UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI URBINO CARLO BO

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI URBINO CARLO BO
DIPARTIMENTO DI STUDI UMANISTICI
CORSO DI LAUREA:
Scienze e tecniche psicologiche
IL METODO EMDR SU PAZIENTI CHE MANIFESTANO SINTOMI DI
ANSIA CONSEGUENTI AD UN EVENTO TRAUMATICO NATURALE: IL
TERREMOTO
Relatore: Chiar.mo Prof.
Tesi di laurea di:
Manuela Berlingeri
Arianna Biordi
261750
Anno accademico: 2015-2016
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Sommario
CAPITOLO 1: ANSIA E DISTURBI D’ANSIA........................................................................................... 4
1.1 Classificare i disturbi d’ansia: ................................................................................................................................ 5
1.2 Spiegare e trattare l’Ansia e i Disturbi d’ansia: ..................................................................................................... 9
1.3 DISTURBO POST TRAUMATICO DA STRESS:..........................................................................................................11
1.3.1 Una definizione ................................................................................................................................................... 11
1.3.2 Caratteristiche associate a supporto della diagnosi ............................................................................................ 12
1.3.3 Prevalenza ........................................................................................................................................................... 12
1.3.4 Sviluppo e decorso .............................................................................................................................................. 13
1.3.5 Fattori predisponenti........................................................................................................................................... 13
1.3.6 Aspetti diagnostici correlati alla cultura di appartenenza ................................................................................... 15
1.3.7 Aspetti diagnostici correlati al genere ................................................................................................................. 15
1.3.8 Comorbilità .......................................................................................................................................................... 15
1.3.9 Storia del disturbo ............................................................................................................................................... 16
1.4 Criteri diagnostici per il disturbo post traumatico da stress nel DSM-5 ................................................................18
1.5 Analisi dei disastri naturali: il Terremoto .............................................................................................................24
CAPITOLO 2: IL METODO EMDR: EYE MOVEMENT DESENSITIZATION AND
REPROCESSING ......................................................................................................................................... 26
2.1 Fasi del trattamento EMDR ..................................................................................................................................28
CAPITOLO 3: IL CASO DEL TERREMOTO IN TURCHIA 1999. EFFICACIA DEL
TRATTAMENTO EMDR IN UNA SITUAZIONE DI EMERGENZA................................................... 31
3.1 Metodo ................................................................................................................................................................32
3.2 Progettazione ......................................................................................................................................................33
3.3 Valutazione strumentale......................................................................................................................................33
3.4 Procedura ............................................................................................................................................................34
3.5 Risultati ...............................................................................................................................................................35
3.5.1 Esperienza terapeutica ........................................................................................................................................ 35
3.5.2 Confronto con il gruppo di controllo ................................................................................................................... 35
3.5.3 Effetti del trattamento ........................................................................................................................................ 36
3.5.4 Numero di immagini necessarie per completare la terapia e i cambiamenti nei punteggi del SUD e VOC ........ 37
3.6 Riassunto e conclusioni ........................................................................................................................................38
4 PANORAMA ITALIANO ........................................................................................................................ 39
4.1 Conferenza “terremoto e ferite dell’anima” ........................................................................................................39
2
4.1.1 La testimonianza della dottoressa Giada Maslovaric .......................................................................................... 39
4.1.2 la testimonianza della dottoressa Micaela Barnato ............................................................................................ 42
4.2 Intervista alla dottoressa Debora Traficante ........................................................................................................42
4.2.1 Il Setting nelle situazioni di emergenza ............................................................................................................... 43
4.2.2 Protocolli specifici in caso di emergenza ............................................................................................................. 43
4.2.3 Esperienza diretta a Norcia ................................................................................................................................. 44
4.3 Testimonianza diretta di una bambina sopravvissuta al terremoto .....................................................................47
CONCLUSIONI PERSONALI .................................................................................................................... 48
BIBLIOGRAFIA: ......................................................................................................................................... 49
SITOGRAFIA: .............................................................................................................................................. 51
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Capitolo 1: ANSIA E DISTURBI D’ANSIA
Tutti noi conosciamo e abbiamo provato una sensazione di ansia o spavento.
Questi due stati si sovrappongono, ma sono anche differenti tra loro in quanto l’ansia indica
l’anticipazione a una minaccia futura, è associata alla tensione muscolare e alla vigilanza in vista di
un pericolo che potrà verificarsi in seguito ed è relativa a comportamenti prudenti o di evitamento.
La paura invece, è la risposta emotiva a una minaccia imminente, reale o percepita. Questa
componente viene associata a picchi di attivazione automatica necessaria alla lotta o alla fuga e a
pensieri di pericolo immediato. Certe volte il livello di paura o di ansia può essere ridotto da
comportamenti pervasivi di evitamento (American Psychiatric Association, 2014).
Queste sono risposte umane fisiologiche/psicologiche più o meno adattive a minacce o situazioni di
pericolo e per questo vengono vissute come componenti della vita quotidiana, ma è necessario
conoscerle a fondo e considerare due concetti di base per poterle definire: l’importanza del contesto
e la gravità dell’ansia nel continuum da lieve a significativo.
Considerando il primo concetto, diversi studi hanno messo in luce che le persone con disturbi
d’ansia provano sentimenti di affanno e timore anche in situazioni che, di fatto, non
giustificherebbero queste reazioni (Hansell & Damour, 2007, p. 100).
Basti pensare al caso del rimuginio tipicamente associato ai disturbi d’ansia generalizzati, in cui di
fatto non è presente nessun elemento esterno che possa stimolare l’insorgenza dello stato d’ansia,
piuttosto il trigger per lo scatenarsi dello stato d’ansia è internamente generato dal soggetto
attraverso il pensiero ricorrente a situazioni, per lui, potenzialmente negative.
Un altro concetto per definire l’ansia è considerare il continuum tra comportamento normale e
patologico. In particolare va considerato il modo di reagire del soggetto di fronte a determinate
situazioni. Se alcuni soggetti tendono a provare ansia solo di rado e con livelli discretamente bassi,
altri, al contrario, possono rispondere apprensivamente a molte delle situazioni che si presentano
anche durante la vita quotidiana (Hansell & Damour, 2007, p. 100).
Il continuum tra questi livelli di preoccupazione si applica a due diversi tipi di ansia studiati: ansia
di tratto e ansia di stato.
La prima forma consiste nella predisposizione individuale a rispondere alle situazioni in cui ci si
imbatte con diversi livelli di ansia. L’ansia di stato, invece, è il livello individuale di ansia in un
momento specifico (come può essere il caso di una prova, un colloquio di lavoro, un esame)
(Hansell & Damour, 2007, p. 100).
La valutazione della presenza o meno di un disturbo d’ansia spetta al clinico, tenendo in
considerazione anche i fattori culturali contestuali, in quanto i soggetti che presentano questa
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patologia tendono a sopravvalutare il pericolo nelle situazioni che temono o evitano (American
Psychiatric Association, 2014).
1.1 Classificare i disturbi d’ansia:
Nel 2000, i disturbi d’ansia vennero adattati al manuale diagnostico DSM-IV-TR, il quale
identificava e analizzava 6 principali disturbi d’ansia:

Disturbo d’ansia generalizzato (DAG): irritabilità cronica pervasiva e debilitante.

Disturbo di panico (DP): attacchi di panico che causano progressivo distress o
compromissione del funzionamento.

Fobie: paura intensa persistente e irrazionale ed evitamento di uno specifico oggetto o
situazione. Presenta tre sottotipi: fobia sociale, agorafobia e fobia specifica.

Disturbo ossessivo-compulsivo (DOC): i pensieri disturbanti e non voluti provocano
compulsioni che interferiscono significativamente con il funzionamento quotidiano.

Disturbo post-traumatico da stress (DPTS): significativi sintomi d’ansia post-traumatici che
durano per più di un mese dopo un’esperienza traumatica.

Disturbo acuto da stress (DAS): significativi sintomi d’ansia post traumatici che hanno il
loro esordio entro un mese dall’esperienza traumatica (Hansell & Damour, 2007).
Il Disturbo ossessivo-compulsivo e i disturbi stress correlati (disturbo post-traumatico da stress e
disturbo da stress acuto), che nel DSM-IV-TR erano inclusi nel gruppo dei Disturbi d’ansia,
nell’ultima versione del manuale diagnostico (DMS-5) vengono classificati all’interno di altre
sezioni. Inoltre, diversamente dalla versione precedente, nel DSM-5 i criteri diagnostici non
specificano più che l’esordio debba avvenire prima dei 18 anni, e per gli adulti è stato aggiunto un
criterio di durata (di 6 mesi o più) per evitare di incorrere in sovradiagnosi di paure transitorie
(American Psychiatric Association, 2014).
L’Associazione Psichiatrica Americana (APA) è giunta quindi alla pubblicazione dell’ultima
edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM-5) che vede i disturbi
d’ansia così classificati:

Disturbo d’ansia da separazione: l’individuo con questo disturbo è spaventato o ansioso
riguardo alla separazione dalle figure di attaccamento a un livello di gravità inappropriato
5
rispetto allo stadio di sviluppo. Sono presenti paura o ansia persistenti relative agli incidenti
che possono capitare alle figure di attaccamento e agli eventi che possono portare alla perdita
delle, o alla separazione dalle, figure di attaccamento, e riluttanza ad allontanarsi dalle figure
di attaccamento, come pure incubi e sintomi fisici di disagio. Nonostante i sintomi si
sviluppino spesso durante l’età infantile, possono essere espressi anche in età adulta.

Mutismo selettivo: caratterizzato da una costante incapacità di parlare in situazioni sociali in
cui ci si aspetta che si parli (per es., a scuola), anche se l’individuo è in grado di parlare in
altre situazioni. L’incapacità di parlare ha conseguenze significative sul rendimento in
contesti educativi o lavorativi o interferisce altrimenti con la normale comunicazione sociale.

Fobia Specifica: sono individui spaventati o ansiosi riguardo a oggetti e situazioni
circoscritti, oppure evitano oggetti e situazioni circoscritti. Un’ideazione cognitiva specifica
non è presente in questo disturbo, come avviene in altri disturbi d’ansia. La paura, l’ansia o
l’evitamento sono quasi sempre indotti immediatamente dalla situazione fobica, a un livello
tale da essere persistente e sproporzionato rispetto al reale rischio che essa rappresenta. Vi
sono vari tipi di fobie specifiche: animali; ambienti naturali; sangue-infezioni-ferite;
situazionali; e altre situazioni.

Disturbo d’ansia sociale (fobia sociale): l’individuo ha paura o è ansioso, oppure evita le
interazioni sociali e le situazioni che coinvolgono la possibilità di essere esaminato. Queste
includono le interazioni sociali in cui si incontrano persone non conosciute, situazioni in cui
l’individuo può essere osservato mentre mangia o beve, e situazioni in cui l’individuo si
esibisce di fronte ad altri. L’ideazione cognitiva è di essere valutato negativamente dagli altri,
essere imbarazzato, umiliato o rifiutato, oppure offendere gli altri.

Disturbo di panico: l’individuo sperimenta ricorrenti attacchi di panico inaspettati ed è
costantemente preoccupato o spaventato di avere ulteriori attacchi di panico, oppure modifica
il proprio comportamento in modo disadattivo a causa degli attacchi di panico. Gli attacchi di
panico sono rappresentati da comparsa improvvisa di paura o disagio intensi che
raggiungono il picco in pochi minuti, accompagnati da sintomi fisici e/o cognitivi. Gli
attacchi di panico possono essere attesi, cioè come risposta a un oggetto o situazione
tipicamente temuti, oppure inaspettati, cioè gli attacchi di panico si verificano senza una
ragione evidente.

Agorafobia: questi individui sono spaventati e ansiosi riguardo a due o più delle seguenti
situazioni: utilizzare trasporti pubblici; trovarsi in spazi aperti; stare in spazi ristretti; fare la
fila o essere in mezzo alla folla, oppure essere fuori casa da soli in altre situazioni.
L’individuo teme queste situazioni a causa di pensieri legati al fatto che potrebbe essere
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difficile fuggire o che potrebbe rivelarsi impossibile ricevere soccorso nel caso in cui si
sviluppino sintomi simili al panico o altri sintomi invalidanti o imbarazzanti. Queste
situazioni inducono quasi sempre paura o ansia e sono spesso evitate, o richiedono la
presenza di un accompagnatore.

