultimi decenni le segnalazioni di scuole e famiglie, i risultati delle ricerche statistiche
internazionali, le ricerche nel campo dell’apprendimento svolte dalle comunità scientifiche
concordano nel segnalare l’esistenza di molteplici problematiche scolastiche (scarso
rendimento, bocciature, difficoltà scolastiche in ambiti specifici, ricorso agli specialisti per
individuare le cause di queste difficoltà, abbandono scolastico, ecc.). Parallelamente la
ricerca ha approfondito notevolmente il proprio impegno riguardo le difficoltà scolastiche in
genere e in modo particolare, i disturbi specifici dell’apprendimento. Secondo C. Cornoldi
(2007) uno studente su cinque, in Italia, incontra, durante il suo percorso scolastico,
difficoltà tali da dover ricorrere all’aiuto di un esperto. Secondo l’autore le difficoltà sono di
tanti tipi e non dipendono da un unico fattore ma, più frequentemente, da una serie di
concause relative all’individuo, al contesto socio-culturale e alla qualità dell’istruzione
scolastica. I profili delle difficoltà proposti dallo studioso sono i seguenti:
1. Condizione di handicap (mentale, sensoriale visivo, sensoriale uditivo, multiplo)
1,2%.
1
2. Disturbo specifico dell’apprendimento, 4%.
3. Disturbi specifici collegati (DDAI - o ADHD -, autismo ad alto funzionamento, disturbi
del comportamento, problematiche emotive gravi), 4%.
4. Svantaggio socioculturale grave (condizioni di deprivazione precoce, appartenenza
a gruppi svantaggiati / stranieri).
5. Difficoltà scolastiche in altre aree rilevanti, es. lingua straniera, aspetti avanzati
dell’apprendimento matematico, abilità trasversali di studio, ecc.
E’ fondamentale, secondo Cornoldi, essere ben consapevoli che i confini tra le diverse
categorie non sono mai ben delineati ed evidenti, che due problematiche possono essere
associate, in concomitanza o in successione, che non è possibile stabilire quale sia la
causa dell’altra e che sia le procedure diagnostiche, sia le strategie d’intervento possono
assomigliarsi o coincidere, nonostante le eziologie delle difficoltà siano molto diverse.
I Bisogni Educativi Speciali
Le «Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo
d’istruzione» del 20121 (documento in cui vengono descritti i traguardi per lo sviluppo delle
competenze, prescrittivi, che la scuola è tenuta a far raggiungere agli alunni), dedicano un
breve paragrafo, all’interno del capitolo relativo all’Organizzazione del curricolo,
all’inclusione degli alunni con Bisogni Educativi Speciali. Nel testo vengono riconosciuti
come fondamentali i principi dell’inclusione e della prevenzione della dispersione
scolastica: gli interventi che le scuole dovranno mettere in atto attraverso adeguate
strategie organizzative e didattiche e l’attuazione di percorsi personalizzati dovranno
rivolgersi ai bambini non italiani, con disabilità o con bisogni educativi speciali.
La definizione BES (Bisogni Educativi Speciali), introdotta fin dal 1978 (Special Educational
Needs) nel Regno Unito, comprende tutte le situazioni in cui gli studenti manifestano una
qualche difficoltà nell’apprendimento scolastico. In Italia la DM del 27 dicembre 2012,
integrata dalla recentissima CM n. 8 del 6 marzo 2013, include nell’area dei BES, oltre agli
alunni con certificazione di disabilità e agli alunni con DSA (per i quali esistono normative
specifiche) , “lo svantaggio sociale e culturale, i disturbi evolutivi specifici, le difficoltà
derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a
culture diverse”. Tutti gli studenti che rientrano, anche temporaneamente, in questa
categoria, dovranno poter godere di una programmazione personalizzata, definita in un
apposito PDP, finalizzata a favorire l’inclusione. In questa sede non è opportuno
1 elaborate ai sensi dell’art.1, comma 4 del DPR n. 89 del 20 marzo 2009, secondo i criteri indicati nella C.M. n. 31 del
18 aprile 2012.
2
approfondire la portata di queste indicazioni per la scuola, anche se come insegnante non
posso fare a meno di pensare alle implicazioni pratiche conseguenti.
Una delle novità fondamentali, riscontrabili anche nei più recenti documenti internazionali,
è la necessità di considerare le prestazioni del bambino in una visione più complessa e
globale, strettamente connessa al suo contesto di vita ed alle sue opportunità formative.
I Riferimenti diagnostici
Prima
di
proseguire
ritengo
opportuno
soffermarmi
brevemente
sui
riferimenti
internazionali cui la recente normativa e la ricerca fanno costantemente riferimento, e che
spesso incontriamo nella pratica didattica: l’ICD-10, il DSM, l’ICF-CY e le relazioni delle
Consensus Conference.
L’ICD-10 è la decima revisione del manuale diagnostico internazionale, curato dall’OMS,
in cui sono classificate tutte le malattie ed i problemi sanitari correlati. Il manuale è diviso
in settori, uno (il quinto) relativo ai disturbi psichici e comportamentali, all’interno dei quali
troviamo classificati i disturbi che possiamo riscontrare a scuola e, nello specifico, i
Disturbi dello sviluppo psicologico e quindi i Disturbi evolutivi specifici delle abilità
scolastiche (F81).
Il DSM, “Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders” è un manuale diagnostico
e statistico dei disturbi mentali, elaborato dall'American Psychiatric Association (APA).
Attualmente viene utilizzata la IV revisione, ma nel corso del 2013 dovrebbe essere
pubblicata la successiva.
Questi strumenti, pur presentando differenze cospicue ed essendo oggetto di costante
revisione, secondo Cornoldi (2007) sono molto utili, perché garantiscono elementi di
linguaggio
comune,
definizioni
e
parametri
diagnostici
necessari
ad
elaborare
classificazioni, studi e diagnosi condivisibili.
L’ICF è una classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità, della Salute
pubblicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2001 e seguita, nel 2007,
dall’ICF-CY (International Classification of Functioning, Disability and Health-Children and
Youth Version), rivolta a bambini e adolescenti. A differenza dei documenti precedenti,
non riguarda soltanto le condizioni di persone affette da particolari anomalie fisiche o
mentali, ma è applicabile a qualsiasi persona che si trovi in qualunque condizione di
salute, ove vi sia la necessità di valutarne lo stato a livello corporeo, personale o sociale.
Questi documenti utilizzano una definizione di disabilità più composita rispetto al passato e
tengono conto dei fattori contestuali ed ambientali:
3
“conseguenza o risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un
individuo, i fattori personali, e i fattori ambientali che rappresentano le circostanze in
cui vive l’individuo”.
La definizione si basa su un modello Biopsicosociale della disabilità, in cui la stessa è il
frutto dell’interazione della diagnosi (funzioni e strutture corporee e maturità psicologica)
con i fattori contestuali che possono rappresentare aspetti facilitanti o ostacolanti. I fattori
contestuali, famiglia, ambiente, cultura ed anche l’esperienza scolastica, rivestono ancora
maggiore importanza nel caso di bambini ed adolescenti: nel documento del 2007 è scritto
esplicitamente che il funzionamento del bambino può essere pensato sempre e soltanto
nel contesto di vita all’interno del quale esso si manifesta. L’altro aspetto importante per
chi si occupa di insegnamento è che l’ICF-CY non è un elenco dei problemi di
funzionamento, ma una classificazione positiva dei livelli di funzionamento, uno strumento
quindi più utile per organizzare e calibrare l’intervento scolastico.
Le Consensus Conference sono dei convegni finalizzati ad indagare e favorire il confronto
sulle teorie e sull’efficacia degli interventi di sanità pubblica ed a orientare la successiva
ricerca. Ai partecipanti vengono proposti alcuni quesiti su aspetti critici o non condivisi
degli argomenti trattati, le risposte, basate sulla letteratura e sui risultati delle ricerche
vengono poi analizzate da una “giuria”. Tutta la documentazione prodotta nell’ambito delle
CC riveste una fondamentale importanza sia dal punto di vista normativo, sia per la
ricerca, sia per le scuole e per gli altri enti che si occupano dell’argomento. Nell’ambito dei
DSA, in Italia, la terza CC si è svolta nel dicembre del 2010 (i risultati sono stati pubblicati
nel 2011).
I Disturbi Specifici dell’Apprendimento
All’interno dell’ampio campo dei Bisogni Educativi Speciali e delle difficoltà scolastiche, la
ricerca italiana ha iniziato ad occuparsi della vasta e diversificata gamma di problematiche
persistenti nello sviluppo cognitivo e nell’apprendimento scolastico, definibili in base al
mancato raggiungimento di obiettivi di apprendimento che, all’interno del contesto in cui il
bambino vive, sono considerati essenziali. Fin dagli anni ottanta, si è utilizzata la
definizione Disturbi Specifici dell’Apprendimento per indicare quelle che D.D. Hammil2
definisce Learning disability: un gruppo eterogeneo di disturbi manifestati da significative
difficoltà nell’acquisizione (apprendimento) e nell’uso di abilità di ascolto, espressione
2
On defining learning disabilities: An emerging consensus, in «Journal of Learning Disabilities», 23 pp.74-84, 1990
4
orale, lettura, ragionamento e matematica, presumibilmente dovuti a disfunzioni del
sistema nervoso centrale.
L’OMS definisce i DSA “disturbo a patogenesi organica, geneticamente determinato,
espressione di disfunzione celebrale”.
