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Consiglio Nazionale delle Ricerche
ISTITUTO DI BIOIMMAGINI E FISIOLOGIA MOLECOLARE
(IBFM)
VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA DI KEOPE SUL RECUPERO
DELLA PRESTAZIONE FISICA DOPO ESERCIZIO AFFATICANTE
RELAZIONE FINALE
Mauro MARZORATI
Con la collaborazione di Benedetta Crociani e Simone Porcelli
Dr. Mauro MARZORATI
Istituto di Bioimmagini e Fisiologia Molecolare
Consiglio Nazionale delle Ricerche
Palazzo LITA
Via F.lli Cervi 93
20090 Segrate (Milano)
Sede: Edificio LITA – Via F.lli Cervi, 93 – 20090 Segrate (MI) Tel. 02/21717514 - Fax 02/21717558 - e-mail: [email protected]
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e-mail: [email protected]
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SOMMARIO
1. INTRODUZIONE E SCOPO DELLO STUDIO
p. 3
2. MATERIALI E METODI
p. 5
SOGGETTI
p. 5
DISEGNO SPERIMENTALE
p. 6
REPEATED SPRINT CYCLE TEST
p. 8
VIBRAZIONI
p. 9
MISURE
p. 10
ANALISI STATISTICA
p. 12
3. RISULTATI
p. 12
INDICI PRESTATIVI
p. 12
LATTATO EMATICO
p. 15
RPE e TQR
p. 15
4. DISCUSSIONE
p. 17
5. CONCLUSIONI
p. 20
6. BIBLIOGRAFIA
p. 21
2
1. INTRODUZIONE E SCOPO DELLO STUDIO
Le vibrazioni sono delle oscillazioni di tipo meccanico trasmesse da dispositivi posti a
contatto con una parte o con diversi distretti corporei. Durante l’applicazione dello stimolo vibratorio
viene provocata una contrazione muscolare involontaria riflessa: il Tonic Vibration Reflex (TVR)
(Matthews, 1966). Questo meccanismo sembra essere alla base di diversi fattori di natura nervosa
indicati in letteratura come responsabili di una maggior attivazione dei motoneuroni, un miglior
reclutamento delle unità motorie e una miglior sincronizzazione dei muscoli sinergici. Durante lo
stimolo vibratorio, a causa delle continue contrazioni e decontrazioni muscolari stimolate per via
riflessa, l’attività e il metabolismo muscolare aumentano. Connesso all’incremento del metabolismo
energetico muscolare, vi è un aumento nella produzione di calore da parte della muscolatura
interessata dallo stimolo vibratorio e la necessità di una sua maggior perfusione tissutale. A livello
della cute, le modificazioni sono state attribuite alla frizione meccanica sulle cellule cutanee, che
causerebbe la liberazione e un aumento della circolazione di ossido nitrico. L’entità della perfusione
tissutale dipende da alcuni fattori, tra i quali il livello di attività metabolica dei muscoli interessati e la
pressione intramuscolare che si crea durante lo stimolo vibratorio.
Negli sport di squadra (ad es. calcio, hockey, pallacanestro, rugby etc.) la prestazione atletica
richiede di alternare attività a bassa intensità a sforzi di intensità più elevata, rapidi ed improvvisi,
tipicamente di breve durata (Bishop e coll., 2001; Impellizzeri e coll., 2008). Fondamentale per
mantenere il livello prestativo risulta essere la capacità di contrastare l’insorgenza della fatica.
L’atleta deve essere in grado di recuperare, nelle brevi fasi di recupero attivo, la grande quantità di
energia utilizzata. Recentemente, alcuni studi hanno mostrato come l’utilizzo delle vibrazioni possa
rappresentare un efficace intervento per accelerare il recupero muscolare dopo una seduta di
allenamento o un esercizio intenso e affaticante (Kosar e coll., 2012; Marin e coll., 2012; Padulo e
coll., 2014). I motivi che hanno suggerito un simile impiego, risiedono nei diversi benefici, acuti e
cronici, riscontrati a livello del tessuto muscolare dopo applicazione di vibrazioni.
