Le metamorfosi delle occupazioni e delle professioni La tradizione

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Everardo Minardi
Le metamorfosi delle occupazioni
e delle professioni
Agnese Vardanega
La tradizione come ambivalente
risorsa per lo sviluppo locale
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ARACNE editrice S.r.l.
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via Raffaele Garofalo, 133 a/b
00173 Roma
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ISBN
978–88–548–2407–2
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di riproduzione e di adattamento anche parziale,
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I edizione: marzo 2009
Indice
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Le metamorfosi delle occupazioni e delle professioni
E. Minardi
1. Oltre i facili dualismi, p. 7 — 2. Da mestieri e profes­
sione e ritorno: le ipotesi di lavoro, p. 8 — 3. Percorsi
plurimi delle metamorfosi, p. 11 — 4. Un percorso in­
terpretativo praticabile, p. 14 — 5. Alcuni casi di meta­
morfosi professionali; dalle implosioni alle ibridazioni
professionali, p. 16 — 6. Per continuare la ricerca sui
processi di metamorfosi, p. 19 — Riferimenti Bibliogra­
fici, p. 21
23
Abstracts
25
La tradizione come ambivalente risorsa per lo sviluppo
locale
A. Vardanega
1. Introduzione, p. 25 — 2. La costruzione moderna
della tradizione, p. 27 — 3. La tradizione nella società
post–tradizionale, p. 31 — 4. Conclusioni e linee di ri­
cerca, p. 39 — Riferimenti Bibliografici, p. 43
47
Abstracts
5
Le metamorfosi delle occupazioni
e delle professionia
Everardo Minardib
1. Oltre i facili dualismi
Anche recenti contributi hanno evidenziato l’ascesa delle
professioni incentrate sul fattore della conoscenza (Butera
2008). In molti casi un particolare rilievo viene dato agli opera­
tori che vengono coinvolti dai processi di digitalizzazione gene­
ralizzati dalle Ict, da cui non si deriverebbe una nuova stratifica­
zione dei saperi e dei mestieri, quanto piuttosto una rinnovata
polarizzazione che opporrebbe ai lavoratori della conoscenza la
schiera multiforme e “colorata” dei lavoratori manuali, preposti
alle attività esecutive, anzi alle diverse filiere dei dirty works.
Questo ricorso alla rapida semplificazione delle visioni della
società, da un lato, sorprende per l’evidente contrasto con le
teorie della differenziazione sociale che sottolineano il carattere
inedito di sistemi sempre più articolati di composizione dei ceti
sociali, indotti dalla diversificata corrispondenza tra tecnologie
e struttura delle competenze; dall’altro, induce e sollecita a ri­
cercare rappresentazioni meno riduttive di un “sociale” che pe­
raltro è sempre meno distinguibile per le sue interne connessio­
ni dalle altre dimensioni della vita collettiva.
Inoltre gli stessi assunti teorici per cui il knowledge sarebbe
oggi un fattore decisivo a favore di un gruppo di profili profes­
a) Accettato per la pubblicazione dalla rivista Sociologia del lavoro (nu­
mero monografico dedicato alle metamorfosi dei mestieri e delle occupazioni,
curato da Mirella Giannini, Università degli Studi di Napoli “Federico II”).
b) Professore ordinario di Sociologia Generale presso l'Università degli
Studi di Teramo; Direttore del Dipartimento di Teorie e Politiche dello Svilup­
po Sociale.
7
8
Territori Sociologici
sionali a fronte di mestieri che sarebbero a rischio di sopravvi­
venza per deficit di conoscenza, non trovano alcuna giustifica­
zione né logica né storico­empirica1.
L’acquisizione e il controllo della conoscenza non appiatti­
sce la struttura delle occupazioni, ma piuttosto differenzia e
moltiplica i profili sia sotto il profilo occupazionale (attraverso
la moltiplicazione degli occupati) sia sotto il profilo dei conte­
nuti cognitivi e dei comportamenti e delle prassi che si ricondu­
cono alle specifiche posizioni professionali, creando situazioni
combinatorie di tradizionali attività e di competenze del tutto
innovative che continuamente si intrecciano e si rimandano re­
ciprocamente.
