Referendum FAQ: tutte le risposte alle domande scomode 1. Dove trovo la scheda per votare? La scheda la trovi nell’ultimo bollettino del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP), la rivista blu che ogni tanto riceviamo per posta ordinaria. 2. Se scrivo il mio nome sulla busta sono riconoscibile? No, perché bisogna inserire la scheda con il voto in una busta bianca chiusa e inserire quest’ultima nella busta su cui bisogna scrivere il proprio nome. Così si fa sapere chi ha votato ma non cosa ha votato. Infatti, spuntato il nome del votante, la busta bianca verrà inserita in un’urna assieme alle altre. Dopo aver mescolato tutte le buste bianche nell’urna avverrà lo spoglio. Non si sanno bene le procedure di spoglio perché il CNOP, pur essendo pagato dalle nostre quote di iscrizione all’Ordine, si ostina a lavorare in segreto! 3. Perché è importante votare? Seppur il Consiglio Nazionale non abbia saputo motivare e spiegare adeguatamente l’importanza del voto, partecipare al referendum è importante perché è una delle poche possibilità che abbiamo di “dire la nostra” come comunità professionale. AltraPsicologia propende per il “Sì” perché le modifiche al nostro Codice Deontologico sono necessarie per affermare i nostri spazi professionali. 4. È inutile precisare che le regole del Codice Deontologico “si applicano anche nei casi in cui le prestazioni, o parti di esse, vengano effettuate a distanza”!? No, non è inutile perché esplicitare che le regole del nostro Codice Deontologico si applicano anche alle attività via web serve a prevenire eventuali interpretazioni che vogliono affermare che psicologia! quella fatta attraverso la rete non è 5. Se passa il sì all’art. 5 sarò obbligata a spendere più soldi per la formazione? No, perché con il nuovo decreto legge(137/2012), indipendentemente dal risultato del referendum siamo comunque obbligati a seguire un programma di aggiornamento continuo. Questo Decreto Legge, però, ci dà la possibilità di definire in modo “personalizzato” il tipo di formazione continua, poiché sarà il Consiglio Nazionale a dover deliberare, entro agosto, come dovrà avvenire tale formazione per gli psicologi (anche se poi il progetto del CNOP dovrà venire approvato). In pratica, è un’occasione unica per provare a portare avanti una formazione “tagliata su misura” per gli psicologi. Gli Ordini Professionali gestiti da AltraPsicologia si impegnano a erogare corsi di aggiornamento continuo gratuiti per gli iscritti. 6. La modifica dell’art. 5 è stata introdotta per far guadagnare le scuole di formazione con gli ECM? NO, gli ECM hanno come riferimento un’altra legge e quindi sono qualcosa di differente dall’aggiornamento continuo a cui fa riferimento l’articolo 5. Per l’aggiornamento continuo saranno riconosciute altre forme di formazione continua oltre al corso a pagamento. Ad esempio, AltraPsicolgia si sta impegnando anche a far riconoscere come formazione l’autoformazione, acquistati. come lo studio di testi regolarmente 7. Se voto sì alla modifica dell’art. 21, non potrò più insegnare a nessuno la psicologia!? Non è vero! La modifica del Codice Deontologico parla di “insegnamento dell’uso di strumenti e tecniche conoscitive e di intervento riservati alla professione di psicologo”. Questo non vuol dire non insegnare ad altri a relazionarsi, ad essere assertivi o a saper ascoltare, ma significa non insegnare ad altri a fare lo psicologo, cioè a tenere colloqui, test e osservazioni con finalità di intervento o conoscitive basandosi su modelli e teorie psicologiche. In pratica si possono insegnare le teorie, si possono aiutare le altre professioni ma non si possono creare corsi per fare in modo che l’uso di tecniche psicologiche diventino una professione di altri. 8. Se insegno ai medici/infermieri a saper gestire il paziente dal punto di vista relazionale sarò sanzionato? NO. Posso insegnare al medico o all’infermiere o a qualsiasi altra professione di aiuto alcune tecniche per migliorare la propria professione, di certo non tutte le tecniche per sostituirsi allo psicologo. Ad esempio posso tenere dei corsi di comunicazione efficace o di ascolto empatico ai medici così possono utilizzare queste tecniche mentre svolgono la loro professione, ma non posso strutturare un corso per insegnare al medico tecniche e strumenti in modo che si sostituisca allo psicologo. Chi fa formazione conosce bene la differenza tra un corso per aumentare le capacità e uno professionalizzante, cioè che insegna tecniche di intervento psicologico. 