3
Bakhtiary e coll., 2007 hanno studiato gli effetti delle vibrazioni sulla prevenzione dei DOMS
(Delayed Onset Muscle Soreness) che si instaurano in seguito ad esercizio muscolare di tipo
eccentrico, e vengono interpretati come manifestazione dell'avvenuto danno muscolare.
Proponendo un solo minuto di vibrazioni applicate direttamente sulla superfice dei muscoli dell’arto
inferiore prima di un lungo esercizio di corsa in discesa, è stata riscontrata una significativa differenza
tra il gruppo di controllo e il gruppo sottoposto a vibrazioni nei test di massima contrazione
isometrica volontaria (MVC) e di risposta al dolore pressorio; anche i valori di creatinchinasi, un
enzima considerato un importante marcatore del danno muscolare, misurati nel sangue il giorno
dopo il test sono risultati più bassi nel gruppo trattato. La prevenzione dell’insorgenza del danno
muscolare porta quindi ad accelerare il recupero dalla prestazione con importanti ripercussioni
pratiche. Gli autori hanno spiegato questi risultati ipotizzando che le vibrazioni abbiano agito
positivamente sui muscoli coinvolti nell’esercizio affaticante, attraverso un più efficace reclutamento
di fibre, una miglior sincronizzazione delle unità motorie, un incremento nell’attività dei fusi
neuromuscolari, riducendo quindi lo stress meccanico imposto alle miofibrille durante l’esercizio.
Accanto a questi meccanismi neurofisiologici, altri studi hanno ipotizzato che la riduzione del
tempo di recupero e la più rapida ripresa della funzionalità muscolare conseguente all'applicazione di
vibrazioni, possa essere legata all’aumento del flusso sanguigno e linfatico, in grado di facilitare la
rimozione delle tossine e dei metaboliti di scarto prodotti in seguito a sforzi fisici intensi (idrogeno
ioni, lattato, fosfato inorganico, etc.), causa dei sintomi di indolenzimento muscolare. E' questo
infatti il meccanismo proposto da Marin e coll., (2012) per spiegare i dati ottenuti in un gruppo di
giovani calciatori. In questo studio, la sensazione di dolore muscolare valutata a distanza di 24, 48 e
72 ore dall’esecuzione di un test di Repeated Sprint Abilitity (RSA, 6 sprint di 40 m con cambio di
direzione), è risultata significativamente ridotta nel gruppo di atleti sottoposti al trattamento
defaticante con vibrazioni rispetto al gruppo di controllo che ha eseguito gli esercizi tradizionali di
defaticamento. Anche il recupero della funzionalità muscolare, valutata eseguendo un salto con
contro movimento (CMJ), è risultato più veloce nel gruppo trattato rispetto al gruppo di controllo.
4
Vi sono quindi diverse evidenze sperimentali che incoraggiano l’utilizzo delle vibrazioni al fine
di ottenere un precoce e miglior recupero dopo esercizio affaticante.
In tutti gli studi fino ad oggi pubblicati l'applicazione delle vibrazioni è stata ottenuta
utilizzando delle pedane sulle quali il soggetto saliva o appoggiava una parte del corpo. E' stato
dimostrato (Caryn e coll., 2014) che quando un soggetto sale su queste pedane , la trasmissione delle
vibrazioni viene amplificata e questo può causare danni a livello cefalico ed oculare. Per ridurre il
rischio di queste lesioni, gli stessi autori raccomandano di evitare onde vibratorie con frequenza
inferiore a 30 Hz e di assumere una posizione con ginocchia flesse.
Il dispositivo utilizzato in questo studio permette di applicare le vibrazioni al soggetto in
posizione di decubito supino grazie a dei sostegni posti in corrispondenza del tendine di Achille,
dell’incavo popliteo delle due articolazioni delle ginocchia, della zona sacro-iliaca, infrascapolare e,
con il sostegno di due braccioli per l’appoggio delle mani.
Scopo di questo studio è stato quello di valutare se l’utilizzo di una struttura ergonomica a
vibrazione multi focale (Keope GPR) nell’intervallo tra due attività intermittenti ad alta intensità, sia
in grado di ridurre il deterioramento della prestazione nella seconda attività. I test sono stati condotti
presso il Laboratorio di fisiologia dell’esercizio dell’Istituto di Bioimmagini e Fisiologia Molecolare del
Consiglio Nazionale delle Ricerche.
