INTRODUZIONE La presente relazione (intende) riassumere) riassume una parte del percorso di formazione (seguito nell’ambito della frequenza) al Master di I livello in Psicopedagogia e Psicopatologia per i disturbi specifici dell’apprendimento. Dopo un (breve) inquadramento generale sugli aspetti scientifici, metodologici e normativi relativi ai disturbi che più frequentemente possono manifestarsi nei bambini in età scolare, ho descritto l’attività svolta con un alunno della mia classe che, seppur piccolo, manifesta i sintomi di DSA negli ambiti della lettura, della scrittura e del calcolo. 2 poiché, da molti anni, insegno prevalentemente matematica nella scuola primaria e sono molto interessata ai processi di apprendimento ed alle metodologie didattiche relative alla disciplina, 1 Ho cercato di approfondire gli aspetti relativi alla cognizione numerica e al calcolo. Queste pagine(quindi,) (non hanno altra ambizione che rappresentare) rappresentano quindi semplici(?) appunti e considerazioni di un’insegnante che si è soffermata a riflettere su uno dei tanti aspetti della propria esperienza scolastica. PRIMA PARTE I DSA e le altre problematiche scolastiche Negli ultimi decenni le segnalazioni di scuole e famiglie, i risultati delle ricerche statistiche internazionali, le ricerche nel campo dell’apprendimento svolte dalle comunità scientifiche concordano nel segnalare l’esistenza di molteplici problematiche scolastiche (scarso rendimento, bocciature, difficoltà scolastiche in ambiti specifici, ricorso agli specialisti per individuare le cause di queste difficoltà, abbandono scolastico, ecc.). Parallelamente la ricerca ha approfondito notevolmente il proprio impegno riguardo le difficoltà scolastiche in genere e in modo particolare, i disturbi specifici dell’apprendimento. Secondo C. Cornoldi (2007) uno studente su cinque, in Italia, incontra, durante il suo percorso scolastico, difficoltà tali da dover ricorrere all’aiuto di un esperto. Secondo l’autore le difficoltà sono di tanti tipi e non dipendono da un unico fattore ma, più frequentemente, da una serie di concause relative all’individuo, al contesto socio-culturale e alla qualità dell’istruzione scolastica. I profili delle difficoltà proposti dallo studioso sono i seguenti: 1. Condizione di handicap (mentale, sensoriale visivo, sensoriale uditivo, multiplo) 1,2%. 1 2. Disturbo specifico dell’apprendimento, 4%. 3. Disturbi specifici collegati (DDAI - o ADHD -, autismo ad alto funzionamento, disturbi del comportamento, problematiche emotive gravi), 4%. 4. Svantaggio socioculturale grave (condizioni di deprivazione precoce, appartenenza a gruppi svantaggiati / stranieri). 5. Difficoltà scolastiche in altre aree rilevanti, es. lingua straniera, aspetti avanzati dell’apprendimento matematico, abilità trasversali di studio, ecc. E’ fondamentale, secondo Cornoldi, essere ben consapevoli che i confini tra le diverse categorie non sono mai ben delineati ed evidenti, che due problematiche possono essere associate, in concomitanza o in successione, che non è possibile stabilire quale sia la causa dell’altra e che sia le procedure diagnostiche, sia le strategie d’intervento possono assomigliarsi o coincidere, nonostante le eziologie delle difficoltà siano molto diverse. I Bisogni Educativi Speciali Le «Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione» del 20121 (documento in cui vengono descritti i traguardi per lo sviluppo delle competenze, prescrittivi, che la scuola è tenuta a far raggiungere agli alunni), dedicano un breve paragrafo, all’interno del capitolo relativo all’Organizzazione del curricolo, all’inclusione degli alunni con Bisogni Educativi Speciali. Nel testo vengono riconosciuti come fondamentali i principi dell’inclusione e della prevenzione della dispersione scolastica: gli interventi che le scuole dovranno mettere in atto attraverso adeguate strategie organizzative e didattiche e l’attuazione di percorsi personalizzati dovranno rivolgersi ai bambini non italiani, con disabilità o con bisogni educativi speciali. La definizione BES (Bisogni Educativi Speciali), introdotta fin dal 1978 (Special Educational Needs) nel Regno Unito, comprende tutte le situazioni in cui gli studenti manifestano una qualche difficoltà nell’apprendimento scolastico. In Italia la DM del 27 dicembre 2012, integrata dalla recentissima CM n. 8 del 6 marzo 2013, include nell’area dei BES, oltre agli alunni con certificazione di disabilità e agli alunni con DSA (per i quali esistono normative specifiche) , “lo svantaggio sociale e culturale, i disturbi evolutivi specifici, le difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse”. Tutti gli studenti che rientrano, anche temporaneamente, in questa categoria, dovranno poter godere di una programmazione personalizzata, definita in un apposito PDP, finalizzata a favorire l’inclusione. In questa sede non è opportuno 1 elaborate ai sensi dell’art.1, comma 4 del DPR n. 89 del 20 marzo 2009, secondo i criteri indicati nella C.M. n. 31 del 18 aprile 2012. 2 approfondire la portata di queste indicazioni per la scuola, anche se come insegnante non posso fare a meno di pensare alle implicazioni pratiche conseguenti. Una delle novità fondamentali, riscontrabili anche nei più recenti documenti internazionali, è la necessità di considerare le prestazioni del bambino in una visione più complessa e globale, strettamente connessa al suo contesto di vita ed alle sue opportunità formative. I Riferimenti diagnostici Prima di proseguire ritengo opportuno soffermarmi brevemente sui riferimenti internazionali cui la recente normativa e la ricerca fanno costantemente riferimento, e che spesso incontriamo nella pratica didattica: l’ICD-10, il DSM, l’ICF-CY e le relazioni delle Consensus Conference. L’ICD-10 è la decima revisione del manuale diagnostico internazionale, curato dall’OMS, in cui sono classificate tutte le malattie ed i problemi sanitari correlati. Il manuale è diviso in settori, uno (il quinto) relativo ai disturbi psichici e comportamentali, all’interno dei quali troviamo classificati i disturbi che possiamo riscontrare a scuola e, nello specifico, i Disturbi dello sviluppo psicologico e quindi i Disturbi evolutivi specifici delle abilità scolastiche (F81). Il DSM, “Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders” è un manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, elaborato dall'American Psychiatric Association (APA). Attualmente viene utilizzata la IV revisione, ma nel corso del 2013 dovrebbe essere pubblicata la successiva. Questi strumenti, pur presentando differenze cospicue ed essendo oggetto di costante revisione, secondo Cornoldi (2007) sono molto utili, perché garantiscono elementi di linguaggio comune, definizioni e parametri diagnostici necessari ad elaborare classificazioni, studi e diagnosi condivisibili. L’ICF è una classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità, della Salute pubblicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2001 e seguita, nel 2007, dall’ICF-CY (International Classification of Functioning, Disability and Health-Children and Youth Version), rivolta a bambini e adolescenti. A differenza dei documenti precedenti, non riguarda soltanto le condizioni di persone affette da particolari anomalie fisiche o mentali, ma è applicabile a qualsiasi persona che si trovi in qualunque condizione di salute, ove vi sia la necessità di valutarne lo stato a livello corporeo, personale o sociale. Questi documenti utilizzano una definizione di disabilità più composita rispetto al passato e tengono conto dei fattori contestuali ed ambientali: 3 “conseguenza o risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo, i fattori personali, e i fattori ambientali che rappresentano le circostanze in cui vive l’individuo”. La definizione si basa su un modello Biopsicosociale della disabilità, in cui la stessa è il frutto dell’interazione della diagnosi (funzioni e strutture corporee e maturità psicologica) con i fattori contestuali che possono rappresentare aspetti facilitanti o ostacolanti. I fattori contestuali, famiglia, ambiente, cultura ed anche l’esperienza scolastica, rivestono ancora maggiore importanza nel caso di bambini ed adolescenti: nel documento del 2007 è scritto esplicitamente che il funzionamento del bambino può essere pensato sempre e soltanto nel contesto di vita all’interno del quale esso si manifesta. L’altro aspetto importante per chi si occupa di insegnamento è che l’ICF-CY non è un elenco dei problemi di funzionamento, ma una classificazione positiva dei livelli di funzionamento, uno strumento quindi più utile per organizzare e calibrare l’intervento scolastico. Le Consensus Conference sono dei convegni finalizzati ad indagare e favorire il confronto sulle teorie e sull’efficacia degli interventi di sanità pubblica ed a orientare la successiva ricerca. Ai partecipanti vengono proposti alcuni quesiti su aspetti critici o non condivisi degli argomenti trattati, le risposte, basate sulla letteratura e sui risultati delle ricerche vengono poi analizzate da una “giuria”. Tutta la documentazione prodotta nell’ambito delle CC riveste una fondamentale importanza sia dal punto di vista normativo, sia per la ricerca, sia per le scuole e per gli altri enti che si occupano dell’argomento. Nell’ambito dei DSA, in Italia, la terza CC si è svolta