9. Per “tutti gli strumenti e le tecniche conoscitive e di intervento relative a processi psichici (relazionali, emotivi, cognitivi, comportamentali)” si intende qualsiasi cosa in psicologia? NO, con questa dicitura si intendono strumenti e tecniche che si basano su teorie psicologiche specifiche (cioè teorie di come funziona la mente) e che vengono normalmente utilizzati dagli psicologi durante il loro lavoro di intervento mirato esclusivamente ai processi psichici. Ad esempio, possiamo insegnare tutte le teorie, possiamo insegnare delle tecniche a corollario di altre professioni ma non possiamo insegnare a fare una diagnosi psicologica o a tenere dei colloqui psicologici a chi non è psicologo. Insegnare una tecnica finalizzata ad un obiettivo differente dall’intervento psicologico è possibile, come ad esempio insegnare a gestire l’ansia al personale del 118. Diventa invece vietato insegnare al personale del 118 a tenere colloqui al di fuori della loro funzione di intervento. Per qualsiasi altro dubbio si può fare riferimento al documento “atti tipici” dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia. Liberalizzazioni bombe e false La prima bozza del decreto sulle liberalizzazioni è finalmente in circolazione, e possiamo dare le prime informazioni su questa bomba che doveva far esplodere il mondo delle professioni, e che invece pare una specie di petardo bagnato, almeno per gli psicologi… Infatti, tutto quel che vuole fare oggi il Governo Monti sembra averlo già fatto negli anni passati la liberalizzazione selvaggia nell’ingresso alla professione di migliaia di psicologi, e quindi il mercato. Vi chiediamo di leggere quanto segue con l’avvertenza che la situazione è in movimento, e quindi per ora c’è poco di definitivo da dire. Abolizione delle tariffe minime e massime… perché, esistono ancora? sono abolite dal 2005, con il Decreto Bersani. L’Ordine Psicologi Nazionale è stato oggetto di un procedimento dell’Antitrust che aveva obbligato a togliere ogni riferimento alle tariffe dal codice Deontologico, dove sopravviveva una sparuta quanto innocua rappresentanza di riferimenti. Ma a dir la verità, chi di noi ha mai applicato rigidamente le tariffe minime o massime previste dal nostro fantomatico tariffario? le tariffe sono già ampiamente decise dal mercato, sono al ribasso e spesso non coprono nemmeno le spese. L’accordo scritto preliminare, o preventivo: il professionista dovrebbe obbligatoriamente rilasciarlo al cliente prima di svolgere la prestazione. Come se finora non ci si fosse mai messi d’accordo prima, e il cliente fosse lì a farsi rilasciare parcelle stratosferiche senza prima aver chiesto il prezzo. Avremmo preferito piuttosto qualcosa di un po’ più sofisticato, visto che sul prezzo ci si accorda ma è poi la qualità della prestazione a fare la differenza (e spesso a produrre segnalazioni deontologiche). Se il governo avesse ascoltato l’esperienza degli ordini professionali sui rapporti con l’utenza, forse avrebbe reso obbligatorio un buon consenso informato scritto, piuttosto che un mero preventivo. Le società di servizi professionali: l’intenzione è quella di lasciare che una società qualunque possa svolgere attività che oggi sono riservate ai professionisti, a patto di avere dei professionisti a cui farle svolgere materialmente. Secondo il governo, questo dovrebbe cambiare la situazione occupazionale dei giovani, permettendogli di entrare nel mercato con più facilità. In pratica, il proprietario di una catena di pizzerie potrebbe decidere di aprirsi una società di servizi psicologici per dare un lavoro diurno a tutti i giovani professionisti che di sera gli consegnano le pizze con il motorino. Una vera rivoluzione, non c’è che dire… Nessuno sembra sapere da decenni esistono società (fondazioni, cooperative) che svolgono egregiamente attività di tipo terapeutico, occupando molti psicologi, educatori, riabilitatori, infermieri, operatori di assistenza in attività d’equipe. Che lo stesso avviene per le società di costruzione edile, ad esempio. Comprendiamo che la norma possa avere diverse risonanze per commercialisti e avvocati, ma restiamo scettici su un provvedimento già superato dai fatti quotidiani delle professioni, e spacciato per incentivo all’inserimento di giovani professionisti. Tirocini retribuiti: un’idea fantastica. Chi di noi non avrebbe voluto riconoscersi