Secondo Stella e Grandi (2001), il termine Disturbo (Disorder) deriva da una delle prime
teorie sull’argomento che introdusse il criterio della “discrepanza”, ovvero la differenza tra
quoziente intellettivo e abilità scolastiche, ed individua una disfunzione del sistema
nervoso centrale che causa una lacuna nell’integrazione, processamento e archiviamento
delle informazioni, visibile solo all’”uscita” delle stesse.
Il termine Specifico sta ad indicare il fatto che il disturbo interessa uno specifico dominio di
abilità, in modo significativo ma circoscritto, lasciando intatto il funzionamento intellettivo in
generale (Cornoldi, 2007).
Si stima che nella scuola italiana, una forbice compresa tra il 3 e il 5% degli alunni
manifesti uno o più Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Nonostante la ricerca scientifica
non sia ancora pervenuta ad una classificazione condivisa e complessiva (Cornoldi, 2007),
a scuola facciamo riferimento alla L. 170, dell’ 8 ottobre 2010, che riconosce tra i DSA,
“che si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di
patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione
importante per alcune attività della vita quotidiana”
la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia, e propone per ciascuno di questi
disturbi una specifica definizione.
Con il termine Dislessia Evolutiva ci si riferisce alla difficoltà di un bambino
nell’apprendimento della decodifica di lettura intesa come l’abilità di base che consente di
riconoscere le parole contenute in un testo, e si manifesta come una difficoltà a carico
dell’automatizzazione (velocità) e della correttezza nella lettura.
La Disgrafia si riferisce ad una specifica difficoltà a carico dell’aspetto grafico e motorio
della scrittura, che risulta disordinata, illeggibile o estremamente lenta. Considerando che
in ambito scolastico la scrittura manuale viene richiesta in modo quasi esclusivo,
l’incapacità di impugnare correttamente la matita o la penna, di esercitare la corretta
pressione della mano, di rispettare spazi e dimensioni del foglio, delle lettere e delle parole
condiziona pesantemente l’esperienza d’apprendimento del bambino.
L’altro disturbo della scrittura è la Disortografia che si manifesta nella mancata correttezza
della scrittura, intesa come processo di trascrizione tra fonologia e rappresentazione
5
grafemica della parola. Gli errori più frequenti consistono in omissioni di lettere o parti di
parola, sostituzioni o inversioni, assenza di doppie e accenti. Un’altra caratteristica è che
la stessa parola può essere scritta, a distanza di poche righe, in modi molto diversi.
La Discalculia evolutiva è il disturbo a carico delle abilità numeriche (elaborazione del
numero) e aritmetiche (il calcolo e le procedure correlate) che si presenta con persistenti
difficoltà nella scrittura dei numeri, nel riconoscimento dei simboli matematici,
nell’enumerazione, nel recupero dei fatti aritmetici e delle procedure, nella gestione dello
spazio e nella soluzione di problemi (nonostante l’integrità delle capacità logiche).
La legge 170 si riferisce, quindi, a disturbi che riguardano le abilità strumentali
fondamentali, ma la ricerca ha individuato altre classificazioni, che tengono conto degli
apprendimenti più complessi richiesti nelle fasi successive, e che possono coinvolgere la
comprensione del testo, l’apprendimento della lingua straniera, la soluzione dei problemi,
l’apprendimento non verbale, le difficoltà di studio (Cornoldi, Zaccaria, 2011).
Per essere identificati come DSA, i disturbi devono rispettare alcuni criteri:
-
Base neurologica: determinate aree celebrali presentano anomalie funzionali e
strutturali che, interagendo con fattori ambientali, concorrono alla comparsa ed alla
gravità della sintomatologia;
-
Cronicità e variabilità espressiva: i disturbi
sono cronici, nel corso del tempo
l’espressività ed il manifestarsi dei sintomi variano in funzione dell’età e delle fasi
dell’apprendimento scolastico;
-
Discrepanza: il disturbo determina una difformità tra abilità nel dominio interessato
(deficitaria) e intelligenza generale (il livello intellettivo deve essere nei limiti della
norma, QI non inferiore al valore di 85);
-
Rilevanza: la compromissione della specifica abilità (disomogeneità) ha un’incidenza
significativamente negativa sull’adattamento scolastico e/o sulle attività della vita
quotidiana.
-
Resistenza: i disturbi (a differenza delle generiche difficoltà scolastiche) sono
resistenti alle attività di recupero e rinforzo
e si manifestano in assenza di
compromissioni sensoriali, in situazioni di adeguata istruzione e condizione emotiva;
-
Comorbilità: spesso viene accertata la compresenza con un altro disturbo
dell’apprendimento o con altri disturbi neuropsicologici, come il Disturbo da deficit di
attenzione / iperattività (si usa l’acronimo italiano DDAI o quello inglese ADHD) o
6
psicopatologici (ansia, depressione e disturbi della condotta). Questa concomitanza
rende particolarmente eterogenei i quadri diagnostici.
Il Disturbo da deficit d’attenzione e iperattività
La DDAI è l’etichetta diagnostica utilizzata per descrivere bambini che presentano problemi
di attenzione, impulsività e iperattività, riconducibili a difficoltà nell'autocontrollo e nelle
capacità di pianificazione e non attribuibili ad un deficit dell’intelligenza. I sintomi
permettono di individuare diversi sottotipi: disattento, iperattivo - impulsivo o combinato. I
diversi manuali diagnostici utilizzano definizioni, scale ed interpretazioni diverse e, anche
per questa ragione, i dati statistici sui bambini con DDAI e sulla diffusione del disturbo non
sono coerenti. La sindrome coinvolge sia l’area dei comportamenti, sia l’area cognitiva ed i
suoi sintomi, che devono manifestarsi in almeno due contesti, devono essere presenti
prima dei 7 anni di età e soprattutto devono compromettere il rendimento scolastico e/o
sociale del bambino. Gli studi sono concordi nell’indicare che almeno il 70% dei bambini
con DDAI presenta un disturbo associato: il 30% dei maschi e il 10% delle femmine con
DDAI presenterebbe anche un DSA. In realtà la quasi totalità dei bambini con DDAI presenta
qualche forma di difficoltà scolastica, in alcuni casi per la concomitanza di due
problematiche distinte ed in altri casi come diverse manifestazioni della stessa difficoltà di
base (es. la difficoltà di controllo dell’informazione irrilevante o di pianificazione, che
produce sia i sintomi del DDAI che la difficoltà nella soluzione dei problemi o dei calcoli
complessi). Dal punto di vista normativo, la Nota MIUR, Prot. N. 4089 del 15 giugno 2010
fornisce indicazioni sull’integrazione scolastica degli alunni con DDAI, basandosi sui
documenti elaborati da una serie di associazioni di professionisti e famiglie (curioso che
non siano state condivise all’origine con insegnanti), le successive 1395 del 20 marzo
2012 e 2213 del 19 aprile 2012, presentano chiarimenti sulla necessità di redazione di un
PDP o di un PEI (nel caso in cui il bambino sia certificato ai sensi della legge 104/1992).
Il Disturbo oppositivo provocatorio
Un altro disturbo che può presentarsi in comorbilità con i DSA e la DDAI è il Disturbo
Oppositivo provocatorio. Spesso indicato con le sigle ODD o DOP, è un disturbo della
relazione, caratterizzato da una modalità di comportamento provocatorio, disobbediente
ed ostile verso le persone che rappresentato l’autorità. La patologia, inserita nella
categoria dei Disturbi da Comportamento Dirompente, viene distinta dal Disturbo della
condotta e dalla DDAI. Anche in questo caso i manuali diagnostici presentano differenti
7
interpretazioni, ma concordano nei criteri di individuazione del disturbo. Per definire l’ODD i
comportamenti devono essere persistenti (almeno sei mesi) ed essere caratterizzati da
una di queste manifestazioni: perdita di controllo, litigi con gli adulti, opposizione attiva o
rifiuto di rispettare richieste e regole, azioni deliberatamente provocatorie, individuazione
dell’altro come causa dei propri sbagli o del proprio cattivo comportamento, suscettibilità o
irritazione verso gli altri, collera o rancore e atteggiamenti dispettosi o vendicativi verso gli
altri. Durante l’età scolare possono manifestarsi anche scarsa autostima, labilità
dell’umore e scarsa tolleranza alla frustrazione. Generalmente il disturbo si presenta prima
degli otto anni d’età e non successivamente all’adolescenza e, poiché il comportamento
oppositivo transitorio è comune nei bambini di quella fascia d’età, è molto importante che il
percorso clinico tenga conto dell’evoluzione del bambino fin dalla prima infanzia.
Relativamente a questa problematica, che per ora non ho avuto modo di approfondire, mi
ha particolarmente colpita la riflessione di uno dei docenti del Master, che ha sottolineato
quanto le caratteristiche di questo disturbo
possano risultare inquietanti e difficili da
affrontare per l’adulto e quanto sia alto il rischio dell’instaurarsi di una pericolosa spirale
negativa.
