studi e dialoghi giuridici - Istituto Grandi Infrastrutture

STUDI E DIALOGHI GIURIDICI
COLLANA “STUDI E DIALOGHI GIURIDICI”
diretta da: Gennaro Terracciano, Stefano Toschei, Virginia Zambrano
COMITATO SCIENTIFICO
Presidente: Gianni Ricci, Rettore Link Campus University
Giuseppe Albano, Avvocato dello Stato
Kevin Aquilina, Professore. Università di Malta
Marcello Buscema, Magistrato Ordinario
Gaetano Caputi, Segretario generale CONSOB
Ida Caracciolo, Professore Seconda Università di Napoli
Francesco Cardarelli, Professore Università di Roma Foro Italico
Fausto Cardella, Magistrato Ordinario
Paolo Carpentieri, Magistrato T.A.R.
Giuseppe Celeste, Notaio
Vittorio Cesaroni, Avvocato dello Stato
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Gianfranco D’Alessio, Professore Università Roma Tre
Oberdan Forlenza, Consigliere di Stato
Carlos Lasarte, Professore Univeridad Nacional de Educacion a Distancia
Raffaele Lauro, Senatore della Repubblica
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Pierluigi Matera, Docente Link Campus University
Francesco Merloni, Professore Università di Perugia
Luigi Paganetto, Professore e Presidente Fondazione CEIS Università Tor Vergata
Lorenzo Pallesi, Avvocato. Docente Link campus University
Giuseppe Palma, Professore Emerito Diritto Amministrativo
Francesco Petrillo, Professore Università del Molise
Angelo Piazza, Professore Università di Bologna
Gianni Piccinelli, Professore Seconda Università di Napoli
Franco Pizzetti, Professore Università di Torino
Michele Pizzo, Professore Università Federico II di Napoli
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Ian Refalo, Professore Università di Malta
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Giuseppe Rossi, Professore Università degli Studi di Milano
Ferruccio Sbarbaro, Docente Link Campus University
Vincenzo Scotti, Docente Link Campus University
Michel Senimon, Segretario generale ass. EuroPA
Giorgio Spangher, Professore Università La Sapienza di Roma
Alberto Stagno d’Alcontres, Professore Università di Palermo
Francesco Paolo Traisci, Professore Università del Molise
Mario Trapani, Professore Università Roma Tre
Antonio Uricchio, Professore Università di Bari
Ortensio Zecchino, già Ministro dell’Università, Docente Link Campus University
Gabriele Pepe
PRINCIPI GENERALI
DELL'ORDINAMENTO
COMUNITARIO
E ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA
Eurilink
© Copyright 2012 Eurilink
Eurilink Edizioni Srl
Via Nomentana, 335, 00162 Roma
www.eurilink.it - [email protected]
ISBN: 978 88 97931 072
Prima edizione, ottobre 2012
Progetto grafico di Eurilink
Stampa: Aracne
5
INDICE
Ringraziamenti
11
11
Introduzione
15
Metodo di indagine
19
PARTE PRIMA
I PR INC IPI GENERALI DELL'ORDINAMENTO
COMUNITARIO NEL CONTESTO EUROPEO
1.
L'europeizzazione del diritto amministrativo italiano nell'osmosi tra diritto comunitario e ordinamenti nazionali
Premessa
23
1.1.
La fine del monopolio statale sul diritto: la rimodulazione del concetto di sovranità e l’affievolimento
del ruolo della legge in un sistema delle fonti ormai
multilivello
26
1.2.
Un diritto sempre più europeo: cause storiche, fattori politici ed economici
34
1.3.
La Comunità europea e il suo diritto. Le ricadute
della normativa e dei principi comunitari sugli ordinamenti amministrativi statuali
45
1.4.
Il quadro delle fonti alla luce dei rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento nazionale: tesi
58
6
monista vs tesi dualista
1.5.
L'incidenza delle regole e dei principi comunitari
sul sistema italiano delle fonti. I nuovi strumenti a
disposizione del giudice e della pubblica amministrazione
2.
Principi generali dell'ordinamento comunitario:
aspetti teorici e profili applicativi
65
Premessa
73
2.1.
L’interpretazione del diritto e la funzione del giudice. Cenni alle tecniche ermeneutiche proprie del
giudice nazionale e del giudice comunitario in tema
di principi
76
2.2.
I principi nella teoria generale del diritto: la distinzione tra principi e regole
87
2.2.1
I conflitti tra principi
97
2.3.
I principi comunitari quale trait d'union tra ordinamenti e tra giurisdizioni
100
2.4.
Classificazione e funzioni dei principi comunitari
106
2.5.
L'attività della Corte di giustizia nella elaborazione
ed applicazione dei principi comunitari nel segno
dell'allargamento degli spazi di libertà del cittadino
114
2.6.
L'importanza delle sentenze della Corte di giustizia
nel quadro di una progressiva valorizzazione del diritto giurisprudenziale
125
2.7.
Il conflitto tra principi comunitari e norme nazionali
130
2.8.
L’illegittimità “comunitaria” dell’atto amministrativo: tipologie, caratteri e poteri del giudice
134
2.8.1
La nullità dell’atto amministrativo per violazione
della normativa e dei principi comunitari
146
7
3.
I principi comunitari di maggior rilievo per l'azione amministrativa
Premessa
151
3.1.
Il principio della certezza del diritto: la prevedibilità
delle scelte pubbliche a tutela delle situazioni soggettive individuali
156
3.2.
Il principio della tutela del legittimo affidamento: le
libertà del cittadino quale fulcro del sistema comunitario
163
3.3.
Il principio di proporzionalità quale misura e limite
dell'esercizio dei pubblici poteri in ambito comunitario e nazionale
171
3.4.
I principi del giusto procedimento: la valorizzazione
delle pretese del cittadino nell'esercizio del potere
179
3.5
I principi di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale: l'erosione dell'autonomia processuale
degli Stati e l'influenza sul giudizio amministrativo
italiano
192
PARTE SECONDA
L'INFILTRAZIONE DEI PRINCIPI COMUNITARI
NELLA REALTÀ AMMINISTRATIVA ITALIANA
Introduzione
207
4.
Le situazioni giuridiche soggettive tra ordinamento comunitario e ordinamento nazionale
4.1.
La visione “sostanzialista” e pragmatica dell’ordinamento comunitario: la centralità dei diritti e delle
libertà del cittadino nel sistema
213
4.2.
Le situazioni giuridiche comunitarie e l’influenza
218
8
del diritto europeo sulle posizioni giuridiche nazionali
4.3.
Interesse legittimo e sua risarcibilità nella prospettiva comunitaria
222
4.4.
La responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario da parte dei suoi organi: brevi
cenni
229
5.
L'azione amministrativa nella nuova era dei
rapporti tra autorità e libertà
5.1
La democratizzazione dei pubblici poteri e
l’estensione delle garanzie procedimentali nella
legge 241 del 1990: un nuovo modo di intendere i
rapporti tra potere pubblico e amministrati
235
5.2.
L’evoluzione del principio di legalità da una concezione meramente formale ad una nuova legalità di
risultato
243
5.2.1
Le illegittimità non invalidanti ex art. 21-octies
248
5.3.
Il sindacato del giudice sulla violazione del principio di proporzionalità nell’azione amministrativa
253
6.
La tutela delle legittime aspettative dei privati in
alcuni istituti del diritto amministrativo italiano
6.1.
Gli accordi ex art. 11 l. 241/1990
263
6.1.1
L’affidamento del privato alla stabilità delle convenzioni di lottizzazione a fronte di una variante urbanistica al P.r.g.
271
6.2.
L’autotutela decisoria: l’affidamento del cittadino
alla stabilità del provvedimento quale limite alla
funzione di riesame
275
9
6.2.1
Una fattispecie spinosa: l’autotutela della pubblica
amministrazione avverso un atto confliggente con
l’ordinamento comunitario
285
6.3.
Il danno da ritardo e la nuova concezione del tempo
come bene della vita risarcibile in via autonoma
290
7.
La tutela giurisdizionale del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione: spunti ricostruttivi
7.1.
L’ampliamento delle azioni esperibili e l’evoluzione del giudizio amministrativo dall’atto al rapporto per una tutela giurisdizionale piena ed effettiva
301
7.1.1
I nuovi caratteri dell'annullamento giurisdizionale
nel tramonto dei miti della necessaria retroattività e
dell'automatismo
313
7.1.2
La vexata quaestio della ammissibilità dell'azione di
accertamento autonomo: excursus storico dalla metà del XX sec. al nuovo Codice del processo amministrativo
318
7.1.3
L'azione risarcitoria e il nodo della "pregiudiziale
mascherata"
325
Conclusioni
331
Bibliografia
335
Giurisprudenza
401
10
a mio Padre
per avermi insegnato
a trasformare le sconfitte
in opportunità
11
Ringraziamenti
Il presente lavoro costituisce sviluppo della tesi di dottorato discussa presso l'Università G. Marconi il 18 luglio 2011.
Desidero esprimere un sincero ringraziamento a tutti coloro che a
vario titolo mi hanno accompagnato sin dal 2008 in questo percorso di
ricerca.
In ambito accademico, al Prof. Avv. Massimo Stipo, coordinatore
del corso di dottorato, per avermi seguito con dedizione nel percorso
di ricerca, guidandomi con lucidità lungo i perigliosi sentieri della
scienza giuridica. Al Prof. Avv. Gennaro Terracciano per l'encomiabile disponibilità nonchè per le preziose indicazioni sul filo conduttore
della ricerca.
Alla mia famiglia, Mamma, Papà e Ornella per avermi sostenuto
con ammirevole affetto nei momenti di difficoltà.
Last but not least al mio amico Giuseppe per l'aiuto nell'impaginazione della monografia.
Roma, 22 ottobre 2012
Gabriele Pepe
12
13
Principali Abbreviazioni
A.I.C.
Adun. Plen.
Ajda
Arch. giur.
CDE
CMLR
Corr. giur.
Democr. e dir.
Dig. disc. pubbl.
Dir. amm.
Dir. com. sc. int.
Dir. e form.
Dir. int.
Dir. proc. amm.
Dir. pubbl. eu. comp.
Dir. pubbl.
Dir. soc.
Dir. UE
Diz. dir. pubbl.
Enc. dir.
Enc. giur.
EPL
Eur. Journ. Int. Rel.
Eur. law j.
Eur. law rev.
Europa e dir. priv.
Filos. pol.
Foro amm.
Foro it.
Giur. cost.
Giust. civ.
L.G.D.J.
Noviss. dig. it.
Nuova rass.
Pol. dir.
Associazione italiana costituzionalisti
Adunanza Plenaria
Actualitè juridique droit administratif
Archivio giuridico
Cahiers de droit européen
Common market law review
Corriere giuridico
Democrazia e diritto
Digesto discipline pubblicistiche
Diritto amministrativo
Diritto comunitario degli scambi internazionali
Diritto e formazione
Diritto internazionale
Diritto processuale amministrativo
Diritto pubblico europeo e comparato
Diritto pubblico
Diritto e società
Diritto dell'Unione europea
Dizionario di diritto pubblico
Enciclopedia del diritto
Enciclopedia giuridica
European public law
European journal of international relations
European law journal
European law review
Europa e diritto privato
Filosofia politica
Foro amministrativo
Foro italiano
Giurisprudenza costituzionale
Giustizia civile
Librairie générale de droit et de jurisprudence
Novissimo digesto italiano
Nuova rassegna
Politica del diritto
14
Probl. amm. pubbl.