Il modo di guardare perciò all’universo delle occupazioni e
delle professioni deve perciò abbandonare i più o meno latenti
schemi dualistici (che non darebbero origine ad alcun antagoni­
smo conflittualistico), per sondare altri percorsi di osservazione
e di riflessività.
2. Da mestiere e professione e ritorno: le ipotesi di lavoro
La nostra ipotesi di lavoro è che vecchi mestieri e nuove pro­
fessioni siano oggi sistemi di conoscenze, atteggiamenti ed abi­
lità che da un lato vedono mutare il set di competenze, in cui si
esplicita la performance dei loro portatori e dall’altro partecipa­
no in maniera differenziata, spesso con forme inedite, al proces­
so di creazione del valore, traducibile sia in valore economico
(profitto per le imprese) sia in capitale sociale (arricchimento
delle opportunità di relazioni, di comunicazioni e di apprendi­
mento per gli individui e i gruppi sociali).
La nostra ipotesi in primo luogo parte dall’assunto che siano
ancora giustificatamente distinguibili le due aggregazioni di set
di competenze denotabili attraverso le categorie di mestiere e di
1. R. Sennet con il suo recente libro dedicato all’artigianato (2008) propo­
ne una interpretazione di una combinazione tra abilità manuali e conoscenza
che trova le sue espressioni più avanzate non solo nelle produzioni del passa­
to, ma anche di quelle che si avvalgono di componenti tecnologiche fortemen­
te innovative.
E. Minardi «Le metamorfosi delle occupazioni»
9
professione. Ciò che tali categorie rappresentano non è irrile­
vante per le definizioni che si generano e per le conseguenze
che le stesse portano con se.
I mestieri infatti si possono definire come l’insieme di saperi
e di pratiche che vengono acquisite dai soggetti in maniera ere­
ditaria da un gruppo sociale che ne ha conservato le matrici co­
noscitive, tecniche e manuali di partenza. Ciò non sostituisce,
ma si aggiunge e si integra con le conoscenze che vengono ac­
quisite nei diversi tempi storici dai processi di istruzione e di
formazione che interessano nel complesso intere generazioni e
che costituiscono la premessa formale per l’ingresso nel sistema
riconosciuto delle occupazioni dei diversi settori economici (da
quello privato, a quello pubblico).
Il mestiere costituisce quindi l’esito e al tempo stesso l’avvio
di un processo di arricchimento del set di competenze che viene
riconosciuto, tutelato, affermato e trasmesso attraverso un siste­
ma di percorsi condivisi e partecipati da coloro che si ricono­
scono per appartenenza al gruppo di coloro che portano tali
competenze. Il ruolo delle nuove tecnologie è certamente im­
portante, ma non attraverso la sostituzione delle conoscenze e
delle abilità tecniche con la digitalizzazione dei processi di pro­
duzione, quanto piuttosto attraverso il miglioramento dei siste­
mi di valutazione della qualità dei prodotti finali.
In altri termini, ciò che l’incontro tra eredità del mestiere e
innovazione della tecnologia va ad accentuare e a rafforzare non
è tanto l’output del processo produttivo, quanto l’outcome dello
stesso.
Le professioni invece si configurano come set di competenze
riconosciute e codificate che vengono sviluppate e riconfigurate
dall’in­contro tra funzioni (fasce di attività) che devono essere
assolte a partire da contesti specializzati e differenziati di opera­
tività e tecnologie accessibili e disponibili per sostenere, specia­
lizzare, certificare l’attività svolta.