SECONDA PARTE
Fase osservativa
Quando, nel corso dello svolgimento del Master, mi sono trovata a dover individuare
l’attività pratica e quindi l’argomento della relazione conclusiva, ero indecisa tra due
possibili percorsi, uno più legato al ruolo di collaboratore del Dirigente Scolastico, e quindi
incentrato sull’esame dei casi DSA presenti nell’Istituto, sulle modalità organizzative e sugli
specifici interventi messi in atto per affrontare le diverse situazioni (analisi delle diagnosi,
riflessioni sui PDP, sulle strategie e metodologie realizzate, eventuali proposte) ed un altro
più prettamente didattico, ovvero la realizzazione di un percorso con uno degli allievi con
disturbo dell’apprendimento. Proprio nel periodo in cui riflettevo su questa scelta, le
difficoltà manifestate da uno dei miei alunni già nel corso del primo anno di scuola
andavano assumendo sempre più le caratteristiche di un disturbo dell’apprendimento,
perciò, considerando anche che è la prima volta che mi trovo di fronte ad una situazione di
questo tipo, ho ritenuto opportuno concentrarmi sul percorso del bambino, ed in particolare
sugli aspetti relativi alle difficoltà in matematica.
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Analisi del contesto
L’Istituto Comprensivo in cui lavoro si trova alla prima periferia della città. Le scuole sono
frequentate sia da alunni che risiedono nel bacino d’utenza, sia da alunni provenienti da
altre zone della città. L’ambiente socioculturale di appartenenza è eterogeneo, alunni e
genitori si dimostrano generalmente aperti e disponibili verso le attività proposte dalla
scuola; poche famiglie, in situazione di svantaggio economico e culturale, si trovano nella
necessità di demandare a parenti o istituzioni la custodia dei minori. Vi sono alunni
stranieri con bisogni culturali legati al superamento delle barriere linguistiche.
Tra le varie attività dell’Istituto, realizzate autonomamente o in collaborazione con gli Enti
Locali, associazioni del territorio, altri istituti scolastici, ritengo opportuno segnalare la
particolare attenzione che, in questi ultimi anni, è stata rivolta al problema dei DSA, sia
attraverso interventi nelle classi che mediante attività di specifica formazione, anche in
collaborazione con l’associazione A.R.R.S.- D.S.A. Friuli Venezia Giulia Onlus3.
La scuola, funzionante a Tempo Pieno (dal lunedì al venerdì, dalle 8.10 alle 16.10), è
composta da 10 classi e frequentata da 215 alunni. Le classi sono eterogenee, in alcune vi
sono alunni disabili (uno grave), alunni con DSA (sei casi diagnosticati), alunni che vivono
in situazioni di svantaggio non attestate ed una piccola percentuale di alunni stranieri. Nel
plesso lavorano 20 insegnanti su posto comune (di cui due con metà orario), 1 di lingua
inglese, 2 sui posti “di sostegno”, (una specializzata con orario intero ed una con incarico
annuale per 10 ore settimanali), un educatore scolastico, due insegnanti di IRC (una con
6 e l’altra con 14 ore) e quattro collaboratori scolastici (di cui uno a tempo parziale).
Considerata la normativa recente e la conseguente contrazione dell’organico4, alcune
classi hanno ancora la possibilità di lavorare con l’organizzazione tipica del tempo pieno
(due insegnanti curricolari più inglese e religione, quattro ore di compresenza alla
settimana - salvo supplenze), in altre si è dovuto provvedere con la presenza di più
insegnanti in una classe e quindi l’assegnazione di più classi a ciascun insegnante.
L’edificio, pur mostrando i primi segni del tempo (risale alla fine degli anni sessanta), è
abbastanza accogliente ed offre, oltre a mensa, palestra e biblioteca, alcuni spazi destinati
alle attività laboratoriali e di gruppo (aula di ceramica, laboratorio di informatica, spaziovideo, aula di musica). L’ampio giardino esterno permette lo svolgimento della ricreazione
all’aperto, ma anche la realizzazione di attività di osservazione e ricerca nell’ambito
3
http://www.apprendimentodifficile.it/index.html
DPR n. 81 del 20 marzo 2009 - Norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo
delle risorse umane della scuola, ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito,
con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133
4
9
scientifico (orto, stagno, attività del progetto Dryades5). Purtroppo le aule in cui si svolgono
le attività delle classi sono piuttosto piccole e quasi tutte possono contenere massimo 21
alunni. Nonostante questo vincolo numerico, lo spazio non consente, ad esempio la
collocazione dei banchi in maniera non tradizionale e condiziona le attività (es. per sedersi
in circolo ed osservare qualcosa o discutere assieme è sempre necessario spostare i
banchi e creare lo spazio necessario, il materiale didattico - non quello dei bambini - è
conservato nel corridoio esterno, i banchi sono molto vicini e lo spazio per muoversi
liberamente è molto ristretto).
L’organizzazione della mia classe e il numero di docenti che vi lavora sono vincolati
dal mio semiesonero, per questa ragione, oltre alla collega dell’area linguistica ed alle
insegnanti di IRC ed Inglese (che, oltre alle due ore curricolari copre anche due ore di
pranzo e ricreazione), opera nella classe una collega per sei ore (scienze,
pranzo/ricreazione, 2 ore di compresenza, salvo supplenze, con l’ins. dell’area linguistica,
dedicate prevalentemente ad attività individuali di potenziamento con Ernesto nell’area
linguistica e con un altro alunno in particolare difficoltà). Un’ora ulteriore di compresenza
tra me e la collega dell’area linguistica è dedicata alle attività di rinforzo con gli alunni in
difficoltà e, a volte, ad attività in gruppo.
Indubbiamente, per quanto mi riguarda, l’impegno come Collaboratore del DS ed il
conseguente semiesonero, hanno un notevole impatto sul lavoro con la classe: la
riduzione delle materie insegnate (matematica ed arte e immagine e non più scienze e
geografia), la ridotta presenza nei momenti “informali” della giornata scolastica (pranzo e
ricreazione) rendono più difficoltosa l’osservazione e la conoscenza dei bambini e delle
loro peculiarità, l’approfondimento della relazione interpersonale, ma anche quello che
potrei definire l’apprendimento “travestito”, ovvero promosso in situazioni trasversali
(obiettivi e percorsi d’apprendimento comuni alle diverse discipline) o informali (es. nei
giochi in giardino o da tavolo, nel preparare l’aula per una festa, nel manipolare o costruire
oggetti per gioco o per decorazione durante la ricreazione). Nel passato, e forse ancor di
più ora, mi sono resa conto che questo tipo di esperienze, affiancandosi alle proposte più
formali, favoriscono lo sviluppo delle competenze anche negli alunni con più difficoltà.
Analisi del caso
Ernesto frequenta la seconda elementare, è ancora piccolo e per questa ragione non
siamo ancora in possesso di una diagnosi vera e propria. Nel documento inviatoci dalla
5
http://dbiodbs.units.it/carso/chiavi_pub21?sc=20
10
specialista presso la quale i genitori lo hanno portato privatamente, il bambino viene
definito «a serio rischio di disturbo specifico dell’apprendimento per gli ambiti della lettura,
della scrittura (ortografia) e del calcolo».
Il bambino è stato iscritto in prima elementare dopo aver frequentato regolarmente
la scuola dell’infanzia. Nel corso del colloquio con la collega della scuola dell’infanzia ci è
stato descritto come bimbo piuttosto immaturo ed insicuro, molto dipendente da alcuni
compagni e bisognoso di una guida costante durante le attività; per questo motivo che ci è
stato suggerito di inserirlo nella stessa classe dei suoi compagni di sezione. L’approccio di
Ernesto alla scuola primaria è stato piuttosto difficoltoso: nelle prime settimane piangeva
spesso chiedendo della madre, non solo al momento del distacco, ma anche durante la
giornata, in particolare nel pomeriggio. Pur dimostrandosi ben disposto, ha faticato più dei
compagni ad adattarsi ai ritmi ed ai tempi dell’attività didattica ed a relazionarsi con i
bambini che non conosceva. Anche dal punto di vista motorio si dimostrava meno maturo
e coordinato rispetto ai compagni e trovava difficoltà nella gestione del proprio materiale.
Dal punto di vista degli apprendimenti ha sempre dimostrato di preferire le attività orali
rispetto a quelle scritte, giochi di classificazione e logica, ascolto di testi, conteggio e
semplici calcoli (sempre con le dita ed entro la decina) piuttosto che scrittura, esercizio
autonomo sul quaderno e copiatura dalla lavagna (cosa che gli è ancora estremamente
difficoltosa). La difficoltà nella copiatura dalla lavagna si è rivelata un problema piuttosto
significativo, in quanto in prima l’utilizzo della lavagna è fondamentale per impostare e
gestire lo spazio della pagina, osservare e riprodurre i gesti della scrittura, copiare parole e
disegni. Si è rivelato funzionale, anche in questo senso, l’utilizzo della LIM che consente il
salvataggio, la revisione e la riproposizione, oltre che la stampa, della pagina.
Per quanto riguarda l’apprendimento della letto scrittura, dopo un’accurata analisi dei
prerequisiti fonologici, l’insegnante di lingua italiana ha adottato il metodo fonosillabico
utilizzando proposte fonologiche, metafonologiche e attività guidate di decodifica, volte a
favorire l’acquisizione della struttura sillabica e fonologica delle parole.
Ernesto ha manifestato difficoltà nell’organizzazione spaziale del foglio, nella fusione
sillabica, ma i problemi maggiori si sono riscontrati nelle cosiddette fasi ortografica e
lessicale (identificazione di ca/co/cu/ci/ce ga/go/gu/gi/ge chi/che gli sci/sce ghi/ghe
gna/gno/gnu/gni/gne qua/qui/quo/que; analisi semantico-sintattiche, es. uso dell’h,
apostrofo, discriminazione di parole omofone e non omografe…).