nel dicembre del 2010 (i risultati sono stati pubblicati nel 2011). I Disturbi Specifici dell’Apprendimento All’interno dell’ampio campo dei Bisogni Educativi Speciali e delle difficoltà scolastiche, la ricerca italiana ha iniziato ad occuparsi della vasta e diversificata gamma di problematiche persistenti nello sviluppo cognitivo e nell’apprendimento scolastico, definibili in base al mancato raggiungimento di obiettivi di apprendimento che, all’interno del contesto in cui il bambino vive, sono considerati essenziali. Fin dagli anni ottanta, si è utilizzata la definizione Disturbi Specifici dell’Apprendimento per indicare quelle che D.D. Hammil2 definisce Learning disability: un gruppo eterogeneo di disturbi manifestati da significative difficoltà nell’acquisizione (apprendimento) e nell’uso di abilità di ascolto, espressione 2 On defining learning disabilities: An emerging consensus, in «Journal of Learning Disabilities», 23 pp.74-84, 1990 4 orale, lettura, ragionamento e matematica, presumibilmente dovuti a disfunzioni del sistema nervoso centrale. L’OMS definisce i DSA “disturbo a patogenesi organica, geneticamente determinato, espressione di disfunzione celebrale”. Secondo Stella e Grandi (2001), il termine Disturbo (Disorder) deriva da una delle prime teorie sull’argomento che introdusse il criterio della “discrepanza”, ovvero la differenza tra quoziente intellettivo e abilità scolastiche, ed individua una disfunzione del sistema nervoso centrale che causa una lacuna nell’integrazione, processamento e archiviamento delle informazioni, visibile solo all’”uscita” delle stesse. Il termine Specifico sta ad indicare il fatto che il disturbo interessa uno specifico dominio di abilità, in modo significativo ma circoscritto, lasciando intatto il funzionamento intellettivo in generale (Cornoldi, 2007). Si stima che nella scuola italiana, una forbice compresa tra il 3 e il 5% degli alunni manifesti uno o più Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Nonostante la ricerca scientifica non sia ancora pervenuta ad una classificazione condivisa e complessiva (Cornoldi, 2007), a scuola facciamo riferimento alla L. 170, dell’ 8 ottobre 2010, che riconosce tra i DSA, “che si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana” la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia, e propone per ciascuno di questi disturbi una specifica definizione. Con il termine Dislessia Evolutiva ci si riferisce alla difficoltà di un bambino nell’apprendimento della decodifica di lettura intesa come l’abilità di base che consente di riconoscere le parole contenute in un testo, e si manifesta come una difficoltà a carico dell’automatizzazione (velocità) e della correttezza nella lettura. La Disgrafia si riferisce ad una specifica difficoltà a carico dell’aspetto grafico e motorio della scrittura, che risulta disordinata, illeggibile o estremamente lenta. Considerando che in ambito scolastico la scrittura manuale viene richiesta in modo quasi esclusivo, l’incapacità di impugnare correttamente la matita o la penna, di esercitare la corretta pressione della mano, di rispettare spazi e dimensioni del foglio, delle lettere e delle parole condiziona pesantemente l’esperienza d’apprendimento del bambino. L’altro disturbo della scrittura è la Disortografia che si manifesta nella mancata correttezza della scrittura, intesa come processo di trascrizione tra fonologia e rappresentazione 5 grafemica della parola. Gli errori più frequenti consistono in omissioni di lettere o parti di parola, sostituzioni o inversioni, assenza di doppie e accenti. Un’altra caratteristica è che la stessa parola può essere scritta, a distanza di poche righe, in modi molto diversi. La Discalculia evolutiva è il disturbo a carico delle abilità numeriche (elaborazione del numero) e aritmetiche (il calcolo e le procedure correlate) che si presenta con persistenti difficoltà nella scrittura dei numeri, nel riconoscimento dei simboli matematici, nell’enumerazione, nel recupero dei fatti aritmetici e delle procedure, nella gestione dello spazio e nella soluzione di problemi (nonostante l’integrità delle capacità logiche). La legge 170 si riferisce, quindi, a disturbi che riguardano le abilità strumentali fondamentali, ma la ricerca ha individuato altre classificazioni, che tengono conto degli apprendimenti più complessi richiesti nelle fasi successive, e che possono coinvolgere la comprensione del testo, l’apprendimento della lingua straniera, la soluzione dei problemi, l’apprendimento non verbale, le difficoltà di studio (Cornoldi, Zaccaria, 2011). Per essere identificati come DSA, i disturbi devono rispettare alcuni criteri: - Base neurologica: determinate aree celebrali presentano anomalie funzionali e strutturali che, interagendo con fattori ambientali, concorrono alla comparsa ed alla gravità della sintomatologia; - Cronicità e variabilità espressiva: i disturbi sono cronici, nel corso del tempo l’espressività ed il manifestarsi dei sintomi variano in funzione dell’età e delle fasi dell’apprendimento scolastico; - Discrepanza: il disturbo determina una difformità tra abilità nel dominio interessato (deficitaria) e intelligenza generale (il livello intellettivo deve essere nei limiti della norma, QI non inferiore al valore di 85); - Rilevanza: la compromissione della specifica abilità (disomogeneità) ha un’incidenza significativamente negativa sull’adattamento scolastico e/o sulle attività della vita quotidiana. - Resistenza: i disturbi (a differenza delle generiche difficoltà scolastiche) sono resistenti alle attività di recupero e rinforzo e si manifestano in assenza di compromissioni sensoriali, in situazioni di adeguata istruzione e condizione emotiva; - Comorbilità: spesso viene accertata la compresenza con un altro disturbo dell’apprendimento o con altri disturbi neuropsicologici, come il Disturbo da deficit di attenzione / iperattività (si usa l’acronimo italiano DDAI o quello inglese ADHD) o 6 psicopatologici (ansia, depressione e disturbi della condotta). Questa concomitanza rende particolarmente eterogenei i quadri diagnostici. Il Disturbo da deficit d’attenzione e iperattività La DDAI è l’etichetta diagnostica utilizzata per descrivere bambini che presentano problemi di attenzione, impulsività e iperattività, riconducibili a difficoltà nell'autocontrollo e nelle capacità di pianificazione e non attribuibili ad un deficit dell’intelligenza. I sintomi permettono di individuare diversi sottotipi: disattento, iperattivo - impulsivo o combinato. I diversi manuali diagnostici utilizzano definizioni, scale ed interpretazioni diverse e, anche per questa ragione, i dati statistici sui bambini con DDAI e sulla diffusione del disturbo non sono coerenti. La sindrome coinvolge sia l’area dei comportamenti, sia l’area cognitiva ed i suoi sintomi, che devono manifestarsi in almeno due contesti, devono essere presenti prima dei 7 anni di età e soprattutto devono compromettere il rendimento scolastico e/o sociale del bambino. Gli studi sono concordi nell’indicare che almeno il 70% dei bambini con DDAI presenta un disturbo associato: il 30% dei maschi e il 10% delle femmine con DDAI presenterebbe anche un DSA. In realtà la quasi totalità dei bambini con DDAI presenta qualche forma di difficoltà scolastica, in alcuni casi per la concomitanza di due problematiche distinte ed in altri casi come diverse manifestazioni della stessa difficoltà di base (es. la difficoltà di controllo dell’informazione irrilevante o di pianificazione, che produce sia i sintomi del DDAI che la difficoltà nella soluzione dei problemi o dei calcoli complessi). Dal punto di vista normativo, la Nota MIUR, Prot. N. 4089 del 15 giugno 2010 fornisce indicazioni sull’integrazione scolastica degli alunni con DDAI, basandosi sui documenti elaborati da una serie di associazioni di professionisti e famiglie (curioso che non siano state condivise all’origine con insegnanti), le successive 1395 del 20 marzo 2012 e 2213 del 19 aprile 2012, presentano chiarimenti sulla necessità di redazione di un PDP o di un PEI (nel caso in cui il bambino sia certificato ai sensi della legge 104/1992). Il Disturbo oppositivo provocatorio Un altro disturbo che può presentarsi in comorbilità con i DSA e la DDAI è il Disturbo Oppositivo provocatorio. Spesso indicato con le sigle ODD o DOP, è un disturbo della relazione, caratterizzato da una modalità di comportamento provocatorio, disobbediente ed ostile verso le persone che rappresentato l’autorità. La patologia, inserita nella categoria dei Disturbi da Comportamento Dirompente, viene distinta dal Disturbo della condotta e dalla DDAI. Anche in questo caso i manuali diagnostici presentano differenti 7 interpretazioni, ma concordano nei criteri di individuazione del disturbo. Per definire l’ODD i comportamenti devono essere persistenti (almeno sei mesi) ed essere caratterizzati da una di queste manifestazioni: perdita di controllo, litigi con gli adulti, opposizione attiva o rifiuto di rispettare richieste e regole, azioni deliberatamente provocatorie, individuazione dell’altro come causa dei propri sbagli o del proprio cattivo comportamento, suscettibilità o irritazione verso gli altri, collera o rancore e atteggiamenti dispettosi o vendicativi verso gli altri. Durante l’età scolare possono manifestarsi anche scarsa autostima, labilità dell’umore