del denaro per il proprio tirocinio? dalla bozza non si capisce bene chi dovrebbe pagare i tirocinanti, e questo non è un dettaglio… se nelle intenzioni del governo, a pagare per gli psicologi dovrebbero essere le varie ASL, Onlus, Case di Cura che oggi offrono a fatica posti di tirocinio gratuiti, stiamo freschi: con i conti già in ginocchio, farebbero senza dubbio a meno dei pochi tirocinanti che oggi sono disponibili ad accogliere, e allora si che i giovani professionisti si troverebbero di fronte nuove possibilità: emigrare. Tirocini all’interno del percorso universitario: a parte la considerazione che per imparare una pratica professionale ci vuole tempo, e che l’esperienza deve innestarsi su una base teorica, l’ipotesi non sarebbe male. Uno se la sbriga in meno tempo e alla fine dell’Università è pronto a partire. Ma la norma non si applica alle professioni sanitarie, e quindi in teoria noi psicologi saremmo fuori. Deontologia separata dagli Ordini Professionali: l’ipotesi contempla la creazione di organi esterni alla professione, che svolgano il procedimento istruttorio ed eroghino sanzioni verso i professionisti. Una prospettiva basata sull’assunto paranoide per cui nelle commissioni deontologiche degli ordini professionali si chiuderebbe un occhio nei confronti degli iscritti per motivi elettorali. Ora, a parte che ci pare una proiezione delle abitudini del mondo politico sui cittadini, e che la deontologia professionale è affidata da sempre agli ordini perché è questione molto tecnica, non si vede proprio il vantaggio che potrebbe derivare dall’affidare questa funzione a commissioni esterne. Da chi sarebbero nominate? chi ne farebbe parte? Insomma, non sembra un provvedimento fra i più sostanziali e soprattutto non se ne coglie il senso, al di là dell’obiettivo sordido di svuotare gli ordini professionali delle prerogative riconosciute a tutela del cittadino. Pubblicità professionale: il grande nodo della pubblicità dovrebbe essere la sottrazione agli ordini di quelle ultime, residuali attribuzioni in materia di valutazione del messaggio pubblicitario. Un controllo che ormai è ridotto al rango di una verifica ex-post della veridicità e del decoro della pubblicità sulla base di segnalazioni, oppure su una verifica ex-ante se il professionista ha la bontà di richiederla (senza impegno e senza obbligo). Stiamo ai fatti: basta fare una ricerca su google con il termine “psicologo” per capire quanto è libera la pubblicità. Anche troppo, a volerla considerare dal punto di vista estetico. Ma non crediamo sia un processo facile da marginare, e forse comincia a suonare anacronistico star lì ad esaminare una brochure cartacea o una targa quando sta già tramontando l’era dei blog e di Google Adwords, si è in pieno periodo Groupon, Facebook ed Apps, e fra due anni il volto della pubblicità sarà nuovamente rivoluzionato da nuovi metodi. Vi aggiorneremo puntualmente sulle varie modifiche, evoluzioni e trasformazioni delle bomba delle liberalizzazioni, nel frattempo se volete potete partecipare alla manifestazione dei professionisti (già, anche i professionisti manifestano, i tassisti non sono soli!) che si terrà a Milano il giorno Sabato 21 Gennaio. Eticità nel rapporto con le Scuole di Specializzazione in Psicoterapia: a chi non sta bene? È più facile arricchirsi formando colleghi che facendo lo Psicologo. Avete notato quanti corsi, master, scuole per Psicologi? Per non parlare dei corsi che tentano di insegnare a fare gli Psicologi a chi non ha la laurea in Psicologia, ma questo merita un discorso a parte. Ma c’è una formazione più formazione di altre, perché necessaria per la maggior parte dei concorsi pubblici ed è obbligatoria per fare quello che sognavamo quando ci siamo iscritti a Psicologia. È la formazione per diventare Psicoterapeuti. Mentre le Scuole di Specializzazione in Medicina sono tutte pubbliche e i medici specializzandi hanno una borsa di studio che si aggira sui 1500 euro al mese, per noi Psicologi le Scuole di Specializzazione sono principalmente private e le dobbiamo pagare. Affrontiamo questa formazione post-lauream con tanti sacrifici perché o siamo appena laureati e probabilmente squattrinati o stiamo lavorando e, quindi, con poco tempo a disposizione. Ma la Specializzazione in Psicoterapia con scuole private pone un rischio: sentendoci “obbligati” a intraprendere questo percorso (per avere il Titolo di Psicoterapeuta) le Scuole hanno l’affluenza (le iscrizioni) quasi garantita e, di conseguenza, potrebbero anche inventarsi regole a discapito dei frequentanti, per fare business o semplicemente per ingenuità (poca attenzione al cliente). Per rassicurare lo Psicologo che si vuole iscrivere ad una Scuola di Psicoterapia, l’Ordine degli Psicologi della Lombardia, in piena coerenza con la politica di AltraPsicologia, ha creato una Carta Etica che dovrebbe garantire alcuni requisiti minimi per chiarire il rapporto tra lo studente e la Scuola. Nulla di eccezionale, potete verificare i principi della Carta Etica qui. La Carta Etica, insieme all’elenco ragionato delle Scuole di Psicoterapia, aiuta lo Psicologo a scegliere con maggior consapevolezza la Scuola di Specializzazione. Inoltre, fornisce un’ottima pubblicità alle stesse Scuole di Specializzazione. La maggior parte delle Scuole, fortunatamente per noi tutti, già soddisfano i requisiti della Carta Etica. L’iniziativa è stata apprezzata da quasi tutti i colleghi, al momento disapprova solo il CNSP (Coordinamento Nazionale delle Scuole di Psicoterapia): coordinamento di cui non conoscevo l’esistenza fino a quando non ha assunto posizione contraria rispetto all’iniziativa dell’Ordine della Lombardia. Per fortuna di questo coordinamento fanno parte molto meno della metà delle Scuole di Specializzazione. Sul sito del coordinamento si legge “E’ prioritario per il CNSP,.., garantire all’allievo il diritto ad un rapporto contrattualmente trasparente nel quale siano esplicitati i suoi diritti ed i suoi doveri”. Ottimo, mi dico! I principi sono gli stessi: collaboreranno. Invece, il 13 gennaio Zucconi, segretario nazionale del CNSP, in seguito ad una delibera, pare votata all’unanimità, scrive al Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, per conoscenza al MIUR e a tutte le Scuole di Specializzazione che fanno parte del coordinamento “che non va dato seguito a tale richiesta”, cioè alla compilazione del questionario inerente la Carta Etica dell’OPL. Le motivazioni sono più assurde del coordinamento stesso: 1. “Gli Ordini Regionali degli Psicologi non hanno alcuna potestà sulle Scuole di Psicoterapia”. D’accordo, ma nessuno vuole avere potestà. L’obiettivo è offrire all’iscritto OPL le informazioni per poter scegliere la propria Scuola di Specializzazione in base anche agli stessi principi che il CNSP dice di voler far propri. L’Ordine si è solo premurato di offrire un servizio ai propri iscritti. 2. “Il MIUR è il solo organo predisposto al controllo, alla vigilanza e al monitoraggio delle scuole stesse”. Giustissimo, infatti non si vuole monitorare, controllare né vigilare, ma solo raccogliere delle informazioni in modo ragionato e confrontabile per metterle a disposizione degli iscritti. 3. “Il CNSP già da tempo ha elaborato strumenti idonei al monitoraggio del livello qualitativo delle prestazioni formative erogate dalle scuole afferenti al Coordinamento stesso (Carta dei Diritti degli Specializzandi e Standard per la misurazione della qualità consultabili nel nostro sito web).” Questa ultima motivazione pare sia stata inviata solo alle Scuole. Perché? Semplicemente perché contraddice in pieno la motivazione precedente: se al punto 2 si afferma che il MIUR è il solo organo di controllo, allora è lo stesso CNSP che, monitorando la qualità della sua-propria formazione, si vuole sostituire – autoreferenzialmente – al MIUR! Zucconi forse, facendo lo Psicoterapeuta da tanto tempo, ha dimenticato la Psicologia. Un conto è fornire uno strumento (questionario) per la valutazione della qualità delle prestazioni formative, un altro è valutare l’eticità della relazione tra Scuola e allievo. Sono due aspetti differenti che richiedono strumenti differenti. Eppure lo Psicologo dovrebbe essere l’esperto di questo tipo di misurazioni. Consultate il sito del CNSP, compaiono tante belle parole sulla trasparenza, eticità, qualità ecc… ma nello statuto del CNSP, tutte le belle parole scompaiono e si apprende la reale finalità di questo coordinamento: 13 punti di scopi dove non si parla di né di qualità, né di trasparenza ed eticità ma è tutto riassumibile nel primo obiettivo dichiarato: “Tutelare gli interessi delle scuole private di psicoterapia in Italia… in ambito istituzionale e non”. Gli altri obiettivi sono relativi alla diffusione della Psicoterapia (in altre parole, rivolto al marketing del prodotto delle scuole). C’è da non crederci ma verificate pure [Statuto CNSP] Ma perché allora il progetto Carta Etica non piace a questo coordinamento? Posso immaginare solo due motivi alternativi: 1. Il coordinamento protegge qualcosa che non si deve sapere: allora ben venga la Carta Etica che smaschera chi non vuole confrontarsi con le altre Scuole e vuole mantenere la situazione di privilegio che gli conferisce il riconoscimento legislativo a discapito degli specializzandi. In questo caso, il CNSP deve avere il coraggio di entrare nel merito della Carta Etica e indicare pubblicamente, davanti a tutti i colleghi che si stanno o vorrebbero specializzarsi, quale principio li turba tanto. 