Le professioni sono sempre in altri termini una sorta di spec­
chio del livello e grado di crescita di differenziazione e di com­
plessità dei sistemi sociali; l’attività professionale è in relazione
con funzioni definite da livelli istituzionali esterni, nel passato
molto elementari, oggi caratterizzati dalla presenza di sistemi
10
Territori Sociologici
organizzativi a crescente complessità che guidano, condiziona­
no, rafforzano la mediazione delle professioni nelle relazioni
della economia, della pubblica amministrazione, della società
civile.
Il riconoscimento pubblico, statuale delle professioni eviden­
zia in maniera precisa il rilievo che vengono ad assumere nor­
mativamente i percorsi di istruzione, di formazione e di specia­
lizzazione che le professioni devono necessariamente seguire,
nonché le metodiche e i protocolli formali che le stesse devono
seguire nell’esplicazione delle loro funzioni.
Ne consegue per le professioni una crescita in qualche modo
correlata con la crescita della differenziazione funzionale dei si­
stemi di regolazione sociale, di produzione economica, e di rap­
presentanza degli interessi di attori sociali impegnati in una so­
cietà a crescente competizione tra posizioni diseguali.
La distinzione tra mestieri e professioni risulta di particolare
rilevanza non tanto per assecondare visioni arcaiche della strut­
tura occupazionale di paesi caratterizzati da economie e ordina­
menti sociali comunque guidati da dinamiche trasformative
continue, quanto piuttosto per disporre di strumenti analitici che
ci aiutino a comprendere i processi di metamorfosi degli uni e
delle altre, i mutamenti progressivi dei primi nei sistemi ordina­
mentali delle seconde, e il ritorno dei sistemi professionali a si­
stemi regolativi propri dei mestieri.
Le attività un tempo riconosciute come mestieri (vedi ad
esempio molti profili dell’artigianato) sono infatti in via di tra­
sformazione profonda così da configurarsi come figure interme­
die, incomplete, impegnate in un percorso anche lento di imple­
mentazione di contenuti conoscitivi e di pratiche manuali. Non
a caso la ricerca sociologica ha denotato tali posizioni in cate­
gorie specifiche, quali semi professioni, quasi professioni, quin­
di professioni vere e proprie (true profession), per significare la
conclusione di un percorso di successo.
Altrettanto si potrebbe riferire ad attività un tempo conside­
rate come professioni e che oggi si stanno trasformando in siste­
mi di conoscenze e di abilità che si possono riconoscere in veri
e propri mestieri, con attività di elevata ripetitività e con percor­
si di accesso meno controllati e più diffusi.
E. Minardi «Le metamorfosi delle occupazioni»
11
Il sistema normativo di regolazione pubblica dei mestieri e
delle professioni è in qualche modo complice di tali metamorfo­
si continue; infatti, se il sistema delle norme pubbliche tradizio­
nalmente investiva solo le professioni, oggi il sistema normati­
vo, sia statale che decentrato agli altri livelli di governo, si è
esteso anche alla sfera dei mestieri, consentendo ad alcuni più
aperti alla innovazione e più capaci di includere nuovi contenuti
cognitivi e pratici nei set di competenze di partenza, di intra­
prendere percorsi di crescita e di affermazione nel sistema eco­
nomico e nel sistema delle valutazioni sociali.
3. Percorsi plurimi della metamorfosi
La stessa ipotesi di lavoro orienta, quindi, la osservazione e
l’analisi sociologica ad concentrarsi con maggior forza sulle va­
riazioni che intervengono nei set di competenze richieste e co­
munque di norma attribuite ai profili lavorativi e professionali
dei mestieri e delle professioni.
I contributi di analisi offerti dalla ricerca sociologica ci han­
no abituato a sottolineare gli effetti della organizzazione fordi­
sta del lavoro, che nel quadro di una crescita progressiva del
“lavoro in frantumi” (Friedman 1956) evidenzia il processo di
progressiva distruzione della professionalità alla cui sopravvi­
venza e/o persistenza non era sufficiente la conflittualità opposi­
tiva di una altrettanto crescente “coscienza operaia”.