e scarsa tolleranza alla frustrazione. Generalmente il disturbo si presenta prima degli otto anni d’età e non successivamente all’adolescenza e, poiché il comportamento oppositivo transitorio è comune nei bambini di quella fascia d’età, è molto importante che il percorso clinico tenga conto dell’evoluzione del bambino fin dalla prima infanzia. Relativamente a questa problematica, che per ora non ho avuto modo di approfondire, mi ha particolarmente colpita la riflessione di uno dei docenti del Master, che ha sottolineato quanto le caratteristiche di questo disturbo possano risultare inquietanti e difficili da affrontare per l’adulto e quanto sia alto il rischio dell’instaurarsi di una pericolosa spirale negativa. SECONDA PARTE Fase osservativa Quando, nel corso dello svolgimento del Master, mi sono trovata a dover individuare l’attività pratica e quindi l’argomento della relazione conclusiva, ero indecisa tra due possibili percorsi, uno più legato al ruolo di collaboratore del Dirigente Scolastico, e quindi incentrato sull’esame dei casi DSA presenti nell’Istituto, sulle modalità organizzative e sugli specifici interventi messi in atto per affrontare le diverse situazioni (analisi delle diagnosi, riflessioni sui PDP, sulle strategie e metodologie realizzate, eventuali proposte) ed un altro più prettamente didattico, ovvero la realizzazione di un percorso con uno degli allievi con disturbo dell’apprendimento. Proprio nel periodo in cui riflettevo su questa scelta, le difficoltà manifestate da uno dei miei alunni già nel corso del primo anno di scuola andavano assumendo sempre più le caratteristiche di un disturbo dell’apprendimento, perciò, considerando anche che è la prima volta che mi trovo di fronte ad una situazione di questo tipo, ho ritenuto opportuno concentrarmi sul percorso del bambino, ed in particolare sugli aspetti relativi alle difficoltà in matematica. 8 Analisi del contesto L’Istituto Comprensivo in cui lavoro si trova alla prima periferia della città. Le scuole sono frequentate sia da alunni che risiedono nel bacino d’utenza, sia da alunni provenienti da altre zone della città. L’ambiente socioculturale di appartenenza è eterogeneo, alunni e genitori si dimostrano generalmente aperti e disponibili verso le attività proposte dalla scuola; poche famiglie, in situazione di svantaggio economico e culturale, si trovano nella necessità di demandare a parenti o istituzioni la custodia dei minori. Vi sono alunni stranieri con bisogni culturali legati al superamento delle barriere linguistiche. Tra le varie attività dell’Istituto, realizzate autonomamente o in collaborazione con gli Enti Locali, associazioni del territorio, altri istituti scolastici, ritengo opportuno segnalare la particolare attenzione che, in questi ultimi anni, è stata rivolta al problema dei DSA, sia attraverso interventi nelle classi che mediante attività di specifica formazione, anche in collaborazione con l’associazione A.R.R.S.- D.S.A. Friuli Venezia Giulia Onlus3. La scuola, funzionante a Tempo Pieno (dal lunedì al venerdì, dalle 8.10 alle 16.10), è composta da 10 classi e frequentata da 215 alunni. Le classi sono eterogenee, in alcune vi sono alunni disabili (uno grave), alunni con DSA (sei casi diagnosticati), alunni che vivono in situazioni di svantaggio non attestate ed una piccola percentuale di alunni stranieri. Nel plesso lavorano 20 insegnanti su posto comune (di cui due con metà orario), 1 di lingua inglese, 2 sui posti “di sostegno”, (una specializzata con orario intero ed una con incarico annuale per 10 ore settimanali), un educatore scolastico, due insegnanti di IRC (una con 6 e l’altra con 14 ore) e quattro collaboratori scolastici (di cui uno a tempo parziale). Considerata la normativa recente e la conseguente contrazione dell’organico4, alcune classi hanno ancora la possibilità di lavorare con l’organizzazione tipica del tempo pieno (due insegnanti curricolari più inglese e religione, quattro ore di compresenza alla settimana - salvo supplenze), in altre si è dovuto provvedere con la presenza di più insegnanti in una classe e quindi l’assegnazione di più classi a ciascun insegnante. L’edificio, pur mostrando i primi segni del tempo (risale alla fine degli anni sessanta), è abbastanza accogliente ed offre, oltre a mensa, palestra e biblioteca, alcuni spazi destinati alle attività laboratoriali e di gruppo (aula di ceramica, laboratorio di informatica, spaziovideo, aula di musica). L’ampio giardino esterno permette lo svolgimento della ricreazione all’aperto, ma anche la realizzazione di attività di osservazione e ricerca nell’ambito 3 http://www.apprendimentodifficile.it/index.html DPR n. 81 del 20 marzo 2009 - Norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola, ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 4 9 scientifico (orto, stagno, attività del progetto Dryades5). Purtroppo le aule in cui si svolgono le attività delle classi sono piuttosto piccole e quasi tutte possono contenere massimo 21 alunni. Nonostante questo vincolo numerico, lo spazio non consente, ad esempio la collocazione dei banchi in maniera non tradizionale e condiziona le attività (es. per sedersi in circolo ed osservare qualcosa o discutere assieme è sempre necessario spostare i banchi e creare lo spazio necessario, il materiale didattico - non quello dei bambini - è conservato nel corridoio esterno, i banchi sono molto vicini e lo spazio per muoversi liberamente è molto ristretto). L’organizzazione della mia classe e il numero di docenti che vi lavora sono vincolati dal mio semiesonero, per questa ragione, oltre alla collega dell’area linguistica ed alle insegnanti di IRC ed Inglese (che, oltre alle due ore curricolari copre anche due ore di pranzo e ricreazione), opera nella classe una collega per sei ore (scienze, pranzo/ricreazione, 2 ore di compresenza, salvo supplenze, con l’ins. dell’area linguistica, dedicate prevalentemente ad attività individuali di potenziamento con Ernesto nell’area linguistica e con un altro alunno in particolare difficoltà). Un’ora ulteriore di compresenza tra me e la collega dell’area linguistica è dedicata alle attività di rinforzo con gli alunni in difficoltà e, a volte, ad attività in gruppo. Indubbiamente, per quanto mi riguarda, l’impegno come Collaboratore del DS ed il conseguente semiesonero, hanno un notevole impatto sul lavoro con la classe: la riduzione delle materie insegnate (matematica ed arte e immagine e non più scienze e geografia), la ridotta presenza nei momenti “informali” della giornata scolastica (pranzo e ricreazione) rendono più difficoltosa l’osservazione e la conoscenza dei bambini e delle loro peculiarità, l’approfondimento della relazione interpersonale, ma anche quello che potrei definire l’apprendimento “travestito”, ovvero promosso in situazioni trasversali (obiettivi e percorsi d’apprendimento comuni alle diverse discipline) o informali (es. nei giochi in giardino o da tavolo, nel preparare l’aula per una festa, nel manipolare o costruire oggetti per gioco o per decorazione durante la ricreazione). Nel passato, e forse ancor di più ora, mi sono resa conto che questo tipo di esperienze, affiancandosi alle proposte più formali, favoriscono lo sviluppo delle competenze anche negli alunni con più difficoltà. Analisi del caso Ernesto frequenta la seconda elementare, è ancora piccolo e per questa ragione non siamo ancora in possesso di una diagnosi vera e propria. Nel documento inviatoci dalla 5 http://dbiodbs.units.it/carso/chiavi_pub21?sc=20 10 specialista presso la quale i genitori lo hanno portato privatamente, il bambino viene definito «a serio rischio di disturbo specifico dell’apprendimento per gli ambiti della lettura, della scrittura (ortografia) e del calcolo». Il bambino è stato iscritto in prima elementare dopo aver frequentato regolarmente la scuola dell’infanzia. Nel corso del colloquio con la collega della scuola dell’infanzia ci è stato descritto come bimbo piuttosto immaturo ed insicuro, molto dipendente da alcuni compagni e bisognoso di una guida costante durante le attività; per questo motivo che ci è stato suggerito di inserirlo nella stessa classe dei suoi compagni di sezione. L’approccio di Ernesto alla scuola primaria è stato piuttosto difficoltoso: nelle prime settimane piangeva spesso chiedendo della madre, non solo al momento del distacco, ma anche durante la giornata, in particolare nel pomeriggio. Pur dimostrandosi ben disposto, ha faticato più dei compagni ad adattarsi ai ritmi ed ai tempi dell’attività didattica ed a relazionarsi con i bambini che non conosceva. Anche dal punto di vista motorio si dimostrava meno maturo e coordinato rispetto ai compagni e trovava difficoltà nella gestione del proprio materiale. Dal punto di vista degli apprendimenti ha sempre dimostrato di preferire le attività orali rispetto a quelle scritte, giochi di classificazione e logica, ascolto di testi, conteggio e semplici calcoli (sempre con le dita ed entro la decina) piuttosto che scrittura, esercizio autonomo sul quaderno e copiatura dalla lavagna (cosa che gli è ancora estremamente difficoltosa). La difficoltà nella copiatura dalla lavagna si è rivelata un problema piuttosto significativo, in quanto in prima l’utilizzo della lavagna è fondamentale per impostare e gestire lo spazio della pagina, osservare e riprodurre i gesti della scrittura, copiare parole e disegni. Si è rivelato funzionale, anche in questo senso, l’utilizzo della LIM che consente il salvataggio, la revisione e la riproposizione, oltre che la stampa, della pagina. Per quanto riguarda l’apprendimento della letto scrittura, dopo un’accurata analisi dei prerequisiti fonologici, l’insegnante di lingua italiana ha adottato il metodo fonosillabico utilizzando proposte fonologiche, metafonologiche e attività guidate di decodifica, volte a favorire l’acquisizione della struttura sillabica e fonologica delle parole. Ernesto ha manifestato difficoltà nell’organizzazione spaziale del foglio, nella fusione sillabica, ma i problemi maggiori si sono riscontrati nelle cosiddette fasi ortografica e lessicale (identificazione di ca/co/cu/ci/ce ga/go/gu/gi/ge chi/che gli sci/sce ghi/ghe gna/gno/gnu/gni/gne qua/qui/quo/que; analisi semantico-sintattiche, es. uso dell’h, apostrofo, discriminazione di parole omofone e non omografe…). 