2. MATERIALI E METODI
SOGGETTI
Per lo studio sono stati reclutati 20 soggetti maschi, sani ed in buone condizioni fisiche. Le
caratteristiche antropometriche dei soggetti che hanno partecipato allo studio sono riassunte
nella tabella 1:
5
MEDIA
DEV. ST
N
ERR. ST
Età
anni
24
3
20
1
Altezza
cm
179
8
20
2
Peso
kg
75
9
20
2
BMI
23,2
2,3
20
0,5
Tabella 1 Caratteristiche antropometriche dei soggetti.
Criteri di inclusione al progetto sono stati:
Pratica regolare di un’attività sportiva con frequenza minima di tre allenamenti
a settimana, con preferenza per i giocatori di sport di squadra;
Assenza di infortuni agli arti inferiori insorti nei sei mesi precedenti la
partecipazione allo studio, di patologie al rachide vertebrale e patologie oculari note.
Sono inoltre stati esclusi soggetti che avevano già utilizzato in precedenza pedane vibranti e/o
che seguivano un programma di allenamento comprendente esercizi con pedane vibranti. Ai
soggetti è stato chiesto di non assumere caffeina e di astenersi da sforzi fisici e affaticanti nella
giornata prima dei test e di rimanere a digiuno nelle tre ore precedenti le sedute sperimentali.
Prima di fornire il loro consenso scritto alla partecipazione allo studio, i soggetti sono stati
ampiamente informati in merito alla finalità del progetto di ricerca, al protocollo utilizzato, alle
modalità e procedure di misurazione dei parametri indagati e ai possibili rischi . Diciannove dei
venti soggetti hanno completato le valutazioni comprese nel disegno sperimentale mentre un
soggetto ha interrotto la partecipazione per problemi personali ed è stato eliminato dall’analisi
finale. Tutte le procedure previste dal protocollo sperimentale sono state approvate dal locale
Comitato Etico.
DISEGNO SPERIMENTALE
Lo studio sperimentale (Figura 1) è stato condotto secondo un protocollo cross-over di tipo
randomizzato. Ad ogni soggetto è stato chiesto di eseguire due test “repeated sprint cycle”
6
separati da un recupero passivo della durata di 22 minuti. Durante l’intervallo i soggetti sono
stati sottoposti ad un protocollo di vibrazioni (VIBR) o una condizione di controllo (CON). Tra le
due sedute sperimentali sono trascorsi 7-14 giorni.
Prima di iniziare la fase sperimentale ai soggetti reclutati è stato richiesto di recarsi in
laboratorio per due sedute preliminari a distanza di almeno 24 ore l’una dall’altra, in modo da
familiarizzare con la procedura e l’ambiente sperimentale. Nella prima seduta i soggetti hanno
eseguito un solo test ”repeated sprint cycle” mentre nella seconda è stato richiesto loro di
eseguire il protocollo sperimentale completo. Durante queste sedute preliminari sono state
rilevate le principali caratteristiche antropometriche ed è stata regolata l’altezza e la distanza
del sellino dal centro di rotazione dei pedali mantenute poi nei successivi test.
Prima di ogni seduta, è stato misurato il peso corporeo, l’altezza e, attraverso indagine
bioimpedenziometrica (Tanita 300A/TBF, Tokyo, Japan), è stata stimata la composizione
corporea in percentuale di massa magra (89±4,6%, media e dev. standard) e massa grassa
(11±4,6%, media e dev. standard), applicando uno specifico algoritmo per la popolazione
atletica (Battistini e coll., 1994). Le eventuali variazioni del peso corporeo di un soggetto sono
state considerate al fine di adeguare il carico imposto al cicloergometro, stabilito in funzione del
peso corporeo. Prima di ogni test, i soggetti hanno svolto un riscaldamento di 5 minuti
pedalando ad una potenza costante (70 watt).
