Referendum FAQ: tutte le risposte alle domande

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Referendum FAQ: tutte le
risposte alle domande scomode
1. Dove trovo la scheda per votare?
La scheda la trovi nell’ultimo bollettino del Consiglio
Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP), la rivista blu
che ogni tanto riceviamo per posta ordinaria.
2.
Se scrivo il mio nome sulla
busta sono riconoscibile?
No, perché bisogna inserire la scheda con il voto in una busta
bianca chiusa e inserire quest’ultima nella busta su cui
bisogna scrivere il proprio nome. Così si fa sapere chi ha
votato ma non cosa ha votato. Infatti, spuntato il nome del
votante, la busta bianca verrà inserita in un’urna assieme
alle altre. Dopo aver mescolato tutte le buste bianche
nell’urna avverrà lo spoglio. Non si sanno bene le procedure
di spoglio perché il CNOP, pur essendo pagato dalle nostre
quote di iscrizione all’Ordine, si ostina a lavorare in
segreto!
3.
Perché è importante votare?
Seppur il Consiglio Nazionale non abbia saputo motivare e
spiegare adeguatamente l’importanza del voto, partecipare al
referendum è importante perché è una delle poche possibilità
che abbiamo di “dire la nostra” come comunità professionale.
AltraPsicologia propende per il “Sì” perché le modifiche al
nostro Codice Deontologico sono necessarie per affermare i
nostri spazi professionali.
4.
È inutile precisare che le
regole del Codice Deontologico “si
applicano anche nei casi in cui le
prestazioni, o parti di esse,
vengano effettuate a distanza”!?
No, non è inutile perché esplicitare che le regole del nostro
Codice Deontologico si applicano anche alle attività via web
serve a prevenire eventuali interpretazioni che vogliono
affermare che
psicologia!
quella
fatta
attraverso
la
rete
non
è
5.
Se passa il sì all’art. 5
sarò obbligata a spendere più soldi
per la formazione?
No, perché con il nuovo decreto legge(137/2012),
indipendentemente dal risultato del referendum siamo comunque
obbligati a seguire un programma di aggiornamento continuo.
Questo Decreto Legge, però, ci dà la possibilità di definire
in modo “personalizzato” il tipo di formazione continua,
poiché sarà il Consiglio Nazionale a dover deliberare, entro
agosto, come dovrà avvenire tale formazione per gli psicologi
(anche se poi il progetto del CNOP dovrà venire approvato). In
pratica, è un’occasione unica per provare a portare avanti una
formazione “tagliata su misura” per gli psicologi. Gli Ordini
Professionali gestiti da AltraPsicologia si impegnano a
erogare corsi di aggiornamento continuo gratuiti per gli
iscritti.
6.
La modifica dell’art. 5 è
stata introdotta per far guadagnare
le scuole di formazione con gli
ECM?
NO, gli ECM hanno come riferimento un’altra legge e quindi
sono qualcosa di differente dall’aggiornamento continuo a cui
fa riferimento l’articolo 5. Per l’aggiornamento continuo
saranno riconosciute altre forme di formazione continua oltre
al corso a pagamento. Ad esempio, AltraPsicolgia si sta
impegnando anche a far riconoscere come formazione
l’autoformazione,
acquistati.
come
lo
studio
di
testi
regolarmente
7.
Se voto sì alla modifica
dell’art.
21,
non
potrò
più
insegnare a nessuno la psicologia!?
Non è vero! La modifica del Codice Deontologico parla di
“insegnamento dell’uso di strumenti e tecniche conoscitive e
di intervento riservati alla professione di psicologo”. Questo
non vuol dire non insegnare ad altri a relazionarsi, ad essere
assertivi o a saper ascoltare, ma significa non insegnare ad
altri a fare lo psicologo, cioè a tenere colloqui, test e
osservazioni con finalità di intervento o conoscitive
basandosi su modelli e teorie psicologiche. In pratica si
possono insegnare le teorie, si possono aiutare le altre
professioni ma non si possono creare corsi per fare in modo
che l’uso di tecniche psicologiche diventino una professione
di altri.
8.
