Valore probatorio delle indagini tecniche in tema di confronto

Università degli Studi di Bologna
Facoltà di Scienze Politiche
_______________________________
Corso di D. U. in Operatore della Sicurezza e
del Controllo Sociale
“IL VALORE PROBATORIO
DELLE INDAGINI TECNICHE IN
TEMA DI CONFRONTO DI
IMMAGINI”
Candidato:
Magda Zignani
Relatore:
Prof. Augusto Balloni
1
NOTA DI RINGRAZIAMENTO
Un ringraziamento particolare per i preziosi consigli e le precisazioni
tecniche che mi sono state fornite, al dr. Elio Graziano, al dr. Luigi
Persico, al dr. Adalberto Biasiotti, all’ing. Mario Conedera, all’ing.
Corrado Grandin ed al personale del nucleo di Polizia Scientifica di
Bologna, in particolare al dr. Silio Bozzi, Giuseppe Fucetola, Lorenzo
Garuti.
2
INDICE
INTRODUZIONE
Pag. 01
Capitolo 1
IDENTIFICAZIONE E IDENTITA’
1.1. Identificazione Individuale
1.2. Metodo Antropometrico
1.3. Metodo Dattiloscopico
1.4. Metodo Radiologico
1.5. Identità
Pag. 04
Pag. 05
Pag. 06
Pag.17
Pag.21
Pag.22
Capitolo 2
TECNICHE DI IDENTIFICAZIONE
PERSONALE
2.1. Fotosegnalamento
2.2. Analisi delle impronte digitali
2.3. Tecnologie biometriche
2.4. Tecniche di analisi e di
sovrapposizione delle immagini
Capitolo 3
Capitolo 4
SISTEMI DI SICUREZZA NELLE
BANCHE E PREVENZIONE
DALLE RAPINE
3.1. Protezioni di sicurezza messa in
atto da una banca
3.2. Sistemi televisivi a circuito chiuso
3.3. Check-list per il controllo del
livello di sicurezza in un istituto
di credito
3.4. Entità del fenomeno rapina negli
istituti di credito
COSA SUCCEDE DOPO UNA
RAPINA IN BANCA?
4.1. Sopralluogo tecnico della Polizia
Scientifica
4.2. Banca Dati Rapine
4.3. Analisi delle immagini
videoregistrate: metodologia
applicata dalla Polizia Scientifica
3
Pag. 25
Pag. 25
Pag. 27
Pag.31
Pag. 33
Pag.43
Pag.43
Pag.47
Pag.51
Pag.64
Pag. 69
Pag. 69
Pag. 72
Pag.74
Capitolo 5
Capitolo 6
PRIVACY NELL’AMBITO DELLA
SICUREZZA
5.1. Sorveglianza tramite l’uso di
telecamere e tutela della privacy
5.2. Videosorveglianza e sicurezza:
esperienze europee
5.3. Il trattamento dei dati personali
per ragioni di giustizia
ASPETTI GIURIDICI DELLE
INDAGINI TECNICHE
6.1. Le prove nel nuovo codice di
procedura penale
6.2. Valore probatorio della prova
dattiloscopia
6.3. Valore probatorio delle indagini
tecniche in tema di confronto di
immagini
6.4. Le registrazioni digitali nel
processo penale
Pag.78
Pag.80
Pag.96
Pag.104
Pag. 114
Pag. 114
Pag. 120
Pag. 123
Pag. 131
Appendice
Pag. 138
CONCLUSIONI
Pag. 141
BIBLIOGRAFIA
Pag.143
4
INTRODUZIONE
La criminalistica - come è noto - assume come postulato
l’affermazione che non esiste il delitto perfetto poiché il suo autore
lascia sempre la sua firma o una traccia che può essere interpretata
mediante regole scientifiche o svelata mediante tecnologie1.
L’antico postulato della dattiloscopia (è la stessa mano
dell’assassino che lo tradisce firmandone il misfatto con le impronte
papillari) oggi si arricchisce di nuovi e complessi temi, fino all’impronta
genetica del DNA, altrettanto inconfondibile come quella papillare.
Tuttavia la complessità, vastità ed eterogeneità del sapere, col quale
affrontare l’analisi scientifica del crimine, fa sì che lo scienziato forense
sia un nuovo tipo di professionista.
Il nuovo codice di procedura penale e le profonde e crescenti
variazioni della criminalità pongono in primo piano la maggiore
rilevanza delle indagini preliminari che devono essere condotte secondo
canoni metodologici ancora più rigorosi (ed è intuitivo il crescente peso
della criminalistica) per poter reggere adeguatamente in sede
dibattimentale2.
Fino ad un passato relativamente recente, molte dinamiche
criminose erano fondatamente ipotizzabili perché in genere il reato era
epifenomenico di conflittualità o contrasti intersoggettivi, o comunque
relazionali, mentre adesso compaiono frequentemente tipologie di reato
“comprensibili” (c.d. “delitti senza movente”) o comunque più
complessi, nei quali prevalgono nettamente gli aspetti motivazionali,
perché non di rado epifenomenici di una conflittualità soggettiva
intrapsichica.
In questi casi è di tutta evidenza la necessità di un’ampia, corretta
ed obiettiva raccolta di ogni elemento utile a definire meglio la “scena
del delitto”, per i suggerimenti che possono scaturire per l’ulteriore
corso delle indagini, specie se si terrà debito conto della tipologia
generale cui quell’evento delittuoso è riconducibile.
1
L. PERSICO, Rilievo probatorio delle immagini provenienti dagli impianti di videoregistrazione,
La Giustizia Penale, 1993 (Parte Terza: Procedura Penale), pag. 504
2
S. LUBERTO, Inserto a Polizia Moderna n. 1- gennaio 1998, p.29
5
Compito dell’investigatore scientifico di polizia non è trovare
l’autore del reato, ma fornire tutta quella serie di notizie necessarie che
contribuiscono a delimitarne la scena operativa ed a tracciare un profilo
del responsabile attraverso un paziente lavoro di analisi delle
informazioni, a partire comunque, da quelle relative all’esame della
scena del crimine 3.
La videoregistrazione e il trattamento delle immagini costituiscono
indubbiamente, oggi, settori di attività privilegiati della Polizia
Scientifica 4.
I sistemi di videoripresa a circuito chiuso costituiscono sicuramente
un efficace strumento di dissuasione, ma anche un supporto prezioso
alle indagini, una volta che l’evento criminoso si è verificato.
Infatti, a prescindere dalla possibilità di identificare gli autori di un
reato attraverso l’esame del volto e delle altre caratteristiche somatiche,
la tempestiva visione del filmato agevola la ricerca, in sede di
sopralluogo tecnico, delle tracce dei malviventi e in particolare delle
loro impronte digitali.
L’acquisizione di dati oggettivi che possano costituire od integrare
indizi o prove di reato attraverso l’analisi delle immagini, può conferire
particolare forza ad un’ ipotesi accusatoria, ma nel contempo garantisce
meglio i cittadini innocenti da possibili errori giudiziari.
Gli impianti di videoripresa a circuito chiuso per adempiere in
modo soddisfacente alla funzione di dissuasione e di ausilio
all’investigazione devono possedere determinate caratteristiche tecniche.
Il settore di intervento della Polizia Scientifica, nel quale più
frequentemente e con ottimi risultati viene esercitata la gestione
d’immagini provenienti da impianti di videoripresa a circuito chiuso, è
quello delle rapine in banca, uffici postali, oreficerie, tabaccherie ed altri
siti a rischio.
Tutte le immagini di eventi criminosi riprese da sistemi TVCC,
vengono archiviate presso il Sistema per l’analisi del Crimine Violento
della Polizia Scientifica consentendo così la ricerca incrociata e l’analisi
automatica di tutte le informazioni relative a casi di rapine, omicidi, ecc.
3
G. MADDALENA, Nuove tecnologie della Polizia Scientifica, Inserto a Polizia Moderna n. 1gennaio 1998, pag.6
4
E. GRAZIANO, Videoregistrazione e trattamento immagini a fini investigativi, Sicurezza n. 8
ottobre 1998, pag.74
6
e permette di individuare correlazioni intracaso o collegamenti tra casi
differenti, utilizzando codici di calcolo molto simili a quelli basati su
reti neurali per l’apprendimento 5.
Le installazioni TVCC, con o senza archiviazione delle immagini,
devono essere notificate al Garante della privacy, bisogna ottenere il
consenso alla ripresa da parte dei cittadini/utenti, e le immagini
acquisite devono essere osservate ai soli fini della sicurezza, con
esplicita esclusione di ogni altro utilizzo 6.
La presente trattazione, dopo aver delineato le fasi di sviluppo della
Criminalistica, aver esposto le varie tecniche di identificazione
personale, aver descritto l’utilizzo della videosorveglianza in generale
compresi gli istituti di credito, quali sono le indagini che vengono
effettuate dopo una rapina in una banca, l’istituzione della Banca Dati
Rapine, l’applicazione della legge sulla privacy e la tutela della
riservatezza, affrontera’ gli aspetti giuridici delle indagini tecniche che
possono incidere sul libero convincimento del giudice.
5
L. POMPILI, Le Banche di Immagini. Come opera la Polizia Italiana, TVCC ZOOM n.1 aprile
1998, pag.26
6
A. BIASIOTTI, Ora si può conciliare privacy e videosorveglianza, Antifurto n.6 1999, pag.15
7
CAPITOLO 1
IDENTIFICAZIONE E IDENTITA’
Per identificazione si intende la procedura attraverso la quale si
giunge a riconoscere od individuare una persona in base ad una
sufficiente quantità di elementi probatori7.
Nel campo del diritto, vi sono casi in cui la necessità del
riconoscimento si pone nei confronti di soggetti viventi che hanno
commesso un reato o che devono scontare una pena, o nei confronti di
latitanti che non hanno interesse a svelare la propria identità.
Altre situazioni, più rare, riguardanti il vivente sono rappresentate
dalla sostituzione di infanti, dal rapimento e commercio di bambini, da
soggetti che hanno perduto la memoria a causa di eventi traumatici o
che si trovano in stato di coma, da scambi di persone in ambito
assicurativo.
Nell’ambito del vivente peraltro le eventualità più frequenti sono
rappresentate dalla necessità di stabilire un singolo carattere della
persona, come età o sesso.
Più spesso si tratta di dare identità a persone decedute a causa di
incidenti aerei, marittimi, ferroviari o catastrofi naturali o a cadaveri
carbonizzati o comunque sottoposti a modificazioni tali da alterarne i
tratti somatici.
La necessità di pervenire all’attribuzione di identità, nasce non solo
da esigenze di culto e da sentimenti di umana pietà verso i defunti, ma
anche da ragioni di carattere giuridico ed amministrativo, che fanno
derivare dalla dichiarazione di morte della persona deceduta importanti
conseguenze in tema di successione, eredità, godimento di benefici
previdenziali ed eventuale mutamento di stato civile del coniuge
superstite.
Normalmente l’identificazione di persona vivente è demandata agli
organi di Polizia e per esigenze di riconoscimento a fini amministrativi e
di ordine pubblico sono stati predisposti appositi documenti (carte di
identità, passaporti, patenti, tessere personali).
E. MARINELLI – S. ZAAMI, La identificazione personale, in L .MACCHIARELLI – T. FEOLA,
Medicina Legale vol. II, Ed. Minerva Medica, Torino 1995, pag. 1079
7
8
L’identificazione costituisce altresì atto preliminare di ogni
indagine su cadavere compiuta per ordine dell’Autorità Giudiziaria (art.
116 del D.Lgvo 28/7/1989 n. 271).
L’identificazione generica si avvale di dati forniti dall’esame
diretto, senza comparazione con altri dati precedentemente raccolti: così
l’identificazione della razza, del sesso, dell’età, delle stigmate
professionali; l’identificazione individuale è invece un riconoscimento
della persona: si constata cioè se essa sia quella a cui corrispondono
certi caratteri anatomici e funzionali 8.
Analogamente, per le tracce si accerta se esse siano uguali a quelle
lasciate da un dato soggetto con cui sono messe a confronto.
L’identificazione personale dà luogo ad un duplice aspetto: identità
preventiva e identità giudiziaria9.
La prima si occupa dell’identificazione di una persona
indipendentemente dalla commissione di un reato.
La seconda, invece, entra in funzione al momento che un reato è
stato commesso, contribuendo, dall’esame dei vari elementi (tracce,
impronte,ecc.) a risalire alla persona cui gli stessi si riferiscono.
1.1. -
IDENTIFICAZIONE INDIVIDUALE
L’importanza dei metodi di identificazione del vivente deriva
soprattutto dalla necessità di rintracciare e riconoscere rapidamente ed in
modo esatto i delinquenti recidivi che nascondono il loro vero nome10 .
Ma anche in molti altri casi possiamo essere dubbiosi di fronte a
persone che non sono in grado di dare notizie precise di sé stesse, o per
le quali sorge titubanza circa l’identità; l’intoppo sarebbe eliminato se
esistesse un archivio con i dati segnaletici per tutti i cittadini, così come
c’è l’archivio dello stato civile.
Si pensò di possedere un valido mezzo per il riconoscimento delle
persone nell’immagine fotografica.
G. CANUTO – S. TOVO, Identificazione, Medicina Legale e delle Assicurazioni, Undicesima
edizione completamente riveduta e aggiornata dal prof. S. Tovo, Ed. Piccin , pag. 378
9
R. PACERI, La Polizia Scientifica, Ed. Laurus Robuffo , Roma 1995,pag.215
10
G. CANUTO – S. TOVO, Identificazione , Medicina Legale e delle Assicurazioni, op. cit.,pag.379
8
9
Ma ben presto si osservò che essa era insufficiente, sia per le molte
somiglianze fra i vari individui, sia per i mutamenti che intervengono
col trascorrere degli anni.
Inoltre un sistema d’ identificazione richiede soprattutto un sistema
di classificazione: perché quando si posseggono i dati d’un soggetto da
riconoscere non è possibile esaminare quelli di tutte le persone prima
registrate, che sono decine o centinaia di migliaia, ma occorre una
guida; così come per cercare un foglio in uno schedario abbiamo
bisogno dell’ordine alfabetico o di un ordine numerico.
1.2 -
METODO ANTROPOMETRICO
Fu Alphonse Bertillon, impiegato della Polizia di Parigi, che
concepì nel 1879 un sistema di classificazione fondato su misure di parti
del corpo che venne detto appunto metodo antropometrico o dal nome
dell’autore Bertillonage.
I caratteri somatici del soggetto sconosciuto devono essere
accuratamente raccolti e descritti secondo una metodologia scientifica di
osservazione che eviti di trascurare particolari che potrebbero mostrarsi
decisivi per un eventuale raffronto, tenuto conto che questo potrebbe
realizzarsi anche a distanza di tempo dalla raccolta dei dati e che la
comparazione potrà avvenire attraverso l’utilizzo di caratteri fisici attinti
da fonti diverse, di natura testimoniale, fotografica, documentale e
segnaletica11.
Classicamente lo studio antropologico del corpo umano viene
suddiviso per schematicità convenzionale in studio del capo e studio del
resto del corpo12.
Abbiamo quindi dal punto di vista della nomenclatura adottata:
I- studio antropologico del capo:
da un punto di vista metrico = Cefalometria
da un punto di vista morfologico = Cefaloscopia
E. MARINELLI – S. ZAAMI, La identificazione personale, in L. MACCHIARELLI – T. FEOLA,
Medicina Legale vol. II, op.cit.,pag. 1096
11
10
II- studio antropologico del corpo:
da un punto di vista metrico = Somatometria
da un punto di vista morfologico = Somatoscopia
Quindi vi sono caratteristiche misurabili e non misurabili.
Le prime da un punto di vista matematico sono di tipo continuo,
possono cioè assumere qualsiasi valore nell’ambito di un intervallo che
definisce la variabilità della popolazione in relazione a quel carattere.
Le caratteristiche morfologiche si riferiscono alla forma del corpo o
di sue parti; hanno carattere di discontinuità e non sono soggette a
misurazione.
La loro codificazione avviene mediante il raffronto fra la
morfologia in esame e tabelle di riferimento convenzionali nelle quali
sono codificate morfologie ritenute tipiche.
Cefalometria
Le misure del capo nel vivente sono simili a quelle del cranio
osseo.
Le differenze sono dovute allo spessore della cute, del sottocutaneo
e della muscolatura scheletrica e pellicciaia, dei capelli.
I rapporti fra misure craniche e misure scheletriche sono stati
studiati in dettaglio su vastissimi campioni di popolazione e sono
codificati e standardizzati; gli standards relativi, calcolati da Rhine &
Campbell (1980), da Rhine & Coll. (1982).
Cefaloscopia
I caratteri del capo rilevabili alla semplice osservazione sono
numerosi e nel loro complesso offrono all’osservatore esperto la
possibilità di dedurre le informazioni diagnostiche essenziali ai fini di
definire il tipo fisionomico del soggetto studiato in riferimento a tipi
fisionomici convenzionali.
Ogni capo ha infatti una sua fisionomia che ne permette il
riconoscimento attraverso una sintesi di caratteristiche.
12
Relazione di Perizia Antropologica Comparativa relativa al Procedimento Penale n. 366/97 R.G.
Tribunale di Bologna
11
Queste caratteristiche, una volta rilevate, sono suscettibili di essere
confrontate con schemi predisposti, o elaborate quantitativamente.
Nella pratica corrente la fisionomia del capo viene scomposta in
alcuni elementi ritenuti essenziali (es. forma del volto, dimensioni del
naso, ecc.); ciascun elemento viene definito attraverso un processo di
omologazione rispetto a categorie morfologiche empiriche ma codificate
e, pertanto, comparabili.
Ai fini dell’identificazione personale molti caratteri morfologici del
capo e di sue parti sono stati presi in considerazione dai vari autori.
La codificazione più diffusa è quella di Schwidetzky e Knussmann
(1988) basata sulla rielaborazione di disegni dovuti al Martin.
In questa codificazione vengono presi in considerazione dieci tipi
fisionomici facciali: ellittica, ovale, ovale invertita, rotonda,
rettangolare, quadrata, rombica, trapezoidale, trapezoidale invertita,
pentagonoide.
Sebbene molti autori abbiano caso per caso enfatizzato il
significato segnaletico di alcune parti del volto rispetto ad altre,
certamente la fronte, il naso, i padiglioni auricolari e gli occhi sono gli
elementi di spicco nella fisionomia facciale e sul loro valore nella
ricerca dell’identità personale non esistono dubbi.
Nel Bertillonage si prendeva in considerazione forma e dimensione
di questi organi.
Modernamente nella formula segnaletica si conferisce maggiore
importanza ai dettagli morfologici del padiglione auricolare e,
soprattutto, alla forma del dorso del naso, alla sua base ed alle sue
dimensioni, secondo quanto codificato da Reverte Coma (1991).
Per quanto riguarda la morfologia del padiglione auricolare è stato
dimostrato che essa è assai caratteristica e pressochè individuale.
Meno indicativa è la morfologia delle labbra e quella del profilo
palpebrale.
Infine hanno importanza anche la forma, la direzione e la
dimensione delle sopracciglia.
Anche la morfologia della piramide nasale e della punta del naso è
di grande importanza nel processo di identificazione personale.
Una menzione particolare va riservata alla forma della fronte, sia
per quanto attiene al suo profilo che per quanto attiene al prospetto.
12
Anche il mento può assumere rilevanza antropomorfica nel
processo di identificazione.
Alla fine della trattazione riguardante la cefaloscopia, bisogna
affrontare la questione della tipizzazione dei capelli.
I capelli indicano anche l’appartenenza a diverse etnie.
Chiudono la tipizzazione fisionomica del capo, le informazioni
riguardanti il colore della cute e l’abbondanza del pannicolo adiposo nel
distretto cefalico.
Entrambe queste caratteristiche possono però essere spesso
invalidate nel procedimento di identificazione personale a causa del
fatto che spesso i malviventi le travisano ponendo ad esempio nel
vestibolo della bocca oggetti che alterano il profilo delle guance,
simulando la presenza di un cuscinetto adiposo, ecc.
Somatometria
Il fine della somatometria è quello di descrivere in particolare i
caratteri quantitativi del corpo umano rilevabili all’esterno e sul vivente.
Le variabili antropometriche possono essere considerate caratteri
poligenici sui quali i fattori ambientali (nutrizione, attività fisica, stato di
salute, ecc.) producono variazioni più o meno elevate.
Tali effetti ambientali sono molto sensibili quando la misura è
riferita a parti del corpo costituite da tessuto muscolare e, ancor più, da
tessuto adiposo, mentre saranno minori e prevalentemente legati alle
sole fasi di accrescimento, quando prese su punti di repere sovrastanti
parti ossee.
L’impostazione di un sistema di misure, sarà quindi orientato verso
questo secondo tipo di variabili quando si vorrà accentuare
l’informazione sulle strutture stabili del corpo, ossia su quella che
potremmo definire l’impalcatura, mentre le misure del primo tipo
consentiranno di esprimere tutto il complesso della variabilità trofica.
Questa distinzione è molto importante ai fini dell’antropologia
forense, in quanto, come è ovvio, il maggiore valore identificato risiede
nelle misure che prevedono il depistamento di punti di repere in cui il
piano cutaneo è vicino a quello osseo; ciò consente anche di
minimizzare l’effetto di eventuali variazioni antropometriche derivate da
variazioni ponderali intercorse fra il momento dell’atto criminoso
13
(registrato su filmato) e quello dell’atto peritale (fotografato ad arte più
tardi).
Alphonse Bertillon nel 1879 fu il primo ad applicare
l’antropometria somatica al campo dell’identificazione personale .
Il metodo sviluppato da questo autore consisteva nell’ottenere una
serie di misure dal soggetto adulto: statura in piedi, statura seduto,
apertura braccia, diametro longitudinale del capo (misurata a partire
dall’ attacco della radice del naso), diametro traverso del capo, altezza e
larghezza delle orecchio destro, lunghezza del piede sinistro, lunghezza
del medio e del mignolo della mano sinistra (con un piegamento ad
angolo retto dell’articolazione alla base del dito viene misurato l’intero
tratto piegato, quindi comprendendo la testa delle ossa metacarpali),
lunghezza dell’avambraccio sinistro (l’intero tratto del braccio piegato
ad angolo retto dall’articolazione del gomito, quindi dalla punta del dito
medio alla punta dell’olecrano) .
Queste undici misure, costituiscono un insieme di variabili
antropometriche che consentivano di identificare un dato individuo .
Si compiva una prima divisione in tre gruppi secondo la lunghezza
della testa (piccola sino a 183 mm; media da 184 a 189 mm; grande da
190 mm in su), poi si facevano tre divisioni di ogni precedente gruppo
secondo la larghezza della testa, poi secondo la lunghezza del dito
medio, la lunghezza dell’avambraccio, il diametro bizigomatico 13.
Si ottenevano così 5 successive divisioni ternarie, che portavano il
numero dei gruppi alla 5° potenza di 3, cioè 243; per trovare l’eventuale
scheda somigliante occorreva però esaminare tutte quelle del gruppo.
Nella scheda stessa erano contenuti anche altri dati antropometrici,
caratteri individuali, segni particolari (tatuaggi, cicatrici), la fotografia
segnaletica (cioè presa di faccia e di profilo) ed il nome con cui la
persona era registrata.
Il sistema ebbe grande diffusione: vennero attrezzati appositi
laboratori in molti posti di polizia in Europa ed in America.
Esso consentì l’individuazione di migliaia di criminali,
specialmente nel caso di recidive.
Ma ben presto si vide che tale suddivisione era insufficiente: in
certi gruppi le schede furono in breve parecchie centinaia.
14
Inoltre il sistema non si addiceva a tutti i casi (i criminali
minorenni non potevano essere utilmente registrati); spesso poi le
misure non risultavano identiche, se prese da funzionari diversi: e ne
derivavano disguidi nelle ricerche.
Ad ogni modo il metodo servì per diversi anni alla polizia francese
e fu anche usato nelle segnalazioni internazionali.
L’applicabilità del metodo antropometrico di Bertillon
all’identificazione personale da filmati, però, è assai limitata dalla
qualità delle immagini e dal fatto che ben raramente è possibile ottenere
le dieci misure a partire da immagini filmiche, tanto da potere essere
comparate con le misure stesse tratte su imputati e/o indagati.
Un aspetto fondamentale del rilevamento antropometrico consiste
nella definizione dei punti di riferimento delle misure.
Anche per le applicazioni tecnologiche, la complessità
interpretativa delle misure antropometriche, che sono l’espressione di
caratteri polifattoriali, richiede che tali punti siano ben determinati ed
esprimano le dimensioni di strutture anatomiche ben definite.
In genere il riferimento dei singoli punti è scheletrico, a causa della
relativa stabilità dimensionale delle ossa, anche se coperte dai tessuti
molli.
A volte, specialmente nel caso di misure generali d’ingombro,
particolarmente interessanti sia dal punto di vista ergonomico che
medico-legale, il riferimento è invece cutaneo.
Per comodità di definizione si possono distinguere due categorie di
punti antropometrici di riferimento: quelli esattamente definibili da un
elemento anatomico, i punti reali, e quelli virtuali ( es. i punti di
massima e di minima larghezza).
Vengono riportati nella figura i punti definiti da Grieco e Masali
(1973), che sono in gran parte quelli classici della tradizione
antropologica.
13
G. CANUTO – S. TOVO, Identificazione, Medicina legale e delle Assicurazioni, op.cit., pag. 379
15
16
Fra le misure corporee, la statura o altezza corporea, è sempre stata
considerata la misura principe di ogni sistema antropometrico.
E’ evidente, infatti, che la statura esprime con un solo dato la
sintesi di un gran numero di fattori auxologici, genetici, ambientali e
posturali che concorrono a determinare le dimensioni corporee.
La statura, tuttavia, non dice quanto dell’altezza sia da attribuire
all’arto inferiore e quanto al tronco e alla testa.
La statura ha inoltre il difetto di dipendere ampiamente da fattori
posturali, che possono intervenire al momento stesso del rilevamento.
Anche se sarebbe assurdo definire la statura esclusivamente come
una variabile posturale, descrivibile solo nei suoi aspetti dinamici, esiste
la possibilità di errori sia nella rilevazione sia nella lettura dei dati
strutturali.
Tutte queste considerazioni rendono, nel loro complesso
scarsamente utile la statura presa isolatamente ai fini del riconoscimento
personale.
Di qui la necessità di adoperare indici, cioè rapporti fra le misure,
in cui la statura è rapportata ad altre misure del soma facilmente
prendibili anche su fotogrammi.
Nella tabella sotto, sono riassunti gli indici ai quali tutti gli autori
hanno riconosciuto un valido significato contraddistintivo nel processo
di identificazione personale, fermo restando la difficoltà di applicare
questi indici al processo identificativo da filmati, sia per l’interferenza di
fattori “dinamici” che per la scarsità di fotogrammi generalmente a
disposizione.
17
INDICI DI STRUTTURA E DI PROPORZIONE DEGLI ARTI
-
Indice cormico (o schelico)
Statura in posizione assisa / Statura x 100
-
Indice toracico
Perimetro toracico / Statura x 100
-
Indice traverso del tronco
Larghezza spalle (biacromiale) / Larghezza bacino (bicrestiliaca) x 100
-
Indice di grande apertura delle braccia
Apertura arto sup. (bidactylion) / Statura x 100
-
Indice brachiale
Lunghezza avambraccio
(acromion-radiale) x 100
-
(radiale-stylion)
/
Lunghezza
braccio
Indice crurale
Lunghezza gamba (tibiale-malleolare) / Lunghezza coscia (ileospinale
ant.tibiale) x 100

Somatoscopia
La combinazione di misure lineari (longitudinali e traverse) e del
peso permette di valutare i soggetti mediante tre caratteristiche
fondamentali : la grandezza del corpo o somia, le proporzioni corporee,
o morfia e il peso o baria.
18
Un metodo di valutazione proposto da Correnti (1953) si basa sulla
determinazione della statura e della correlazione con la somma dei
diametri del tronco (traverso toracico + anteroposteriore toracico +
bicrestiliaco + anteroposteriore ipocondriaco), oppure col perimetro
toracico e/o col peso.
Per quanto attiene al corpo nel suo insieme è universalmente
accettata, sia in campo antropologico che identificativo, una
codificazione del tipo somatico in tre categorie convenzionali:
brachitipo, normotipo, longitipo.
Essa pare l’unica applicabile credibilmente alla specie.
Medesime limitazioni presenta la quantificazione del tessuto
adiposo, con almeno tre possibili gradi (scarso, medio, abbondante);
eventualmente ciascuna condizione può presentarsi in grado lieve o
forte, così da costituirsi una scala a sette gradazioni, come proposto da
Quitelet.
Si tratta comunque, sia nella valutazione del tipo somatico che
dell’adiposità,
di
codificazioni
empiriche
il
cui
valore
nell’identificazione è limitato e può essere affidabile solo a patto che le
categorie di riferimento restino ampie e conseguentemente
empiricamente ben separabili.
La morfologia del dorso dipende fondamentalmente dalle
caratteristiche dello scheletro assiale e dello scheletro del cingolo
scapolare.
Nella visione di profilo il dorso può apparire più o meno incurvato,
in dipendenza delle più o meno accentuate curvature fisiologiche della
colonna vertebrale nel piano sagittale.
Delmas ha codificato tre tipi morfologici: dorso piatto, dorso
normale e dorso incavato.
Rispetto alla distribuzione del pannicolo adiposo il dorso, visto
posteriormente può essere lepsosomo o picnico.
Per quanto attiene all’arto superiore sono importanti, ove visibili, la
consistenza del pannicolo adiposo (abbondante, medio, scarso), la
struttura muscolare, la conformazione dell’avambraccio e quella della
mano, con particolare riguardo alla morfologia del primo raggio,
specialmente in considerazione della variabilità del pollice che, se
presente e quando riscontrabile, è un buon carattere identificativo.
19
Più in generale sulle estremità delle dita della mano si possono
concentrare caratteri morfologici peculiari utilissimi nel processo di
identificazione; la loro variabilità ed occasionalità, tuttavia ne impedisce
anche solo l’enumerazione (es. la morfologia nota come “dita a
bacchette di tamburo”).
Infine la quantità e la distribuzione topografica dei peli sul dorso
della mano può costituire un ulteriore utile carattere morfologico.
Per quanto attiene all’arto inferiore, valgono le medesime
considerazioni già fatte per quello superiore in merito alla consistenza e
distribuzione dell’adipe sottocutaneo e alla struttura muscolare.
Degni di nota possono essere l’angolo dell’articolazione del
ginocchio (con possibilità di verificare condizioni di valgismo o
varismo), l’assetto della caviglia e la morfologia del collo del piede.
Al novero dei caratteri somatici non metrici devono essere ascritti
anche caratteri peculiari di ciascun individuo che, nella nomenclatura
specifica della procedura identificativa, vanno sotto il nome di
contrassegni.
Si tratta di morfologie o di strutture o patologie particolari,
peculiari di quel soggetto o di pochi soggetti.
La rarità di questi segni li rende assolutamente importanti, e spesso
determinanti, ai fini dell’identificazione personale
Grande rilevo nella identificazione personale rivestono anche i
caratteri antropologici funzionali, cioè quelli che possono essere rilevati
soltanto quando il soggetto è in movimento.
Ad es., una andatura particolare, o claudicante, può assumere il
carattere identificativo di connotato saliente o addirittura di
contrassegno.
La lateralità funzionale (ad esempio l’uso abituale della mano
sinistra) è un segno identificativo di utile ausilio, così come il piede di
battuta preferito nel salto.
Al novero dei caratteri antropologici funzionali devono ricondursi
anche le peculiari morfologie derivanti da atteggiamenti articolari,
muscolari e tendinei.
20
1.3 -
METODO DATTILOSCOPICO
La dattiloscopia è il ramo della criminalistica che studia le creste
cutanee papillari, principalmente dei polpastrelli delle dita, al fine di
identificare l’autore di un reato, basandosi sulle impronte da questi
lasciate nel luogo del delitto o sull’oggetto utilizzato per commetterlo ed
è certamente la tecnica di polizia più diffusa nel mondo14 .
Nel caso dell’ applicazione della dattiloscopia per l’identificazione
dell’autore di un reato, ci si trova nella condizione di ricerca in forma
indiretta della identità, che è ovviamente relativa e non assoluta.
Quest’ultima precisazione è importante perché proprio per il fatto
che due impronte lasciate da un medesimo individuo non saranno mai
perfettamente sovrapponibili, si vuole così prevenire chiunque,
faziosamente tenda ad escludere l’identità fra due impronte, sulla base
soltanto della non perfetta sovrapponibilità delle stesse, sebbene esse,
oltre a coincidere nella forma dei fasci papillari, abbiano in comune un
numero alto di punti di dettaglio.
Come si è detto, l’esame analitico-comparativo, come dice il nome
si divide in due parti: nella prima parte si analizza a fondo ciascuna delle
cose che debbono essere successivamente confrontate.
L’analisi è di tipo segnaletico descrittivo.
Per l’esame dattiloscopico il metodo è lo stesso: segnaleticodescrittivo e comparativo.
La dattiloscopia fu inizialmente utilizzata come tecnica di
segnalazione personale e non, invece, per identificare gli autori dei reati.
Già in tempi antichissimi si ricorreva alle impronte digitali per
marcare contratti, al posto della firma, perché era nota la variabilità fra i
vari soggetti come pure l’immutabilità nella medesima persona dei
disegni formati dai fasci papillari che costituiscono il derma dei
polpastrelli, delle palme delle mani e dei piedi.
Marcello Malpigli, dedicò gran parte della sua vita allo studio
dell’anatomia e dell’istologia e le sue ricerche si dimostrarono talmente
A. D’ ARIENZO, Raccolta di appunti di criminalistica, Sezione Identità Personale – Dattiloscopia,
http://www.officeitalia.it/scicosi/datt.htm
14
21
importanti che lo strato basale dell’epidermide è denominato corpo
mucoso del Malpigli.
Accertò che lo strato corneo dell’epidermide allorché si desquama
e cade, viene continuamente ricostruito dagli strati sottostanti
conservando sempre le medesime caratteristiche e pertanto per tutta la
vita le impronte papillari si manterranno immutate.
Si potrebbero alterare con l’esposizione ai raggi X, oppure distrutte
con l’asportazione dello strato basale, ma in tal caso la mancanza di
impronte o le cicatrici costituirebbero un indice di sicuro valore
identificativo.
L’esigenza di trovare un sistema rapido e sicuro per distinguere gli
individui traeva origine dal dilagare della criminalità: infatti, benché in
passato la popolazione mondiale fosse di gran lunga inferiore a quella
attuale, l’indice di criminalità era certamente più alto.