La bas
La bas
3’La
5’La
7’La
3’La
5’La
7’La IIRSA
IIRSA
KEOPE / CONTROLLO
5’ warm up
1 KG
75 RPM
6”
n Kg
7’ recovery
24”
rec
RPE
7’ recovery IIRSA
TQR
RPE
IIRSA
Figura 1 Protocollo del disegno sperimentale
7
REPEATED SPRINT CYCLE TEST
Il test di Repeated Sprint Cycle 5 x 6s valuta la capacità RSA attraverso una serie di 5 sprint
massimali sul cicloergometro della durata di 6 secondi intervallati da pause della durata di 24
Figura 2 Soggetto durante l'esecuzione del test RSA
in laboratorio. Nel caso specifico sono stati misurati
gli scambi gassosi respiro per respiro, attraverso
l'analizzatore dei gas.
secondi (Bishop e coll., 2001). Al soggetto è chiesto di raggiungere nel minor tempo possibile la
massima frequenza di pedalata, contrastando la resistenza del carico di cercare di mantenerla
fino allo scadere dei 6 secondi di sprint. Il recupero tra uno sprint e quello successivo è trascorso
passivamente.
La ripetitività della misura del test utilizzato è stata valutata calcolando il coefficiente di
variazione del picco di potenza (PP) che è risultato pari a 2,9%, se espresso in valore assoluto, e
2,8% se normalizzato per Kg di peso corporeo. Questo valore è in accordo con quelli riportati in
letteratura (CV di 2,7% dopo due sedute di familiarizzazione, McGawley e Bishop, 2014).Il test è
stato condotto utilizzando un cicloergometro a frizione meccanica (Monark 894 Peak Bike,
Stokholm, Sweden, vedi Figura.2); il carico frenante è stato calcolato in funzione del peso
corporeo del soggetto (8% del peso corporeo).
8
Cinque secondi prima dell’inizio del test l’operatore comunicava il segnale di countdown: il soggetto, precedentemente istruito, prendeva posizione di partenza con coscia
parallela al suolo e angolo al ginocchio di circa 45°, in modo da poter imprimere alla partenza la
maggior forza possibile sul pedale. Il software di controllo trasmetteva al cicloergometro lo
sgancio del carico solo quando veniva raggiunta la frequenza di 70 pedalate al minuto (rpm),
consentendo così al soggetto di vincere l’inerzia iniziale delle prime pedalate. Durante l’esercizio
è stato chiesto al soggetto di mantenere la posizione seduta. Durante gli sprint i soggetti
venivano incitati verbalmente ad esprimere la miglior prestazione possibile.
VIBRAZIONI
Al soggetto, è stato trasmesso un ciclo di vibrazioni attraverso la struttura ergonomica Keope
GPR (Andromeda, Lecco, Italia) illustrata in Figura 3. Il soggetto assumeva una posizione di
decubito supino grazie a dei sostegni posti in corrispondenza del tendine di Achille, dell’incavo
popliteo delle due articolazioni delle ginocchia, della zona sacro-iliaca, infrascapolare e, con il
sostegno di due braccioli per l’appoggio delle mani. Il ciclo applicato consisteva in 13 minuti di
vibrazioni meccaniche discontinue di tipo sinusoidale dalla frequenza costante (72 Hz) e
dall’ampiezza variabile in relazione alla massa corporea dei soggetti posizionati sulla struttura
(2±2mm); l’applicazione continua di vibrazioni si è protratta alla massima intensità per un
massimo di 3 minuti. Nella condizione di controllo, la medesima posizione era assunta grazie ad
una struttura identica a quella precedentemente descritta, ma non in grado di vibrare (CON).
9
Figura 3 Immagine della struttura Keope GPR.
MISURE
Durante il test la velocità dei giri del volano del cicloergometro è stata rilevata mediante
sei magneti equidistanti tra loro e disposti lateralmente sulla superficie della ruota e un sensore
elettromagnetico fisso che registra l’intervallo di tempo trascorso tra il passaggio di due
successivi magneti. Un software apposito permette la visualizzazione istantanea dei dati raccolti
e la loro archiviazione per le successive analisi.
I parametri di interesse sono stati rielaborati successivamente a partire dai dati grezzi
rilevati dal software, ossia le rpm del volano e le rpm dei pedali insieme ai dati inseriti
manualmente (peso del soggetto, carico imposto). Il lavoro istantaneo è stato ottenuto
moltiplicando la forza applicata ai pedali (prodotto del carico imposto per la forza di gravità e il
coefficiente di attrito dinamico) per il rapporto dei diametri delle due ruote (pedali e volano) del
cicloergometro, mentre la potenza istantanea è stata calcolata come il lavoro nell’unità del
tempo di passaggio tra un magnete e il successivo.