2. Il progetto è stato valutato un’invasione di campo, ha la stessa funzione di quello che dice di fare il CNSP: allora, anziché apprezzare l’iniziativa che rafforza e pubblicizza le scuole e collaborare, si nascondono dietro motivazioni pretestuose. Sono forse invidiosi di un’iniziativa che non sono stati capaci di sviluppare? Aumentare le possibilità di confronto tra le diverse Scuole partendo da una rapporto eticamente chiaro genera vantaggio sia allo studente, che avrà più elementi per scegliere, sia alle scuole, stimolando il miglioramento della propria organizzazione per offrire formazione sempre più elevata. Ma a quanto pare è più facile rimanere legati alla Burocrazia e alle formalità che confrontarsi con la realtà. AltraPsicologia conferma di essere un’altra generazione di politica professionale, quella che non si ferma alle formalità ma entra nel merito delle questioni. AltraPsicologia tutela sia i colleghi che, come noi, hanno fatto e stanno facendo dei sacrifici per specializzarsi sia le Scuole di Specializzazione virtuose. L’opinione sull’iniziativa e sulla posizione del CNSP spetta ai tantissimi colleghi che si avvicinano alla Psicoterapia. ? Psicologia della Occupazionale Salute Psicologia Occupazionale: della Salute L’arrembaggio dei Non addetti ai lavori, e la riscossa degli addetti … un’anomalia tutta Italiana! Anna Galiazzo e Paolo Campanini Facciamo un gioco: Se dico la parola Stress che professionista vi viene in mente? Risposta: In coro dall’Europa, lo Psicologo! Hai strabuzzato gli occhi e sentito delle palpitazioni, allora sei uno psicologo italiano e hai bisogno di prove, eccole … Qualche giorno prima di Pasqua, si è tenuto a Roma, all’ombra del Vaticano, il IX convegno europeo sulla psicologia della salute occupazionale (http://eaohp.org/conference.aspx), quali migliori auspici per un Miracolo, e quanto beato orgoglio professionale nel sentire decine di colleghi presentare ricerche in materia di salute occupazionale, una favola, con finalmente protagonisti gli psicologi, e le equipe multiprofessionali con le quali presentavano ricerche e buone prassi, capaci di arricchire una comunità scientifica desiderosa di confrontarsi. Come ogni favola che si rispetti, il convegno ha serbato sorprese, sogni, mele avvelenate e lieto fine. Partiamo dall’inizio: C’era una volta, un ricco convengo con molti contenuti, tutti legati all’argomento comune del lavoro e della salute. In questo tipo di materia si intrecciano, da sempre, temi di psicologia del lavoro, psicologia della salute, psicologia della sicurezza sui luoghi di lavoro e psicologia sociale, temi molto attuali e vicini a molti. L’argomento maggiormente presente al convegno è stato, lo stress lavorativo, questione proprio in questo periodo al centro di discussioni metodologiche e applicative, in seguito alla scadenza della valutazione del rischio connesso allo stress lavoro-correlato, richiesta in tutti i contesti lavorativi dal Decreto legge 81/2008 e correttivo 106/2009 e alle eventuali linee guida per la sua valutazione. Il tema dello stress lavorativo e della valutazione e gestione del fenomeno è fortemente di competenza dello psicologo, in quanto la nostra professionalità, considerando sia il corso di studi sia i nostri campi applicativi, ha i migliori requisiti per poter, da una parte, svolgere un lavoro che rispetti gli assunti scientifici per la misurazione e gestione dello stress, e dall’altra integrare la valutazione con le successive azioni per il sistema organizzativo, il contesto socio-economico e l’individuo. Tutto procedeva per il meglio, con le presentazioni di lavori di buona ed in molti casi ottima qualità, portate dai colleghi europei e da quelli italiani quando, a sorpresa, è stata servita la mela avvelenata, proprio dal piatto argentato e formale del tavolo delle