Non esistevano i mezzi moderni di segnalazione come ad esempio
la fotografia; gli uffici anagrafici ed i casellari erano incompleti; vi era
inoltre un fortissimo analfabetismo, sicchè anche nella polizia risultava
difficile ottenere una descrizione comprensibile delle caratteristiche dei
criminali.
La prima tecnica veramente scientifica di segnalazione attuata in
Europa venne suggerita da Alphonse Bertillon: il segnalamento
antropometrico.
Essa si basava sulla duplice constatazione che l’ossatura umana,
nel medesimo individuo, è invariabile dal ventesimo anno in poi e che i
caratteri antropometrici variano da soggetto a soggetto.
Il metodo antropometrico sebbene in linea di principio fosse esatto
era tutt’altro che agevole: richiedeva tempo sia in fase di misurazione
che in quella di consultazione delle schede.
Inoltre il metodo era valido solo per i soggetti adulti, ma la
criminalità del secolo scorso era prevalentemente minorile.
E occorreva tener conto anche di eventuali errori di misura, che
rischiavano di falsare tutti i dati raccolti.
William Herschel, funzionario inglese della Old East India
Companj of Bengala in India, fu probabilmente il primo vero ricercatore
che ritenne di utilizzare le impronte delle palme delle mani e dei
polpastrelli nel segnalamento personale.
22
Tuttavia chi per primo intuì che era vantaggioso ricorrere alle
impronte digitali per identificare l’autore del reato fu Henry Faulds,
medico presso l’ospedale Tsukiji di Tokio, poiché come egli stesso
scrisse alla rivista inglese Nature, “se sul luogo del delitto si trovano
impronte digitali, questo può portare alla scoperta del colpevole“.
A Francis Galton va il merito di aver enunciato i principi
fondamentali della dattiloscopia che si basano sulla immutabilità delle
impronte:
- non subiscono trasformazioni nell’arco della vita di un
individuo;
- le impronte sono variabili in quanto sono diverse da
individuo a individuo (in un medesimo individuo inoltre le
impronte lasciate dalle dieci dita sono tutte diverse da loro);
- le impronte digitali sono classificabili e sono riconducibili
ai quattro tipi fondamentali di figura: adelta, monodelta, bidelta,
composta.
I disegni papillari, infatti, non alterano la propria morfologia nel
corso della vita dell’individuo cioè rimangono immutati dal momento
della loro formazione, intorno al terzo mese di vita intrauterina, sino al
subentrare dei fenomeni putrefattivi successivi alla morte, tranne in caso
di effetti traumatici oppure a seguito di particolari malattie infettive
della pelle.
Quanto alla irripetibilità delle impronte, il matematico Balthazard,
che si basava su una formula empirica di tipo esponenziale, ipotizzò che
fra due impronte si sarebbero potuti riscontrare appena diciassette punti
di corrispondenza su una serie di 17.179.869.184 esemplari.
In pratica una possibilità su decine di miliardi che un frammento di
impronta contenente 17 contrassegni caratteristici possa essere stato
depositato da una persona diversa da quella a cui viene attribuito.
Se si considera che la popolazione mondiale è soltanto di qualche
miliardo di individui, peraltro distribuiti su tutta la superficie del globo,
si può ragionevolmente ritenere tale evenienza quanto meno
improbabile.
23
Vero è che, se un evento è statisticamente improbabile, non
necessariamente esso deve ritenersi assolutamente impossibile.
Tuttavia nel caso delle impronte gli elementi di differenziazione
sono tali e tanti che un evento improbabile può in sostanza considerarsi
impossibile.
Il primo sistema di classificazione delle impronte europeo fu
elaborato in Inghilterra e reso noto nel 1900 da Sir Edward Richard
Henrj (1850-1931).
Dalla classifica di Henrj, attualmente la più diffusa nel mondo,
derivano tutti gli altri sistemi moderni di classificazione.
In Italia, è stato elaborato dal Gasti, un funzionario di Polizia nel
1907, un sistema che va sotto il nome di “Classifica decadattiloscopica
Gasti”, che divide le impronte digitali in dieci categorie, numerate da 0 a
9 15:
0 – impronta indecifrabile o manca il dito
1 – adelta
2 – monodelta radiale (verso il pollice)
3 – 4 – 5 - monodelta ulnare (verso il mignolo) a seconda del
numero delle linee intercorrenti tra il delta ed il centro di figura
6 – 7 – 8 - bidelta a seconda della reciproca posizione dei due
delta
9 - figura composta
Una volta completata l’attività di classificazione, i simboli
numerici attribuiti alle impronte delle dieci dita del soggetto segnalato
andranno a costituire la formula dattiloscopia, in quest’ordine:
- serie: indice, pollice ed anulare della mano sinistra;
- sezione: indice, pollice ed anulare della mano destra;
- numero: medio e mignolo della mano sinistra e medio e
mignolo della mano destra.
In base alla formula dattiloscopia così articolata, si procederà alla
consultazione dei Casellari regionali e nazionali d’identità per accertare
se siano già stati compilati cartellini segnaletici aventi i medesimi
simboli.
15
E. GRAZIANO, Polizia Scientifica e Criminalistica, in Criminologia applicata per la
investigazione e la sicurezza a cura di A. Balloni e R. Bisi, Editore F. Angeli, 1996, pag. 382
24
Per stabilire però in concreto se le impronte esaminate siano
identiche a quelle apposte su un altro cartellino segnaletico ed il
soggetto, quindi, sia stato precedentemente sottoposto a segnalamento,
non basta la corrispondenza dei simboli numerici attribuiti alle une e alle
altre, ma è necessario procedere ad una comparazione diretta tra le
impronte delle singole dita.
1.4 -
METODO RADIOLOGICO
Un buon ausilio alle problematiche identificative individuali
proviene anche dalle indagini radiologiche16 .
Esse possono mettere in evidenza alterazioni scheletriche di origine
malformativa, traumatica, patologica spontanea, corpi inclusi e reperti
comunque suscettibili di comparazione con documentazione
radiografica precedente.
Tra gli elementi più significativi vanno annoverati esiti di vecchie
fratture con deformità distrettuali, formazioni callose, deviazioni assiali,
acromegalia, displasie ossee, calcificazioni ed ossificazioni tendinee,
rilievo di protesi e mezzi di sintesi, suture metalliche.
L’analisi radiologica del cranio è stata in passato utilizzata dal
Sassoni a fini identificativi mediante la misurazione di alcuni indici
cefalometrici da compararsi con materiale radiografico di raffronto.
L’ autore riporta una corretta identificazione nel 97% dei casi
allorché siano disponibili due set radiografici utili per la comparazione.
Altri autori prendono in considerazione le caratteristiche
anatomoradiologiche dell’osso sfenoide (forma e volume della fossa
pituitaria, angolo craniometrico della sella turcica, ampiezza e forma del
seno sferoidale, struttura e disposizione delle cavità pneumatiche intorno
alla sella), oppure la variabilità dei seni frontali (profilo e dimensioni dei
seni, presenza o meno di setti parziali).
E. MARINELLI – S. ZAAMI, La identificazione personale, in L.MACCHIARELLI – T.FEOLA,
Medicina Legale Vol. II, op.cit., pag. 1102
16
25
1.5 -
IDENTITA’
L’identità è il rapporto di esatta uguaglianza o coincidenza .
Il quesito sull’identità di una persona deve stabilire se un
determinato individuo sia identico all’individuo di cui si hanno
immagini precise (fotografie, impronte della pelle) oppure elementi
materiali (tracce ematiche, capelli).
Esistono due diversi modi per stabilire l’identità di una persona.
Una via consiste nel riconoscimento in base ad un ricordo
complesso.
Occorre qualcuno che abbia conosciuto la persona che si suppone
sia l’individuo in questione, oppure abbia osservato la persona di cui si
hanno le immagini esattamente nel momento in cui tali immagini sono
state realizzate (es. un impiegato di banca che era presente al momento
della rapina).
La prova del riconoscimento si basa solo sulla fiducia
nell’affidabilità della coscienza intuitiva di chi ricorda.
Questa via può portare a dei risultati giusti, in particolare se le
dichiarazioni di più persone che ricordano concordano, tuttavia è un
metodo che non può escludere errori, cioè scambi di persona (es. il
fenomeno del sosia).
In senso stretto il riconoscimento non è una prova, in quanto non è
nuovamente eseguibile da terzi in un secondo tempo.
La seconda via si basa sull’analisi morfologica comparativa cioè
sul confronto tra le immagini e l’indagato a cui si suppone appartengano
mediante dettagli descrivibili morfologicamente.
La possibilità di deduzione dall’analisi morfologica comparativa
sull’identità si basa sull’individualità di ogni persona, cioè l’immagine
fotografica e l’individuo a cui si suppone questa appartenga devono
risultare la stessa persona se concordano in tutte le caratteristiche, in
quanto ognuno possiede una unicità.
La prova certa dell’identità consiste nel mostrare possibilmente
molte caratteristiche concordanti.
26
Teoricamente escludere un’eventuale identità è molto meno
problematico che provarla.
Quando anche si accertasse una sola discrepanza tra la fotografia e
l’individuo presumibilmente raffiguratovi, si potrebbe già escludere con
certezza l’identità.
L’identificazione è l’attività tecnico-scientifica diretta a stabilire
l’identità di una persona o di una qualsiasi materialità le quali saranno a
loro volta differenziabili, in sede di confronti, con altre persone o
materialità.
L’identificazione personale rappresenta oltre che una esigenza della
società, anche il mezzo a disposizione di ogni cittadino per dimostrare
che è se stesso e non altri.
Infatti i servizi di identità della Polizia Scientifica possono essere
chiamati ad identificare un soggetto indipendentemente dalla
consumazione di un reato, come quando si presenta il caso di
identificare un demente, un cadavere o nei casi di calamità pubbliche
come disastri aerei, terremoti, inondazioni, ecc.
Nel primo caso il quesito si risolve nei seguenti termini: data la
presenza fisica di un individuo, è possibile stabilire chi egli sia; nel
secondo caso, rilevata una traccia o una impronta di una persona o di
una cosa diremo se tale impronta, o traccia, appartenga a un determinato
soggetto.
In relazione alle due distinte ipotesi, presso la divisione identità del
servizio di Polizia Scientifica sono state istituite la sezione identità
preventiva e la sezione identità giudiziaria 17.
La sezione identità preventiva comprende il Casellario Centrale di
Identità, il più consistente archivio di dati personali della direzione
Centrale di Polizia Criminale, al quale pervengono i cartellini
fotosegnaletici redatti dagli uffici della polizia di stato, dall’arma dei
carabinieri, dalla guardia di finanza e, tramite interpol dalle polizie
straniere.
Presso il casellario centrale d’identità i cartellini vengono
classificati utilizzando il metodo decadattiloscopico “Gasti” ed
archiviati.
La Polizia Scientifica, Ministero dell’ Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza, gennaio
1998
17
27
Nel suo ambito vengono eseguite ricerche dattiloscopiche
(mediante la compilazione computerizzata delle schedine) per la
identificazione di persone precedentemente segnalate con medesime o
con diverse generalità (alias).
Per le esigenze del servizio centrale e degli uffici periferici, un
apposito settore cura la realizzazione di programmi applicativi per la
gestione dei cartellini e degli schedari.
La sezione identità giudiziaria provvede alla identificazione degli
autori di reato attraverso frammenti di impronte digitali o palmari
rilevati sul luogo del delitto.
Previo giudizio di utilità dei frammenti stessi, procede a confronti
per esclusione e per sospetto a carico delle persone indicate dagli organi
investigativi.
Espleta infine un’attività di indagine di iniziativa eseguendo
confronti a carico di soggetti che hanno precedenti specifici.
La sezione per svolgere le proprie attività gestisce gli schedari delle
impronte palmari e dei malfattori violenti (ove sono custodite le
fotografie delle persone segnalate per rapina o per altri reati commessi
mediante violenza) e dei pregiudicati classificati per modus operandi
(dove sono raccolte le schede nelle quali è descritta la tecnica criminosa
usata dal segnalato).
28
CAPITOLO 2
TECNICHE DI IDENTIFICAZIONE PERSONALE
Le tecniche di identificazione individuale si fondano su metodi di
confronto/comparazione fra i dati rilevabili dall’esame del soggetto e
quelli desumibili da documenti fotografici o deposizioni testimoniali.
La tecnica del fotosegnalamento è basata sul rilievo dei caratteri
dell’individuo: l’insieme di dati viene raccolto su un apposito cartellino
fotosegnaletico.
Insieme al rilievo ed analisi di impronte digitali è la tecnica di
identificazione più usata.
La tecnica di sovrapposizione di immagine presuppone che siano
disponibili fotografie o immagini filmate (registrate dal circuito
televisivo di sorveglianza nel caso di rapinatori).
Si tratta di una metodica già utilizzata in passato in antropologia
che ha ricevuto recentemente nuovo impulso in relazione alla messa a
punto di sistemi di elaborazione matematica computerizzata delle
immagini.
2.1 -
FOTOSEGNALAMENTO
Il segnalamento fotografico veniva eseguito in modo piuttosto
empirico e soggetto all’estro e alla bizzarria dell’operatore18.
Fu solo con Bertillon che essa trovò quelli che dovevano rimanere,
per lungo tempo, suoi canoni fondamentali: la ripresa di perfetto fronte e
profilo destro con riduzione costante a 1/7 (ora 1/5 della grandezza
naturale).
Il motivo delle due assunzioni è giustificato dal fatto che il profilo
offre meglio la possibilità per rilevare la forma caratteristica di alcuni
18
R. PACERI, Il segnalamento della persona e i relativi apparati tecnici, in La Polizia scientifica
op.cit., pag. 111
29
connotati (dell’occhio, del naso, e particolarmente dell’orecchio) che
sono indici di identificazione di persone non conosciute e che devono
pertanto essere studiate; mentre la fotografia di fronte offre le
caratteristiche più fisionomiche ed appariscenti al primo sguardo ed
agevola così la identificazione immediata di persone conosciute.
Le riprese venivano effettuate da Bertillon in due momenti
successivi, mediante un particolare apparecchio fotografico.
Lo stesso Bertillon raccomandava di ottenere dal soggetto
l’espressione fisionomica più abituale e più tranquilla, ma ciò non era
possibile in pratica, perché il segnalando, scorgendo nella fotografia
un’arma contro se stesso, cercava di renderla meno efficace possibile e,
pertanto, contraffaceva le sue abituali caratteristiche fisionomiche,
sformando la bocca, per esempio, o chiudendo gli occhi o corrugando la
fronte.
Di conseguenza, veniva falsato anche il profilo, sicchè l’immagine
non poteva divenire affatto utilizzabile ai fini del riconoscimento.
In seguito a tali inconvenienti, fu presa in considerazione la
possibilità di eseguire le prese del fronte e del profilo nello stesso
istante, in modo che esse, integrandosi, rivelassero ogni più lieve
artificio usato dal soggetto per alterare la sua espressione.
Il primo apparato di tal genere, costruito e sperimentato in Italia
presso la Scuola Superiore di Polizia fu l’apparato “Gemelle Ellero”,
così chiamato dal nome del suo ideatore.
Questo apparecchio è stato utilizzato per parecchi anni in modo
valido sino a quando non è stato realizzato un nuovo apparecchio
fotografico denominato “A.P.S.” Apparato Per Segnalamento, che
differisce completamente sia per la struttura che per le possibilità e le
prestazioni.
Infatti mentre l’apparato Gemelle Ellero consisteva in due
macchine fotografiche sincronizzate che riprendevano le due immagini
del soggetto su due lastre distinte, nel nuovo apparato è un solo
apparecchio fotografico che raccoglie contemporaneamente il fronte ed
il profilo.
I vantaggi pratici conseguiti a seguito dell’introduzione dell’A.P.S.
sono: assoluta semplicità di ripresa fotografica con garanzia di
contemporaneità, identità di espressioni del volto del segnalando,
30
brevissima durata del tempo di esposizione, perfetta inquadratura del
soggetto, economia di tempo e di materiali, agevole archiviazione dei
negativi, simultaneità delle due immagini su un unico fotogramma,
rapidità nelle manipolazioni di sviluppo e stampa.
Il segnalando viene in tal modo fotografato a capo scoperto e con il
profilo perfettamente visibile, per consentire che tanto il naso che
l’orecchio (elementi di primaria importanza per l’identificazione)
vengano ripresi nel migliore dei modi.
E’ assolutamente vietato il ritocco della fotografia segnaletica.
A volte se il profilo sinistro può avere qualche peculiarità di
rilievo, si procede anche all’assunzione di detto rilievo.
La fotografia segnaletica del soggetto in piedi non è più in uso,
risultando la stessa poco utile ai fini di un’indagine di confronto per la
scarsità di caratteri particolari.
E’ di prossima realizzazione la fotografia segnaletica a colori che
sarà di notevole ausilio per una più obiettiva caratterizzazione del
soggetto
2.2 – ANALISI
DELLE IMPRONTE DIGITALI
Le impronte papillari, oltre che a fini di identificazione personale,
possono essere utilizzate per scoprire l’autore di un reato19 .
A tale scopo devono essere rilevate e poste a confronto con quelle
dei sospettati.
Il rilevamento delle impronte viene eseguito generalmente sul
luogo del reato o, comunque, dell’intervento.
Se il supporto dell’impronta è trasportabile, il rilevamento può
anche essere eseguito in laboratorio.
Esso non si esplica su impronte nella loro interezza, bensì su
frammenti, dal momento che il contatto con una certa superficie, sia
nell’appoggiarsi che in funzione prensile, non produce l’impressione del
disegno complessivo dello strato papillare.
E. GRAZIANO, Cenni di Criminalistica, Ministero dell’Interno – Dipartimento di Pubblica
Sicurezza, 1998
19
31
Tale ultimo risultato è conseguito, infatti, soltanto in sede di
segnalamento di una persona o, comunque, di assunzione delle sue
impronte digitali e palmari per confronti, facendole compiere su appositi
moduli la rotazione del polpastrello e la pressione uniforme della palma
della mano, previa idonea inchiostrazione.
L’impronta si può produrre per asportazione di polvere o di altre
sostanze, per affondamento delle creste papillari in sostanze malleabili
oppure per sovrapposizione di sostanze colorate (inchiostro, sangue,
vernice, ecc.) o incolori (tra queste assumono un rilievo particolare le
secrezioni naturali).
Le impronte per asportazione sono visibili, quelle per
affondamento sono normalmente poco visibili.
Le impronte per sovrapposizione possono essere visibili, poco
visibili o latenti.
Le impronte per asportazione e quelle per affondamento sono di
solito rilevate fotograficamente, con particolari obiettivi, utilizzando per
lo più la luce radente e la “striscetta metrica”, per poterle riprodurre a
grandezza naturale (salvo poi eseguire gli opportuni ingrandimenti).
Le impronte per sovrapposizione risultano evidenti quando sono
prodotte con sostanze colorate ed in tal caso vengono rilevate,
anch’esse, con procedimento fotografico.
Le impronte per sovrapposizione, sono poco visibili o latenti
quando sono prodotte da sostanze incolori ed in particolare dal sudore e
dalle sostanze sebacee che si trovano sulle creste papillari.
Tale insieme è costituito dalle secrezioni superficiali, trasportate
dal derma, delle ghiandole eccrine, apocrife e sebacee : le ghiandole
eccrine secernono acqua, sali e aminoacidi, quelle apocrife ferro, acqua,
ormoni, proteine e zuccheri e quelle sebacee lipidi e zuccheri.
La deposizione dell’essudato riproduce fedelmente i disegni
papillari, ma le impronte necessitano di una preventiva esaltazione che
può essere realizzata con polveri di diversa composizione e diverso
colore a seconda delle superfici da cospargere oppure con prodotti
chimici, a volte usati in abbinamento con il laser o con la
metallizzazione in alto vuoto, per una migliore visualizzazione.
32
Il cospargimento con polveri è la tecnica principale tradizionale,
impiegata da tutte le polizie del mondo soprattutto su superfici lisce e
levigate e sulla carta.
La polvere normalmente più efficace e maggiormente utilizzata è
l’argentoratum o polvere di alluminio.
La polvere aderisce alla sostanza umida, collante e grassa delle
impronte latenti.
Queste vengono poi asportate con appositi adesivi che sono
fotografati con particolari procedimenti.
Tale tecnica ha però un campo di applicazione limitato e non
sempre fornisce risultati ottimali.
Essa infatti risulta pienamente soddisfacente solo con impronte
relativamente “fresche” ossia di pochi giorni, che siano state lasciate su
reperti caratterizzati da superfici levigate.
L’identificazione o la non identificazione delle impronte papillari si
basa sulla corrispondenza o meno di caratteri generali (cioè, lo specifico
andamento delle linee o fasci papillari e dei relativi disegni da queste
variamente formati) e di caratteri particolari (con specifico riferimento a
tipici contrassegni percettibili a forte ingrandimento sulle impronte, che
verranno indicati più oltre).
I caratteri generali variano a seconda che si tratti di impronte
digitali, palmari o plantari. Le più indagate sono le digitali.
Se si tratta di impronte digitali, cioè riferite ai polpastrelli, si
considerano tre sistemi di linee: le basilari, le marginali e le centrali,
corrispondenti ad altrettante zone del polpastrello.
Sulla base dell’andamento delle linee del sistema centrale, le
impronte digitali si valutano in relazione ai quattro tipi di impronte
esistenti: adelta (o ad archi), monodelta (o aperta con delta a destra o a
sinistra), bidelta (o chiusa) e composta.
I caratteri particolari vengono rappresentati dal tipo e dalla
posizione dei contrassegni caratteristici, i cosiddetti punti di identità, che
comprendono: estremi (inizi o termini di linee), interruzioni (in linee),
uncini (in estremi di linee), interlinee (rilievi con soluzioni di continuità,
fra due linee parallele), incroci (fra due linee), tratti (piccoli frammenti
di linee fra altre linee parallele), punti (come il precedente con la
differenza che si tratta di un punto e non di un segmento), isolotti (tratti
33
o punti contenuti in figure chiuse), occhielli o occhi (figure chiuse come
gli isolotti, ma vuote) e intrecci (linee che si intersecano formando serie
di occhielli).
Il numero minimo di punti di identità utili per l’identificazione di
una persona, attraverso le impronte digitali, varia da stato a stato: in
Italia, l’orientamento è di considerare necessarie sedici corrispondenze
di dettaglio, sebbene la Corte di Cassazione abbia sancito che sono
sufficienti anche quattordici o quindici punti soltanto.
Il numero è comunque superiore a sedici: per taluni ricercatori sono
sufficienti venti punti, per altri ventiquattro, ecc.
Questo aumento di numeri minimi richiesti si basa sul presupposto
che, essendo le impronte digitali caratterizzate da figure note (adelta,
monodelta, bidelta e composta), la ricerca identificativa di una impronta
digitale sia più semplice di quella relativa ad una palmare (dove non
esistono figure di fasci papillari classificate) e che, quindi, la palmare,
che manca di tale classificazione necessiti, per la sua identificazione
certa, di un maggior numero di corrispondenze di dettagli.
La polizia scientifica italiana ha di recente acquistato un sistema
AFIS per la memorizzazione e la ricerca automatica di impronte digitali
che le consentirà entro breve tempo di utilizzare in pieno tutte le
impronte digitali acquisite in sede di fotosegnalamento, anche per
l’identificazione degli autori di azioni criminose oltre che a fini di
identità preventiva.
Attualmente, le impronte trovate sul luogo del reato, sono
confrontate con quelle di soggetti “sospettati” in base ai risultati
dell’attività investigativa svolta da altri uffici.
Spesso però sono gli stessi operatori della polizia scientifica ad
individuare per l’esecuzione dei confronti dattiloscopici, gruppi di
soggetti “sospettabili” tenendo conto del tipo di reato preso in
considerazione, della tecnica criminale dispiegata e della località ove il
reato stesso è stato compiuto.
Prima di procedere al confronto tra frammenti di impronte papillari
rilevate in sede di sopralluogo tecnico ed impronte del soggetto assunte
su appositi moduli è necessario stabilire se i primi siano o meno utili per
risalire alle persone dalle quali vennero lasciate.
34
A tal fine si opera una valutazione quali-quantitativa, nel senso che
un frammento d’impronta viene utilizzato per confronti solo se in esso
sia possibile reperire particolarità dattiloscopiche tali per numero e
qualità che lo rendano idoneo a risalire al soggetto dal quale proviene.
Completato questo esame preliminare, se il frammento viene
ritenuto utile, si procede a mettere a confronto i due termini (impronta
rilevata sul luogo del reato e quella dell’imputato) per accertare se
sussistono analogie per ciò che riguarda la morfologia generale e se
esistono corrispondenze relativamente ai caratteri di dettaglio.
Una volta individuata una comune morfologia generale si può
passare al confronto di dettaglio, iniziando col ricercare nell’impronta
rilevata sul luogo del reato, un punto di riferimento di interesse
dattiloscopico che abbia facile corrispondenza in un punto analogo
dell’impronta del soggetto; si procede quindi all’esame analitico delle
linee papillari delle due impronte in modo da localizzare un numero
sufficiente di caratteristiche comuni.
2.3 -
TECNOLOGIE BIOMETRICHE
Un dispositivo di riconoscimento biometrico è, in generale, un
apparecchio che permette di autenticare in modo automatico l’identità di
un essere umano vivente attraverso l’analisi di una caratteristica
fisiologica o particolarità del comportamento20 .
Si tratta in altre parole, di rilevare sul momento un’impronta
caratteristica dell’individuo e di confrontarla con l’immagine
corrispondente acquisita in precedenza al fine di verificarne i punti di
coincidenza.
Le parti del corpo umano che più si prestano a questo scopo sono:
il volto (tratti caratteristici, configurazione dei vasi sanguigni,…),
l’occhio (retina ed iride), la mano (geometria, configurazione dei vasi
sanguigni,…), le dita (impronte digitali, forma,..).
Le particolarità del comportamento più considerate sono la scrittura
(firma, ritmo della digitazione), il parlato, il battito cardiaco.
20
T. GAUDIO, Speciale Sicurezza-Le Tecnologie Biometriche in Banca,www.privacy.it/tecbio.html
35
Le prime in genere sono caratteristiche uniche ed immutabili; le
altre invece sono suscettibili di cambiamenti in relazione alle condizioni
personali ed ambientali.
Assai promettenti appaiono anche l’orecchio, le labbra e persino
l’odore che emana il corpo umano.
Tre sono i compiti essenziali di un dispositivo biometrico:
l’apprendimento dell’impronta, il confronto sul momento, l’interazione
verso l’esterno.
La generazione (una tantum) dell’impronta individuale comprende
l’acquisizione dell’immagine relativa alla caratteristica fisiologica o
comportamentale, la sua elaborazione, compressione e memorizzazione.
Il riconoscimento vero e proprio avviene confrontando l’impronta
rilevata al momento sull’individuo da identificare con la corrispondente
registrata in precedenza.
L’interfaccia verso il mondo esterno riguarda sia l’aspetto
operativo sia la connessione fisica ed elettrica con il resto del sistema.
L’impronta è acquisita tramite speciali sensori (ottici, ultrasonici,
termici,…) presenti nel dispositivo stesso oppure mediante l’analisi di
alcuni fattori legati al comportamento individuale (attività, pause,..) o,
ancora, sfruttando entrambe le tecniche.
L’immagine catturata è poi elaborata e compressa con l’ausilio di
particolari algoritmi dando così origine al template (in chiaro o
crittografato).
La dimensione può variare da poche decine di bit a migliaia di
byte.
L’impronta di riferimento è memorizzata nel database del
dispositivo per le successive comparazioni oppure è registrata sulla
tessera di identificazione (in genere una carta con microchip) per il
raffronto diretto in fase di riconoscimento.
Se l’apparecchio dispone di un archivio impronte, l’accertamento
dell’identità può avvenire secondo due differenti modi: per verifica
diretta o attraverso il processo di identificazione.
Le apparecchiature che non dispongono di un archivio impronte
(per la quantità dei soggetti in gioco o per altre ragioni) possono
effettuare il riconoscimento paragonando l’immagine rilevata al
36
momento con l’impronta memorizzata sulla carta di identificazione
personale.
2 .4 – TECNICHE
DI ANALISI E DI SOVRAPPOSIZIONE
DELLE IMMAGINI
Anche se sono passati molti decenni da quando si sono evidenziati
i molteplici vizi della tecnica fotografica, perché possono modificare i
connotati di luce, la posa, lo sviluppo, la stampa, la posizione
dell’obiettivo che determinano un contrasto tra le parti più sporgenti e
quelle depresse del viso e anche se sono innegabili i progressi dei mezzi
e dei metodi fotografici, è indubbio che il documento fotografico è una
rappresentazione compiuta della realtà 21.
Quando una azione criminosa viene registrata da un sistema di
videosorveglianza su un supporto magnetico o digitale, la prima attività
che compie l’inquirente appena entra in possesso della registrazione è
quella di rivedere l’evento nel tentativo di individuarne gli autori sulla
base della propria memoria visiva basata sulle fotografie di individui
sospetti che presentino fisionomie o caratteristiche somatiche
compatibili con gli autori del reato 22.
E’ questa una procedura orientativa, che non consente la
formulazione di giudizi identificativi in quanto, basandosi su valutazioni
soggettive di qualità, non consentono l’applicazione di metodi statisticomatematici volti a verificare il grado di approssimazione delle eventuali
corrispondenze.
Fra l’altro accade costantemente che fra le immagini poste a
confronto (soggetti da identificare ripresi nel corso del reato – soggetti
sospetti con identità nota, ripresi in foto segnaletiche o ambientali)
sussistano comunque differenze dimensionali e di orientamento, il che
21
L. CECCAROLI, Tesi: I caratteri antroposcopici e le moderne tecniche di investigazione criminale:
aspetti medico legali, corso di laurea Giurisprudenza, 1999, Università di Bologna
22
F. INTRONA Jr., Identificazione personale attraverso le tecniche di analisi e sovrapposizione delle
immagini,,in Trattato di Medicina Legale e Scienze Affini diretto da G.Giusti,vol.II,CEDAM, 1998,
pag. 1137
37
complica l’attendibilità anche del semplice giudizio soggettivo; non è
infatti corretto effettuare alcun confronto identificativo tra immagini di
soggetti ripresi in diversi atteggiamenti, ingrandimenti, posizioni,
magari con tecniche e mezzi e substrati diversi.
Una ulteriore operazione che solitamente compie la polizia
giudiziaria quando vi sono testimoni oculari è la ricognizione
fotografica prevista dall’art. 213 del c.p.p.; il riconoscimento fotografico
può essere però fonte di errore per una ragione di indole psicologica e
cioè il testimone, il quale ha assistito ad un delitto e deve riconoscere
l’autore, è influenzato da una molteplicità di fattori, quali la labilità del
ricordo, la tensione emotiva della rievocazione, il dramma giudiziario23.
L’accertamento fotografico eseguito dalla P.G. o dai testimoni, è
inquadrabile nella categoria degli indizi, suscettibile di libera
valutazione da parte del giudice il quale si avvarrà di tecnici
specializzati per consolidare il proprio convincimento.
L’identificazione dei soggetti, attraverso la comparazione di
immagini, veniva già utilizzata in passato in antropologia, ma è in tempi
recenti che le metodiche hanno ricevuto nuovo impulso in relazione alla
messa a punto di sistemi di elaborazione matematica computerizzata
delle immagini.
Il primo approccio con l’utilizzo di sistemi informatici si ha nel
1971 quando gli statunitensi Goldstain e Harmon iniziarono una loro
fondamentale pubblicazione sul riconoscimento di volti, con una
affermazione che suonava “così come non sono state trovate due
identiche impronte digitali, allo stesso modo due volti umani possono
differire persino in due gemelli identici”.
I volti un po’ come le impronte digitali o i fiocchi di neve, si
possono presentare in una varietà infinita di forme; esistono pertanto
ben poche probabilità di imbatterci in due facce così uguali da non poter
essere distinte.
Secondo Balossino, titolare della cattedra di informatica di Torino,
a differenza dei fiocchi di neve o delle impronte digitali, i volti umani
presentano delle caratteristiche qualitative e quantitative tali da poter
essere distinte.
23
L. CECCAROLI, Tesi, op. cit.
38
Attualmente la tecnica di indagine maggiormente utilizzata e
consolidata dagli specialisti (antropologi, medici legali, informatici,
tecnici specializzati della polizia scientifica) consiste nella c.d.
sovrapposizione parametrizzata, fra le immagini normalizzate degli
autori del reato ripresi durante l’espletamento dell’attività criminosa e
quelle degli indagati posti nelle stesse posizioni e negli stessi luoghi ove
furono ripresi gli attori.
Emerge quindi la necessità di ricreare le stesse condizioni in cui
l’autore del reato fu filmato o fotografato, così da ottenere immagini
confrontabili mediante un’analisi morfometrica.
Sulla scorta di tali indicazioni è stata messa a punto una tecnica
identificativa modulabile oggettiva che consente ove esperita in tutte le
sue fasi, un certo giudizio di identità o un sicuro giudizio di esclusione.24
Si tratta di una tecnica prevalentemente utilizzata per
l’identificazione degli autori di rapine effettuate in ambienti dotati di
sistemi TVCC.
Il confronto di due soggetti, al fine di asserirne l’eventuale identità,
deve basarsi sulla definizione di parametri discriminatori che possono
essere sia fisionomici sia metrici25.
I primi sono di tipo qualitativo eidetico, cioè mediante espressioni
linguistiche che spiegano e classificano elementi fisionomici (per
esempio colore della pelle, pettinatura, forma del naso e della bocca,
andamento della fronte) oppure per mezzo di elementi facciali
rappresentati per immagini e posti a confronto sfruttando
sovrapposizione o giustapposizione, in modo tale da permettere un
notevole apprezzamento visivo delle eventuali concomitanze strutturali
del volto; i secondi sono quantitativi, cioè con misurazione diretta delle
strutture anatomiche (per esempio statura, altezza e larghezza del volto).
Nella pratica le due forme si integrano, creando così un intreccio di
possibilità di metodi di confronto, la cui scelta è dettata dal particolare
caso in esame; la metodologia quantitativa, qualora sia possibile la sua
24
M. COLONNA, V: PESCE DELFINO, F. INTRONA Jr., Identificazione mediante
sovrapposizione cranio-foto del viso a mezzo circuito televisivo : applicazione di una nuova
metodica, Boll. Soc. It. Biol. Sperim. 56, 2271, 1980
25
N. BALOSSINO – S. SIRACUSA, Parametri discriminatori nel riconoscimento di volti, Inserto a
Polizia Moderna n. 1 – 1998. op.cit. pag. 18
39
applicazione, deve comunque essere necessariamente preceduta da
quella qualitativa eidetica (dal gr. Eidos = immagine).