Se il potere di direzione era concentrato in una élite tecnica –
che poi diventerà protagonista di una inattesa “rivoluzione dei
managers” (Burnham 1946) – la totale subordinazione dei lavo­
ratori al sistema tecnico della produzione non favorisce la tra­
smissione dei contenuti cognitivi e delle abilità pratiche da un
lavoratore all’altro; questi peraltro, sottoposti al controllo dei
tempi e dei metodi, vedono progressivamente ridursi il tempo e
lo spazio della loro discrezionalità (Munro 1999).
È la natura del disegno meccanico della struttura produttiva
il fattore che impedisce ogni componente relazionale, comuni­
cativa, all’interno di un sistema che rimane incapace di ricono­
scere se stesso e quindi fondamentalmente di riprodursi.
12
Territori Sociologici
Da ciò dapprima l’enfasi sulle “relazioni umane” e poi sulle
“risorse umane” che trovano, all’interno di nuove visioni olisti­
che e sistemiche della impresa, una loro rinnovata collocazione,
con la possibilità di giocare un ruolo preciso, seppur nei vincoli
di sistemi socio­tecnici che non tollerano variabilità interne al di
sopra di certe soglie.
Insieme ai fattori maslowiani che sostengono la motivazione
al lavoro (Maslow 1954) si riapre fondamentalmente il processo
di apprendimento on the job, anche grazie ad un rapporto ridefi­
nito attraverso il processo di ricomposizione del lavoro (i fran­
tumi ricomposti; Butera 1998); proprio il processo di apprendi­
mento rende possibile l’avvio di un nuovo processo di transizio­
ne da posizioni essenzialmente manuali, esecutive a nuovi pro­
fili dotati di nuove mappe cognitive, di comportamenti rimoti­
vati allo sviluppo di relazioni all’interno di logiche di team
work, alla differenziazione e al potenziamento di abilità, che –
non più solo tecniche – si arricchiscono di altri contenuti e di al­
tre componenti comunicative, organizzative e combinatorie di
più e diversi fattori convergenti sulla produzione.
La sostituzione di tecnologie meccaniche con tecnologie di­
gitali accelera il processo di trasformazione dei profili che, defi­
niti inizialmente dalle posizioni occupate all’interno del proces­
so di produzione, si trovano ora riconfigurati da insiemi di sape­
ri teorici e pratici che specializzano gli apporti che i lavoratori
possono dare a processi tecnologicamente più qualificati, ma
anche potenziano le conoscenze e le abilità che gli stessi lavora­
tori costruiscono e condividono con chi nell’impresa assolve a
compiti di direzione e di gestione.
Se alle catene di montaggio si sostituiscono isole, gruppi di
lavoro, circoli di qualità – si adottano in altri termini modelli
circolari di comunicazione e di trasmissione oltre che di output
materiali anche di outcome immateriali – non mutano solo i mo­
delli organizzativi della produzione e del lavoro, ma anche i
profili lavorativi che da meramente occupazionali diventano
tecnici e professionali, con quella graduazione che è dinamica­
mente indotta dalla diversa intensità applicativa delle nuove tec­
nologie, da un lato, e dalla capacità di negoziazione dei diversi
gruppi tecnici e professionali, dall’altro.
E. Minardi «Le metamorfosi delle occupazioni»
13
Il ruolo dei tecnici e dei professionisti in altri termini non ri­
produce la tradizionale divaricazione tra operai ed impiegati,
ma favorisce la distribuzione di figure e profili che progressiva­
mente vedono definita e ridefinita la loro composizione di cono­
scenze, abilità ed atteggiamenti in ragione sia delle variabili in­
terne alle imprese ed alle più generali organizzazioni impegnate
nella produzione di valore, sia dalle variabili esterne che spin­
gono le imprese e le altre organizzazioni a nuove, inedite com­
petizioni su scale di mercato più estese, anche in relazione al
processo di globalizzazione ormai innescato dagli eventi del se­
condo dopoguerra.