Disturbo d’ansia generalizzata: le caratteristiche chiave di questo disturbo sono ansia e
preoccupazione persistenti ed eccessive riguardanti diversi ambiti, tra cui il rendimento
lavorativo e scolastico, che l’individuo ha difficoltà a controllare. Inoltre, l’individuo
sperimenta sintomi fisici, tra cui irrequietezza o sensazioni di agitazione o tensione; facile
affaticamento; difficoltà di concentrazione o vuoti di memoria; irritabilità; tensione
muscolare; e disturbi del sonno.

Disturbo d’ansia indotto da sostanze/farmaci: implica ansia dovuta a intossicazione o
astinenza da sostanze, oppure a un trattamento farmacologico. Nel disturbo d’ansia dovuto a
un’altra condizione medica la sintomatologia ansiosa è la conseguenza fisiologica di un’altra
condizione medica.

Disturbo d’ansia dovuto a un’altra condizione medica: è un’ansia clinicamente significativa
che si ritiene meglio spiegata come effetto fisiologico di un’altra condizione medica.

Disturbo d’ansia con altra specificazione: questa categoria si applica alle manifestazioni in
cui i sintomi caratteristici di un disturbo d’ansia, che causano disagio clinicamente
significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre
aree importanti, predominano ma non soddisfano pienamente i criteri per uno qualsiasi dei
disturbi della classe diagnostica dei disturbi d’ansia. La categoria disturbo d’ansia con altra
specificazione è utilizzata in situazioni in cui il clinico sceglie di comunicare la ragione
specifica per cui la manifestazione non soddisfa i criteri per nessuno specifico disturbo
d’ansia.

Disturbo d’ansia senza specificazione: questa categoria si applica alle manifestazioni in cui i
sintomi caratteristici di un disturbo d’ansia, che causano disagio clinicamente significativo o
compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre arre importanti,
predominano ma non soddisfano pienamente i criteri per uno qualsiasi dei disturbi della
classe diagnostica dei disturbi d’ansia (American Psychiatric Association, 2014).
I disturbi d’ansia sono molto diversi tra loro in base alla tipologia di oggetti o di situazioni che
provocano paura, ansia oppure comportamenti di evitamento, e per l’ideazione cognitiva associata.
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Uno svantaggio da tenere in considerazione nell’analisi di questi disturbi è la condizione di
comorbilità, ovvero la presenza nello stesso soggetto di due o più disturbi, tuttavia possono essere
differenziati attraverso un attento esame delle tipologie di situazione temute o evitate e del
contenuto dei pensieri e delle credenze a essi associati (American Psychiatric Association, 2014).
Le ricerche hanno considerato anche alcuni fattori demografici che influenzano l’emergere di questi
disturbi.
L’età è significativa nel modo di esperire i disturbi: gli adulti ne sono maggiormente consapevoli e
descrivono la loro ansia in termini di esperienze emozionali, cognitive e reazioni fisiche; i bambini
invece generalmente non sono consapevoli dei loro disturbi e esperiscono ansia e paura attraverso il
comportamento (come il pianto, capricci, immobilizzandosi, attaccandosi morbosamente all’adulto
di riferimento) Va precisato però che nella maggior parte dei bambini i disturbi emersi nell’infanzia
svaniscono con l’età (Hansell & Damour, 2007, pp. 111-112).
Analizzando il fattore genere emerge che questi disturbi colpiscono in modo particolare le donne,
ciò è in gran parte è dovuto a fattori socioculturali (come il fatto che alle donne non viene insegnato
ad essere assertive e autosufficienti); fattori ormonali (maggiori probabilità per le donne di
sviluppare disturbo di panico e fluttuazioni dei livelli ormonali nelle donne mestruate che causano
un disequilibrio); fattori genetici (il disturbo di panico è legato anche al prolasso della valvola
mitralica e all’ipertiroidismo, più frequenti nelle donne) (Hansell & Damour, 2007, pp. 112-113).
Infine è stato analizzato il fattore demografico della classe sociale. Le persone che vivono in
contesti urbani poveri corrono un maggior rischio di sviluppare disturbo post-traumatico da stress
probabilmente per due ragioni: sono più esposte rispetto ad altre popolazioni ad esperienze
traumatiche ed è più probabile che non abbiano un sufficiente supporto sociale (Hansell & Damour,
2007, pp. 113-114).
Occorre far riferimento ad un ultimo fattore, il relativismo storico e culturale che evidenzia i limiti
del sistema del DSM-IV-TR in quanto non è possibile generalizzare questa diagnosi dei disturbi ad
ogni epoca e ad ogni cultura (Hansell & Damour, 2007, pp. 114-116).
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1.2 Spiegare e trattare l’Ansia e i Disturbi d’ansia:
L’ansia e i suoi disturbi sono stati ampiamente studiati nell’ambito della psicologia clinica e diversi
approcci teorici, nel corso degli anni, hanno proposto diversi possibili interventi per mitigarne gli
effetti e ristabilire, auguralmente, una condizione di normalità.
Ad esempio, secondo la prospettiva comportamentale i comportamenti umani sono modellati
attraverso ricompense e punizioni sulla base del principio del condizionamento operante. In questo
contesto quindi, i soggetti con disturbi d’ansia tendono ad evitare ciò che fa loro paura, producendo
un rinforzo negativo. Questi sentimenti di disagio possono emergere anche come conseguenza
dell’osservazione e imitazione del comportamento dei propri genitori di fronte a certe situazioni
(modellamento). Secondo questo approccio teorico, le reazioni di ansia possono essere via via
mitigate attraverso il meccanismo di estinzione, di conseguenza, l’intervento prevede
un’esposizione del soggetto agli oggetti o situazioni che tipicamente causano l’insorgenza del
disturbo (Hansell & Damour, 2007, pp. 117-118).
Secondo la prospettiva cognitiva le persone che soffrono di disturbi d’ansia presentano schemi
cognitivi disfunzionali poiché tendono a fissarsi sui pericoli percepiti e sulle minacce, sovrastimano
sia la gravità, sia le minacce dei pericoli che si presentano loro, infine sottostimano le loro abilità di
poterli gestire (Wells, 1997). In funzione di questa concettualizzazione, gli interventi cognitivi
prevedono che il terapeuta adotti una posizione attiva verso il paziente guidandolo e aiutandolo a
formulare gli obiettivi della terapia e procedendo all’allontanamento dei pensieri disadattavi e
problematici (Hansell & Damour, 2007, p. 124).
Le componenti psicodinamiche fanno riferimento al padre della psicoanalisi Freud. In un primo
momento egli fu interessato alla coesistenza, nei suoi pazienti, di disturbi d’ansia e astinenza
sessuale o frustrazione, sviluppò quindi la teoria secondo la quale l’energia degli istinti sessuali
rimossi si trasformasse in ansia. Successivamente, Freud ribaltò questa teoria affermando che
l’ansia è la causa (e non il risultato) della rimozione, un meccanismo di difesa che consiste nel
dimenticare i contenuti mentali dolorosi e inaccettabili.
I teorici psicodinamici danno rilievo anche alle figure genitoriali, in quanto essi hanno l’importante
compito di aiutare i propri figli a gestire al meglio i propri desideri e sensazioni e non devono essere
né troppo severi né troppo labili nell’insegnare loro come gestirli (Hansell & Damour, 2007, pp.
129-130).
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Infine analizzando le componenti biologiche emerge una importante correlazione tra l’ansia e le
reazioni fisiologiche. Questa prospettiva sottolinea il ruolo del sistema nervoso autonomo, del
sistema limbico, dei neurotrasmettitori e dei fattori genetici nei disturbi d’ansia.
Gli interventi biologici consistono nella prescrizione di farmaci antidepressivi come gli SSRI
(inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina), antidepressivi triciclici.
Tutte queste prospettive, e i loro specifici interventi, possono essere combinate tra loro data la
varietà delle componenti emozionali, comportamentali, cognitive e fisiologiche dei disturbi d’ansia,
sottolineando quindi il principio della causalità multipla.
Infine in alcuni disturbi d’ansia le componenti biologiche si fondono a quelle psicologiche
sottolineando il principio della connessione tra mente e corpo (Hansell & Damour, 2007).
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1.3 DISTURBO POST TRAUMATICO DA STRESS:
Nel DSM 5 il disturbo post traumatico da stress (DPTS) lo troviamo classificato nei Disturbi
correlati a eventi traumatici stressanti, ovvero quei disturbi in cui l’esposizione a un vento
traumatico o stressante è elencata come criterio diagnostico.
Fanno altresì parte di questi disturbi:
- il disturbo reattivo dell’attaccamento
- il disturbo da impegno sociale disinibito
- il disturbo da stress acuto
- i disturbi dell’adattamento.
La collocazione di questo capitolo sui Disturbi correlati a eventi traumatici stressanti, riflette la
stretta relazione tra queste diagnosi e i disturbi trattati nei capitoli adiacenti sui disturbi d’ansia, il
disturbo ossessivo-compulsivo e i disturbi correlati e i disturbi dissociativi.
La sofferenza psicologica che segue l’esposizione a un evento traumatico o stressante è molto
variabile. E’ stato infatti riscontrato che molti soggetti che sono stati vittime di eventi traumatici o
stressanti manifestano un fenotipo in cui, piuttosto che riscontrare sintomi basati sull’ansia e sulla
paura, le caratteristiche cliniche più evidenti sono sintomi anedonici e disforici, sintomi di rabbia e
aggressività esternalizzate, oppure sintomi dissociativi (American Psychiatric Association, 2014).
Il DPTS è associato ad alti livelli di disabilità sociale, lavorativa e fisica, oltre che a considerevoli
costi economici e alti livelli di utilizzo dei servizi medici. La compromissione del funzionamento si
osserva all’interno degli ambiti sociale, interpersonale, evolutivo, scolastico, lavorativo e della
salute fisica.
Alcuni eventi traumatici inoltre hanno un forte potenziale suicidario nelle persone che ne vengono
colpite (American Psychiatric Association, 2014).
1.3.1 Una definizione
Il disturbo post-traumatico da stress si può manifestare in conseguenza a disastri naturali (come
uragani, terremoti, inondazioni), ma può anche essere dovuto ad atti commessi dall’uomo come la
violenza, le guerre, gli attacchi terroristici, andando a formare un trauma, ovvero un’esperienza
emotiva travolgente in cui vi è la possibilità di morte o di ferite consistenti sia su se stessi, sia su
persone care (Hansell & Damour, 2005).
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Gli studiosi hanno messo in evidenza in merito a questo argomento la distinzione tra due diversi tipi
di
traumi:
traumi
con
la
“T
maiuscola”
e
traumi
con
la
“t
minuscola”
(http://www.psicologamonza.it/Trauma_EMDR.htm).
I primi fanno riferimento a disastri naturali (terremoti, inondazioni), incidenti, abusi sessuali; i
traumi con la t minuscola invece sono quei traumi che si manifestano sia in età infantile che da
adulti e lasciano un segno profondo, più difficile da abbandonare e che porta con sé le conseguenze
a lungo termine. Ad esempio l’essere umiliati di fronte ad altre persone, troncare improvvisamente
una relazione, subire un lutto, ricevere una diagnosi medica di patologia, indicano dei traumi che
spesso il soggetto pensa di aver superato ma, in realtà, possono riemergere dopo anni ancora vividi
e con il loro carico emotivo e doloroso (http://www.psicologamonza.it/Trauma_EMDR.htm).
1.3.2 Caratteristiche associate a supporto della diagnosi
E’ possibile che si verifichi una regressione dello sviluppo, come la perdita del linguaggio nei
bambini piccoli. Possono essere presenti pseudoallucinazioni uditive (sentire parlare i propri
pensieri con una o più voci diverse). A seguito di eventi traumatici prolungati, ripetuti e gravi
l’individuo può sperimentare ulteriori complicazioni nella regolazione delle emozioni o nel
mantenere una stabilità nelle relazioni interpersonali, o sintomi dissociativi. Nel caso in cui l’evento
traumatico porta a morte violenta, possono manifestarsi sintomi di lutto problematico (American
Psychiatric Association, 2014).
1.3.3 Prevalenza
Grazie ad uno studio condotto utilizzando i criteri del DSM-IV, è emerso che negli Stati Uniti la
proiezione del rischio di vita per il DPTS all’età di 75 anni è 8,7%. La prevalenza attuale tra gli
adulti negli Stati Uniti è circa di 3,5%. In Europa e nella maggior parte dei paesi asiatici, africani e
latinoamericani sono state riscontrate stime inferiori pari al 0,5-1,0%.
Emerge quindi come uno stesso livello di esposizione a un evento traumatico possa produrre una
probabilità diversa di contrarre un DPTS in base alle componenti culturali.
I tassi di DPTS sono maggiori tra i veterani e altri individui la cui professione aumenta il rischio di
esposizione a eventi traumatici.
La prevalenza di questo disturbo può variare anche nel corso dello sviluppo; bambini e adolescenti
hanno mostrato, in linea generale, una prevalenza minore in seguito all’esposizione a gravi eventi
traumatici; anche gli anziani si sono mostrati meno vulnerabili a questo tipo di disturbo (American
Psychiatric Association, 2014).
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1.3.4 Sviluppo e decorso
Il disturbo post-traumatico da stress si può presentare a qualsiasi età, fin dal primo anno di vita.
Generalmente i sintomi emergono nei primi 3 mesi dopo il trauma, sebbene possano passare mesi o
anche anni prima che siano soddisfatti i criteri per una diagnosi.
La durata dei sintomi può variare da un recupero completo entro 3 mesi fino alla persistenza dei
sintomi, nei casi più gravi, fino a 12 mesi e talvolta per più di 50 anni. Questo aspetto temporale è
spesso legato a fattori che suscitano il ricordo traumatico dell’evento, fattori stressanti della vita
quotidiana o eventi traumatici vissuti recentemente.
Il rivivere l’evento traumatico può variare attraverso lo sviluppo. I bambini possono lamentare
l’insorgenza di incubi nonostante non ci siano contenuti specifici relativi ad un evento traumatico.
Spesso gli accadimenti traumatici vissuti dai bambini di età inferiore ai 6 anni si palesano nel gioco.
Essi possono non
manifestare reazioni di paura nel rivivere o nell’esposizione all’evento
traumatico. La reazione dei bambini a questi eventi può essere quella di evitamento o di
preoccupazione collegata ai ricordi, causando seri cambiamenti nell’umore.
I soggetti che continuano a sperimentare DPTS in età adulta avanzata possono manifestare un minor
numero di sintomi di ipervigilanza, evitamento, pensieri e umore negativi rispetto ai giovani adulti
con la stessa patologia.
Negli anziani il disturbo è associato a percezioni negative sulla salute,a idee suicidarie e all’utilizzo
di assistenza primaria (American Psychiatric Association, 2014).
1.3.5 Fattori predisponenti
Ovviamente a questo punto è necessario considerare il fatto che non tutte le persone reagiscono alla
stessa maniera alle difficoltà che si presentano e solo alcuni soggetti possono avere delle reazioni
che si trovano sul continuum patologico rispetto a quello normale.
Vi sono diversi fattori che possono predisporre maggiormente una persona a manifestare un
disturbo post-traumatico da stress come l’ampiezza e l’intensità dell’esposizione al pericolo,
problemi emotivi pre-esistenti, una storia di traumi precedenti, il senso di colpa per essere
sopravvissuti al trauma e/o alla carenza di supporto sociale (Hansell & Damour, 2007).
Altri fattori predisponenti sono una storia personale o familiare di depressione e ansia, nevrosi,
separazioni precoci.
E’ più frequente nelle donne e nelle persone separate o vedove (Colombo & Mantua, 2001).
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La diagnosi di DPTS prevede la presenza di sintomi afferenti a tre cluster: la tendenza a rivivere
l’avvenimento, evitamento e aumento dell’arousal (Colombo & Mantua, 2001).
I tre requisiti perché si possa parlare di trauma invece sono: acuzie, imprevedibilità e minacciosità
(Colombo & Mantua, 2001). Imprevedibilità perché un trauma sopraggiunge all’improvviso, senza
preavviso, e quindi non permette di prepararsi all’evento e di adeguarsi alle modifiche. Porta un
cambiamento situazionale repentino.
E’ minaccioso e grave, non consentendo vie di fuga.
Generalmente ha una intensità molto elevata e ciò si riscontra particolarmente nelle conseguenze
che lascia al suo passaggio
I fattori di rischio sono generalmente suddivisi in fattori pretraumatici, peritraumatici e posttraumatici.
Fattori Pretraumatici