Qualunque sia la metodologia utilizzata, accade sovente che
l’identificazione dei soggetti in esame utilizza immagini videofotografiche; ne consegue che le caratteristiche dei fotogrammi
influiscono pesantemente sull’analisi identificativa.
Quando le riprese sono nitide, presentano ricchezza di dettagli
inequivocabili e saranno per lo più sufficienti confronti fisionomici
qualitativi eidetici, per formulare un giudizio di identità.
In caso dubbio, è opportuno procedere con metodologie metriche in
modo da introdurre un’ulteriore valenza nel procedimento di
identificazione.
Può capitare che parametri qualitativi eidetici assurgano a
discriminatori; ne sono esempio connotazioni esclusive di
inequivocabile apprezzamento visivo, costituite per esempio da
deturpazioni, espressioni facciali, cicatrici, nevi estesi.
Ai parametri metrici è richiesto invece che posseggano la
fondamentale caratteristica di essere invarianti a fronte di eventuali
trasformazioni operate sulle immagini e cioè: scolamento
(ingrandimento o rimpicciolimento del soggetto nell’ambito di una
scena), traslazione (spostamento del soggetto nell’area della scena),
rotazione nello spazio tridimensionale per adattare la postura degli
individui a confronto.
Per avvalorare eventuali concordanze fisionomiche è opportuno
sottoporre le immagini all’attenzione di più persone (antropologi, medici
legali, informatici, ecc.) al fine di verificare statisticamente l’eventuale
asserzione di somiglianza26.
Per poter realizzare quanto sopraddetto è opportuno utilizzare
tecniche informatiche; queste, infatti, permettono di enfatizzare ed
estrarre caratteristiche non immediatamente visibili, nonché di rendere
possibili in modo interattivo elaborazioni eidetiche e valutazioni
metriche27.
C. CIPOLLA D’ABRUZZO, Tecniche della perizia antropometrica a fine di identificazione, Atti
della Giornata di Criminologia e Criminalistica, Pescara 22/3/1997, pag. 80
27
N. BALOSSINO – S.SIRACUSA, Parametri discriminatori nel riconoscimento di volti,op.cit.,
pag.19
26
40
Al fine di semplificare l’esposizione della tecnica definiremo
“rapinatori” i soggetti da identificare ed “indagati” i soggetti noti posti a
confronto .
La metodica consente, al termine di un procedimento “step by
step” e nelle migliori delle ipotesi, l’identificazione personale mediante
confronto numerico computerizzato fra le immagini del volto dei
rapinatori e le immagini degli indagati ripresi negli stessi luoghi,
atteggiamenti e posizioni spaziali che caratterizzavano i rapinatori al
momento della rapina.
La tecnica per poter essere esperita necessita dei seguenti
presupposti28:
che vi siano immagini del volto dei rapinatori utilizzabili ai
fini di una sovrapposizione (immagini ben definite e nitide);
che possano essere ripetute con la collaborazione degli
indagati alcune scene della rapina (esperimento giudiziario);
che la ripetizione degli eventi possa essere effettuata negli
stessi luoghi in cui si svolse l’azione criminosa, utilizzando gli
stessi sistemi di ripresa che ne registrarono le varie fasi.
Il mancato soddisfacimento del primo dei pre-requisiti (assenza
di immagini nitide del volto dei rapinatori), non consentendo
l’attuazione della tecnica nella sua completezza, non permetterà la
formulazione di un certo giudizio identificativo.
Il mancato soddisfacimento del secondo e terzo pre-requisito
inficerà sul nascere l’attendibilità dei risultati.
I momenti procedurali della tecnica identificativa per
sovrapposizione di immagini possono essere così schematizzati:
A.
FASE PREPARATORIA
1. analisi del materiale oggetto di esame (nastri VHS su
cui è registrata la rapina);
28
F. INTRONA Jr., Identificazione personale attraverso le tecniche di analisi e sovrapposizione delle
immagini,,op.cit., pag.1137
41
2. scelta dei videogrammi ritenuti più utili per la successiva
sovrapposizione parametrizzata;
3. individuazione e marcamento su ciascun fotogramma dei
“punti di posizionamento”;
B.
FASE
DELLA
SOVRAPPOSIZIONE
PARAMETRIZZATA
(da effettuare sul luogo in cui fu ripresa l’azione criminosa)
4. riposizionamento delle telecamere da cui furono filmati i
videogrammi selezionati nella prima fase di indagine;
5. sovrapposizione dei videogrammi elaborati nella fase
preparatoria con le immagini degli indagati riprese in estemporanea;
6. registrazione dei risultati ottenuti;
C.
ANALISI METRICA DELLE IMMAGINI
7. confronto statistico-matematico fra valori numerici
estrapolati dalle immagini degli indagati e dei rapinatori, al termine
della migliore sovrapposizione parametrizzata.
1.1. Fase Preparatoria
La prima fase dell’indagine implica un vero e proprio restauro
oggettivo dei videogrammi dell’azione criminosa.
In genere, sulla videocassetta vi sono immagini riprese in maniera
temporizzata da più telecamere, si tratta per lo più di nastri che non
possono essere visionati mediante comuni videoregistratori.
Il segnale video deve pertanto essere scomposto e rimontato in
successione, in modo da ottenere la corretta sequenza delle immagini
ripresa da ciascuna telecamera.
I videogrammi che ritraggono il rapinatore sono quindi
inizialmente esaminati per la ricerca di caratteristiche individualizzanti
(cicatrici deturpanti, tatuaggi, mutilazioni, anchilosi, mancinismo, tic
nervosi, particolare conformazione somatica, deambulazione,
42
atteggiamenti posturali,…) il cui riscontro nell’indagato potrebbe essere
considerato un primo indirizzo identificativo.
Sono quindi scelti i “frames” ritenuti più utili, quelli cioè che
consentono contemporaneamente sia di individuare la precisa
localizzazione del rapinatore nell’ambiente in cui fu perpetrata la rapina,
sia di visualizzare le caratteristiche del volto.
Ovviamente sono preferiti i videogrammi che consentono la
localizzazione spaziale del rapinatore in funzione di precise strutture
fisse di riferimento: ottime sono ad esempio le immagini ove si riesce a
definire il posizionamento dei piedi del rapinatore, o lo si vede
appoggiato ad un bancone, ad uno spigolo o mentre varca la soglia di
una porta, o mentre è su uno specifico gradino di una scala, (sono questi
i cosiddetti posizionamenti spaziali assoluti).
Con procedure analogiche e digitali specializzate si eseguono
quindi opportuni filtraggi tesi all’esaltazione dei contrasti
(“crispening”), all’estrazione di alcuni contorni (“ edge detection”) e alla
equalizzazione del segnale (“cleaning”) per la migliore visualizzazione
del volto del rapinatore, magari in falso colore.
Si posiziona quindi, su ciascuna immagine scelta, via software, un
reticolo luminoso a passo variabile facendo coincidere uno o più punti di
intersezione fra ascisse ed ordinate con rilievi ben visibili del volto del
rapinatore (gabella, punta naso, nasion,..).
Preparato e memorizzato per ciascuna immagine il reticolo
luminoso, si pongono, sempre via software, dei punti luminosi sulle
principali strutture o siti anatomici del volto (punti di posizionamento).
In genere sono preferite strutture anatomiche non suscettibili di
modificazione della mimica facciale quali la punta del naso, il nasino, il
meato acustico esterno, l’attaccatura del lobulo auricolare, il canto
esterno dell’occhio e la gabella.
E’ ovvio che i punti di posizionamento luminosi potranno essere
apposti solo se l’immagine del volto del rapinatore è sufficientemente
nitida, ripresa in primo piano o comunque tale da consentire il rilievo
delle peculiari caratteristiche del volto.
Elaborati quindi i videogrammi della rapina ritenuti più utili a fini
identificativi, si passa alla successiva fase di indagine, da effettuare nei
luoghi in cui la stessa fu attuata.
43
Per l’espletamento di questa prima fase di indagine occorre essere
forniti di videoregistratore VHS con moviola “frame by frame”, di
almeno un videoregistratore professionale, di un mixer video connesso
con un computer dotato di scheda grafica e di software per
l’acquisizione e l’elaborazione delle immagini, oltre che di un package
software
dedicato,
specificatamente
implementato,
volto
all’ingrandimento di particolari dell’immagine con minimo decremento
del segnale.
1.2. Fase della sovrapposizione
Lo scopo della seconda fase di indagine è quello di osservare e
registrare se sussista una corrispondenza somatica fra l’immagine del
rapinatore e quella dell’indagato nel rispetto dei precisi vincoli spaziali
precedentemente descritti.
Per tale motivo occorre filmare l’indagato in estemporanea negli
stessi luoghi, atteggiamenti e posizioni assunte dal rapinatore al
momento della rapina.
Per tale fase è necessario integrare i sistemi fissi di ripresa già
presenti nel luogo della rapina con una strumentazione che consenta di
effettuare in loco una sovrapposizione di immagini con dissolvenza.
Inizialmente è indispensabile posizionare le telecamere nello stesso
orientamento spaziale che avevano al momento della rapina.
Soddisfatto tale pre-requisito si potrà procedere alla fase della
sovrapposizione che si definisce “parametrizzata” in quanto il
posizionamento dell’indagato è vincolato a precisi riferimenti spaziali.
In pratica occorre porre l’indagato nello stesso sito e nella stessa
postura assunta dal rapinatore nel videogramma in esame.
Per facilitare tale compito si è messo a punto un sistema televisivo
interno a circuito chiuso che termina in viewfinder di esclusivo
appannaggio dell’operatore (strumento che viene definito “il Gobbo” dai
ricercatori), che facilita il fine posizionamento del capo dell’indagato e
non consente a questi di rendersi conto della congruità raggiunta nella
fase di sovrapposizione, lasciando tale informazione solo ed
esclusivamente all’operatore che ne cura il posizionamento.
44
Ottimi per le valutazioni identificative sono i “posizionamenti
spaziali assoluti” in quanto consentono di posizionare esattamente
l’indagato nello stesso sito occupato dal rapinatore.
In tale opportunità è quindi possibile rilevare subito anche modeste
differenze di altezza fra rapinatore ed indagato consentendo pertanto un
certo giudizio di esclusione, o in caso di piena corrispondenza, un
convincimento per la prosecuzione delle indagini.
Il procedimento identificativo può essere considerato concluso con
giudizio di esclusione allorché, nel rispetto dei vincoli spaziali, la
corrispondenza somato-fisica fra l’immagine dell’indagato e quella del
rapinatore non sia soddisfatta.
Qualora invece vi sia una corrispondenza, si può passare alla fase
successiva, dedicata al fine posizionamento del volto dell’indagato
mediante l’impiego dei punti luminosi di posizionamento
precedentemente preparati sull’immagine del rapinatore posta a
confronto.
Mediante fini movimenti passivi si cerca di far assumere al volto
dell’indagato lo stesso orientamento spaziale che caratterizza il volto
del rapinatore nel frame in esame.
La corrispondenza può considerarsi soddisfatta quando sussista una
attendibile sovrapponibilità fra i punti luminosi fissati sul volto del
rapinatore e le corrispettive strutture anatomiche del volto dell’indagato,
ripreso in estemporanea e posto a confronto mediante mixage e
dissolvenza.
L’esito positivo di tale fase, nel rispetto di tutti i vincoli spaziali
precedentemente illustrati, consente il riconoscimento di una
corrispondenza parametrizzata fra le caratteristiche somato-fisiche del
rapinatore e quelle dell’indagato.
E’ questo un riscontro utile a fini identificativi ma non ancora
confortato da una comparazione metrica che possa consentire la
formulazione di certi giudizi di identità su base oggettiva.
Terminata la fase della sovrapposizione parametrizzata, si procede
al terzo ed ultimo momento dell’indagine identificativa, volta al
confronto statistico-matematico dell’immagine del rapinatore con quella
dell’indagato così ottenuta.
45
1.3. Analisi metrica delle immagini
Inizialmente sull’ immagine del rapinatore, eventualmente anche
ingrandita, si proietta un reticolo a passo variabile generato via software,
con ascissa ed ordinate regolabili, che consente di ottenere una visione
armonica e proporzionale del volto del soggetto.
Le ascisse e le ordinate del reticolo sono regolate in maniera da
intersecare precisi punti di riferimento.
Il reticolo così stabilito è quindi sovrapposto all’immagine
dell’indagato ottenuta al termine della fase della sovrapposizione,
eventualmente ingrandita al pari di quella del rapinatore.
Tale procedura consente di evidenziare coincidenze morfologiche,
analogie proporzionali o eventuali disarmonie dei due volti posti a
confronto.
Quindi, su ciascuno dei due volti (rapinatore-indagato), sono
individuati e marcati via software almeno quattro punti di repere
corrispondenti.
Si ottengono così, via software mediante un “package” dedicato, i
valori delle distanze assolute, delle distanze relative nonché i valori dei
perimetri e delle aree dei triangoli comunque ottenibili dalla
congiunzione dei punti considerati (da quattro punti di repere si
potranno ottenere quattro triangoli, da cinque punti di repere dieci
triangoli e così via).
Sui valori ottenuti (valori assoluti, relativi, aree e perimetri dei
triangoli) potranno essere applicati idonei test statistici oltre che
algoritmi propri dell’analisi morfometrica (analisi dei momenti,
determinazione degli indici di compattezza, applicazione dei coefficienti
di autocorrelazione) che consentiranno di formulare un giudizio di
identificazione su base matematica o, viceversa, un sicuro giudizio di
esclusione.
46
CAPITOLO 3
SISTEMI DI SICUREZZA NELLE BANCHE E
PREVENZIONE DALLE RAPINE
La sicurezza è una esigenza importante della vita attuale, dagli
ambiti privati ai grandi complessi comunitari, agli istituti di credito e,
sicurezza vuol dire innanzi tutto avere costantemente sotto controllo ciò
di cui si vuol essere sicuri.
La TVCC è uno degli ingredienti base di impianti di sicurezza,
perché è un occhio sempre vigile su ciò che si vuole proteggere.
Oltre ai sistemi TVCC, vi sono delle difese attive e passive messe
in atto dalle banche per le misure antirapina .
Nonostante gli accorgimenti messi in atto dalle banche per evitare
l’ingresso ai rapinatori, la tendenza all’aumento delle rapine non è stata
fermata : in alcuni casi è cresciuta.
E’ possibile, tramite personale esperto in security, progettare e
gestire un sistema di sicurezza specifico per ogni ambiente bancario,
oppure analizzare la validità di quello esistente, valutare se ci sono delle
criticità e se sono eliminabili.
3.1 -
PROTEZIONI DI SICUREZZA MESSE IN ATTO DA
UN ISTITUTO DI CREDITO
Un gran numero di istituti di credito ha adottato una protezione
degli ingressi delle proprie agenzie di tipo misto, basata cioè sulla
47
contemporanea presenza di difese passive (bussole blindate) ed attive
come il presidio umano costituito da una guardia armata che risiede,
durante il periodo di servizio diurno, in un apposito vano protetto,
ricavato all’interno delle stesse bussole29.
Tale soluzione richiede però la disponibilità di spazi che non
sempre è possibile avere, soprattutto quando si tratta di piccole agenzie.
La guardia, in tal caso può operare in piena sicurezza ed attuare un
più accurato controllo sulle persone che chiedono di accedere in banca,
anche laddove esistano validi sistemi di controllo d’accesso dotati di
metal detector ad alta sensibilità.
Tra le misure antirapina che è possibile adottare per la protezione
delle agenzie bancarie, vi sono i cosiddetti contenitori a scomparsa o di
custodia del contante di cassa.
Di norma vengono installati direttamente sotto il bancone, in
ciascuno sportello cassa.
Si tratta di speciali contenitori dotati di cassetto con feritoie di
versamento del denaro eccedente attrezzati, in alcuni casi, con
particolari sistemi elettronici automatici in grado di consentire al
cassiere terminalista il versamento-prelevamento automatico, anche
contemporaneo, con un elevato numero di transazioni e con rischio di
errore praticamente nullo; il sistema stesso può essere interfacciato al
sistema informativo della banca.
Il contenitore in cui è inserito tale sistema è costruito in lamiera di
acciaio molto resistente.
La giacenza di cassa rimane costantemente sotto controllo,
consentendo una migliore gestione del contante allo sportello, una
maggiore velocità ed escludendo così qualsiasi irregolarità.
L’operazione di apertura del contenitore per il carico, lo scarico e
la manutenzione è temporizzata e l’accesso al sistema è subordinato
all’uso di prestabilite password personali.
Per la protezione del denaro contante è altresì possibile installare
particolari sistemi di trasferimento, all’interno dell’agenzia bancaria, da
uno o più uffici cassa remoti agli sportelli e viceversa, di bussolotti
contenenti una predeterminata quantità di denaro.
29
M. MESSINA, Le metodologie di prevenzione della rapina nelle agenzie bancarie, Banca
Sicurezza, supplemento a Bancamatica 11/12 1998, p.91
48
Il principio di funzionamento di tali sistemi è quello della posta
pneumatica, di facile installazione e di costo relativamente contenuto.
Alcuni grandi magazzini ed ipermercati hanno adottato, con
successo, questa misura di protezione per trasferire da ciascuna cassa
verso appositi uffici bunker, preposti alla conta ed al successivo
trasferimento in banca del denaro, l’eccedenza di contante in cassa.
L’installazione di un sistema di televisione a circuito chiuso
(TVCC) può servire di ausilio, nel caso venga adottata la predetta
soluzione.
La presenza di un sistema di TVCC collegato con una centrale di
telesorveglianza, oltre che offrire l’indubbio vantaggio di visualizzare la
scena della rapina nei minimi particolari, consentirebbe di organizzare
meglio e più rapidamente l’intervento delle forze dell’ordine.
La registrazione delle immagini, effettuata direttamente dalla
centrale, permetterebbe di ottenere una più fedele ricostruzione della
dinamica della rapina, con la possibilità di identificare i colpevoli.
Il sistema di TVCC ha dimostrato inoltre di possedere un forte
effetto deterrente.
Viene utilizzato anche il dispositivo biometrico per il controllo
accessi, sia per quello fisico che per quello logico.
Per accesso fisico si intende l’atto compiuto da una persona per
passare da un’area ad un’altra.
Accesso logico, invece è la procedura con la quale si accede all’uso
di un sistema o di un programma di elaborazione, oppure alle
informazioni contenute in una banca dati.
In generale l’impiego delle tecnologie biometriche in un sistema di
controllo accessi, sia fisico che logico, migliora sensibilmente il livello
complessivo della sicurezza.
Il riconoscimento tuttavia, anche se riveste un ruolo importante è
solo uno degli aspetti che caratterizzano un accesso sicuro.
L’introduzione di un apparato biometrico in luogo del tradizionale
badge, comporta una serie di problemi di cui è bene tener conto.
Sono aspetti che riguardano il coinvolgimento dell’utente (grado
di accettazione della privacy,..), l’operatività (competenza richiesta,
tempi di riconoscimento,…), l’affidabilità (tasso di errore, condizioni
ambientali,..) ed altro ancora.
49
A volte è opportuno (o necessario) impiegare un mix di tecnologie
sullo stesso impianto, affidando agli apparati biometrici il compito di
controllare gli accessi a rischio più elevato.
Da alcuni anni, per prevenire il fenomeno della rapina, le banche
adottano con successo speciali mazzette civetta custodite insieme alle
normali mazzette di denaro nelle casseforti.
Le mazzette in questione sono dotate di un particolare dispositivo
elettronico che si attiva quando esse vengono portate fuori dai locali
della banca dai rapinatori, insieme al denaro rapinato.
Nel momento in cui il sacco, all’interno del quale vi sono i soldi e
la mazzetta civetta, attraversa la porta di uscita, un’unità trasmittente ivi
installata genera un campo magnetico, che aziona il dispositivo inserito
nella mazzetta.
Trascorso un prestabilito tempo, in genere pochi secondi, fuoriesce
un denso ed acre fumo di colore rosso che, oltre a macchiare
completamente tutte le banconote presenti nel sacco, non consente ai
rapinatori di trasportare lo stesso all’interno dell’auto, costringendoli ad
abbandonarlo in strada.
Il denaro macchiato potrà essere così recuperato e successivamente
fatto sostituire, secondo prestabilite procedure amministrative.
In sintesi, la gamma dei sistemi difensivi di volta in volta utilizzati
in funzione antirapina dagli istituti di credito comprende30:

Le protezioni degli accessi e perimetrali.
Vi figurano: bussole motorizzate con o senza metaldetector,
porte interbloccate, sistemi di controllo accessi biometrici, uscite
di emergenza con o senza magnete e/o segnalazione di allarme,
finestre e vetrine, dissuasori antisfondamento, rinforzi alle opere
murarie.

Le misure che puntano a disincentivare il rapinatore.
Mezziforti con timer, timebination, timedelay, sistemi di
frazionamento del denaro, cash in- cash out, posta pneumatica,
sistemi di colorazione delle banconote.
30
M. DEL FATTI, Rapine in banca: da UniCredito Italiano un segnale positivo, Sicurezza n. 2
febbraio 2000, p. 12
50

Le misure di segnalazione di evento.
Allarme
antirapina,
videosorveglianza,
all’esterno.

Le misure di ricostruzione degli eventi.
Impianti TVCC analogici o digitali.

I servizi di vigilanza.
Piantonamento antirapina, guardia
multibanca, videosorveglianza.
3.2. – SISTEMI
sensibilità
itinerante,
guardia
TELEVISIVI A CIRCUITO CHIUSO
Gli impianti di televisione a circuito chiuso (TVCC) sono impianti
costituiti da unità di ripresa, monitor ed apparati associati per
trasmettere e controllare quanto può essere necessario per la
sorveglianza di una determinata area di sicurezza31.
L’impianto nella sua generalità, è costituito da una serie di
telecamere poste sia all’esterno dell’area da proteggere e sia all’interno
dell’edificio.
Le unità di ripresa a loro volta fanno capo ad una centrale video,
che provvede alla gestione delle funzioni video e di quanto altro
programmato.
Le immagini riprese vengono riportate su apparati di
visualizzazione costituiti da monitor di 12” montati in appositi
contenitori metallici e vengono registrate tramite l’ausilio di un’apposita
unità di videoregistrazione, sempre sotto il controllo della centrale video
e secondo quanto in quest’ultima programmato.
Nella configurazione tipica di un sistema TVCC si può distinguere
l’unità di ripresa (telecamera, obiettivo ed accessori elettromeccanici), il
sistema di trasmissione, l’unità di visualizzazione (monitor), il sistema
di gestione (selettore ciclico, matrice, multiplexer, ecc.), il sistema di
videoregistrazione (analogico o digitale).
31
Norma CEI EN 50132-7 79-10
51
I sistemi televisivi a circuito chiuso nella pianificazione del
concetto di sicurezza globale, hanno la duplice funzione di fornire in
tempo reale al personale preposto alla sorveglianza immagini
dell’evento criminoso e di consentirne successivamente la
ricostruzione32.
Si tratta di una loro caratteristica peculiare che permette da un lato
di organizzare un intervento adeguato alla gravità di quanto si sta
verificando, dall’altro di fornire validi elementi per l’identificazione
degli intrusi e per l’analisi di come si è svolto il fatto.
Diventa pertanto indispensabile una loro interazione con impianti
di sorveglianza elettronica, che devono provvedere ad inviare i comandi
d’intervento per avere specificatamente le immagini dell’area da cui è
partito l’allarme.
La videoregistrazione rappresenta una componente essenziale nella
videosorveglianza e viene applicata come strumento di sicurezza e di
controllo.
La disponibilità di una documentazione certa dell’evento
verificatosi è uno strumento indispensabile d’indagine e pertanto svolge
una forte azione deterrente nei confronti di eventuali malintenzionati.
L’evoluzione tecnologica consente di realizzare apparecchiature
molto sofisticate e capaci di offrire una vasta gamma di prestazioni.
La telecamera è costituita da un dispositivo che converte
un’immagine ottica in un segnale video.
La telecamera deve essere di buona qualità, possedere ottiche ed
accessori adatti all’ambiente (per esempio illuminatore all’infrarosso per
compensare l’insufficienza di luce) e siano sistemate convenientemente
all’interno dei locali e delle aree presidiate33.
Se le telecamere sono collegate ad un videoregistratore in timelapse è opportuno che il VCR abbia caratteristiche tecniche tali da
assicurare registrazioni di buon livello (SVHS), venga custodito in
armadi blindati ad apertura a tempo per evitare la sottrazione delle
videocassette, non venga regolato ad una velocità inferiore a quella
occorrente per far girare in 12 ore una E 180 VHS e sia collegato ad
F. DATWYLER – G. PORAZZI – G. SICA, Ingegneria dei sistemi di sicurezza antintrusione,
EPC, 1993, pag. 137
33
E. GRAZIANO, Videoregistrazione e trattamento immagini a fini investigativi, Sicurezza n.8
ottobre 1998, pag.74
32
52
una centrale ciclica dotata di clock in uscita in modo da evitare la
perdita di fotogrammi utili: il VCR deve registrare non meno di 3-4
fotogrammi al secondo.
Le videocassette devono essere sostituite frequentemente per
evitare il degrado delle immagini in esse registrate.
La gestione del VCR comporta una serie di problemi organizzativi
e tecnici non facilmente risolvibili.
Si pensi alla sostituzione periodica della videocassetta e ad
operazioni tecniche tutt’altro che banali, quali la regolazione della
velocità e della periodicità della registrazione e la pulizia e il
riallineamento delle testine.
Troppo spesso queste operazioni non vengono eseguite alle
scadenze previste o non vengono eseguite affatto.
E’ auspicabile pertanto che i VCR siano progressivamente sostituiti
dai sistemi di videoregistrazione digitale (DVR).
I DVR sono in grado di fornire oggigiorno:
 la migliore risoluzione possibile rendendo circa il 30% di
risoluzione in più rispetto ad un S-VHS34;
 una qualità dell’immagine migliore in termini di rumore e
fermo immagine;
 un accesso alle immagini registrate più veloce con ricerca
per data e ora, nome impianto e nome telecamera;
 un passaggio istantaneo tra immagini “live” e immagini
“registrate”; una registrazione senza fine cioè con possibilità di
sovrascrittura della memoria video e scomparsa del problema del
cambio cassetta;
 parametri di registrazione individuali per telecamera ed
evento (tempo di registrazione, risoluzione dell’immagine, fattore
di compressione video, frame/rate, activity detector, allarmi
esterni, ecc.);
 perfetta integrazione con funzioni multiplexer, selezione
singola telecamera, multiscreen configurabile in termini di
34
C. GRANDIN, Videoregistrazione digitale. Tecnica, funzioni, vantaggi, IPS n.1 maggio 2000, p.22
53
numero di telecamere e di presentazione video, funzione di testo
integrabile nell’immagine, funzione di matrice video;
 copia delle immagini senza perdita di definizione,
trasportabilità in altri sistemi tipo PC e possibilità di un numero di
copie illimitato delle immagini;
 possibilità di controllo remoto e della trasmissione delle
immagini, ovvero poter trasmettere immagini a distanza
attraverso linee telefoniche (ISDN, GMS,...) o reti dati (Ethernet,
Token Ring,…); anche in questo caso il videoregistratore digitale
può essere pensato sempre più come concentratore video
periferico;
 basso rischio di errori dei punti deboli
(nastro
sbagliato,…);
 nessun costo di manutenzione ordinaria;
 sistema molto sicuro;
 gestione della registrazione integrata con eventi di allarme,
Activity Detector; transazione codici,…);
 multitasking, ovvero la possibilità di registrare, fare il
back-up dei dati, visionare le immagini e trasmettere nello stesso
tempo;
 possibilità di registrazione dell’audio; questa è una delle
novità di quest’ultimo periodo che permette di integrare un certo
numero di canali audio nel videoregistratore;
 possibilità di controllare remotamente telecamere
brandeggiabili.
Probabilmente l’uso di un videoregistratore digitale potrà
spaventare gli installatori poco abituati all’ambiente digitale, ma gli
enormi vantaggi di un DVR rispetto ad un videoregistratore analogico e
la direzione sulla quale tutta la tecnologia odierna (TVCC compresa) si
sta orientando, portano a considerare l’uso di un videoregistratore
digitale una scelta ormai naturale oltre che molto spesso obbligata.
Certo, nell’ipotesi di sola registrazione di un singolo segnale video,
la registrazione analogica è disponibile ad un costo minore.
54
Tuttavia le ulteriori caratteristiche precedentemente citate tipiche
della DVR non sarebbero in questo caso disponibili.
In ordine all’impiego degli apparati DVR, sono stati sollevati
alcuni dubbi sulla utilizzabilità nel processo penale delle immagini da
essi registrati.
3.3. -
CHECK LIST PER IL CONTROLLO DEL LIVELLO DI
SICUREZZA IN UN ISTITUTO DI CREDITO
La soluzione razionale di ogni problema, compreso quello della
sicurezza, richiede, oltre alla disponibilità di informazioni corrette ed
esaurienti, la capacità di interpretare correttamente queste ultime alla
luce di una teoria e secondo un metodo35.
La teoria si propone lo scopo di individuare le componenti
fondamentali di un problema di sicurezza, definirne le caratteristiche ed
analizzare le relazioni che le governano.
Il metodo, che tiene conto della teoria ed è ad essa coerente, vuole
fornire uno schema ragionativo utile al processo decisionale ed uno
schema applicativo utile al processo organizzativo, tali da consentire
decisioni razionali e coerenti al problema da affrontare.
Il contesto di sicurezza può essere considerato come il risultato (o
stato di fatto) di una data situazione protettiva, che nasce da tre
presupposti:
- l’esistenza di un bene (B);
- l’ipotesi che questo bene possa subire un danno per effetto
di una minaccia (M);
- e la necessità o volontà di protezione (P) del bene stesso.
S = f (B, M, P)
Un approccio conveniente per valutare il livello di sicurezza di un
istituto bancario, consiste nell’utilizzare una serie di domande
35
G. MANUNTA, Teoria e metodologie di sicurezza, in Criminologi applicata per la investigazione e
la sicurezza a cura di A. Balloni e R. Bisi, pag.88, Ed. F.Angeli
55
prestabilite (check list), composte ad hoc a seconda della natura del
problema (meccanico, elettrico, comportamentale, relazionale,…).
La check list più elementare è composta dalle classiche domande:
CHI, CHE COSA, QUANDO, DOVE, COME, PERCHE’?
ed integrata da una serie di quesiti di questo tipo:
- cosa c’è che non va?
- perché rappresenta il problema?
- qual è la reale sostanza del problema?
- in quali elementi potrebbe essere scomposto?
- quale potrebbe esserne la causa?
- cosa voglio ottenere?
- dove voglio arrivare?
La valutazione del livello di sicurezza deve essere fatta da
personale esperto in security, che è in grado di applicare la metodologia
analitico – valutativa, di stimare il valore da proteggere e di confrontarsi
poi con i responsabili aziendali per impostare la politica di sicurezza.

Parte prima - I rilievi impiantistici36
- Rilievo delle difese antifurto esistenti:
1.
L'accesso all'insediamento è protetto da porte
blindate o da altre chiusure di sicurezza, poste su tutte le vie di
possibile penetrazione, incluse le finestre (grate, serrande, ecc.)?
2.
Esiste un sistema di protezione antintrusione, in
grado di rivelare tentativi di effrazione notturni od impedire i
movimenti di malintenzionati, che siano riusciti a farsi richiudere
od a penetrare in un ambiente qualsiasi dell'insediamento?
36
A. BIASIOTTI, Traccia di check list per il controllo del livello di sicurezza delle dipendenze
bancarie, con o senza caveau, www.securcomp.com
56
3.
Esiste un sistema di protezione antieffrazione del
caveau, in grado di proteggere tutta la zona circostante e le pareti
in muratura?
4.
Esiste un rilevatore di effrazione sulla cassa continua
e/o sul Cash Dispenser od altro dispositivo automatico,
contenente valori?
5.
In caso di attivazione dell'impianto di allarme,
esistono altri mezzi, oltre la sirena, per far giungere l'allarme alle
forze dell'ordine?
6.
I mezzi forti (Porta forte del caveau, cassa continua,
Cash Dispenser, cassaforte di agenzia) sono dotati di Timelock?
- Rilievo delle misure di sicurezza degli apparati informatici
di dipendenza:
1.
Il server di dipendenza è esposto a rischi di origine
naturale, come allagamenti, smottamenti e simili?
2.
Il server è soggetto ad infiltrazioni di acqua dai piani
superiori (tubazioni con acque chiare o scure)?
3.
Il server è ubicato in locali chiusi a chiave, ed isolati
nottetempo, se non presidiati?
4.
Esiste un filtro per l'accesso al server (ad esempio
una porta con serratura)?
5.
L'alimentazione elettrica al server è assicurata da un
gruppo di continuità?
6.
Il server è protetto da un impianto di rivelazione
incendi, sempre in funzione?
7.
L'accesso ai dati ed ai programmi è basato su un
sistema di controllo accessi, ad esempio basato su parole chiave
(password)?
57
8.
Vengono
realizzate
automaticamente
regolarmente delle copie di back up di dati e programmi?
e/o
9.
Le copie di back up vengono conservate in altro
insediamento in modo sicuro?
10.
Esiste una procedura di gestione delle squadrature
contabili, che permette di chiudere la contabilità elettronica, al
termine della giornata di negoziazione?
11.
Esiste e viene rispettata una procedura per la
distruzione degli stampati obsoleti e contenenti dati riservati?

Parte Seconda - Le Valutazioni Procedurali e di
Comportamento
- Valutazioni all'esterno della dipendenza:
1.
Verificare che tutte le finestre e porte, che possono
rappresentare un rischio per la sicurezza, siano rifermate
dall'interno (si potrebbe introdurre una pistola da un vasistas
socchiuso). Verificare in particolare le finestre dei gabinetti;
verificare che le condizioni di manutenzione e funzionamento di
serrande avvolgibili; verificare la condizione delle grate
metalliche fisse.
2.
Verificare l'esistenza di difese antisfondamento ed il
rispetto di specifiche disposizioni in merito (ad esempio la
raccomandazione che i dipendenti parcheggino la loro vettura
davanti alle vetrine, a protezione delle stesse).
3.
Se è previsto il presidio di una guardia particolare
giurata, verificare l'ora del suo arrivo e confrontarla con l'orario
eventualmente stabilito. Verificare anche l'esistenza di un regolare
contratto con l’ indicazione delle modalità di resa del servizio.