11
Per facilitare l’apprendimento della scrittura manuale in stampato maiuscolo e in corsivo e
prevenire eventuali difficoltà grafo-motorie e disturbi di disgrafia, l’insegnante ha utilizzato
il metodo di Alessandra Venturelli6.
Anche nell’apprendimento del gesto grafico Ernesto ha dimostrato difficoltà motorie e
percettive che tuttavia non gli hanno impedito di imparare a scrivere in corsivo e a
prediligere questo carattere rispetto allo stampato maiuscolo (proposto come alternativa
dall’insegnante).
Nell’ambito della matematica le difficoltà si sono manifestate in un momento successivo,
infatti nella prima parte dell’anno uso proporre attività di tipo orale ed operativo, finalizzate
a consolidare le abilità di conteggio, giochi di confronto, seriazione e classificazione,
deduzione, raggruppamenti, addizioni e sottrazioni con materiale concreto. Le incertezze
nella padronanza della sequenza numerica (generalmente omissioni, in particolare tra il 10
e il 20 e in senso regressivo) non mi hanno preoccupata particolarmente, perché le ho
riscontrate in altre occasioni, ma i bambini le hanno sempre superate entro il termine del
primo anno scolastico. Per quanto riguarda la lettura e la scrittura dei numeri, faceva
qualche errore di specularità (anche questi, di solito, si correggono entro la fine della
prima), ma ha incontrato maggiori difficoltà nella lettura e nella scrittura di alcuni numeri
della classe dei teens (12, 17…) e, successivamente, di quella delle decine (20, 30).
Ernesto è sempre stato un po’ più lento di altri compagni nell’eseguire semplici operazioni
a mente, non è stato facile il passaggio dal counting all al counting on, (che ad un certo
punto dell’anno, sempre attraverso attività di ricerca, confronto e scoperta, cerco di
sollecitare negli alunni che non lo applicano autonomamente). Ancora oggi, al termine
della classe seconda, in molte occasioni tende ad utilizzare strategie ricostruttive, anche
perché non ha ancora ben memorizzato i semplici fatti aritmetici (es. coppie del 10).
L’adesione ad un progetto di ricerca promosso dall’Università di Trieste ci ha consentito di
scoprire alcune caratteristiche dei bambini (sempre nel rispetto della normativa sulla
privacy): come i compagni, Ernesto è stato sottoposto ad alcuni test 7 che, pur
evidenziando difficoltà iniziali, dimostravano un deciso miglioramento al termine dell’anno
scolastico.
Oltre alla lentezza nell’apprendimento della lettura e della scrittura, l’aspetto che destava
maggiore preoccupazione erano i tempi di attenzione estremamente ridotti e la facile
distraibilità che si manifestavano in tutti i tipi di attività: collettive, individuali o di gruppo,
formali, laboratoriali o ludiche. Durante la seconda parte dell’anno scolastico il bambino ha
6
7
VENTURELLI, A. Il corsivo, una scrittura per la vita, Mursia, Milano 2009
se non ricordo male, si trattava di strumenti diagnostici di I° livello
12
iniziato a manifestare, sia a scuola sia a casa, dei tic motori, per cui i genitori ed il pediatra
hanno ritenuto opportuno farlo sottoporre ad una serie di controlli specialistici.
Per tutto il primo anno di scuola Ernesto ha seguito tutte le attività previste dalla
programmazione della classe. Sono stati presi, tuttavia,
alcuni accorgimenti, quali un
maggior tempo a disposizione per lo svolgimento del lavoro, una particolare attenzione nel
sollecitarlo a fargli proseguire i compiti, la proposta di esercizi personalizzati per
consolidare le abilità in fase di acquisizione, la valutazione basata su prove diversificate o
semplificate, o svolte in momenti diversi e, quando possibile in rapporto uno ad uno.
Queste modalità d’intervento, tra l’altro, sono state utilizzate a beneficio di altri bambini
della classe che dimostravano particolari necessità.
All’inizio del secondo anno Ernesto ha superato i problemi di inserimento, relazionandosi
maggiormente con i compagni, ma fin dalle prove d’ingresso sono riemerse alcune
difficoltà che sono andate aumentando man mano che si proseguiva con le proposte
didattiche.
L’aspetto più preoccupante è quello relativo ai tempi d’attenzione
estremamente limitati, alla facile distraibilità ed alle difficoltà nella concentrazione che
emergono maggiormente durante lo svolgimento di attività autonome. Particolarmente
rilevanti anche le difficoltà di tipo motorio (continuo movimento degli arti, movimenti goffi,
impacciati e non coordinati) e la gestione del materiale e dei suoi spazi. Per quanto
riguarda gli aspetti disciplinari, propongo quanto abbiamo annotato sul bimbo nella
Programmazione Annuale: «manifesta inoltre difficoltà nella composizione scritta delle parole
(non riconosce i suoni duri e dolci “c” e “g”, gli accenti, le maiuscole, le doppie, le elisioni), nella
copiatura dalla lavagna o da un altro quaderno, nell’esecuzione di un dettato. In matematica non è
ancora in grado di contare progressivamente oltre il venti, né regressivamente dal venti senza
omettere numeri. Applica gli algoritmi appresi, ma le difficoltà nell’enumerazione lo portano a
commettere errori». Nonostante tutto si dimostra propositivo e disponibile nell’affrontare e
svolgere compiti che non prevedano o prevedano scarso uso del quaderno.
La classe frequentata da Ernesto è composta da 21 alunni, 13 maschi e 8 femmine,
tutti provenienti dalla stessa classe prima. Nel complesso il gruppo dimostra difficoltà
nell’ascoltare e mettere in pratica in modo adeguato le consegne delle insegnanti e nel
lavorare in maniera silenziosa e produttiva; alcuni alunni manifestano ancora difficoltà
nell’esecuzione di attività grafiche e fino motorie e nella gestione del proprio materiale.
Circa la metà dei bambini si dimostra diligente, con un ritmo di esecuzione adeguato e
buone capacità di assimilazione, ma nessuno di loro riesce a proporsi come leader
positivo e quindi risorsa per il gruppo. Fin dal precedente anno scolastico le manifestazioni
di un alunno hanno severamente condizionato il clima ed il lavoro della classe, e, poiché
13
non si è riusciti ad ottenere il supporto della famiglia e dei servizi sociali, si è reso
necessario concentrare sul suo inserimento le ore di contemporaneità disponibili durante
la settimana (anche per consentire alla classe di lavorare serenamente almeno in quei
momenti). Dall’estratto della Programmazione annuale è possibile comprendere la
situazione: «Il bambino non pare in grado di adeguarsi alle regole ed ai ritmi di lavoro della scuola
primaria. Tende ad attirare continuamente l’attenzione di adulti e compagni, sia parlando
incessantemente, sia alzandosi dal banco, girando nell’aula o allontanandosi dalla stessa (anche
se gli è stato espressamente vietato), nascondendosi in bagno e nei corridoi. Non è autonomo
nella gestione del proprio materiale, che spesso perde o rovina volutamente (frequentemente non
gli viene fornito il materiale necessario da parte della famiglia). E’ attirato dagli oggetti dei
compagni che spesso prende senza il loro permesso, disturbando il loro lavoro; è sempre molto
agitato e dimostra difficoltà di attenzione e concentrazione anche nel lavoro in rapporto uno a uno,
non pare consapevole delle conseguenze delle sue azioni (uso della violenza verbale o fisica
verso i compagni). Riferisce e ripropone episodi ed atteggiamenti poco accettabili vissuti in famiglia
(parolacce,
atteggiamenti
provocatori,
aggressività
anche
fisica).
Dal
punto
di
vista
dell’apprendimento, non risultano consolidate le conoscenze apprese e le abilità maturate in classe
prima ma, visto il grave disagio è ancora difficile capire quanto tutto ciò possa derivare da difficoltà
oggettive piuttosto che da quelle emotivo – comportamentali».
Il bimbo, piuttosto difficile da contenere, continua ad avere comportamenti aggressivi
verso i tutti i compagni ma, in particolare, ne ha presi di mira due, uno dei quali è proprio
Ernesto. Frequentemente lo denigra e lo prende in giro per le sue difficoltà scolastiche o
per la goffaggine, con frasi come: «ma sei proprio stupido» «non sai neanche
camminare». Oltre a cercare di comprendere i motivi di questo accanimento (potrebbe
essere una forma di gelosia, visto che dedichiamo particolare attenzione ad Ernesto),
proponiamo attività, sia a livello di classe sia individuali, per arginare ed affrontare questi
atteggiamenti che rendono meno sereno il clima della classe, ma soprattutto influiscono
sulla già scarsa autostima di Ernesto.
Nella classe ci sono anche altri quattro bambini con particolari necessità, dovute a
situazioni di disagio socio-culturale o alle loro caratteristiche personali (difficoltà di
attenzione o di comprensione ed esecuzione delle richieste / proposte, difficoltà di
accettazione e rispetto delle regole).
Ricognizione delle risorse
Per il progetto di potenziamento e recupero delle abilità di base sono previsti gli interventi
individualizzati proposti in orario di servizio dalle colleghe dell’area linguistica e di scienze
14
e quelli della sottoscritta, svolti fuori dal proprio orario di servizio (nell’ambito delle attività
pratiche del Master). Purtroppo la situazione finanziaria dell’istituto non consente
l’intervento continuativo di personale esterno alla scuola e quella organizzativa del plesso
non offre ulteriori risorse umane. Oltre alla relazione della psicologa, abbiamo avuto un
breve colloquio con un esperto che collabora con l’Istituto il quale, conoscendo un po’ (per
una collaborazione di qualche anno fa per un alunno in difficoltà) l’approccio e le
metodologie didattiche che utilizziamo, ci ha rassicurate, asserendo che la nostra
sensibilità e il nostro orientamento didattico avrebbero certamente sostenuto Ernesto.