Fattori temperamentali: comprendono problemi emotivi dell’infanzia prima dei 6 anni e
precedenti disturbi mentali.

Fattori ambientali: comprendono status socioeconomico basso; basso livello di istruzione;
esposizione a un trauma precedente; avversità nell’infanzia; caratteristiche culturali;
intelligenza inferiore; status razziale/etnico di minoranza; e una storia di disturbi psichiatrici
in famiglia. La presenza di supporto sociale prima dell’esposizione all’evento si è dimostrata
protettiva.

Fattori genetici e fisiologici: comprendono il genere femminile e una giovane età al
momento dell’esposizione al trauma. Alcuni genotipi possono essere protettivi o aumentare
il rischio di DPTS dopo l’esposizione a eventi traumatici.
Fattori Peritraumatici

Fattori ambientali: comprendono la gravità del trauma, percepita minaccia per la vita,
lesione personale, violenza interpersonale e, per il personale militare, essere esecutore o di
testimone di atrocità. La dissociazione che si verifica durante il trauma e persiste in seguito
può rappresentare un fattore di rischio.
Fattori Post-Traumatici

Fattori temperamentali: comprendono valutazioni negative, strategie di coping inappropriate
e lo sviluppo del disturbo da stress acuto.
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
Fattori ambientali: comprendono la successiva esposizione a ripetuti fattori che suscitano
ricordi traumatizzanti, successivi eventi di vita avversi e perdite finanziarie o di altro tipo
collegate al trauma (American Psychiatric Association, 2014).
1.3.6 Aspetti diagnostici correlati alla cultura di appartenenza
La possibilità di insorgenza del disturbo post-traumatico da stress varia nei gruppi culturali in
relazione al tipo di esposizione traumatica, all’impatto sulla gravità del disturbo del significato
attribuito all’evento traumatico e anche ad altri fattori culturali.
In particolare, possono variare a seconda delle culture i sintomi di evitamento e intorpidimento, i
sogni spiacevoli e i sintomi somatici.
Le sindromi e gli idiomi culturali della sofferenza influenzano l’espressione del DPTS e la serie di
disturbi in comorbilità nelle varie culture, fornendo dei modelli comportamentali e cognitivi che
collegano l’esposizione traumatica con sintomi specifici (American Psychiatric Association, 2014).
1.3.7 Aspetti diagnostici correlati al genere
Il disturbo post-traumatico da stress è stato riscontrato in maniera superiore, e con una durata
maggiore nelle donne rispetto agli uomini lungo l’arco della vita.
Questa distinzione di genere sembra essere collegata alla prevalente probabilità di esposizione a
eventi traumatici, come lo stupro e altre forme di violenza interpersonali (American Psychiatric
Association, 2014).
1.3.8 Comorbilità
Gli individui con DPTS hanno l’80% di possibilità in più rispetto ai soggetti che non ne sono affetti
di presentare sintomi che soddisfano i criteri per almeno un disturbo mentale.
La comorbilità con il disturbo da uso di sostanze e con il disturbo della condotta è più comune tra i
maschi che tra le femmine. I bambini possono presentare il disturbo post-traumatico da stress in
comorbilità con il disturbo oppositivo provocatorio e il disturbo d’ansia di separazione.
Vi è una considerevole comorbilità anche tra DPTS e disturbo neuro cognitivo maggiore e alcuni
sintomi sovrapposti tra questi disturbi (American Psychiatric Association, 2014).
15
1.3.9 Storia del disturbo
Il disturbo post traumatico da stress è stato inserito nel manuale diagnostico (DSM-III) solo nel
1980 dall’American Psychiatric Association (APA), ciò sembra essere stato influenzato dagli
effetti della guerra del Vietnam con l’obiettivo sociale di indennizzare i soldati americani reduci
da questa guerra e con l’obiettivo scientifico di conferire autonomia nosografica a questo
disturbo.
Ma non solo i traumi bellici potevano essere annoverati tra le cause dell’insorgenza del DPTS,
vennero aggiunti anche terremoti, inondazioni, incidenti aerei, attentati terroristici.
Con il passare del tempo gli studiosi allargarono il campo di studi, considerando il DPTS anche
in relazione ad eventi di portata più moderata. La novità apportata dagli studiosi al concetto di
DPTS è quella di considerarlo come una patologia psichica che insorge in individui sani in
seguito a un evento traumatico, ovvero indica la possibilità di manifestarsi anche in individui
senza alcuna predisposizione (Colombo & Mantua, 2001).
Gli eventi scatenanti questo deficit possono essere di maggiore o minore portata. L’intensità è
dunque un fattore determinante ( Colombo & Mantua, 2001).
Un lutto può essere considerato un evento di portata inferiore, in quanto sebbene porti a una
situazione di notevole stress dovuta alla perdita di un caro, si può superare con il passare del
tempo e non implica altri tipi di sollecitazione; nel caso di eventi di portata maggiore come può
essere un evento sismico, invece, i soggetti sono sottoposti a più stressor come la paura che un
evento catastrofico simile possa ripresentarsi, la paura di perdere i propri beni materiali e la
preoccupazione per la vita di una persona cara.
Questa interpretazione del DPTS è basata sull’occorrenza e la frequenza di presentazione degli
eventi, tuttavia, alcuni autori suggeriscono che il fattore determinante nella manifestazione del
DPTS sia da ascrivere alla distinzione tra eventi straordinari ed eventi ordinari nella vita
dell’uomo (Dohrenwend & Dohrenwend, 1997, Colombo e Mantua, 2001). In questa
prospettiva, gli autori suggeriscono inoltre che debbano esistere dei fattori predisponenti per la
manifestazione del disturbo in questione.
Infine gli psicanalisti rigettano sia la caratteristiche quantitative sia qualitative dell’agente
stressante, focalizzandosi piuttosto sulla percezione che il soggetto ne ha in relazione al suo
vissuto, alle sue relazioni interpersonali, al suo sviluppo (Adamson & Shmale, 1965, Colombo e
Mantua, 2001). Ritornano così ad assumere rilievo anche quegli episodi della vita quotidiana
che, nonostante possano sembrare meno traumatici di un alluvione o di un terremoto, presentano
16
la loro componente patologica nel essere rivissuti e riattivati attraverso flashback scatenando
nell’individuo un senso di vulnerabilità, di colpa, di perdita, di vergogna.
17
1.4 Criteri diagnostici per il disturbo post traumatico da stress nel DSM-5
I seguenti criteri si riferiscono a adulti, adolescenti e bambini di età superiore ai 6 anni.
A. Esposizione a morte reale o minaccia di morte, grave lesione, oppure violenza sessuale in
uno (o più) dei seguenti modi:
1. Fare esperienza diretta dell’evento/i traumatico/i.
2. Assistere direttamente a un evento/i traumatico/i accaduto ad altri.
3. Venire a conoscenza di un evento/i traumatico/i accaduto a un membro della famiglia oppure
a un amico stretto. In caso di morte reale o minaccia di morte di un membro della famiglia o di
un amico, l’vento/i deve essere stato violento o accidentale.
4. Fare esperienza di una ripetuta o estrema esposizione a dettagli crudi dell’evento/i
traumatico/i (per es., i primi soccorritori che raccolgono resti umani; agenti di polizia
ripetutamente esposti a dettagli di abusi su minori).
Nota: Il Criterio A4 non si applica all’esposizione attraverso media elettronici, televisione, film, o
immagini, a meno che l’esposizione non sia legata al lavoro svolto .
B. Presenza di uno (o più) dei seguenti sintomi intrusivi associati all’evento/i traumatico/i, che
hanno inizio successivamente all’evento/i traumatico/i:
1. Ricorrenti, involontari e intrusivi ricordi spiacevoli dell’evento/i traumatico/i.
Nota: Nei bambini di età superiore ai 6 anni può verificarsi un gioco ripetitivo in cui vengono espressi temi
o aspetti riguardanti l’evento/i traumatico/i.
2. Ricorrenti sogni spiacevoli in cui il contenuto e/o le emozioni del sogno sono collegati
all’evento/i traumatico/i.
Nota: Nei bambini, possono essere presenti sogni spaventosi senza un contenuto riconoscibile.
3. Reazioni dissociative (per es., flashback) in cui il soggetto sente o agisce come se l’evento/i
traumatico/i si stesse ripresentando. (Tali reazioni possono verificarsi lungo un continuum, in
cui l’espressione estrema è la completa perdita di consapevolezza dell’ambiente circostante.)
Nota: Nei bambini, la riattualizzazione specifica del trauma può verificarsi nel gioco.
4. Intesa o prolungata sofferenza psicologica all’esposizione a fattori scatenanti interni o esterni
che simboleggiano o assomigliano a qualche aspetto dell’evento/i traumatico/i.
5. Marcate reazioni fisiologiche a fattori scatenanti interni o esterni che simboleggiano o
assomigliano a qualche aspetto dell’evento/i traumatico/i.
18
C. Evitamento persistente degli stimoli associati all’evento/i traumatico/i, iniziato dopo
l’evento/i traumatico/i, come evidenziato da uno o entrambi i seguenti criteri:
1. Evitamento o tentativi di evitare ricordi spiacevoli, pensieri o sentimenti relativi o
strettamente associati all’evento/i traumatico/i.
2. Evitamento o tentativi di evitare fattori esterni (persone, luoghi, conversazioni, attività,
oggetti, situazioni) che suscitano ricordi spiacevoli, pensieri o sentimenti relativi o strettamente
associati all’evento/i traumatico/i.
D. Alterazioni negative di pensieri ed emozioni associati all’evento/i traumatico/i, iniziate o
peggiorate dopo l’evento/i traumatico/i, come evidenziato da due (o più) dei seguenti criteri:
1. Incapacità di ricordare qualche aspetto importante dell’evento/i traumatico/i (dovuta
tipicamente ad amnesia dissociativa e non ad altri fattori come trauma cranico, alcol, o droghe).
2. Persistenti ed esagerate convinzioni o aspettative negative relative a se stessi, ad altri, o al
mondo (per es., “io sono cattivo”, “non ci si può fidare di nessuno”, “il mondo è assolutamente
pericoloso”, “il mio intero sistema nervoso è definitivamente rovinato”).
3. Persistenti, distorti pensieri relativi alla causa o alle conseguenze dell’evento/i traumatico/i
che portano l’individuo a dare la colpa a se stesso oppure agli altri.
4. Persistente stato emotivo negativo (per es., paura, orrore, rabbia, colpa o vergogna).
5. Marcata riduzione di interesse o partecipazione ad attività significative.
6. Sentimenti di distacco o di estraneità verso gli altri.
7. Persistente incapacità di provare emozioni positive (per es., incapacità di provare felicità,
soddisfazione o sentimenti d’amore).
E. Marcate alterazioni dell’arousal e della reattività associati all’evento/i traumatico/i, iniziate o
peggiorate dopo l’evento/i traumatico/i, come evidenziato da due (o più) dei seguenti criteri:
1. Comportamento irritabile ed esplosioni di rabbia (con minima o nessuna provocazione)
tipicamente espressi nella forma di aggressione verbale o fisica nei confronti di persone o
oggetti.
2. Comportamento spericolato o autodistruttivo.
3. Ipervigilanza.
4. Esagerate risposte di allarme.
5. Problemi di concentrazione.
6. Difficoltà relative al sonno (per es., difficoltà nell’addormentarsi o nel rimanere
addormentati, oppure sonno non ristoratore).
19
F. La durata delle alterazioni (Criteri B, C, DEE) è superiore a 1 mese.
G. L’alterazione provoca disagio clinicamente significativo o compromissione del
funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.
H. L’alterazione non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza (per es., farmaci, alcol)
o a un’altra condizione medica.
Specificare quale:
Con sintomi dissociativi: I sintomi dell’individuo soddisfano i criteri per un disturbo da stress
post-traumatico e, inoltre, in risposta all’evento stressante, l’individuo fa esperienza di sintomi
persistenti o ricorrenti di uno dei due seguenti criteri:
1. Depersonalizzazione: Persistenti o ricorrenti esperienze di sentirsi distaccato dai e
come se si fosse un osservatore esterno dei propri processi mentali o dal proprio
corpo (per es., sensazione di essere in un sogno; sensazione di irrealtà di se stessi o
del proprio corpo o del lento scorrere del tempo).
2. Derealizzazione: Persistenti o ricorrenti esperienze di irrealtà dell’ambiente
circostante (per es., il mondo intorno all’individuo viene da lui vissuto come irreale,
onirico, distante o distorto).
Nota: Per utilizzare questo sottotipo, i sintomi dissociativi non devono essere attribuibili agli effetti
fisiologici di una sostanza (per es., blackout, comportamento durante un’intossicazione da alcol) o a
un’altra condizione medica (per es., crisi epilettiche parziali complesse).
Specificare se:
Con espressione ritardata: Se criteri diagnostici non sono soddisfatti appieno entro 6 mesi
dall’evento (ancorché l’insorgenza e l’espressione di alcuni sintomi possano essere immediate).
20
Disturbo da stress post-traumatico nei bambini sotto i 6 anni
A. Nei bambini sotto i 6 anni, esposizione a morte reale o minaccia di morte, grave lesione, oppure
violenza sessuale in uno (o più) dei seguenti modi:
1. Fare esperienza diretta dell’evento/i traumatico/i.
2. Assistere direttamente a un evento/i traumatico/i accaduto ad altri, in particolare ai caregiver
primari.
Nota: L’essere testimoni non include eventi ai quali si assiste attraverso media elettronici, televisione,
film, o immagini.
3. Venire a conoscenza di un evento/i traumatico/i accaduto a un membro della famiglia oppure a
una figura di accudimento.
B. Presenza di uno (o più) dei seguenti sintomi intrusivi associati all’evento/i traumatico/i, che
hanno inizio successivamente all’evento/i traumatico/i:
1. Ricorrenti, involontari e intrusivi ricordi spiacevoli dell’evento/i traumatico/i.
Nota: Ricordi spontanei e intrusivi non appaiono necessariamente come spiacevoli e possono essere
espressi come gioco riattualizzante.
2. Ricorrenti sogni spiacevoli in cui il contenuto e/o le emozioni del sogno sono collegati
all’evento/i traumatico/i.