4.
Osservare attentamente il comportamento della
guardia giurata durante il giorno, e confrontare le proprie
58
valutazioni con quelle richieste al responsabile dell'insediamento,
onde accertare il suo grado di sensibilità al problema specifico.
5.
Verificare che tutte le aperture potenzialmente a
rischio siano protette e, se no, verificare quali iniziative ha preso
in merito il responsabile dell'insediamento.
6.
Controllare lo stato di cerniere, serrature, catenacci
lucchetti di ogni tipo, sul perimetro dell'agenzia. Dovranno essere
tutti in buono stato, senza segni di ruggine e senza segni apparenti
di sollecitazione anormale (indici di scarsa manutenzione e di
tentativi di forzamento non rilevati in precedenza).
7.
Verificare che tutti i dipendenti entrino ed escano
attraverso i varchi autorizzati, rispettando le procedure di
sicurezza anti-imboscata e che nessuno utilizzi varchi non
sufficientemente protetti e/o non autorizzati.
- L’area di ingresso:
1.
Verificare il corretto funzionamento della porta, in
particolare accertarsi che il chiudiporta funzioni con dolcezza e
con sicurezza.
2.
Verificare il funzionamento di tutti gli interblocchi
tra le porte.
3.
Verificate con gli appositi strumenti di prova la
taratura del rilevatore di metalli (N.B. Usare un test go-no go per
verificare la correttezza della taratura).
4.
Verificare le condizioni della cassettiera e dei porta
ombrelli (tutte le chiavi presenti e funzionanti).
5.
Intervistare uno o più dipendenti addetti alla gestione
dell'ingresso, verificando la loro preparazione in merito al
comportamento da tenere in caso di:
59
richiesta d'ingresso di persona in uniforme
delle Forze dell'Ordine, che fa scattare il rivelatore di
metalli;
o
richiesta d'ingresso di persona con stampelle
od altri palesi oggetti metallici;
o
richiesta d'ingresso di persona che fa mostra di
non capire la lingua italiana.
o
6.
Verificare il funzionamento della porta di emergenza
(sbarra antipanico ed eventuali chiavi di sicurezza).
- Gli impianti self service:
1.
Verificare il corretto funzionamento del lettore di
tessera, sulla porta, e delle segnalazioni ottiche.
2.
Verificare lo stato di pulizia dell'ambiente.
3.
Verificare le condizioni di leggibilità del monitor
dell'ATM (polvere che si accumula sotto lo schermo produttivo),
le condizioni della tastiera e l'apparenza generale del dispositivo
(eventuali segni di attacchi vandalici).
4.
Verificare il regolare funzionamento della Cassa
Continua, l'apparenza generale del dispositivo (segni di atti
vandalici).
5.
Verificare come sopra eventuali altri apparati self
service presenti.
- L'area di negoziazione:
1.
Verificare la buona visibilità di ogni angolo della
sala, dai posti operativi e l'assenza di pannelli, mobili od altri
ostacoli, onde evitare che qualcuno si possa celare dietro.
60
2.
Verificare il funzionamento e le condizioni di
manutenzione della separazione tra aree pubbliche ed aree
impiegati.
3.
Verificare la possibilità di osservazione dei
movimenti dei dipendenti da e per la cassaforte, da parte di
persone che stazionino in sala di negoziazione.
4.
Verificare le modalità di conservazione di titoli di
qualsiasi tipo e di contanti (sui tavoli, in cassetti aperti), visibili
dalla sala.
5.
Verificare la possibilità di fuga dei rapinatori da
uscite secondarie, visibili dalla sala di negoziazione o facilmente
osservabili dall'esterno.
6.
Verificare il posizionamento delle telecamere, che
non devono poter essere riorientate e coperte da malintenzionati.
- Le aree interne bancarie:
1.
a rischio.
Verificare dall'interno la chiusura di tutte le aperture
2.
Verificare le modalità di conservazione di titoli di
qualsiasi tipo e di contanti (sui tavoli, in cassetti aperti), non
visibili dalla sala, ma visibili da visitatori che abbiano accesso al
back office.
3.
Verificare l'isolamento acustico delle aree destinate
alla negoziazione riservate.
4.
Verificare che nessuna chiave di porta od ambiente
uso archivio sia legata alla sua copia ed infilata nella toppa.
5.
Verificare che i gabinetti siano chiudibili dall'interno
solo con catenaccio e non con chiavi (rischio di segregazione).
61
- La gestione dell'impianto antintrusione, antirapina e di
video registrazione:
1.
Verificare l'esistenza del manuale di istruzione,
verificare che i dipendenti incaricati conoscano bene la manovra
del centralino (ad esempio indicare un segnalatore ottico od un
tasto e chiedere che funzioni svolge).
2.
Verificare che il responsabile dell'insediamento
disponga di copia del contratto di manutenzione, che abbia copia
delle bolle di intervento (chiedere di esaminare le ultime due
bolle) e che conosca a perfezione l’ ubicazione di tutti i sensori ed
i circuiti di allarme (ad esempio, per quanto tempo resta in
funzione la sirena?). Se l'allarme è inviato su selezionatore
telefonico, chiedere quali numeri sono impostati.
3.
Effettuare una prova di funzionamento dell'impianto
antirapina antintrusione (opzione).
4.
Verificare che i dipendenti conoscano l'ubicazione
dei pulsanti antirapina (attenzione: almeno uno deve essere
nell'ufficio del direttore).
5.
Verificare che tutti i dipendenti abbiano ad
immediata portata di mano il questionario di riconoscimento di
persone sospette e sappiano come comportarsi in caso di pericolo.
6.
In caso di ronda notturna, verificare che il
responsabile dell'insediamento effettui un controllo sulla ronda
(ritiro bigliettino e controllo di orologio punzonatore).
7.
Verificare che il responsabile sappia leggere
correttamente le indicazioni dell'orologio timbratore e che i dischi
siano archiviati in modo ordinato.
8.
Verificare che il responsabile allestisca "trappole"
atte a controllare la efficacia della ronda notturna e mattutina, se
prevista (scatoloni in mezzo al corridoio, lampade svitate, pezzi di
nastro adesivo sulle porte, ecc.).
62
9.
Verificare la completezza della copertura delle aree
di rischio, riprese dalle telecamere dell'impianto TVCC.
10.
Verificare la qualità dell'immagine dell'impianto
TVCC (se non si riconosce nessuno, non serve a nulla!) sia in
osservazione diretta che in osservazione di riprese precedenti
(qualità della registrazione - mettersi nei panni di un poliziotto
che debba cercare di identificare dei malviventi).
11.
Verificare le modalità di conservazione dei nastri nei
15 giorni precedenti (disposizioni antirapina dell'ANIE).
- La gestione dei mezzi forti:
1.
Verificare la temporizzazione
casseforti antirapina di ogni singola cassa.
impostata
sulle
2.
Verificare la temporizzazione impostata su altri
mezzi forti.
3.
Verificare le condizioni in cui viene tenuta la
cassaforte, durante la normale attività di negoziazione (tesoretto
racchiuso a chiave? Sportello chiuso a chiave, ma non
combinazione?).
4.
Verificare le condizioni della chiave o delle chiavi
(denti piegati e/o usurati).
5.
Verificare come vengono custodite le chiavi durante
la negoziazione.
6.
Verificare come vengono custodite le chiavi alla fine
della giornata di negoziazione.
7.
Verificare la esistenza e la chiara leggibilità degli
adesivi che mettono in guardia sulla presenza di dispositivi a
tempo (all'ingresso, sui posti di lavoro, su ogni singola cassa
continua).
63
8.
Nel caso di uso di serratura a chiavi cambiabili
verificare da quanto tempo sono state cambiate le chiavi.
9.
Nel caso di uso di serratura a combinazione verificare
da quanto tempo sono stati cambiati i codici.
- La gestione del caveau (dei caveau):
1.
Verificare che durante la negoziazione la porta forte
sia aperta, i catenacci espansi, le chiavi asportate, come misura
anti segregazione.
2.
a chiave.
Verificare che il cancelletto sia sempre tenuto chiuso
3.
Verificare l'esistenza ed il rispetto delle procedure di
accesso per i clienti.
4.
Verificare il rispetto delle procedure di accesso per i
dipendenti.
5.
Verificare, all'interno del caveau, che le cassette
utilizzate come deposito per i cassieri e di valori della banca non
siano riconoscibili da particolari segni di usura (se del caso
cambiare le cassette a rotazione).
6.
Far chiudere la porta forte in propria presenza e far
riaprire utilizzando la sola combinazione, per verificare che il
responsabile dell'insediamento non l'abbia scritta su un pezzo di
carta, ma la ricordi a memoria.
7.
Si accerti che il Timelock venga sempre caricato da
due persone diverse (vale per tutti i Timelock).
8.
Verificare che i dipendenti, nella scelta della
combinazione, abbiano seguito le raccomandazioni impartite onde
evitare sequenze omogenee ecc.
9.
Verificare da quanto tempo è stata cambiata la
combinazione dei mezzi forti.
64
10.
Ove il tesoro banca ed il caveau siano separati,
verificare gli orari di chiusura del secondo (in genere, appena
possibile).
- La gestione del contante:
1.
Verificare l'esistenza, il grado di conoscenza ed il
rispetto delle modalità impartite dalla direzione, attinenti la
gestione del contante.
2.
Verificare se la giacenza nei cassetti di pronto
impiego supera il limite stabilito, anche in relazione alla specifica
giornata di negoziazione, in cui si svolge l’ispezione.
3.
Verificare se la giacenza nel ripostiglio ad accesso
temporizzato della cassaforte antirapina supera il limite stabilito,
anche in relazione alla specifica giornata di negoziazione, in cui si
svolge l’ispezione.
4.
Verificare se la giacenza nel Bancomat supera
l'importo ragionevolmente necessario fino alla prossima ricarica.
- La difesa antincendio ed antinfortunistica:
1.
Verificare il numero e la distribuzione degli estintori.
Verificare l'aggiornamento del controllo (ogni 6 mesi). Verificare
se i dipendenti conoscono le modalità di uso e sanno indicare
dove si trovano gli estintori. Verificare che siano al posto giusto
(e non usati come fermaporta).
2.
Verificare che non vi siano accumuli di materiali
infiammabili nel sottoscala o in ripostigli (cartoni, fogli di
plastica, detriti in genere).
3.
Verificare che vi sia una cassetta di pronto soccorso,
che i dipendenti sappiano dov'è e che i presidi sanitari siano
completi.
65
- I rapporti con le forze dell'ordine e i direttori di agenzie
sulla piazza:
1.
Verificare che il responsabile dell'insediamento abbia
sottomano tutti i numeri telefonici di emergenza (PS, CC, VV FF,
Pronto Soccorso).
2.
Verificare che il responsabile dell'insediamento
conosca il nome dei responsabili delle Forze dell'Ordine ed abbia
con essi dimestichezza diretta (chiedere quando l'ha incontrato
l'ultima volta).
3.
Verificare che il responsabile dell'insediamento
conosce il cronista del giornale locale e quali sono i suoi rapporti
con lui (può "ammorbidire" i servizi giornalistici in caso di atto
criminoso).
4.
Verificare che il responsabile dell'insediamento abbia
concordato con le Forze dell'Ordine un piano di intervento, in
caso di aggressione (ha consegnato le piantine dell'insediamento?
Ha già indicato quali sono le vie di fuga?).
5.
Verificare che il responsabile dell'insediamento abbia
concordato con le Forze dell'Ordine una parola d'ordine, in caso
debba essere costretto a parlare sotto coercizione.
6.
Verificare il grado di conoscenza del responsabile
dell'insediamento nei confronti delle difese delle agenzie bancarie
sulla piazza e verificare il tipo di rapporto che egli ha con i
direttori, per quanto riguarda la sicurezza (includere anche il
Direttore dell'Ufficio Postale).
- Le procedure elettroniche:
1.
Chiedere ad un paio di dipendenti da quanto tempo
hanno cambiato le parole chiave loro assegnate e se hanno
ricevuto istruzioni su come sceglierle.
66
2.
Chiedere ad un dipendente qualsiasi di indicare
l'ubicazione di un estintore, se ha mai avuto occasione di usarlo e
se no, se ritiene di esser capace di usarlo, in caso di necessità.
3.
Verificare se esiste un regolare contratto di
manutenzione per i sistemi di prevenzione incendio e di sicurezza
del server, e chiedere quando è stata fatta l'ultima ispezione.
4.
Chiedere quando è stata fatta l'ultima copia completa
di back up dei dati e dei programmi del server.
5.
Chiedere quando è stata compiuta l'ultima distruzione
di documenti obsoleti e riservati.
- Varie:
1.
Verificare
che
almeno
il
responsabile
dell'insediamento conosca le modalità di comportamento in caso
di ricezione di telefonate minatorie (minacce di bombe) o
estorsive. Verificare che i dipendenti conoscano le modalità di
trasporto dei valori sia a piedi che in vettura normale.
2.
Verificare l'esistenza, ed il rispetto di procedure
specifiche durante la fase di movimentazione dei valori in proprio
o a mezzi di servizio di istituti di vigilanza.
3.
Verificare le modalità di accesso del personale
addetto alle pulizie, se esso accede fuori dell'orario di lavoro.
4.
Esaminare l'ubicazione dell'archivio e le modalità di
controllo dell'accesso.
5.
Chiedere se esiste un funzionario, individuato come
responsabile della sicurezza e chiedere quando è stata fatta
l'ultima riunione, in cui sono stati affrontati temi di sicurezza.
6.
Chiedere se i dipendenti hanno ricevuto specifiche
istruzioni di comportamento in caso di rapina o minacce, e
verificare se ciò è avvenuto per iscritto od a voce.
67
Questo questionario è una traccia molto utile e può essere
utilizzato, oltre che per progettare un sistema di sicurezza, anche per
valutare il livello di sicurezza dell’istituto bancario, ad es. attribuendo
un giudizio ad ogni domanda alla fine si avrà un punteggio significativo
che potrà andare da insufficiente a ottimo.
3.4 -
ENTITA’ DEL FENOMENO RAPINA NEGLI ISTITUTI
DI CREDITO
Le perdite economiche conseguenti al fenomeno della rapina
risultano ogni anno piuttosto rilevanti37.
La rapina continua a rappresentare, in tema di security, il tipo di
rischio più elevato per le aziende di credito38.
Numerosi i fattori che contribuiscono a creare questo scenario:
 la frequenza elevata di accadimento;
 il danno economico diretto;
 il danno di immagine che l’azienda di credito subisce nei
confronti della clientela in relazione alla presunta incapacità di
fornire sicurezza nelle proprie sedi;
 il danno che scaturisce dalla conflittualità sindacale
derivante dalla recrudescenza del fenomeno;
 l’eventuale contenzioso derivante dai fatti di sangue;
 l’eventuale danno psicologico a cui vanno incontro sia gli
addetti agli istituti di credito che gli utenti che ne rimangono
coinvolti.
37
M. MESSINA, Le metodologie di prevenzione della rapina nelle agenzie bancarie, op.cit.
68
Le statistiche evidenziano chiaramente come la rapina rappresenta,
tra i reati contro il patrimonio, quello che nell’ultimo decennio ha subito
la crescita più alta.
Nell’ 87% dei casi l’obiettivo del rapinatore è il denaro contante e
soltanto il 3% delle rapine interessa attività commerciali di preziosi e
pellicce.
Negli anni ’70 l’esplosione del fenomeno delle rapine ad opera
della criminalità organizzata trova impreparati sia gli istituti di credito
che lo stato, tanto che le forze dell’ordine furono impiegate a massa
nella vigilanza delle banche39.
Nell’ultimo decennio il fenomeno delle rapine ha subito sostanziali
modificazioni tanto che oggi il fenomeno non è più attribuibile come nel
passato alla criminalità organizzata, ma alla criminalità comune.
Non più gruppi organizzati dotati di armi e disposti a uccidere, ma
azioni di singoli individui che utilizzano di solito armi improprie o
addirittura armi giocattolo.
Da sempre le banche sono impegnate in un’ attività di contrasto al
fenomeno criminoso delle rapine; attività che le ha portate nel corso
degli anni ad investire con continuità in misure di protezione che, di
volta in volta, sembravano essere in grado di assicurare il maggior
effetto deterrente possibile.
Il confronto con la criminalità è, però, anche in questo campo
caratterizzato dalla necessità di affinare continuamente tecniche e
metodologie in modo da riuscire a contrastare efficacemente le
evoluzioni del fenomeno criminoso.
E’ così accaduto che per un certo periodo, le bussole con metal
detector sembravano essere in qualche misura riuscite a contrastare il
fenomeno rapina, le statistiche abbiano ricominciato a registrare un
netto incremento sia nel numero degli attacchi portati a termine che
nell’entità del bottino asportato, a seguito del diffondersi delle armi
realizzate in leghe non metalliche o del moltiplicarsi delle rapine fatte
con armi improprie quali ad esempio, coltelli, siringhe, bastoni, ecc..
38
39
M. DEL FATTI, Rapine in banca: da UniCredito Italiano un segnale positivo, op.cit.
A. GIANNI, Saluto del Questore di Bologna , Inserto a Polizia Moderna n.1 – 1998, p.5
69
La situazione si è andata aggravando fino a che nel 1996 all’Italia
è toccato il poco invidiabile ruolo di primo paese in Europa sia per il
numero delle rapine in banca che per l’ammontare del bottino medio:
Rapine consumate in Italia nel periodo ‘90/’99 (dati ABI)
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
1.161
1.869
1.722
1.856
1.723
1.846
2.141
2.201
2.958
2.906
+ 61%
- 7,9%
+ 7,8%
- 7,2%
+ 7,1%
+ 16%
+ 2,8%
+ 34,4 %
- 1,8%
Basti pensare che nel ’96 nel nostro paese è avvenuto oltre il 30%
di tutte le rapine a sportelli bancari registrate in Europa, durante le quali
è stato asportato circa il 40% del bottino complessivo di tutti gli attacchi
registrati.
La gravità della situazione diventa ancora più evidente, se si
considera che solo il 10% degli sportelli bancari attivi in Europa operava
sul territorio italiano.
Il ’98 è stato l’ “annus horribilis” per gli istituti di credito che
hanno subito circa tremila rapine su tutto il territorio nazionale, con un
incremento del 34%.
Nel ’99 si è avuta una flessione del fenomeno rapine a livello
nazionale.
Per quanto riguarda i dati riferiti alle regioni, in Emilia Romagna
nel periodo ’97-’99, il fenomeno rapine ha fatto un balzo in avanti:
70
Rapine consumate in Emilia- Romagna nel periodo ’97-’99 (dati
forniti dall’ ABI)
1999
1998
1997
EMILIA – ROMAGNA
Province di:
Bologna
Ferrara
Forlì – Cesena
Modena
Parma
Piacenza
Ravenna
Reggio – Emilia
Rimini
305
305
221
101
12
32
33
22
16
35
22
32
104
16
27
52
18
15
28
22
23
83
8
23
30
9
4
21
12
31
Anche nella città di Forlì si sta registrando un aumento delle rapine
agli istituti di credito : 5 rapine nel ’97, 8 nel ’98, 9 nel ’99 (dati ABI).
In ogni modo, gli istituti di credito non sono rimasti spettatori
passivi e il confronto sulle contromisure da adottare si è fatto sempre
più serrato.
Quali le metodologie da loro generalmente seguite nell’approccio
al problema?
Presupposto di partenza, condiviso in modo pressoché unanime dai
responsabili della security di istituti di credito, è la convinzione che
l’attività di contrasto al fenomeno criminoso delle rapine richieda un
approccio globale al rischio e risposte integrate in cui siano presenti sia
componenti “hard” di organizzazione, che componenti “soft” di una
costante sensibilizzazione del personale.
La soluzione di volta in volta individuata, punta a costituire un
insieme coordinato ed omogeneo di misure di protezione di tipo fisico,
logico e organizzativo.
Per tutelarsi l’azienda banca deve innanzi tutto provvedere a dotarsi
di una “filosofia” antirapina intesa come insieme di sistemi di difesa e
di norme volti a limitare gli effetti dannosi del fenomeno.
71
Una filosofia che, in genere, è rappresentata da un quadro di
standards frutto di una precedente analisi dei rischi basata su un esame
storico del fenomeno e sulla valutazione delle sue possibili evoluzioni.
Tra i requisiti essenziali della filosofia prescelta, la flessibilità in
quanto “conditio sine qua non” per consentire un costante adeguamento
degli strumenti individuati all’evoluzione del fenomeno da cui si intende
proteggersi.
Il tutto nella consapevolezza che, essendo impossibile eliminare
completamente il rischio rapina, è necessario operare preventivamente
scelte precise per quanto si riferisce al danno che tali rischi possono
causare ed alla loro presunta frequenza.
In un corretto approccio al problema della protezione antirapina di
un istituto di credito, la scelta della filosofia rappresenta soltanto la
prima tappa di un processo che deve inoltre prevedere:
 la redazione di una normativa complessiva nella specifica
materia;
 la formazione del personale;
 la collaborazione alla progettazione degli sportelli bancari;
 la scelta dei sistemi difensivi da adottare;
 le attività di collaudo e controllo.
Da un’ indagine effettuata dall’ABI sui sistemi di ripresa presenti
negli sportelli bancari in Italia, è emerso che sono presenti presso il 69%
degli sportelli e sono i sistemi più diffusi.
72
Sistemi di Ripresa (dati forniti dall’ABI)
Numero sportelli
Numero impianti
Abruzzi
123
132
Basilicata
50
52
Calabria
141
156
Campania
918
969
Emilia – Romagna
1160
1205
Friuli – Venezia – Giulia
315
337
Lazio
1054
1132
Liguria
427
513
Lombardia
2347
2715
Marche
246
268
Molise
53
58
Piemonte
940
1061
Puglia
641
684
Sardegna
131
147
Sicilia
690
761
Toscana
1038
1094
Trentino – Alto – Adige
39
47
Umbria
153
172
Valle D’Aosta
29
32
Veneto
942
12
______________________________________________________
Totali
11.437
12.547
73
CAPITOLO 4
COSA SUCCEDE DOPO UNA RAPINA IN BANCA?
Dopo che è successa una rapina in un istituto di credito,
intervengono le forze dell’ordine per effettuare i rilievi tecnici necessari
per acquisire elementi e risalire alla identificazione dei rapinatori.
La Polizia Scientifica sequestra la videocassetta presente
nell’impianto di videoregistrazione e la analizza, secondo una propria
metodologia.
Alcuni fotogrammi delle immagini degli autori della rapina
vengono estrapolati e si crea una “scheda rapina”, con tipo e dinamica
dell’evento, orario, foto dei rapinatori e se sono stati identificati.
Con queste immagini, è stata creata sin dal 1991 presso il
Gabinetto di Polizia Scientifica dell’Emilia Romagna una Banca Dati
Rapine che ha lo scopo di agevolare l’identificazione dei rapinatori (di
banche prevalentemente) attraverso l’analisi e la circolazione delle loro
immagini.
4.1 -
SOPRALLUOGO TECNICO DELLA POLIZIA
SCIENTIFICA
I rilievi tecnici sono atti tipici della polizia scientifica disciplinati
dall’art. 354 c.p.p. e finalizzati alla fissazione dello stato di luoghi ed
all’acquisizione di tracce e cose pertinenti il reato40.
Sono ricompresi, generalmente, nel complesso organico di attività
che costituiscono il sopralluogo tecnico che si esegue nel luogo ove è
stato commesso il reato, sul percorso di fuga o in altri posti comunque
interessati dalla dinamica criminosa.
Se necessario, però, i rilievi possono essere realizzati in laboratorio
(ad esempio la ricerca di impronte digitali su oggetti trasportabili, con
40
E. GRAZIANO, Polizia Scientifica e criminalistica, in Criminologia applicata per la
investigazione e la sicurezza a cura di A. Balloni e R. Bisi,op.cit., p. 369,
74
tecniche chimiche o il prelievo di residui dello sparo su superfici
cutanee o su indumenti).
Il sopralluogo tecnico, che si effettua dopo una rapina in banca,
deve seguire precise regole dettate dall’esperienza e dalla tecnica per
rilevare gli elementi utili alla ricostruzione del fatto criminoso ed
all’identificazione dei colpevoli e per evitare la dispersione delle tracce.
In via preventiva si dovrà impedire che venga toccato, spostato o
modificato alcunché sino a che non siano esaurite le operazioni previste.
La salvaguardia delle tracce dovrà essere curata, se del caso, anche
all’esterno dei locali.
Premesso che dovrà essere rapidamente ispezionato il percorso di
fuga alla ricerca di ogni elemento utile, sarà opportuno delimitare,
comunque, con apposito nastro l’area immediatamente adiacente
all’ingresso per evitare manipolazioni delle superfici esterne delle porte
d’accesso ove potrebbero rilevarsi impronte digitali.
La zona di salvaguardia delle tracce dovrà essere ampliata nel caso
di scontri a fuoco o colluttazioni all’esterno della banca.
I rilievi veri e propri inizieranno con le riprese fotografiche e con
videocamera degli ambienti, con particolare riguardo alla porta di
ingresso ed alle zone in prossimità del bancone, delle casse, della
cassaforte, del bancomat, zone più frequentemente percorse da
rapinatori, fissando così il quadro materiale complessivo dell’azione
criminosa, prima che venga modificato dalle successive operazioni per
la repertazione di oggetti e tracce.
Se l’istituto rapinato è presidiato da un impianto di videoripresa a
circuito chiuso, il tempestivo esame della videocassetta può agevolare
gli operatori della polizia scientifica nella ricerca di elementi utili.
Si possono rilevare anzitutto dati preziosi sulla fisionomia e gli
indumenti indossati dai rapinatori, nonché sulla localizzazione delle
tracce; potrà essere inoltre calcolata, sia pure approssimativamente, la
statura dei rapinatori stilizzando come parametri punti di riferimento
presenti nell’ambiente.
La videocassetta sarà poi sequestrata per i successivi riversamenti
ed estrapolazioni di immagini.
Se la banca non ha un impianto di videoripresa i dati somatici dei
rapinatori potranno essere desunti dalle informazioni fornite da clienti
75
ed impiegati e visualizzati nell’identikit, che sarà realizzato con l’ausilio
di apposite apparecchiature elettroniche.
Le informazioni di clienti ed impiegati, insieme alle eventuali
immagini registrate, potranno essere utilizzate, inoltre, per orientare
meglio la ricerca delle tracce.
Sulla scorta di tali indicazioni, si concentrerà l’attenzione sulle
superfici che risulteranno essere state toccate dai malviventi, le quali
verranno cosparse di polveri per la rivelazione di impronti digitali latenti
che saranno poi asportate con appositi adesivi.
La rivelazione di impronti digitali su oggetti trasportabili potrà
essere più efficacemente eseguita in laboratorio con reagenti chimici.
Dovranno essere fotografate eventuali impronte di calzature e si
dovranno ricercare ed acquisire per successivi esami di laboratorio,
oggetti e tracce di ogni tipo: capelli, pezzi di stoffa, frammenti di carta e
qualsiasi cosa proveniente dai rapinatori.
Saranno repertate con particolari cautele, per evitarne l’alterazione,
eventuali tracce di sangue o di altre sostanze organiche.
Se sono state utilizzate armi da fuoco si procederà alla ricerca e alla
repertazione di bossoli e proiettili ed al calcolo delle traiettorie in base ai
punti di impatto dei proiettili.
I rilievi tecnici vanno estesi all’auto utilizzata per la fuga se
recuperata: dovrà essere acquisita ogni traccia utile e si eseguirà
all’interno dell’abitacolo un’accurata ricerca di impronti latenti,
preferibilmente con vapori di cianoacrilato e, per questo, di solito, l’auto
viene spostata con un carro attrezzi in un luogo idoneo; è quindi
opportuno effettuale sul posto la rilevazione di impronte latenti sulle
superfici esterne, in particolare sui vetri con la tradizionale polvere
Argentoratum, poiché nelle fasi di caricamento dell’auto sul carro
attrezzi le impronti potrebbero essere cancellate.
Particolare cura dovrà essere prestata all’osservazione ed alla
documentazione della modalità di sottrazione dell’auto: una lunga serie
di rapine perpetrate in Emilia Romagna negli anni scorsi sono state
collegate tra di loro in base alla circostanza che le auto usate dai
malviventi risultavano rubate con un sistemi in edito che consentiva
nell’avviare il commutatore di accensione con una scheda SIP
opportunamente ritagliata.
76
Le operazioni di repertazione devono essere precedute da accurate
riprese fotografiche, anche macro, dei singoli oggetti e delle singole
tracce, così come si rinvengono, e dalla misurazione della loro distanza
da punti fissi significativi in modo da consentire la ricostruzione quanto
più precisa possibile della dinamica del crimine.
Tutte le operazioni eseguite dovranno essere annotate
minuziosamente e i luoghi, le cose e le tracce dovranno essere oggetto di
ampia descrizione.
Il verbale di rilievi tecnici, eseguiti in sede di sopralluogo,
normalmente non viene redatto sul posto ma successivamente in ufficio,
sulla base delle annotazioni relative alle singole operazioni.
Tale prassi, che trova legittimazione nell’art. 373 comma 4 del
c.p.p., è giustificata dall’esigenza di raccordare organicamente la parte
descrittiva con la documentazione fotografica; il verbale di sopralluogo
tecnico non deve limitarsi ad una elencazione delle operazioni eseguite,
ma costituire un resoconto ragionato dell’attività svolta.
I dati tecnici acquisiti vanno classificati e sistemati in modo da
renderli facilmente fruibili.
Per conseguire quest’ obiettivo è decisiva la disponibilità di
apparecchiature informatiche e di software appropriato.
4.2 -
BANCA DATI RAPINE
Per utilizzare in modo ottimale i dati acquisiti nel corso delle
indagini tecniche svolte per singole vicende criminose è stata costituita
presso il Gabinetto regionale di polizia Scientifica dell’Emilia Romagna
la Banca Dati Rapine41.
I rapinatori di banche in Emilia Romagna provengono spesso da
altre regioni e tendono a reiterare le loro imprese criminose in più
località, con l’ovvia conseguenza che l’azione investigativa volta a
identificarli, per essere veramente efficace, deve basarsi sulla
condivisione dei dati acquisiti nel corso delle indagini svolte per le
singole rapine.
41
E. GRAZIANO, Una Banca dati contro le Rapine, Polizia Moderna n.8/9 – 1999, p.58
77
Muovendo da tali considerazioni è stata istituita nel 1991, presso il
Gabinetto regionale di Polizia Scientifica dell’Emilia Romagna una
Banca Dati Rapine per agevolare, attraverso l’analisi e la circolazione
delle loro immagini, l’identificazione dei rapinatori, all’interno di un
piano organico di contrasto che prevede interventi di uffici investigativi
diversi.
La banca dati rapine contiene, sia pure in numero molto esiguo,
anche le immagini relative a rapine in danno di uffici postali, gioiellerie,
supermarket ed altri esercizi presidiati da telecamere.
Le immagini degli autori delle singole rapine sono digitalizzate e
memorizzate nel computer, con un apposito programma che prevede
anche la contestuale memorizzazione dei loro dati somatici rilevabili
dalle immagini stesse o dalle dichiarazioni testimoniali, nonché dei dati
relativi al “modus operandi” e ai mezzi utilizzati.
Oltre alle immagini dei rapinatori non identificati vengono
digitalizzate e memorizzate, anche queste insieme ai dati somatici, le
fotosegnaletiche dei soggetti che sono già stati identificati come autori
di rapine.
I due archivi elettronici, correlati tra di loro, consentono sulla
scorta di un certo numero di dati somatici di un rapinatore non
identificato, di richiamare le immagini dei soggetti noti che potrebbero
identificarsi con lui.
Per assicurare un’adeguata circolazione dei dati acquisiti ed
elaborati è stata compilata una raccolta fotografica che contiene le
immagini in cui i rapinatori sono meglio riconoscibili.
Per quanto riguarda i sospettati , non ci si limiterà alle
fotosegnaletiche ma se è possibile essi saranno sottoposti a
“fotosegnalamento mirato”, in modo da acquisire ed utilizzare per i
confronti immagini fotografiche che siano quanto più omogenee
possibile rispetto ai fotogrammi dei rapinatori.
Inoltre, un’attenta osservazione diretta dei sospettati permetterà di
individuare in essi dettagli somatici e fisionomici nonché caratteristiche
funzionali che possano costituire oggetto di confronto.
Se i dati acquisiti trovano corrispondenza nei rapinatori e negli
indagati, sarà necessario procedere ad un confronto diretto nei dettagli
morfologici, attraverso particolari ingranditi ed elaborati.
78
Copie di queste raccolte sono state trasmesse ai principali uffici
investigativi dell’Emilia Romagna, delle regioni contigue, nonché delle
altre regioni da cui statisticamente provengono con più frequenza i
rapinatori.
Gli organi investigativi destinatari della raccolta possono così
concorrere all’ identificazione degli autori delle rapine riconoscendo
malviventi ad esse già noti.
Va inoltre sottolineato che se si riesce a stabilire attraverso il
confronto di immagini che le medesime persone hanno compiuto più
azioni criminose, si consente agli investigatori di utilizzare tutti gli
elementi emersi dalle indagini sulle singole rapine (auto, armi
impiegate, modus operandi,…), con il risultato che la loro
identificazione, anche se non è possibile nell’immediato, può essere
conseguita successivamente in base al complesso di dati raccolti e
memorizzati.
A questi uffici investigativi vengono inviati periodici
aggiornamenti, costituiti dalle fotografie tratte da sequenze di rapine
perpetrate successivamente e dalle generalità degli autori delle rapine a
mano a mano che vengono scoperti.
4.3 -
ANALISI DELLE IMMAGINI VIDEOREGISTRATE:
METODOLOGIA APPLICATA DALLA POLIZIA SCIENTIFICA
Per questo tipo di indagine i termini in comparazione sono costituti
da immagini fotografiche.
Si utilizzano i fotogrammi della rapina estrapolati dalla
videocassetta in sequestro.
Questi fotogrammi saranno attentamente analizzati con particolare
riguardo alle caratteristiche somatiche e fisionomiche del rapinatore che
entra in banca.
Tali caratteristiche saranno descritte utilizzando i modelli
classificatori adottati dalla Polizia Scientifica Italiana, integrati per la
descrizione di dettagli fisionomici, di particolare rilievo sul piano
identificativo da altri schemi classificatori riconosciuti dalla letteratura
internazionale.
79
Per poter confrontare i dati ricavati dalle operazioni sopra descritte
con quelli corrispondenti dell’indagato, questo dovrà essere
attentamente esaminato e fotografato in pose quanto più vicine possibili
alle posizioni del rapinatore.