11 Per facilitare l’apprendimento della scrittura manuale in stampato maiuscolo e in corsivo e prevenire eventuali difficoltà grafo-motorie e disturbi di disgrafia, l’insegnante ha utilizzato il metodo di Alessandra Venturelli6. Anche nell’apprendimento del gesto grafico Ernesto ha dimostrato difficoltà motorie e percettive che tuttavia non gli hanno impedito di imparare a scrivere in corsivo e a prediligere questo carattere rispetto allo stampato maiuscolo (proposto come alternativa dall’insegnante). Nell’ambito della matematica le difficoltà si sono manifestate in un momento successivo, infatti nella prima parte dell’anno uso proporre attività di tipo orale ed operativo, finalizzate a consolidare le abilità di conteggio, giochi di confronto, seriazione e classificazione, deduzione, raggruppamenti, addizioni e sottrazioni con materiale concreto. Le incertezze nella padronanza della sequenza numerica (generalmente omissioni, in particolare tra il 10 e il 20 e in senso regressivo) non mi hanno preoccupata particolarmente, perché le ho riscontrate in altre occasioni, ma i bambini le hanno sempre superate entro il termine del primo anno scolastico. Per quanto riguarda la lettura e la scrittura dei numeri, faceva qualche errore di specularità (anche questi, di solito, si correggono entro la fine della prima), ma ha incontrato maggiori difficoltà nella lettura e nella scrittura di alcuni numeri della classe dei teens (12, 17…) e, successivamente, di quella delle decine (20, 30). Ernesto è sempre stato un po’ più lento di altri compagni nell’eseguire semplici operazioni a mente, non è stato facile il passaggio dal counting all al counting on, (che ad un certo punto dell’anno, sempre attraverso attività di ricerca, confronto e scoperta, cerco di sollecitare negli alunni che non lo applicano autonomamente). Ancora oggi, al termine della classe seconda, in molte occasioni tende ad utilizzare strategie ricostruttive, anche perché non ha ancora ben memorizzato i semplici fatti aritmetici (es. coppie del 10). L’adesione ad un progetto di ricerca promosso dall’Università di Trieste ci ha consentito di scoprire alcune caratteristiche dei bambini (sempre nel rispetto della normativa sulla privacy): come i compagni, Ernesto è stato sottoposto ad alcuni test 7 che, pur evidenziando difficoltà iniziali, dimostravano un deciso miglioramento al termine dell’anno scolastico. Oltre alla lentezza nell’apprendimento della lettura e della scrittura, l’aspetto che destava maggiore preoccupazione erano i tempi di attenzione estremamente ridotti e la facile distraibilità che si manifestavano in tutti i tipi di attività: collettive, individuali o di gruppo, formali, laboratoriali o ludiche. Durante la seconda parte dell’anno scolastico il bambino ha 6 7 VENTURELLI, A. Il corsivo, una scrittura per la vita, Mursia, Milano 2009 se non ricordo male, si trattava di strumenti diagnostici di I° livello 12 iniziato a manifestare, sia a scuola sia a casa, dei tic motori, per cui i genitori ed il pediatra hanno ritenuto opportuno farlo sottoporre ad una serie di controlli specialistici. Per tutto il primo anno di scuola Ernesto ha seguito tutte le attività previste dalla programmazione della classe. Sono stati presi, tuttavia, alcuni accorgimenti, quali un maggior tempo a disposizione per lo svolgimento del lavoro, una particolare attenzione nel sollecitarlo a fargli proseguire i compiti, la proposta di esercizi personalizzati per consolidare le abilità in fase di acquisizione, la valutazione basata su prove diversificate o semplificate, o svolte in momenti diversi e, quando possibile in rapporto uno ad uno. Queste modalità d’intervento, tra l’altro, sono state utilizzate a beneficio di altri bambini della classe che dimostravano particolari necessità. All’inizio del secondo anno Ernesto ha superato i problemi di inserimento, relazionandosi maggiormente con i compagni, ma fin dalle prove d’ingresso sono riemerse alcune difficoltà che sono andate aumentando man mano che si proseguiva con le proposte didattiche. L’aspetto più preoccupante è quello relativo ai tempi d’attenzione estremamente limitati, alla facile distraibilità ed alle difficoltà nella concentrazione che emergono maggiormente durante lo svolgimento di attività autonome. Particolarmente rilevanti anche le difficoltà di tipo motorio (continuo movimento degli arti, movimenti goffi, impacciati e non coordinati) e la gestione del materiale e dei suoi spazi. Per quanto riguarda gli aspetti disciplinari, propongo quanto abbiamo annotato sul bimbo nella Programmazione Annuale: «manifesta inoltre difficoltà nella composizione scritta delle parole (non riconosce i suoni duri e dolci “c” e “g”, gli accenti, le maiuscole, le doppie, le elisioni), nella copiatura dalla lavagna o da un altro quaderno, nell’esecuzione di un dettato. In matematica non è ancora in grado di contare progressivamente oltre il venti, né regressivamente dal venti senza omettere numeri. Applica gli algoritmi appresi, ma le difficoltà nell’enumerazione lo portano a commettere errori». Nonostante tutto si dimostra propositivo e disponibile nell’affrontare e svolgere compiti che non prevedano o prevedano scarso uso del quaderno. La classe frequentata da Ernesto è composta da 21 alunni, 13 maschi e 8 femmine, tutti provenienti dalla stessa classe prima. Nel complesso il gruppo dimostra difficoltà nell’ascoltare e mettere in pratica in modo adeguato le consegne delle insegnanti e nel lavorare in maniera silenziosa e produttiva; alcuni alunni manifestano ancora difficoltà nell’esecuzione di attività grafiche e fino motorie e nella gestione del proprio materiale. Circa la metà dei bambini si dimostra diligente, con un ritmo di esecuzione adeguato e buone capacità di assimilazione, ma nessuno di loro riesce a proporsi come leader positivo e quindi risorsa per il gruppo. Fin dal precedente anno scolastico le manifestazioni di un alunno hanno severamente condizionato il clima ed il lavoro della classe, e, poiché 13 non si è riusciti ad ottenere il supporto della famiglia e dei servizi sociali, si è reso necessario concentrare sul suo inserimento le ore di contemporaneità disponibili durante la settimana (anche per consentire alla classe di lavorare serenamente almeno in quei momenti). Dall’estratto della Programmazione annuale è possibile comprendere la situazione: «Il bambino non pare in grado di adeguarsi alle regole ed ai ritmi di lavoro della scuola primaria. Tende ad attirare continuamente l’attenzione di adulti e compagni, sia parlando incessantemente, sia alzandosi dal banco, girando nell’aula o allontanandosi dalla stessa (anche se gli è stato espressamente vietato), nascondendosi in bagno e nei corridoi. Non è autonomo nella gestione del proprio materiale, che spesso perde o rovina volutamente (frequentemente non gli viene fornito il materiale necessario da parte della famiglia). E’ attirato dagli oggetti dei compagni che spesso prende senza il loro permesso, disturbando il loro lavoro; è sempre molto agitato e dimostra difficoltà di attenzione e concentrazione anche nel lavoro in rapporto uno a uno, non pare consapevole delle conseguenze delle sue azioni (uso della violenza verbale o fisica verso i compagni). Riferisce e ripropone episodi ed atteggiamenti poco accettabili vissuti in famiglia (parolacce, atteggiamenti provocatori, aggressività anche fisica). Dal punto di vista dell’apprendimento, non risultano consolidate le conoscenze apprese e le abilità maturate in classe prima ma, visto il grave disagio è ancora difficile capire quanto tutto ciò possa derivare da difficoltà oggettive piuttosto che da quelle emotivo – comportamentali». Il bimbo, piuttosto difficile da contenere, continua ad avere comportamenti aggressivi verso i tutti i compagni ma, in particolare, ne ha presi di mira due, uno dei quali è proprio Ernesto. Frequentemente lo denigra e lo prende in giro per le sue difficoltà scolastiche o per la goffaggine, con frasi come: «ma sei proprio stupido» «non sai neanche camminare». Oltre a cercare di comprendere i motivi di questo accanimento (potrebbe essere una forma di gelosia, visto che dedichiamo particolare attenzione ad Ernesto), proponiamo attività, sia a livello di classe sia individuali, per arginare ed affrontare questi atteggiamenti che rendono meno sereno il clima della classe, ma soprattutto influiscono sulla già scarsa autostima