E’ previsto l’utilizzo di materiali e sussidi didattici presenti a scuola (computer, LIM,
software),
acquistati o opportunamente preparati dalle insegnanti per questa attività
(software, libri, altri sussidi), strumenti di proprietà delle insegnanti (computer, iPad o
cellulare con applicazioni didattiche).
A proposito di risorse materiali e fonti di finanziamento, ritengo utile aggiungere che,
proprio nel corso di quest’anno scolastico ho preparato, su delega e con l’approvazione
dei colleghi, un progetto con richiesta di finanziamento ad una Fondazione, finalizzato ad
ampliare la dotazione tecnologica e bibliografica della scuola, proprio in funzione degli
alunni in difficoltà. In progetto ha ottenuto un finanziamento ed abbiamo acquistato libri
specifici sui BES (tra cui anche strumenti diagnostici di primo livello), tre LIM, due PC
portatili con software adeguati (tra cui sintesi vocali, programmi per costruire mappe
concettuali, per il recupero e il potenziamento di specifiche difficoltà, ecc.). Dal prossimo
anno scolastico la scuola avrà quindi a disposizione più strumenti specifici.
TERZA PARTE
Le fasi seguite
Viste le difficoltà manifestate da Ernesto fin dall’inizio dell’anno, si è deciso di dedicargli
una parte delle ore di compresenza, allo scopo di consolidare le conoscenze di base e per
inquadrare meglio le sue difficoltà.
La situazione ci è parsa abbastanza complessa, anche perché sembrava che neppure il
lavoro svolto individualmente gli permettesse di consolidare le abilità di base, in particolare
per quanto concerne la lettura, l’ortografia e, nell’ambito della matematica, il
riconoscimento dei numeri (scritti) a due cifre, (Quadrato del 100, Bortolato, 2002)8 ed il
calcolo (che non ho ancora proposto nella forma scritta in colonna e per il quale, da
sempre, lascio usare ai bambini le dita o altri supporti perché ho visto che, genericamente,
8
Allegato 1
15
li abbandonano autonomamente quando si sentono abbastanza sicuri e, quindi, non
ritengo necessario forzare il passaggio all’astrazione completa).
Nell’autunno scorso, per tentare di capire meglio la situazione ed identificare le difficoltà,
abbiamo provato, pur nella consapevolezza di non essere competenti per comprenderne
appieno il significato, a sottoporre al bambino alcune prove9 ed a compilare la Scala
SDAI10, (dalla quale sembravano emergere problemi di mancanza di attenzione, 26 punti,
e non nell’impulsività: 9 punti). L’esito delle prove, insieme alle osservazioni ci ha convinte
della necessità di contattare la famiglia.
Nel mese di novembre abbiamo deciso di affrontare il problema con i genitori, chiedendo
loro di sottoporre Ernesto alle visite di controllo che lo specialista aveva proposto nella
primavera precedente. I genitori, che si sono dimostrati subito molto disponibili e
collaborativi, hanno provveduto in tempi brevissimi: la visita di controllo, per la quale
avevamo preparato una relazione abbastanza dettagliata sulle difficoltà scolastiche, ha
visto miglioramenti nelle manifestazioni ticcose, ma, persistendo le difficoltà attentive e
nella lettura, lo specialista ha consigliato ulteriori approfondimenti.
La “diagnosi”
Ernesto è stato sottoposto ad alcuni controlli presso una specialista della città. La
relazione, che purtroppo conferma la complessità del caso, mette in luce i seguenti aspetti,
che reputiamo essere fondamentali per ideare e proporre attività di rinforzo e interventi
personalizzati in classe:
- disponibile e collaborativo;
- buone abilità di ragionamento visuo-percettivo;
- buona conoscenza lessicale;
- spiccata irrequietezza motoria e facile distraibilità (di cui è consapevole);
- forte debolezza nella memoria di lavoro;
- forte debolezza nella velocità di elaborazione;
- forti problematiche di natura attentiva
- profilo cognitivo nei valori bassi della media (QIT 84), con un elevato grado di
variabilità tra i punteggi;
L’atteggiamento propositivo del bimbo è, a nostro parere, un aspetto fondamentale, per
questo motivo riteniamo opportuno rinforzarlo sempre, sottolineando i suoi punti di forza,
9
tratte da un libro della biblioteca scolastica: Chiocca 2011
Cornoldi, C., Gardinale, M., Pettenò L., Impulsività e autocontrollo. Interventi e tecniche metacognitive, Erickson, TN,
1996
10
16
rassicurandolo, incoraggiandolo ad affrontare i compiti che, magari, gli appaiono troppo
difficili, proponendogli attività solo parzialmente diversificate rispetto a quelle dei
compagni. Poiché, lavorando in classe, ha dimostrato di non apprezzare sempre la
proposta di strumenti diversi, adottiamo lo stratagemma di utilizzare materiali diversificati
non solo per lui, ma anche per altri compagni (ad esempio, se l’attività prevede la
trascrizione di considerazioni e ragionamenti emersi dalla discussione in classe,
l’insegnante o, a turno, i bambini, scrivono gli appunti con la LIM, questi poi vengono
stampati in alcune copie ed incollati sui quaderni; oppure, nel caso di verifiche scritte, le
proponiamo diverse, in modo che lui ed i compagni non si rendono conto delle differenze).
Durante le attività di potenziamento che ho svolto con lui in rapporto uno a uno, invece, si
è sempre dimostrato contento di svolgere attività ed utilizzare strumenti diversi da quelli
proposti alla classe ed è molto felice di avere un apposito quaderno che prepariamo
assieme e nel quale conserviamo schede, appunti, disegni, stampe del lavoro svolto a
computer.
L’irrequietezza motoria e la facile distraibilità sono gli aspetti che ci hanno colpite fin dalla
classe prima e non sono semplici da affrontare; la particolarità, rispetto a situazioni
incontrate nel passato, è che si manifestano in tutti i contesti ed è difficile individuare le
strategie più opportune per contenerli senza urtare la sua suscettibilità, evitando di
richiamarlo troppo spesso, in particolare durante il lavoro in classe. Quando lavoro sola
con lui, invece, lascio che stia in piedi o che si muova liberamente, finchè non mi rendo
conto che tutto questo movimento incide su quel che sta facendo (ad esempio quando
usiamo piccoli oggetti per contare o operare con i numeri), in questo caso gli chiedo di
controllarsi per i minuti necessari a completare il lavoro, e poi cambio attività, e quindi
posizione.
Per quanto concerne il livello cognitivo, valutato con la prova WISC-IV, la diagnosi riporta
punteggi grezzi nella norma per quanto concerne la comprensione verbale (98) ed il
ragionamento visuo-percettivo (108), individua punti di debolezza nei livelli di prestazione
nella memoria di lavoro (79) e nella velocità di elaborazione (56), mentre il QIT si colloca
nei valori bassi della norma (84).
Se ho interpretato correttamente il significato di questi valori, Ernesto dovrebbe avere
buone abilità nell’ascoltare una domanda, attingere informazioni dalle conoscenze
pregresse, ragionare, dare una risposta ed esprimere i pensieri ad alta voce, esaminare
un problema, sfruttare abilità visivo-motorie e visuo-spaziali, organizzare i pensieri,
cercare soluzioni e verificarle (ovviamente, nella pratica ciò può avvenire sono quando
17
riesce
ad
essere
adeguatamente
attento
e
questo,
purtroppo,
non
accade
frequentemente). Gli aspetti di fragilità riguardano, invece, Memoria di lavoro e Velocità di
elaborazione, ovvero le capacità di memorizzare e manipolare nuove informazioni per
stimolare il ragionamento e pervenire a risultati, concentrarsi e focalizzare l’attenzione,
analizzare velocemente le situazioni ed ordinare sequenzialmente le informazioni visive.
Questi due aspetti risultano fortemente legati ed interdipendenti, perché la ridotta velocità
di elaborazione tende ad aumentare il carico della memoria di lavoro, già di per sé
lacunosa (effettivamente queste difficoltà emergono anche durante le attività in rapporto
uno ad uno, quando l’attenzione è direttamente e continuamente sollecitata – es. gioco di
raggruppamento e cambio per la formazione dei numeri a due cifre).
L’area della lettura risulta molto compromessa, con valori inferiori al 5°percentile, mentre
quella della scrittura si colloca nell’ambito del disagio, poiché i valori sono inferiori al
10°percentile. Nell’area del calcolo, tralasciando i risultati relativi al calcolo in colonna
(<5°), che il bimbo non conosce perché, per scelta metodologica, con questa classe, ho
deciso di insistere maggiormente sul calcolo orale e posticipare la presentazione del
calcolo in colonna, risulta deficitaria la conoscenza numerica (5-10° percentile), aspetto
che avevo già verificato al termine della classe prima nel riconoscimento ed utilizzo dei
numeri successivi al 10.
La psicologa ha suggerito alla famiglia un intervento immediato attraverso un percorso di
riabilitazione delle competenze di base della letto-scrittura e del calcolo, nonché un
potenziamento dei meccanismi attentivi e dei prerequisiti.