Se
insegno
ai
medici/infermieri a saper gestire
il paziente dal punto di vista
relazionale sarò sanzionato?
NO. Posso insegnare al medico o all’infermiere o a qualsiasi
altra professione di aiuto alcune tecniche per migliorare la
propria professione, di certo non tutte le tecniche per
sostituirsi allo psicologo. Ad esempio posso tenere dei corsi
di comunicazione efficace o di ascolto empatico ai medici così
possono utilizzare queste tecniche mentre svolgono la loro
professione, ma non posso strutturare un corso per insegnare
al medico tecniche e strumenti in modo che si sostituisca allo
psicologo. Chi fa formazione conosce bene la differenza tra un
corso per aumentare le capacità e uno professionalizzante,
cioè che insegna tecniche di intervento psicologico.
9.
Per “tutti gli strumenti e le
tecniche
conoscitive
e
di
intervento relative a processi
psichici (relazionali, emotivi,
cognitivi, comportamentali)” si
intende
qualsiasi
cosa
in
psicologia?
NO, con questa dicitura si intendono strumenti e tecniche che
si basano su teorie psicologiche specifiche (cioè teorie di
come funziona la mente) e che vengono normalmente utilizzati
dagli psicologi durante il loro lavoro di intervento mirato
esclusivamente ai processi psichici. Ad esempio,
possiamo
insegnare tutte le teorie, possiamo insegnare delle tecniche a
corollario di altre professioni ma non possiamo insegnare a
fare una diagnosi psicologica o a tenere dei colloqui
psicologici a chi non è psicologo. Insegnare una tecnica
finalizzata ad un obiettivo differente dall’intervento
psicologico è possibile, come ad esempio insegnare a gestire
l’ansia al personale del 118. Diventa invece vietato insegnare
al personale del 118 a tenere colloqui al di fuori della loro
funzione di intervento. Per qualsiasi altro dubbio si può fare
riferimento al documento “atti tipici” dell’Ordine degli
Psicologi della Lombardia.
Liberalizzazioni
bombe
e
false
La prima bozza del
decreto
sulle
liberalizzazioni
è
finalmente
in
circolazione,
e
possiamo dare le prime
informazioni su questa
bomba che doveva far
esplodere il mondo
delle professioni, e
che invece pare una
specie
di
petardo
bagnato, almeno per gli psicologi…
Infatti, tutto quel che vuole fare oggi il Governo Monti
sembra averlo già fatto negli anni passati la liberalizzazione
selvaggia nell’ingresso alla professione di migliaia di
psicologi, e quindi il mercato.
Vi chiediamo di leggere quanto segue con l’avvertenza che la
situazione è in movimento, e quindi per ora c’è poco di
definitivo da dire.
Abolizione delle tariffe minime e massime… perché, esistono
ancora? sono abolite dal 2005, con il Decreto Bersani.
L’Ordine Psicologi Nazionale è stato oggetto di un
procedimento dell’Antitrust che aveva obbligato a togliere
ogni riferimento alle tariffe dal codice Deontologico, dove
sopravviveva una sparuta quanto innocua rappresentanza di
riferimenti. Ma a dir la verità, chi di noi ha mai applicato
rigidamente le tariffe minime o massime previste dal nostro
fantomatico tariffario? le tariffe sono già ampiamente decise
dal mercato, sono al ribasso e spesso non coprono nemmeno le
spese.
L’accordo scritto preliminare, o preventivo: il professionista
dovrebbe obbligatoriamente rilasciarlo al cliente prima di
svolgere la prestazione. Come se finora non ci si fosse mai
messi d’accordo prima, e il cliente fosse lì a farsi
rilasciare parcelle stratosferiche senza prima aver chiesto il
prezzo. Avremmo preferito piuttosto qualcosa di un po’ più
sofisticato, visto che sul prezzo ci si accorda ma è poi la
qualità della prestazione a fare la differenza (e spesso a
produrre segnalazioni deontologiche). Se il governo avesse
ascoltato l’esperienza degli ordini professionali sui rapporti
con l’utenza, forse avrebbe reso obbligatorio un buon consenso
informato scritto, piuttosto che un mero preventivo.