istituzioni! Quanti psicologi erano presenti alla sessione intitolata “The management of psychosocial risk in Italy”? Zero! Chi ha parlato? A questa sessione hanno partecipato, il Dott. Iavicoli (medico – direttore del Dipartimento di Medicina del Lavoro – ISPESL), Fulvio D’Orsi (medico del lavoro – direttore dell’Unità Operativa Complessa Servizio Prevenzione Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro presso la USL Roma), Cinzia Frascheri (responsabile della Cisl nazionale per la sicurezza sul lavoro), Fabio Pontrandolfi (avvocato – responsabile salute e sicurezza sul lavoro – Confindustria) e per il governo Marta di Gennaro (medico del lavoro – Capo Dipartimento dell’Innovazione del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali). La situazione paradossale che si è venuta a creare, è stata l’assoluta mancanza di una ”competenza psicologica” (cioè di uno psicologo) al tavolo, con interventi per molti aspetti generici e difficilmente riconducibili ad una reale valutazione dello stress lavorativo. Mentre in altri contesti qualcuno alle prime armi potrebbe erroneamente fare uno più uno, trovando abominevoli correlazioni quali, se non c’è lo psicologo forse è perché non serve, in questa occasione come per incanto, l’alternanza, nelle relazioni dei diversi paesi europei, metteva in luce l’esatto opposto, un esempio fra tutti: l’intervento di Cooper (proprio lui, lo psicologo del questionario OSI). Cooper ha raccontato, che da diversi anni è chiamato dal governo inglese per fare una valutazione approfondita sugli interventi socio-sanitari in merito alla loro efficacia, in termini di costi/risultati e citava con naturalezza, come il governo Britannico valuti: i costi diretti sostenuti per il trattamento della depressione in (44 miliardi di euro), insieme ai costi delle diverse manifestazioni dei disturbi d’ansia, e degli effetti dello stress, i costi indiretti di perdita di produttività (77 miliardi di euro) (dati European Heart Journal), e le inevitabili relazioni tra mondo del lavoro e benessere, dove il costo per l’assenteismo ed il il turnover sono stati stato calcolati ammontare a £25,9 miliardi l’anno. Il governo Britannico ha quindi avviato un progetto di prevenzione “Goverment office of Science on Mental Capital and Wellbeing”, progetto che coinvolge oltre 400 ricercatori, e che ha prodotto oltre 85 recensioni scientifiche e stabilito le politiche basate sul modo di affrontare questo costoso problema. Una profonda relazione tra benessere e implicazioni per le politiche di prevenzione ed intervento future, che in un’epoca di cambiamento occupazionale e flessibilità non si prevede miglioreranno. Anche questa volta abbiamo buttato giù il boccone avvelenato senza muovere un dito, senza un filo di orgoglio professionale, nel vedere come lo stesso contenuto, può essere valorizzato e reso utile su molti fronti, o banalizzato e screditato in poche chiose, da professionisti che non conoscono approfonditamente la materia? Affatto, un collega, tradito solo da qualche pennellata di accenno toscano che ne enfatizzava il recondito sdegno, ha interrogato il tavolo dei relatori, specificando la sua professione di psicologo, e chiedendo di concretizzare e considerare le competenze, che ci sono proprie, come necessarie per affrontare sia la valutazione sia gli interventi successivi …. scroscio di applausi dai colleghi! Risposta, dal tavolo dei relatori, esile e tremolante, di quelle che “se non riesci a demolire il ragionamento demolisci il ragionatore” ha apostrofato il collega come corporativo. Ma la stranezza permane, in un convegno europeo di psicologia l’unico tavolo senza psicologi si è avuto in occasione della discussione sulla situazione italiana!?! La discussione è proseguita informalmente al termine della sessione e i giorni successivi, tra colleghi e tra colleghi e istituzioni. Confronti generativi, in cui l’esserci fa la differenza e ricorda, a tutti noi psicologi, di tenere le orecchie dritte e la testa alta! Il lieto fine per noi di AP, è stato condividere con i colleghi il sentimento di protagonismo, la spinta generativa e la compattezza che si è respirata lì, germogli da continuare a seminare nella politica professionale, nelle istituzioni, nei diversi campi d’applicazione, consapevoli che poche professioni hanno la meraviglia e la potenzialità che la nostra possiede! “Son io il signore del mio destino, il capitano dell’anima mia”Nelson Mandela