Quad. Cons. Stato
Quad. cost.
Quad. fior.
Quad. rass. parlam.
Quad. reg.
Resp. civ. e prev.
Rev. eur. dr. publ.
Rev. intern. dr. comparé
RIFD
Riv. amm.
Riv. amm. repubbl. it.
Riv. dir. civ.
Riv. dir. comm.
Riv. dir. cost.
Riv. dir. pubbl. comp. eur.
Riv. giur. ed.
Riv. giur. urb.
Riv. int. fil. dir.
Riv. trim. app.
Riv. trim. dir. proc. civ.
Riv. trim. dir. pubbl.
Urb. e app.
Problemi di amministrazione pubblica
Quaderni del Consiglio di Stato
Quaderni costituzionali
Quaderni fiorentini
Quaderni di rassegna parlamentare
Quaderni regionali
Responsabilità civile e previdenza
Revue européenne de droit public
Revue internationale de droit comparé
Rivista internazionale di filosofia del diritto
Rivista amministrativa
Rivista amministrativa repubblica italiana
Rivista di diritto civile
Rivista di diritto commerciale
Rivista di diritto costituzionale
Rivista di diritto pubblico comparato europeo
Rivista giuridica dell'edilizia
Rivista giuridica dell'urbanistica
Rivista internazionale di filosofia del diritto
Rivista trimestrale degli appalti
Rivista trimestrale di diritto processuale civile
Rivista trimestrale di diritto pubblico
Urbanistica appalti
15
Introduzione
La nascita dell’ordinamento comunitario riflette e amplifica i cambiamenti di una nuova era, segnata dal declino dell’egemonia statale
sulle dinamiche economiche e sulla produzione normativa.
Il fenomeno della globalizzazione provoca importanti mutamenti
nella sfera dei rapporti tra politica, economia e diritto, dettando una
rivisitazione dei dogmi positivistici del nostro tempo.
L'emergere di uno spazio sovranazionale in cui diritti ed economie
si connettono e si contaminano costringe l’interprete ad una rilettura
sia del ruolo sia delle funzioni dei pubblici poteri nazionali.
In particolare, da un’angolazione giuridica, è possibile constatare
l’evoluzione dell’ordinamento italiano, tradizionalmente piramidale,
verso una struttura policentrica e multilivello, in cui convivono, intessendo reciproche relazioni, soggetti, norme e poteri diversi, sicché
“l’imperativo funzionale del coordinamento prevale sull’esigenza logica della gerarchizzazione”1.
1
OST F.-VAN DE KERCHOVE M., De la pyramide au réseau? Vers un nouveau mode de production du droit?, in Revue interdisciplinaire d’études juridiques,
vol. 44, 2000. Sull'evoluzione dei pubblici poteri da una struttura gerarchica e verticale verso un modello a rete di tipo orizzontale anche ARNAUD A.J., Critique de la
raison juridique, Paris, L.G.D.J., 25, 1981. PREDIERI A., Le reti transeuropee nei
Trattati di Maastricht e di Amsterdam, in Dir. UE, 1997, 287.
16
La crisi della sovranità statale, iniziata con la Costituzione repubblicana del '48, laddove al tradizionale dogma della sovranità del c.d.
Stato-ente o Stato–persona2 si è sostituita l’appartenenza della sovranità al popolo (art. 1 II co. Cost.), è accentuata inesorabilmente
dall’attribuzione di ampi poteri alle Comunità europee prima ed
all’Unione poi, ossia ad organizzazioni internazionali sui generis capaci di sostituire gli Stati nella regolazione di taluni processi in ambito
politico, giuridico ed economico.
La peculiarità dell’ordinamento comunitario consiste nell’avere
come protagonisti sia gli Stati sia le persone fisiche e giuridiche dei
rispettivi ordinamenti, cui riconosce direttamente, e senza intermediazione alcuna, posizioni giuridiche immediatamente azionabili.
In un contesto di piena integrazione tra ordinamenti3, tanto i giudici
nazionali quanto i giudici comunitari hanno il compito di garantire la
piena affermazione dell’acquis communautaire, vale a dire della vasta
galassia di fonti comunitarie (tipiche e atipiche).
Una funzione di primo piano è in special modo rivestita dalle pronunce della Corte di giustizia che non si limitano ad interpretare il diritto comunitario ma concorrono a formarlo. Mediante l’elaborazione
di una gamma di principi non scritti, il giudice di Lussemburgo promuove, infatti, lo sviluppo del sistema, attraverso una conformazione
progressiva e costante degli ordinamenti statali.
In particolare la materia del diritto amministrativo, da sempre ap2
Sulla figura soggettiva dello Stato-persona MASSERA A., Contributo allo studio delle figure giuridiche soggettive nel diritto amministrativo. Stato-persona e organo amministrativo. Profili storico-dogmatici, Giuffrè, Milano, 1986.
3
ASTONE F., Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, Edizioni scientifiche, Napoli, 1999. L’autore evidenzia come il fenomeno dell’integrazione comunitaria sia tuttora circondato da un’aurea di diffidenza e gelosia all'interno degli ordinamenti degli Stati membri: "Persiste infatti, sia pur in forma attenuata, la convinzione-diffusa peraltro non solo nell’ambito della organizzazione
amministrativa italiana, ma anche in una certa giurisprudenza nazionale-che sia il
diritto comunitario a doversi adattare alle ragioni del nostro ordinamento e non viceversa; e ciò, malgrado una prassi ormai risalente dimostri, con precisione quasi
statistica, che il processo di integrazione si estende in misura e con incisività crescenti, apparendo per molti versi come ineludibile".
17
pannaggio dei pubblici poteri nazionali, viene ad essere plasmata in
profondità dai principi comunitari, acquisendo nuovi caratteri e sfumature, lungo il fil rouge della protezione delle libertà del cittadino
dagli abusi dell’autorità.
L'influenza esercitata dall'ordinamento europeo sui sistemi giuridici
dei Paesi membri determina, pertanto, una trasformazione dei rapporti
tra autorità pubblica e cives. Le relazioni amministrative, infatti, da
uno stadio iniziale di netta e rigida contrapposizione4 si evolvono progressivamente verso modelli dialogici e collaborativi.
Di conseguenza l’attività amministrativa tende a diluire progressivamente la segretezza e l’unilateralità del proprio agire in un rinnovato scenario costruito sui valori della trasparenza e della partecipazione.
Il procedimento assurge, così, a luogo privilegiato di dialogo e di
confronto, in cui coloro i quali erano precedentemente considerati
amministrati, o peggio sudditi, divengono a vario titolo codecisori delle scelte pubbliche5.
Sono proprio le situazioni giuridiche soggettive individuali a rappresentare la nuova stella cometa del panorama giuridico europeo,
fungendo sia da finalità che da limite all’esercizio dei pubblici poteri .
I principi comunitari, dunque, impongono lentamente ma inesorabilmente alle amministrazioni nazionali l'obiettivo della valorizzazione delle pretese del cittadino. Un vero e proprio cambio di paradigma
che rende sempre più partecipata e condivisa la funzione pubblica,
ampliando conseguentemente gli spazi di libertà e di tutela degli amministrati. Lungo tale direttrice il diritto amministrativo viene così a
proiettarsi, attraverso una disciplina integrata e multilivello, in una
dimensione giuridica europea che travalica e assorbe, senza peraltro
mortificare, le singole realtà statuali.
4
CASSESE S., L'arena pubblica. Nuovi paradigmi per lo Stato, in Riv. trim. dir.
pubbl. 2001. Secondo l'autore il rapporto tra amministrazione e cittadini è storicamente impostato sul c.d. "paradigma bipolare", ossia su una rigida contrapposizione
fra il polo dell'autorità pubblica e il polo delle libertà private. In proposito si rinvia al
contributo di ARENA G., Cittadini attivi, Laterza, Roma-Bari, 2006.
5
BENVENUTI F., Il nuovo cittadino. Tra libertà garantita e libertà attiva, Venezia, 1994.
18
19
Metodo di indagine
Il presente scritto si pone l’obiettivo di evidenziare le caratteristiche fondamentali dei principi generali del sistema comunitario, dedicando particolare attenzione a quei principi che hanno maggior impatto sulla realtà amministrativa italiana.
L’esame è condotto principiando da un'analisi (storica, comparata e
multidisciplinare) dei rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento italiano, in un contesto segnato da plurime connessioni tra processi giuridici ed economici, politici e sociali6.
Nel prosieguo della trattazione si è ritenuto opportuno far precedere
l'approfondimento dei principi comunitari da alcune delucidazioni di
teoria generale e da taluni riferimenti a fenomeni giuridici variamente
correlati.
Ciò al precipuo scopo di offrire una disamina dei principi diacronica e trasversale che, lungi dall’essere isolata e circoscritta, viva in
6
CARAVALE M., Le discipline storico-giuridiche, Atti del convegno “La formazione del giurista”, Roma, 2 luglio 2004, a cura di C. Angelici, Giuffrè, 2005. In
via generale “il giurista non può limitarsi ad essere un mero esegeta delle norme
vigenti e ad adottare come ordinamento di riferimento quello statale (…). Deve al
contrario essere educato alla consapevolezza dell’inscindibile legame tra diritto e
realtà sociale, economica e politica sottostante”.
20
simbiosi con il contesto storico, culturale e politico di riferimento.
Come acutamente osservato, infatti, “il metodo nello studio del diritto
deve essere integrale, storico e razionale nello stesso tempo”7, secondo un approccio teorico e pratico8, attuale e storico9.
Chiarito, poi, il ruolo della Corte di giustizia quale demiurgo
dell’ordinamento comunitario, vengono successivamente affrontate le
ricadute applicative di taluni principi comunitari sull'attività amministrativa italiana. Il tutto seguendo un percorso multidisciplinare che
vorrebbe essere snello e scorrevole sia nel numero dei paragrafi sia
nella disamina delle questioni in rilievo.
In definitiva il presente contributo mira ad un'analisi di vasto respiro dei principi dell'ordinamento comunitario e delle influenze dagli
stessi esercitati sul sistema amministrativo italiano, che faccia emergere le complessità del nostro tempo, coniugando elementi diversi di un
grande ed articolato puzzle.
7
STIPO M., Osservazioni sul metodo giuridico con particolare riferimento al
diritto amministrativo, in www.giustamm.it, 2009.
8
STIPO M., L’interesse legittimo nella prospettiva storica, Atti dei convegni per
le celebrazioni dell’opera Giustizia amministrativa (1903) del Prof. Cino Vitta, 21
novembre 2003 e 16 luglio 2004, Consiglio di Stato, in Studi per il centenario della
Giustizia amministrativa (1903) di Cino Vitta, a cura di M. Stipo, Tiellemedia, Roma, 2006. L’autore, muovendo dall’assunto della relatività e storicità dei concetti
giuridici, evidenzia come l’elaborazione teorica dei medesimi risulti sempre piegata
a contingenti, cangianti e mutevoli esigenze pratiche: "Ogni problema giuridico va
storicizzato e considerato quindi empiricamente nel tempo e nello spazio".