I genitori si sono subito attivati per poter usufruire dei servizi dell’ASL, in quanto gli
interventi svolti privatamente hanno un costo eccessivo.
Per quanto riguarda la scuola, invece, ha consigliato l’adozione di metodologie didattiche
coerenti con le Linee Guida11.
Descrizione delle finalità generali
Le finalità generali dell’intervento didattico sono tre:
- individuazione dei punti di debolezza e dei punti di forza;
- potenziamento delle abilità e delle competenze del bambino, anche nell’ambito
delle sue specifiche difficoltà, in particolare in matematica;
- sostegno alla motivazione.
Linee Guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Allegate al
D.M. 11 luglio 2011
11
18
Dopo la diagnosi e la conferma del disturbo, l’insegnante di lingua italiana ha adottato
alcune strategie per aiutare il bambino a riconoscere e ad accettare le proprie difficoltà e
a mantenere un adeguato livello di autostima.
Ha dato risalto alla partecipazione di Ernesto apprezzando sempre i suoi contributi e,
quando questi non erano del tutto pertinenti, ha evidenziato quanto di buono vi fosse
nell’intervento, ignorando ciò che non c’entrava.
Per lo svolgimento dei lavori da eseguire in classe gli ha dato più tempo e lo ha dispensato
dalla copiatura degli esercizi scritti alla lavagna fornendogli copia stampata dei testi.
Ha evitato di farlo leggere a voce alta, tranne quando la lettura era assegnata come
compito per casa elogiandolo davanti ai compagni per la maggior fluidità.
Ha inoltre proposto degli esercizi per migliorare la velocità di lettura e ha consigliato l’uso
del righello per evitare di perdere la riga.
Durante l’attività di scrittura ha deciso di non segnare e correggere con la penna rossa i
numerosi sbagli, ma ha preferito ripetere a voce la parola sbagliata scandendo bene i
suoni, per fargli capire l’errore e correggere ove possibile.
Per cercare di migliorare l’ortografia l’insegnante ha proposto in un primo momento una
serie di esercizi mirati, i quali, però, si sono rivelati inefficaci. Pertanto ha preferito puntare
su meccanismi metacognitivi per trovare strategie volte a sostenere la memorizzazione
delle regole e su ausili visivi
(cartellini simpatici realizzati insieme al bambino) per
attivare il recupero della convenzione ortografica.
Relativamente alla matematica, nonostante la diagnosi e l’attenta osservazione, non è
stato semplice individuare le difficoltà di Ernesto, perciò ho ritenuto fondamentale capire a
quali aspetti dedicare maggiore attenzione. Per quanto concerne il potenziamento, pur
nella consapevolezza di non aver titolo e competenza per entrare nel merito del dibattito
scientifico tra le teorie che propongono una visione dicotomica e quelle che, invece,
promuovono una visione maturazionale12 dei DSA, ci è sembrato scontato, considerando
anche l’età di Ernesto, affrontare il problema nella prospettiva maturazionale. Si è poi
reputato fondamentale prestare particolare attenzione alla motivazione (aspetto che
consideriamo comunque assolutamente fondamentale per tutti i bambini), poiché Ernesto
manifesta a volte atteggiamenti di rinuncia verso le attività didattiche, forse proprio a causa
della consapevolezza delle proprie difficoltà. In questo senso il lavoro svolto in rapporto
uno ad uno ci ha consentito di prestare maggiore attenzione agli aspetti metacognitivi
12
La ricerca scientifica ha ampliamente dimostrato che i neuroni sono plastici, ovvero hanno la possibilità di modificarsi,
e che lo sviluppo dei circuiti celebrali è legato sia alla predisposizione genetica, sia alle esperienze post natali.
L’intervento mirato, in particolare in età evolutiva, quindi, può influenzare positivamente questo sviluppo.
19
(approccio che, comunque, utilizziamo molto anche durante il lavoro in classe, soprattutto
con proposte di co-costruzione della conoscenza e delle procedure).
Obiettivi (traguardi da raggiungere)
In questa fase mi sono posta in particolare tre obiettivi, due dei quali relativi alla
transcodifica numerica, che potrebbero essere scontati, ma che credo siano fondamentali
per proseguire negli apprendimenti13:
- leggere, scrivere e riconoscere i numeri entro il 100;
- identificare la collocazione sulla linea dei numeri e sul quadrato del 100;
- conoscere ed utilizzare strumenti e sussidi utili a consentirgli gli apprendimenti
successivi ed a partecipare alle attività svolte con la classe.
Osservando gli errori del bimbo, sono emerse difficoltà nell’enumerazione (in avanti oltre il
20 ed all’indietro anche dal 20 al 10) ed il mancato riconoscimento dei numeri oltre il 10.
Ernesto confonde molto frequentemente le decine con le unità dei numeri, ad esempio
12/20/21, 30/13, 14/41 o 26/62, perciò ho ritenuto fondamentale insistere su questi aspetti,
visto che non dimostra, pare, difficoltà nelle abilità aritmetiche (conosce le procedure di
calcolo che ho proposto, e gli errori che compie mi sembrano più legati alla lettura ed al
riconoscimento dei numeri ed alla conta). Parallelalmente al percorso di potenziamento sui
numeri gli ho proposto giochi, esercizi e strumenti utili a proseguire il lavoro con il gruppo
classe (ad esempio la memorizzazione delle tabelline), in modo da sostenere la sua
motivazione.
Scelte metodologiche, strumenti, strategie, verifiche
L’intervento di potenziamento proposto ad Ernesto, svolto sia in rapporto uno ad uno al di
fuori del mio orario di lavoro sia durante la normale attività didattica con la classe, ha lo
scopo di colmare le lacune, valorizzare le potenzialità ed individuare metodi, sussidi e
strumenti che lo possano sostenere nell’apprendimento. Le scelte metodologiche, basate
sia sulle mie esperienze pregresse che sugli stimoli offerti dalla lettura dei materiali
presentati in bibliografia, vengono adattate di volta in volta, man mano che comprendo
meglio le difficoltà ed osservando la sua reazione alle diverse proposte.
Per quanto riguarda il counting, partendo dal fatto che a questa classe ho proposto
l’utilizzo del Quadrato del 100 [BORTOLATO, 2002 ], ho ritenuto opportuno continuare ad
la scelta è confortata anche da quanto espresso dalla prof.ssa Lucangeli [2010, pag.239] laddove sostiene che «… i
compiti relativi al sistema dei numeri e all’elaborazione numerica non possono valersi di strumenti compensativi» ed è
quindi assolutamente necessario favorire e consolidare queste competenze.
13
20
utilizzare questo strumento che dovrebbe aiutarlo a consolidare l’ordine sequenziale dei
numeri, considerando le buone abilità visuo-percettive emerse dagli approfondimenti
diagnostici. Relativamente agli errori nella lettura e scrittura dei numeri ho deciso, in corso
d’opera, di utilizzare il materiale multibase di Dienes (solo base 10), per capire a quale dei
processi della cognizione numerica (semantici, lessicali o sintattici) è legata la confusione
tra il valore delle due cifre.
Nel corso del lavoro abbiamo utilizzato, oltre ai suddetti strumenti, anche materiali non
strutturati (monetine e oggetti vari da contare, classificare, raggruppare, ecc), schede
cartacee (in particolare gli es. proposti in LUCANGELI, POLI, MOLIN 2007), giochi al computer o
applicazioni sul telefono o sull’iPad e materiali preparati seguendo alcune delle indicazioni
operative proposte nei volumi che ho consultato.
Breve descrizione di attività, azioni effettuate
Dopo aver avuto il consenso dei genitori, quando ho iniziato l’attività individuale (svolta in
orario scolastico, ma oltre il mio orario di servizio), mi sono confrontata con il bimbo,
abbiamo parlato un po’ della materia, dei giochi e dei lavori che facciamo in classe, delle
cose che gli piacciono di più e di quelle che lo mettono in difficoltà. Abbiamo preso degli
accordi sulle modalità d’intervento quando si distrae, concordando un segnale che solo lui
ed io conosciamo per richiamare la sua attenzione quando siamo in classe. Gli ho
spiegato che qualche volta gli avrei proposto, in classe, attività leggermente diverse da
quelle proposte ai compagni, e che questa scelta era finalizzata, così come l’attività
individualizzata, a diventare dei “maghi dei numeri”14. A questo scopo abbiamo preparato
anche un quaderno speciale, in cui raccogliamo schede, disegni, appunti ed altri materiali.
Ernesto è consapevole della sua difficoltà nella lettura e nella scrittura dei numeri, ma non
degli errori nell’enumerazione, perciò si è dimostrato più conciliante verso le attività rivolte
al primo aspetto e meno verso quelle del secondo.
Ciascun incontro inizia con una breve chiacchierata: al bambino piace raccontare qualche
episodio vissuto a casa o a scuola. Se da questa conversazione riesco a trarre spunti per
avviare l’attività programmata, approfitto dell’occasione altrimenti, dopo qualche minuto, gli
spiego che dobbiamo dedicarci un po’ alla matematica e lui accetta di buon grado (anche
durante l’attività individuale, comunque, è molto difficile fargli mantenere l’attenzione per
più di qualche minuto perché anche se sembra contento di farla, qualsiasi piccolo stimolo,
anche offerto dall’attività stessa, tende a distrarlo).
14
non avendo programmato il discorso, ho improvvisato la definizione, sicuramente ispirata dal titolo del volume di H.