Le società di servizi professionali: l’intenzione è quella di
lasciare che una società qualunque possa svolgere attività che
oggi sono riservate ai professionisti, a patto di avere dei
professionisti a cui farle svolgere materialmente. Secondo il
governo, questo dovrebbe cambiare la situazione occupazionale
dei giovani, permettendogli di entrare nel mercato con più
facilità. In pratica, il proprietario di una catena di
pizzerie potrebbe decidere di aprirsi una società di servizi
psicologici per dare un lavoro diurno a tutti i giovani
professionisti che di sera gli consegnano le pizze con il
motorino. Una vera rivoluzione, non c’è che dire… Nessuno
sembra sapere da decenni esistono società (fondazioni,
cooperative) che svolgono egregiamente attività di tipo
terapeutico, occupando molti psicologi, educatori,
riabilitatori, infermieri, operatori di assistenza in attività
d’equipe. Che lo stesso avviene per le società di costruzione
edile, ad esempio. Comprendiamo che la norma possa avere
diverse risonanze per commercialisti e avvocati, ma restiamo
scettici su un provvedimento già superato dai fatti quotidiani
delle professioni, e spacciato per incentivo all’inserimento
di giovani professionisti.
Tirocini retribuiti: un’idea fantastica. Chi di noi non
avrebbe voluto riconoscersi del denaro per il proprio
tirocinio? dalla bozza non si capisce bene chi dovrebbe pagare
i tirocinanti, e questo non è un dettaglio… se nelle
intenzioni del governo, a pagare per gli psicologi dovrebbero
essere le varie ASL, Onlus, Case di Cura che oggi offrono a
fatica posti di tirocinio gratuiti, stiamo freschi: con i
conti già in ginocchio, farebbero senza dubbio a meno dei
pochi tirocinanti che oggi sono disponibili ad accogliere, e
allora si che i giovani professionisti si troverebbero di
fronte nuove possibilità: emigrare.
Tirocini all’interno del percorso universitario: a parte la
considerazione che per imparare una pratica professionale ci
vuole tempo, e che l’esperienza deve innestarsi su una base
teorica, l’ipotesi non sarebbe male. Uno se la sbriga in meno
tempo e alla fine dell’Università è pronto a partire. Ma la
norma non si applica alle professioni sanitarie, e quindi in
teoria noi psicologi saremmo fuori.
Deontologia separata dagli Ordini Professionali: l’ipotesi
contempla la creazione di organi esterni alla professione, che
svolgano il procedimento istruttorio ed eroghino sanzioni
verso i professionisti. Una prospettiva basata sull’assunto
paranoide per cui nelle commissioni deontologiche degli ordini
professionali si chiuderebbe un occhio nei confronti degli
iscritti per motivi elettorali. Ora, a parte che ci pare una
proiezione delle abitudini del mondo politico sui cittadini, e
che la deontologia professionale è affidata da sempre agli
ordini perché è questione molto tecnica, non si vede proprio
il vantaggio che potrebbe derivare dall’affidare questa
funzione a commissioni esterne. Da chi sarebbero nominate? chi
ne farebbe parte? Insomma, non sembra un provvedimento fra i
più sostanziali e soprattutto non se ne coglie il senso, al di
là dell’obiettivo sordido di svuotare gli ordini professionali
delle prerogative riconosciute a tutela del cittadino.
Pubblicità professionale: il grande nodo della pubblicità
dovrebbe essere la sottrazione agli ordini di quelle ultime,
residuali attribuzioni in materia di valutazione del messaggio
pubblicitario. Un controllo che ormai è ridotto al rango di
una verifica ex-post della veridicità e del decoro della
pubblicità sulla base di segnalazioni, oppure su una verifica
ex-ante se il professionista ha la bontà di richiederla (senza
impegno e senza obbligo). Stiamo ai fatti: basta fare una
ricerca su google con il termine “psicologo” per capire quanto
è libera la pubblicità. Anche troppo, a volerla considerare
dal punto di vista estetico. Ma non crediamo sia un processo
facile da marginare, e forse comincia a suonare anacronistico
star lì ad esaminare una brochure cartacea o una targa quando
sta già tramontando l’era dei blog e di Google Adwords, si è
in pieno periodo Groupon, Facebook ed Apps, e fra due anni il
volto della pubblicità sarà nuovamente rivoluzionato da nuovi
metodi.