9
GROSSI P. Legge e diritto. Una tradizione dell’occidente. (Presentazione del
convegno di Firenze del 2 dicembre 2004), in Inchiesta sulla legge nell’occidente
giuridico, Giappichelli, Torino, 2005. Nel ribadire l’importanza di un approccio storico ai fenomeni giuridici l’autore fa notare che “la storia del diritto non è una imbalsamazione di cadaveri, o con altra immagine, una raccolta decorativa di chincaglieria erudita”, ma rappresenta la coscienza critica del giurista di diritto positivo.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche ORESTANO R., Introduzione allo studio del
diritto romano, III ed., Bologna, 1987, 428: "Se c’è realtà non isolata né isolabile e
tanto meno autonoma è quella del diritto (...): una realtà in cui si riflette intera la
storia di ciascuna formazione e di ciascuna esperienza".
PARTE PRIMA
I PRINCIPI GENERALI DELL'ORDINAMENTO
COMUNITARIO NEL CONTESTO EUROPEO
22
Parte Prima
CAPITOLO I
L'EUROPEIZZAZIONE DEL DIRITTO
AMMINISTRATIVO ITALIANO NELL'OSMOSI
TRA DIRITTO COMUNITARIO
E ORDINAMENTI NAZIONALI
SOMMARIO: Premessa. 1.1. La fine del monopolio statale sul diritto: la rimodulazione del concetto di sovranità e l'affievolimento del ruolo della legge in un sistema delle fonti ormai multilivello. 1.2. Un diritto sempre più europeo: cause
storiche, fattori politici ed economici. 1.3. La Comunità europea e il suo diritto.
Le ricadute della normativa e dei principi comunitari sugli ordinamenti amministrativi statuali. 1.4. Il quadro delle fonti alla luce dei rapporti tra ordinamento
comunitario e ordinamento nazionale: tesi monista vs tesi dualista. 1.5. L'incidenza delle regole e dei principi comunitari sul sistema italiano delle fonti. I
nuovi strumenti a disposizione del giudice e della pubblica amministrazione.
Premessa
Il giurista del Terzo Millennio vive ormai in un'epoca priva di certezze, conducendo una navigazione per terre sconosciute senza i capisaldi concettuali della tradizione.
Le continue trasformazioni dei processi sociali, economici e politici
agitano le placide acque del mondo del diritto, costringendo l'interprete ad uscire dal proprio consueto isolamento per adeguare tecniche
24
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
e schemi giuridici ad una realtà in perenne divenire1.
Non è più "tempo di solitudini per il giurista" (Grossi P.), il quale,
viceversa, è chiamato a convivere con la scienza politica, la sociologia, l'economia, disegnando collegamenti tra le diverse branche del
sapere.
In special modo in ambito giuridico la comparazione diviene non
solo fonte di ispirazione, ma paradigma imprescindibile per lo studio
dei fenomeni domestici, in un contesto nel quale gli ordinamenti presentano un grado sempre maggiore di porosità e di apertura gli uni agli
altri, con influenze tanto dirette quanto riflesse.
Ed è proprio quanto accade nel vecchio Continente con l'avvento
delle Comunità europee. La nascita e la diffusione di un diritto sempre
più comune e condiviso costringe ad una rivisitazione dei fondamenti
del positivismo giuridico.
I concetti di fonte del diritto, legge, sovranità statale, potere normativo corrono il rischio di rimanere anacronistici cimeli del passato
se non riletti ed aggiornati secondo le esigenze del presente.
L'Europa si caratterizza, infatti, come scenario di grandi cambiamenti. Una vera e propria rivoluzione copernicana, innescata dai principi comunitari del primato e dell'effetto diretto, investe il sistema delle fonti, rendendolo fluido, policentrico e multilivello. Un nuovo mo1
A riguardo SCALISI V., Fonti-Teoria-Metodo. Alla ricerca della "regola giuridica" nell'epoca della postmodernità, Giuffrè, Milano, 2012. Nell'epoca della postmodernità, secondo l'autore, molteplici fattori concorrono alla crisi del sistema ed
al disorientamento del giurista: "La complessità sociale, ormai al livello del disordine; lo sviluppo tecnologico da sempre refrattario ai controlli; il mercato divenuto
sempre più aggressivo e, per contro, sempre meno governabile; il tutto nel contesto
di una globalizzazione fattasi anch'essa sempre più pervasiva, avvolgente e quasi
del tutto spersonalizzante (...). Inquietudine, liquidità, rischio, incertezza, generale
disincanto sembrano divenuti la nuova cifra dei rapporti di vita, a contrassegnare
un'età pervasa da irrimediabile perdita di senso oltre che di idealità forti e motivate,
con il sapere stesso senza più fondamenti stabili e costanti". In questo quadro anche
le tradizionali categorie ordinatrici del pensiero giuridico perdono quella funzione di
guida sicura ricoperta in passato, poichè "un filtrante movimento di destrutturazione
ha cominciato ormai ad attraversare lo stesso ordine giuridico sempre più esposto a
una persistente spinta centrifuga di moltiplicazione, frammentazione, differenziazione e vera e propria dispersione dei luoghi stessi della produzione giuridica".
Parte Prima
25
dello "a rete" per linee orizzontali si afferma, infatti, in sostituzione
del vetusto impianto gerarchico-verticale.
La galassia dei pubblici poteri sovranazionali si amplia ed espande
con conseguente ridimensionamento della sovranità e dei poteri dello
Stato sia a livello di produzione normativa sia nella gestione dei fenomeni economici.
Con l'avvio di un processo di integrazione sempre più stretta tra gli
Stati mutano radicalmente gli scenari giuridici degli ordinamenti nazionali. Il diritto europeo inesorabilmente ne scava le strutture portanti, ridisegnandone finalità e caratteri attraverso l'imposizione di regole
tese ad avvicinare tradizioni normative un tempo distanti.
Ciò è favorito, in particolare, dai principi non scritti elaborati dalla
Corte di giustizia, i quali collocano al centro del sistema libertà e diritti dei singoli, orientando così gli apparati statali (legislativi, amministrativi e giurisdizionali) verso l'obiettivo della protezione delle situazioni giuridiche individuali2.
Il tutto attraverso un cambio di paradigma della mentalità e dello
strumentario giuridico dell'interprete nazionale. Infatti, per garantire
prevalenza all'acquis comunitario ed offrire protezione ai diritti di fonte sovranazionale, i giudici domestici, nel ruolo di giudici decentrati
della giurisdizione europea, si avvalgono dei nuovi rimedi dell'interpretazione conforme, del rinvio pregiudiziale e della disapplicazione,
in un circuito di virtuosa e proficua collaborazione con la Corte di giustizia.
Come si vedrà nel prosieguo, i principi del diritto comunitario sono, oggi, penetrati in ogni ramo del diritto statuale. In special modo
l'azione dei pubblici poteri amministrativi ne esce ridefinita attraverso
la valorizzazione delle pretese del cittadino e il ridimensionamento dei
2
Con particolare riferimento all'influenza esercitata dall'ordinamento comunitario sui rapporti tra cittadino e amministrazione pubblica TARULLO S., Il giusto
processo amministrativo. Studio sull’effettività della tutela giurisdizionale nella
prospettiva europea, Milano, 2004: "È convincimento diffuso (...) che le istituzioni
comunitarie abbiano sino ad oggi veicolato un livello di tutela delle posizioni giuridiche dei singoli nei riguardi della pubblica amministrazione ben superiore rispetto
a quello tradizionalmente riscontrabile nell'ordinamento italiano".
26
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
privilegi dell'autorità pubblica, attualmente sempre più inquadrata in
una logica di servizio nei confronti della collettività.
1.1. La fine del monopolio statale sul diritto: la rimodulazione
del concetto di sovranità e l’affievolimento del ruolo della
legge in un sistema delle fonti ormai multilivello
Il dogma giuspositivistico della statualità del diritto, espressione
della visione “statocentrica” degli ordinamenti liberali borghesi del
XIX sec., nonché della trasposizione nel diritto pubblico dei concetti
cardine della tradizione giuspandettistica civilistica dell'Ottocento, è
da tempo in via di superamento3.
3
SCHMITT C., Die lage der europäischen Rechtswissenschaft (1943-1944),
trad. it.. La condizione della scienza giuridica europea, a cura di A. Carrino, Pellicani, Roma, 1996. Schmitt, con profetica lungimiranza, preconizza il declino del positivismo e del formalismo giuridico, dominatori sin dal XIX sec. della cultura giuridica europea, in un periodo in cui-gli anni Quaranta del XX sec.-la legge statuale
ancora monopolizza il mondo del diritto. Nel promuovere la formazione di un diritto
comune europeo, Schmitt contesta l’identificazione del diritto esclusivamente nella
legge positivamente data ed auspica, diversamente, un diritto che, non esaurendosi
nella legislazione, si alimenti anche attraverso i contributi della dottrina e dei giudici. Per un approfondimento delle questioni sottese al positivismo giuridico, senza
pretese di completezza, CATANIA A., Diritto positivo ed effettività, Editoriale
scientifica, 2009. GIORGIANNI V., Neopositivismo e scienza del diritto, Roma,
1956. BOBBIO N., Positivismo giuridico, Lezioni di filosofia del diritto raccolte da
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Parte Prima
27
Come ben evidenziato, nell’odierna società “sono in crisi non solo
le strutture tradizionali dello Stato-soggetto, ma sono correlativamente in crisi o in via di superamento ideologie politiche classiche e vecchi schemi politici”4.
È in atto un processo di destrutturazione delle “mitologie giuridiche” proprie dell’esperienza liberale borghese5. Possono, infatti, dirsi
infranti i miti della esclusiva statualità del diritto, dell’onnipotenza
della legge, della separazione dei poteri e della gerarchia delle fonti6.
Il lento ma inesorabile processo di “denazionalizzazione” degli Stati e dei loro ordinamenti giuridici solleva il problema delle modalità di
interazione delle nuove forme di diritto ultrastatale con i sistemi giuridici nazionali.
L’analisi del tema si snoda necessariamente lungo il sentiero della
rivisitazione dei concetti e delle categorie tipici della dogmatica tradiNew Approaches to Legal Positivism, Reidel, Dordrecht, 1986, 128. CATTANEO
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4
STIPO M., Riflessioni sulla problematica della tutela dell’affidamento in diritto pubblico, quale proiezione del principio di buona fede oggettiva con particolare
riferimento all’ordinamento comunitario europeo, in www.giustamm.it, 2010.
5
GROSSI P., Mitologie giuridiche della modernità, Giuffrè, Milano, 2007. Sulla
crisi della categorie giuridiche tradizionali anche VINCENTI U., Diritto senza identità. La crisi delle categorie giuridiche tradizionali, Roma-Bari, 2007. VOGLIOTTI
M., Tra fatto e diritto-Oltre la modernità giuridica, Giappichelli, Torino, 2007.
6
GROSSI P., Mitologie giuridiche della modernità, op. cit.. In particolare per
Grossi si assiste in ambito giuridico ad una moltiplicazione delle fonti e dei relativi
centri di produzione. Se in passato le fonti potevano considerarsi “un patrimonio rigido e indisponibile, perché ciò serviva a garantire il monopolio dello Stato e della
legge, nel tempo della globalization, quando Stato e legge vedono assai relativizzato
il proprio ruolo, anche il problema delle fonti non può non essere sottoposto a una
massiccia relativizzazione, se non si vuol correre il rischio di mantenere intatto un
sacrario dedicato a idoli ormai infranti nella comune coscienza”. Inoltre il “principio di legalità formale deve cedere a un più comprensivo principio di giuridicità dove la corrispondenza è con i valori di un intero ordine giuridico (…) un ordine giuridico che si distende ben al di là e ben più in profondo dei confini della statualità”.