di Ernesto. Nella classe ci sono anche altri quattro bambini con particolari necessità, dovute a situazioni di disagio socio-culturale o alle loro caratteristiche personali (difficoltà di attenzione o di comprensione ed esecuzione delle richieste / proposte, difficoltà di accettazione e rispetto delle regole). Ricognizione delle risorse Per il progetto di potenziamento e recupero delle abilità di base sono previsti gli interventi individualizzati proposti in orario di servizio dalle colleghe dell’area linguistica e di scienze 14 e quelli della sottoscritta, svolti fuori dal proprio orario di servizio (nell’ambito delle attività pratiche del Master). Purtroppo la situazione finanziaria dell’istituto non consente l’intervento continuativo di personale esterno alla scuola e quella organizzativa del plesso non offre ulteriori risorse umane. Oltre alla relazione della psicologa, abbiamo avuto un breve colloquio con un esperto che collabora con l’Istituto il quale, conoscendo un po’ (per una collaborazione di qualche anno fa per un alunno in difficoltà) l’approccio e le metodologie didattiche che utilizziamo, ci ha rassicurate, asserendo che la nostra sensibilità e il nostro orientamento didattico avrebbero certamente sostenuto Ernesto. E’ previsto l’utilizzo di materiali e sussidi didattici presenti a scuola (computer, LIM, software), acquistati o opportunamente preparati dalle insegnanti per questa attività (software, libri, altri sussidi), strumenti di proprietà delle insegnanti (computer, iPad o cellulare con applicazioni didattiche). A proposito di risorse materiali e fonti di finanziamento, ritengo utile aggiungere che, proprio nel corso di quest’anno scolastico ho preparato, su delega e con l’approvazione dei colleghi, un progetto con richiesta di finanziamento ad una Fondazione, finalizzato ad ampliare la dotazione tecnologica e bibliografica della scuola, proprio in funzione degli alunni in difficoltà. In progetto ha ottenuto un finanziamento ed abbiamo acquistato libri specifici sui BES (tra cui anche strumenti diagnostici di primo livello), tre LIM, due PC portatili con software adeguati (tra cui sintesi vocali, programmi per costruire mappe concettuali, per il recupero e il potenziamento di specifiche difficoltà, ecc.). Dal prossimo anno scolastico la scuola avrà quindi a disposizione più strumenti specifici. TERZA PARTE Le fasi seguite Viste le difficoltà manifestate da Ernesto fin dall’inizio dell’anno, si è deciso di dedicargli una parte delle ore di compresenza, allo scopo di consolidare le conoscenze di base e per inquadrare meglio le sue difficoltà. La situazione ci è parsa abbastanza complessa, anche perché sembrava che neppure il lavoro svolto individualmente gli permettesse di consolidare le abilità di base, in particolare per quanto concerne la lettura, l’ortografia e, nell’ambito della matematica, il riconoscimento dei numeri (scritti) a due cifre, (Quadrato del 100, Bortolato, 2002)8 ed il calcolo (che non ho ancora proposto nella forma scritta in colonna e per il quale, da sempre, lascio usare ai bambini le dita o altri supporti perché ho visto che, genericamente, 8 Allegato 1 15 li abbandonano autonomamente quando si sentono abbastanza sicuri e, quindi, non ritengo necessario forzare il passaggio all’astrazione completa). Nell’autunno scorso, per tentare di capire meglio la situazione ed identificare le difficoltà, abbiamo provato, pur nella consapevolezza di non essere competenti per comprenderne appieno il significato, a sottoporre al bambino alcune prove9 ed a compilare la Scala SDAI10, (dalla quale sembravano emergere problemi di mancanza di attenzione, 26 punti, e non nell’impulsività: 9 punti). L’esito delle prove, insieme alle osservazioni ci ha convinte della necessità di contattare la famiglia. Nel mese di novembre abbiamo deciso di affrontare il problema con i genitori, chiedendo loro di sottoporre Ernesto alle visite di controllo che lo specialista aveva proposto nella primavera precedente. I genitori, che si sono dimostrati subito molto disponibili e collaborativi, hanno provveduto in tempi brevissimi: la visita di controllo, per la quale avevamo preparato una relazione abbastanza dettagliata sulle difficoltà scolastiche, ha visto miglioramenti nelle manifestazioni ticcose, ma, persistendo le difficoltà attentive e nella lettura, lo specialista ha consigliato ulteriori approfondimenti. La “diagnosi” Ernesto è stato sottoposto ad alcuni controlli presso una specialista della città. La relazione, che purtroppo conferma la complessità del caso, mette in luce i seguenti aspetti, che reputiamo essere fondamentali per ideare e proporre attività di rinforzo e interventi personalizzati in classe: - disponibile e collaborativo; - buone abilità di ragionamento visuo-percettivo; - buona conoscenza lessicale; - spiccata irrequietezza motoria e facile distraibilità (di cui è consapevole); - forte debolezza nella memoria di lavoro; - forte debolezza nella velocità di elaborazione; - forti problematiche di natura attentiva - profilo cognitivo nei valori bassi della media (QIT 84), con un elevato grado di variabilità tra i punteggi; L’atteggiamento propositivo del bimbo è, a nostro parere, un aspetto fondamentale, per questo motivo riteniamo opportuno rinforzarlo sempre, sottolineando i suoi punti di forza, 9 tratte da un libro della biblioteca scolastica: Chiocca 2011 Cornoldi, C., Gardinale, M., Pettenò L., Impulsività e autocontrollo. Interventi e tecniche metacognitive, Erickson, TN, 1996 10 16 rassicurandolo, incoraggiandolo ad affrontare i compiti che, magari, gli appaiono troppo difficili, proponendogli attività solo parzialmente diversificate rispetto a quelle dei compagni. Poiché, lavorando in classe, ha dimostrato di non apprezzare sempre la proposta di strumenti diversi, adottiamo lo stratagemma di utilizzare materiali diversificati non solo per lui, ma anche per altri compagni (ad esempio, se l’attività prevede la trascrizione di considerazioni e ragionamenti emersi dalla discussione in classe, l’insegnante o, a turno, i bambini, scrivono gli appunti con la LIM, questi poi vengono stampati in alcune copie ed incollati sui quaderni; oppure, nel caso di verifiche scritte, le proponiamo diverse, in modo che lui ed i compagni non si rendono conto delle differenze). Durante le attività di potenziamento che ho svolto con lui in rapporto uno a uno, invece, si è sempre dimostrato contento di svolgere attività ed utilizzare strumenti diversi da quelli proposti alla classe ed è molto felice di avere un apposito quaderno che prepariamo assieme e nel quale conserviamo schede, appunti, disegni, stampe del lavoro svolto a computer. L’irrequietezza motoria e la facile distraibilità sono gli aspetti che ci hanno colpite fin dalla classe prima e non sono semplici da affrontare; la particolarità, rispetto a situazioni incontrate nel passato, è che si manifestano in tutti i contesti ed è difficile individuare le strategie più opportune per contenerli senza urtare la sua suscettibilità, evitando di richiamarlo troppo spesso, in particolare durante il lavoro in classe. Quando lavoro sola con lui, invece, lascio che stia in piedi o che si muova liberamente, finchè non mi rendo conto che tutto questo movimento incide su quel che sta facendo (ad esempio quando usiamo piccoli oggetti per contare o operare con i numeri), in questo caso gli chiedo di controllarsi per i minuti necessari a completare il lavoro, e poi cambio attività, e quindi posizione. Per quanto concerne il livello cognitivo, valutato con la prova WISC-IV, la diagnosi riporta punteggi grezzi nella norma per quanto concerne la comprensione verbale (98) ed il ragionamento visuo-percettivo (108), individua punti di debolezza nei livelli di prestazione nella memoria di lavoro (79) e nella velocità di elaborazione (56), mentre il QIT si colloca nei valori bassi della norma (84). Se ho interpretato correttamente il significato di questi valori, Ernesto dovrebbe avere buone abilità nell’ascoltare una domanda, attingere informazioni dalle conoscenze pregresse, ragionare, dare una risposta ed esprimere i pensieri ad alta voce, esaminare un problema, sfruttare abilità visivo-motorie e visuo-spaziali, organizzare i pensieri, cercare soluzioni e verificarle (ovviamente, nella pratica ciò può avvenire sono quando 17 riesce ad essere adeguatamente attento e questo, purtroppo, non accade frequentemente). Gli aspetti di fragilità riguardano, invece, Memoria di lavoro e Velocità di elaborazione, ovvero le capacità di memorizzare e manipolare nuove informazioni per stimolare il ragionamento e pervenire a risultati, concentrarsi e focalizzare l’attenzione, analizzare velocemente le situazioni ed ordinare sequenzialmente le informazioni visive. Questi due aspetti risultano fortemente legati ed interdipendenti, perché la ridotta velocità di elaborazione tende ad aumentare il carico della memoria di lavoro, già di per sé lacunosa (effettivamente queste difficoltà emergono anche durante le attività in rapporto uno ad uno, quando l’attenzione è direttamente e continuamente sollecitata – es. gioco di raggruppamento e cambio per la formazione dei numeri a due cifre). L’area della lettura risulta molto compromessa, con valori inferiori al 5°percentile, mentre quella della scrittura si colloca nell’ambito del disagio, poiché i valori sono inferiori