Vi aggiorneremo puntualmente sulle varie modifiche, evoluzioni
e trasformazioni delle bomba delle liberalizzazioni, nel
frattempo se volete potete partecipare alla manifestazione dei
professionisti (già, anche i professionisti manifestano, i
tassisti non sono soli!) che si terrà a Milano il giorno
Sabato 21 Gennaio.
Eticità nel rapporto con le
Scuole di Specializzazione in
Psicoterapia: a chi non sta
bene?
È più facile arricchirsi formando
colleghi
che
facendo
lo
Psicologo. Avete notato quanti
corsi, master, scuole per
Psicologi? Per non parlare dei
corsi che tentano di insegnare a
fare gli Psicologi a chi non ha
la laurea in Psicologia, ma
questo merita un discorso a
parte.
Ma c’è una formazione più formazione di altre, perché
necessaria per la maggior parte dei concorsi pubblici ed è
obbligatoria per fare quello che sognavamo quando ci siamo
iscritti a Psicologia. È la formazione per diventare
Psicoterapeuti.
Mentre le Scuole di Specializzazione in Medicina sono tutte
pubbliche e i medici specializzandi hanno una borsa di studio
che si aggira sui 1500 euro al mese, per noi Psicologi le
Scuole di Specializzazione sono principalmente private e le
dobbiamo pagare. Affrontiamo questa formazione post-lauream
con tanti sacrifici perché o siamo appena laureati e
probabilmente squattrinati o stiamo lavorando e, quindi, con
poco tempo a disposizione.
Ma la Specializzazione in Psicoterapia con scuole private pone
un rischio: sentendoci “obbligati” a intraprendere questo
percorso (per avere il Titolo di Psicoterapeuta) le Scuole
hanno l’affluenza (le iscrizioni) quasi garantita e, di
conseguenza, potrebbero anche inventarsi regole a discapito
dei frequentanti, per fare business o semplicemente per
ingenuità (poca attenzione al cliente).
Per rassicurare lo Psicologo che si vuole iscrivere ad una
Scuola di Psicoterapia, l’Ordine degli Psicologi della
Lombardia, in piena coerenza con la politica di
AltraPsicologia, ha creato una Carta Etica che dovrebbe
garantire alcuni requisiti minimi per chiarire il rapporto tra
lo studente e la Scuola. Nulla di eccezionale, potete
verificare i principi della Carta Etica qui.
La Carta Etica, insieme all’elenco ragionato delle Scuole di
Psicoterapia, aiuta lo Psicologo a scegliere con maggior
consapevolezza la Scuola di Specializzazione. Inoltre,
fornisce un’ottima pubblicità alle stesse Scuole di
Specializzazione. La maggior parte delle Scuole,
fortunatamente per noi tutti, già soddisfano i requisiti della
Carta Etica.
L’iniziativa è stata apprezzata da quasi tutti i colleghi, al
momento disapprova solo il CNSP (Coordinamento Nazionale delle
Scuole di Psicoterapia): coordinamento di cui non conoscevo
l’esistenza fino a quando non ha assunto posizione contraria
rispetto all’iniziativa dell’Ordine della Lombardia. Per
fortuna di questo coordinamento fanno parte molto meno della
metà delle Scuole di Specializzazione.
Sul sito del coordinamento si legge “E’ prioritario per il
CNSP,.., garantire all’allievo il diritto ad un rapporto
contrattualmente trasparente nel quale siano esplicitati i
suoi diritti ed i suoi doveri”. Ottimo, mi dico! I principi
sono gli stessi: collaboreranno. Invece, il 13 gennaio
Zucconi, segretario nazionale del CNSP, in seguito ad una
delibera, pare votata all’unanimità, scrive al Consiglio
Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, per conoscenza al MIUR
e a tutte le Scuole di Specializzazione che fanno parte del
coordinamento “che non va dato seguito a tale richiesta”, cioè
alla compilazione del questionario inerente la Carta Etica
dell’OPL.