L’aver insistito per molti decenni in questo periodo storico
sulla divaricazione dualistica tra prassi operaie da un lato e sa­
peri gestionali dall’altro ha certamente rallentato il lavoro di
esplorazione prima e di rappresentazione poi dei processi di
transizione dalle occupazioni alle professioni poi, che risulta an­
cora debole e occasionale, anche se non sono mancati i ricono­
scimenti della necessità, anzi della urgenza, di ricostituire map­
pe adeguate ed aggiornate dei settori dove più alta si manifesta
la criticità dei processi di metamorfosi in atto.
Anche il ricorso a fini interpretativi al determinismo ritenuto
in certo senso connaturato alla tecnologia, non sembra essere
più la chiave esplicativa esauriente per rispondere ad ogni inter­
rogativo.
I diversi settori produttivi con gli attori imprenditoriali e pro­
fessionali che ne caratterizzano la performance, hanno costruito
culture e prassi sociali, tecniche e professionali che non appar­
tengono solo alla impresa; anzi esse sono sempre più in grado di
incidere sulle due dimensioni oggi prevalenti nella ridefinizione
della impresa.
In primo luogo i territori, con le loro connotazioni culturali,
simboliche, relazionali che rendono esplicito un fattore, il capi­
tale sociale, anch’esso attivamente coinvolto nel processo di
creazione e di distribuzione del valore, inteso come capitale
economico, valore dei redditi e del benessere per le comunità
residenti; in secondo luogo, le reti anche internazionali di im­
prese che nella interazione con una pluralità di mercati, contri­
buiscono a rafforzare quella “svolta cosmopolita” (Beck 2004 e
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Territori Sociologici
2005), che traccia i profili ancora incerti, anzi “rischiosi”, di un
sistema e di un ordine internazionale, ancora lontano dai tra­
guardi ora perseguibili.
La focalizzazione dei processi di transizione è necessaria an­
che evidenziare che non vi sono leggi e procedimenti in qual­
che misura necessari nel passaggio da posizioni lavorative e
professionali ad altre, ma una pluralità di percorsi, in condizioni
e con tempi diversificati, aperti sia a traguardi di successo sia di
insuccesso; alcuni percorsi possono essere di per sé irreversibili,
altri invece caratterizzati da ricorrenti reversibilità, che ne ac­
centuano debolezza e marginalità. Alcuni profili possono con­
servare tratti tradizionali, anche nella etichetta che li denota nel­
la sfera pubblica, altri invece possono riversarsi in gruppi lavo­
rativi e professionali completamente diversi2; altri ancora posso­
no rimanere bloccati nel momento più delicato della loro meta­
morfosi, non riconoscendosi più nel profilo del passato e non
avendo ancora acquisito i contenuti e i caratteri propri di un
nuovo profilo professionale.
4. Un percorso interpretativo praticabile
La mobilità della struttura delle occupazioni e delle profes­
sioni e la variabilità interna delle posizioni che rendono instabili
profili e figure che si confrontano sui mercati del lavoro richie­
dono un quadro di riferimento teorico che, senza diventare vin­
colante, renda disponibili alcune chiavi di lettura dei processi di
metamorfosi dei mestieri e delle professioni tuttora in corso.
In altri termini, si rende necessario un quadro analitico che
sia in grado di dare una risposta all’ipotesi di lavoro in prece­
denza esposta, individuando i fattori identificativi che stanno
alla base del cambiamento sia pure in forme plurime della strut­
tura dei mestieri e delle professioni.
Produzione e distribuzione dei saperi, sistemi di regolazione
degli accessi ai saperi ed ai profili delle occupazioni e delle pro­
2. Un caso che abbiamo avuto occasione di studiare è costituito dai biblio­
tecari, ridefiniti all’interno delle professioni della informazione (cfr. Minardi,
1998).
E. Minardi «Le metamorfosi delle occupazioni»
15
fessioni e valutazione delle loro performance si possono identi­
ficare come i criteri, che anche sul terreno empirico, trovano
una loro giustificazione, anche in relazione alla funzione analiti­
ca a cui devono assolvere.