10
Per la valutazione finale del test ed il confronto tra le due prove sono stati poi
considerati: la Potenza Media (MP) sviluppata considerando tutti valori di potenza registrati nei
5 sprint, il Picco di Potenza nell’intervallo di tempo di 0,2 secondi (PP) prendendo in analisi il
valore di potenza più alto raggiunto mediando i valori registrati in un intervallo di tempo di 0,2
secondi. Inoltre è stato considerato il Lavoro Totale (TW) sommando il lavoro prodotto nei 5
sprint del test, e il Fatigue Index (FI). Quest’ultimo parametro è stato calcolato sulla base del
lavoro prodotto come percentuale del decremento relativo tra il migliore e il peggiore dei 5
sprint:
F.I. = 100 x (Best sprint Work – Worst sprint Work) / Best sprint Work
A riposo e per tutta la durata del test è stata della misurata la frequenza cardiaca (FC),
rilevata attraverso cardiofrequenzimetro (Polar S810I, Finland) con campionamento ogni 5
secondi. A riposo e in modo seriato (al 3°, 5°, 7° minuto) durante il recupero, la concentrazione
di lattato ematico ([La]s) è stata determinata mediante metodica enzimatica (BiosenC-Line,
EKFdiagnostic, Eppendorf, Germania) su campioni di 20μL di sangue capillare prelevato al lobo
dell’orecchio.
Per avere un riscontro della percezione soggettiva di fatica, alla fine del test è stato richiesto ai
soggetti di indicare un valore numerico della scala RPE (Rate of Perceived Exertion) di Borg,
definita dai valori estremi minimi e massimi di 6 e 20, (Borg, 1970). Al termine dei 13 minuti di
riposo (CON o VIB), e prima di iniziare il secondo test, ai soggetti è stato richiesto di indicare un
valore numerico corrispondente alla qualità del recupero mediante la scala di Kennta o scala
TQR (Kennta e Hassmen, 1998). Entrambe le scale erano state in precedenza illustrate ai
soggetti.
11
ANALISI STATISTICA
Le analisi statistiche sono state eseguite con il software Prism 6.0, (GraphPad Software, San
Diego, California Inc.). La differenza statistica significativa (P<0.05) tra due variabili è stata
verificata tramite il test statistico t-Student a due code per dati appaiati ponendo a confronto i
valori pre-post Vibrazioni e pre-post Controllo. I risultati sono espressi come media e deviazione
standard (x ± DS).
Il calcolo del coefficiente per la riproducibilità della misura di PP tra i soggetti di uno stesso
campione, segue le indicazioni definite da Hopkins nel 2000 (Hopkins, 2000); esso è basato sul
cambiamento della media della performance in seguito alle prove effettuate nelle diverse
sedute dei soggetti, escluso la seduta di familiarizzazione, e sulla loro successiva trasformazione
logaritmica secondo la seguente formula:
CV = 100 x (e
SD/100
-1)
3. RISULTATI
INDICI PRESTATIVI
Il picco di potenza (PP) è risultato essere stato raggiunto dai soggetti sempre al primo sprint del test
di Repeated Sprint Cycle.
12
Figura 4 Nel pannello in alto: Peak Power raggiunto nel primo e nel secondo RSA nella sessione di
controllo (I RSA C, II RSA C) e nella sessione con vibrazioni (I RSA V, II RSA V); Nel pannello in basso:
Peak Power pro Kg di massa corporea raggiunto nel primo e nel secondo RSA nella sessione di
controllo (I RSA C, II RSA C) e nella sessione con vibrazioni (I RSA V, II RSA V).
Nel gruppo controllo (CON), il PP assoluto registrato nel secondo test (989,3 ±146 W) è risultato
statisticamente inferiore, con p-value P=0.05, rispetto al PP del primo test (1007,7 ±141,8 W). Nel
gruppo sottoposto alla somministrazione di vibrazioni durante il recupero (VIB), il PP assoluto del
secondo test (1011 154 W) non è risultato significativamente diverso dal PP del primo test (1018
141 W). Lo stesso risultato è stato registrato per i valori di potenza normalizzati per il peso corporeo
sia in CON (13,5 1,62 W*kg e 13,7 1,45 W*kg rispettivamente nel primo e secondo RSA) sia in VIB
(13,8 1,36 W*kg e 13,7 1,5 W*kg rispettivamente nel primo e secondo RSA), Figura 4.