Le motivazioni sono più assurde del coordinamento stesso:
1. “Gli Ordini Regionali degli Psicologi non hanno alcuna
potestà sulle Scuole di Psicoterapia”. D’accordo, ma
nessuno vuole avere potestà. L’obiettivo è offrire
all’iscritto OPL le informazioni per poter scegliere la
propria Scuola di Specializzazione in base anche agli
stessi principi che il CNSP dice di voler far propri.
L’Ordine si è solo premurato di offrire un servizio ai
propri iscritti.
2. “Il MIUR è il solo organo predisposto al controllo, alla
vigilanza e al monitoraggio delle scuole stesse”.
Giustissimo, infatti non si vuole monitorare,
controllare né vigilare, ma solo raccogliere delle
informazioni in modo ragionato e confrontabile per
metterle a disposizione degli iscritti.
3. “Il CNSP già da tempo ha elaborato strumenti idonei al
monitoraggio del livello qualitativo delle prestazioni
formative erogate dalle scuole afferenti al
Coordinamento stesso (Carta dei Diritti degli
Specializzandi e Standard per la misurazione della
qualità consultabili nel nostro sito web).” Questa
ultima motivazione pare sia stata inviata solo alle
Scuole. Perché? Semplicemente perché contraddice in
pieno la motivazione precedente: se al punto 2 si
afferma che il MIUR è il solo organo di controllo,
allora è lo stesso CNSP che, monitorando la qualità
della sua-propria formazione, si vuole sostituire –
autoreferenzialmente – al MIUR!
Zucconi forse, facendo lo Psicoterapeuta da tanto tempo, ha
dimenticato la Psicologia. Un conto è fornire uno strumento
(questionario) per la valutazione della qualità delle
prestazioni formative, un altro è valutare l’eticità della
relazione tra Scuola e allievo. Sono due aspetti differenti
che richiedono strumenti differenti. Eppure lo Psicologo
dovrebbe essere l’esperto di questo tipo di misurazioni.
Consultate il sito del CNSP, compaiono tante belle parole
sulla trasparenza, eticità, qualità ecc… ma nello statuto del
CNSP, tutte le belle parole scompaiono e si apprende la reale
finalità di questo coordinamento: 13 punti di scopi dove non
si parla di né di qualità, né di trasparenza ed eticità ma è
tutto riassumibile nel primo obiettivo dichiarato: “Tutelare
gli interessi delle scuole private di psicoterapia in Italia…
in ambito istituzionale e non”. Gli altri obiettivi sono
relativi alla diffusione della Psicoterapia (in altre parole,
rivolto al marketing del prodotto delle scuole). C’è da non
crederci ma verificate pure [Statuto CNSP]
Ma perché allora il progetto Carta Etica non piace a questo
coordinamento? Posso immaginare solo due motivi alternativi:
1. Il coordinamento protegge qualcosa che non si deve
sapere: allora ben venga la Carta Etica che smaschera
chi non vuole confrontarsi con le altre Scuole e vuole
mantenere la situazione di privilegio che gli conferisce
il riconoscimento legislativo a discapito degli
specializzandi. In questo caso, il CNSP deve avere il
coraggio di entrare nel merito della Carta Etica e
indicare pubblicamente, davanti a tutti i colleghi che
si stanno o vorrebbero specializzarsi, quale principio
li turba tanto.
2. Il progetto è stato valutato un’invasione di campo, ha
la stessa funzione di quello che dice di fare il CNSP:
allora, anziché apprezzare l’iniziativa che rafforza e
pubblicizza le scuole e collaborare, si nascondono
dietro motivazioni pretestuose. Sono forse invidiosi di
un’iniziativa che non sono stati capaci di sviluppare?
Aumentare le possibilità di confronto tra le diverse Scuole
partendo da una rapporto eticamente chiaro genera vantaggio
sia allo studente, che avrà più elementi per scegliere, sia
alle scuole, stimolando il miglioramento della propria
organizzazione per offrire formazione sempre più elevata.