Pertanto l’indagato, dovrà essere sottoposto a rilievi descrittivi e
antropometrici nonché a fotosegnalamento “mirato”.
Tali operazioni saranno compiute, se possibile, presso i Gabinetti
di Polizia Scientifica, che sono adeguatamente attrezzati.
Se i dati di tipo classificatorio troveranno corrispondenza,
bisognerà procedere ad un confronto diretto dei dettagli morfologici dei
due soggetti, attraverso loro ingrandimenti ed elaborazioni.
Tale confronto sortirà risultati più incisivi, sul piano probatorio, se
sarà effettuato su materiale fotografico ad alto grado di omogeneità. Per
ottenere immagini dell’indagato del tutto omogenee rispetto a quelle del
rapinatore è necessario che l’indagato venga ripreso all’interno dello
sportello bancario, dalle telecamere in dotazione all’Istituto, in posizioni
coincidenti con quelle del rapinatore.
Questo complesso di attività consentirà di dare una risposta ai
quesiti basata non solo sull’analisi qualitativa degli elementi fisionomici
confrontati, ma anche su dati di tipo quantitativo, ottenuti via software,
quali ad esempio le distanze fra alcuni punti di repere o gli indici
somatici e fisionomici, calcolati in base ai rapporti percentuali tra le
suddette distanze.
Per un ottimale espletamento dell’indagine tecnica richiesta
sarebbe pertanto auspicabile poter eseguire tutte le operazioni che si
elencano42:
1- Esame della videocassetta in sequestro ed estrapolazione dei
fotogrammi nei quali compare l’autore della rapina.
2- Analisi dei dati relativi all’azione criminosa e, in particolare,
delle caratteristiche somatiche e fisionomiche del rapinatore, come si
desume dalle immagini estrapolate.
42
E. GRAZIANO, Progetto per un’efficace azione di contrasto…,op.cit.,pag.11
80
3- Sopralluogo nell’Istituto rapinato al fine di effettuare alcune
misurazioni, che possano costituire utili parametri comparativi e di
verificare che i sistemi di video-ripresa siano rimasti immutati rispetto al
momento dell’evento, provvedendo, se del caso, a far eseguire i
necessari interventi di ripristino.
4- Sottoposizione dell’indagato a rilievi fotografici “mirati” e a
rilievi descrittivi e antropometrici.
5- Confronto preliminare delle caratteristiche somatiche e
fisionomiche del rapinatore sospettato con quelle dell’indagato al fine
di stabilire, in base a un giudizio di compatibilità, se i due soggetti
possano identificarsi tra di loro. Nel caso che si registrasse un’assoluta
ed evidente dissomiglianza tra il rapinatore e l’indagato, l’indagine si
concluderebbe con un giudizio di non identità e non si procederebbe alle
operazioni successive.
6- Videoripresa registrata dell’indagato all’interno della banca, con
le telecamere in dotazione, nelle medesime posizioni e negli stessi siti
spaziali occupati dal rapinatore . A tal fine sarà utilizzato un mixervideo, collegato a due videoregistratori, che sovrapponga, in
dissolvenza, le immagini dell’indagato, ripreso in diretta, a quelle del
rapinatore. Se vi è corrispondenza negli elementi somatici e fisionomici
fondamentali (statura e corporatura in particolare), sarà possibile
mediante spostamenti “fini” dell’indagato, far coincidere in dissolvenza
la sua immagine con quella del rapinatore in modo da poter meglio
confrontare i rispettivi dettagli fisionomici. Bisognerà, comunque,
tenere conto dello spessore del tacco delle scarpe e della lunghezza dei
capelli che per la loro variabilità potrebbero provocare lievi scarti tra la
statura dell’indagato e quella del rapinatore.
7- Esame della videocassetta nella quale sono registrate le
operazioni di cui al paragrafo precedente ed estrapolazione delle
immagini utili per confronti.
81
8- Comparazione delle immagini più significative del rapinatore
con quelle dell’indagato acquisite nelle fasi precedenti o comunque
disponibili, con l’ausilio di apparecchiature informatiche.
Se le immagini del rapinatore sono di qualità soddisfacente, per
definizione e dettagli, e permettono l’individuazione di un congruo
numero di caratteri salienti della sua fisionomia, il confronto di esse con
immagini omogenee dell’indagato, acquisite al compimento della
procedura sopra descritta, consentirà di stabilire, in termini di certezza o
di probabilità più o meno elevata, a seconda del numero e della
significatività delle corrispondenze rilevate, se le persone si
identifichino tra di loro.
E’ possibile però che pur non esaurendo tutte le fasi della
procedura sopra descritta, si pervenga comunque ad un giudizio di
probabilità o di certezza circa la suddetta identificazione.
Infatti, se non si riuscisse, per qualsiasi motivo a realizzare la
documentazione fotografica di confronto con le modalità di cui sopra,
potranno essere utilizzate, in alternativa, per le comparazioni tutte le
immagini dell’indagato e in primo luogo il suo cartellino fotosegnaletico
con i relativi dati descrittivi.
Ora non può escludersi che vengano individuati nell’indagato (pur
ripreso in pose non perfettamente coincidenti con quelle del rapinatore
con il quale è confrontato) connotati salienti e contrassegni, che nel loro
complesso abbiano elevato valore identificativo e trovino
corrispondenza nel rapinatore.
Inoltre, è possibile, anche in presenza di immagini diverse sotto il
profilo dimensionale e di differenti rotazioni e inclinazioni del corpo e
del capo dei soggetti in comparazione, confrontare indici somatici e
facciali calcolati in base ai rapporti percentuali delle distanze tra punti
di repere, la cui corrispondenza può corroborare un giudizio di identità.
Molto più frequentemente, invece, si può pervenire anche in base al
confronto di pochi dati fisionomici, che posseggano sufficiente
significatività, ad un giudizio certo di non identità.
82
CAPITOLO 5
PRIVACY NELL’AMBITO DELLA SICUREZZA
Quello della sorveglianza tramite l’uso di telecamere è un tema che
sta guadagnando dignità in Italia solo recentemente, sia a causa della
maggior diffusione degli apparecchi, sia per l’interessamento mostrato
dall’Autorità Garante per la protezione dei dati personali.43
Le esigenze superiori della sicurezza e dell’ordine sociale, operano
da contrappeso quasi necessitato all’effettiva crescita della criminalità
nelle città ad elevata concentrazione abitativa.
L’alibi per l’uso di mezzi di videosorveglianza è astrattamente
impeccabile e, forse, umanamente condivisibile: da una parte il settore
pubblico, in assolvimento di compiti istituzionali, tra cui rientra la tutela
della sicurezza e dell’ordine, si avvale in larga misura di sistemi video
supportati anche da risorse satellitari; dall’altra il settore privato
(banche, esercizi commerciali, ecc.) si sente legittimato ad usarli per la
tutela delle proprie attività e del proprio patrimonio.
Su tutto cala il rassegnato placet del cittadino comune nel quale
cresce spontaneo il bisogno di sentirsi protetto per via dei sempre più
frequenti episodi di violenza e criminalità diffusa e dalla risonanza
senzazionalistica che essi ricevono tramite i mezzi di comunicazione di
massa.
In questo senso non è superfluo notare come il tutto si presti a
pericolose distorsioni favorite dal sistema giusprivatistico che accelera il
processo di diffusione delle tecnologie in esame: molte imprese
assicuratrici sono disposte ad offrire riduzioni dei premi ai clienti che
pagano un contributo per l’installazione di sistemi TVCC, data la
correlativa riduzione del rischio che ne deriva.
Le stesse agevolazioni sono accordate a chi installa un antifurto
satellitare sulla propria automobile.
Si assiste così alla sempre più intensa utilizzazione di sistemi di
sorveglianza video a circuito chiuso in aree pubbliche o aperte al
43
M. PROSPERI, Sorveglianza tramite l’uso di telecamere, www.jei.it/infogiuridica/archivio/art
83
pubblico principalmente per il supposto scopo di prevenire o ridurre atti
di criminalità.
Le pressanti spinte sociali verso garanzie di sicurezza sono
sostenute e accompagnate dal rapido progresso tecnologico del settore,
stimolato a sua volta dalle allettanti prospettive economiche frutto di
una crescente domanda di mercato di questi apparecchi.
Sotto l’aspetto tecnico le telecamere impiegate stanno diventando
sempre più piccole e difficili da notare: possono agevolmente essere
installate in cabine telefoniche, casse automatiche, autobus, treni, stanze,
ascensori, ospedali, orologi.
Per comprendere la potenza basti pensare che, anche in condizioni
di scarsissima illuminazione, esse possono leggere la marca di un
pacchetto di sigarette a centinaia di metri di distanza.
Come spesso avviene per temi affini basta volgere lo sguardo oltre
frontiera per constatare immediatamente come il problema sia già da
tempo molto sentito, in particolare in paesi come gli Stati Uniti e la
Gran Bretagna.
Viste le cause, la situazione e la dimensione del fenomeno, il
giurista è spinto a questo punto a domandarsi se l’uso delle tecnologie di
sorveglianza abbia realmente a che fare con la preservazione di interessi
di dignità sufficiente a giustificare la violazione di diritti umani o sia
meramente finalizzato al controllo su comportamenti antisociali o su atti
di microcriminalità, cause di offese minori come l’imbrattamento di
edifici o le violazioni delle norme sulla circolazione stradale.
Nella materia della videosorveglianza appare corretto muoversi,
come è stato in passato, sul terreno della individuazione dei valori da
una parte lesi e dall’altra tutelati, al fine di correttamente valutare la
giustizia sostanziale o perlomeno la tollerabilità del fenomeno.
Inoltre, bisogna precisare che vi possono essere delle situazioni che
espongono i cittadini al rischio di possibili violazioni della loro
riservatezza.
In linea generale, le esigenze connesse all’interesse della giustizia
sono prioritarie rispetto a qualunque altro interesse.
Per questo motivo il diritto alla privacy incontra delle specifiche
limitazioni sia in ambito processuale, sia in relazione all’attività svolta
per la prevenzione, l’accertamento o la repressione dei reati.
84
Il Garante ha contribuito al chiarimento di molti punti controversi
stabilendo, per esempio, che i principi di pertinenza e non eccedenza nel
trattamento dei dati valgono anche nei confronti di un ufficio giudiziario
quando negli atti di un’indagine penale compaiono anche i dati
anagrafici di persone diverse dall’indagato e soprattutto se queste
informazioni riguardano la salute, le opinioni politiche, religiose o
sindacali di un individuo.
5.1 -
SORVEGLIANZA TRAMITE L’USO DI TELECAMERE E
TUTELA DELLA PRIVACY
Al momento della sua nascita, alla fine del 1800, il right of privacy
si configurava come diritto di essere lasciato in pace (right to be let
alone), di non subire intrusioni indesiderate nella sfera della propria vita
privata, in una società caratterizzata da una circolazione delle
informazioni sempre più vasta e veloce, grazie alla diffusione della
stampa44.
Oggi, a più di un secolo di distanza da quella prima riflessione
giuridica, il diritto alla privacy – riconosciuto e tutelato finalmente
anche in Italia con la Legge 31 dicembre 1996 n. 675 (la fonte è la
direttiva comunitaria n. 95/46/CE del 1995 e la Convenzione n.
108/1981 del Consiglio d’Europa) ha subito una notevole
trasformazione riconducibile a diversi fattori che trovano la loro matrice
comune nell’evoluzione storico-politica della società e, in particolare nel
progresso tecnologico e delle forme di comunicazione di massa.
Con l’espressione “dalla segretezza al controllo” alcuni autori
indicano proprio tale processo di evoluzione che ha caratterizzato la
vicenda della “privacy” sulla base, in particolare, del contenuto delle
normative in materia, che si sono susseguite dagli anni ’70 ad oggi.
In tale evoluzione, si è passati da una visione statica e negativa
della “privacy”, intesa come strumento atto ad impedire la conoscenza
da parte di estranei delle informazioni personali, ad una visione
dinamica e attiva della stessa, intesa come strumento che il singolo ha a
44
M. MASSIMI, Diritto al segreto e diritto alla riservatezza- Differenze ed omogeneità alla luce
della legge 675/96, www.privacy.it/massimi02.html
85
sua disposizione per controllare la raccolta, la classificazione e l’uso di
quelle informazioni da parte di chi gestisce le banche dati, nelle quali le
stesse sono inserite e conservate (soggetti pubblici o privati che siano).
A tal riguardo si possono richiamare i diritti riconosciuti
all’interessato dall’art. 13 della L.675/96, tra i quali quelli di conoscere
l’esistenza di trattamenti che lo riguardano, di essere informato circa le
finalità del trattamento, di ottenere dal titolare o dal responsabile la
comunicazione dei dati che gli appartengono, la cancellazione, la
trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati in
violazione di legge, l’aggiornamento, la rettifica, l’integrazione dei dati
inesatti o incompleti, l’attestazione che tali modifiche siano state rese
note a coloro ai quali i dati erano stati comunicati.
Pertanto, la legge prevede che chiunque tratti dati personali, il
titolare, notifichi al Garante questo fatto e chieda ed ottenga
dall’interessato, cui i dati si riferiscono, un consenso al trattamento 45.
Inoltre, poiché il titolare potrebbe non trattare in prima persona i
dati, è consentita la delega ad un altro personaggio, chiamato
responsabile del trattamento dei dati, per l’effettuazione delle operazioni
di trattamento.
Infine i dati debbono essere custoditi con diligenza e conservati
solo per il tempo strettamente necessario a soddisfare le finalità, per le
quali i dati vennero in prima istanza raccolti e trattati.
In particolare è previsto che i dati vengano distrutti quando non più
necessario e che l’interessato abbia la possibilità a semplice richiesta, di
esaminare i dati trattati che lo riguardano e chiedere modifiche o
persino sospensione del trattamento 46.
Riferito alle riprese effettuate in ambito bancario, si precisa che
l’installazione del sistema di ripresa televisiva, con o senza
archiviazione delle immagini, deve essere notificata al Garante, almeno
in teoria.
Il Garante ha già dato molte deroghe a questa disposizione di legge
e con ogni probabilità la notificazione al Garante non sarà necessaria,
anche se tuttavia sarà necessario preparare un documento, nel quale
A. BIASIOTTI, Ora si può conciliare privacy e videosorveglianza, Antifurto n.6 – 1999, p.15
A. BIASIOTTI, Guida alla tutela della privacy: il cittadino, Guida al Diritto – Il Sole 24 Ore,
dicembre 1997,pag.55
45
46
86
viene illustrata la composizione dell’impianto, le modalità di gestione ed
i soggetti che possono accedere alle immagini registrate.
Si tratta di una elementare forma di notificazione, che può essere
tenuta nel cassetto ed esibita a richiesta.
Il consenso alla ripresa, e quindi al trattamento da parte di un
interessato, è stato brillantemente risolto con l’affissione di un cartello
che informa il soggetto circa il fatto che sta entrando in un’area ripresa
da telecamera.
Il fatto stesso che egli entri rappresenta un consenso implicito alla
ripresa.
Ottenuto così il consenso dell’interessato, occorre accertarsi che le
immagini acquisite vengano osservate ai soli fini di sicurezza, con
esplicita esclusione di ogni altro utilizzo.
A tal fine è necessario che il titolare del trattamento dia chiare
istruzioni ai responsabili ed agli operatori, informandoli circa il fatto che
qualunque informazione essi vengano a conoscere, mentre osservano il
comportamento di un soggetto ripreso, debba essere ignorata se non
direttamente afferente alla sicurezza.
Vi è un obbligo esplicito di riservatezza da parte degli operatori e
vi è un obbligo altrettanto esplicito di diligente custodia delle immagini.
Non sarà consentito far osservare le immagini a terzi od estranei e
le cassette registrate dovranno essere custodite in modo tale che un
terzo non possa accidentalmente entrarne in possesso.
Ad esempio se l’istituto bancario è dotato di un sistema a circuito
chiuso senza la videoregistrazione e viene affidato alla guardia giurata la
gestione della “videoronda”, questa non dovrà rimanere spettatore
passivo per lunghi periodi47.
Quando si stabilisce un collegamento video, la guardia osserva
innanzitutto la scena che gli si presenta, poi passa in rassegna tutte le
altre telecamere del sito.
Alcune di queste sono brandeggiabili e la guardia le deve far
ruotare di 180°, in modo da vedere ciò che succede in tutta l’agenzia.
Nel momento in cui il collegamento si attiva, in periferia vi è un
duplice sistema di avviso:
B. SEBASTIANI, Videosorveglianza antirapina – Esperimento pilota in una grande banca, TVCC
ZOOM, n.1 marzo 1999, p.38
47
87

alcune gemme luminose si accendono per informare
il personale della dipendenza che è iniziata l’osservazione
remota da parte della guardia;

un pannello luminoso informa il pubblico che vi è
video sorveglianza in corso.
Bisogna anche precisare che lo Statuto dei Lavoratori (L. 300/70)
all’art. 4 prevede che “gli impianti e le apparecchiature di controllo che
siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla
sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo
a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto
previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali”.
Pertanto o trovare l’accordo con le organizzazioni sindacali o
posizionare le telecamere in modo da non avere la possibilità di
controllare i posti di lavoro dei cassieri e degli altri dipendenti.
Da parte delle organizzazioni sindacali, soprattutto su queste
tematiche, si trova sempre disponibilità ed apertura.
L’ obbligo di diligenza si manifesta anche nell’istruzione di
cancellare le cassette, ove debbano essere cedute all’esterno della banca.
Monitori e registratori protetti, cassette sicure e cancellazione delle
stesse: sono questi i pilastri per un idoneo trattamento delle immagini
video.
Come accennato in precedenza, la legge impone che quando i dati
personali hanno terminato la loro ragione di essere, essi debbano essere
cancellati.
In questo caso è sufficiente attenersi, ad esempio alle
raccomandazioni degli assicuratori, che ritengono che quindici giorni di
archiviazione delle registrazioni video siano un tempo più che
accettabile per gli obiettivi fissati.
Ad esempio, dopo quindici giorni si dovranno cancellare i dati
archiviati o perché le cassette sono nuovamente utilizzate o perché
vengono cancellate.
88
Pertanto in sintesi48:
 in Italia non esiste ancora una normativa specifica in
materia e ci si riconduce alla legge base cioè alla 675/96 ed è
necessario rifarsi ai dispositivi in essa contenuti;
 se si attua ex-novo un servizio siffatto è opportuno darne
notizia al Garante;
 informare i cittadini o i potenziali interessati che dovessero
entrare nel campo controllato dalle installazioni che in quel luogo
si effettua videosorveglianza (ad esempio dandone notizia sui
giornali cittadini o attraverso manifesti o cartelli nelle zone
controllate per le installazioni in luoghi pubblici, o attraverso
semplici cartelli o vetrofanie all’ingresso di uffici e ambienti
privati se l’accesso è aperto al pubblico);
 è opportuno predisporre un accurato regolamento in caso di
videoregistrazione che limiti e garantisca le modalità di
registrazione, di conservazione e di riutilizzo dei nastri. Con
questo regolamento si dovranno individuare con precisione le
persone (pochi fiduciari) che avranno accesso ai filmati e le
motivazioni di accesso, predisporre un protocollo di accesso,
cartaceo o computerizzato, e le sue modalità di aggiornamento,
impartire accurate disposizioni sulle modalità e meccanismi di
cancellazione per un successivo riutilizzo delle cassette;
 predisporre un periodo per la conservazione dei nastri (ad
es. non superiore a 15 giorni), anche se sarebbe più opportuno
contrarre il tempo in funzione degli avvenimenti che interessano
gli ambienti sorvegliati : ad esempio i sistemi informativi di una
filiale bancaria sono ormai in grado di individuare inconvenienti
contabili nell’arco di 24-48 ore, quindi la conservazione non
dovrebbe superare di molto questo arco temporale; ovviamente la
48
C. MANGANELLI, Occhi Elettronici, Relazione presentata al Seminario del Garante su
“Videosorveglianza tra Sicurezza e Riservatezza” Roma 12/7/2000 , www.garanteprivacy.it
89
denuncia alle forze dell’ordine o alla magistratura di un fatto
indesiderato comporta di conseguenza la necessaria
conservazione
dell’ eventuale videoregistrazione correlata
all’evento per tutto il tempo necessario alla soluzione del caso;
 il rispetto delle norme di utilizzo e di conservazione deve
essere verificato dall’ufficio addetto al rispetto della privacy e/o
dal security manager con la stessa considerazione che si pone
nella protezione del sistema informativo in quanto potrebbero
scattare le sanzioni previste dalla 675/96, sia in caso di inadeguate
misure di sicurezza che per un inopportuno o non pertinente
utilizzo delle immagini videoregistrate di persone.
Il Collegio del Garante ha più volte avuto occasione di intervenire
con i suoi provvedimenti in casi di installazione di sistemi di
telesorveglianza mediante telecamere e videoregistratori, in attesa che il
Governo promulghi una legge su queste applicazioni, analizzando i casi
in base alle previsioni e prescrizioni della 675/96.
Alcuni esempi di pareri specifici degli ultimi mesi.
1.
COMUNE di RIOMAGGIORE : Realizzazione di un
sistema di videosorveglianza nella zona B di Punta Montenegro
della Riserva Marina delle Cinque Terre 49.
Il Comune di Riomaggiore
vuole promuovere un’efficace
sorveglianza della Riserva Marina delle Cinque Terre (la cui
Commissione è istituita presso la Capitaneria di Porto della Spezia)
attraverso la realizzazione di un sistema sperimentale di
videosorveglianza per facilitare e migliorare la tempestività di
intervento dei mezzi della capitaneria rispetto all’evidenzarsi di
infrazioni e di eventuali altre situazioni di emergenza.
Ha precisato che gli strumenti di videosorveglianza, dislocati nella
suddetta area, sono programmati in modo tale che le immagini registrate
non permettono di riconoscere eventuali persone che si trovino nel loro
raggio visuale e che pertanto il trattamento dei dati non rientra
49
Parere del Garante del 21 ottobre 1999
90
nell’ambito di applicazione della 675/96 in quanto non sarebbe possibile
procedere ad una identificazione delle persone eventualmente coinvolte.
Il Garante precisa al Sindaco che la direttiva comunitaria 95/46/CE
del 1995 e la Convenzione 108/1981 del Consiglio d’Europa rendono
obbligatoria l’applicazione della disciplina sul trattamento dei dati
personali anche ai suoni e alle immagini (quali quelle registrate nei
controlli video), qualora permettano di identificare un soggetto anche in
via indiretta (attraverso cioè il collegamento con altre informazioni).
La legge 675/96 che ha attuato la Convenzione 108 e ha recepito la
direttiva europea in buona parte, considera anch’essa come “dato
personale” qualunque informazione che permetta l’identificazione anche
in via indiretta dei soggetti interessati, sebbene derivante da suoni o da
immagini anziché da dati alfanumerici.
Tale legge è senz’altro applicabile anche ai trattamenti di immagini
effettuati attraverso i sistemi di videosorveglianza dislocati nel territorio
locale del Comune, a prescindere dalla circostanza che tali informazioni
siano eventualmente registrate in un archivio elettronico o comunicate a
terzi, dopo il loro temporaneo monitoraggio in un circuito di controllo.
Per quanto riguarda la premessa del Sindaco che le immagini
registrate non permettono di focalizzare e riconoscere eventuali persone
fisiche , il Garante fa presente che le registrazioni effettuate mediante
l’uso di telecamere non contengono sempre e necessariamente dati di
carattere personale, in quanto la distanza, l’ampiezza dell’angolo
visuale, la qualità degli strumenti, ecc. possono non rendere
identificabili le persone inquadrate.
La legge 675/96 definisce dato personale qualunque informazione
relativa a persone identificate o identificabili anche indirettamente,
mediante riferimento a qualsiasi altra informazione.
Pertanto, non è necessario che le persone siano identificate in
maniera chiara ed univoca, essendo sufficiente che i soggetti possano
essere identificabili attraverso, ad esempio, il collegamento con altre
fonti conoscitive quali foto segnaletiche, identikit o archivi di polizia
contenenti immagini.
Il Garante ritiene che l’iniziativa adottata nella Riserva Marina
delle Cinque Terre meriti un’ attenta riflessione volta ad appurare:
91
 l’esistenza di una fonte normativa che legittimi
l’installazione di tali sistemi di videosorveglianza e che indichi le
relative finalità, e cioè se tale iniziativa risponda alle funzioni
istituzionali demandate all’ente, in particolare dalla legge 8/6/90
n. 142, dal DPR 24/7/77 n. 616, dalla legge 7/3/86 n. 65
sull’ordinamento della polizia municipale, nonché dagli statuti e
dai regolamenti comunali (v. art. 27 legge 675/96). A tal fine è
necessario che venga precisato come si configurano dal punto di
vista della legge 675/96 le posizioni dei soggetti coinvolti
nell’iniziativa (Capitaneria di Porto di La Spezia e Comune di
Riomaggiore), anche alla luce degli scopi dagli stessi perseguiti;
 la precisa localizzazione delle telecamere e le modalità di
ripresa delle immagini (memorizzazione, conservazione, angolo
visuale delle telecamere e limite della possibilità di
avvicinamento dell’immagine), anche al fine di assicurare il
rispetto dei principi fondamentali fissati dall’art. 9 della legge
675/96, specie in ordine alla pertinenza e non eccedenza dei dati
rispetto agli scopi perseguiti;
 l’individuazione di idonee ed appropriate misure per
assicurare un utilizzo corretto dei dati da parte dei soggetti
legittimati (art. 15 della legge 675/96);
 le procedure e le modalità volte a fornire agli interessati le
informazioni previste dall’art. 10 della legge 675/96.
Inoltre il Garante è perplesso sull’attivazione di un sistema di
videosorveglianza privo di un insieme articolato di garanzie, che
dovrebbero riguardare, in modo particolare, l’eventuale intenzione di
conservare le immagini in un apposito archivio, l’individuazione dei
soggetti legittimati ad accedere alle registrazioni anche all’interno
dell’ente, e l’eventuale messa a disposizione delle registrazioni in favore
di altri soggetti pubblici.
Riguardo a quest’ultimo aspetto si fa presente che la divulgazione
di dati tra soggetti pubblici richiede l’esistenza di una puntuale norma di
legge o di regolamento ed è possibile, in via del tutto residuale, anche
quando non sia prevista da una norma, purchè sia necessaria per lo
92
svolgimento di alcune funzioni istituzionali e sia effettuata una
comunicazione preventiva al Garante.
Pertanto si segnala, qualora nel frattempo non siano intervenute
spontaneamente modifiche al sistema di videosorveglianza realizzato, la
necessità di apportarvi le opportune modificazioni al fine di renderlo
conforme a quanto rilevato con la presente nota.
2.
OSPEDALE
LUIGI
SACCO
–
AZIENDA
OSPEDALIERA / POLO UNIVERSITARIO – MILANO:
installazione di un sistema di videosorveglianza nel nuovo
monoblocco 50.
La richiesta di parere riguarda il progetto di installazione di
apparecchiature di videosorveglianza presso il nuovo monoblocco di
pronto soccorso e rianimazione dell’azienda ospedaliera.
In particolare viene prevista l’installazione di telecamere sia per
effettuare un controllo di sicurezza dei corridoi e delle sale di attesa del
pronto soccorso sia per consentire il monitoraggio continuo dei pazienti
ricoverati nel reparto rianimazione.
Il Garante precisa che non esiste ancora in Italia una disciplina
specifica in materia di videosorveglianza e che sia la direttiva
comunitaria 95/46/CE che la Convenzione 108/81 rendono obbligatoria
l’applicazione della disciplina sul trattamento dei dati personali anche a
suoni e immagini quali quelle registrate nei controlli video e che la
legge 675/96 considera dato personale qualunque informazione che
permetta l’identificazione, anche in via indiretta, dei soggetti interessati
ivi compresi i suoni e le immagini.
Inoltre precisa che i dati personali che si rilevano nel caso di specie
sono in massima parte dati sensibili (art. 22 legge 675/96).
Infatti le telecamere da istallare riprenderanno essenzialmente
immagini di persone ammalate.
Come noto i soggetti pubblici (fra questi le Aziende Ospedaliere)
possono trattare i dati personali sensibili solo in presenza di una espressa
previsione di legge.
50
Parere del Garante del 31 dicembre 1998
93
Nell’ipotesi di specie, il trattamento è ovviamente connesso
all’assistenza e cura dei pazienti ricoverati che rientra nelle finalità
istituzionali proprie degli organismi sanitari pubblici (legge 833/78 e
successive integrazioni e modificazioni).
Tale generale compito di assistenza si specifica, nei reparti in
questione, in un’attenzione continua ai ricoverati in rianimazione e in un
doveroso controllo di sicurezza all’interno del pronto occorso.
Si tratta di operazioni che condotte da sempre con modalità
tradizionali (controllo degli accessi, vigilanza dei locali, ecc.) verranno
ora svolte con l’ausilio del sistema di videosorveglianza.
Ricorrono pertanto i citati requisiti previsti dal combinato disposto
degli artt. 22 comma 3 e 41 comma 5 che legittimano l’Azienda
ospedaliera ad installare le telecamere in questione ed a trattare i relativi
dati sensibili.
Pertanto prima di attivare le nuove apparecchiature di ripresa, a
Direzione dell’Azienda dovrà opportunamente regolamentare i seguenti
profili:
 determinare con precisione la localizzazione delle
telecamere e le modalità di ripresa in aderenza alle finalità che
hanno suggerito l’installazione del sistema di videosorveglianza,
nel rispetto dei principi fondamentali issati dall’at. 9 della legge
675/96, specie in ordine alla pertinenza e on eccedenza dei dati
rispetto agli scopi perseguiti;
 definire con precisione i soggetti legittimati a trattare i dati
personali in oggetto, individuando, eventualmente, un soggetto
responsabile, ai sensi dell’art. 8 della legge, del sistema di
videosorveglianza, nonché gli incaricati del trattamento
(personale infermieristico, addetti alla vigilanza, ecc.);
 stabilire idonee misure di sicurezza (art. 15 legge 675/96)
al fine di assicurare un corretto uso dei dati, evitando il rischio
che gli stessi possano finire nella disponibilità di persone estranee
alla struttura o comunque non autorizzate. In questo senso
particolare attenzione andrà riservata alle modalità di accesso alle
riprese video da parte dei familiari dei ricoverati in rianimazione
94
ai quali andrà consentita, ove tecnologicamente possibile, la
visione delle sole immagini del loro congiunto;
 fissare i parametri precisi per quanto riguarda l’eventuale
necessità di conservazione delle immagini registrate, secondo il
dettato dell’art. 9 comma 1 lettera e) della legge, che prescrive
che i dati siano conservati per un periodo di tempo non superiore
a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o
successivamente trattati;
 prevedere forme e modalità volte a fornire agli interessati
le informazioni previste dall’art. 10 della legge 675/96.
3.
COMUNE di MANTOVA: Realizzazione di un impianto di
tele-sorveglianza51.
Il Sindaco del Comune di Mantova ha sottoposto al Garante un
progetto per l’installazione di un sistema di tele-sorveglianza in alcune
zone della città, al momento basato su dodici telecamere.
Alcune telecamere (quattro) effettuerebbero rilevazioni a fini
statistici e di studio degli accessi dei veicoli al centro storico e nelle
zone a traffico limitato, mentre altre otto telecamere verrebbero
utilizzate per finalità di controllo a distanza “con funzioni di
prevenzione e repressione di attività illecite”.
Per gli aspetti riguardanti l’installazione e l’esercizio di impianti
per la rilevazione degli accessi di veicoli al centro storico e alle zone a
traffico limitato, è stata introdotta una recente disciplina che prevede tra
l’altro l’obbligo per i comuni interessati di munirsi di un’autorizzazione
rilasciata dal Ministero dei lavori pubblici-Ispettorato generale per la
circolazione e la sicurezza stradale ( DPR 22/6/1999 n.250).
Tale regolamento prevede inoltre che gli impianti debbano essere
utilizzati per raccogliere dati riguardanti il luogo, il tempo e
l’identificazione dei veicoli che accedono al centro storico o nelle zone a
traffico limitato, rilevando immagini solamente in caso di infrazione.
Il regolamento prevede altresì che la documentazione con
immagini sia utilizzata per le sole finalità di applicazione del
51
Parere del Garante del 17 febbraio 2000
95
regolamento medesimo e sia conservata solo per il periodo necessario
alla contestazione dell’infrazione, all’applicazione della sanzione ed alla
definizione dell’eventuale contenzioso, salva l’eventuale ulteriore
utilizzazione dei dati per esclusive finalità di polizia giudiziaria o di
indagine penale.
Il Comune di Mantova ipotizza una rilevazione sistematica di tutte
le targhe dei veicoli transitati, con una verifica a posteriori per redigere
una lista dei soggetti “sanzionabili” e una rilevazione anonima prevista
solo in una fase successiva, per fini statistici e di studio.
Come già ricordato in altri pareri, la legge 657/96 si applica ai
trattamenti di immagini effettuati attraverso i sistemi di
videosorveglianza, a prescindere dalla circostanza che le informazioni
siano registrate in un archivio elettronico o eventualmente comunicate a
terzi dopo la loro temporanea raccolta e conservazione attraverso circuiti
di controllo.
Per il rispetto degli obblighi e delle garanzie previste dalla legge
675/96 non è necessario, come già ricordato, che le persone vengano
identificate in maniera chiara ed univoca, ma è sufficiente che i soggetti
possano essere identificabili attraverso il collegamento, ad esempio, con
altre fonti conoscitive quali foto segnaletiche, identikit o archivi di
polizia contenenti immagini.
Pertanto il Garante ribadisce :
 la necessità di individuare misure di sicurezza idonee ad
assicurare un uso corretto dei dati da parte dei soggetti legittimati
(art. 15 675/96 e DRP 318/99), nonché modalità volte a fornire
agli interessati l’informativa prevista dall’art. 10 della 675/96;
 una limitazione delle modalità di ripresa delle immagini
(memorizzazione, conservazione, angolo visuale delle telecamere
e limitazione della possibilità di ingrandimento dell’immagine),
anche al fine di assicurare il rispetto dei principi fondamentali
fissati dall’art. 9 della legge 675/96, specie in ordine alla
pertinenza e non eccedenza dei dati rispetto agli scopi perseguiti.