13
MEAN POWER PRO KG
1200
16
1000
14
MP (W*kg-1)
MP (W)
MEAN POWER
800
600
400
I RSA - C
II RSA - C
I RSA - V
II RSA - V
12
10
8
I RSA - C
II RSA - C
I RSA - V
II RSA - V
Figura 5a: Nel pannello a destra: Mean Power, e a sinistra: Mean Power pro Kg, nel primo e nel
secondo RSA nella sessione di controllo (I RSA C, II RSA C) e nella sessione con vibrazioni (I RSA V, II
RSA V).
FATIGUE INDEX
35000
40
30000
30
FI (%)
Work (N*m)
TOTAL WORK
25000
20000
15000
*
20
10
I RSA - C
II RSA - C
I RSA - V
II RSA - V
0
I RSA - C
II RSA - C
I RSA - V
II RSA - V
Figura 5b. Nel pannello a destra: Total Work, e Fatigue Index a sinistra, nel primo e nel secondo RSA
nella sessione di controllo (I RSA C, II RSA C) e nella sessione con vibrazioni (I RSA V, II RSA V).
Risultano invariati tutti gli altri indici, quali la potenza media (MP) assoluta (871,1 ±109,6W vs 871,8
±109,6 W (VIB); 866,1 ±105,2 W, vs 861,7 ±107,6 W (CON)) e la MP normalizzata per massa corporea
(11,82 ±0,9 W*kg vs 11,83 ±1,02 W*kg (VIB); 11,78 ±1,03 W*kg vs 11,73 ±1,13 W*kg (CON) espressa
nei 5 sprint (Figura 5a) e il lavoro totale (TW) compiuto durante il test (25904 ±3165 J pre vs 25932
±3155 J post VIB; 25725 ±3061 J pre vs 25626 ± J post CON), Figura 5b.
Per quanto riguarda il Fatigue Index, nel secondo RSA il valore calcolato risulta statisticamente
inferiore a quello del primo RSA nel gruppo CON (14,84 ±4,24 pre vs 12 ±5 post). In VIB invece il FI tra
14
il primo e il secondo test RSA (14,7 ±5,32 pre vs 14,1 ±5,7 post) non è significativamente diverso
(Figura. 5b).
LATTATO EMATICO
La Figura 6 (pannello superiore) riporta i dati di lattato ematico calcolati come differenza tra il valore
basale, misurato prima di effettuare l’RSA, e il massimo valore misurato nella fase di recupero. In
CON, nel primo RSA la quantità di lattato accumulata è di 9,22 ±2,64 mmol/L mentre nel secondo
RSA, partendo da un valore più alto, l’accumulo di acido lattico è minore e corrisponde a 4,71 ±1,69
mmol/L. In VIBR, nel primo RSA la quantità di lattato accumulata è di 9,59 ±2,37 mmol/L mentre nel
secondo RSA è minore 5,18 ±1,46mmol/L.
Calcolando però la differenza di concentrazione di lattato ematico tra l’inizio e il termine dei 22
minuti di recupero tra il primo e il secondo RSA, si osserva che il delta dopo VIBR è maggiore (4,9 ±1,4
mmol/L) rispetto a CON (3,8 ±0,9 mmol/L), pari rispettivamente al 48% e 39% (Figura 6, pannello
inferiore). Infatti a parità di accumulo di lattato durante esercizio, un delta maggiore è indice di un
miglior smaltimento e rimozione dal circolo ematico.
RPE e TQR
Infine l’analisi dei dati riferiti alla percezione soggettiva della fatica e del recupero sono riportati nella
Figura 7. Per quanto riguarda la scala di Borg, i valori indicati dopo il secondo RSA (16,7±2 VIB vs
16,7±2,2 CON) sono risultati sempre maggiori rispetto a quelli indicati dopo il primo RSA (16,3 ±2VIB
vs 16,1 ±2,1CON).