Nota: Può essere possibile accertare che il contenuto terrorizzante sia collegato con l’evento traumatico.
3. Reazioni dissociative (per es., flashback) in cui il bambino sente o agisce come se l’evento/i
traumatico/i si stesse ripresentando. Tali reazioni possono verificarsi lungo un continuum, in cui
l’espressione estrema è la completa perdita di consapevolezza dell’ambiente circostante. La
riattualizzazione specifica del trauma può verificarsi nel gioco.
4. Intensa o prolungata sofferenza psicologica all’esposizione a fattori scatenanti interni o esterni
che simboleggiano o somigliano a qualche aspetto dell’evento/i traumatico/i.
5. Marcate reazioni fisiologiche in risposta a fattori che ricordano l’evento/i traumatico/i.
C. Uno ( o più) dei seguenti sintomi, che rappresentano persistente evitamento degli stimoli
associati all’evento/i traumatico/i o alterazioni negative di pensieri ed emozioni associati
all’evento/i traumatico/i, devono essere presenti, iniziati o peggiorati dopo l’evento/i traumatico/i.
Persistente evitamento degli stimoli
1. Evitamento o tentativi di evitamento di attività, luoghi o fattori fisici che suscitano ricordi
dell’evento/i traumatico/i.
2. Evitamento o tentativi di evitamento di persone, conversazioni o situazioni interpersonali che
suscitano ricordi dell’evento/i traumatico/i.
21
Alterazioni negative della cognitività
3. Sostanziale aumento della frequenza di stati emotivi negativi (per es., paura, colpa,
tristezza,vergogna, confusione).
4. Marcata diminuzione di interesse o partecipazione ad attività significative, inclusa la limitazione
del gioco.
5. Comportamento socialmente ritirato.
6. Persistente riduzione dell’espressione di emozioni positive.
D. Alterazione dell’arousal e della reattività associate all’evento/i traumatico/i, iniziate o peggiorate
dopo l’evento/i traumatico/i, come evidenziato da due (o più) dei seguenti criteri:
1. Comportamento irritabile ed esplosioni di rabbia (con minima o nessuna provocazione)
tipicamente espressi nella forma di aggressione verbale o fisica nei confronti di persone o oggetti
(compresi estremi accessi di collera).
2. Ipervigilanza.
3. Esagerata risposta di allarme.
4. Problemi di concentrazione.
5. Difficoltà relative al sonno (per es., difficoltà nell’addormentarsi o nel rimanere addormentati,
oppure sonno non ristoratore).
E. La durata delle alterazioni è superiore a 1 mese.
F. L’alterazione provoca disagio clinicamente significativo o compromissione nella relazione con
genitori, fratelli, coetanei o altri caregiver, oppure nel comportamento scolastico.
G. L’alterazione non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza (per es., farmaci, alcol) o a
un’altra condizione medica.
Specificare quale:
Con sintomi dissociativi: I sintomi dell’individuo soddisfano i criteri per un disturbo posttraumatico e l’individuo fa esperienza di sintomi persistenti o ricorrenti di uno dei due seguenti
criteri:
1. Depersonalizzazione: Persistenti o ricorrenti esperienze di sentirsi distaccato dai, e come se si
fosse un osservatore esterno dei, propri processi mentali o dal proprio corpo (per es., sensazione di
22
essere in un sogno; sensazione di irrealtà di se stessi o del proprio corpo o del lento scorrere del
tempo).
2. Derealizzazione: Persistenti o ricorrenti esperienze di irrealtà dell’ambiente circostante (per es.,
il mondo intorno all’individuo viene da lui vissuto come irreale, onirico, distante o distorto).
Nota: Per utilizzare questo sottotipo, i sintomi dissociativi non devono essere attribuibili agli effetti
fisiologici di una sostanza (per es., blackout) o a un’altra condizione medica (per es., crisi epilettiche
parziali complesse).
Specificare se:
Con espressione ritardata: Se i criteri diagnostici non sono soddisfatti appieno entro 6 mesi
dall’evento (ancorché l’insorgenza e l’espressione di alcuni sintomi possano essere immediate)
(American Psychiatric Association, 2014).
23
1.5 Analisi dei disastri naturali: il Terremoto
I disastri naturali sono suddivisibili in 3 grandi categorie:
1. disastri idro-metereologici (come straripamenti, tempeste, temperature estreme)
2. disastri biologici (epidemie, infestazioni)
3. disastri geofisici (terremoti, maremoti, eruzioni vulcaniche)
I terremoti sono stati responsabili delle più devastanti catastrofi del XX secolo, questi si
manifestano improvvisamente, provocando un impatto violento e inaspettato e gli effetti molte
volte si protraggono per lungo tempo.
I disagi psicologici possono essere causati, nei sopravvissuti, come conseguenza del
displacement ovvero la dislocazione forzata dovuta all’inagibilità delle proprie case, alla
ricostruzione delle stesse e alla rilocazione in un contesto estraneo che può portare ad una
disgregazione della rete sociale.
Tutto ciò ci fa comprendere come da questa situazione sia alquanto probabile l’insorgenza di un
DPTS (disturbo post traumatico da stress), disturbo depressivo, l’abuso di sostanze, alterazioni
del sonno, disturbo depressivo e disturbi d’ansia (Pollice, Bianchini, Roncone, Casacchia 2012).
Analisi dei fattori di rischio nello sviluppo di un distress psicologico post traumatico:
maggiore esposizione al terremoto, la vicinanza all’epicentro, la disgregazione della rete sociale,
una storia pregressa di traumi o problemi emotivi, perdite finanziarie, in particolar modo
colpisce il sesso femminile, le persone con basso livello d’istruzione, la mancanza di un valido
sostegno sociale e il displacement.
Molti soggetti colpiti da questo evento traumatico naturale tendono a richiedere aiuto ai servizi
di Medicina Generale piuttosto che specifici interventi psicologici nei servizi di Salute Mentale
come conseguenza del fatto che tendono a trascurare la storia traumatica vissuta e ignorano i
problemi mentali conseguenti all’evento (Pollice, Bianchini, Roncone, Casacchia 2012).
Le 4 fasi successive ad una catastrofe naturale:
1. Fase eroica: le persone e la comunità cercano in ogni modo di poter aiutare gli altri e la
comunità stessa. I soggetti possono raggiungere alti livelli di stress. E’ quindi utile
ricordarsi di non sottovalutare la portata di questo fenomeno anche su se stessi.
2. Fase della luna di miele: si analizzano i miglioramenti e la quantità di persone che hanno
offerto il proprio aiuto cosi da generare un senso di comune ottimismo. Non bisogna
24
però sottovalutare le conseguenze fisiche e soprattutto psicologiche che questo evento
lascia nelle persone.
3. Fase della disillusione: emerge la consapevolezza della portata dell’evento e degli effetti
che si protrarranno a lungo termine. La ripresa sarà lunga e difficile ma non per questo
bisogna scoraggiarsi. E’ in questo momento che possono emergere chiari sintomi di
stress post traumatici, irritabilità e sensazione di non ricevere l’aiuto necessario. Il
suggerimento è quello di non rimanere soli ma di farsi forza l’un con l’altro all’interno
della comunità e chiedere l’aiuto dei professionisti.
4. Fase
di
ristabilimento:
a
lungo
termine
torna
l’equilibrio
(https://lostudiodellopsicologo.it/2016/08/24/psicologia-del-terremoto-alcuneindicazioni-utili/).
25
Capitolo 2: Il metodo EMDR: Eye Movement Desensitization and
Reprocessing
EMDR è l’acronimo di Eye Movement Desensitization and Reprocessing, (in italiano
desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) è una tecnica psicoterapeutica
introdotta per la prima volta alla fine degli anni ’80 dalla psicologa statunitense Francine Shapiro
come terapia rivolta a persone con distress psicologico dovuto ad un evento traumatico e per
soggetti con disturbo post traumatico da stress (DPTS) (Giusti & Giannini,2012).
La tecnica dell’EMDR nasce specificatamente per il trattamento del DPTS e oggi può essere
utilizzato per il trattamento di vari disturbi come ansie, fobie, traumi recenti, dolore eccessivo
legato al lutto o per affrontare gli aspetti psicologici legati a malattie somatiche come l’AIDS e il
cancro (Giusti & Giannini, 2012).
Inizialmente questa tecnica prese il nome di EMD ovvero Eye Movement Desensitization, in quanto
nata da un orientamento comportamentista e perché si pensava che i movimenti oculari fossero
specifici nel provare una desensibilizzazione efficace. Gli effetti che il trattamento portava con sé
erano quelli di riduzione della paura e dell’ansia legati al trauma (Shapiro, Kaslow & Maxfield,
2001).
Successivamente si scoprì che altre forme di stimolazione bilaterale (come tamburellare sulle mani
e stimoli uditivi) risultavano altrettanto efficaci (Shapiro, 1991b, 1994a).
I cambiamenti nella percezione dell’ansia e della paura e il processo di desensibilizzazione
risultavano essere il prodotto della rielaborazione dell’esperienza dell’individuo (Shapiro, Kaslow
& Maxfield, 2011).
Il trattamento consisteva nella modifica delle sensazioni corporee e delle emozioni da negative in
positive, emergevano gli insight più profondi e comparivano in modo del tutto spontaneo nuovi
comportamenti insieme ad un nuovo senso di sé.
In questo modo viene elaborato il trauma e la persona torna a sentirsi un individuo sano e sereno.
In questo modo l’EMD acquista una componente aggiuntiva , “Reprocessing”, diventando l’attuale
e conosciuta tecnica EMDR (Shapiro, Kaslow, Maxfield, 2011).
Secondo i primi report clinici in cui la tecnica era stata applicata, i pazienti trattati con EMDR
manifestavano una remissione dei sintomi legati all’evento traumatico già dopo un breve numero di
sedute se non addirittura con una seduta soltanto (Giusti & Giannini, 2012).
26
Nonostante ciò non tardarono a lungo le prime critiche a questa terapia, in particolare il metodo
EMDR e i suoi sostenitori vennero accusati di non aver evidenziato risultati empirici validi sul
funzionamento della sua componente più caratteristica, i movimenti oculari.
L’assenza di una spiegazione chiara e coerente di questa componente ha portato molti studiosi a
considerare l’EMDR come un semplice trattamento alternativo rispetto alle terapie di esposizione
cognitivo-comportamentale (Giusti & Giannini, 2012).
Nonostante le innumerevoli critiche iniziali, vari studi di laboratorio hanno dimostrato l’efficacia di
questa tecnica centrata sul movimento dei bulbi oculari per quanto riguarda la riduzione delle
emozioni negative, la vividezza delle immagini e la flessibilità attentiva (Shapiro, Kaslow &
Maxfield, 2011).
Alcuni studi neurobiologici hanno messo in evidenza i cambiamenti che si sono susseguiti prima e
dopo l’intervento EMDR, insieme ad una remissione dei sintomi del trauma (Shapiro, Kaslow,
Maxfield, 2011).
Il trattamento EMDR si basa sui movimenti dei bulbi oculari, il fine è stimolare, attraverso il
movimento degli occhi, le reti mnestiche in cui è rimasto isolato l’evento traumatico, connettendole
ad altre memorie autobiografiche, ripristinando così il normale percorso di elaborazione
dell’informazione.
In questo modo l’evento vissuto come disturbante potrà essere integrato.
Il lavoro con l’EMDR si concentra sul ricordo che sfrutta il naturale sistema di elaborazione
adattiva dell’informazione. Tutto ciò avviene in una situazione guidata e protetta, che tiene lontano
il rischio di ri-traumatizzazione. Il suo intervento si basa sul ricordo disturbante per riattivarne e
completarne l’elaborazione interrotta (Fernandez & Giovannozzi, 2012).
Grazie all’intervento della stimolazione bilaterale, o anche in qualche caso all’aiuto del terapeuta, il
materiale bloccato nelle reti neurali può essere esplorato e ricollegato al resto delle informazioni a
disposizione del cervello. Questo collegamento riattiva l’elaborazione, facendo ricorso al naturale
sistema di elaborazione adattiva dell’informazione del nostro cervello. In questa maniera le
convinzioni negative, le emozioni e sensazioni corporee che erano rimaste in forma implicita nel
cervello vengono rese disponibili, consapevoli e integrabili con l’intero sistema (Fernandez &
Giovannozzi, 2012).
La tecnica dell’EMDR si focalizza sul distanziamento dell’immagine traumatica rendendola meno
invasiva, carica emotivamente e vivida fin dalla prima seduta terapeutica. Questo avviene grazie al
27
compito di attenzione divisa tra i movimenti oculari e la contemporanea esposizione all’immagine
traumatica. E’ proprio in questo che l’EMDR si differenzia dalle classiche terapie d’esposizione che
tendono a far rivivere al paziente l’immagine traumatica in tutta la sua intensità emotiva (Giusti &
Giannini, 2012).
2.1 Fasi del trattamento EMDR
Il trattamento dell’EMDR prevede 8 fasi: anamnesi e pianificazione terapeutica, preparazione,
assessment, desensibilizzazione, installazione, scansione corporea, chiusura, rivalutazione.
Il numero di sedute per ogni fase e il numero di fasi che si possono affrontare in ogni seduta varia
molto da paziente a paziente (cfr. Shapiro, 1995 in Giusti & Giannini, 2012).
Inizialmente il terapeuta spiega al paziente la teoria su cui si fonda l’EMDR e valuta se gli occhi di
quest’ultimo potranno sostenere gli sforzi richiesti dalla terapia, in caso contrario sono previste
tecniche alternative di stimolazione bilaterale come tamburellamenti (tapping) ritmici sulle mani o
schiocchi di dita vicino alle orecchie, anche se esse non hanno mostrato la stessa efficacia dei
movimenti oculari.
Il terapeuta con due dita della mano produrrà dei movimenti che dovranno essere seguiti dal
paziente (generalmente la distanza tra i due è di 30-35 cm) con una direzione che può essere quella
orizzontale, verticale, diagonale o a otto. Normalmente sono sufficienti 24 movimenti della mano
destra-sinistra-destra.
Durante le sedute è possibile che il paziente perda la propria capacità di autocontrollo e stabilità
emotiva, così il terapeuta può proporgli l’esercizio del “posto sicuro”: far immaginare al paziente un
luogo o una situazione che gli permettano di rilassarsi e di riacquisire la sensazione di autocontrollo.