Ma a quanto pare è più facile rimanere legati alla Burocrazia
e alle formalità che confrontarsi con la realtà.
AltraPsicologia conferma di essere un’altra generazione di
politica professionale, quella che non si ferma alle formalità
ma entra nel merito delle questioni.
AltraPsicologia tutela sia i colleghi che, come noi, hanno
fatto e stanno facendo dei sacrifici per specializzarsi sia le
Scuole di Specializzazione virtuose.
L’opinione sull’iniziativa e sulla posizione del CNSP spetta
ai tantissimi colleghi che si avvicinano alla Psicoterapia.
?
Psicologia
della
Occupazionale
Salute
Psicologia
Occupazionale:
della
Salute
L’arrembaggio dei Non addetti ai lavori, e la riscossa degli
addetti … un’anomalia tutta Italiana!
Anna Galiazzo e Paolo Campanini
Facciamo un gioco: Se dico la parola Stress che professionista
vi viene in mente?
Risposta: In coro dall’Europa, lo Psicologo!
Hai strabuzzato gli occhi e sentito delle palpitazioni, allora
sei uno psicologo italiano e hai bisogno di prove, eccole …
Qualche giorno prima di Pasqua, si è tenuto a Roma, all’ombra
del Vaticano, il IX convegno europeo sulla psicologia della
salute occupazionale (http://eaohp.org/conference.aspx), quali
migliori auspici per un Miracolo, e quanto beato orgoglio
professionale nel sentire decine di colleghi presentare
ricerche in materia di salute occupazionale, una favola, con
finalmente protagonisti gli psicologi, e le equipe
multiprofessionali con le quali presentavano ricerche e buone
prassi, capaci di arricchire una comunità scientifica
desiderosa di confrontarsi.
Come ogni favola che si rispetti, il convegno ha serbato
sorprese, sogni, mele avvelenate e lieto fine.
Partiamo dall’inizio:
C’era una volta,
un ricco convengo con molti contenuti, tutti legati
all’argomento comune del lavoro e della salute. In questo tipo
di materia si intrecciano, da sempre, temi di psicologia del
lavoro, psicologia della salute, psicologia della sicurezza
sui luoghi di lavoro e psicologia sociale, temi molto attuali
e vicini a molti. L’argomento maggiormente presente al
convegno è stato, lo stress lavorativo, questione proprio in
questo periodo al centro di discussioni metodologiche e
applicative, in seguito alla scadenza della valutazione del
rischio connesso allo stress lavoro-correlato, richiesta in
tutti i contesti lavorativi dal Decreto legge 81/2008 e
correttivo 106/2009 e alle eventuali linee guida per la sua
valutazione.
Il tema dello stress lavorativo e della valutazione e gestione
del fenomeno è fortemente di competenza dello psicologo, in
quanto la nostra professionalità, considerando sia il corso di
studi sia i nostri campi applicativi, ha i migliori requisiti
per poter, da una parte, svolgere un lavoro che rispetti gli
assunti scientifici per la misurazione e gestione dello
stress, e dall’altra integrare la valutazione con le
successive azioni per il sistema organizzativo, il contesto
socio-economico e l’individuo.
Tutto procedeva per il meglio, con le presentazioni di lavori
di buona ed in molti casi ottima qualità, portate dai colleghi
europei e da quelli italiani quando, a sorpresa, è stata
servita la mela avvelenata, proprio dal piatto argentato e
formale del tavolo delle istituzioni!
Quanti psicologi erano presenti alla sessione intitolata
“The management of psychosocial risk in Italy”?
Zero!
Chi ha parlato?
A questa sessione hanno partecipato, il Dott. Iavicoli (medico
– direttore del Dipartimento di Medicina del Lavoro – ISPESL),
Fulvio D’Orsi (medico del lavoro – direttore dell’Unità
Operativa Complessa Servizio Prevenzione Igiene e Sicurezza
nei Luoghi di Lavoro presso la USL Roma), Cinzia Frascheri
(responsabile della Cisl nazionale per la sicurezza sul
lavoro), Fabio Pontrandolfi (avvocato – responsabile salute e
sicurezza sul lavoro – Confindustria) e per il governo Marta
di Gennaro (medico del lavoro – Capo Dipartimento
dell’Innovazione del Ministero del Lavoro, della Salute e
delle Politiche Sociali).