15
Figura 6. Nel pannello in alto: Accumulo di lattato a fine esercizio, rappresentato dal delta tra il
valore basale e picco raggiunto al 7min di recupero, al termine del primo e nel secondo RSA nella
sessione di controllo (I RSA C, II RSA C) e nella sessione con vibrazioni (I RSA V, II RSA V). Nel pannello
in basso: Wash out del lattato durante 22min di vibrazioni e di controllo, dato dal delta del lattato
ematico tra il picco raggiunto al 7min di recupero del I RSA e il valore basale prima del II RSA.
Il confronto dei valori di percezione soggettiva della fatica nel secondo RSA non sono stati influenzati
dal trattamento con vibrazioni.
Infine la percezione soggettiva di recupero è risultata maggiore in VIBR (15,7±1,8), indice della
percezione di un miglior recupero rispetto a CON (14,4±2,3).
16
Figura 7 Nel panello in alto: RPE percepito a fine test di Repeated Sprint Cycle. Nel panello in basso:
TQR percepito dopo 22 minuti di recupero tra un test e il successivo.
4. DISCUSSIONE
I risultati di questo studio mostrano che una singola seduta di vibrazioni della durata totale di circa 13
minuti: 1) ha un effetto benefico sulla percezione soggettiva della fatica e della qualità del recupero;
2) è in grado di migliorare, parzialmente, la prestazione di un’attività discontitnua ad alta intensità
dopo una simile precedente attività.
Infatti, il Peak Power non diminuisce come invece si verifica nella condizione di controllo, mentre altri
indici caratterizzanti la prestazione (MP e TW) non sono risultati diversi dalla condizione di controllo.
17
L’entità del decremento del Peak Power osservato dopo le vibrazioni è pari al 1,8%, e si colloca
all’interno della variabilità della misura del 2,9% precedentemente studiata. Anche lo stesso indice
normalizzato per la massa corporea (PP*Kg-1), con l’1,75% di variazione nel secondo RSA (CON),
rientra ampiamente nei margini percentuali della variabilità dello stesso (2,8%), pur rivelandosi
significativo al test statistico.
Tra gli indici di performance presi in analisi, Il Peak Power è il parametro che potrebbe riflettere
meglio gli effetti sul potenziamento dei meccanismi neuromuscolari dati dalle vibrazioni,
(reclutamento e sincronizzazione delle unità motorie, pre-attivazione neuromuscolare, etc.) riportati
in letteratura. Cochrane e Stannard (2008) riportano, in 18 atlete di hockey su prato, un incremento
nella prestazione di ACMVJ (arm swing countermovement vertical jump), un test molto diffuso nelle
squadre sportive per valutare la potenza degli atleti. Pur valutando un parametro diverso rispetto al
Peak Power del test RSA al cicloergometro, l’ACMVJ è un indice della capacità muscolare di
esprimere la massima forza muscolare possibile in intervallo di tempo molto breve. Il Peak Power nel
presente studio è sempre stato raggiunto dai soggetti dopo pochi secondi dall’inizio del primo sprint,
quando la muscolatura coinvolta è in condizioni di “freschezza”.
I risultati osservati nella situazione di controllo e gli altri indici della prestazione RSA al
cicloergometro sono concordi con i dati in letteratura, infatti, il Mean Power e Total Work sono
maggiormente limitati rispetto al Peak Power, dalla fatica di tipo metabolico che comincia ad
insorgere con il susseguirsi degli sprint e a condizionare in maniera importante la capacità del
muscolo di generare potenza, come emerso dagli studi sui fattori limitanti la capacità di RSA e
l’insorgenza di fatica (Bishop, 2012).
Il maggior Fatigue Index riscontrato in seguito alle vibrazioni sembra apparentemente in contrasto
con i risultati attesi, ma bisogna tenere in considerazione che i valori di FI sono correlati alla
potenza espressa nel primo sprint del test: maggiore è la prestazione che si raggiunge nel
primo sprint, tanto più rapida sarà l’insorgenza della fatica muscolare e maggiore il calo prestativo
negli sprint successivi, determinando così alti valori di FI (Girard e coll. 2011).