In relazione a tali variabili, infatti, è possibile disegnare per­
corsi che mettano in evidenza il radicamento dei diversi profili
dapprima all’interno di saperi costituiti, sottoposti al debito con­
trollo di sistemi di regolazione selezionato degli accessi e degli
usi delle conoscenze acquisite; poi la loro differenziazione sulla
base della centralità acquisita, anche in virtù del carattere diffu­
so delle tecnologie, dal processo di apprendimento in un assetto
di learning process aperto, dinamico, progressivo, anche e so­
prattutto attraverso il controllo diretto dei processi di impiego
dei saperi e delle tecnologie appropriate agli stessi e adeguate
agli obiettivi da conseguire.
La valutazione sociale delle occupazioni e delle professioni
va, infine, acquisita come una componente essenziale delle di­
namiche trasformative delle occupazioni e delle professioni; la
valutazione non si riconduce, infatti, solo alla variabile del mer­
cato, in relazione alle caratteristiche del prodotto, ma anche in
ragione della capacità dell’operatore di stabilire relazioni con il
mercato, in specie con una comunicazione personalizzata con il
destinatario del prodotto e della prestazione attesa e richiesta.
Un percorso di analisi ancora in larga da condurre, per lo
meno nella realtà italiana, concerne il processo di costruzione
dei “gruppi professionali”(Giannini e Minardi 1998), che con­
tribuisce a rappresentare le dinamiche di coalizioni interne a
specifiche aree professionali, sulla base di codici cognitivi, di­
sciplinari e delle relative specializzazioni, che tendono anche ad
ampliare l’area di influenza di profili occupazionali e professio­
nali di recente formazione.
Il ruolo che possono svolgere i gruppi professionali (che si
potrebbero anche rappresentare con il modello di “famiglie” di
profili professionali in via di differenziazione e di specializza­
zione, ma con riconosciute matrici condivise) nell’orientare e in
parte nel gestire i processi di trasformazione delle strutture delle
competenze interne può essere di particolare rilevanza, come
16
Territori Sociologici
evidenziato da più contributi3. Infine, un ulteriore modo di valu­
tare le performance degli operatori potrebbe rivelarsi interes­
sante per gli effetti che potrebbe introdurre nella dislocazione
dei diversi profili professionali4.
5. Alcuni casi di metamorfosi professionali: dalle implosioni
alle ibridazioni professionali
Anche per significare che la elaborazione di un modello teo­
rico finalizzato ad interpretare i processi di metamorfosi e di
transizione professionale non è disgiungibile dalla ricerca empi­
rica, che va costantemente rinnovata nei metodi e nelle tecni­
che5, può essere importante soffermarsi su alcuni casi che evi­
denziano le criticità e le discontinuità delle metamorfosi profes­
sionali in atto. Prendiamo in considerazione il caso di un gruppo
di profili lavorativi e professionali che sono stati definiti delle
“professioni indecise”(Hamzaoui 2008).
5.1. Il caso dei lavoratori e delle professioni del sociale
Se l’attuale configura della economia dei servizi giustifica la
presa in considerazione di tale area professionale, l’attenzione
alle professioni del lavoro sociale è ormai di lunga data (Ion e
Tricart 1985) e dispone di un’ampia letteratura.
Tuttavia, sulla base del nostro quadro teorico analitico, la ri­
presa della riflessione sul caso trova dei riscontri rilevanti, che
meritano di essere richiamati.
Il lavoratore del sociale infatti, partito da una dimensione es­
senzialmente volontaristica (dal modello scout, secondo M.Nol­
mans, 2008), informale, si struttura lentamente e progressiva­
mente come profilo di interesse generale, pubblico, allorquando
3. Si vedano in proposito i contributi offerti dai meeting della Research
Committee dell’ISA specificamente costituito per lo studio dei Professional
Groups (uno degli ultimi tenutosi presso la Università di Teramo)
4. Sotto questo profilo si veda il contributo di Gambardella (2007), laddo­
ve si considera il genere come fattore incidente sul ranking delle occupazioni.