28
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
zionale così come ereditati dal passato.
Nel XXI sec. si registra il depotenziamento ormai irreversibile della
sovranità dello Stato-ente7, sia a livello interno a vantaggio di formazioni sub-statuali, sia sul piano esterno in favore di organizzazioni sovranazionali8 (c.d. sandwich effect).
7
Con riferimento alla sovranità statuale in epoca moderna e alle cause della sua
crisi, senza pretese di completezza, AA.VV., Inchiesta sulla legge nell’Occidente
giuridico, a cura di Vincenti U., Giappichelli, Torino, 2005. VENTURA L.NICOSIA P.-MORELLI A.-CARIDÀ R., Stato e sovranità. Profili essenziali, Giappichelli, Torino, 2010. KRASNER S.D., Sovereignty organised hypocrisy, Princeton, 1999, 9. WERNER W. G.–DE WILDE J.H., The Endurance of Sovereignty, in
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8
Può dirsi oggi superata la tesi, sostenuta dalle teorie giuridiche italo-tedesche
del tardo Ottocento e dagli Stati autoritari del Novecento, che la sovranità abbia carattere assoluto. La sovranità statuale viene attualmente compressa e limitata tanto
Parte Prima
29
Il fenomeno ha avuto profonde ricadute sul sistema delle fonti, da
sempre monopolio esclusivo degli Stati, rendendone più complessa e
sofisticata l'attività interpretativa9.
La produzione normativa è, infatti, esondata dai propri tradizionali
confini per redistribuirsi su più livelli (interni e ultrastatuali).
Il processo di globalizzazione10 ha, poi, contribuito alla vorticosa
circolazione di principi e regole in una struttura a rete11 in continua
espansione in cui il diritto “si dispone come un tessuto a maglie larghe, pieno di buchi che si lascia penetrare, integrare, completare dal-
sul piano sovranazionale quanto in ambito interno. In particolare in Italia la riforma
del titolo V della Carta costituzionale (l. cost. n. 3 del 2001), nel riconoscere piena
autonomia agli enti territoriali, restringe i poteri normativi e amministrativi dello
Stato, erodendone così gli spazi di sovranità. Sul ruolo delle autonomie territoriali in
un sistema policentrico e multilivello si segnala, tra i vari contributi, BARBATI C.ENDRICI G., Territorialità positiva. Mercato, ambiente e poteri subnazionali, il
Mulino, 2006.
9
CARAVALE M., Le discipline storico-giuridiche, Atti del convegno “La formazione del giurista”, Roma, 2 luglio 2004, op. cit.: "In un momento, come quello
che viviamo, nel quale il mito Ottocentesco dello Stato sovrano unica fonte di diritto
conosce un progressivo appannamento, in seguito sia alla ricezione delle norme europee, sia alla espansione delle competenze legislative delle regioni, sia alla accresciuta importanza riconosciuta all’interpretazione giurisprudenziale in tutti i paesi
europei (...), il giurista deve essere messo in grado di conoscere logiche interpretative sperimentate in realtà istituzionali nelle quali lo Stato, come conosciuto nel
mondo occidentale del secolo XIX, e in buona parte del successivo, non esisteva".
10
Con la globalizzazione ogni istituzione rimodula le proprie caratteristiche e relativizza il proprio ruolo in un universo giuridico che da una struttura piramidale di
tipo verticale si evolve verso un modello multipolare a carattere orizzontale. A riguardo si consideri l'opera di FRIEDMAN L.M., La società orizzontale, il Mulino,
Bologna, 2002.
11
DE SOUSA SANTOS B., Stato e diritto nella transizione post-moderna. Per
un nuovo senso comune giuridico, in Soc. dir., n. 31 del 1990. La globalizzazione dà
vita ad un mondo giuridico universale creando una serie di “reti di legalità, ora parallele ora sovrapposte, ora complementari ora antagoniste”. In tema anche DONIGI M., Globalizzazione e fonti del diritto, 1, Cacucci, Bari, 2006. FREDIANI E.,
La produzione normativa nella sovranità "orizzontale", ETS, Pisa, 2010.
30
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
le opzioni e preferenze dei vari giocatori giuridici”12.
La caduta dell’esclusivismo statale sulle fonti ha certamente favorito il dialogo tra attori istituzionali e sistemi giuridici diversi, creando
in ambito europeo un’area normativa comune di scambi e reciproche
interazioni favorita proprio dall’espansione dell’ordinamento comunitario.
Gli storici steccati, peraltro spesso nel passato eccessivamente enfatizzati, tra ordinamenti di civil law e di common law tendono oggi a
cadere13 in nome di un diritto sempre più universale14.
Dall’affievolimento della sovranità statuale discende, così, il tra-
12
FERRARESE M.R., Il diritto al presente. Globalizzazione e tempo delle istituzioni, il Mulino, Bologna, 2002.
13
In particolare BARBERIS M., Introduzione, in Europa del diritto, il Mulino,
2008. Secondo l’autore “l’Unione europea e il diritto comunitario-(...) singolare
contaminazione di diritto continentale e di common law-non si pongono con gli Stati
membri e con il diritto interno in una relazione di negazione o di opposizione, come
talvolta si pensa, ma al massimo di superamento (Aufhebung): un oltrepassamento
dello Stato e del suo diritto che quasi sempre preserva tutto ciò che oltrepassa”.
14
La tesi che i Paesi anglosassoni siano privi di un diritto amministrativo, sostenuta da vari studiosi tra cui Giannini, è influenzata dall’opera di DICEY A.V., Lectures introductory to the study of the law and Constitution, London, 1885, che nel
valorizzare le libertà individuali critica la possibilità di una regolamentazione ad hoc
delle relazioni tra autorità e cives. Questo orientamento appare oggi definitivamente
superato dall’evoluzione storico-giuridica dei Paesi di common law. Sulla progressiva attenuazione delle distanze tra ordinamenti di civil law e di common law si rinvia
a VARANO V.–BARSOTTI V., La tradizione giuridica occidentale. Testi e materiali per un confronto tra civil law e common law, IV ed., Giappichelli, Torino,
2010. GORLA V.G., Il diritto comparato in Italia e nel mondo occidentale:
un’introduzione al dialogo civil law-common law, Giuffrè, Milano, 1983. CRAIG
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common law e del civil law-Atti del XX seminario, Giuffrè, 2009. LUPOI M., Common law e Civil law (alle radici del diritto europeo), Relazione al Congresso
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Sistemi giuridici comparati, Milano, 1998.
Parte Prima
31
monto della legge15, quale atto principe della produzione normativa. È
dunque il crepuscolo per il mito ottocentesco dell’onnipotenza legislativa16.
Già nei primi decenni del XX sec., Capograssi, con profetica lucidità, definisce lo Stato e la legge “due giganti scoronati”, preannunciando per entrambi un imminente declino. L’inarrestabile svalutazione dell’atto legislativo viene, poi, accelerata dai concomitanti fenomeni della globalizzazione17 e della crescita esponenziale della normativa
comunitaria che infliggono un colpo mortale al tradizionale modello
“legicentrico”18.
15
STIPO M., Riflessioni sulla problematica della tutela dell’affidamento in diritto pubblico, op. cit.. Secondo l’autore l’affievolimento del ruolo della legge deve
collocarsi nell’alveo della “generale crisi delle norme autoritativamente imposte alla società, cioè come crisi di quella parte delle norme di un ordinamento giuridico
che un’autorità a ciò specificamente deputata crea imponendole ad un certo ambiente sociale”.
16
DE LOLME J.L., The Constitution of England; Or, an Account of the English
Government, 1784. L’autore per evidenziare gli innumerevoli poteri di cui sono titolari i Parlamenti fa ricorso all’immaginifica espressione secondo la quale “le assemblee parlamentari possono tutto, eccetto che trasformare l’uomo in donna”.
17
In ordine agli effetti prodotti dalla globalizzazione sul sistema delle fonti
DIONIGI M., Globalizzazione e fonti del diritto, Cacucci, 2011.
18
Il venir meno della visione “legicentrica” è il risultato della caduta del dogma
positivistico della coincidenza tra diritto e legge, espressione del dominio normativo
dello Stato. Questa concezione è ben espressa da IRTI N., La cultura del diritto civile, Torino, 1990: "Fummo educati alla venerazione della legge. Le vicende politiche,
il tramonto e l’ascesa dei governi, la stessa guerra civile: tutto sembrava risolversi
e tradursi nella legge (...) Questo era il nostro orizzonte: al di là né potevamo né
volevamo spingerci (...) E la legge era lo Stato, e lo Stato era la legge". La stessa
Costituzione italiana del '48 tende a ridimensionare il ruolo della legge, sottoponendola ad un controllo accentrato di validità da parte della Consulta. Inoltre la Carta
costituzionale amplia lo scenario delle fonti primarie, circoscrivendo l'ambito applicativo della legge mediante l'introduzione del criterio della competenza a fianco del
tradizionale criterio gerarchico. In tema di mutamenti del sistema delle fonti ALBINO L., Il sistema delle fonti tra ordinamento interno e ordinamento comunitario, in
Riv. it. dir. pubbl. com., n. 2 del 2001, 923, secondo cui “con il passaggio dallo Stato monoclasse allo stato pluriclasse, il sistema delle fonti del diritto, per un verso,
32
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
La legge nazionale, pertanto, non si colloca più "in alto e al centro"
del sistema ordinamentale (Costa P.) quale “expression de la volonté
générale”19. Al contrario la legge si appalesa inadeguata a governare
le complessità della società contemporanea, in quanto “strumento astratto, rigido, uniforme, in ultima analisi, rudimentale, che impone
un diritto ideologico, lontano dalla realtà, e quindi inaccettabile”20.
Dunque lo Stato, da sempre egemone della funzione normativa,
viene scalzato dal ruolo di “padrone” del diritto21 e ridimensionato
ha registrato in forza del principio pluralista, un aumento del numero degli atti che
lo compongono, per un altro, ha subito significative trasformazioni nei suoi criteri
ordinatori che, pur restando in linea di massima quelli individuati dallo Stato liberale, devono oggi fare i conti con il principio di supremazia della Costituzione e con
la perdita di centralità della legge nella regolamentazione dei rapporti intersoggettivi”. Sulla crisi della legge in generale si rinvia a GENINATTI SATÈ L., I fatti critici del sistema delle fonti e la crisi del principio di legalità, in Dir. pubbl., 2005,
885. MODUGNO F., A mò di introduzione. Considerazioni sulla “crisi” della legge, in Trasformazioni della funzione legislativa, II, Crisi della legge e sistema delle
fonti, a cura di F. Modugno, Giuffrè, Milano, 2000. MATTARELLA B.G., La trappola delle leggi. Molte, oscure, complicate, il Mulino, Bologna 2011. AINIS M., La
legge oscura. Come e perchè non funziona, Laterza, Roma-Bari, 2002. Per uno studio ragionato della crisi della legge, attribuibile a fattori disgregativi interni allo Stato (ancor prima, dunque, dell'affermazione degli ordinamenti sovranazionali) si vedano CARNELUTTI F., La crisi della legge, in Riv. dir. pubbl., 1930. STAIANO S.