In questo modo il paziente può interrompere la sollecitazione dei bulbi oculari e distanziarsi
dall’elaborazione dell’informazione che in questo momento per lui è troppo disturbante.
Viene utilizzata la metafora di un treno in corsa, molto esemplificativa per far capire al paziente ciò
che dovrebbe provare:
«Immagini di essere su un treno e di guardare il paesaggio che scorre.
Si limiti a notare il paesaggio senza tentare di trattenerlo o di renderlo
significativo. Si ricordi che, se ha bisogno di fare una pausa, deve solo
alzare la mano» (cfr. Shapiro, 1995).
28
Una volta conclusa la preparazione alla terapia con EMDR, si passa alla fase dell’assessment in cui
viene richiesto al paziente di focalizzare la sua attenzione su un’immagine che rappresenta l’evento
traumatico.
Nella fase successiva, della desensibilizzazione, il paziente dovrà tenere a mente l’immagine
individuata nella fase precedente e seguire il movimento delle dita del terapeuta. Questo movimento
verrà ripetuto fino a quando il paziente riporterà sulla scala SUD (Subjective Units of Disturbance,
una scala Likert a 11 punti, che va da un livello neutro di ansia (0) al livello massimo di distress
immaginabile (10)), un valore pari a 0 o 1.
Nel caso in cui emergano altre immagini disturbanti il terapeuta è tenuto a ripetere l’assessment e la
desensibilizzazione (cfr. Shapiro, 1995).
Si passa ora alla fase dell’installazione della cognizione positiva concordata in assessment.
Contemporaneamente ai set di movimenti oculari il paziente deve considerare l’immagine target e
la cognizione positiva desiderabile e quindi deve liberarsi dalle immagini disturbanti. Questa
cognizione deve raggiungere un livello pari a 6 o 7 sulla scala VOC (Validity of Cognition, una
scala Likert a 7 punti che va da «completamente falso» (1) a «completamente vero» (7)). Se in
questo momento comparisse una nuova cognizione positiva, che percepisce come migliore della
precedente, il terapeuta è tenuto a continuare la fase dell’installazione con la nuova cognizione
maggiormente adattiva (cfr. Shapiro, 1995).
Si raggiunge così la fase della scansione corporea. Sempre in contemporanea alla sollecitazione dei
bulbi oculari, il paziente deve esplorare mentalmente il proprio corpo alla ricerca di sensazioni
fisiche, rigidità o tensioni che possono emergere tenendo a mente l’immagine target e la cognizione
positiva acquisite precedentemente. Quando il paziente esplora il suo corpo senza trovare più
tensioni residue si può considerare terminata anche questa fase (cfr. Shapiro, 1995).
Con la fase di chiusura si conclude la seduta EMDR, lasciando nel paziente una condizione di
benessere e stabilità emotiva.
Il terapeuta insegna al paziente come gestire gli eventuali distress che possono emergere tra le varie
sedute, oltre alla ripetizione della metafora del treno si può consigliare al paziente di annotare su un
diario le immagini, le cognizioni, le sensazioni e le emozioni disturbanti.
Tutte queste nuove sollecitazioni verranno riprese nella successiva seduta di EMDR, e in particolare
nella fase di rivalutazione il terapeuta dovrà valutare la presenza di nuovi target su cui lavorare, e
valutare l’efficacia dell’elaborazione ottenuta dalla seduta precedente (cfr. Shapiro, 1995).
29
La terapia EMDR dunque permette al paziente di distanziarsi dall’immagine dell’evento
disturbante, rendendola meno invasiva, carica emotivamente e vivida fin dalla prima seduta.
Il distanziamento avviene grazie al compito di attenzione divisa tra i movimenti oculari e la
contemporanea esposizione all’immagine traumatica, differenziandosi dunque dalle classiche
terapie d’esposizione che si concentrano sul far rivivere al paziente l’immagine traumatica in tutta
la sua intensità emotiva.
Il paziente può distanziarsi dalle immagini disturbanti anche grazie alle istruzioni del terapeuta di
mantenersi distante dalle immagini traumatiche (metafora del treno) (Giusti & Giannini 2012).
30
Capitolo 3: Il caso del terremoto in Turchia 1999. Efficacia del trattamento
EMDR in una situazione di emergenza
Il 17 agosto 1999 la Turchia e in particolare la popolazione delle aree limitrofe al Mar di Marmara
furono colpite da un potentissimo terremoto di magnitudo 7.6 alle ore 03:01:40 (ora locale), con una
durata di 37 secondi (https://en.wikipedia.org/wiki/1999_%C4%B0zmit_earthquake ).
Questo evento causò la morte di oltre 25000 persone. Le conseguenze sulla salute mentale della
popolazione furono considerevoli (Konuk, Knipe, Eke & Yuksek, Yurtsever, Ostep, 2006).
Solo due giorni dopo questo terremoto, i membri del Turkish Psychologists’ Association (TPA) si
incontrarono per attuare un programma di intervento psicoterapeutico per far fronte alla situazione.
Fin da subito fu evidente che molti soggetti avevano sviluppato un disturbo post traumatico da
stress, questo fu confermato da uno studio condotto l’anno successivo dalla TPA-Instanbul Branch
(TPA-IB) su 240 famiglie scelte in modo randomizzato. Di tutte queste, il 70% soffriva di DPTS
(Konuk, 2000).
Per far fronte alla situazione, i membri del TPA si adoperarono per la creazione di cliniche nelle
tendopoli, le quali fornirono servizi terapeutici a circa 4000 persone, inclusi circa 1500 soggetti con
sintomi di disturbo post traumatico da stress.
Vennero anche diffusi degli opuscoli che descrivevano gli effetti psicologici del trauma in modo
tale da mettere a conoscenza le persone delle possibili conseguenze di questo evento catastrofico
naturale e delle modalità a cui farvi fronte.
Ben presto emerse che nonostante il grande aiuto e supporto offerto dalle cliniche nelle tendopoli,
era necessario per i terapisti volontari una maggiore conoscenza e una formazione terapeutica più
specifica. Soprattutto emergevano difficoltà specifiche nel trattamento di pazienti che riportavano
incubi posttraumatici, flashback, iperarousal e sintomi di evitamento.
Come conseguenza di questa situazione si decise di iniziare un programma di formazione specifico.
Il debriefing si rivelò una tecnica di intervento inconsistente se non aggravante l’emergere del
DPTS, così sono state studiate altre tecniche (Bisson, McFarlane, Rose, 2000; van Emmerik,
Kamphuis, Hulsbosch, Emmelkamp, 2002).
Solo la tecnica EMDR e la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) hanno portato dei benefici ai
pazienti con sintomi di disturbo post-traumatico da stress, questi studi furono condotti dalla
International Society for Traumatic Stress Studies (Foa, Keane, Friedman, 2000).
31
In realtà considerando le specifiche e persistenti condizioni riscontrate quotidianamente nelle tende
delle città e in modo particolare a causa dell’alto livello di caos, la terapia cognitivocomportamentale fu ritenuta poco adeguata. Spesso le sedute avevano luogo in tendopoli
estremamente affollate che esponevano il soggetto allo sguardo e all’ascolto da parte degli altri,
tanto da limitarlo nel riconoscere il proprio livello di ansia e di debolezza. I sopravvissuti tendevano
a reprimere e soffocare le componenti per loro più dolorose piuttosto che richiedere una
psicoterapia.
La componente principale su cui si fondava il metodo della CBT, la focalizzazione sull’esposizione
del soggetto ai ricordi dell’evento traumatico, fu considerata un ulteriore elemento inadeguato per
una popolazione che aveva subito lutti e perdite materiali consistenti (Bryant & Harvey, 2000).
Data l’inadeguatezza delle tecniche precedentemente analizzate, la commissione del TPA
introdusse la tecnica EMDR, considerata come una migliore risposta alla situazione drammatica in
cui versava la popolazione turca sopravvissuta al terremoto.
L’EMDR non richiedeva la verbalizzazione dei dettagli dell’esperienza traumatica, né
l’assegnazione di compiti per casa così come faceva la terapia cognitivo-comportamentale.
Il presidente della TPA-IB fece sì che i terapeuti turchi iniziassero un programma di formazione su
questa tecnica.
3.1 Metodo
Nel gennaio 2001, 167000 persone poterono usufruire di un alloggio temporaneo nelle zone
terremotate. Da questo momento fino al giugno dell’anno successivo in tutte le persone che avevano
fatto ricorso alla terapia venne diagnosticato un disturbo post-traumatico da stress grazie a interviste
cliniche e con il PTSD Symptom Scale Self-Report (PSS-SR) (Foa, Riggs, Dancu, Rothbaum,
1993).
Questi soggetti furono assegnati a uno di cinque terapisti.
Dallo studio si decise di eliminare tutti quei soggetti che nell’intervista iniziale avevano mostrato
segni di psicosi, disturbi dissociativi e coloro che mostrassero un potenziale pericolo sia per se
stessi sia per le altre persone.
Dopo questo processo di screening vennero arruolati 58 pazienti residenti in tre tendopoli
considerate rappresentative dell’intera area colpita dal terremoto in termini di estensione di morti e
32
feriti, danni strutturali, disagi socio-economici, densità della popolazione e altre variabili che
avrebbero potuto influenzare la traumatizzazione.
Dieci soggetti decisero di abbandonare lo studio prima ancora di aver portato a temine la terapia
(dopo tre sedute), altre sette persone invece decisero di non sottoporsi al PSS-SR anche se
completarono la terapia.
Dei 41 partecipanti che completarono il post-treatment PSS-SR, 31 erano donne (di età compresa
tra i 20-69 anni, M = 43.32) e 10 uomini (di età compresa tra i 19-74 anni, M = 41.20).
Di tutti questi soggetti, 21 erano si resero reperibili e disponibili al follow-up.
3.2 Progettazione
A causa delle condizioni delle tendopoli non fu possibile condurre uno studio randomizzato
controllato, ma si decise di applicare un trattamento in due tempistiche differenti. Pertanto, i
partecipanti furono divisi in “early-treated” ( i primi 50% dei partecipanti al trattamento tra gennaio
e luglio, 2001) e “late-treated” (gli ultimi 50% dei pazienti trattati tra agosto 2001 e giugno 2002).
Questi gruppi furono comparati ai punteggi del PSS-SR.
I soggetti meno istruiti erano più inclini a subire gli effetti degli eventi traumatici.
Tutti i partecipanti furono divisi in 4 livelli di educazione (5 anni di scolarità o meno, 6-8 anni, 9-12
anni e più di 12 anni di scolarità).
11 partecipanti con sintomi di DPTS stavano già assumendo farmaci psicotropi. Date le condizioni
psicologiche e la situazione che stavano vivendo, i terapeuti decisero di non escludere questi
soggetti dal campione di trattamento, ma i loro risultati vennero analizzati separatamente.
3.3 Valutazione strumentale
Il PSS-SR è la versione self-report dell’ intervista strutturata PSS del disturbo post traumatico da
stress. E’ composto da 17 item che corrispondono ai sintomi descritti nel DSM-IV, quindi una
diagnosi del disturbo è possibile ottenerla dai punteggi ottenuti a questa scala di valutazione. Il
punteggio totale al PSS-SR è ottenuto sommando i punteggi ottenuti alle diverse sottoscale del test:
Re-experiencing (5 item), Avoidance (7 item) e Arousal (5 item).
La versione turca del PSS-SR possiede delle proprietà psicometriche accettabili.
Il PSS-SR è stato assegnato ai partecipanti durante la prima intervista (pretreatment mesure) ed è
stato riproposto subito dopo la sessione terapeutica finale (posttreatment measure) e al follow-up
(sei mesi dopo la sessione terapeutica finale).
33
La scala SUD (Subjective Units of Disturbance) ,è una scala Likert a 11 punti, che va da un livello
neutro di ansia (0) al livello massimo di distress immaginabile (10).
La scala VOC (Validity of Cognition), è una scala Likert a 7 punti che va da «completamente falso»
(1) a «completamente vero» (7).
I cinque terapeuti che erano coinvolti nella terapia avevano una formazione specifica e tutti erano
entrati in contatto con l’EMDR da almeno 15 mesi.
3.4 Procedura
I terapeuti iniziarono le sedute di EMDR in sessioni da 90 minuti con un intervallo tra una e l’altra
di 11.1 giorni. Ad ogni soggetto fu chiesto di visualizzare l’immagine più dolorosa associata al
terremoto che avevano da poco subito.
Si pensava che fosse stato necessario, con un evento traumatico di quella portata, lavorare su più di
una immagine disturbante per poter eliminare i sintomi del disturbo post-traumatico da stress.
Il trattamento EMDR è stato eseguito in accordo con il protocollo in 8 fasi proposto da Francine
Shapiro.
Nella prima fase venne chiesto ad ogni partecipante di raffigurarsi l’immagine maggiormente
disturbante del terremoto di cui erano stati vittime, questa immagine sarebbe stata il focus delle
sedute 3-8 del trattamento EMDR.
A quasi tutti i partecipanti all’esperimento venne somministrata una stimolazione oculare bilaterale
attraverso il movimento delle dita del terapeuta. Per quei soggetti (meno del 10%) che avevano
difficoltà nel seguire il movimento bilaterale delle dita, la stimolazione è stata eseguita attraverso il
metodo di tamburellamento (altrimenti detto “tapping”) sulle mani del paziente.
Una volta concluso il trattamento sull’immagine considerata dai pazienti come la più disturbante, si
passò alle immagini successive, in modo decrescente sulla base dell’impatto emotivo provocato sul
paziente, ottenendo per ognuna di esse un diverso punteggio al pre e post trattamento SUD e VOC.
La terapia si poteva considerare conclusa nel momento in cui i partecipanti ottennero un punteggio
pari a 0 o 1 sulla scala SUD relativa alle immagini traumatiche e quando il ricordo del terremoto
non produsse più emozioni dolorose.
34
3.5 Risultati
3.5.1 Esperienza terapeutica
Non sono emerse differenze tra i punteggi medi ottenuti alla scala PSS-SR dai pazienti trattati dai
terapeuti più esperti, rispetto ai terapeuti meno esperti (F(1, 19) =0.24, p > .05).
Tutti i partecipanti, indipendentemente dall’esperienza del terapeuta con il metodo EMDR, hanno
mostrato un significativo cambiamento nel tempo sia al punteggio totale della scala PSS-SR (F(2, 38)
= 104.25, p < .01), sia nelle tre sottoscale:

Re-experiencing: F(2, 38) = 72.20, p < .01

Avoidance: F(2, 38) = 74.36, p < .01

Arousal: F(2, 38) = 71.83, p < .01
3.5.2 Confronto con il gruppo di controllo
Non sono state riscontrate differenze tra i gruppi trattati per primi e per ultimi nei risultati della
scala raccolta prima del trattamento EMDR (valore t oscilla tra 1.00-1.51, p> .05).
Infine, i dati raccolti nel gruppo “early trated” ottenuti alla valutazione post-trattamento (ossia
immediatamente dopo la conclusione della terapia), sono stati confrontati con i dati raccolti nel
gruppo “late-treated” ottenuti prima dell’inizio della terapia (in questo modo si è potuto controllare
per l’effetto di remissione spontanea associata al passare del tempo dall’evento traumatico). Anche
in questo caso sono emerse delle differenze significative sia sul punteggio totale, sia sui punteggi
ottenuti in tutte le sottoscale del PSS-SR (Figura 1)
35
Figura 1. Medie dei punteggi ottenuti dal gruppo Early Treated e dal gruppo Late Treated prima e
dopo il trattamento (Konuk, Knipe, Eke & Yuksek, Yurtsever, Ostep, 2006).
3.5.3 Effetti del trattamento
Per i 41 partecipanti inclusi nel campione sono servite in media 5.02 sessioni EMDR per completare
la terapia. La media del tempo intercorso tra la valutazione pre e post trattamento era di 3.05 mesi.
Per il sottocampione che ha eseguito anche il follow-up a sei mesi è stato condotta un’ANOVA a
misure ripetute. I dati sono riportati in Figura 2. Come si può facilmente evincere dai risultati
riportati in figura, è emerso un effetto significativo del trattamento (nella direzione di una riduzione
della sintomatologia) sia sul punteggio totale, sia in tutte le sottoscale dello strumento PSS-SR (F(2,
40)
= 105.33, p< .01).