Si segnala in particolare la necessità di una nuova verifica sulla
liceità e pertinenza della raccolta di informazioni che sembrano
prevedere un elevato livello di precisione e di dettaglio della
96
ripresa dei tratti somatici delle persone (sono infatti previsti
“zoom e/o brandeggio motorizzato, con la conseguente possibilità
di gestire al meglio l’inquadratura”), nonché sulla necessità di
evitare riprese di persone presso gli impianti volti unicamente a
prevenire le violazioni alle norme sulla circolazione stradale.
Devono altresì essere ricordati i precisi limiti posti
all’installazione di impianti audiovisivi dall’art. 4 della legge
20/3/70 n.300 (c.d. Statuto dei Lavoratori), nonché la necessità di
evitare la ripresa sistematica di luoghi privati;
 l’individuazione dei soggetti legittimati all’accesso, alla
custodia ed all’utilizzazione alle registrazioni anche all’interno
dell’ente, escludendo dall’accesso le persone diverse dai
responsabili e dagli incaricati.
In proposito deve essere
chiaramente esplicitato che, l’utilizzo dei dati personali da parte
del Comune nell’attività di videosorveglianza, si colloca nella
cornice normativa relativa allo svolgimento delle funzioni
istituzionali e non è pertanto orientato alla raccolta e al
trattamento di dati sensibili;
 una puntuale verifica e disciplina per quanto riguarda
l’eventuale messa a disposizione delle registrazioni in favore di
altri soggetti pubblici;
 l’indicazione del soggetto o della struttura cui il cittadino
può rivolgersi per esercitare i diritti di cui all’art. 13 della legge
675/96;
 le modalità dell’eventuale riutilizzazione dei supporti
magnetici una volta cancellate le registrazioni;

la precisazione che ai fini dell’analisi dei flussi di
traffico il trattamento è effettuato con modalità volta a
salvaguardare l’anonimato, ma solo successivamente alla fase
della raccolta giacchè le immagini registrate possono contenere
dati di carattere personale.
97
Il 12 luglio 2000 si è svolto a Roma presso la Sala del Cenacolo il
seminario organizzato dal Garante per la protezione dei dati personali
dedicato a “Videosorveglianza tra sicurezza e riservatezza”52 .
Il seminario ha permesso di operare una prima riflessione sullo
sviluppo in Italia di tecniche e apparecchiature di videosorveglianza, e
di richiamare l’attenzione sull’esigenza di individuare alcune regole che,
aggiungendosi a quelle già previste dalla legge 675/96 applicate dal
Garante in numerose occasioni, permettano di trovare un più preciso
equilibrio tra esigenze di sicurezza pubblica e privata e il diritto alla
riservatezza dei cittadini.
Aprendo i lavori del seminario Giuseppe Santaniello,
vicepresidente del Garante per la protezione dei dati personali, ha
affermato che “assicurare un’ adeguata protezione della riservatezza dei
cittadini non è solo una questione legata all’emanazione di norme a
forte connotazione democratica e sociale, quanto alla creazione di un
clima giuridico complessivo, alla piena consapevolezza dei diritti dei
cittadini, in una parola è una questione di cultura”.
Santaniello ha posto l’attenzione sulla necessità di trovare un
corretto bilanciamento tra esigenze di sicurezza e di controllo
anticrimine con il diritto dei cittadini a difendere la loro sfera privata e
la loro libertà.
Per raggiungere questo obiettivo, occorre definire una “cornice di
norme non cristallizzate, ma poste al passo con la continua innovazione
tecnologica e legate ai sistemi legislativi di matrice anglosassone che
integrano forme flessibili di autoregolamentazione.
Nel seminario sono stati presentati i risultati di una prima indagine
realizzata dal Garante per la protezione dei dati personali in
collaborazione con un’ agenzia specializzata, sul fenomeno della
videosorveglianza in Italia.
Occorre ricordare che per dati personali la legge 675/96 intende
non solo l’immagine e la registrazione della voce, ma anche quelle
informazioni che consentono di individuare con certezza la persona,
52
www.privacy.it newsletter del 18/7/2000
98
quindi anche le caratteristiche biometriche quali le impronte digitali, la
geometria del viso o della mano, il disegno dell’iride 53.
L’indagine condotta tra il 20 marzo ed il 20 maggio 2000, ha avuto
lo scopo di fornire una valutazione preliminare circa la presenza dei
sistemi di videosorveglianza visibile esterna, nei luoghi pubblici di
alcune città italiane : Milano, Verona, Roma, Napoli.54
Più specificatamente, si è trattato di uno studio pilota volto a
fornire, attraverso i dati raccolti, alcune indicazioni sulla presenza di tali
strumenti nel nostro paese e, quindi le basi per una ricerca successiva, di
più ampio respiro, destinata alla misurazione esaustiva del fenomeno ed
alla valutazione del suo impatto ambientale.
Il campo dell’indagine è costituito dalle zone centrali e semicentrali
di Milano, Roma, Napoli e Verona.
Le prime tre città sono state scelte in rappresentanza del Nord, del
Centro e del Sud, mentre Verona è stata eletta rappresentante della ricca
provincia italiana del nord-est, in quanto ritenuta una spia indicativa
della tendenza, in atto in quell’area, all’uso della videosorveglianza
come mezzo per tutelare l’ordine pubblico.
Data la dimensione esplorativa della ricerca, nell’ambito di
ciascuna città, si è optato per un campionamento a scelta ragionata; in
altri termini, sono stati selezionati alcuni itinerari in qualità di “casi
tipici” del centro commerciale, storico, politico (nel caso di Roma) e
residenziale di ciascun ambito cittadino, all’interno dei quali è stato
rilevato il numero di videocamere presenti, che sono state assunte ad
unità di analisi.
Sono state oggetto d’ indagine tutte le videocamere esterne e
visibili che riprendevano le strade e le piazze campionate.
Pertanto, anche nei casi di videocamere interne a recinzioni, ma
rivolte verso l’esterno, o presenti nelle strade adiacenti a quelle
percorse, ma rivolte verso queste ultime, si è proceduto alla rilevazione.
I dati emersi dalla ricerca, pur rappresentando una prima stima a
carattere esplorativo, mostrano in maniera inequivocabile il grado di
massiccia diffusione di installazione di telecamere in luoghi pubblici,
53
C. MANGANELLI, Occhi Elettronici, relazione presentata al Seminario del Garante il 12/7/2000,
già citato
54
La videosorveglianza esterna visibile: una panoramica su quattro città- Indagine esplorativa,
presentata al Seminario del Garante il 12/7/2000 a Roma, www.garanteprivacy.it
99
abitazioni, amministrazioni pubbliche, esercizi commerciali, banche con
differenti dimensioni, diverso grado di visibilità e di collocazione dal
suolo.
Tra zone centrali e semi centrali rilevate, a Roma sono state
individuate 726 telecamere, 213 a Milano, 89 a Napoli e 67 a Verona
per un totale di 1095 installazioni.
Le zone più telesorvegliate, e cioè con la maggiore concentrazione
di videocamere, sono risultate essere, anche in ragione delle differenti
esigenze di protezione rispetto ai luoghi e agli edifici presenti:
 a Roma, la zona intorno alla stazione Termini con 106
telecamere, pari al 14,6% del totale rilevato nel campione: in
particolare, via XX Settembre (43), via Marsala (39), Piazza dei
Cinquecento (31);
 a Milano, Corso Sempione (19), Corso di Porta Vittoria
(12),Corso di Porta Romana (10);
 a Napoli, Piazza del Plebiscito (10), e Piazza Garibaldi (8);
 a Verona, Corso Cavour (8), Stradone di Porta Palio (7),
via Carmelitani Scalzi (6).
I luoghi più vigilati, oltre agli istituti di credito e finanziari, sono
risultati essere a Roma le istituzioni pubbliche, a Milano le aziende
private, a Napoli i commissariati ed i comandi di polizia, a Verona le
caserme.
Ad eccezione di Milano, dove le telecamere sono equamente
distribuite tra zone centrali e semicentrali, si è riscontrata una maggiore
concentrazione di meccanismi di controllo video nelle aree poste al
centro delle città.
La posizione delle telecamere risulta essere nella maggioranza dei
casi ad altezza portone e di visibilità alta.
Non sono mancati durante la rilevazione casi originali di
dissimulazione, quali la telecamera inserita in un foro nel muro di una
caserma a Napoli, oppure, due telecamere simili ai faretti, poste
all’entrata di un hotel a Roma e, sempre nella capitale, una telecamera
su una recinzione, nascosta sotto le foglie di una pianta rampicante o,
100
ancora, una telecamera su un palazzo d’epoca a Verona, apparentemente
di marmo, per mimetizzarsi meglio sulla facciata dello stesso.
Queste osservazioni, unite ai dati illustrati precedentemente,
mettono in risalto la totale mancanza di regole al riguardo:
 i casi in cui è giustificata la presenza di un impianto di
videosorveglianza;
 la quantità e tipologia di telecamere che si possono
installare;
 la necessità di avvisare della presenza di sistemi di
videosorveglianza;
 la necessità del rispetto di canoni estetici nell’installazione
di tali dispositivi.
Occorre pertanto da parte dello stato predisporre un corpo di norme
quadro che fissi degli standard in quanto con la crescente domanda di
sicurezza e giustizia da parte dei cittadini servono delle norme adeguate
e flessibili in grado di essere aggiornate al variare della innovazione
tecnologica.
5.2. -
VIDEOSORVEGLIANZA E SICUREZZA: ESPERIENZE
EUROPEE
In Europa, l’interesse ad installare sistemi TVCC è mosso dal
bisogno di sicurezza e prevenzione, del traffico come della criminalità55.
Negli Stati Uniti questi strumenti sono usati sempre di più negli
spazi privati, anche bagni e docce, per spiare i propri dipendenti, con la
scusa che i bagni sono gli spazi in cui si assumono droghe, diminuendo
così l’efficienza sul lavoro.
Né possiamo altresì ignorare che sta diffondendosi sempre più
liberamente l’uso della Webcams, spesso installate senza la
consapevolezza dei soggetti inquadrati e l’ultima moda sembra essere la
diffusione in Internet di inquadrature delle spiagge alla moda.
55
C. MANGANELLI, Occhi Elettronici, op. citato
101
La miniaturizzazione sempre crescente delle videocamere, la loro
capacità di operare anche in condizioni di scarsa illuminazione o
giovarsi di sistemi di illuminazione ad infrarossi, rendono sempre più
interessanti queste tecnologie ai fini della prevenzione del crimine e
all’individuazione dei colpevoli.
All’estero, noi ci troviamo con paesi privi di regolamenti es.
l’Inghilterra, ed altri fortemente regolamentati, come ad esempio la
Francia56.
 La situazione inglese
In Inghilterra, il Data Protection Act è entrato in vigore nel 1984.
In Inghilterra gli impianti di ripresa televisiva sono sempre più
diffusi, ed una recente statistica permette di classificare l'Inghilterra
come paese europeo con il più alto numero di impianti televisivi istallati
a copertura di luoghi pubblici, dalle stazioni ferroviarie, agli aeroporti,
alle stazioni della metropolitana, ai grandi centri commerciali ed ad aree
urbane in generale.
L'entusiasmo dei pubblici amministratori locali inglesi è tale che
sono perfino sorte delle voci preoccupate su questi occhi elettronici, che
tutto vedono e registrano.
D'altro canto, le statistiche hanno confermato in modo
inoppugnabile che l'installazione di impianti di video sorveglianza ha un
benefico effetto sulla riduzione degli indici di criminalità ed in più casi
ha permesso di ricostruire eventi delittuosi.
Si ricorda, tra gli altri, la tragica vicenda di un bimbo a Coventry
che per mano di due piccoli amici è stato ucciso.
I più grandicelli vennero inquadrati e riconosciuti grazie alle
telecamere di sorveglianza del centro commerciale, ove si è verificato
l'atto criminoso.
Il pubblico è in generale in favore di questi impianti, che gli
offrono più un senso di tranquillità, che un timore di veder violata la
propria privacy.
56
A. BIASIOTTI, La privacy nelle registrazioni audio e video: la esperienza francese ed ipotesi per
quella italiana, Convegno Tecnobanca ’98, www.securcomp.com
102
 La situazione francese
I francesi hanno la più antica legge europea a tutela della privacy,
la legge n. 78-17 del 6 gennaio 1978.
Questa legge è gestita dalla Commission Nationale informatique et
libertè (CNIL), che è quanto mai diligente nella sua applicazione.
Essa tuttavia non si è mai occupata di tali impianti, sinché non è
stata pubblicata la legge di orientamento e programmazione relativa alla
sicurezza (legge di programmazione n. 95-73, il cui testo è stato
pubblicato sul Journal Officiel del 21 gennaio 1995).
L'articolo 10 del capitolo II° del titolo III° tratta specificamente di
videosorveglianza, che per la prima volta viene inquadrata nei
meccanismi di controllo che meglio garantiscono il rispetto dei diritti
degli individui.
La CNIL è stato coinvolto sin dall'inizio nella elaborazione di
questa legge.
E' però in caso di ricordare che nella sua annuale relazione al
parlamento, la commissione ha fatto presente i gravi problemi che si
pongono con le registrazioni audio e video, che certamente potrebbero
violare la privacy degli individui, ove il loro utilizzo non fosse
governato per legge.
La legge di cui prima si è parlato è una legge tecnica, che
esplicitamente esclude il fatto che gli impianti di ripresa e sorveglianza
televisiva possano ricadere nell'ambito del campo di intervento della
CNIL.
Tuttavia, a leggere attentamente le disposizioni di legge, si ha la
netta sensazione che questa prescrizione sia stata introdotta per evitare
di rendere troppo impegnativa la gestione di questi impianti, mentre in
realtà molte delle prescrizioni di legge sono talmente vicine a quelle
caratteristiche di una legge sulla tutela della privacy, che sembra quasi
incidentale il fatto che questi impianti non ricadono appunto sotto la
legge della privacy, anziché sotto la legge che mira a tutelare la
sicurezza dei luoghi pubblici.
Come si vedrà in prosieguo di relazione, e meglio ancora dalla
attenta lettura della circolare del 22 ottobre 1996, relativa alla
applicazione dell'articolo 10 della legge numero 95-73 del 21 gennaio
103
1995, le prescrizioni sono talmente simili da far trovare l'unica
significativa differenza nel fatto che incaricata della applicazione della
legge è una commissione apposita costituita presso la prefettura, anziché
la già menzionata CNIL.
Questa legge non è propriamente un testo di regolamentazione ad
uso dei professionisti della video sorveglianza, perché interessa in primo
luogo le forze dell'ordine.
Ma gli operatori di telesorveglianza devono tenerne conto, perché
essa inquadra in modo ufficiale una pratica già largamente diffusa nel
settore pubblico e nel privato.
Questo testo analizza la messa in opera dello videosorveglianza da
parte delle autorità pubbliche e private al fine di garantire
specificamente:
"la protezione degli edifici e delle installazioni pubbliche e della
difesa nazionale, la regolazione del traffico stradale, la constatazione di
infrazioni alle regole della circolazione stradale, la prevenzione di
attacchi alla sicurezza di persone e di beni".
La videosorveglianza è pertanto autorizzata in aree aperte al
pubblico, ma l'installatore e l'utilizzatore sono obbligati ad applicare
alcune regole di diritto, per inquadrarsi perfettamente nei dettati di
legge.
Le operazioni di videosorveglianza non possono visualizzare.
Infine, l'installazione deve ricevere un'autorizzazione prefettizia.
I sistemi esistenti attualmente dovranno essere assoggettati ad una
dichiarazione equivalente ad una domanda di autorizzazione57.
La situazione in Francia è ora sotto controllo, anche se gli
adempimenti relativi sono risultati piuttosto fastidiosi per gli enti
coinvolti.
Gli esercenti si sono adeguati, le banche hanno messo in bella
mostra il cartello richiesto dalla legge ed hanno modificato le modalità
di conservazione dei nastri o dei supporti magnetici registrati.
Il posizionamento delle telecamere è stato modificato in modo da
rispettare il dettato di legge.
57
In APPENDICE pag. 138 il testo di legge
104
Una banca inglese, la National Building Society, ha aperto il primo
sportello automatico dotato di un sistema d’identificazione dei clienti
basato sul riconoscimento dell’ iride.
Malgrado l’accuratezza nel riconoscimento, la diffusione dell’
applicazione soffre di poco gradimento da parte della clientela, che teme
per l’incolumità di una parte molto sensibile come gli occhi: per questo
è in atto uno sviluppo tecnologico che sia in grado di leggere e
individuare il tracciato dell’iride da distanze sino a tre metri.
Ma occorre riflettere sui rischi connessi alla diffusione di queste
tecnologie: l’abitudine a ricorrervi potrebbe generare, nei gestori che le
utilizzano il desiderio a conseguire qualche risultato in più dalle
informazioni così raccolte e trattate.
Se si indaga tra le ipotesi di utilizzo che la NCR, uno dei leader
mondiali degli sportelli automatici, che sta sperimentando questa
tecnologia per accrescere la sicurezza delle transazioni e combattere le
frodi, si rileva l’intenzione di accrescere ulteriormente i plus della nuova
generazione di sportelli intelligenti che collegandosi ai grandi database
centrali delle banche, dovranno essere in grado d’inviare informazioni
personalizzate ai clienti.
Ad esempio, riconoscendo con certezza una persona che deposita
abitualmente la stessa cifra e rilevando in un certo giorno un deposito
più consistente, lo sportello intelligente potrebbe proporgli forme
d’investimento o assicurazioni; ancora, considerando che applicazioni di
lettura e analisi dell’iride si stanno conducendo in medicina, al fine di
individuare predisposizioni a determinate patologie e prevenirle,
potrebbe nascere presso le imprese finanziarie o assicurative che
adottano rilevatori biometrici dell’iride per riconoscere senza errore la
propria clientela, il desiderio di interpretare anche i segnali di natura
sensibile per risalire a stati sanitari o consentire la valutazione di
predisposizioni patologiche: i dispositivi di riconoscimento biometrico
non possono divenire occasione per una raccolta eccedente e non
pertinente con le funzioni che si intendono assolvere con la loro
installazione.
Non è certo pertinente un eventuale trattamento che, partendo dalle
caratteristiche biometriche possa far risalire a stati sanitari o consentire
la valutazione di predisposizioni patologiche per una eventuale analisi
105
dei rischi da erogazione del credito, sconfinando così pericolosamente
nel campo del trattamento dei dati sensibili.
Ciò, se attuato, equivarrebbe ad una forzosa schedatura dei
cittadini.
In molte nazioni che stanno conducendo progetti basati su queste
tecnologie, sono nate ragionevoli preoccupazioni sui rischi alla
riservatezza che ne possono derivare: innanzi tutto la preoccupazione
che si stia procedendo sempre più verso una sorta di disumanizzazione
dell’individuo ed una sua riduzione a sequenze di informazioni digitali;
poi il timore che soluzioni tecnologiche di questo genere contribuiscano
ad accrescere il potere di controllo, da parte dello Stato e dei grandi
gruppi finanziari, sui singoli infine che l’evoluzione verso una società in
cui la burocrazia è assistita e pilotata dalle tecnologie piuttosto che da
un governo di rappresentanti eletti dai cittadini, consentirà vie di fuga
dal controllo solo alle classi più ricche e più potenti, squilibrando i
rapporti sociali e rafforzando le occasioni di frodi e crimini informatici.
In Germania, Spagna e Francia esiste una normativa apposita per le
installazioni nei luoghi pubblici: ad esempio in Francia i progetti di
installazione debbono essere presentati ad appositi uffici, completi delle
informazioni relative al numero di telecamere da installare, gli angoli di
brandeggio e i valori di zoom, la tipologia di raccolta delle registrazioni
e la durata di conservazione delle immagini; in funzione delle
motivazioni di registrazione gli uffici competenti, a livello di prefetture ,
rilasceranno le autorizzazioni o suggeriranno le modifiche da apportare.
La 59ma Conferenza delle Autorità tedesche per la protezione dei
dati a livello federale e regionale si è tenuta ad Hannover il 14 e
15/3/200058.
Burckhard Nedden, presidente in carica della Conferenza, ha
dichiarato che “le autorità di protezione dati della Germania vedono
rischi per la tutela dei dati personali soprattutto nell’impiego sempre più
diffuso di videocamere in luoghi pubblici, ed in considerazione delle
molteplici forme di sorveglianza del libero flusso di telecomunicazioni”.
58
Rischi e limiti della videosorveglianza: la risoluzione approvata dalla 59ma conferenza delle
autorità tedesche per la protezione dei dati, www.privacy.it
106
Lo sviluppo tecnologico rappresenta una grande sfida, ma anche
una grande occasione per la protezione dei dati.
La diffusione di Internet sta creando in misura crescente la figura
dell’utente “di vetro”, e fra i consumatori c’è una forte sensibilizzazione
rispetto agli strumenti per tutelarsi contro gli abusi dei propri dati su
internet.
Nella conferenza è stato trattato anche il tema della
videosorveglianza, i cui rischi e limiti sono stati evidenziati dalle
autorità di protezione dei dati attraverso un’apposita risoluzione.
In essa si rileva che l’utilizzo di videocamere per scopi di
sorveglianza è sempre più frequente.
In aeroporti, stazioni, gallerie commerciali, grandi magazzini o
presso sportelli bancari o in altri luoghi accessibili al pubblico,
dovunque il cittadino è costretto a fare i conti con la presenza di una
videocamera che ne riprende ogni passo, di nascosto o meno.
La Conferenza ha nuovamente sollecitato il ricorso su base diffusa
alla videosorveglianza dei centri storici delle città nell’ambito della lotta
alle attività criminali.
Le autorità per la protezione dei dati dubitano che ciò consenta
effettivamente una riduzione apprezzabile del numero di reati, anziché
dar luogo più semplicemente allo spostamento delle attività criminali in
altre aree.
Ad ogni modo, non si tiene sufficiente conto del fatto che alla
videosorveglianza sono legati rischi particolari per il diritto
all’autodeterminazione informazionale e alla libera circolazione nei
luoghi pubblici.
Le autorità per la protezione dei dati giudicano che sia necessario
definire rapidamente per legge i requisiti giuridici e tecnici applicabili
alla videosorveglianza.
In Gran Bretagna l’utilizzo della videocamera per sorvegliare le
strade è molto diffuso: il 95% delle città inglesi utilizza videocamere
nascoste per sorvegliare interi tratti stradali59.
E gli inglesi non ci vedono niente di male.
Tutt’altro: secondo alcuni sondaggi, fra il 70 e il 90% dei cittadini
britannici è favorevole alla videosorveglianza.
107
Il consenso viene promosso attraverso trionfalistici annunci sulla
riduzione del numero dei reati dopo l’installazione di videocamere.
In alcune città sembra che il numero dei reati sia sceso del 74%,
mentre la percentuale di casi risolti è aumentata di un terzo.
Si tratta di dati che appaiono un po’ esagerati; secondo una ricerca,
il numero dei reati è sceso di appena il 20%.
In Germania non sembrano essere disponibili studi approfonditi
sull’utilizzazione di videocamere nell’ambito della prevenzione e
repressione di attività criminali.
Uno studio relativo all’utilizzo di videocamere sul piazzale
antistante la stazione di Lipsia segnala una diminuzione dei reati che
cadono sotto l’occhio della videocamera, ma il tasso di criminalità nel
suo complesso è rimasto identico.
Soprattutto a Lipsia non si è riusciti a porre fine allo spaccio di
stupefacenti con l’ausilio della videosorveglianza, quando proprio
questa era la finalità per cui si è deciso di installare videocamere sul
piazzale della stazione.
E’ vero che lo spaccio non avviene più sul piazzale, ma si è
semplicemente spostato in altre zone della città non sottoposte a
sorveglianza.
L’obiezione che i tutori della privacy muovono all’impiego della
videosorveglianza di strade e luoghi pubblici su base diffusa e
permanente è che essa costituisce una sorta di pedinamento continuo
con effetti psicologicamente devianti, tali da trasformare cittadini
consapevoli e autonomi in altrettanti ipocriti che vivono nel
conformismo e nel terrore costanti.
Questi rischi sussistono soprattutto qualora non sia possibile
prevedere chi sia sorvegliato e per quanto tempo vengano conservate le
immagini registrate.
La polizia è favorevole alla videosorveglianza, con alcune
limitazioni.
Secondo il capo della Polizia di Wiesbaden, le videocamere da sole
non sono in grado di arginare la criminalità.
Né sarebbe utile avere telecamere nascoste dappertutto, perché non
ci sarebbe un numero sufficiente di poliziotti per controllare le riprese e
59
La Telecamera da sola non serve a nulla, www.privacy.it
108
intervenire sul posto qualora le immagini mostrassero atti vandalici
compiuti da adolescenti, aggressioni o spaccio di stupefacenti.
Per dirla con il capo della polizia, videocamere non sorvegliate
garantiscono solo finta sicurezza.
Incurante di questi moniti, la maggioranza dei tedeschi si dice
favorevole all’impiego di videocamere su strade e piazze pubbliche.
5.3 -
IL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI PER RAGIONI
DI GIUSTIZIA
Giuseppe Santaniello, vicepresidente del Garante per la protezione
dei dati personali, è intervenuto al convegno su “Privacy e Giustizia”
Forum P.A. 2000, trattando il tema sul trattamento dei dati personali per
ragioni di giustizia60.
Il nucleo tematico del convegno va collocato nel quadro dei
rapporti di bilanciamento intercorrenti tra la tutela della riservatezza e
altri diritti costituzionalmente protetti.
La legge base 675/96 prevede molteplici situazioni in cui viene in
rilievo il raccordo fra valori concorrenti che convergono verso un
comune punto di intersezione.
Ciò si verifica ad esempio in relazione all'esigenza di bilanciare il
diritto alla vita privata con la libertà di manifestazione del pensiero,
diffuso attraverso i mezzi di informazione, o di armonizzare l'attività
sanitaria, rivolta alla tutela della salute, con l'osservanza dei limiti
connessi alla protezione della privacy, o di coordinare la ricerca storica e
scientifica con determinati fattori di protezione della sfera privata.
Ed una delle situazioni più rilevanti, data l'importanza dei valori
giuridici in gioco, riguarda la ricerca del giusto equilibrio fra i
trattamenti di dati rivolti a finalità di giustizia e i principi basilari di
tutela della sfera privata.
È da notare che tale specifica esigenza di raccordo connessa
all'ambito funzionale della privacy ha trovato risalto nel documento
conclusivo della recente indagine conoscitiva, svolta dalla Commissione
60
G. SANTANIELLO, Il Trattamento dei dati personali per ragioni di giustizia, www.privacy.it
109
affari costituzionali della Camera dei Deputati in tema di autorità
indipendenti.
Da questa relazione emerge che la tutela della riservatezza non é a
carattere settoriale (come avviene in altri campi quali, ad es. quello dei
servizi di pubblica utilità o della libertà di mercato), ma si connota con
carattere trasversale, in quanto non riguarda una cerchia di categorie di
soggetti bensì si estende in relazione alla generalità dei cittadini e alla
moltitudine delle aree di attività economico-sociale.
Anzi la Commissione affari costituzionali distingue fra autorità di
garanzia con vocazione monista, cioè rivolte alla salvaguardia di una
delimitata area di interessi giuridici, ed autorità con vocazione
intersettoriale, tra cui quella di garanzia della riservatezza.
Inoltre, tornando al punto specifico del raccordo tra i valori
concorrenti, va osservato come il contemperamento tra riservatezza e
altre situazioni costituzionalmente garantite si configuri non secondo
uno stampo giuridico unitario, bensì composito e articolato, in guisa da
influenzare la misura e le modalità del bilanciamento stesso.
Dal testo della legge 675/96 si ricava una nozione del diritto alla
riservatezza multiforme, in quanto esso si conforma come un diritto a
consistenza concentrica, al cui centro si colloca la categoria dei dati
sensibili, che costituiscono il nucleo duro del diritto alla privacy.
Tale configurazione geometrica comporta una graduazione di tutela
offerta a seconda del contenuto dei dati con la conseguente variabilità di
strumenti e di livelli di intervento.
Sicché in rapporto al diverso grado di riservatezza dei dati (se
ordinari o sensibili) bisogna verificare se sussistano altri diritti o
interessi meritevoli di pari o superiore tutela.
Secondo una formula dottrinale, non vi é una sola categoria di
privacy, ma una costellazione di diverse categorie della riservatezza.
In siffatto polimorfismo, ad esempio si diversifica la tutela della
riservatezza, sia a seconda che i trattamenti provengano da soggetti
privati o da soggetti pubblici e sia in relazione ad una vasta tipologia dei
dati personali, in base alla quale si differenzia la privacy inerente ai dati
sanitari da quelli giornalistici o da quelli del settore bancario, od
assicurativo, o del settore della ricerca storica e scientifica.
110
Ciò premesso, non vi é dubbio che al trattamento dei dati personali
per finalità di giustizia spetti un regime giuridico particolare, così come
é stabilito dal legislatore della 675/96.
La quale si pone in sintonia con le leggi di altri paesi europei,
spirate al principio di riservare regole particolari al trattamento di dati
personali per ragioni di giustizia o per finalità della lotta Anticrimine.
Va ricordato che le basi della legislazione tedesca in materia, si
ritrovano nella legge federale per la protezione dei dati personali,
nonché nelle leggi emanate dai Lander federali per quanto di loro
competenza.
In tali normative sono previsti limiti al diritto all’informazione nei
confronti delle attività delle autorità preposte a compiti di lotta contro la
criminalità.
In riferimento alla Gran Bretagna, il Data Protection Act emanato
nel 1984 esclude dal diritto di accesso i dati relativi alla prevenzione e
alla punizione di crimini.
La legge spagnola dichiara inapplicabili le norme generali inerenti
alla raccolta dei dati personali, quando l’informazione agli interessati
riguarda la sicurezza pubblica o il perseguimento di infrazioni penali.
La legge francese del gennaio 1978, nel ribadire i principi
costituzionali di salvaguardia dei diritti umani, della vita privata e delle
libertà individuali, riserva tuttavia esclusivamente ai servizi pubblici
competenti i dati relativi a infrazioni di carattere penale e concede agli
interessati solo un accesso indiretto (tramite CNIL) ai dati relativi alla
pubblica sicurezza.
Ed ora, tornando alla nostra legge 675/96, si osserva che la regola
base, racchiusa nella lettera d) dell'art.4, fa esplicito riferimento al
trattamento di dati effettuato "per ragioni di giustizia nell'ambito di
uffici giudiziari del Cons. Sup. della Magistratura e del Ministero di
Grazia e Giustizia".
Su tale norma si sono delineati anzitutto gli indirizzi interpretativi
di carattere dottrinale, i quali su taluni profili hanno registrato una
convergenza e su altri invece hanno manifestato posizioni di dubbio e di
incertezza.
Sicché può affermarsi che in proposito vi siano punti fermi e punti
controversi.
111
Tuttavia si è formata una confluenza di opinioni sui seguenti
profili:
a) l'art.4 lett. d), esclude l'applicabilità di questa legge ai trattamenti
effettuati per ragioni di giustizia nell'ambito di uffici giudiziari, del
C.S.M. e del Ministero della Giustizia; e la successiva lettera e) estende
l'esclusione medesima anche ad "altri soggetti pubblici per finalità di
difesa e di sicurezza dello Stato o di prevenzione, accertamento o
repressione di reati".
E' da notare che gli uffici giudiziari sono richiamati in connessione
col C.S.M. e il Ministero della Giustizia, che costituiscono
rispettivamente l'organo di autogoverno e l'autorità politicoamministrativa dotata di poteri della azione disciplinare, e di
organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla magistratura
ordinaria.
In tale ambito, l'espresso riferimento alle ragioni di giustizia
restringe l'operatività della norma alle attività di carattere propriamente
giudiziale o a queste strumentalmente e strettamente connesse, con
conseguente esclusione di quelle di tipo amministrativo dagli stessi
organismi pure svolte;
b) inoltre, quanto agli uffici giudiziari, si è posto il problema se con
tale locuzione il legislatore abbia inteso fare riferimento agli uffici della
giurisdizione ordinaria ovvero anche agli organi di giustizia
amministrativa, contabile, tributaria etc. Un'interpretazione non
meramente letterale, ma sistematica induce a privilegiare una lettura
della norma, comprensiva di ogni giurisdizione;
c) l'esigenza di evitare l'indiscriminato ampliamento del campo
precettivo della lettera e) legittima la conclusione che tale disciplina
particolare non é suscettibile di applicazioni per analogia o per
interpretazione estensiva, sicché va riferita soltanto ai reati e non anche
agli illeciti amministrativi;
d) inoltre é opinione ampiamente condivisa (cfr. S. Pardini,
Losano-Zeno Zencovich, G. Conte) che le disposizioni sulla sicurezza
112
dei dati, enunciate nell'art. 15 della legge n. 675, siano valevoli anche
per i trattamenti pubblici in materia di giustizia, nonché di polizia e di
difesa e sicurezza dello Stato.
Invero le misure di sicurezza sono coessenziali a qualsiasi tipo di
trattamento di dati, in quanto sono finalizzate ad evitare il rischio della
loro distruzione o perdita, anche accidentale nonché il pericolo di
accessi non autorizzati.
Dunque può affermarsi che in linea generale le esigenze connesse
alla tutela dell'interesse della giustizia sono ritenute, dall'ordinamento,
meritevoli di una tutela prioritaria rispetto a qualunque altro interesse.
E in tale prospettiva problemi di compressione del diritto alla
riservatezza si ravvisano tanto in relazione al processo penale quanto in
area extrapenale, anche se ovviamente nel primo ambito la preminenza
degli interessi giustiziali é assai più evidente e più consistente.
Tuttavia anche nel processo civile emergono, pur se con minore
rilievo, alcuni nodi problematici.
La dottrina si é occupata poco di tale questione; tuttavia va
segnalato un accurato studio di Maria Panetta, avente ad oggetto il
processo civile, che pone in risalto come la fase in cui legittimamente si
verifica tale compressione é rappresentata in generale dall'istruzione
probatoria.
E in particolare l'autrice rileva, in riferimento alla produzione di
documenti nel giudizio civile, che mentre non si pone alcun problema di
violazione della privacy in relazione alle scritture pubbliche, questioni
di lesione della altrui riservatezza possono sorgere qualora siano
prodotte in giudizio scritture private o altre prove documentali.
Non solo le elaborazioni della dottrina sono valse a sciogliere
taluni nodi problematici, ma anche le decisioni del Garante hanno
contribuito alla chiarificazione di punti controversi.
L'organo di garanzia non é intervenuto ex officio, ma a seguito di
quesiti oppure di istanze formulate sia da soggetti pubblici che privati.
Nel rispondere a una serie di quesiti proposti dal C.S.M., esso ha
rilevato l'esigenza di individuare la tipologia dei molteplici trattamenti
effettuati dal Consiglio, poiché si impone una suddivisione tra le
strutture connaturate strettamente all'attività giudiziaria e quelle solo
indirettamente funzionali a quest'ultima.