La situazione paradossale che si è venuta a creare, è stata
l’assoluta mancanza di una ”competenza psicologica” (cioè di
uno psicologo) al tavolo, con interventi per molti aspetti
generici e difficilmente riconducibili ad una reale
valutazione dello stress lavorativo.
Mentre in altri contesti qualcuno alle prime armi potrebbe
erroneamente fare uno più uno, trovando abominevoli
correlazioni quali, se non c’è lo psicologo forse è perché non
serve, in questa occasione come per incanto, l’alternanza,
nelle relazioni dei diversi paesi europei, metteva in luce
l’esatto opposto, un esempio fra tutti: l’intervento di Cooper
(proprio lui, lo psicologo del questionario OSI).
Cooper ha raccontato, che da diversi anni è chiamato dal
governo inglese per fare una valutazione approfondita sugli
interventi socio-sanitari in merito alla loro efficacia, in
termini di costi/risultati e citava con naturalezza, come il
governo Britannico valuti:
i costi diretti sostenuti per il trattamento della depressione
in (44 miliardi di euro), insieme ai costi delle diverse
manifestazioni dei disturbi d’ansia, e degli effetti dello
stress,
i costi indiretti di perdita di produttività (77 miliardi di
euro) (dati European Heart Journal),
e le inevitabili relazioni tra mondo del lavoro e benessere,
dove il costo per l’assenteismo ed il il turnover sono stati
stato calcolati ammontare a £25,9 miliardi l’anno.
Il governo Britannico ha quindi avviato un progetto di
prevenzione “Goverment office of Science on Mental Capital and
Wellbeing”, progetto che coinvolge oltre 400 ricercatori, e
che ha prodotto oltre 85 recensioni scientifiche e stabilito
le politiche basate sul modo di affrontare questo costoso
problema.
Una profonda relazione tra benessere e implicazioni per le
politiche di prevenzione ed intervento future, che in un’epoca
di cambiamento occupazionale e flessibilità non si prevede
miglioreranno.
Anche questa volta abbiamo buttato giù il boccone avvelenato
senza muovere un dito, senza un filo di orgoglio
professionale, nel vedere come lo stesso contenuto, può essere
valorizzato e reso utile su molti fronti, o banalizzato e
screditato in poche chiose, da professionisti che non
conoscono approfonditamente la materia?
Affatto, un collega, tradito solo da qualche pennellata di
accenno toscano che ne enfatizzava il recondito sdegno, ha
interrogato il tavolo dei relatori, specificando la sua
professione di psicologo, e chiedendo di concretizzare e
considerare le competenze, che ci sono proprie, come
necessarie per affrontare sia la valutazione sia gli
interventi successivi …. scroscio di applausi dai colleghi!
Risposta, dal tavolo dei relatori, esile e tremolante, di
quelle che “se non riesci a demolire il ragionamento demolisci
il ragionatore” ha apostrofato il collega come corporativo.
Ma la stranezza permane, in un convegno europeo di psicologia
l’unico tavolo senza psicologi si è avuto in occasione della
discussione sulla situazione italiana!?!
La discussione è proseguita informalmente al termine della
sessione e i giorni successivi, tra colleghi e tra colleghi e
istituzioni. Confronti generativi, in cui l’esserci fa la
differenza e ricorda, a tutti noi psicologi, di tenere le
orecchie dritte e la testa alta!
Il lieto fine per noi di AP, è stato condividere con i
colleghi il sentimento di protagonismo, la spinta generativa e
la compattezza che si è respirata lì, germogli da continuare a
seminare nella politica professionale, nelle istituzioni, nei
diversi campi d’applicazione, consapevoli che poche
professioni hanno la meraviglia e la potenzialità che la
nostra possiede!
“Son io il signore del mio destino, il capitano dell’anima
mia”Nelson Mandela
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