Re-experiencing: F(2, 40) = 75.69, p < .01

Avoidance: F(2, 40) = 72.47, p < .01

Arousal : F(2, 40) = 72.78, p < .01
36
Figura 2. Confronto tra medie al pre e post follow-up sulla scala del disturbo post traumatico da
stress (PSS-SR) (N = 21) per i gruppi early-trated e late-treated (Konuk, Knipe, Eke & Yuksek,
Yurtsever, Ostep, 2006).
In particolare, è emerso un effetto positivo del trattamento nel confronto tra i punteggi pre e post
trattamento e nel confronto tra i punteggi pre trattamento e follow-up, ma non sono state riscontrate
differenze significative tra post trattamento e follow-up.
Utilizzando il criterio del PSS-SR, 38 (92.7%) dei 41 partecipanti che erano stati testati al
pretrattamento non esibirono PTSD al post trattamento. I tre partecipanti che continuarono, in
accordo con i criteri dello strumento PSS-SR, manifestavano alla fase di post-trattamento ancora un
DPTS esibirono, comunque, una evidente riduzione della sintomatologia (in linea con la media
dell’intero campione).
3.5.4 Numero di immagini necessarie per completare la terapia e i cambiamenti nei punteggi
del SUD e VOC
Per i 41 pazienti arruolati, il numero di immagini (ricordi) prodotte inizialmente era di 3.22 (Sd =
2.06). Al completamento della terapia, le immagini in media erano 2.2 (Sd = 1.27).
La risoluzione del ricordo maggiormente disturbante ha richiesto in media 2.87 sedute con una
relativamente alta variabilità tra i soggetti (range: 1-6).
37
3.6 Riassunto e conclusioni
Questo studio condotto sui soggetti colpiti dal terremoto in Turchia nel 1999 ha permesso di
raccogliere evidenze empiriche a favore dell’efficacia della tecnica EMDR nel trattamento del
disturbo post traumatico da stress (DPTS) (attraverso l’impiego della scala PSS-SR) nelle tendopoli
e ha dimostrato come gli effetti positivi di remissione fossero duraturi.
Sebbene il campione finale fosse composto solo da 41 soggetti, gli autori sostengono che questi
fossero rappresentativi delle 1500 persone che furono effettivamente trattate con la tecnica EMDR
in tutta l’area colpita dal terremoto.
Inoltre, il numero di sessioni (M = 5.02) e gli effetti del trattamento sono risultati coerenti con i dati
riportati nei più rigorosi studi randomizzati e controllati (Maxfield & Hyer, 2002).
Gli autori, infine sottolineano che nella fase post-trattamento si erano mostrate differenze
sintomatologiche significative che erano inversamente correlate con il livello di educazione dei
soggetti, a tale proposito, gli autori hanno ipotizzato che le persone con un livello inferiore di
educazione fossero più vulnerabili agli effetti di eventi traumatici nella loro vita a causa di minori
risorse economiche e professionali. Inoltre, il livello di conoscenza maggiore acquisito con
l’educazione può proteggere l’individuo contro paure postraumatiche, un senso di mancanza di
controllo e sintomi intrusivi.
È importante, inoltre, sottolineare che i dati del confronto con il gruppo di controllo suggeriscono
che la riduzione della sintomatologia ansiosa era dovuta in modo specifico al trattamento EMDR e
non ad una spontanea remissione associata al passare del tempo.
Il programma di interevento introdotto dalla TPA in seguito al terremoto in Turchia del 1999,
fornisce un esempio di come un progetto di intervento conseguente ad un esteso disastro naturale
possa essere condotto in un paese in via di sviluppo. Gli autori concludono auspicando che questo
esperimento possa fungere da modello di intervento per assistere quelle persone colpite da eventi
naturali o da disastri commessi dall’uomo anche in altri paesi (Konuk, Knipe, Eke & Yuksek,
Yurtsever, Ostep, 2006).
38
4 Panorama italiano
4.1 Conferenza “terremoto e ferite dell’anima”
Vari psicologi aderenti all’associazione EMDR Italia hanno testimoniato il loro intervento nelle
zone terremotate del centro Italia nella serata del 12-12-2016 presso la Casa della Psicologia di
Milano in una conferenza presieduta dalla dottoressa Isabel Fernandez (presidente dell’associazione
EMDR Italia che è stata recentemente insignita del titolo “personalità europea del 2016” per quanto
riguarda è stato riconosciuto come modello di intervento nell’ambito della psicologia delle
emergenze per gli altri paesi a livello europeo) che mirava a informare la popolazione sulle
conseguenze psicologiche dovute ad un evento traumatico come il terremoto.
L’associazione EMDR è intervenuta nello specifico nei terremoti del 2002 a S. Giuliano, nel 2009
presso l’Aquila, nel 2012 in Emilia e dal 25 agosto ad Amatrice.
La comunità europea ha riconosciuto sempre di più l’importanza di interventi psicologici dopo un
evento collettivo particolarmente drammatico che va a ledere il tessuto sociale di una comunità.
Bisogna tener presente che ogni terremoto si può presentare in modo diverso e i sintomi che si
manifestano nella popolazione sono svariati, ma una tecnica di intervento che si è dimostrata
efficace nella risoluzione dei sintomi in tempi brevi è stata quella dell’EMDR.
Attraverso questi interventi condotti con la tecnica EMDR su pazienti che stavano manifestando
sintomi da stress post traumatici sono stati riscontrati effetti positivi sulle popolazioni colpite, questi
interventi possono fungere anche da fattori di protezione nei confronti delle successive scosse che si
potrebbero verificare.
Sono stati coinvolti negli interventi di supporto della popolazione del centro Italia circa 130
terapeuti in modo del tutto volontario.
4.1.1 La testimonianza della dottoressa Giada Maslovaric
La dottoressa Maslovaric (psicologa e psicoterapeuta) spiega il significato della condizione di
emergenza, essa indica il venire alla superficie e si verifica quando un evento devastante in modo
inaspettato e improvviso crea un clima di attivazione, allerta e bisogno accompagnato da tentativi
immediati di soccorso.
Al contesto dell’emergenza si associa sempre quello della crisi, esiste infatti una branca della
psicologia chiamata “Psicologia dei disastri e della crisi”. Il termine “crisi” in realtà non ha solo
una connotazione negativa ma può indicare una scelta, decisione e una condizione di cambiamento
necessario al riassetto della propria vita.
La psicologia dell’emergenza non si occupa solo dell’individuo ma dell’intera comunità.
39
A seguito degli eventi avvenuti il 24 agosto e il 30 ottobre si può parlare di “disastro collettivo” in
cui il dolore e il trauma non si riscontra solo nel singolo ma anche nella comunità e nelle istituzioni.
Chiunque all’interno di una società fa parte di un sistema gravemente colpito e ferito dal terremoto.
Il contesto in cui si interviene è quello di profonda incertezza manifestato dalle persone, di reazioni
da stress, sulla salute fisica.
Dopo l’iniziale fase di shock emerge in tutta la sua pervasività l’impatto emotivo.
Il trattamento EMDR quindi offriva specifici strumenti di interventi a persone che manifestavano i
seguenti sintomi:

Intrusività: immagini continue delle scosse, il boato e gli aspetti sensoriali legati al
terremoto, pensieri intrusivi, flashback.

Evitamento: non sempre dovuto alla non volontà di parlarne ma in diverse persone emerge
questo sintomo perché non riescono, provano paura.

Iperarousal: persone ancora in allerta e spaventate da rumori improvvisi, sono
continuamente sollecitate e non riescono a trovare una quiete.

Umore depresso, pensieri persistenti e negativi, subentra poi il senso di abbandono, di
solitudine e fatica nel momento in cui i soccorritori lasceranno le zone colpite e si ritorna
alla quotidianità.
Molte persone come conseguenza di questo disastro naturale sono state costrette a lasciare il loro
territorio di origine, le loro case e i loro affetti. Questo spostamento a volte può bloccare
l’elaborazione del trauma, quindi le persone che sono rimaste sul territorio e che hanno beneficiato
di un trattamento psicologico sono maggiormente in grado di affrontare la situazione e per quanto
possibile tornare alla normalità in maniera facilitata rispetto alle persone che hanno dovuto lasciare
il loro territorio.
La mancanza di un periodo di sicurezza dopo un trauma primario come una scossa, è come se non
permettesse alle persone di godere di una condizione di tranquillità e quando si presenta un'altra
scossa il recupero diventa ancor più difficile.
Intervenendo con l’EMDR anche in fase peritraumatica è possibile che nelle persone l’arousal
diminuisca.
Gli psicologi iscritti all’associazione EMDR Italia hanno prestato il loro aiuto e hanno documentato
miglioramenti significativi:
40

Norcia 1: dal 26 agosto al 7 ottobre (il centro del paese ancora non era stato
danneggiato)comprende Norcia, Preci e Cascia. Sono stati coinvolti 42 terapeuti
dell’EMDR, 18 psicologi dell’ordine dell’Umbria hanno condotto 443 valutazioni di triage.
576 colloqui EMDR e le persone totali viste con EMDR sono state 256 più 170 studenti
delle scuole medie-superiori. Questi dati devono tenere presente la popolazione totale di
5000 abitanti.
In questa fase è stato condotto anche l’EMDR di gruppo su studenti, funzionari dell’USL,
funzionari comunali, operatori dell’ospedale, ragazzi con gravi disabilità cognitive.

Norcia 2: avvenuta dopo il 30 ottobre. I danni sono stati ancora più gravi e la popolazione ha
subito una ritraumatizzazione. Sono state viste circa 463 persone. Anche in questa
circostanza sono state condotti trattamenti di gruppo su bambini, suore, studenti.