5. L’opzione per la dimensione longitudinale della ricerca è evidente a
questo proposito.
E. Minardi «Le metamorfosi delle occupazioni»
17
la risposta ai bisogni di famiglie e individui con faiblesse e disa­
bilità viene espressa in termini di riconoscimento dei diritti di
cittadinanza sociale.
È in questa fase, tuttavia, che il percorso della professiona­
lizzazione del lavoratore sociale trova ostacoli tali da rendere
problematici il raggiungimento di ulteriori tappe del suo proces­
so.
Da figura unitaria, infatti, attraverso il riconoscimento pub­
blico delle sue funzioni, se ne fissano i requisiti, le procedure ed
i confini di azione; inoltre si impongono percorsi di formazione
che accentuano la specializzazione e il professionismo anche in
senso tecnico, creando così le premesse per la sua frammenta­
zione che si esprime nell’esito di una moltiplicazione dei profili
ed una minore visibilità sociale, a cui fa riscontro la debolezza
strutturale del ruolo sociale, per il mancato riconoscimento delle
competenze inerenti la gestione “clinica” del rapporto tra opera­
tore e paziente/cliente.
La moltiplicazione dei profili e la ricerca del loro speciali­
smo come criterio per affermare la loro identità, porta con sé
una separatezza tra gli stessi6, l’avvio di una competizione che
rende peraltro problematico il riconoscimento di una possibile
comune appartenenza ad un “gruppo professionale”, una fami­
glia di profili che nella diversità delle competenze e dei ruoli,
basano le stesse su una medesima piattaforma conoscitiva e me­
todologica. Le professioni del sociale si trovano, quindi, in una
fase non solo di indecisione, ma anche di impossibilità di giun­
gere al completamento del processo di professionalizzazione, a
cui il requisito correlato della valutazione possa dare una san­
zione positiva e definitiva7.
5.2. Il caso dei lavoratori dell’audiovisivo
Pur nella assenza di uno studio sistematico e di largo raggio
dei processi di cambiamento in atto in uno dei settori più dina­
6. È nota la critica di I. Illich (1977) sulle professioni capaci di produrre
effetti disabilitanti.
7. Di tali elementi tiene conto il paper elaborato per l'Isfol da Fabriz et al.
(2008).
18
Territori Sociologici
mici e maggiormente esposti alle innovazioni sia delle tecnolo­
gie che dei pubblici di destinazione, il settore delle produzioni e
della distribuzione dell’audiovisivo presenta un assetto di parti­
colare interesse per osservare i processi di metamorfosi dei pro­
fili e delle competenze dei lavoratori del settore (Alessandri e
Fumagalli, s.d.).
Al di là della difficoltà di sistematizzare settori produttivi differenti e
realtà aziendali differenti, il censimento delle professionalità viene co­
munque considerato l’indispensabile punto di partenza per un obietti­
vo di codifica, e primo passo per la costituzione di una vera comunità
professionale.
Con questa premessa si apre un lavoro di indagine sui me­
stieri dell’audiovisivo, che presenta un quadro fortemente arti­
colato non solo in ragione della forte e diffusa influenza delle
innovazioni tecnologiche, ma anche in relazione alle diverse
possibilità di combinare, mixare, ibridare nella composizione
delle conoscenze e delle competenze anche più figure professio­
nali.
La ricerca, grazie a un lavoro di sistematica ricognizione sui vari set­
tori audiovisivi, censisce e descrive 213 tra figure professionali e man­
sioni, classificate nelle tre aree produzione contenuto, gestione conte­
nuto e ibride, e in ulteriori dieci sotto­ambiti. Vengono successivamen­
te approfondite le famiglie di mestieri indicate dalle aziende come
strategiche per la loro attività (commerciali, produttive, “crossmedia­
li”), vacanti e trasformate.