113
Sicché i trattamenti riconducibili al secondo tipo devono osservare
le prescrizioni applicabili alle comuni attività poste in essere dalle
pubbliche amministrazioni.
E per quanto concerne l'adozione delle misure di sicurezza dei dati,
il C.S.M. é tenuto al rispetto degli obblighi di cui all'art. 15 della legge
675.
Di notevole rilievo é la fattispecie di un interessato che ha prodotto
ricorso ai sensi dell'art. 29 della legge 675, lamentando che alcuni dati
relativi alla sua abitazione e ai soggiorni alberghieri suoi e di familiari,
figuravano agli atti di un'indagine penale alla quale essi erano estranei, e
che erano stati, poi, pubblicati su organi di stampa.
Al riguardo il Garante ha osservato che anche agli uffici giudiziari
sono applicabili, in base all'art. 9 della legge 675, i principi di pertinenza
e di non eccedenza dei dati trattati.
Particolare attenzione ha destato nell'opinione pubblica un'altra
vicenda, nella quale erano state diffuse dalla polizia giudiziaria alcune
informazioni (dati anagrafici, fotografie e ospedale di ricovero) relative
ad una prostituta risultata sieropositiva.
L'organo di garanzia ha deciso, anche con riferimento alle norme
della legge 135/1990 (le quali esigono una particolare cautela per le
informazioni relative ai casi di AIDS), che nella specie gli organi
investigativi avrebbero dovuto individuare modalità più consone ai
principi di pertinenza e di non eccedenza dei dati trattati.
Nel rispondere ad un quesito posto dal Consiglio di Stato, si é
avuta occasione di precisare che, fra le disposizioni non abrogate dalla
legge 675 vanno ricomprese anche le norme riguardanti la conoscibilità
del calendario dei processi, della pubblicità delle udienze e degli esiti
dei giudizi, nonché quelle concernenti l'accesso ai registri giudiziari e
l'estrazione di copia degli atti processuali, vertendosi in una materia che
resta prevalentemente regolata dai codici e da altre normative
processuali.
E inoltre é stato chiarito che sono da ritenere applicabili anche al
processo amministrativo e a quello contabile le cautele richieste nella
notifica degli atti del processo a garanzia della riservatezza della persona
interessata.
Ed ora un profilo conclusivo.
114
In base alle considerazioni svolte, il nucleo tematico dei trattamenti
per ragioni di giustizia presenta molti punti chiari, ma residuano anche
molti nodi problematici da sciogliere.
È auspicabile che, nella prospettiva di ulteriori interventi normativi
rivolti a integrare la legge-base 675/96, vi sia una ricognizione puntuale
dei trattamenti medesimi.
In una materia in continua evoluzione ed espansione, nel ritmo
incessante delle nuove generazioni di diritti, vi é l'esigenza di produrre
norme capaci di corrispondere alle istanze della società e ai valori
dell'ordinamento.

Esempio di richiesta di parere al Garante da parte della
Società Alitalia SpA per chiarimenti in ordine alla applicabilità
della legge 675/96 ad alcune richieste di informazioni sui dati dei
passeggeri dei voli aerei, formulate in relazione a indagini penali
o ad altre attività di accertamento amministrative o tributarie61.
Il Garante al riguardo scompone le richieste in quanto per alcune
non è chiara la base giuridica, mentre per altre vi è l’obbligo:
a) richieste relative ad attività di indagine di polizia giudiziaria
Le richieste di dati personali per esigenze di polizia giudiziaria,
sono riconducibili ai trattamenti disciplinati dall’art. 4 della legge n.
675/1996 ("Particolari trattamenti in ambito pubblico").
A tali trattamenti, che riguardano alcuni rilevanti interessi pubblici
in materia di giustizia, sicurezza nazionale, sicurezza pubblica, ecc., il
legislatore ha riservato una disciplina particolare; norme specifiche
dovevano essere peraltro dettate da un decreto legislativo previsto, in
materia, dalle leggi di delega nn. 676/1996 e 344/1998, e potrebbero
essere introdotte ove tale delega sia nuovamente conferita dal
Parlamento.
Le richieste cui fa riferimento codesta Società si collegano a
trattamenti effettuati "per ragioni di giustizia, nell’ambito di uffici
giudiziari", quando siano formulate nell’ambito di attività delegate
dall’autorità giudiziaria (art. 4, comma 1, lett. d) l. 675/1996 e art. 370
del codice di procedura penale); possono invece riguardare trattamenti
61
Parere del Garante del 6 ottobre 1999
115
"per finalità di prevenzione, accertamento o repressione dei reati, in base
ad espresse disposizioni di legge che prevedano specificamente il
trattamento", quando derivino da un’attività investigativa o d’indagine
di iniziativa degli organi di polizia (art. 4, comma 1, lett. e) e artt. 347 e
ss. cpp).
Per quanto riguarda la protezione dei dati, ai trattamenti in
questione si applicano, al momento, solo le disposizioni della legge n.
675/1996 indicate al comma 2 del medesimo articolo 4, fra le quali non
è ricompreso l’articolo 20 (requisiti per la comunicazione di dati da
parte di soggetti privati) cui fa riferimento codesta Società.
Ne consegue che, in presenza di richieste motivate da esigenze di
indagine di polizia giudiziaria, ad esse deve darsi corso in base alle
richiamate norme del codice di procedura penale, non ostandovi
l’applicabilità della legge n. 657/96.
Pertanto, con riferimento ai casi sottoposti all’attenzione di questa
Autorità le richieste dei Comandi dei Carabinieri, del Nucleo regionale
polizia Tributaria e della Questura appaiono legittime.
Non risultano invece del tutto chiare le finalità per le quali sono
state avanzate le richieste dalla Direzione regionale delle entrate per la
Sardegna e dal Ministero delle Finanze.
Va inoltre precisato che in base al medesimo comma 2 dell’art. 4, il
principio di pertinenza dei dati (art. 9 della legge 675/96) trova
applicazione anche ai trattamenti per finalità di polizia giudiziaria,
sicchè, sotto questo aspetto, le richieste di informazioni (ferma restando
la loro riconducibilità ad un’indagine in corso) dovranno, nei limiti del
possibile, essere circostanziate sotto il profilo quanto meno oggettivo e,
soprattutto, temporale (ad es.: circostanze di luogo, linee e numero dei
voli).
È invece opportuno che le richieste evidenzino meglio il loro
riferimento ad una attività di polizia giudiziaria.
b) richieste relative ad altre finalità istituzionali.
Laddove non siano invece riconducibili all’esercizio di poteri di
polizia giudiziaria (o, beninteso, alle altre funzioni indicate nell’articolo
4), alle richieste avanzate da pubbliche autorità per finalità istituzionali
116
si applica la disciplina generale prevista per i flussi informativi fra
soggetti pubblici e privati (artt. 27 e 20, l. 675/96).
In base al combinato disposto di tali norme, se da un lato i soggetti
pubblici effettuano i trattamenti di dati necessari "per lo svolgimento
delle funzioni istituzionali, nei limiti stabiliti dalla legge e dai
regolamenti" (art. 27, comma 1), la comunicazione ad essi dei dati, da
parte di privati, è consentita con il consenso dell’interessato, ovvero in
presenza di alcuni presupposti equipollenti fra i quali il legislatore ha
ricompreso "l’adempimento di un obbligo previsto dalla legge, da un
regolamento o dalla normativa comunitaria" (art. 20, comma 1, lett. c).
Le richieste avanzate dalla Direzione regionale delle entrate per la
Sardegna e dal Ministero delle finanze, vanno esaminate alla stregua di
tali disposizioni, in quanto in esse non è esplicitato se esse siano
riconducibili ad attività di polizia giudiziaria.
Ove si accerti la loro finalizzazione all’acquisizione di elementi
utili per l’accertamento di violazioni di carattere penale, ad esse si
applicherebbe la disciplina di cui all’articolo 4.
Diversamente, ove si colleghino al perseguimento di violazioni a
carattere amministrativo, poiché tale finalità non è ricompresa fra quelle
elencate nella lettera e) del ripetuto articolo 4, si applicherebbe la
disciplina generale della legge n. 675 alla quale si è fatto poc’anzi
cenno.
Pertanto, alle richieste in questione codesta Società è tenuta a dar
corso, senza che si considerino ostative le disposizioni della legge n. 675
sulla tutela della riservatezza dei propri clienti, ove l’Amministrazione
indichi nelle richieste disposizioni normative che prevedano l’obbligo di
riferire all’ufficio o all’organo richiedente dati e notizie di terzi (art. 20,
comma 1, lett. c), legge n. 675).
Si fa riferimento, a titolo d’esempio, al potere dell’amministrazione
finanziaria di "inviare ai soggetti che esercitano imprese….questionari
relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini
dell’accertamento, anche nei confronti di loro clienti e fornitori" (art. 52,
dPR 26 settembre 1972, n. 633, in materia di IVA), nonché al potere di
"invitare ogni altro soggetto ad esibire atti o documenti fiscalmente
rilevanti concernenti specifici rapporti intrattenuti con il contribuente e a
fornire i chiarimenti relativi" (art. 32, dPR 29 settembre 1973, n. 600, in
117
materia di imposte dirette) e al relativo potere sanzionatorio (art. 11,
comma 1, lett. a), d.lg. 18 dicembre 1997, n. 471).
Quanto al rispetto del principio di pertinenza dei dati nei casi di
specie, la documentazione inviata a questa Autorità non consente al
Garante di verificare la correttezza della richiesta della Direzione
regionale delle entrate; non è, invece, sicuramente, in linea con il
medesimo principio di pertinenza la richiesta del Ministero delle
finanze, in quanto essa contiene un generico riferimento "alle liste dei
passeggeri in arrivo e partenza con voli Alitalia, Aeroporto C.
Colombo".
Va infine precisato che l’applicabilità della disciplina generale
della legge n. 675/96 (fuori dei casi di cui al precedente punto a), può
comportare l’obbligo dell’Amministrazione richiedente di fornire alla
Vs. Società l’informativa in ordine al trattamento dei dati raccolti, ai
sensi dell’articolo 10, comma 1, della stessa legge n. 675/96.
Si tratta in questo caso dell’informativa alla persona presso cui i
dati sono raccolti, che potrà essere peraltro "depurata" degli eventuali
elementi "la cui conoscenza può ostacolare l’espletamento di funzioni
pubbliche ispettive o di controllo" (art. 10, commi 1 e 2), ma dovrà
contenere il riferimento alle finalità cui il trattamento è destinato; il che
risponde ad un’esigenza di trasparenza anche sulla fonte normativa del
potere esercitato.
Nessuna informativa è, invece, dovuta al terzo interessato (il
passeggero) ove per codesta Società sussista l’obbligo di ottemperare
alla richiesta (art. 10, comma 3).
Nel rimanere a disposizione per ogni eventuale chiarimento, questa
Autorità invita le Amministrazioni in indirizzo a valutare l’opportunità
di una diffusione della presente nota agli uffici ed organi interessati e
alle forze di polizia per un utile orientamento sulle prassi da adottare,
anche al fine di consentire ai destinatari delle richieste di informazioni
di desumere più agevolmente la finalità istituzionale perseguita e (in
modo particolare per le istruttorie amministrative o tributarie) il
riferimento normativo che giustifica la richiesta.
118
CAPITOLO 6
ASPETTI GIURIDICI DELLE INDAGINI TECNICHE
6.1 LE PROVE NEL NUOVO CODICE DI PROCEDURA PENALE
Nel procedimento penale la prova si concreta in qualsiasi mezzo
utile per la decisione 62.
Non vi è alcuna limitazione data la particolare necessità di interesse
pubblico della ricerca della verità.
Alle prove il nostro C.p.p. dedica il libro terzo (artt. 187-271).
Le prove possono avere natura generica o specifica.
Sono generiche quelle dirette all'accertamento dell'esistenza del
reato, per indagare, per esempio, se la morte è avvenuta per fatto
naturale o per un fatto dell'uomo; specifiche quelle dirette
all'individuazione dell'autore del reato.
Si è discusso a lungo e si discute ancora, nella dottrina
processualistica ed in quella medico- legale, sul concetto di "prova", la
quale può essere indifferentemente intesa sia come "mezzo di ricerca
della prova" (ispezione, perquisizione, sequestro, intercettazione
telefonica) e sia come "mezzo di prova" vero e proprio (perizie e
consulenze tecniche, esperimenti giudiziali, ricognizioni, confronti,
testimonianze, documenti, esami delle parti)63 .
Altresì si disserta pure, sulla natura delle prove medesime,
generalmente suddivise in prove generiche ed in prove specifiche, in
prove dirette od immediate ed indirette o mediate, in prove attuali ed in
prove storiche.
Senza nulla togliere a mezzi istruttori rilevanti quali la
testimonianza, la ricognizione, il confronto, si ritiene che ai fini del
giudizio, il risultato della perizia tecnica (medico legale, balistica,
immunoematologica, dattiloscopia, ecc.) assume un valore processuale
molto più incisivo e determinante e soprattutto molto più affidante:
62
A. FAVATA, Dizionario dei termini giuridici, Ed. La Tribuna, 1990, p.346
P. ZANGANI, Le Prove nel Nuovo Codice di Procedure Penale Italiano, in Medicina Legale e
delle Assicurazioni, Ed. Morano 1990, p.1220
63
119
basti pensare alla ben diversa capacità probatoria tra il riconoscimento
del presunto assassino o del presunto rapinatore derivante da una
ricognizione personale e, per converso, desumibile invece dalla perfetta
corrispondenza delle impronte digitali, od anche dell'impronta genetica
(DNA finger-print) fra le tracce biologiche repertate sul luogo del delitto
o sul corpo della vittima e l'analogo materiale biologico prelevato
all'indiziato o all'imputato.
Certo, se la prova specifica e la prova generica concorrono ed
armonicamente convergono, allora è chiaro che non sorgono situazioni
processuali di dubbio o di particolare riflessione; ma quando si rilevi,
invece, lo stridente contrasto tra l'uno e l'altro mezzo istruttorio, e
comunque quando questi non risultano precisi e concordanti, non vi
possono essere incertezze di sorta sulla maggiore o massima affidabilità
dell'indagine tecnica, rispetto a quella "specifica".
Fino a venti-trent'anni fa, le scienze forensi potevano dare un
contributo solo relativamente modesto all'investigazione criminale ed
all'indagine giudiziaria in genere: ed allora si può capire e giustificare
una certa procedura forse troppo "inquisitoria" del passato, tendente a
valorizzare i mezzi istruttori della prova specifica, le segnalazioni dei
confidenti, degli informatori, dei pentiti, la ricerca protratta dei
testimoni veri o presunti del fatto, la ricognizione, il confronto, ecc.
Oggi le cose sono profondamente mutate: i progressi delle scienze
criminalistiche, della polizia scientifica in genere e del laboratorio
medico legale in specie, consentono non di rado un contributo
determinante, in particolare nei delitti contro la vita e l'incolumità
individuale e contro la libertà sessuale, con prove oggettive dirette ed
immediate della colpevolezza o viceversa dell'innocenza.
Nel processo accusatorio il tema della prova è tra i più impegnativi,
per la grande importanza che la disciplina dei modi e degli strumenti di
convincimento del Giudice assume nel sistema del nuovo processo
penale.
E ciò con peculiare riguardo pure alle prove generiche (e dunque
anche tecnico-peritali), rispetto a quelle specifiche (ossia rispetto alle
prove che sorgono da elementi oggettivi e richiedono l'altrui percezione,
l'attività psichica altrui).
120
Non si tratta di contrapporre una verità tecnico-scientifico assoluta,
dogmatica ed incontrovertibile, alla fallibilità, all'incertezza ed
all'aleatorietà del principio relativo al libero convincimento del Giudice,
qualora scarsamente vincolato alle regole sulla prova oppure basato
esclusivamente o prevalentemente sugli elementi di prova specifica.
Si tratta soltanto di affermare un principio ormai pacifico ossia che
al cosiddetto "diritto alla prova" spetta forse il posto centrale, nella
pratica quotidiana del processo penale; e che fra tutti gli elementi di
prova, i dati tecnici sono certamente quelli meno incerti, meno fallaci e
meno soggettivi.
La cultura delle prove "generiche", oggettive, d'apprezzamento
diretto ed immediato, comporta necessariamente la valorizzazione di
quel formidabile "mezzo di prova" che è la perizia tecnico-scientifica;
ma che quest'ultima, per risultare compiutamente "affidante" e
processualmente rilevante, deve essere espletata nel rigoroso rispetto
della più ortodossa metodologia medico-legale, sia cartesiana che
sperimentale, e da periti veramente al di sopra d'ogni sospetto, per
professionalità e deontologia.
Spesso la scienza entra nelle aule di tribunale contribuendo al
libero convincimento del Giudice; va però notato che spesso manca un
controllo critico di queste prove scientifiche poiché le stesse vengono
valutate da persone senza una specifica formazione tecnica (giudici,
avvocati).
Infatti non di rado i giuristi non sono al corrente delle potenziali
imperfezioni di un metodo o di argomentazione scientifica specifica
della criminalistica e non sono in grado di muovere obiezioni64.
Altre volte le parti in un processo presentano perizie
diametralmente opposte e lasciano ad una giuria di profani il compito di
decidere la validità di argomentazioni scientifiche 65.
Certo a dover decidere alla fine è il Giudice, che opera con il libero
convincimento, ma sarebbe per lo meno discutibile respingere a priori
tale genere di prove, perché non sono catalogate dal legislatore o in
quanto potrebbero in teoria dar luogo a costruzioni artificiali, sicchè
64
F. TARONI, C. CHAMPOD, Riflessioni sulla valutazione della prova scientifica, in Giustizia
Penale, III, 1993, p.249
65
L. CECCAROLI, Tesi di Laurea, op. cit., Tutti i riferimenti giuridici, da questo punto in avanti,
sono stati desunti dalla tesi citata
121
occorre che tutti i magistrati, così come tutti gli altri operatori assumano
un atteggiamento di grande umiltà, di grande disponibilità a ristudiare o
meglio a scoprire dei nuovi settori.
I magistrati sono entrati in Magistratura in una determinata epoca
e devono passare da questa epoca ad un'altra in cui la conoscenza
dell'informatica e della medicina legale
tradizionale diventerà
indispensabile nella prospettiva di realizzare un linguaggio comune, una
intesa nel porsi gli obiettivi con gli operatori dei vari corpi di polizia66.
La prova documentale è collocabile nel punto di frizione tra due
opposti principi che regolano il processo penale e cioè il principio di
immediatezza ed il principio di non dispersione degli elementi di prova.
Da un lato il principio di immediatezza vorrebbe che la prova fosse
formata soltanto in dibattimento e cioè con il pieno rispetto del
contraddittorio e dell'oralità.
Da un altro lato, vi sono pressanti esigenze pratiche che hanno
imposto al legislatore di non perdere quegli elementi di prova che,
raccolti prima del dibattimento, non possono più essere acquisiti in
quest'ultimo in modo genuino.
Il conflitto tra gli opposti principi è risolto dal codice configurando
l'immediatezza come regola (art. 526 c.p.p.), rispetto alla quale si
pongono come eccezioni le ipotesi di uso di prove precostituite, e cioè
formate prima o fuori del dibattimento67.
Ebbene i documenti si qualificano appunto come prove
precostituite e pertanto si pongono come eccezioni alla regola
dell'immediatezza.
Ogni volta un impianto di videosorveglianza riprende un’ azione
criminosa la Polizia Giudiziaria, che compie l'attività investigativa,
sequestra la videocassetta quale documento costituente corpo del reato e
la invia al giudice tramite il P.M.
Spetterà a questo punto al Giudice verificare il grado di
rassomiglianza tra il sospettato-indagato e il protagonista del filmato per
trarne conseguentemente un risultato positivo che porterà alla condanna
o uno negativo che porterà all'assoluzione; la questione sarà ancora più
L. PERSICO, Profili processuali dell’identificazione di rapinatori ripresi da impianti televisivi a
circuito chiuso,p.26, in Polizia Moderna suppl. n.1 -1998
67
P. TONINI, La prova Penale, III, Ed. CEDAM,1999,p.90
66
122
complessa se si constaterà che gli unici elementi raccolti a carico
dell'indagato sono appunto le immagini videoregistrate68.
Certo che se il rapinatore si presenta allo sportello con zoccoli
caprini, la coda, odorante di zolfo e con le orecchie a punta come il dr.
"Spock" della famosa serie televisiva, probabilmente anche il giudice
con il libero convincimento può enunciare un'identificazione sicura, ma
in pratica è necessario arrivare a dei criteri scientifici di identificazione
-antropometria-informatica- poiché purtroppo le identificazioni fatte
personalmente dal giudice69 in base al libero convincimento,
rarissimamente possono convincere70.
Nei capitoli precedenti sono state illustrate le metodologie
utilizzate dalla Polizia Scientifica (organo istituzionalmente deputato a
compiere indagini tecniche), che collabora col Giudice, per consentire
allo stesso di giungere ad un giudizio di rassomiglianza71 in modo utile,
concludente, oggettivamente riscontrabile, tale da consentirgli di esporre
nella motivazione della sentenza di condanna le ragioni per cui è giunto
a ritenere che l'imputato sia proprio colui che venne ripreso nel corso del
reato.
Va precisato che trattandosi di metodiche entrate di recente nella
criminalistica di laboratorio (l'identificazione antropometrica era già
utilizzata a inizio secolo ma solo ora con l'utilizzo dell'informatica se ne
è riscoperta l'importanza), non si è ancora formata una letteratura sulla
tecnica o sul metodo di comparazione caratteristiche essenziali su cui si
basa ad es. l'identità dattiloscopia consolidata da una pratica giudiziaria
costante e secolare.
Dal punto di vista giurisprudenziale la crescente disponibilità di
registrazioni su nastro magnetico di immagini relative alla dinamica di
eventi criminosi e la incalzante richiesta da parte dell'Autorità
Giudiziaria di accertare l'identità degli autori del reato, testimoniano
l'ammissibilità di questo mezzo di prova nella pratica giudiziaria dando
luogo a una giurisprudenza copiosa.
68
Cass. Sez. II, del 22 giugno 1992, sent. N. 02282, imp. Bozzo
Cass. Penale, Sez.II, 10 febbraio 1998, n.01545 imp. Stratigopaulos; Cass. Penale 24 giugno 1986,
in Riv.Pen.1987, 889
70
L. PERSICO, Profili Processuali….., op. cit.
71
Cass. Pen., Sez. II, 16 aprile 1997, n.2751
69
123
L'antropometria informatica, come tutti i nuovi mezzi di indagine
creati dal progresso tecnico che servono all'accertamento dei fatti nel
processo, non permettono di raggiungere il risultato dell'accertamento in
modo autonomo, ma richiedono il supporto della perizia per
l'acquisizione al processo dei relativi risultati.
Ciò comporta il vantaggio di offrire la garanzia dello svolgimento
dell'intera indagine nel pieno rispetto del contraddittorio e delle garanzie
difensive tipiche della perizia.
L'accertamento antropometrico appare, quindi, inquadrabile nella
categoria dei mezzi di prova, suscettibili di libero apprezzamento da
parte del Giudice per il principio di non tassatività dei mezzi di prova e
per quello del libero convincimento, che consente di ricorrere non
soltanto a prove legali o a mezzi tipici di prova, ma altresì ad elementi di
giudizio diversi e comunque acquisiti agli atti, purchè non in violazione
di specifici divieti72; il Giudice dovrà comunque compiere rigorosi
controlli73, mediante riferimento ad altri elementi di riscontro74 e il
libero convincimento dovrà comunque ancorarsi all'obbligo di rigorosa
motivazione con riferimento a riscontri oggettivi e tecnici75.
Quanto alla validità probatoria della metodica in esame, la dottrina
più moderna sostiene la piena ammissibilità in conformità del principio
di libertà di prova, inquadrando però la comparazione antropometrica
come mezzo di indagine non dotato di efficacia autonoma, ma un
coadiuvante della ricognizione e del riconoscimento fotografico che
sono possibili fonti di prova.
L'apprezzamento del risultato delle indagini antropometriche in
termini meramente probabilistici come qualche autore sostiene,
affermando che nel caso di specie non può aversi la certezza
caratteristica ad esempio del raffronto fra le impronte digitali, è
affermazione che non può essere condivisa, giacchè il tutto dipende dal
modo in cui è svolta l'indagine tecnica nel caso specifico.
Sarà il ragionamento del perito ad essere determinante del grado di
convincimento che l'esito dell'operazione può avere sulla libera
valutazione del Giudice: grado di convinzione che potrà essere alto nel
72
73
74
75
Cass. 23 novembre 1984, imp. Fenoglio, in Giust. Pen., 1985, III, 630
Cass. Pen., Sez. I, 16 gennaio 1976, ric. Fricano, in Mass. Uff. dec. Pen., 1977, m. 136923
Cass. Sez. fer., 23 agosto 1990, ric. Millici, in Cass. Pen., 1992,p.380,m.241
Cass. Pen., Sez. I, 23 novembre 1988, Giust.Pen.,1989,III,766
124
caso che il ragionamento dell'esperto sia motivato in modo convincente,
mentre potrà essere dotato di scarsa attendibilità, allorché tale
motivazione lasci margini di dubbio.
Nelle esperienze straniere, particolare attenzione al problema del
valore probatorio del documento informatico in campo penale è stata
data dalla normativa anglosassone la quale prevede che qualora il
computer, al pari di qualsiasi altro strumento elettronico, venga usato in
modo meccanico, esso debba essere considerato come fonte di prova
diretta.
6.2 -
VALORE PROBATORIO DELLA PROVA
DATTILOSCOPICA
L’efficacia probatoria delle impronte papillari, dal Bertillon al
Codice di Procedura Penale vigente, che all’art. 349 (-1° comma- La
polizia giudiziaria procede alla identificazione della persona nei cui
confronti vengono svolte le indagini e delle persone in grado di riferire
su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti. -2° comma- Alla
identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le
indagini può procedersi anche eseguendo, ove occorra, rilievi
dattiloscopici, fotografici e antropometrici nonché altri accertamenti.),
la consacra quale mezzo certo per l’identificazione della persona, è
andata acquistando sempre maggiore importanza.
Mentre l’indirizzo giurisprudenziale meno recente sosteneva che il
valore probatorio dei rilievi dattiloscopici doveva essere confortato da
ulteriori elementi di prova, la dottrina ed alcune sentenze della
Cassazione andavano affermando che le risultanze delle indagini
dattiloscopiche avevano pieno valore probatorio considerata l’obiettività
e l’inconfutabilità del dato tecnico acquisito.
La sentenza 9051 della sezione 2° del 12/10/1982 udienza del
29/3/1982 riv. 15551576, dice che i risultati di un’indagine dattiloscopia
possono essere assunti dal giudice come prova dell’identificazione della
persona cui l’indagine si riferisce se non vi siano dubbi sulla correttezza
A. D’ARIENZO, Raccolta di appunti di criminalistica, Sezione identità personale – Dattiloscopia,
http://www.officeitalia.it/scicosi/datt.htm
76
125
dei metodi di rilevazione, se la rilevazione stessa e il confronto siano
stati eseguiti con criteri scientifica e se si sia stata rilevata una
corrispondenza di almeno 14-15 punti di identità.
La sentenza 4252 della sezione 4° del 22/3/1989 udienza del 2/2/89
riv.180856 precisa che le risultanze delle indagini dattiloscopiche
offrono piena garanzia di attendibilità senza bisogno di ulteriori
elementi sussidiari di conferma, se riflettano una sola impronta, purchè
evidenzino la sussistenza di almeno sedici punti caratteristici, uguali per
forma e per posizione.
La Suprema Corte di Cassazione ha riconosciuto valore scientifico
assoluto alla prova dattiloscopia, sottolineando che il giudizio di
responsabilità può fondarsi anche sui soli risultati di detto accertamento
(Cass. 8 maggio 1986, Faraone, in Rep. Giust. Civ. 1988, voce Prova
penale n.59 la quale ha ribadito il principio per cui in presenza di 16-17
punti di convergenza fra le impronte del sospettato e quelle rinvenute
nel luogo in cui è stato commesso il delitto, le indagini dattiloscopiche
offrono piena garanzia di attendibilità. In tal senso pare orientato anche
il Ramajoli, che considera gli accertamenti dattiloscopici dotati di valore
probatorio, più che semplicemente indiziario).
In ogni caso è bene precisare che l’indagine dattiloscopia può
assumere valore determinante, tecnico, scientifico e pratico soltanto
quando gli elementi di identità fra le due impronte siano chiaramente
valutabili, oggettivamente dimostrabili e non interpretabili
soggettivamente; quando oltre alla corrispondenza quantitativa dei 1617 punti (Cass. Pen. Sez. II 23 ottobre 1986, Faraone “le risultanze delle
indagini dattiloscopiche offrono piena garanzia di attendibilità, senza
bisogno di elementi sussidiari di conferma, purchè evidenzino la
sussistenza di almeno 16-17 punti caratteristici uguali per forma e
posizione fra le impronte digitali dell’imputato e quelle rilevate sul
luogo in cui è stato commesso il reato”), concorrono valutazioni
qualitative delle corrispondenze stesse; quando non vi siano dubbi sulla
certezza dei metodi di rilevazione, di esame e di studio.
In alcuni casi si sono ritenuti sufficienti anche solo dodici punti
perché, in tale eventualità, il rischio dell’errore sarebbe nella
proporzione di un caso rispetto a più di sei milioni e mezzo di casi
mentre, seppure isolatamente, una decisione non recente del Supremo
126
Collegio ha qualificato come sufficiente la corrispondenza di almeno
quattordici o quindici punti di identità.
Un riscontro di un numero adeguato di punti caratteristici sembra
orientare più verso la configurabilità di un elemento di prova che di un
dato puramente indiziario77, senza che ricorra la necessità di disporre
una perizia, spettando se mai alla persona cui le impronte si riferiscono
una eventuale contraria dimostrazione.
Se vengono denunciate irregolarità nelle operazioni di rilevamento
delle impronte da parte della polizia giudiziaria, ovvero sono esposte
concrete, apprezzabili ragioni di perplessità sulla correttezza delle
operazioni, il Giudice è tenuto a disporre una indagine a livello peritale,
al fine di controllare l’esistenza di vizi dedotti.
In tal caso, le nuove indagini devono svolgersi con l’osservanza
delle norme garantistiche previste dalla legge, a tutela della facoltà di
assistenza tecnica delle parti.
L’identificazione dattiloscopia assurge quindi a strumento
autonomo d’indagine.
Esso è previsto dall’art. 349 comma 2° del c.p.p. ma tale richiamo è
stato previsto per l’identificazione della persona contro cui si procede e
non per scoprire l’autore del delitto.
Resta il fatto che la legge prevede espressamente tale tipo di
indagine ma non significa con ciò che ne riconosca la tipicità quale
prova, giacchè la previsione del semplice nomen non significa molto,
dovendosi invece considerare che nonostante si tratti di una metodica
complessa, non è affatto descritto dalla legge il metodo tecnico
attraverso il quale va effettuata l’operazione.
Si potrebbe quindi profilare il problema di una atipicità che
riguarda il modo di acquisizione di un mezzo di prova, di per sè tipico.
Ma sotto questo profilo, una affermazione di tipicità del mezzo di
prova non sarebbe propriamente esatta, poiché l’indagine dattiloscopia è
dalla legge enunciata solo come attività di polizia giudiziaria, ma non è
inserita tra i mezzi di prova.
Un ulteriore aspetto della questione riguarda il modo di ingresso
nel processo di tali risultanze; giurisprudenza e dottrina valutano il
problema in modo diverso.
127
Secondo la dottrina più recente78 l’indagine dattiloscopia consta di
due momenti di natura diversa: il rilievo dell’impronta dall’oggetto e la
successiva comparazione con le impronte dei soggetti indiziati.
Si intuisce immediatamente la non omogeneità delle due attività, in
quanto se la prima può ritenersi ricompressa fra gli atti di polizia
giudiziaria, lo stesso non può dirsi per l’attività di comparazione, che
richiede non un semplice accertamento, ma una valutazione e che non
dovrebbe essere espletata se non nelle forme della perizia o quanto
meno in quella delle operazioni tecniche di cui agli artt. 359-360 del
c.p.p.
Tale diversificazione non sempre è stata compresa appieno dalla
giurisprudenza, che tende a considerare gli accertamenti dattiloscopici,
in entrambe le fasi del rilevamento delle impronte e del successivo
raffronto con quelle già in possesso della polizia, come frutto di una
attività di polizia giudiziaria, e ciò poiché si tratterebbe esclusivamente
di un accertamento di dati obiettivi, che non danno luogo ad alcun
giudizio tecnico: per cui dovrebbe escludersi tanto l’aspetto formale,
quanto quello sostanziale della perizia.
6.3 -
VALORE PROBATORIO DELLE IMMAGINI
PROVENIENTI DAGLI IMPIANTI DI VIDEOREGISTRAZIONE
L’antico principio sul quale si fonda la criminalistica, intesa come
disciplina scientifica ausiliaria del processo penale per la individuazione
dei responsabili dei crimini, e richiamabile con il detto “è la stessa mano
che tradisce il delinquente” va oggi completato con il principio che è il
volto, la figura e il gesto che tradisce il rapinatore di banca, nel senso
che nelle indagini in tema di rapine in istituti bancari, assumono
fondamentale rilievo investigativo e probatorio processuale gli elementi
che documentano visivamente la condotta degli autori del reato79.
Compito attuale della criminalistica, è stabilire forme e criteri di
utilizzazione delle moderne tecnologie di videoregistrazione magnetica
77
78
S. RAMAJOLI, La prova nel processo penale, p.35. Ed. CEDAM 1995
G. F. RICCI, Le prove atipiche, Ed. Giuffrè,1999
128
mediante telecamere a circuito chiuso e di trattamento digitale delle
immagini, ed evidenziare le esigenze di particolari accorgimenti tecnici
che si impongono per attribuire e conservare valore probatorio
processuale alle immagini registrate durante la commissione del reato.
Dette esigenze sono ben comprensibili, se si riflette sulla
circostanza che il diritto positivo e l’interpretazione giurisprudenziale
sono destinati, per la loro stessa natura, ad inseguire con un certo ritardo
l’incessante evoluzione tecnologica che, nell’ambito elettronico ed
informatico, assume ritmi incredibili, sotto l’impulso della ricerca e
dell’industria.
