“consumatrice” della forma merce nella critica pasoliniana di Scritti

Simone Stancampiano
Abstract: Cittadinanza sociale della famiglia
Dalla famiglia “consumatrice” della forma merce nella critica pasoliniana di Scritti
corsari alla famiglia “testimone” di vita nella società attuale
Negli anni Settanta del Novecento un nuovo potere “consumistico”, dissacrante e
omologante, figlio di una industrializzazione “ruggente”, aveva portato in Italia – secondo il
Pasolini di Scritti corsari – ad una rivoluzione “antropologica”. In particolare, la famiglia “esce
fuori” dal vecchio universo agricolo e paleocapitalistico, paleoindustriale, per confrontarsi con la
nuova civiltà dei consumi. Quest’ultima, irreligiosa perché ha perso il desiderio di Dio, ha ancora
bisogno della famiglia, quella che era stata per secoli il modello, insieme, dell’economia contadina
e della civiltà religiosa.
Nel neo-edonismo completamente materialistico e laico, la famiglia, nella visione
pasoliniana, diventava lo “specimen” minimo della civiltà consumistica di massa. “Un singolo può
non essere il consumatore che il produttore vuole. Cioè può essere un consumatore saltuario,
imprevedibile, libero nelle scelte, sordo, capace magari del rifiuto: della rinuncia a quell’edonismo
che è diventato la nuova religione. La nozione del «singolo» è per sua natura contraddittoria e
inconciliabile con le esigenze del consumo. […] Esso deve essere sostituito con l’uomo-massa. […]
E’ in seno alla famiglia che l’uomo diventa veramente consumatore: prima per le esigenze sociali
della coppia, poi per le esigenze sociali della famiglia vera e propria” (P.P. PASOLINI, Scritti
corsari, Garzanti, Milano 1975, Settima ristampa: dicembre 2013, p. 36).
Il consumismo di massa ha rilanciato in enorme scala la coppia: una società spregiudicata,
libera, in cui le coppie e le esigenze sessuali si moltiplichino è avida di beni di consumo” (Ivi, p.
207). Questa civiltà ha privilegiato la coppia di tutti i diritti del suo conformismo: essere in coppia
per un giovane è ormai non più una libertà, ma un obbligo, in quanto paura di non essere pari alle
libertà che gli vengono concesse. A tale potere “non interessa però una coppia creatrice di prole,
proletaria, ma una coppia consumatrice, piccolo borghese (Ivi, p. 103).
Nella società attuale, in cui l’iper-consumismo deve confrontarsi con la crisi economica, la
sfida della famiglia è quella di tornare ad essere un portato di sussidiarietà, solidarietà e bene
comune: in primis “testimonianza”. Questi valori, infatti, prima di avere una valenza sociale, ossia
essere “educazione” ad una pratica in un contesto vivente, hanno bisogno di “testimoni”, come i
genitori per i figli. In questa prospettiva gioca un ruolo importantissimo la libertà religiosa, perché
si crede per persuasione, non per costrizione. Perché la verità, anche se è vera, può diventare
violenta senza l’esperienza umana, se è imposta e non è proposta da un maestro o da una
testimonianza credibile.
Maestri e testimoni credibili sono dunque i genitori: è all’interno della famiglia che i figli in
primo luogo conoscono la solidarietà. La famiglia contemporanea, nel ruolo di “educatrice”, pone al
centro la persona umana sulla scia della teoria relazionale della società. La famiglia si profila quindi
come “micro-società”. E’ il ritorno alle forme “etiche” hegeliane, incompatibili con la
precarizzazione delle esistenze di cui ancor oggi siamo investiti.
Dall’altra parte il legame tra libertà religiosa, democrazia, poliarchia, è già conosciuto
storicamente: nel Seicento la democrazia moderna nasce dai fuoriusciti della cosiddetta tolleranza
inglese, della Chiesa anglicana, nei nascenti Stati Uniti d’America. E’ la condizione dei perseguitati
cristiani (battisti, quaccheri, cattolici) che permette la riscoperta della libertà dei primi secoli, e da lì
nasce la modernità, in particolare nel Nord-Est dell’Atlantico americano, ossia dall’incontro tra
cristianesimo e democrazia in forme di associazionismo religioso (Cfr. ALEXIS de
TOCQUEVILLE, La democrazia in America).