Enzensberger, Il Mago dei numeri, Einaudi, 2005, che ho usato negli scorsi anni scolastici.
21
Considerati i tempi d’attenzione piuttosto brevi, in ogni incontro gli propongo attività
inerenti cinque dei sei processi della conoscenza numerica (come già accennato, non ho
ancora proposto alla classe il calcolo in colonna):
1. counting;
2. processi semantici (conoscenza del valore in termini di quantità);
3. processi lessicali (codifica bidirezionale tra cifre e parola);
4. processi sintattici (valore posizionale delle cifre entro il 100);
5. calcolo a mente (con il supporto delle mani, di materiale strutturato e non, giochi al
computer o applicazioni installate nel mio telefono o nell’iPad).
Relativamente ai primi quattro punti, sono partita dal presupposto che, come affermano
Biancardi e Lucangeli (Lucangeli, Mammarella 2010), tutti i compiti legati al sistema dei
numeri e all’elaborazione numerica non possono valersi, a differenza delle abilità
aritmetiche, di strumenti compensativi ed è quindi assolutamente necessario avere
dimestichezza con i processi di transcodifica.
Per quanto riguarda il counting, le attività proposte sono: numerazioni progressive
e regressive (prima entro il 20, poi entro il 30, ecc.), a voce, contando piccoli oggetti o le
unità del multibase di Dienes (a questo proposito, pur essendo consapevole che questi
sussidi vengono considerati da molti superflui e fuorvianti 15, devo sostenerne l’utilità che
ho rilevato in tanti anni di lavoro in classe), i dots del Quadrato del 100, gli elementi di
immagini trovate pronte o, per i numeri più grandi, opportunamente preparate).
Nonostante l’esercizio, Ernesto continua ad omettere numeri, alcuni nella conta
progressiva e molti in quella regressiva, specialmente quando non è supportata da
qualcosa di concreto, ma spero che il continuo rinforzo possa migliorare la situazione.
Come esercizi al computer gli ho proposto alcuni dei software di Agazzi C. (Scrivere il
numero consecutivo maggiore; Scrivere il numero consecutivo minore; Ordinare i numeri
in modo crescente; Ordinare i numeri in modo decrescente, tutti nella versione per le
classi prima e seconda) e di Murelli R. (Metti in ordine!).
Anche per quanto concerne i processi semantici, ho ritenuto opportuno continuare
ad utilizzare il metodo analogico, offrendogli esercizi di lettura e riconoscimento con il
Quadrato del 100, assieme al percorso proposto da Lucangeli, Poli, Molin (2003). Le
attività relative al significato delle operazioni sono state proposte prima a tutta la classe e
poi in rapporto individuale, per valutare con maggiore chiarezza la sua comprensione.
D’AMORE, B. «Basta con i numeri da 1 a 9, basta con i numeri in colore, basta con i blocchi logici, basta con gli abaci
multibase» pubblicato su Vita scolastica, n. 8, 1 gennaio 2002, pp 14-18.
15
22
Riguardo i processi lessicali, gli ho proposto il percorso dello stesso volume, che
ben riprendeva la metodologia usata lo scorso anno, però, in alcune occasioni, mi ha detto
di non apprezzare la proposta di esercizi che gli parevano troppo facili e scontati, quindi
non ho ritenuto opportuno insistere troppo con schede aggiuntive e optando piuttosto su
esercizi pratici, lettura, dettati, collegamento di gruppi di oggetti con cartellini con numeri
scritti nei diversi codici. Ci siamo esercitati anche con il software di Murelli Conta e scrivi Cifre e lettere e con le Cartelle e le fiches colorate proposte in Riccardi Ripamonti (2011).
Si è rivelato più complesso, invece, il percorso di potenziamento relativo ai
processi sintattici. Come accennato, Ernesto compie frequentemente errori nella sintassi
del numero scritto, (che credo poter inquadrare in quella che Temple definisce “dislessia
per le cifre”) e le attività didattiche proposte alla classe non sono state sufficienti a
superare queste difficoltà. Anche in questo caso ho utilizzato il percorso di Lucangeli, Poli,
Molin (2003), integrandolo, però, con il materiale multibase di Dienes e con le Cartelleunità e decine e le fiches colorate di Riccardi Ripamonti (2011), perché sembrava che la
sola riflessione sugli aspetti linguistici e sulla posizione delle cifre non fosse sufficiente.
Svolgendo le schede, infatti, pare che gli sia tutto chiaro ma, eseguendo altri esercizi (es.
un dettato di numeri), continua a commettere gli stessi errori.
Ecco un esempio di attività (6 marzo), svolta in rapporto uno a uno (in classe, pur
svolgendo lo stesso tipo di lavoro, è difficile mantenere desta la sua attenzione per il
tempo necessario): gli propongo un dettato di numeri (15, 20, 25, 13, 11, 10, 20, 18, 14,
23, 30, 13). Successivamente rileggo lentamente i numeri dettati, lui ha il compito di
individuare gli errori e correggere da solo, nel farlo mi riferisce che «”12” è sbagliato,
perché devo scrivere “due zero”», però la prima volta scrive “02”, poi si corregge.
23
Ne parliamo un po’ e gli suggerisco di «pensare alla quantità» prima di scrivere il numero,
allora proviamo a disegnare un paio di numeri del dettato. Solo in un caso utilizza di pallini
con cui lavoriamo in classe, nell’altro sceglie di disegnare quadretti, ma rappresenta
correttamente entrambe le quantità.
Ho pensato (e spero di non aver sbagliato) che manipolare, vedere o rappresentarsi
mentalmente qualcosa di concreto o significativo (come le fiches colorate) avrebbe potuto
aiutarlo a riconoscere la posizione corretta delle cifre. Sono consapevole che questo
procedimento comporta maggiore dispendio di memoria di lavoro, ma ho verificato che gli
consente di fare meno errori negli esercizi, ad esempio, di confronto tra due numeri.
Giocando a formare i numeri con il multibase mi sono resa conto delle lacune nella
memoria a breve termine: il gioco, svolto in rapporto individuale, consisteva nel formare, a
turno, un numero (sempre composto da un massimo di 5/6 pezzi), mostrarlo per qualche
secondo, poi coprirlo e chiedere che numero fosse. Con un po’ d’esercizio Ernesto ha
imparato presto a “leggere” i numeri che gli proponevo io, ma, quando era lui a proporlo,
non riusciva a ricordare cosa aveva formato e
quindi a valutare la mia risposta. Ho provato, con
l’aiuto
di
una
collega
disponibile
o
di un
compagno, a farlo riflettere sul numero che stava
preparando ed a suggerirne il nome alla terza
persona, ma la situazione non cambiava: in meno
di qualche minuto dimenticava il numero proposto.
Rispetto all’inizio dell’anno Ernesto mostra una
maggior consapevolezza di questa sua difficoltà:
ora compie meno errori e dice apertamente di
confondersi tra i numeri (es. 15 e 51), mi auguro
che questa sua conoscenza non sia demotivante,
ma piuttosto ci aiuti a trovare il modo per non
confondersi più, anche perché gli ho promesso
che assieme avremmo trovato una soluzione.
Ecco l’esempio di un lavoro svolto in classe nel
mese di maggio, dopo il lavoro di potenziamento,
forse il miglioramento non è eclatante, ma per noi
è già un piccolo passo. Ho dettato ai bimbi i
numeri proposti in Lucangeli, Poli, Molin (2003),
24
pag. 166, loro dovevano scriverli uno sotto l’altro. Poi, dopo aver scambiato il quaderno
con un compagno (procedura che adottiamo spesso) ho fatto rileggere i numeri ad Ernesto
(dalla scheda, anche per verificare questo aspetto, mentre io controllavo il suo quaderno),
affinché individuassero eventuali errori, ciascun bambino doveva scrivere il numero in
lettere, utilizzando il rosso per le lettere che si riferivano alle decine e la matita per quelle
che rappresentavano le unità (ispirandomi all’esercizio proposto nel volume citato, pag.
157). Nel dettato Ernesto ha commesso un solo errore (36 vs 86) che ha individuato da
solo, nella transcodifica, a parte gli errori ortografici, ha sbagliato la scrittura del 12 (non ha
usato i colori giusti) e del 51 (ha scritto quindici). C’è da considerare che il lavoro è stato
piuttosto lungo e che non l’ho seguito individualmente, credo che anche i suoi tempi di
attenzione lo abbiano condizionato. Nella lettura ha dimostrato difficoltà nei numeri 27, 77,
26, 17. Chiaramente, quindi, l’aspetto più critico è nella lettura piuttosto che nella scrittura
(forse perché nel secondo caso ha più tempo per riflettere sul valore).
Ritengo che questo processo sarà quello che dovrò curare maggiormente anche per il
futuro.
Per quanto riguarda il Calcolo a mente, l’approfondimento che ho svolto anche
grazie a questo Master sui processi di apprendimento della matematica ha avuto un
riscontro significativo sulla mia metodologia per tutta la classe. Pur avendo deciso già
durante lo scorso anno scolastico, di non proporre il calcolo in colonna, le letture svolte
hanno dissipato molte perplessità e dubbi, permettendomi di confrontarmi con colleghi e
genitori che non condividevano questa mia scelta con maggiore consapevolezza. Anche in
questo caso ho utilizzato il percorso proposto da di Lucangeli, Poli, Molin (2003),
adattando però la grafica delle schede a quella del Quadrato del 100.
presentazione del libro
presentazione nelle schede rielaborate
Considerando che le attività proposte dal volume si adattano perfettamente a quelle
proposte alla classe ho ritenuto opportuno, anche in questo caso, utilizzarle con tutti i
bambini, in particolare quelle utili a favorire il calcolo mentale veloce e le strategie di
calcolo.