18
Il maggior Fatigue Index raggiunto dopo il trattamento con vibrazioni, alla luce dal recente studio del
2013 di Maffiuletti e colleghi e con quanto ipotizzato già da Rittweger nel 2010, non sembra essere
un risultato discordante con l’ipotesi inizialmente formulata: le vibrazioni sono uno stimolo che
promuove l’attività e un accresciuto metabolismo delle fibre muscolari, e se modulato nella sua
durata, intensità e modalità può rappresentare una condizione di lavoro affaticante per il muscolo.
Quindi, seppur non in maniera accentuata rispetto a un classico esercizio di forza, nel presente studio
le vibrazioni possono in parte essere considerate come stimolo in grado di produrre un
affaticamento.
Un risultato rilevante emerge dal miglioramento significativo della qualità del recupero percepito dai
soggetti dopo il trattamento con vibrazioni e dichiarato attraverso un valore numerico della scala
TQR. L’indice di percezione dello sforzo, RPE indica che in ogni test di repeated sprint cycle l’impegno
raggiunto è stato costante, sia per quanto riguardai test della seduta con vibrazioni che per i test
della seduta di controllo. In conclusione si può dire che a parità di sforzo, il recupero con il
trattamento con le vibrazioni sembra essere più efficace. A livello speculativo, si può ipotizzare che la
ridotta sensazione di indolenzimento muscolare post vibrazioni, possa essere stata attenuata
dall’innalzamento della soglia di attivazione dei nocicettori (recettori del dolore) durante i tredici
minuti di trattamento con vibrazioni (Lundberg nel 1984 e Weerakkody e coll, 2003). Questa
conclusione trova conferma in uno studio recente di Marin e coll. che ha la peculiarità di essere stato
condotto su una simile popolazione di soggetti, costituita da 19 giovani calciatori ,e con un disegno
sperimentale che ha proposto le vibrazioni in seguito ad un test di RSA (Marin e coll., 2012). Lo studio
si proponeva di valutare il recupero funzionale dei giocatori, attraverso il test di salto verticale e
contrazione massimale MVC, e l’attenuata percezione di indolenzimento muscolare, attraverso scala
VAS (Visual Analogue Scale). Entrambe le ipotesi sono state confermate, tuttavia le vibrazioni erano
proposte in associazione a degli esercizi di defaticamento tradizionali, e si poteva ipotizzare che lo
stimolo vibratorio di per se, non fosse sufficiente a raggiungere l’obiettivo di un recupero migliore
della fatica post esercizio.
19
Un miglior ripristino delle condizioni fisiologiche potrebbe essere confermato indirettamente
anche dai risultati
della rimozione del lattato ematico durante il trattamento con vibrazioni. In
seguito ai test RSA, i soggetti raggiungono concentrazioni picco di lattato ematico simili e indicative
di uno sforzo massimale, tanto nella seduta con l’applicazione di vibrazioni quanto quella di
controllo. Quello che sembra migliorare infatti non è l’efficienza del meccanismo di produzione del
lattato, ma l’efficienza dell’insieme delle risposte fisiologiche messe in atto dall’organismo al fine di
favorire la sua rimozione dal circolo ematico. Questa ipotesi trova un riscontro nella differenza
statisticamente significativa tra il delta pre post vibrazioni e il delta pre post controllo. Una possibile
spiegazione risiede nelle modificazioni di ordine metabolico provocate dallo stimolo vibratorio
documentate da numerosi studi, tra le quali vi sono l’aumento della temperatura, dei processi
energetici, l’accresciuto apporto di flusso sanguigno ai tessuti interessati da vibrazione e una miglior
circolazione periferica, (Rittweger e coll., 2010; Cochrane e coll., 2011). La modificazione che gioca
il ruolo più interessante, è la possibilità di una miglior perfusione sanguigna, stimolata forse dal
rilascio di ossido nitrico a livello cutaneo in seguito allo stimolo meccanico, in grado di promuovere
una più rapida rimozione dei metaboliti di scarto e di lattato.
5. CONCLUSIONI
In conclusione, il presente studio dimostra che le vibrazioni, applicate in una singola seduta dopo uno
sforzo ad alta intensità di tipo intermittente (Repeated Sprint Cycle), attenuano la percezione di fatica
muscolare, rispetto ad un recupero passivo di controllo, e promuovono la rimozione dell'acido lattico
dal sangue. Inoltre migliorano in acuto la capacità muscolare di esprimere potenza.
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