Norcia 3: verrà ripreso a fine gennaio per terminare il contributo psicologico.
Alcuni interventi sono stati fatti in paesi limitrofi ma non direttamente colpiti dal terremoto come
Foligno, Terni, Fermo, Amandola.
Per quanto riguarda gli interventi sulla città di Amatrice, dal 3 ottobre sono intervenuti 14 terapeuti,
i soggetti visitati sono stati 59, di cui 29 bambini, la richiesta è stata fatta dall’associazione “l’Alba
dei piccoli passi”.
A Fermo sono stati registrati circa 1900 sfollati e qui sono state trattate 60 persone da 17 terapeuti.
A Teramo sono stati richiesti interventi su circa 2000 studenti nelle scuole.
Ad Amandola dall’8 settembre al 3 ottobre sono state viste 88 persone e 230 alunni circa con i quali
è stato condotto l’EMDR di gruppo in tre diverse date, quella del 22 e 26 settembre e del 1 ottobre.
Il trattamento segue delle procedure standard: viene chiesto qual è il momento peggiore, i bambini
lo disegno e da 0 a 10 devono segnalare il loro livello di disturbo. Si è notato che questi bambini
partivano da un livello di disturbo pari a 6 circa per arrivare a 4 in una sola seduta di gruppo di circa
40 minuti. Il 26 settembre, nella stessa classe, il disagio iniziale è inferiore, partendo da 4 si arriva
approssimativamente a 2. Infine nell’ultima data del 1 ottobre partendo da un valore pari a 3 si
giunge a un livello di disturbo di circa 2.
Quindi in complesso il disagio è sceso.
41
Gli strumenti utilizzati in questa prima fase sono: protocollo eventi recenti dell’EMDR e l’EMDR
di gruppo.
L’obiettivo è quello di aiutare le persone a raggiungere una crescita post traumatica e quindi
trasformare un episodio da negativo a positivo, andando ad aumentare le loro capacità di
fronteggiare eventi critici.
4.1.2 la testimonianza della dottoressa Micaela Barnato
La dottoressa Barnato (psicoterapueta EMDR) ha evidenziato come il setting in contesti di
emergenza viene stravolto e consiste nella relazione che il terapeuta crea in quella situazione con il
soggetto traumatizzato che affida una parte della sua storia al terapeuta.
Il target può essere vario, da un bambino di due anni fatti dalla stessa dottoressa fino a persone
anziane.
Il lavoro di rete è molto importante in quando se non ci fosse una relazione tra protezione civile,
vigili del fuoco, croce rossa e psicologi non sarebbe possibile un lavoro clinico efficace e accedere
al grande numero di persone da trattare.
La sofferenza non è solo personale ma anche sociale/culturale e riguarda il legame con le chiese e
gli edifici simbolici.
L’intensità emotiva che si crea con la popolazione così come tra colleghi è molto forte.
4.2 Intervista alla dottoressa Debora Traficante
La Dottoresssa Traficante (psicologa, neuropsicologa, psicoterapeuta e terapeuta EMDR) è
intervenuta in prima persona sulle vittime del terremoto del centro Italia e ha sottolineato il fatto che
l’EMDR non interviene solo in condizioni post traumatiche dovute a catastrofi naturali, ma in tutte
quelle situazioni che possono essere traumatiche per il soggetto come anche stupri, lutti traumatici,
suicidi.
Se c’è un’attivazione istituzionale (da parte del preside, del sindaco, della protezione civile ecc),
l’EMDR offre in modo del tutto gratuito il suo aiuto e supporto.
L’aspetto fondamentale da tenere in considerazioni in questi contesti è che si interviene su persone
che prima dell’evento catastrofico conducevano una vita normale e senza particolari sintomatologie
psichiche di rilievo, che hanno una reazione normale ad un evento anormale, che col tempo e senza
42
l’intervento terapeutico potrebbe tramutarsi in DPTS. A tale proposito, la dottoressa Traficante
illustra il concetto delle 4 F (reazioni normali ad eventi catastrofici)
1. Fight: combattimento
2. Flight: fuga
3. Freez: immobilità ipertonica, congelamento
4. Faint: immobilità in cui si perde la padronanza generale del corpo.
Sottolinea inoltre che dalle 24 alle 72 ore conseguenti al trauma si può verificare una fase di shock,
essa dura un paio di ore e si possono sperimentare disorganizzazioni mentali, confusione, perdita di
concentrazione. Mentre solo successivamente a questa finestra temporale possono emergere dei
sensi di colpa.
4.2.1 Il Setting nelle situazioni di emergenza
Nella situazione di emergenza il setting perde la sua rigidità e può diventare qualsiasi posto, gli
interventi possono essere condotti in una tendopoli, all’aria aperta. Ad esempio, è noto il caso di
una signora vittima del terremoto che fu trattata all’aria aperta, su panche di legno, in quanto la
signora aveva esplicitamente richiesto di non rimanere al chiuso. La signora era in compagnia del
cagnolino e al momento della stimolazione bilaterale condotta dal terapeuta entrambi seguivano la
stimolazione.
4.2.2 Protocolli specifici in caso di emergenza
I protocolli specifici per l’emergenza sono due:
1. EMDR di gruppo: ha una struttura fatta in modo che un gruppo possa avere un trattamento.
Applicati soprattutto nelle scuole. Il gruppo può essere di grandezza variabile, sono richiesti
almeno due conduttori esperti, in modo che uno conduca il gruppo e l’altro possa registrare
le reazioni dei partecipanti. I gruppi sono omogenei, ovvero sono composti da persone che
hanno lo stesso livello di coinvolgimento al trauma.
2. EMDR eventi recenti.
Esistono diversi livelli di coinvolgimento al trauma:
- vittime di 1° tipo: sono le persone che subiscono direttamente l’impatto dell’evento.
- vittime di 2° tipo: parenti o persone care di superstiti o persone che hanno subito l’evento.
43
- vittime di 3° tipo: soccorritori e operatori di emergenza.
- vittime di 4° tipo: comunità coinvolta nel disastro.
- vittime di 5° tipo: persone che per caratteristiche antecedenti all’evento possono reagire
sviluppando un disturbo psicologico a breve o lungo termine.
- vittime di 6° tipo: persone che avrebbero potute essere vittime di primo tipo o che si sentono
coinvolte per motivi indiretti (Taylor & Frazer, 1981).
Quando si lavora in emergenza è fondamentale condurre un “lavoro a cascata”, ovvero lavorare in
senso gerarchico. In primo luogo è necessario lavorare sul soccorritore nel caso in cui manifesti dei
sintomi di traumatizzazione conseguenti alla situazione in quanto in queste condizioni non potrà
essere d’aiuto all’utenza, ovvero le persone traumatizzate. Infatti il soccorritore può subire una
traumatizzazione vicaria, anche per esposizione non diretta dovuta alle condizioni traumatiche
vissute sul posto e diventare quindi vittime primarie. Con i soccorritori possono essere condotte
tecniche di debriefing.
Si passerà poi al genitore, se egli manifesta chiari sintomi di traumatizzazione, ad esempio dorme
vestito ed è sempre all’erta ad ogni minimo rumore, tutto ciò si riverserà sul bambino.
Per quanto riguarda le vittime, sono stratificante in base a quanto sono state colpite dall’evento.
Quindi il primo passo consiste nell’informare la popolazione sulla possibilità di avere questo tipo di
interventi. Dalle 8 alle 12 ore dopo si può fare il defusing e tra le 24 e 72 ore si può fare il
debriefing, essi sono considerati, a differenza dell’EMDR dei supporti psicologici condotti in gruppi
e non delle terapie. Sono condotti anche sugli operatori a fine turno. Ci devono essere sempre due
conduttori esperti sulla psicologia dell’emergenza.
4.2.3 Esperienza diretta a Norcia
A seguito degli eventi sismici avvenuti in centroitalia ad agosto 2016, nella zona di Norcia sono
stati condotti interventi individuali con il protocollo EMDR eventi recenti e interventi di gruppo con
i ragazzi delle scuole medie e con i dipendenti delle USL. Erano i terapeuti che si spostavano nelle
tendopoli.
In genere per l’elaborazione del trauma singolo sono state necessarie dalle 3 alle 6 sedute (in linea
anche con quanto riportato nel capitolo precedente).
44
Le persone che avevano subito il trauma manifestavano maggiormente un senso di impotenza
piuttosto che un senso di colpa.
Ovviamente la risposta emotiva era influenzata da diversi fattori di protezione o aggravanti, come il
livello di stress precedente nella vita del soggetto, il grado di supporto sociale, il livello di preavviso
che c’è stato.
Le linee guida date ai terapeuti dell’associazione EMDR prevede nel caso in cui l’attivazione delle
persone sia molto alta la selezione dei soggetti coinvolti mediante il triage, viene poi somministrato
il test con scala di impatto degli eventi, segue il posto sicuro. Quindi dopo una breve parte testistica,
condotta se il paziente non era sotto shock, si inizia con l’elaborazione.
Eventi traumatici precedentemente non elaborati:
nei due terremoti consecutivi del 24 agosto e 30 ottobre del centro Italia è emerso che per alcune
persone il terremoto può essere un evento che non era stato precedente elaborato, tornavano quindi
a manifestarsi i traumi non risolti del terremoto del 1979 o del 1997.
In questo caso con il protocollo eventi standard sarà necessario lavorare con la persona sull’evento
precedente, una volta risanato questo si passerà al trauma recente con l’ausilio del protocollo eventi
recenti.
Nello specifico il triage è l’insieme dei criteri su cui l’operatore si basa per fare una classificazione
dei soggetti in classi di trattamento e per indicare il tipo di invio del paziente alle strutture sanitarie
che possono risanare la sua condizione. Il triage deve rendere possibile la valutazione delle
conseguenze psicologiche e psichiatriche dell’evento catastrofico, deve essere rivolto in modo
particolare alle vittime, alle categorie a rischio ed ai soccorritori che si trovano in difficoltà nella
conduzione della terapia in questi contesti di emergenza. Occorre quindi fare attenzione alla
modalità di conduzione della valutazione, al contesto in cui essa viene effettuata, alle esigenze e
priorità espresse dal soggetto, alla tutela della privacy e al rischio di stigmatizzazione
http://www.psicologiperipopoli.it/files/Criteri_di_massima%20(interventi%20psicosociali).pdf.
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http://www.psicologiperipopoli.it/files/Criteri_di_massima%20(interventi%20psicosociali).pdf.
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4.3 Testimonianza diretta di una bambina sopravvissuta al terremoto
Su rai 2, nel programma medicina 33 è stato riportato il caso di una bambina, Veronica, vittima del
terremoto dell’ottobre 2002. La ragazza mostra attraverso due disegni l’efficacia della terapia
EMDR. Nel disegno eseguito prima dell’inizio della terapia, la bambina aveva raffigurato una bara
con la data del 31 ottobre, nel disegno eseguito una volta conclusa la sono stati raffigurati due
bambini, che rappresentano suo cugino e una cara amica persi nel terremoto, con le ali, come se
fossero degli angeli.
L’evento risale al 31 ottobre del 2002 a San Giuliano di Puglia e la ragazzina racconta del trauma
subito quando frequentava la seconda elementare. La scuola fu distrutta e morì una maestra e 27
bambini tra cui quelli riportati nel disegno. Veronica riferisce uno stato confusionale, di ansia
conseguente all’evento traumatico e alle cinque ore passate sotto le macerie.
Grazie all’intervento EMDR Veronica riferisce di non aver più attacchi di panico e riesce a parlare
dell’evento subito.
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Conclusioni personali
Lo spunto per il tema della tesi mi è venuto in maniera del tutto naturale dagli eventi che il nostro
paese sta attraversando.
Come sappiamo il terremoto non è qualcosa di nuovo o qualcosa che con il tempo potremo
disconoscere e molte persone tendono a sottovalutare o addirittura non essere al corrente dei
disturbi che un evento traumatico naturale può portare con sé sulle persone.
Proprio per questo ho voluto riportare attraverso una revisione della letteratura l’attenzione sul
ruolo che un evento naturale catastrofico, come il terremoto, può avere sul vissuto psicologico di
chi lo subisce.
A tale proposito ritengo che sarebbe utile fare divulgazione circa i sintomi che un evento naturale
può causare e le modalità che le persone possono adottare per farvi fronte, attraverso la richiesta di
aiuto a professionisti qualificati.
Ho analizzato la tecnica EMDR, in Italia sta prendendo largo spazio e ha riscontrato molto successo
grazie a tempi brevi di remissione dei sintomi e la possibilità di conduzione da terapeuti esperti sul
territorio in maniera sia individuale sia gruppale.
Vorrei altresì che attraverso questo lavoro la professione dello psicologo apra ancor di più lo
sguardo verso le possibilità di aiuto che questa figura può dare e auspico il progressivo abbandono
degli stereotipi che solitamente si associano a questa professione. Le persone a cui è stata
somministrata la terapia EMDR sicuramente questo stereotipo lo hanno abbandonato e hanno
assicurato come questa tecnica e la figura professionale dello psicologo sia semplicemente un
supporto e un aiuto a persone “normali” che hanno reazioni “normali” ad eventi anormali che si
frappongono alla loro vita.
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