al 10°percentile. Nell’area del calcolo, tralasciando i risultati relativi al calcolo in colonna (<5°), che il bimbo non conosce perché, per scelta metodologica, con questa classe, ho deciso di insistere maggiormente sul calcolo orale e posticipare la presentazione del calcolo in colonna, risulta deficitaria la conoscenza numerica (5-10° percentile), aspetto che avevo già verificato al termine della classe prima nel riconoscimento ed utilizzo dei numeri successivi al 10. La psicologa ha suggerito alla famiglia un intervento immediato attraverso un percorso di riabilitazione delle competenze di base della letto-scrittura e del calcolo, nonché un potenziamento dei meccanismi attentivi e dei prerequisiti. I genitori si sono subito attivati per poter usufruire dei servizi dell’ASL, in quanto gli interventi svolti privatamente hanno un costo eccessivo. Per quanto riguarda la scuola, invece, ha consigliato l’adozione di metodologie didattiche coerenti con le Linee Guida11. Descrizione delle finalità generali Le finalità generali dell’intervento didattico sono tre: - individuazione dei punti di debolezza e dei punti di forza; - potenziamento delle abilità e delle competenze del bambino, anche nell’ambito delle sue specifiche difficoltà, in particolare in matematica; - sostegno alla motivazione. Linee Guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Allegate al D.M. 11 luglio 2011 11 18 Dopo la diagnosi e la conferma del disturbo, l’insegnante di lingua italiana ha adottato alcune strategie per aiutare il bambino a riconoscere e ad accettare le proprie difficoltà e a mantenere un adeguato livello di autostima. Ha dato risalto alla partecipazione di Ernesto apprezzando sempre i suoi contributi e, quando questi non erano del tutto pertinenti, ha evidenziato quanto di buono vi fosse nell’intervento, ignorando ciò che non c’entrava. Per lo svolgimento dei lavori da eseguire in classe gli ha dato più tempo e lo ha dispensato dalla copiatura degli esercizi scritti alla lavagna fornendogli copia stampata dei testi. Ha evitato di farlo leggere a voce alta, tranne quando la lettura era assegnata come compito per casa elogiandolo davanti ai compagni per la maggior fluidità. Ha inoltre proposto degli esercizi per migliorare la velocità di lettura e ha consigliato l’uso del righello per evitare di perdere la riga. Durante l’attività di scrittura ha deciso di non segnare e correggere con la penna rossa i numerosi sbagli, ma ha preferito ripetere a voce la parola sbagliata scandendo bene i suoni, per fargli capire l’errore e correggere ove possibile. Per cercare di migliorare l’ortografia l’insegnante ha proposto in un primo momento una serie di esercizi mirati, i quali, però, si sono rivelati inefficaci. Pertanto ha preferito puntare su meccanismi metacognitivi per trovare strategie volte a sostenere la memorizzazione delle regole e su ausili visivi (cartellini simpatici realizzati insieme al bambino) per attivare il recupero della convenzione ortografica. Relativamente alla matematica, nonostante la diagnosi e l’attenta osservazione, non è stato semplice individuare le difficoltà di Ernesto, perciò ho ritenuto fondamentale capire a quali aspetti dedicare maggiore attenzione. Per quanto concerne il potenziamento, pur nella consapevolezza di non aver titolo e competenza per entrare nel merito del dibattito scientifico tra le teorie che propongono una visione dicotomica e quelle che, invece, promuovono una visione maturazionale12 dei DSA, ci è sembrato scontato, considerando anche l’età di Ernesto, affrontare il problema nella prospettiva maturazionale. Si è poi reputato fondamentale prestare particolare attenzione alla motivazione (aspetto che consideriamo comunque assolutamente fondamentale per tutti i bambini), poiché Ernesto manifesta a volte atteggiamenti di rinuncia verso le attività didattiche, forse proprio a causa della consapevolezza delle proprie difficoltà. In questo senso il lavoro svolto in rapporto uno ad uno ci ha consentito di prestare maggiore attenzione agli aspetti metacognitivi 12 La ricerca scientifica ha ampliamente dimostrato che i neuroni sono plastici, ovvero hanno la possibilità di modificarsi, e che lo sviluppo dei circuiti celebrali è legato sia alla predisposizione genetica, sia alle esperienze post natali. L’intervento mirato, in particolare in età evolutiva, quindi, può influenzare positivamente questo sviluppo. 19 (approccio che, comunque, utilizziamo molto anche durante il lavoro in classe, soprattutto con proposte di co-costruzione della conoscenza e delle procedure). Obiettivi (traguardi da raggiungere) In questa fase mi sono posta in particolare tre obiettivi, due dei quali relativi alla transcodifica numerica, che potrebbero essere scontati, ma che credo siano fondamentali per proseguire negli apprendimenti13: - leggere, scrivere e riconoscere i numeri entro il 100; - identificare la collocazione sulla linea dei numeri e sul quadrato del 100; - conoscere ed utilizzare strumenti e sussidi utili a consentirgli gli apprendimenti successivi ed a partecipare alle attività svolte con la classe. Osservando gli errori del bimbo, sono emerse difficoltà nell’enumerazione (in avanti oltre il 20 ed all’indietro anche dal 20 al 10) ed il mancato riconoscimento dei numeri oltre il 10. Ernesto confonde molto frequentemente le decine con le unità dei numeri, ad esempio 12/20/21, 30/13, 14/41 o 26/62, perciò ho ritenuto fondamentale insistere su questi aspetti, visto che non dimostra, pare, difficoltà nelle abilità aritmetiche (conosce le procedure di calcolo che ho proposto, e gli errori che compie mi sembrano più legati alla lettura ed al riconoscimento dei numeri ed alla conta). Parallelalmente al percorso di potenziamento sui numeri gli ho proposto giochi, esercizi e strumenti utili a proseguire il lavoro con il gruppo classe (ad esempio la memorizzazione delle tabelline), in modo da sostenere la sua motivazione. Scelte metodologiche, strumenti, strategie, verifiche L’intervento di potenziamento proposto ad Ernesto, svolto sia in rapporto uno ad uno al di fuori del mio orario di lavoro sia durante la normale attività didattica con la classe, ha lo scopo di colmare le lacune, valorizzare le potenzialità ed individuare metodi, sussidi e strumenti che lo possano sostenere nell’apprendimento. Le scelte metodologiche, basate sia sulle mie esperienze pregresse che sugli stimoli offerti dalla lettura dei materiali presentati in bibliografia, vengono adattate di volta in volta, man mano che comprendo meglio le difficoltà ed osservando la sua reazione alle diverse proposte. Per quanto riguarda il counting, partendo dal fatto che a questa classe ho proposto l’utilizzo del Quadrato del 100 [BORTOLATO, 2002 ], ho ritenuto opportuno continuare ad la scelta è confortata anche da quanto espresso dalla prof.ssa Lucangeli [2010, pag.239] laddove sostiene che «… i compiti relativi al sistema dei numeri e all’elaborazione numerica non possono valersi di strumenti compensativi» ed è quindi assolutamente necessario favorire e consolidare queste competenze. 13 20 utilizzare questo strumento che dovrebbe aiutarlo a consolidare l’ordine sequenziale dei numeri, considerando le buone abilità visuo-percettive emerse dagli approfondimenti diagnostici. Relativamente agli errori nella lettura e scrittura dei numeri ho deciso, in corso d’opera, di utilizzare il materiale multibase di Dienes (solo base 10), per capire a quale dei processi della cognizione numerica (semantici, lessicali o sintattici) è legata la confusione tra il valore delle due cifre. Nel corso del lavoro abbiamo utilizzato, oltre ai suddetti strumenti, anche materiali non strutturati (monetine e oggetti vari da contare, classificare, raggruppare, ecc), schede cartacee (in particolare gli es. proposti in LUCANGELI, POLI, MOLIN 2007), giochi al computer o applicazioni sul telefono o sull’iPad e materiali preparati seguendo alcune delle indicazioni operative proposte nei volumi che ho consultato. Breve descrizione di attività, azioni effettuate Dopo aver avuto il consenso dei genitori, quando ho iniziato l’attività individuale (svolta in orario scolastico, ma oltre il mio orario di servizio), mi sono confrontata con il bimbo, abbiamo parlato un po’ della materia, dei giochi e dei lavori che facciamo in classe, delle cose che gli piacciono di più e di quelle che lo mettono in difficoltà. Abbiamo preso degli accordi sulle modalità d’intervento quando si distrae, concordando un segnale che solo lui ed io conosciamo per richiamare la sua attenzione quando siamo in classe. Gli ho spiegato che qualche volta gli avrei proposto, in classe, attività leggermente diverse da quelle proposte ai compagni, e che questa scelta era finalizzata, così come l’attività individualizzata, a diventare dei “maghi dei numeri”14. A questo scopo abbiamo preparato anche un quaderno speciale, in cui raccogliamo schede, disegni, appunti ed altri materiali. Ernesto è consapevole della sua difficoltà nella lettura e nella scrittura dei numeri, ma non degli errori nell’enumerazione, perciò si è dimostrato più conciliante verso le attività rivolte al primo aspetto e meno verso quelle del secondo. Ciascun incontro inizia con una breve chiacchierata: al bambino piace raccontare qualche episodio vissuto a casa o a scuola. Se da questa conversazione riesco a trarre spunti per avviare l’attività programmata, approfitto dell’occasione altrimenti, dopo qualche minuto, gli spiego che dobbiamo dedicarci un po’ alla matematica e lui accetta di buon grado (anche durante l’attività individuale, comunque, è molto difficile fargli mantenere l’attenzione per più di qualche minuto perché anche se sembra contento di farla, qualsiasi piccolo stimolo, anche offerto dall’attività stessa, tende a distrarlo). 