Quale incredibile percorso di progresso, dalla prima applicazione
della telegrafia senza fili marconiana alla repressione del crimine (il
famoso radiotelegramma di Scotland Yard per far arrestare a New York
un criminale che viaggiava su un transatlantico) alle moderne tecnologie
dell’archiviazione elettronica codificata delle impronte digitali o alla
memorizzazione delle notizie sui terroristi nel computer di Wiersbaden
del B.K.A. o, per restare alle cose di casa nostra, al complesso archivio
elettronico del Ministero dell’Interno!
Non v’è dunque ragione di stupirsi se nel nuovo C.p.p. il solo
implicito riferimento che si rinviene alle riprese televisive è collocato
all’art. 24, n.3, laddove è previsto che, per documentare lo svolgimento
di una ricognizione, il Giudice può disporre l’impiego di rilevazioni
fotografiche e cinematografiche o di “altri strumenti o procedimenti”,
tra i quali senza dubbio vanno ricomprese le videoregistrazioni a meno
che le stesse non si considerino come moderno sinonimo e sostituto
delle riprese cinematografiche, stante la diffusione, economicità e
flessibilità della videoregistrazione rispetto alla tradizionale
cinematografia su pellicola.
° La norma fondamentale dell’art. 361 C.p.p.
L’utilizzo della immagine del sospettato autore del delitto, che sarà
poi indagato e quindi imputato, è previsto dall’art. 361 n.2 C.p.p. che
recita:
79
L. PERSICO, Rilievo probatorio delle immagini provenienti dagli impianti di videoregistrazione,
La Giustizia Penale 1993, p.504
129
“le persone, le cose e gli altri oggetti sono … sottoposti in
immagine a chi deve eseguire l’individuazione”.
Trattasi come è noto di atto tipico rientrante tra le funzioni primarie
della Polizia Giudiziaria, al quale non si applicano garanzie e limiti,
poiché la più recente giurisprudenza della Corte Costituzionale e della
Corte di Cassazione hanno affermato che trattasi di attività investigativa,
non diretta a formare la prova, con ciò superando i molti interrogativi
sulla applicabilità a tale nuovo istituto dell’individuazione delle regole
faticosamente elaborate sulle garanzie in tema di ricognizione
fotografica.
In particolare, è stato di recente negato dalla Suprema corte,
riformando una pronunzia bolognese in merito a rapina in una farmacia,
che l’esibizione ai testi di una sola immagine fotografica o delle
immagini di una sola persona (senza ricorrere all’album ormai
tradizionale , racchiudente molte foto anonime) possa pregiudicare la
ritualità dell’atto, in quanto – in sede investigativa – lo stesso non è
diretto a formare la prova, e quindi è stata affermata la piena
concludenza dell’affermazione dibattimentale del teste (cui fu mostrata
quella sola fotografia) di riconoscere l’imputato.
La prima conclusione alla quale si può pervenire è la seguente:
1) in fase investigativa (dall’ignoto al noto) la polizia giudiziaria è
facoltizzata ad esibire alle persone che assistettero al delitto (in questo
caso agli impiegati e clienti della banca o passanti all’esterno) e ad altre
persone, ovvero investigatori, le immagini videoregistrate nei locali
della banca, tramite circuito chiuso, che ritraggono i rapinatori, al fine di
identificarli, cioè di stabilire se corrispondono come fisionomia del
volto, e più spesso come statura, corporatura , abbigliamento e movenze
a persone già identificate in altra sede ed altra occasione.
2) tali incombenti di Polizia Giudiziaria non incontrano limiti
procedurali e non comportano intervento difensivo, in quanto l’ignoto
non può essere affidato ad un difensore di ufficio, né tale atto di per sé
forma una prova.
(Non ci si nasconde la problematica che insorge, se quell’ignoto è
raggiunto da indizi e sospetti di altra origine, tuttavia).
130
In pratica, se -sulla base di tale attività investigativa – l’ignoto o
gli ignoti vengono identificati, poi trovati e fermati, e rendono
confessione, ovvero sono raggiunti dalla schiacciante concludenza di
altri elementi reali (ad es. in casa di costoro si trovano le mazzette di
banconote sottratte, con le fascette controfirmate dal cassiere rapinato),
non sorgerà nessun problema sulla utilizzazione processuale delle
videoregistrazioni, in quanto non saranno utilizzate come fondamento
della decisione giudiziaria, ma avranno esaurito la loro valenza in sede
di polizia , ed in dibattimento potranno avere solo significato di
conforto.
Il tema è invece assai più complesso se, ad indagini concluse, si
dovrà constatare che gli unici elementi raccolti, a carico dei sospettatiindagati, sono appunto le immagini videoregistrate, dalle quali la Polizia
e il Pubblico Ministero traggono l’affermazione di rassomiglianza ed
identità, tra la persona ripresa e la persona fisica dell’imputato.
Spetta a questo punto al giudice procedere alla verifica della
somiglianza e trarne o il risultato positivo che porta alla condanna o
quello negativo che porta all’assoluzione, giudizio che in pratica sarà
tanto più arduo, quanto più spesso l’imputato eccepirà una dichiarazione
di alibi non oggettivamente confermata o smentita o dedurrà un teste a
difesa di limitata attendibilità, come un familiare che gli fornisce l’alibi.
Su questo tema ci soccorre l’unico precedente giurisprudenziale
finora rinvenuto nell’archivio del CED della Corte di Cassazione, e cioè
la Cass. 2 (Pres. De Nictolis. Est. Altieri), 22 giugno 1992, n.2282
(rv.190692), imp. Bozzo, secondo la quale:
“ La rassomiglianza tra le fotografie dell’indiziato di una rapina e i
fotogrammi ricavati da una registrazione effettuata da TV a circuito
chiuso, durante la rapina stessa, verificata direttamente dal Giudice, può
costituire indizio utilizzabile ai fini dell’adozione di misure cautelari
personali: invero per la validità del giudizio di rassomiglianza compiuto
dal giudice non rileva la mancata osservanza delle forme stabilite per le
ricognizioni, sia perché trattasi di giudizio compiuto per diretta
percezione del Giudice , sia perché il sistema processuale non impedisce
che un riconoscimento, comunque effettuato, possa valere come
indizio“.
131
La situazione dunque è la seguente: la Polizia Giudiziaria porta al
giudice, tramite il P.M., la cassetta della videoregistrazione, sulla quale
appare il sospettato-imputato e delle fotografie che lo ritraggono (ad
esempio il cartellino di un recente segnalamento) ovvero altra
registrazione che sicuramente ritrae detta persona, che potrà essere
presente al processo, in quanto arrestato, ovvero latitante.
Spetta al giudice stabilire:
1) se la persona ripresa dalla telecamera corrisponde alla persona
fisica dell’imputato, in ipotesi presente in aula, (e questo sarebbe , in un
certo senso, un “riconoscere” la persona) ovvero;
2) se la persona ripresa dalla telecamera corrisponde a quella, già
identificata, ripresa in altra occasione ed indicata – in una fotografia o
nei fotogrammi di una videoregistrazione stampati su carta – come
l’imputato non presente al giudizio.
La ricordata sentenza della Cassazione definisce “riconoscimento”
anche tale secondo raffronto, ma sembra più esatto, in entrambe le
occorrenze, impiegare la locuzione “giudizio concludente di
rassomiglianza” che porta all’affermazione della identità tra persona
ripresa e imputato.
Siamo così pervenuti al cuore del tema : con quali mezzi ed in
quali modi la Polizia Scientifica può collaborare col Giudice, per
consentire allo stesso di condurre il “giudizio di rassomiglianza” in
modo utile, concludente, oggettivamente riscontrabile, tale da poter poi
esporre nella motivazione della sentenza di condanna le ragioni per cui
si è giunti a ritenere che l’imputato è proprio colui che fu visto
compiere la rapina sul video, durante la proiezione?
Innanzi tutto si evidenzia intuibilmente l’utilità che:
 il sistema di ripresa a circuito chiuso, nei locali dell’istituto
bancario, possa utilizzare un sufficiente numero di telecamere con
angolazioni diverse di ripresa;
 che le riprese siano a colori (per l’utilità dei raffronti dei
capi di abbigliamento dei rapinatori con quelli eventualmente
132
sequestrati presso i sospettati , o da costoro in altra occasione
indossati);
 con continua sovrastampa dell’ora;
 con ingrandimento dei particolari (orologio indossato,
monili, ecc.);
 l’estrema utilità che potrebbe dimostrare anche la ripresa
sonora delle intimazioni di minaccia (le quali potrebbero essere
raccolte da microfoni collocati nella sala degli sportelli, con un
congegno automatico di interruttore a livello sonoro, in modo tale
da registrare solo le grida dei rapinatori, e non le normali
conversazioni a basso livello dei clienti con gli impiegati).
° La perizia sulle immagini
Non ci si nasconde, tuttavia, che per ancorare il giudizio di
rassomiglianza a dati tecnici obiettivi, occorrerà sviluppare la
nozione e la tecnica di una vera e propria “perizia sulle immagini”,
che consenta, attraverso ingrandimenti, ricostruzione digitalizzata del
colore, stampe a colori dei singoli fotogrammi, rotazione degli stessi,
sovrapposizione o giustapposizione della figura e volto della persona
ripresa con altre già note, (raffronto dimensionale antropometrico).
Possiamo infatti ritenere – allo stato attuale della giurisprudenza
– che valga tuttora il principio della non tassatività dei mezzi di
prova, ma che il principio correlativo del libero convincimento del
giudice debba ancorarsi all’obbligo di rigorosa motivazione con
riferimento a riscontri oggettivi e tecnici.
Quel che più conta sarà la formazione di una specifica cultura
del giudice, che lo renda edotto delle risorse della moderna
tecnologia, e che consenta sia al GIP nell’incidente probatorio, sia al
Giudice nel dibattimento, di non rinunciare mai a richiedere e
disporre quegli approfondimenti tecnici che oggi sono possibili,
prima di affermare affrettatamente che le poche figure che si
muovono sullo schermo non bastano a sostenere un verdetto di
condanna.
133
Nel CED della Cassazione sono presenti solo due sentenze
che si sono basate su di una registrazione videomagnetica per
arrivare ad un verdetto di condanna del rapinatore così identificato.
Sono sentenze datate 1994 e 1995.
- Sez. 2 ; Sent. 04860 del 29/4/1994 (UD. 27/1/1994) PRES.
Martinelli ; REL. Dapelo ; IMP. Nardozzi ; PM. (Conf.) Frangini
(Rigetta, App. Torino, 25/6/93) : l’accertamento peritale ha la sua
ragione d’essere nella necessità di apportare al giudice gli
elementi indispensabili per la valutazione dell’elemento
probatorio, sicchè è consentito al decidente, nell’ambito del suo
potere di controllo e supervisione, di pervenire ad un
convincimento che, pur non trovando precisa aderenza al
delimitato campo dell’indagine tecnica, trovi comunque
giustificazione nella medesima e ne rappresenti il logico sviluppo.
(Siffatto principio è stato affermato con riferimento a
fattispecie nella quale due perizie su filmati di due diverse rapine,
riprese a circuito chiuso in istituti bancari in tempi diversi,
avevano concluso separatamente con un giudizio di probabilità
sulla identificazione dell’imputato con uno dei rapinatori: i
Giudici di merito, confrontando le due perizie ed il materiale
utilizzato, avevano concluso, a loro volta, per l’identità del
rapinatore in entrambi i casi, traendo ulteriore elemento di prova a
carico). In questa sentenza si parla di “duplice filmato di due
rapine” e pertanto video immagini su nastro.
- Sez. 2, Sent. 01710 del 5/4/1995 (CC. 28/3/1995) ; PRES.
Callà ; REL. D’Asaro ; IMP . P.G. in proc. Lo Cascio; PM.(conf.)
(Annulla con rinvio,GIP Trib. Palermo, 26/4/1994): la
motivazione della sentenza pronunciata ex art. 444 cod. proc.
pen., può essere non specifica ed estremamente sintetica solo in
relazione al giudizio negativo sulla insussistenza delle ipotesi
previste dall’art. 129 cod. proc. pen. Qualora, invece, si pervenga
all’applicazione della pena in concreto richiesta dalle parti
attraverso un giudizio positivo, quale la concessione delle
attenuanti generiche prevalenti, la motivazione della sentenza
necessariamente deve essere specifica.
134
(Nella fattispecie, relativa a rapina a mano armata ai danni di
un istituto bancario, nel corso della quale era stato preso ostaggio
uno dei presenti, il GIP aveva giustificato la concessione di
attenuanti generiche prevalenti con l’ultimo comportamento
processuale dell’imputato non identificabile nella confessione, in
quanto necessitata dall’esito della videoregistrazione che aveva
ripreso l’imputato stesso. La Corte di Cassazione, su ricorso del
P.G. ha annullato la sentenza di applicazione della pena, ritenendo
la motivazione generica quanto alla concessione delle attenuanti
generiche e, comunque, mancante in ordine alla dichiarazione di
prevalenza delle stesse).
Il fatto per cui ci sono poche sentenze nel CED può dipendere da
due motivi: o la memorizzazione nel cervellone della Cassazione va a
rilento oppure non arrivano in Cassazione dei casi interpretativi sul tema
del valore probatorio di queste procedure d’identificazione80.
Si tratta di questioni di fatto, che vengono trattate dai Giudici di
merito di primo e secondo grado e quindi non arrivano in Cassazione.
Una volta che un indagato per rapina è identificato con queste
tecniche, si “becca” la sua condanna e se la tiene, o la patteggia, o fa
l’abbreviato giudizio e così via.
Sarebbe interessante avere delle statistiche per vedere quante volte
si risolve un processo, o di rapina o anche di altri accadimenti, con
l’utilizzo di tecniche digitali di trattamento e valutazione dell’immagine,
poiché avremmo allora un dato sull’incidenza concreta di queste nuove
tecnologie.
Sono stata autorizzata a cercare presso l’archivio del Tribunale di
Forlì, nelle sentenze per rapina (art. 628 C.P.) per gli anni dal 1990 al
1999 (n. 85 sentenze), se erano state utilizzate come prove delle
immagini tratte da videoregistrazioni.
L. PERSICO, Profili processuali dell’identificazione di rapinatori ripresi da impianti TVCC,
Inserto a Poliza Moderna, p.25,op.cit.
80
135
Anno
n° sentenze
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
1
7
7
13
10
12
7
11
10
7
Totale
85
Per due sentenze sono stati esaminati i fotogrammi ripresi da
TVCC.
Da una sentenza: ……" Nella videoregistrazione dell' istituto di
credito, appare visibile buona parte del volto del rapinatore, che indossa
occhiali da sole ed un berretto con visiera.
La piena compatibilità tra le caratteristiche fisiche del prevenuto e
quelle dell'uomo ritratto dalla documentazione videoregistrata, appare
evidente, per le richiamate inusuali peculiarità morfologiche del
soggetto ("la stazza dell'uomo che si trova in transito nella bussola è di
tale dimensione da rendere difficoltoso il passaggio); vieppiù la parte
visibile del volto corrisponde appieno alle caratteristiche somatiche
dell'uomo presente in aula……..".
6.4 -
LE REGISTRAZIONI DIGITALI NEL PROCESSO PENALE
Mentre la videocassetta proveniente da videoregistrazione
analogica ha una identità fisica bene individuata ed è quindi idonea a
garantire l’integrità delle immagini, che possono assumere il valore di
“prova” nei confronti dell’autore del reato, i supporti digitali non
136
possiedono i medesimi requisiti di sicurezza, non potendosi escludere
manomissioni delle immagini in essi registrate81 .
Secondo il punto di vista di E. Graziano, questa obiezione è
facilmente superabile se si parte dalla considerazione che gli apparati di
videoregistrazione digitale attualmente in commercio non consentono la
rielaborazione delle immagini registrate, ma soltanto la loro
ottimizzazione se si adottano alcune cautele di ordine tecnico e di ordine
procedurale.
La differenza sostanziale tra la videoregistrazione analogica e
quella digitale è che nel primo caso viene utilizzato per l’investigazione
e trasmesso all’Autorità Giudiziaria il supporto nel quale
originariamente sono state impresse le immagini, mentre nel secondo
caso – non essendo pensabile prelevare l’apparato di videoregistrazione
– viene utilizzata e trasmessa all’Autorità Giudiziaria una copia delle
immagini registrate.
Per assicurare la genuinità della prova è necessario che:
 le immagini che documentino un’attività criminosa siano al
più presto trasferite dall’unità principale ad un supporto affidabile
e capiente (possibilmente un CD-ROM);
 l’algoritmo di compressione non ne provochi il degrado.
A queste cautele di ordine tecnico ne va aggiunta una di ordine
procedurale:
 le operazioni di riversamento delle immagini devono
essere eseguite alla presenza di un ufficiale di polizia giudiziaria
che ne attesti l’autenticità in un apposito verbale, che segua il
supporto in sede di trasmissione all’ Autorità Giudiziaria.
D’altra parte la medesima cautela è normalmente adottata dagli
Ufficiali di Polizia Giudiziaria anche quando prelevano una
videocassetta che, potrebbe teoricamente anch’essa essere integralmente
o parzialmente reimpressionata.
81
E. GRAZIANO, Videoregistrazioni e trattamento delle immagini a fini investigativi, Sicurezza n.8
ottobre 1998, p.74
137
Poco tempo fa è apparso un articolo su una rivista specializzata che
prendeva in considerazione la videoregistrazione digitale come prova in
un processo penale82.
L’autore dell’articolo era stato contattato da un avvocato che
chiedeva la sua consulenza in un processo penale.
L'assistito di questo avvocato, era stato accusato di rapina in banca
e la pubblica accusa sosteneva questa imputazione con il supporto di una
registrazione video, effettuata dagli apparati di ripresa installati nella
agenzia bancaria.
Per varie ragioni, non ultima il fatto che l'imputato avesse numerosi
precedenti per rapine in banca, non è stato possibile portare a buon fine
la consulenza, ma è rimasto comunque vivo il problema, legato alla
possibilità di utilizzare le video registrazioni come prova nel processo
penale, e certamente anche nel corso del processo civile.
Sino ad oggi, l’autore non ha notizia del fatto che una video
registrazione sia stata utilizzata con successo ed una recente traccia di
direttiva europea sottolinea, in modo esplicito, il fatto che non è
possibile condannare un individuo sulla sola base di una video
registrazione.
Per contro, essa può certamente essere utilizzata come strumento
sussidiario di prova dei fatti.
In Inghilterra, dove il diritto penale ha sempre avuto un taglio
estremamente pratico, ponendo in carico alla pubblica accusa l'intero
onere della prova, l'argomento ha destato tale interesse, che la camera
dei Lord ha istituito un’ apposita commissione, con lo specifico incarico
di valutare la ammissibilità nel giudizio penale di una evidenza video
registrata.
Poco tempo fa questa commissione ha pubblicato le proprie
conclusioni, che erano attese con grande impazienza dal mondo degli
esperti di legge e tecnologie.
Non dimentichiamo che in questo paese è proprio grazie ad
immagini video registrate che sono stati già individuati e condannati, in
più occasioni, i responsabili di efferati delitti.
82
M. RIZZI, Le registrazioni digitali applicate nel processo penale, Antifurto 11-99, p.51
138
Una limitazione di questo rapporto riguarda il fatto che prende in
considerazione le sole video registrazioni digitali e non le più diffuse
video registrazioni analogiche.
La differenza tra queste due forme di registrazione è notevole,
perché nel caso della registrazione analogica una copia ha un qualità
sempre inferiore, ed alla fine, dopo alcune copie, la registrazione non è
in pratica più utilizzabile.
Una registrazione digitale, per contro, mantiene inalterata la sua
qualità al variare del numero delle copie.
Se l'originale è stato riversato su un CD-ROM, da esso possono
essere tratte copie in numero illimitato, senza poter capire quale è la
registrazione originale e quali sono le copie.
 Il primo aspetto
L'originale è il dato che viene registrato per la prima volta nella
memoria.
Ogni immagine stampata o visualizzata, derivata da questo
originale, è una copia.
La tecnologia di registrazione digitale non offre un originale che
possa essere prodotto come prova.
Infatti, la prima registrazione, certamente temporanea, avviene nel
chip del sensore di ripresa e questa dovrebbe essere presentata come
prova.
Se ciò non è possibile, il peso di questa prova dipende da una
procedura di autentica ed altri fattori.
Se prendiamo in esame una macchina fotografica digitale,
l'originale è probabilmente il file digitale che rappresenta la immagine
ripresa, che viene riversato nella memoria locale o su altri supporti di
memoria, come ad esempio un floppy disk.
Ciò non rappresenta un problema, perché secondo la legge se non
esiste più un originale di un documento, anche le copie sono ammissibili
in giudizio, e non è rilevante il fatto che l'originale sia stato distrutto
proprio dalla persona che lo voleva esibire come prova.
139
Non è però detto che se viene presentato un documento, che è copia
un originale, esso possa essere automaticamente accettato come prova in
giudizio.
Perché ciò avvenga, deve essere offerta ampia prova che le
procedure utilizzate per generare, trattare e memorizzare le immagini
digitali sono tali da garantire che la immagine prodotta in giudizio è una
accurata copia dell'originale.
In generale, pertanto, la magistratura è favorevole ad ammettere
queste prove in giudizio, se sono offerte sufficienti garanzie.
 Le possibilità di modifica di una immagine digitale
Oggi sono disponibili degli applicativi, di basso costo e di elevata
qualità, che consentono di intervenire in modo significativo sulle
immagini video registrate. Questi applicativi possono essere usati per
varie ragioni, che vanno dal miglioramento delle immagini registrate ad
una alterazione dolosa.
Non vi è una differenza di fondo tra le due categorie di intervento,
che devono essere valutate solo nel merito.
Con le moderne tecniche di elaborazione delle immagini, anche
una immagine che sembra avere origine analogica, potrebbe avere una
origine digitale.
Ad esempio, è possibile che un’ immagine memorizzata in forma
digitale possa essere stata generata da una telecamera analogica, con
successiva conversione del segnale in formato digitale, a fini di
trasmissione a distanza, e successivamente convertita in immagine
analogica per la visualizzazione su un monitor.
La facilità con cui le immagini digitali possono essere copiate o
modificate conferma la stretta attenzione da porre, quando una
immagine è utilizzata in termini probatori.
Tutte le immagini, analogiche o digitali, debbono essere valutate
con attenzione.
La commissione della camera di Lord è giunta alla conclusione che
la esistenza degli applicativi che permettono di modificare le immagini
non deve di per sé essere un elemento di sospetto, in quanto la
140
attenzione del magistrato deve spostarsi sulla garanzia di correttezza
trafila di conservazione delle immagini stesse.
La legge che riguarda l’ ammissibilità in giudizio di file di
computer prevede che una persona responsabile dichiari sotto
giuramento che il sistema di elaborazione che ha trattato il file ha
sempre funzionato correttamente ed ogni possibile modifica del file non
era tale da modificare la accuratezza ed integrità del file stesso.
Il rapporto della commissione sottolinea più volte l’ assoluta
esigenza di comprovare, con una documentazione inoppugnabile, la
sequenza di custodia ed elaborazione dalla immagine iniziale fino alla
copia esibita in giudizio; la parte che desidera utilizzare questa prova
deve essere pronta ad offrire ogni ragionevole garanzia in merito.
 Il valore probatorio
Il prezioso rapporto dei Lord continua ad analizzare gli aspetti
probatori di un immagine.
Un aspetto che non ha mancato di sorprendere i Lord è il fatto che
sino ad oggi nessun avvocato abbia cercato di contestare in giudizio la
integrità ed accuratezza della sequenza di custodia di un immagine, in
modo da avanzare il dubbio che tale immagine possa essere stata
alterata.
E' del tutto probabile che tra breve gli avvocati difensori potranno
mettere al punto delle tecniche di contestazione, che dovranno obbligare
la pubblica accusa ad utilizzare delle tecniche di cifratura o di
contrassegno, che permettano di autenticare le registrazioni digitali.
Tuttavia la commissione non ha indicato alcuna tecnologia di
autentica delle immagini per varie ragioni:
 è molto difficile indicare una tecnologia che non possa
essere rapidamente superata da nuovi sviluppi;
 i fabbricanti di tecnologie per la digitalizzazione delle
immagini potrebbero aver bisogno di lungo tempo per incorporare
queste tecnologie nei loro prodotti e per utilizzarle su larga scala;
 in funzione del progresso della tecnologia, i magistrati
potrebbero trovarsi a confrontare situazioni nelle quali una
immagine, che in precedenza era stata ritenuta ammissibile,
141
potrebbe non esserlo più, perché non autenticata con evolute
procedure;
 la tendenza generale del legislatore è quella di non esigere
prove certe di validità di un immagine video, quanto di lasciare
alla magistratura stessa la decisione circa la affidabilità della
immagine stessa.
Inoltre, la commissione ha vivamente raccomandato che l’ assenza
di tecnologie di autentica delle immagini non costituisca, di per sé,
ragione per escludere un elemento probatorio.
Ciò non toglie che il rapporto della commissione non sia affatto
contrario alla adozione di tecnologie di autentica, ma anzi auspichi in
ogni modo che gli organi tecnici e normativi mettano a punto delle
appropriate procedure di autentica delle immagini.
Il governo dovrebbe produrre delle linee guida che possano
comprovare l’ affidabilità delle prove, facendo riferimento a normative
messe a punto da enti pubblici ed associazioni di categoria.
In sintesi, il rapporto conferma che le immagini digitali sono
utilizzabili come prova in giudizio, indipendentemente dal fatto che
siano state o meno manipolate.
Il loro peso probatorio verrà deciso dal tipo di autentica applicata,
ad esempio la cifratura del file e la dimostrazione che l'immagine ripresa
è stata gestita in tutte le fasi di indagine e di giudizio con le appropriate
cautele e garanzie.
142
APPENDICE
Ecco specificamente il testo di legge (art. 10 del capitolo II del
titolo II).
1. Le videoregistrazioni e la videosorveglianza non sono
considerate informazioni nominative ai sensi della legge n. 78-17 del 6
gennaio 1978 e relativa all'informatica, ai dati, alle libertà, a meno che
esse non vengano utilizzate per costruire un archivio nominativo.
2. La trasmissione e la registrazione di immagini prese sulla
pubblica via per mezzo di sistemi di videosorveglianza possono essere
effettuate dalle autorità pubbliche e competenti, al fine di assicurare la
protezione degli edifici e di installazioni pubbliche e loro dintorni, la
salvaguardia delle installazioni connesse alla difesa nazionale, la
regolazione del traffico stradale, la constatazione di infrazione alle
regole del traffico e la prevenzione di attacchi alla sicurezza di persone e
di beni, in luoghi particolarmente esposti ai rischi di rapina o furto.
Si può ugualmente procedere a queste operazioni nei luoghi e negli
esercizi aperti al pubblico, se particolarmente esposti ai rischi di rapina e
di furto per assicurare la sicurezza di persone e beni.
Le operazioni di videosorveglianza sulla pubblica via sono
effettuate in modo da non visualizzare immagini all'interno di edifici
abitati od in modo specifico quello dei portoni di ingresso.
Il pubblico è informato in maniera chiara e permanente
dell'esistenza di un sistema di videosorveglianza e delle autorità o della
persona che ne risponde.
3.L'installazione di un sistema di videosorveglianza nel quadro del
presente articolo è subordinato ad una autorizzazione del rappresentante
dello stato nel dipartimento ed, a Parigi, del Prefetto di Polizia.
Questa autorizzazione viene data, salvo nei casi di difesa nazionale,
dopo aver ricevuto il parere di una commissione dipartimentale
presieduta da un magistrato effettivo od onorario.
L'autorizzazione prefettizia prescrive tutte le precauzioni utili, in
particolare per quanto riguardano la qualifica delle persone incaricate
143
della gestione del sistema e delle videosorveglianza o che osservano
queste immagini, e sulle misure da prendere per assicurare il rispetto
delle disposizioni di legge.
L'autorizzazione sollecitata si ritiene acquisita in mancanza di
risposta dopo l'intervallo di quattro mesi.
I dispositivi di videosorveglianza esistenti alla data d'entrata in
vigore del presente articolo devono essere oggetto di una dichiarazione
equivalente ad una richiesta di autorizzazione e devono essere messi in
conformità con il presente articolo entro sei mesi.
4.Salvo un caso di un inchiesta in caso di delitto, di un inchiesta
preliminare o di un informativa giudiziaria, le registrazioni sono
distrutte entro un periodo massimo fissato dall'autorizzazione.
Questo periodo non può superare un mese.
5. Ogni persona interessata può rivolgersi al responsabile di un
sistema di videosorveglianza per ottenere un accesso alle registrazioni
che lo possono riguardare o per verificare la distruzione nella scadenza
prevista; questo accesso è di diritto.
Il rifiuto di accesso può essere tuttavia consentito per motivi
connessi alla sicurezza dello stato, alla difesa, sicurezza pubblica ed allo
sviluppo di procedure giudiziarie in corso o di operazioni preliminari a
tali procedure per non violare i diritti di terzi. Ogni persona interessata
può ricorrere alla Commissione Dipartimentale menzionata al punto 3
per qualsiasi rimostranza legata al funzionamento di un sistema di
videosorveglianza.
Le disposizioni del comma precedente non limitano in alcun modo
il diritto della persona interessata di rivolgersi ad un ente giurisdizionale
competente.
Il fatto di effettuare registrazioni di videosorveglianza senza
autorizzazione e di non distruggerli nel termine previsto, di falsificarli,
di intralciare l'azione della commissione dipartimentale, di fare accedere
persone non abilitate all'immagine od utilizzare questa immagine ad altri
fini, rispetto a quelli per i quali esse sono state autorizzate, è punito con
tre anni di reclusione e 300 mila franchi di multa, senza pregiudizio di
144
applicazione delle disposizioni dell'articolo 226/1 del codice penale ed
L120-2, L121-8, L431.2 del codice del lavoro.
Questa legge è stata accompagnata da un regolamento pubblicato in
una circolare del 22 ottobre 1996, pubblicata sul Journal Officiel del 7
dicembre 1996, e tale regolamento si applica a tutti gli impianti pubblici
di videosorveglianza, in presenza o meno di videoregistrazioni o
trasmissione a distanza delle immagini.
Gli impianti di videosorveglianza già operativi alla data di
pubblicazione di questo documento devono essere dichiarati prima del
20 agosto 1997.
Ogni nuova installazione deve essere oggetto di domanda di
autorizzazione presso una commissione dipartimentale (equivalente alla
nostra regione) composta da 5 membri qualificati che dipendono dalla
prefettura presente nel luogo pubblico, ove verrà istallato l'impianto.
145
CONCLUSIONI
Tecnici e legislatori, sempre più spesso in futuro dovranno far
riferimento ad immagini televisive per provare fatti e situazioni.
Tecnologia e diligenza dovranno unirsi per conferire alle immagini
video quella certezza probatoria, che meritano, se appunto tecnologia e
diligenza ne consentono la convalida.
Dal punto di vista tecnico fino a poco tempo fa l’unica tecnologia
disponibile era basata sull’utilizzo delle normali videocassette VHS o
S-VHS83.
Negli ultimi due o tre anni si sono andati diffondendo i nuovi
videoregistratori digitali che si caratterizzano per la maggiore quantità e
qualità delle immagini memorizzate e per la semplificazione delle
modalità di ricerca dei fotogrammi di maggiore interesse.
L’ambito però è suscettibile di veloci cambiamenti, in quanto la
ricerca dedicata alla messa a punto di nuovi e più potenti supporti ottici
di memorizzazione dei dati è in grande fermento.
Basti pensare che il DVD, non ancora pienamente e largamente
diffuso nel mercato consumer, sta per essere soppiantato da nuovi
supporti estremamente più potenti.
In questo momento cominciano a concretizzarsi i primi tentativi di
presentare applicazioni di DVD ai sistemi di sicurezza.
L’introduzione di questi mezzi accentuerebbe la capacità dei
sistemi TVCC di agire come deterrente nei confronti dei rapinatori.
La maggiore capacità di memoria renderebbe più agevole la
diffusione dei sistemi TVCC in applicazioni particolari quali, ad
esempio il monitoraggio di aree urbane.
Sembra comunque che la spinta all’ innovazione sia lungi
dall’arrestarsi, perché altre e più ancora clamorose novità si affacciano
all’orizzonte84 .
La diffusione crescente di Internet e la possibilità di sfruttare
quest’economica rete mondiale anche per la trasmissione di segnali
R. ARCHINA’, Videoregistrazione: gli orizzonti presenti e futuri, Sicurezza n. 6 giugno 1999,
p.74
84
A. BIASIOTTI, La rivoluzione dei sistemi TVCC è in pieno sviluppo, Antifurto 8-99, p.15
83
146
video vengono esaminate da alcune aziende di avanzata tecnologia, per
vedere se e come sia possibile compiere nuovi balzi in avanti.
La rete Internet è ormai capillare e la crescente diffusione dei
collegamenti a media velocità, come l’ISDN, accresce la possibilità di
trasferire immagini televisive via filo ad una platea di utenti
praticamente illimitata.
Le applicazioni nel mondo della sicurezza saranno innumerevoli.
Dal punto di vista dell’operatività della Polizia Scientifica, si
auspica la messa in funzione, dal punto di vista operativo, del
fotosegnalamento
antropometrico,
che
darà
la
possibilità
immediatamente di avere le misure del corpo delle persone
fotosegnalate.
Inoltre i giudici del dibattimento dovranno accettare come
strumento normale nei giudizi sui delitti di rapina, la proiezione
dibattimentale su video delle registrazioni e la produzione dei fascicoli
fotografici ricavati per stampa elettronica, senza opporre ragioni di
tempo o di difficoltà organizzative, che occorrerà una buona volta
superare85.
In questa prospettiva la netta separazione tra regole dell’ azione
investigativa e regole del dibattimento in tema di formazione della prova
porteranno, in prosieguo, ad una valorizzazione del concetto di
“evidence”, cioè della pregnanza dell’indizio materiale e documentale
rispetto alla deduzione ed argomentazioni, sulle quali si è
prevalentemente fondata la tradizione forense.
La rilevante utilità ai fini repressivi, e quindi anche per la
prevenzione generale del crimine, del sistema di registrazione video
impone che il legislatore introduca nella disciplina dell’attività bancaria
l’obbligo di dotare gli istituti di mezzi tecnici adeguati, superando con
espressa previsione sia eventuali carenze organizzative , sia perplessità
di ordine sindacale, che sono ben note, ma che sono attribuibili in gran
parte ad imprecisa informazione sul punto, e che potranno essere
rimosse con opportune previsioni normative.
85
L. PERSICO, Rilievo probatorio delle immagini provenienti dagli impianti di videoregistrazione,
op.cit.
147
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