Crisi della legge e legislazione periodica, Jovene, Napoli, 2003. Sulle ricadute del
principio di legalità in ambito amministrativo TANDA P., Principio di legalità ed
efficienza amministrativa, in www.giustamm.it. MARINO I.M., Responsabilità
dell’amministrazione e risultati, in Immordino M., Police A. (a cura di), Principio di
legalità ed amministrazione di risultati, Torino, 2004.
19
CARRÉ DE MALBERG R., La loi expression de la volonté générale, Paris,
1931.
20
SANTORO E., Diritto e diritti: Lo Stato di diritto nell’era della globalizzazione, Giappichelli, Torino, 2008.
21
Così ZAGREBELSKY G., Il diritto mite. Legge, diritti, giustizia, Einaudi, Torino, 1992. In argomento anche ROMANO TASSONE A., Sulla formula amministrazione per risultati, in Scritti in onore di Elio Casetta, Napoli, 2001. CAMMELLI M., Amministrazione di risultato, in annuario AIPDA, 2001, Milano, 2002, 107.
IMMORDINO M., Certezza del diritto e amministrazione di risultati, in Immordino
M.–Police A. (a cura di), Principio di legalità ed amministrazione di risultati, Tori-
Parte Prima
33
dalla concorrenza delle plurime fonti europee.
Sono in special modo i principi comunitari ad intaccare il dogma
del legislatore factotum in un rinnovato contesto di osmosi tra sistemi
giuridici che segna il declino della struttura ordinamentale di stampo
liberale fondata sul trinomio legge-regolamento-consuetudine22.
In una galassia di fonti giuridiche sovranazionali23 che tendono ad
imporsi in un circuito normativo integrato e multilivello, il ruolo di
law-maker, non più di esclusiva pertinenza statale, è suddiviso tra una
no, 2004. Secondo l’autrice la crisi del principio di legalità nell’ordinamento italiano
“trova le ragioni più prossime nella crescente europeizzazione ed internazionalizzazione del diritto amministrativo, nell’ipertrofia normativa, nella cattiva qualità delle
leggi che degenera, sempre più spesso nella loro oscurità, con effetti devastanti sul
piano della conoscibilità e quindi dell’effettività del diritto stesso, nella crescente
provvedimentalizzazione della legge, nel ricorso sempre più frequente alle cd. leggi
omnibus o alle leggi manifesto, nella crescita vertiginosa della legislazione speciale,
nella sistematica violazione del principio di separazione dei poteri, per indicarne
soltanto alcune”.
22
Oggigiorno il sistema delle fonti giuridiche deve essere ripensato alla luce delle esperienze della modernità. Esso non costituisce più un sacrario da venerare nella
propria inossidabile immutabilità, bensì va considerato come una realtà dinamica, in
continua evoluzione, articolata in una pluralità di attori e di centri di produzione.
Nell'età della globalizzazione anche il giurista è chiamato a ripensare il proprio
modus operandi e ad abbandonare i vecchi schemi del positivismo giuridico.
23
FERRARESE M.R., Il diritto al presente. Globalizzazione e tempo delle istituzioni, op. cit.. Secondo l’autrice “l’affollamento giuridico prodotto dalla globalizzazione significa la coesistenza di vecchie e nuove fonti del diritto, di vecchi e nuovi
soggetti giuridici, di vecchi e nuovi istituti (...). Nel nostro orizzonte giuridico
l’affollamento produce di fatto un continuo e ripetuto attentato al primato della legge, un tempo incontrastata signora e prima attrice della scena giuridica”. Per un'interessante ricognizione del sistema delle fonti SORRENTINO F., Ai limiti
dell’integrazione europea: primato delle fonti o delle istituzioni comunitarie?, in
Pol. dir., n. 2 del 1994. DE PRETIS D., La tutela giurisdizionale nei confronti della
pubblica amministrazione, in www.dirittoamministrativo.jus.unitn.it: "La complessità del sistema, la dinamicità del rapporto fra fonti comunitarie e fonti nazionali, tra
jus commune e jura particularia, la stessa origine giurisprudenziale di larga parte
dei principi comunitari, accentua il ruolo dell’interprete e, primo fra tutti, il ruolo
del giudice. Il diritto non è più solo quello dello Stato; sempre di più esso è meno
legge, meno regole, e più principi, più diritto".
34
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
pluralità di attori istituzionali e non.
In questa nuova realtà proprio il depotenziamento dell'autorità dello
Stato ha, come suo corollario, l'apertura di ampi spazi di libertà e d'azione per altre istituzioni, gruppi organizzati, persone fisiche e giuridiche, che tendono ad uscire dall'ombra per divenire protagonisti della
scena.
Nel quadro attuale sembra, inoltre, mutare all'interno delle singole
esperienze nazionali la struttura dei rapporti tra la sfera pubblica e l'area degli interessi privati. Gli organi pubblici ridefiniscono lentamente
caratteristiche ed intensità del proprio agire; in particolare l'amministrazione da "potere che agisce" (Mohl) diviene sempre più strumento
al servizio delle libertà e dei diritti dei cittadini, stemperando quell'aurea di supremazia, unilateralità e autoritarietà che tradizionalmente ne
ha contraddistinto l'azione24.
1.2. Un diritto sempre più europeo: cause storiche, fattori politici ed economici
Il secondo conflitto mondiale segna il definitivo tramonto della
concezione seicentesca degli Stati come “comunità perfette” (societates iuridicae perfectae), aventi una dimensione territoriale adeguata
alle esigenze della società e del mercato.
Il fenomeno della globalizzazione25, “in quanto processo di trasfe-
24
Sui tradizionali caratteri del provvedimento amministrativo GIANNINI M.S.,
voce Atto amministrativo, in Enc. dir., vol. IV, Milano, 1959, 157. L'autore efficacemente descrive i rapporti asimmetrici che tradizionalmente intercorrono tra l'autorità pubblica e i cives: "Se qualcosa cede dinanzi all'azione amministrativa questi
sono soprattutto i diritti di libertà dei singoli".
25
Uno dei maggiori effetti della globalizzazione può rinvenirsi proprio nel superamento della concezione della sovranità statale quale espressione di un potere supremo e indipendente. La globalizzazione, infatti, collocando taluni momenti decisionali al di fuori dei confini statuali, tende a ridimensionare i poteri di governo e di
legiferazione delle varie autorità nazionali. Per un’analisi dell'influenza esercitata
Parte Prima
35
rimento di poteri dagli Stati ai mercati”26, tende ad erodere il tradizionale monopolio statuale sui fenomeni economici27, sicchè “i regolatori nazionali cedono il controllo ai mercati globali” (Cassese S.), in
uno scenario in cui la sovranità statale si opacizza e frammenta, ripartendosi su più livelli e tra molteplici attori.
Secondo autorevole dottrina “il mercato non corrisponde più ad un
dalla globalizzazione sui processi economici e sui fenomeni normativi si rinvia a
McGREW A., Globalization/anti-globalization (2002), trad. it. Globalismo e antiglobalismo, II ed., Bologna, 2003. AMATO C.–PONZANELLI G., Global law v.
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ROBERTSON R.–WHITE K.E., La glocalizzazione rivisitata ed elaborata, in Sedda
F. (a cura di) Glocal sul presente a venire, Sassella editore, Roma, 2004.
26
FERRARESE M.R., Le istituzioni della globalizzazione. Diritto e diritti nella
società transnazionale, il Mulino, Bologna, 2000. La globalizzazione produce importanti effetti nella sfera istituzionale da sempre “organizzata intorno al baricentro
statale e alle sue logiche centralizzatrici”. La globalizzazione presuppone e impone
la progressiva riduzione dell’intervento pubblico nell’economia, ossia “meno Stato”
e “più mercato”. Non vi può essere globalizzazione senza un maggiore impegno del
mondo economico privato. In ordine a tali profili si rinvia a STRANGE S., Chi governa l’economia mondiale?, Il Mulino, Bologna, 1998. CAPRIGLIONE F., Etica
della finanza, mercato, globalizzazione, Cacucci, Bari, 2004.
27
AA.VV., Il governo dell’economia tra “crisi dello Stato” e “crisi del mercato”, a cura di Gabriele F., Cacucci, Bari, 2005.
36
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
solo Stato, ma ha carattere tendenzialmente globale”28. Infatti i fenomeni di internazionalizzazione29, uniti all’esaltazione delle libertà economiche, generano “la rottura dei meccanismi di identificazione dei
mercati con gli Stati, a loro volta identificati con le nazioni e la scissione tra Stato, economia e territorio”30. Questi processi inevitabilmente dialogano con le trasformazioni del diritto in genere ed in particolare del diritto pubblico31.
28
CHITI M.P., Diritto amministrativo europeo, IV ed., Giuffrè, Milano, 2011.
29
Sulle ricadute di tali fenomeni negli ordinamenti nazionali, a titolo esemplificativo, OLSEN J.P., The many faces of Europeanization, in Arena working papers,WP 01/2, 2001. LAZAR D., Regulatory interdependence and international
governance, Journal of European public policy, 8, 3, 2001. BOTCHEVA L.–
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30
FERRARESE M.R., Le istituzioni della globalizzazione. Diritto e diritti nella
società transnazionale, op. cit.. Ad avviso dell’autrice “nel mutato rapporto tra politica ed economia, tradizionalmente organizzato dagli Stati e negli Stati, si evidenzia
una cesura significativa rispetto al periodo contrassegnato dalla preminenza assoluta dello Stato. La globalizzazione rappresenta una sorta di fuoriuscita
dell’economia da questo contenitore statale e una tendenziale affermazione della
sua autonomia e autosufficienza rispetto al processo politico”. Inoltre se “nel passato i soggetti erano incardinati in un ordine normativo definito da una propria territorialità che coincideva con quella degli Stati”, attualmente è in atto un rimescolamento di figure, attività e poteri a più livelli. Con riferimento ai rapporti tra territorio, Stato e sovranità si rinvia a AA.VV., Stato ed economia all’inizio del XXI sec., a
cura di Franchini C.–Paganetto L., il Mulino, Bologna, 2002. DI MARTINO A., Il
territorio: dallo Stato–nazione alla globalizzazione. Sfide e prospettive dello Stato
costituzionale aperto, Giuffrè, 2010. SCHMITT C., Il nomos della terra del diritto
internazionale dello "Jus publicum europaeum", a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano, 1991. Schmitt sostiene che si è ormai giunti alla fine del nomos della terra ossia
al disfacimento della sovranità rappresentata dal territorio. LEVI L.–MOSCONI A.,
Globalizzazione e crisi dello Stato sovrano, Celid, Torino, 2005.