Per quanto riguarda il calcolo, Ernesto manifesta evidenti difficoltà nell’acquisizione dei
fatti aritmetici: non ha ancora memorizzato le coppie del dieci (difficoltà che condivide con
il compagno cui ho accennato sopra, anche se, credo, con cause diverse), perciò continuo
25
a proporgli giochi, schede ed esercizi per favorire questa memorizzazione. Non voglio
intestardirmi, so bene che questo aspetto è caratteristico dei bambini con DSA, ma penso
che ci sia ancora un margine di miglioramento e non vorrei perdere un’occasione. Per
quanto concerne, invece, la memorizzazione delle tabelline (per la quale ho preparato,
come sempre, un “terreno fertile”, motivando preventivamente i bambini in tutti i modi
possibili), ho adottato con tutta la classe la metodologia proposta in Lucangeli (2012): per
lo studio ho seguito, diversamente da quanto facevo nel passato, l’ordine proposto (2, 3, 5,
10, poi 4 e 6); ciascun bambino ha la sua tavola pitagorica, che completiamo man mano
che avanziamo nello studio; periodicamente propongo altre tavole sulle quali facciamo
riflessioni di tipo metacognitivo (es. individuazione di regole e strategie); per ciascuna
tabellina inventiamo assieme una filastrocca16, che poi arricchiamo con immagini
significative (anche se non tutti gli autori condividono l’uso di filastrocche, i bambini - ed
Ernesto in particolare - apprezzano molto questa attività e reputo produttivo assecondarli),
poi propongo la scheda del volume citato
(adattandola al Quadrato del cento) 17 ed
esercizi di consolidamento della memorizzazione tratti dai diversi volumi citati in
bibliografia (ai bimbi piace molto l’esercizio proposto in Lucangeli, Poli, Molin (2003, pag.
241), perciò ho preparato altre schede simili, che svolgiamo sia a scuola che a casa18.
Per ora ad
Ernesto ho proposto tutte le attività, ma ho
chiesto la memorizzazione delle tabelline del 2 e del 3 e gli
preparato delle carte con le stesse immagini utilizzate nelle
schede, ma colorate, in modo di offrirgli un supporto visivo
più motivante. Ho chiesto la collaborazione dei genitori: a
casa, quando studiano le tabelline, man mano che il bimbo
dice la moltiplicazione (per ora in ordine crescente), posa le
carte sul tavolo ed ha un supporto sia visivo che motorio.
Per favorire l’utilizzo della tavola pitagorica come strumento
compensativo ho preparato per l’aula una grande tavola
pitagorica “a pagine”: una pagina già completata, sulla
quale ci esercitiamo con le braccia per trovare gli incroci
(nodi) giusti (faccio svolgere l’attività a tutti i bimbi, ma è
finalizzata
soprattutto
ad
Ernesto),
un’altra
viene
completata man mano che impariamo le tabelline, la terza
16
vedi allegato 2
vedi allegato 3
18
vedi allegato 4
17
26
contiene solo le moltiplicazioni da memorizzare effettivamente, escludendo quelle che
possiamo dedurre dalle regole individuate (n x 0 = 0; n x 1 = n; n x n1 = n1 x n).
Periodicamente, oltre a giochi orali, propongo ai bimbi verifiche scritte sulle tabelline via
via memorizzate, in questo caso per Ernesto preparo schede sulle tabelline che ha
imparato, e sempre con un supporto visivo (in questo modo tutti svolgono la verifica nello
stesso tempo e su schede simili e non creo disparità evidenti)19. Per il futuro ho pensato di
proporre ad Ernesto anche la tabellina del 5 e del 10 e, preparati i materiali necessari,
chiedere l’aiuto ai genitori per farlo esercitare anche durante l’estate. Il prossimo anno,
quando proporrò alla classe moltiplicazioni con più cifre, adotterò un sistema già utilizzato
nel passato: una tavola pitagorica completa, dalla quale cancelleremo via via i nodi che
Ernesto avrà memorizzato o potrà dedurre dalle regole imparate.
QUARTA PARTE
Considerazioni finali
E’ sempre abbastanza complesso formalizzare il raggiungimento di obiettivi e finalità in
progetti ed attività articolati, in particolare quando interessano situazioni in continua
evoluzione e soggette a molteplici variabili come i processi d’apprendimento.
Un aspetto certamente positivo è il rapporto di stima e collaborazione che si è instaurato
con i genitori di Ernesto: una relazione proficua con le famiglie dei bambini è sempre
auspicabile e necessaria, ma a volte, di fronte alle difficoltà, possono prevalere
atteggiamenti di chiusura che complicano la situazione e rischiano di aggravare i problemi,
per fortuna non è il nostro caso.
Credo che la fiducia che i genitori ripongono in noi e la collaborazione all’interno del team
siano due aspetti fondamentali anche per affrontare il futuro.
L’intervento realizzato con Ernesto è l’inizio di un percorso che dovremo proseguire nei
prossimi anni, tenendo sempre conto, oltre che della sua evoluzione, della situazione della
classe in generale e degli altri bambini con particolari necessità.
Per quanto concerne le finalità generali, posso affermare di aver individuato con maggiore
chiarezza le difficoltà di Ernesto, ma spero che ulteriori controlli specialistici e l’eventuale
contatto con gli addetti possano supportare il lavoro mio e dei colleghi per programmare gli
interventi futuri.
Sicuramente le attività ci hanno consentito di lavorare sulla motivazione di Ernesto: sarà
importante continuare a occuparsi di questo aspetto, in particolare di fronte a nuovi
19
vedi allegato 5
27
apprendimenti, in modo che il bimbo non sviluppi atteggiamenti rinunciatari o oppositivi.
Spero che la maggior consapevolezza che manifesta relativamente alle sue difficoltà in
matematica sia utile ad entrambi per individuare le strategie necessarie a superarle.
Rispetto agli obiettivi, anche se Ernesto non ha ancora raggiunto i livelli della classe, ho
verificato miglioramenti nella lettura, scrittura e riconoscimento dei numeri entro il cento e
nell’uso del Quadrato del 100, sia per l’individuazione delle quantità, sia per lo svolgimento
delle operazioni. Ha anche iniziato ad applicare alcune strategie del calcolo orale, seppure
con numeri più piccoli rispetto ai compagni, le svolge oralmente alla lavagna (ovvero a
voce alta davanti a tutta la classe)20. Il continuo rinforzo positivo, l’attenzione rivolta alle
sue potenzialità, i piccoli successi lo stimolano molto e mi auguro contribuiscano
all’aumento della percezione di competenza ed allo sviluppo di una visione incrementale
delle proprie abilità. Ernesto è ancora piccolo, e questo è certamente un aspetto positivo,
sia lui che noi abbiamo davanti ancora molto tempo per lavorare e migliorarci.
20
vedi allegato 1
28
Bibliografia
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BORTOLATO, C. [2002] Calcolare a mente, Erickson Trento.
CHIOCCA, E. a.c. [2011] Strumenti di supporto per studenti con disturbi specifici di
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LUCANGELI, D. MAMMARELLA, I. a.c. [2010] Psicologia della cognizione numerica. Approcci
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http://www.robertostefanoni.it/a/isp/attivita/bes/lucangeli_17-5-12.pdf
Video (suddiviso in cinque parti) dell’intervento "L'intelligenza Numerica non è un’utopia"
della prof. Daniela Lucangeli , nell’ambito del Convegno “La matematica non da mai i
29
numeri” 8 aprile 2011 a Mogliano Veneto (TV):
http://www.youtube.com/watch?v=TJQdJApgOrA; http://www.youtube.com/watch?v=Y0vLG70YUI; http://www.youtube.com/watch?v=gxaiVQO7COg;
http://www.youtube.com/watch?v=kjeWA9RnKR4;
http://www.youtube.com/watch?v=bpSslTL49gY.
Video dell’intervento del prof. Stella sulla Dislessia al convegno “Come la lettura sviluppa la
mente Dieci anni di Nati per Leggere: riflessioni e prospettive”, Torino 17 maggio 2010:
http://www.youtube.com/watch?v=m5sNAWQmPUI
Software ed altri strumenti
BIANCARDI, A.,PULGA, S., SAVELLI, E. [2008] Potenziare le abilità numeriche e di calcolo,
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BORTOLATO, C. [2010] Apprendere con il metodo analogico e la LIM, Erickson Trento.
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AGAZZI C. http://www.ilsoftwaredicesare.it/index.htm
Scrivere il numero consecutivo maggiore - classi 1, 2
Scrivere il numero consecutivo minore - classi 1, 2
Scrivere il numero maggiore tra più numeri - classi 1, 2
Scrivere il numero minore tra più numeri - classi 1, 2
Stabilire una relazione fra due numeri - classi 1, 2
Ordinare i numeri in modo crescente - classi 1, 2
Ordinare i numeri in modo decrescente - classi 1, 2
Numeri amici – Esercitazione – Stampa - Schede
Addizioni.1 - Esercitazione
Sottrazioni.1 – Esercitazione
MURELLI, R. (Pavia) http://www.softwaredidatticofree.it/index.htm :
Gli amici di 10
Raggruppiamo per 10
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