La via italiana al razzismo

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Centro Studi Repubblica Sociale Italiana
La via italiana al razzismo
Inviato da Redazione
domenica 01 marzo 2009
Ultimo aggiornamento mercoledì 18 marzo 2009
Emilio Gentile, La via italiana al razzismo. Nuovi e dettagliati studi confermano che antisemitismo e discriminazione
razziale erano parte integrante dell'ideologia fascista e non furono «importate» dalla Germania nazista, in «Il Sole 24
Ore», 1 marzo 2009, p. 32.  Accade ancora oggi di leggeÂ-re che l'antisemitismo di Stato fu introdotto in Italia ma per
volontà di Hitler o per imitazione del naziÂ-smo; la campagna antisemita fu una ruÂ-morosa esibizione di pochi estremisti;
la discriminazione nei confronti degli ebrei fu blanda e non sfociò in persecuÂ-zione. E ciò nonostante siano trascorsi
quasi cinquanta anni dalla pubblicazioÂ-ne della Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo di Renzo De Felice, più volÂ-te
ripubblicata in edizioni rinnovate e aggiornate, nella quale lo storico, tratÂ-tando della «folle e criminosa infatuaÂ-zione
razzista» del duce, chiaramente dimostrava che l'adozione dell'antiseÂ-mitismo di Stato «fu sostanzialmente un atto di
volontà , una scelta di MussoÂ-lini». E De Felice aggiungeva che per quanto «le cause della persecuzione» fossero
state «molte e cospiranti», e molte le responsabilità «di coloro che lavorarono per realizzarla e di coloro che vilmente la
lasciarono realizzare pur disapprovandola; la responsabilità maggiore però fu certamente di MussoÂ-lini, della sua
incosciente megalomaÂ-nia di trasformare gli italiani e, con i teÂ-deschi, di trasformare il mondo, in noÂ-me di principi e di
ideali che, pur non essendo quelli dei tedeschi e spesso contrapponendosi addirittura a essi, erano la negazione di ogni
principio e di ogni ideale».Fin dalla pubblicazione dell'opera di De Felice, si è venuta formando, speÂ-cialmente negli
ultimi quindici anni, una consistente biblioteca di imporÂ-tanti studi che hanno contribuito a mettere in luce la natura
specifica del razzismo e dell'antisemitismo fasciÂ-sta. Già nel 1975 lo storico americano Phil Cannistraro, ricostruendo la
poliÂ-tica culturale del fascismo nel suo liÂ-bro La fabbrica del consenso, aveva osÂ-servato che «la campagna antisemita
non fu che il culmine logico - seppure estremo - degli atteggiamenti culturaÂ-li del regime». Ricerche più recenti hanno
confermato che «la decisione italiana di perseguitare gli ebrei fu adottata in piena autonomia», come ha scritto la
storica francese Marianne-Matard Bonucci in uno libro complessivo sulla politica antisemita fascista Mussolini ambiva a
una rivoluzione «antropologica» per dar vita a un'inedita stirpe di cittadini (L'Italia fascista e la persecuzione deÂ-gli
ebrei, Il Mulino 2008). Da questi stuÂ-di risulta inoltre convalidata l'interpretazione del razzismo e dell'antiseÂ-mitismo
come un aspetto importante della «via italiana al totalitarismo», rintracciandone le origini, le motivaÂ-zioni e gli obiettivi
soprattutto nell'osÂ-sessivo proposito del duce di realizzare una «rivoluzione antropologica» per forgiare una nuova
razza di italiani conquistatori e dominatori, una nazioÂ-ne etnicamente omogenea, ideologicaÂ-mente uniforme,
militarmente orgaÂ-nizzata, di uomini e donne interamente dediti a servire lo Stato fascista.
Un contributo molto utile alla conoÂ-scenza delle matrici autonome dell'antisemitismo fascista è dato ora da FranÂ-cesco
Cassata con il libro La Difesa delÂ-la razza. Politica, ideologia e immagine del razzismo fascista (Einaudi 2008),
atÂ-traverso un'analisi tematica del princiÂ-pale organo ufficiale della propaganda razzista e antisemita del regime
fasciÂ-sta. La Difesa della razza iniziò le pubÂ-blicazioni il 5 agosto 1938, poche settiÂ-mane dopo la divulgazione del
Manifesto della razza, avvenuta il 14 luglio. Il manifesto, in larga parte ispirato dal duÂ-ce, promulgava i principi scientificobiologici del razzismo fascista. CassaÂ-ta documenta ampiamente il ruolo preÂ-minente avuto dal direttore della riviÂ-sta
Telesio Interlandi nell'orchestrare la campagna razzista sia attraverso gli scritti che attraverso le immagini. Antisemita dal
1924, come direttore del quotidiano «Il Tevere», voluto dal duce e considerato organo ufficioso della sua politica,
Interlandi sostenne con inÂ-transigenza fanatica la natura biologiÂ-ca del razzismo fascista, lanciando atÂ-tacchi spesso
calunniosi contro i fasciÂ-sti che insistevano invece su una conceÂ-zione idealista o spiritualista della razÂ-za, giudicando il
razzismo biologico una concezione materialista incompaÂ-tibile con l'ideologia volontarista del fascismo. «La Difesa della
razza» marÂ-chiava a fuoco, come ebreo o "ebreizzato", chiunque non condivideva l'identiÂ-ficazione dell'ebraismo con
tutto ciò che Interlandi politicamente, ideologiÂ-camente, storicamente, culturalmente e artisticamente - dal Risorgimento
liÂ-berale al modernismo artistico - consiÂ-derava manifestazione di ebraismo, e quindi di antifascismo e di anti-italianità .
Non furono risparmiati da questa acÂ-cusa neppure gli artisti futuristi e gli arÂ-chitetti razionalisti di indiscussa fède
fascista. Tuttavia, i violenti scontri fra razzisti "biologisti" e razzisti "spirituaÂ-listi" fomentati da Interlandi, non
imÂ-pedirono, come precisa giustamente Cassata, la formazione di un sincretiÂ-smo ideologico razzista nel quale «la
biologia si culturalizza e la cultura si biologizza», l'una e l'altra convergenÂ-do nel fomentare la politica persecutoÂ-ria
dell'antisemitismo fascista, predicaÂ-ta con odio fanatico dal "biologista" diÂ-rettore de «La Difesa della razza», e
praticata con zelo burocratico dal miniÂ-stro dell'Educazione nazionale, lo "spiÂ-ritualista" Giuseppe Bottai.Nel 1942, con
un articolo dell'antroÂ-pologo Guido Landra, uno degli estensori del manifesto razzista, «La Difesa della razza»
proclamò che «Il problema ebraico non conosce che una soluzione: eliminazione totale deÂ-gli ebrei».
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