31
Secondo ROSSI G., Principi di diritto amministrativo, Giappichelli, Torino,
2010, “il diritto pubblico, di per sé il più esposto alle trasformazioni del contesto
economico, sociale e culturale, è quello più investito dalle evoluzioni connesse allo
sviluppo dell’informatica che ha conferito una diversa dimensione allo spazio e al
tempo, riducendoli o eliminandone la rilevanza. L’economia globale che ne è deri-
Parte Prima
37
La globalizzazione dei mercati scioglie così l’economia dal controllo della politica nazionale32, favorendo un nuovo modello di economia
senza Stati33, orientato verso la possibile dittatura dei potentati economici34. Questo trend in campo economico rappresenta un ciclone in
vata preclude agli Stati la possibilità di governare i flussi finanziari”. Per quanto
concerne l'impatto della globalizzazione sul diritto amministrativo nazionale BATTINI S., L’impatto della globalizzazione sulla pubblica amministrazione e sul diritto
amministrativo: quattro percorsi, in Giorn. dir. amm., 2006, 339. L’Autore sostiene,
in ordine al processo di erosione della sovranità statale, che “il diritto globale non
sempre si accontenta di limitare, attraverso le tecniche e gli istituti del diritto amministrativo, il potere delle autorità domestiche di regolare e amministrare entro il
proprio territorio. Spesso gli accordi internazionali, multilaterali o bilaterali, impongono agli Stati di recepire e di applicare, entro il proprio ordinamento, regole e
decisioni prodotte all’esterno di esso. Talvolta, si tratta di regole approvate da autorità straniere, che penetrano nell’ordinamento statale in base ad accordi ispirati
ai principi di equivalenza e di mutuo riconoscimento. In altri casi, si tratta invece di
regole o standards approvati da autorità globali, impegnate nell’opera di armonizzazione dei sistemi normativi e amministrativi degli Stati”.
32
GALGANO F., La globalizzazione nello specchio del diritto, op. cit.: Per l'autore la globalizzazione dell'economia determina uno spostamento dei centri decisionali "al di fuori dei confini statali, frustrando i poteri di governo e di legiferazione
dei singoli Stati".
33
Sul ruolo marginale degli Stati nell’odierno scenario e sulla affermazione di
nuovi protagonisti si veda CLASTRES P., La società contro lo Stato, Feltrinelli, Milano, 1977. La crisi economico-finanziaria del 2009 segna, però, un’inversione di
tendenza (che solo il tempo dirà se di breve o lunga durata), riproponendo un nuovo
interventismo statale in ambito economico mediante politiche di sostegno a favore di
imprese e istituti bancari in difficoltà. A riguardo CAPUNZO R., Argomenti di diritto pubblico dell’economia, Giuffrè, 2010.
34
Si registra, così, una funzionalità invertita tra Stati e mercati: se un tempo le
regole venivano dettate dagli ordinamenti statali al mercato, attualmente sono i mercati, o meglio le grandi società transnazionali, a condizionare la politica finanziaria
degli Stati. Contra DELLA CANANEA G., I pubblici poteri nello spazio globale, in
Riv. trim. dir. pubbl. n. 1 del 2003, 3, secondo cui “non è vero che gli Stati nazionali
hanno perso le leve del governo dell’economia. Perlomeno, non pochi Stati, anche
nell’epoca della globalizzazione, riescono benissimo a governare le rispettive economie”. Per un approfondimento delle relazioni tra Stato e mercati si vedano in proposito CASSESE S., L’erosione dello Stato: una vicenda irreversibile, in La crisi
dello Stato, Roma–Bari, 2001. PINELLI C.–TREU T. (a cura di), La Costituzione
38
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
grado di travolgere non solo gli Stati ma anche i rispettivi ordinamenti, poichè “l’economia diventa veicolo di significativi mutamenti
nell’area della sovranità e disegna nuovi percorsi per le istituzioni
giuridiche” (Scocozza A).
Le nuove esigenze dei mercati35 incidono anche sulla produzione
giuridica36, favorendo la proliferazione di centri di produzione ultrastatali (non governmental organizations, corporate law firms37, non
State actors38) e di nuovi strumenti normativi (soft law39) attraverso
economica. Italia, Europa, il Mulino, 2010. BUCHANAN J.M., Stato, mercato e
libertà, il Mulino, 2006.
35
CARDI E., Mercati e istituzioni in Italia, II ed., Giappichelli, Torino, 2009.
36
PIZZORUSSO A., La produzione normativa in tempi di globalizzazione,
Giappichelli, Torino, 2008.
37
FREDIANI E., La produzione normativa nella sovranità "orizzontale", op.
cit.: Le corporate law firms sono "organizzazioni di stampo privatistico che, nello
svolgimento di attività di consulenza ed assistenza legale alle diverse imprese operanti sul mercato, finiscono per configurarsi quali autentiche "fabbriche" da cui
scaturisce un nuovo statuto giuridico del mercato medesimo. In altri termini, le law
firms, organizzazioni di assistenza legale in materie altamente specialistiche quali
ad esempio la contrattualistica internazionale, nel prestare la propria attività di
consulenza al mondo dell'imprenditoria, hanno contribuito alla creazione di nuove
(ed atipiche) figure contrattuali le quali, traducendo in termini giuridici schemi e
modalità comportamentali "emersi" in ambito economico, a poco a poco si sono diffusi e "propagati per l'intero planisfero" divenendo, grazie a questa circolazione di
livello internazionale, dei veri e propri modelli contrattuali uniformi peraltro privi
di una loro nazionalità".
38
CLAPHAM A., Human rights obligations of non-State actors, Oup, Oxford,
2006.
39
Sul ruolo della soft law SOMMA A. (a cura di), Soft law e hard law nelle società post-moderne, Giappichelli, Torino, 2009. MOSTACCI E., La soft law nel sistema delle fonti:uno studio comparato, Padova, 2008. DE MINICO G., La soft law:
nostalgie e anticipazioni, in AA.VV., Le nuove istituzioni europee, a cura di Bassanini F.e Tiberi G., Commento al Trattato di Lisbona, Bologna, 2008. STIPO M., Riflessioni storico-critiche sulla scienza giuridica nel prisma delle trasformazioni politico-sociali e sulle prospettive del diritto, op. cit.: Con la locuzione soft law “ci si
riferisce a tutte quelle forme di regolamentazione che non sono frutto di un processo
formale di produzione legislativa ad opera di organi rivestiti della relativa funzione
Parte Prima
39
una progressiva privatizzazione (o quantomeno consensualità) delle
modalità di produzione normativa40. La lex mercatoria è la più tangibile espressione di un "droit sans l'État" (Cohen Tanugi L.), cioè di un
diritto informale elaborato dalla società civile e costituito da una pluralità di "regole che le parti possono validamente scegliere in luogo di
qualsiasi diritto statuale"41.
In un panorama così configurato iniziano ad affermarsi nella seconda metà del XX sec. una serie di organizzazioni sovranazionali con
l'obiettivo di risolvere problematiche economiche che gli Stati individualmente non riescono più ad affrontare in modo soddisfacente. Esse
simboleggiano, infatti, l’estremo tentativo degli apparati statali di recuperare influenza in uno dei settori, quale quello economico, strategici per la propria sovranità42. Le nuove organizzazioni vengono, pertanto, investite di quelle funzioni non più esercitabili adeguatamente a
livello nazionale.
Il presunto antidoto ben presto si rivela un fatale veleno. Invero la
crisi della sovranità statale viene accentuata proprio dall'autonomia e
indipendenza che rapidamente gli organismi internazionali acquisiscono, rifiutando quel ruolo di subalternità che gli Stati hanno cucito
loro indosso. Si assiste, così, alla definitiva mutazione dei caratteri
e si caratterizzano per essere prive di un potere sanzionatorio da parte di organi
pubblici”.
40
AA.VV., Reti di imprese tra regolazione e norme sociali. Nuove sfide per diritto ed economia, a cura di Cafaggi F., il Mulino, 2004. ARCURI A.–PARDOLESI
R., voce Analisi economica del diritto, in Enc. dir., Milano, 2002, 7. BIN R., Lo Stato di diritto, il Mulino, 2004, secondo cui “si è formato un diritto transnazionale
privo di appartenenze territoriali e di sovrani, fatto di accordi, prassi, usi, commerciali e scelte operate nei grandi contratti internazionali, che poi si propongono come modelli generali per gli altri operatori”.
41
42
GALGANO F., La globalizzazione nello specchio del diritto, op. cit..
NUGENT N., Governo e politiche dell’Unione europea, (London, 1994), Bologna, 1995. L’autore rileva come, a livello internazionale prima e comunitario poi,
si assista ad un paradosso: gli Stati riducono volontariamente il proprio potere in
certi settori allo scopo di accrescerlo, di realizzare ugualmente i propri obiettivi, anche se insieme ad altri Stati.
40
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
della sovranità statuale che, da valore assoluto43 e onnicomprensivo, si
trasforma in un concetto relativo44 e circoscritto, in virtù di un processo di erosione a livello sia interno sia sovranazionale45.
Difatti “con l’affermarsi di una comunità internazionale segnata
da una fitta rete di rapporti in cui gli Stati sono solo una parte dei
soggetti rilevanti, la tradizionale nozione di sovranità, come indipendenza dagli altri Stati, si pone in modo nuovo, partecipando ogni Stato a molteplici organizzazioni che determinano la forma attuale della
sovranità come sovranità condivisa”46.
Al diritto statale viene a giustapporsi progressivamente un diritto di
matrice sovranazionale, che concorre alla nascita di un ordinamento
giuridico sempre più comune e globale, capace di mettere in rete principi e valori condivisi47.
43
In argomento si rinvia al fondamentale contributo di BODIN J., Les six livres
de la République (1576), ried. dell’ed. Paris 1583, Darmstadt-Aalen, 1977. L'autore
considera la sovranità perpetua, assoluta e indivisibile.
44
In tempi moderni la dottrina maggioritaria propende per la natura relativa del
concetto di sovranità. Una voce fuori dal coro è quella di MORTATI C., Istituzioni
di diritto pubblico, VI ed., Padova, 1976 secondo il quale “la sovranità è un concetto non relativo, ma assoluto: o c’è o non c’è”.
45
La statualità, tradizionalmente chiusa e autoreferenziale, si trasforma in un
modello aperto proiettato in una dimensione sovranazionale, caratterizzata da una
pluralità di ordinamenti. A riguardo GIANNINI M.S., Il pubblico potere. Stati e
amministrazioni pubbliche, il Mulino, 1986, afferma che “lo Stato-ente non è più il
solo pubblico potere, dominante su una serie di enti minori diretti e controllati, ma è
uno dei pubblici poteri esistenti, condizionato da altri pubblici poteri, alcuni di livello superiore, altri di livello interno”. Nonostante tali considerazioni, che sembrerebbero deporre in favore delle organizzazioni sovranazionali fra cui la Comunità
europea, Giannini è tendenzialmente euroscettico. Egli non coglie in pieno le enormi
potenzialità di sviluppo del sistema europeo, rimanendo influenzato da una visione
statocentrica dei pubblici poteri, sia pure rinnovata ed evoluta rispetto alle concezioni del passato. Si pensi che nelle Istituzioni di diritto amministrativo del 1981 solo
nove pagine sono dedicate dall'autore all’ordinamento comunitario.
46
47
CHITI M.P., Diritto amministrativo europeo, op. cit..
TEUBNER G. (a cura di), Global law without a State, Aldershot, Dartmouth,
1998. LIPPI A., Il policy making europeo come “rete”, in Predieri A., Morisi M.(a
Parte Prima
41
In un palcoscenico europeo caratterizzato dalla presenza di plurimi
ordinamenti giuridici48, aventi ciascuno tra i propri principi l’apertura
cura di), L’Europa delle reti, Torino, 2001. BECK U.-GRANDE E., Das kosmopolitische Europa. Gesellschaft und politik in der Zweiten moderne (2004), trad. it.