14 non avendo programmato il discorso, ho improvvisato la definizione, sicuramente ispirata dal titolo del volume di H. Enzensberger, Il Mago dei numeri, Einaudi, 2005, che ho usato negli scorsi anni scolastici. 21 Considerati i tempi d’attenzione piuttosto brevi, in ogni incontro gli propongo attività inerenti cinque dei sei processi della conoscenza numerica (come già accennato, non ho ancora proposto alla classe il calcolo in colonna): 1. counting; 2. processi semantici (conoscenza del valore in termini di quantità); 3. processi lessicali (codifica bidirezionale tra cifre e parola); 4. processi sintattici (valore posizionale delle cifre entro il 100); 5. calcolo a mente (con il supporto delle mani, di materiale strutturato e non, giochi al computer o applicazioni installate nel mio telefono o nell’iPad). Relativamente ai primi quattro punti, sono partita dal presupposto che, come affermano Biancardi e Lucangeli (Lucangeli, Mammarella 2010), tutti i compiti legati al sistema dei numeri e all’elaborazione numerica non possono valersi, a differenza delle abilità aritmetiche, di strumenti compensativi ed è quindi assolutamente necessario avere dimestichezza con i processi di transcodifica. Per quanto riguarda il counting, le attività proposte sono: numerazioni progressive e regressive (prima entro il 20, poi entro il 30, ecc.), a voce, contando piccoli oggetti o le unità del multibase di Dienes (a questo proposito, pur essendo consapevole che questi sussidi vengono considerati da molti superflui e fuorvianti 15, devo sostenerne l’utilità che ho rilevato in tanti anni di lavoro in classe), i dots del Quadrato del 100, gli elementi di immagini trovate pronte o, per i numeri più grandi, opportunamente preparate). Nonostante l’esercizio, Ernesto continua ad omettere numeri, alcuni nella conta progressiva e molti in quella regressiva, specialmente quando non è supportata da qualcosa di concreto, ma spero che il continuo rinforzo possa migliorare la situazione. Come esercizi al computer gli ho proposto alcuni dei software di Agazzi C. (Scrivere il numero consecutivo maggiore; Scrivere il numero consecutivo minore; Ordinare i numeri in modo crescente; Ordinare i numeri in modo decrescente, tutti nella versione per le classi prima e seconda) e di Murelli R. (Metti in ordine!). Anche per quanto concerne i processi semantici, ho ritenuto opportuno continuare ad utilizzare il metodo analogico, offrendogli esercizi di lettura e riconoscimento con il Quadrato del 100, assieme al percorso proposto da Lucangeli, Poli, Molin (2003). Le attività relative al significato delle operazioni sono state proposte prima a tutta la classe e poi in rapporto individuale, per valutare con maggiore chiarezza la sua comprensione. D’AMORE, B. «Basta con i numeri da 1 a 9, basta con i numeri in colore, basta con i blocchi logici, basta con gli abaci multibase» pubblicato su Vita scolastica, n. 8, 1 gennaio 2002, pp 14-18. 15 22 Riguardo i processi lessicali, gli ho proposto il percorso dello stesso volume, che ben riprendeva la metodologia usata lo scorso anno, però, in alcune occasioni, mi ha detto di non apprezzare la proposta di esercizi che gli parevano troppo facili e scontati, quindi non ho ritenuto opportuno insistere troppo con schede aggiuntive e optando piuttosto su esercizi pratici, lettura, dettati, collegamento di gruppi di oggetti con cartellini con numeri scritti nei diversi codici. Ci siamo esercitati anche con il software di Murelli Conta e scrivi Cifre e lettere e con le Cartelle e le fiches colorate proposte in Riccardi Ripamonti (2011). Si è rivelato più complesso, invece, il percorso di potenziamento relativo ai processi sintattici. Come accennato, Ernesto compie frequentemente errori nella sintassi del numero scritto, (che credo poter inquadrare in quella che Temple definisce “dislessia per le cifre”) e le attività didattiche proposte alla classe non sono state sufficienti a superare queste difficoltà. Anche in questo caso ho utilizzato il percorso di Lucangeli, Poli, Molin (2003), integrandolo, però, con il materiale multibase di Dienes e con le Cartelleunità e decine e le fiches colorate di Riccardi Ripamonti (2011), perché sembrava che la sola riflessione sugli aspetti linguistici e sulla posizione delle cifre non fosse sufficiente. Svolgendo le schede, infatti, pare che gli sia tutto chiaro ma, eseguendo altri esercizi (es. un dettato di numeri), continua a commettere gli stessi errori. Ecco un esempio di attività (6 marzo), svolta in rapporto uno a uno (in classe, pur svolgendo lo stesso tipo di lavoro, è difficile mantenere desta la sua attenzione per il tempo necessario): gli propongo un dettato di numeri (15, 20, 25, 13, 11, 10, 20, 18, 14, 23, 30, 13). Successivamente rileggo lentamente i numeri dettati, lui ha il compito di individuare gli errori e correggere da solo, nel farlo mi riferisce che «”12” è sbagliato, perché devo scrivere “due zero”», però la prima volta scrive “02”, poi si corregge. 23 Ne parliamo un po’ e gli suggerisco di «pensare alla quantità» prima di scrivere il numero, allora proviamo a disegnare un paio di numeri del dettato. Solo in un caso utilizza di pallini con cui lavoriamo in classe, nell’altro sceglie di disegnare quadretti, ma rappresenta correttamente entrambe le quantità. Ho pensato (e spero di non aver sbagliato) che manipolare, vedere o rappresentarsi mentalmente qualcosa di concreto o significativo (come le fiches colorate) avrebbe potuto aiutarlo a riconoscere la posizione corretta delle cifre. Sono consapevole che questo procedimento comporta maggiore dispendio di memoria di lavoro, ma ho verificato che gli consente di fare meno errori negli esercizi, ad esempio, di confronto tra due numeri. Giocando a formare i numeri con il multibase mi sono resa conto delle lacune nella memoria a breve termine: il gioco, svolto in rapporto individuale, consisteva nel formare, a turno, un numero (sempre composto da un massimo di 5/6 pezzi), mostrarlo per qualche secondo, poi coprirlo e chiedere che numero fosse. Con un po’ d’esercizio Ernesto ha imparato presto a “leggere” i numeri che gli proponevo io, ma, quando era lui a proporlo, non riusciva a ricordare cosa aveva formato e quindi a valutare la mia risposta. Ho provato, con l’aiuto di una collega disponibile o di un compagno, a farlo riflettere sul numero che stava preparando ed a suggerirne il nome alla terza persona, ma la situazione non cambiava: in meno di qualche minuto dimenticava il numero proposto. Rispetto all’inizio dell’anno Ernesto mostra una maggior consapevolezza di questa sua difficoltà: ora compie meno errori e dice apertamente di confondersi tra i numeri (es. 15 e 51), mi auguro che questa sua conoscenza non sia demotivante, ma piuttosto ci aiuti a trovare il modo per non confondersi più, anche perché gli ho promesso che assieme avremmo trovato una soluzione. Ecco l’esempio di un lavoro svolto in classe nel mese di maggio, dopo il lavoro di potenziamento, forse il miglioramento non è eclatante, ma per noi è già un piccolo passo. Ho dettato ai bimbi i numeri proposti in Lucangeli, Poli, Molin (2003), 24 pag. 166, loro dovevano scriverli uno sotto l’altro. Poi, dopo aver scambiato il quaderno con un compagno (procedura che adottiamo spesso) ho fatto rileggere i numeri ad Ernesto (dalla scheda, anche per verificare questo aspetto, mentre io controllavo il suo quaderno), affinché individuassero eventuali errori, ciascun bambino doveva scrivere il numero in lettere, utilizzando il rosso per le lettere che si riferivano alle decine e la matita per quelle che rappresentavano le unità (ispirandomi all’esercizio proposto nel volume citato, pag. 157). Nel dettato Ernesto ha commesso un solo errore (36 vs 86) che ha individuato da solo, nella transcodifica, a parte gli errori ortografici, ha sbagliato la scrittura del 12 (non ha usato i colori giusti) e del 51 (ha scritto quindici). C’è da considerare che il lavoro è stato piuttosto lungo e che non l’ho seguito individualmente, credo che anche i suoi tempi di attenzione lo abbiano condizionato. Nella lettura ha dimostrato difficoltà nei numeri 27, 77, 26, 17. Chiaramente, quindi, l’aspetto più critico è nella lettura piuttosto che nella scrittura (forse perché nel secondo caso ha più tempo per riflettere sul valore). Ritengo che questo processo sarà quello che dovrò curare maggiormente anche per il futuro. Per quanto riguarda il Calcolo a mente, l’approfondimento che ho svolto anche grazie a questo Master sui processi di apprendimento della matematica ha avuto un riscontro significativo sulla mia metodologia per tutta la classe. Pur avendo deciso già durante lo scorso anno scolastico, di non proporre il calcolo in colonna, le letture svolte hanno dissipato molte perplessità e dubbi, permettendomi di confrontarmi con colleghi e genitori che non condividevano questa mia scelta con maggiore consapevolezza. Anche in questo caso ho utilizzato il