In altri termini, a differenza dell’area professionale prima
considerata, il settore audiovisivo si presenta come un laborato­
rio ad elevata intensità di mutamento che coinvolge strutture or­
ganizzative delle imprese, ma anche i sistemi di relazioni tra
operatori, imprese e pubblici destinatari dei prodotti finali. Si­
stemi di relazioni che implicano non solo e non tanto processi di
produzione rigidamente finalizzati a tipologie di prodotto già
definite, ma piuttosto una possibilità permanente di modifica­
zione di tali prodotti in ragione del contenuto delle relazioni e
delle comunicazioni tra regista, produttore, operatore visuale e
soggetti recettori dei prodotti / messaggi audio visuali.
E. Minardi «Le metamorfosi delle occupazioni»
19
In questo contesto diventano di particolare interesse i pro­
cessi di ibridazione professionale che richiedono una ricombi­
nazione di tradizionali ed emergenti competenze riconducibili a
processi formativi in fase di continuo adattamento alle richieste
di arricchimento di pratiche e di tecniche finalizzate alla confi­
gurazione di prodotti tendenzialmente a ridotta serialità, se non
unici nella progettazione e nella realizzazione finale.
Da ciò la necessità di costruire, ricostruire e sviluppare cata­
loghi di competenze e di figure professionali, costantemente im­
pegnate in una interazione stringente con l’ambiente esterno, e
debolmente orientate a processi di riconoscimento attraverso
confronti di tipo negoziale.
La dotazione di abilità e di comportamenti già in qualche
misura sensibilizzati al cambiamento spinge i portatori di tali ri­
sorse verso la ricerca di profili e la valutazione delle loro qualità
al di fuori dei canali istituzionali e negoziali del riconoscimento
professionale. Ciò porta con sé in un certo senso il rifiuto della
standardizzazione delle competenze e la fuoriuscita da tipizza­
zioni che specializzano, ma anche frantumano e comprimono le
possibilità di altre innovative ibridazioni tecniche e professiona­
li.
Il passaggio in altri termini dalle occupazioni alle professio­
ni in settori ad alta innovazioni come quello dell’audiovisivo,
evita di riproporre sistemi di posizioni e di profili chiusi, a favo­
re di processi di composizione e di ibridazione che cambiano
costantemente il catalogo delle figure professionali, rendendone
di conseguenza necessaria la classificazione ricorrente, sempre
destinata ad essere superata.
6. Per continuare la ricerca sui processi di metamorfosi
La governance dei mercati del lavoro, da questo quadro e
dalle dinamiche che dobbiamo attenderci nelle riserve delle
vecchie e delle nuove professioni, risulta una operazione diffici­
le, quasi disperata. La pretesa del solo intento regolativo nei
confronti dell’universo dei mestieri e delle professioni si trove­
rebbe rapidamente vanificata da un contesto fortemente disomo­
20
Territori Sociologici
geneo ed attraversato da dinamiche fortemente contraddittorie
tra di loro.
Le visioni dualistiche della costruzione delle occupazioni,
oltre che non trovare alcuna giustificazione sotto il profilo della
conflittualità sociale di tipo antagonistico, si rivelano del tutto
inefficaci per la complessità dei processi in atto di differenzia­
zione, moltiplicazione e frantumazione dei mestieri e delle pro­
fessioni, così come oggi si possono censire, classificare e tipiz­
zare.
La via da percorrere sembra essere quella di un sistema di
osservazione dei processi di metamorfosi e di transizione dei
mestieri e delle professioni che allo stato attuale non rappresen­
tano certamente le immagini stereotipate di una società vetero
industriale, quanto piuttosto, se così le possiamo configurare,
come i vettori di un modello di società post industriale, ancora
in larga parte da reimmaginare e da praticare8
8. Da assumere come oggetto di riflessione la sollecitazione di Beck
(2000) a riconsiderare il lavoro nel contesto di un nuovo sistema di società ci­
vile.
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