L’Europa cosmopolita. Società e politica nella seconda modernità, Carocci, Roma,
2006. CASSESE S., Paradossi del diritto amministrativo, in Il diritto amministrativo: Storie e prospettive, Giuffrè, Milano, 2010: "Gli ordini nazionali, tradizionalmente chiusi l’uno all’altro, non solo sono divenuti permeabili rispetto ad ordini più
vasti (europeo, globale), ma sono anche divenuti reciprocamente porosi, consentendo scambi, trapianti, importazioni ed esportazioni, imitazioni, adattamenti reciproci, convergenze, interpenetrazioni, sviluppi paralleli, dialogo, apprendimento comune".
48
CASSESE S., Gli Stati nella rete internazionale dei poteri pubblici, in Riv.
trim. dir. pubbl. 1999, 321. L'autore, ritiene che “il mondo fino al XIX sec. affollato
dagli Stati, è ormai pieno di ordinamenti ultrastatali, e che gli Stati hanno perduto
quella esclusività che era una volta loro propria". Pertanto gli Stati "non presentano
più barriere insormontabili". Il primo studio approfondito e completo sulla pluralità
degli ordinamenti giuridici (statuali, infrastatuali e ultrastatuali) si deve a ROMANO
S., L’ordinamento giuridico, (I ed. 1918, II ed. 1946) Sansoni nuova biblioteca, Firenze, 1977. L'autore considera in via di superamento la visione tipica del liberalismo ottocentesco secondo la quale l’ordinamento statuale sarebbe l’unico vero ordinamento al quale tutti gli altri devono ricondursi, rimanendo alle dipendenze del
primo, peraltro libero di riconoscerli o meno. In tema si rinvia anche ai contributi di
ORLANDO V.E., I presupposti giuridici di una federazione di Stati: nota in studi di
diritto pubblico in onore di Oreste Ranelletti, Cedam, Padova, 1930. CAMMARATA A.E., Il concetto di diritto e la pluralità degli ordinamenti giuridici, Catania,
1926, ora in Formalismo e sapere giuridico, Milano, 1963. CESARINI SFORZA
W., voce Ordinamenti giuridici (pluralità degli), in Noviss. dig. it., vol. XII, Torino,
1965, 1. PIZZORUSSO A., Pluralità degli ordinamenti giuridici e sistema delle fonti del diritto, in Labriola S. (a cura di), Valori e principi del regime repubblicano, 3,
legalità e garanzie, Laterza, Roma–Bari, 2006. BARILLARI M., Considerazioni
sulla dottrina dell’ordinamento giuridico, in Scritti giuridici in onore di Santi Romano, I, Padova, 1940. PIOVANI P., Normativismo e società, Napoli, 1949. GUELI, La pluralità degli ordinamenti giuridici e condizioni della loro consistenza, Milano, 1949. CAPOGRASSI G., Note sulla molteplicità degli ordinamenti giuridici,
in Opere, IV, Milano, 1959, 181. LAMBERTI A., Gli ordinamenti giuridici: unità e
pluralità, Salerno, 1980, 148. BOBBIO N., Teoria dell’ordinamento giuridico, Torino, 1960. MENEGHELLI R., Validità giuridica nel normativismo e
nell’istituzionalismo, in Dir. e soc., 1991. GIANNINI M.S., Sulla pluralità degli ordinamenti giuridici, ora in Id., Scritti, vol. III, Milano, 2003. MANFREDI G., Plura-
42
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
all’altro, si collocano le Comunità europee prima e l’Unione49 poi. In
un rinnovato ambiente culturale le tradizionali contrapposizioni tra ordinamenti vengono superate dal processo di integrazione50, che genera
un nuovo “ordine giuridicamente policentrico, plurisistemico e multistatuale”51. Infatti, “degli ordinamenti giuridici l’UE possiede tutti gli
elementi: normazione, plurisoggettività ed organizzazione”52.
lità degli ordinamenti e tutela giurisdizionale. I rapporti tra giustizia sportiva e giustizia statale, Giappichelli, 2007. PASSERIN D’ENTREVES A., La dottrina dello
Stato. Elementi di analisi e di interpretazione, III ed., Giappichelli, 2009. AMBROSINI G., La pluralità negli ordinamenti giuridici nella Costituzione italiana, in AA.VV., Studi in onore di G. Chiarelli, Milano, 1973, I, 5.
49
BIN R.–CARETTI P., Profili costituzionali dell’Unione europea, il Mulino,
Bologna, 2008. TOUSCOZ J., La constitution de l'Union Européenne, Bruylant,
Bruxelles, 2002.
50
TORCHIA L., Concorrenza fra ordinamenti e diritto amministrativo
nell’ordinamento europeo, in La concorrenza tra ordinamenti giuridici a cura di
Zoppini A., Laterza, 2004. Per l’autrice la dimensione del processo di integrazione
comunitaria non è riconducibile nelle “tradizionali costruzioni di stampo statualistico e internazionalistico, ma richiede, invece, nuovi schemi e nuove chiavi di lettura.
A questa esigenza risponde anche la (ri)scoperta della teoria della pluralità degli
ordinamenti, non più nella versione impoverita dei rapporti tra ordinamenti statali
separati, ma nella versione più ricca e complessa della moltiplicazione delle forme
di reciproca rilevanza, che consente di esplorare ed analizzare il nuovo ordinamento europeo non solo per contrasto con il paradigma dell’ordinamento statale, ma
piuttosto come un’esperienza giuridica con caratteri propri, che richiede apposite
categorie”. I rapporti tra ordinamenti non sono più governati, come un tempo, dai
principi di separatezza ed esclusività. Oggi i vari ordinamenti si intrecciano e si influenzano continuamente, recependo l'uno gli elementi dell'altro. Si segnalano, altresì, i contributi di CASSESE S., Crisi e trasformazioni del diritto amministrativo, in
Gior. dir. amm., 1996, 872. Per Cassese il diritto amministrativo sta smarrendo inesorabilmente i caratteri tipici della statualità per catapultarsi in un’area di influenza
più estesa sulla quale (e nella quale) insistono plurimi diritti e ordinamenti giuridici
concorrenti. REICH N., Competition between legal Orders: a new Paradigm of EC
law, in Common Market Law Review, 1992, 861.
51
MacCORMICK N., La sovranità in discussione. Diritto, Stato e nazione nel
“Commonwealth” europeo, op. cit..
52
PICOZZA E., Diritto amministrativo e diritto comunitario, II ed., Giappichelli, Torino, 2004.
Parte Prima
43
Con i Trattati di Parigi (1951) e Roma (1957), alcuni Paesi europei,
con l’auspicio di risolvere le diatribe internazionali non più con metodi militari, bensì sul piano giuridico-politico, rinunciano a cospicue
porzioni della propria sovranità53 in favore delle Comunità europee
per il conseguimento di obiettivi inizialmente economici ed in seguito
sociali e politici54.
Viene in questo modo a realizzarsi a livello europeo un'integrazione sempre più stretta tra ordinamenti nazionali e ordinamento comunitario55.
53
Sulla base dell’art. 11 della Costituzione l’Italia “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento
che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”. Per una riflessione di carattere generale PATRONO M., Cessioni di sovranità e unificazione europea, in Labriola S.
(a cura di), Valori e principi del regime repubblicano, I, Sovranità e democrazia,
Roma, 2006. TONIATTI R., Forma di Stato comunitario, sovranità e principio di
sovranazionalità: Una difficile sintesi, in Dir. pubbl. comp. eur., n. 3 del 2003.
54
Con il Trattato di Maastricht (1992) si delinea nettamente il passaggio da una
Comunità economica ad un’Unione politica, concretizzando così il sogno schumaniano di una “Comunità più ampia e piu profonda”. Sulle finalità che le Comunità
avrebbero dovuto perseguire nel corso degli anni secondo la lucida previsione di Altiero Spinelli si veda AA.VV, “Altiero Spinelli: Il pensiero e l’azione per la federazione europea”, Atti del Convegno, Torino, 6-7 dicembre 2007, Giuffrè, 2010. Oggigiorno la condizione di sovranità limitata dei Paesi membri, per l’accresciuto numero di competenze dell’Unione europea, prefigura l'avvento di quel sistema politico federale sognato da Spinelli. In tema anche DELLA CANANEA G., Unione europea. Un ordinamento composito, Laterza, Bari, 2003. Per una ricostruzione storica
e diacronica dell’evoluzione del sistema europeo delle Comunità si legga MAMMARELLA G.–CACACE P., Storia e politica dell’Unione europea, Laterza, Roma–Bari, 2005.
55
Sul rapporto tra integrazione comunitaria e sovranità nazionale SILVESTRI
G., Il problema della sovranità nello Stato pluriclasse, in Silvestri G., Lo Stato senza principe, Torino, 2005: L’integrazione comunitaria ha distribuito la “sovranità
(...) su un’area più vasta, tra soggetti appartenenti ad ordinamenti diversi, ma strettamente integrati”, sicchè essa in via esclusiva “non appartiene né agli Stati né
all’Unione, ma ad un continuum ordinamentale molto difficile da identificare con un
centro politico ed istituzionale”. Tra i vari contributi allo studio del processo di integrazione europea CHIEFFI L., Il processo di integrazione europea tra crisi di identità e prospettive di ripresa, Atti del convegno di Santa Maria Capua Vetere 17-18
44
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Il fondamento normativo dell’appartenza dell’Italia alle organizzazioni internazionali in genere, e in particolare alle Comunità europee,
si rinviene nell’art. 11 Cost., definito da Calamandrei “la più alta finestra dalla quale si riesce a intravedere, laggiù, quando il cielo non è
nuvoloso, qualcosa che potrebb’essere gli Stati uniti d’Europa e del
Mondo”56.
La Comunità europea (oggi Unione europea) si delinea come un
ordinamento sui generis, inquadrato negli ordinamenti nazionali e costruito intorno ai Trattati, ai principi generali, nonchè agli atti di diritto
derivato.
Si è al cospetto di un ordinamento complesso ma al tempo stesso
incompleto che seguendo “la politica dei piccoli passi” si è evoluto in
modo costante e graduale57, compenetrandosi sempre più con i sistemi
giuridici statali. L’Europa ha così lentamente intrapreso la strada verso
la costruzione di quell'ideale diritto comune europeo sognato da
Schmitt58.
maggio 2007, Giappichelli, 2009. PANELLA L.–ZANGHÌ C. (a cura di), 50 anni di
integrazione europea. Riflessioni e prospettive. Messina 29-30 giugno 2007, Giappichelli, 2010. LOUIS J.V., L’ordinamento giuridico comunitario, III ed., Bruxelles,
1989. WEILER J.–CARTABIA M., L’Italia in Europa. Profili istituzionali e costituzionali, il Mulino, Bologna, 2000. ROSAMOND B., Theories of European Integration, Macmillan Press, Basingstoke, 2000.
56
Si tratta di un’espressione pronunciata da Piero Calamandrei nel 1950 tesa a
profetizzare, con grande lungimiranza, i futuri scenari internazionali che di lì a qualche anno avrebbero coinvolto l’Italia e l’Europa. Calamandrei è profeta della nascita
della CEE e dei suoi sviluppi, nonché del graduale ma inesorabile processo di integrazione economica, giuridica e politica degli Stati europei. L’art. 11 Cost. è stato
per decenni l’unica disposizione in grado di giustificare l’apertura dell’ordinamento
italiano all’ordinamento europeo. La disposizione in esame è attualmente valorizzata
e completata dall’art. 117 Cost., come novellato dalla riforma del Titolo V del 2001.