percorso proposto da di Lucangeli, Poli, Molin (2003), adattando però la grafica delle schede a quella del Quadrato del 100. presentazione del libro presentazione nelle schede rielaborate Considerando che le attività proposte dal volume si adattano perfettamente a quelle proposte alla classe ho ritenuto opportuno, anche in questo caso, utilizzarle con tutti i bambini, in particolare quelle utili a favorire il calcolo mentale veloce e le strategie di calcolo. Per quanto riguarda il calcolo, Ernesto manifesta evidenti difficoltà nell’acquisizione dei fatti aritmetici: non ha ancora memorizzato le coppie del dieci (difficoltà che condivide con il compagno cui ho accennato sopra, anche se, credo, con cause diverse), perciò continuo 25 a proporgli giochi, schede ed esercizi per favorire questa memorizzazione. Non voglio intestardirmi, so bene che questo aspetto è caratteristico dei bambini con DSA, ma penso che ci sia ancora un margine di miglioramento e non vorrei perdere un’occasione. Per quanto concerne, invece, la memorizzazione delle tabelline (per la quale ho preparato, come sempre, un “terreno fertile”, motivando preventivamente i bambini in tutti i modi possibili), ho adottato con tutta la classe la metodologia proposta in Lucangeli (2012): per lo studio ho seguito, diversamente da quanto facevo nel passato, l’ordine proposto (2, 3, 5, 10, poi 4 e 6); ciascun bambino ha la sua tavola pitagorica, che completiamo man mano che avanziamo nello studio; periodicamente propongo altre tavole sulle quali facciamo riflessioni di tipo metacognitivo (es. individuazione di regole e strategie); per ciascuna tabellina inventiamo assieme una filastrocca16, che poi arricchiamo con immagini significative (anche se non tutti gli autori condividono l’uso di filastrocche, i bambini - ed Ernesto in particolare - apprezzano molto questa attività e reputo produttivo assecondarli), poi propongo la scheda del volume citato (adattandola al Quadrato del cento) 17 ed esercizi di consolidamento della memorizzazione tratti dai diversi volumi citati in bibliografia (ai bimbi piace molto l’esercizio proposto in Lucangeli, Poli, Molin (2003, pag. 241), perciò ho preparato altre schede simili, che svolgiamo sia a scuola che a casa18. Per ora ad Ernesto ho proposto tutte le attività, ma ho chiesto la memorizzazione delle tabelline del 2 e del 3 e gli preparato delle carte con le stesse immagini utilizzate nelle schede, ma colorate, in modo di offrirgli un supporto visivo più motivante. Ho chiesto la collaborazione dei genitori: a casa, quando studiano le tabelline, man mano che il bimbo dice la moltiplicazione (per ora in ordine crescente), posa le carte sul tavolo ed ha un supporto sia visivo che motorio. Per favorire l’utilizzo della tavola pitagorica come strumento compensativo ho preparato per l’aula una grande tavola pitagorica “a pagine”: una pagina già completata, sulla quale ci esercitiamo con le braccia per trovare gli incroci (nodi) giusti (faccio svolgere l’attività a tutti i bimbi, ma è finalizzata soprattutto ad Ernesto), un’altra viene completata man mano che impariamo le tabelline, la terza 16 vedi allegato 2 vedi allegato 3 18 vedi allegato 4 17 26 contiene solo le moltiplicazioni da memorizzare effettivamente, escludendo quelle che possiamo dedurre dalle regole individuate (n x 0 = 0; n x 1 = n; n x n1 = n1 x n). Periodicamente, oltre a giochi orali, propongo ai bimbi verifiche scritte sulle tabelline via via memorizzate, in questo caso per Ernesto preparo schede sulle tabelline che ha imparato, e sempre con un supporto visivo (in questo modo tutti svolgono la verifica nello stesso tempo e su schede simili e non creo disparità evidenti)19. Per il futuro ho pensato di proporre ad Ernesto anche la tabellina del 5 e del 10 e, preparati i materiali necessari, chiedere l’aiuto ai genitori per farlo esercitare anche durante l’estate. Il prossimo anno, quando proporrò alla classe moltiplicazioni con più cifre, adotterò un sistema già utilizzato nel passato: una tavola pitagorica completa, dalla quale cancelleremo via via i nodi che Ernesto avrà memorizzato o potrà dedurre dalle regole imparate. QUARTA PARTE Considerazioni finali E’ sempre abbastanza complesso formalizzare il raggiungimento di obiettivi e finalità in progetti ed attività articolati, in particolare quando interessano situazioni in continua evoluzione e soggette a molteplici variabili come i processi d’apprendimento. Un aspetto certamente positivo è il rapporto di stima e collaborazione che si è instaurato con i genitori di Ernesto: una relazione proficua con le famiglie dei bambini è sempre auspicabile e necessaria, ma a volte, di fronte alle difficoltà, possono prevalere atteggiamenti di chiusura che complicano la situazione e rischiano di aggravare i problemi, per fortuna non è il nostro caso. Credo che la fiducia che i genitori ripongono in noi e la collaborazione all’interno del team siano due aspetti fondamentali anche per affrontare il futuro. L’intervento realizzato con Ernesto è l’inizio di un percorso che dovremo proseguire nei prossimi anni, tenendo sempre conto, oltre che della sua evoluzione, della situazione della classe in generale e degli altri bambini con particolari necessità. Per quanto concerne le finalità generali, posso affermare di aver individuato con maggiore chiarezza le difficoltà di Ernesto, ma spero che ulteriori controlli specialistici e l’eventuale contatto con gli addetti possano supportare il lavoro mio e dei colleghi per programmare gli interventi futuri. Sicuramente le attività ci hanno consentito di lavorare sulla motivazione di Ernesto: sarà importante continuare a occuparsi di questo aspetto, in particolare di fronte a nuovi 19 vedi allegato 5 27 apprendimenti, in modo che il bimbo non sviluppi atteggiamenti rinunciatari o oppositivi. Spero che la maggior consapevolezza che manifesta relativamente alle sue difficoltà in matematica sia utile ad entrambi per individuare le strategie necessarie a superarle. Rispetto agli obiettivi, anche se Ernesto non ha ancora raggiunto i livelli della classe, ho verificato miglioramenti nella lettura, scrittura e riconoscimento dei numeri entro il cento e nell’uso del Quadrato del 100, sia per l’individuazione delle quantità, sia per lo svolgimento delle operazioni. Ha anche iniziato ad applicare alcune strategie del calcolo orale, seppure con numeri più piccoli rispetto ai compagni, le svolge oralmente alla lavagna (ovvero a voce alta davanti a tutta la classe)20. Il continuo rinforzo positivo, l’attenzione rivolta alle sue potenzialità, i piccoli successi lo stimolano molto e mi auguro contribuiscano all’aumento della percezione di competenza ed allo sviluppo di una visione incrementale delle proprie abilità. Ernesto è ancora piccolo, e questo è certamente un aspetto positivo, sia lui che noi abbiamo davanti ancora molto tempo per lavorare e migliorarci. 20 vedi allegato 1 28 Bibliografia BORTOLATO, C. [1999] Imparare le tabelline, Erickson Trento. BORTOLATO, C. [2002] Calcolare a mente, Erickson Trento. CHIOCCA, E. a.c. [2011] Strumenti di supporto per studenti con disturbi specifici di apprendimento e deficit di attenzione e iperattività, Forum Media Edizioni, Verona. CORNOLDI, C. a.c. [2007] Difficoltà e disturbi dell’apprendimento, il Mulino, Bologna. CORNOLDI, C. e ZACCARIA, S. [2011] In classe ho un bambino che…, Giunti, Firenze. LUCANGELI, D., IANNITTI, A., e VETTORE, M. [2007] Lo sviluppo dell’intelligenza numerica, Carocci, Roma. LUCANGELI, D., POLI, S. e MOLIN, A. [2003] L’intelligenza numerica, vol. 2, Erickson Trento. LUCANGELI, D. MAMMARELLA, I. a.c. [2010] Psicologia della cognizione numerica. Approcci teorici, valutazione e intervento, Franco Angeli, Milano. LUCANGELI, D. a.c. [2012] La discalculia e le difficoltà in aritmetica, Giunti, Firenze. PASSOLUNGHI, MC e DE BENI, R. [2001] I test per la scuola, Il Mulino, Bologna. RICCARDI RIPAMONTI, I. 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Video dell’intervento del prof. Stella sulla Dislessia al convegno “Come la lettura sviluppa la mente Dieci anni di Nati per Leggere: riflessioni e prospettive”, Torino 17 maggio 2010: http://www.youtube.com/watch?v=m5sNAWQmPUI Software ed altri strumenti BIANCARDI, A.,PULGA, S., SAVELLI, E. [2008] Potenziare le abilità numeriche e di calcolo, Erickson Trento. BORTOLATO, C. [2010] Apprendere con il metodo analogico e la LIM, Erickson Trento. POLI, S., MOLIN, A., LUCANGELI, D. e CORNOLDI, C. [2007] Memocalcolo, Erickson Trento. AAVV, [2002] Matematica facilissima, Erickson Trento. AGAZZI C. http://www.ilsoftwaredicesare.it/index.htm Scrivere il numero consecutivo maggiore - classi 1, 2 Scrivere il numero consecutivo minore - classi 1, 2 Scrivere il numero maggiore tra più numeri - classi 1, 2 Scrivere il numero minore tra più numeri - classi 1, 2 Stabilire una relazione fra due numeri - classi 1, 2 Ordinare i numeri in modo crescente - classi 1, 2 Ordinare i numeri in modo decrescente - classi 1, 2 Numeri amici – Esercitazione – Stampa - Schede Addizioni.1 - Esercitazione Sottrazioni.1 – Esercitazione MURELLI, R. (Pavia) http://www.softwaredidatticofree.it/index.htm : Gli amici di 10 Raggruppiamo per 10 Metti in ordine! Conta e scrivi - Cifre e lettere Maggiore, minore o uguale? (0-99) 30 APPLICAZIONI PER CELLULARE E IPAD ClacuRace 2x2=4 CalcIt Pesciolino Numeri 31