57
VACCA M., La costruzione dell'ordinamento giuridico comunitario ed i Paesi
membri, Giuffrè, Milano, 1996.
58
SCHMITT C., Die lage der europäischen Rechtswissenschaft (1943-1944),
trad. it. La condizione della scienza giuridica europea, op. cit..
Parte Prima
45
1.3. La Comunità europea e il suo diritto. Le ricadute della normativa e dei principi comunitari sugli ordinamenti amministrativi statuali
A differenza delle comuni organizzazioni internazionali, la Comunità europea (oggi Unione) si rivolge non solo agli Stati ma anche ai
singoli, persone fisiche e giuridiche, quali diretti destinatari degli obblighi e dei diritti comunitari59. Ed in ciò risiede la grande novità
dell'ordinamento europeo: le situazione soggettive individuali emergono dagli abissi degli ordinamenti nazionali per ricevere tutela direttamente dalle regole e dai principi comunitari.
Da un punto di vista strutturale, il sistema giuridico dell'Unione si
articola in una pluralità di norme inserite e integrate negli apparati nazionali60 secondo i principi del primato61, della diretta applicabilità e
59
Tra i molteplici contributi TRABUCCHI A., L’Europa e l’unità del diritto, in
Cian-Pescara (a cura di), Cinquant’anni nell’esperienza giuridica, Scritti di A. Trabucchi, Padova, 1988.
60
Per una disamina dei rapporti tra Unione europea e sistemi nazionali KRITZINGER S., La legittimità dell'Unione europea: L'influsso del contesto nazionale
e le ripercussioni sullo Stato nazionale, Cires, Firenze, 2002.
61
Il principio del primato del diritto comunitario ha un fondamento diretto nei
Trattati (art. 4 TUE e art. 267 TFUE). In dottrina PIVA P., Giudice nazionale e diritto dell’Unione europea, Napoli, 2008. PORCHIA O., Principi dell’ordinamento europeo. La cooperazione pluridirezionale, Zanichelli, Bologna, 2008. Secondo
l’autrice “il diritto comunitario gode del primato sulle norme interne, sia precedenti
che successive e quale sia il loro rango ancorchè costituzionale. La prevalenza
comporta che la norma interna contrastante non possa essere applicata, o come
normalmente viene detto, debba essere disapplicata in maniera tale da consentire
alla disposizione comunitaria di regolare la fattispecie”. VON BOGDANDY A., I
principi fondamentali dell'Unione europea, trad. it. di Astrid Zei, Editoriale scientifica, 2011: "Il primato del diritto comunitario attiene all'applicazione e non alla validità del diritto. Nella decisione di non negare la validità di una norma statale che
confligge con il diritto comunitario e di limitare l'effetto del primato alla sola disapplicazione di tale norma, c'è già un importante elemento di pluralismo che prende forma. Certo, l'effetto del primato dell'applicazione sarà spesso simile a quello di
un primato della validità, ma la differenza simbolica è enorme (...)". Con riferimen-
46
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
dell’effetto diretto62. Principi che valorizzano i singoli e le situazioni
giuridiche soggettive di matrice comunitaria63, ma anche di fonte nato al primato del diritto comunitario sulle norme nazionali in giurisprudenza, ex plurimis, Cgce, 13 febbraio 1969, in causa C-14/68, Wilhelm, in Racc. 1969. Cgce, 17
dicembre 1970, in causa C-11/70, Internationale Handelsgesellschaft, in Racc.
1970, 1125. Cgce, 17 dicembre 1989 in cause riunite C-97-99/87, Dow Chemical
Iberica, in Racc. 1989, 3165.
62
Tra i principali contributi si segnalano DUMON F., La notion de disposition
directement applicable en droit européen, in CDE 1968, 369. BEBR G., Les dispositions de droit européen directement applicable, in CDE, 1970, 3. CONSTANTINESCO J., L’applicabilité direct dans le droit de la Cee, Paris, 1970. PIVA P.,
Giudice nazionale e diritto dell’Unione europea, op. cit.. DE WITTE B., Direct effect, Supremacy and the nature of the legal order, in Craig-De Burca, The evolution
of EU law, Oxford, 1999. ELEFTHERIDIS The direct effect of Community law:
Conceptual issues, in Year book of European law, 1996. In giurisprudenza di storica
importanza Cgce, 9 marzo 1978, in causa C-106/77, Simmenthal, in Racc. 1978. Sulla differenza tra la nozione di effetti diretti e applicabilità diretta TESAURO G., Diritto dell’Unione europea, VI ed., Cedam, Padova, 2010. In argomento anche
DASHWOOD, The relationship between the members States and the European Union/European Community, Common Market Law Review, 2004. OJANEN T., The
changing concept of direct effect of European Community law, Revue Européen
Droit Public, 2000, 1253. WEILER J.-CARTABIA M., L’Italia in Europa, Profili
istituzionali e costituzionali, op. cit.
63
AMADEO S., Norme comunitarie, posizioni giuridiche soggettive e giudizi interni, Giuffrè, Milano, 2002: "La valorizzazione delle posizioni giuridiche soggettive
di cui i privati sono titolari, e la progressiva estensione degli strumenti comunitari
di tutela sostanziale e processuale a loro disposizione, si traducono in altrettante
possibilità di attuazione decentrata del risultato voluto dalle norme comunitarie,
ovvero, di altrettante sanzioni dei comportamenti difformi dei soggetti pubblici e
privati in foro interno". In particolare "dal punto di vista del singolo, il principio del
primato implica che la situazione giuridica, quale risulta disciplinata direttamente
dal diritto comunitario, sia resa insensibile agli effetti del diritto interno incompatibile: nel duplice senso che il diritto interno non può modificare o negare una posizione giuridica soggettiva favorevole per il singolo e, inversamente, che questi non
può richiamarsi al modo di essere del diritto interno, o a fortiori ai vincoli previsti
da atti di autonomia privata, per sottrarsi ad un obbligo impostogli dal diritto comunitario direttamente efficace. Siffatta immunità delle situazioni giuridiche comunitarie dai condizionamenti del diritto interno, che spetta al giudice nazionale garantire, vale a prescindere dalla tipologia e dalla forza formale delle fonti interne
nelle quali la norma confliggente è contenuta".
Parte Prima
47
zionale.
Agli albori la CEE agisce secondo un approccio funzionalista64,
muovendo dalla soluzione di problemi concreti e specifici per poi risalire alle questioni di ordine generale. Lungo un percorso di crescita
progressiva di poteri e competenze, oggi “l’Unione europea sopravanza qualsiasi altro potere pubblico ultrastatuale”65, in quanto
l’ordinamento comunitario viene ad innestarsi negli ordinamenti dei
Paesi membri con un elevato grado di pervasività a tutti i livelli.
L’ordinamento italiano, complessivamente inteso, si è progressivamente adeguato, sia pure dopo pervicaci resistenze, alla forza impositivo-conformativa del diritto comunitario, cui gli organi nazionali
hanno il dovere di assicurare effettività sul piano interno66.
Il processo di integrazione europea ha, infatti, portata trasversale, in
quanto idoneo a scavare gli ordinamenti statali67 sia sul piano norma64
HAAS E.B., The Uniting of Europe, political, social and economic forces,
1950–1957, Stanford University Press, Stanford, 1958. ROSAMOND B., The Uniting of Europe and the Foundation of EU studies: revisiting the Neofunctionalism of
Ernest. B. Haas, in Journal of European Public Policy, 12, 2005.
65
DELLA CANANEA G. (a cura di), Diritto amministrativo europeo. Principi e
istituti, III ed., in Corso di diritto amministrativo, diretto da S. Cassese, Giuffrè, Milano, 2011.
66
CARBONE S.M., Principio di effettività e diritto comunitario, Editoriale
scientifica, 2009. L’effetto utile del diritto comunitario risulterebbe vanificato ove il
giudice non potesse applicare direttamente le norme dell'ordinamento comunitario,
privando contestualmente di efficacia le disposizioni interne con esso confliggenti.
67
In relazione al fenomeno di erosione dei sistemi giuridici nazionali ad opera
del diritto comunitario si rinvia a GIACCHETTI S., Profili problematici della cosiddetta illegittimità comunitaria, in www.giustamm.it, secondo cui “i Trattati di
Roma hanno costituito delle gallerie in durissimo cemento attraverso le quali le
norme comunitarie, come un esercito di térmiti, sono penetrate nell’ordinamento
nazionale e lo stanno progressivamente svuotando. Per fortuna, a differenza di quello che accade in una casa in legno, le norme comunitarie non si limitano a distruggere ma costruiscono dall’interno un loro sistema che viene gradualmente a sostituire quello nazionale: non c’è il pericolo che tutto crolli all’improvviso. Ma c’è sempre l’effetto della continua, inarrestabile e tendenzialmente irreversibile erosione
dell’ordinamento nazionale”.
48
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
tivo che su quello amministrativo, plasmandone la fisionomia ai valori
e alle libertà comunitari, senza peraltro stravolgere le singole identità
nazionali. In particolare “l’integrazione europea determina una diffusione di valori, principi ed istituti attraverso un meccanismo di diversità nella comunanza e, cioè, mediante il ricorso a paradigmi comuni,
che assumono fisionomia e connotazioni più o meno diverse a seconda
dell’ambiente giuridico nel quale si trovano ad operare” (Sandulli
A.). E sono proprio i principi comunitari, in special modo quelli di
proporzionalità, giusto procedimento, legittimo affidamento, effettività della tutela giurisdizionale ad esaltare le libertà del cittadino nel
rapporto con i pubblici poteri.
Il diritto amministrativo, sin dal XIX sec. espressione dell'autorità
statuale68, è investito da uno tsunami che ne modifica i tratti somatici.
Il diritto nazionale è ormai “solo una parte del diritto amministrativo
vigente nei vari Paesi” (europei), ad esso affiancandosi “un vastissimo
corpo di diritto comunitario scritto e giurisprudenziale”69. Vero è che
68
CASSESE S., Il diritto amministrativo e i suoi principi, in Istituzioni di diritto
amministrativo, a cura di S. Cassese, Giuffré, Milano 2004. Secondo l’autore il diritto amministrativo nasce all’inizio dell’Ottocento da una frattura del diritto comune e
si afferma come diritto chiuso, disciplinato da atti giuridici prettamente nazionali ed
in particolar modo dalla legge. Esso viene a strutturarsi come corpus normativo
strettamente legato al concetto di sovranità e fortemente condizionato dagli sviluppi
del diritto statuale. Il diritto amministrativo si muove, quindi, per molto tempo in
una visione prettamente statocentrica, avallata dalla migliore dottrina del XIX e del
XX sec. (Mayer O., Romano S., Forsthoff E., Giannini M.S.). Id., Tendenze e problemi del diritto amministrativo, in Riv, trim. dir. pubbl., n. 4 del 2004, 901. Per
Cassese oggigiorno si appalesa agli occhi del giurista una realtà completamente rinnovata in cui “Stato e diritto amministrativo si presentano (in parte) dissociati. Il
secondo ha perduto il suo esclusivo ancoraggio statale. Si è sviluppato un diritto
amministrativo oltre lo Stato”. Ciò a causa dei profondi cambiamenti in atto. In primo luogo la “de-nazionalizzazione del diritto amministrativo: questo si espande oltre lo Stato, si impadronisce del diritto internazionale, divenendone una componente
essenziale, influenza dall’esterno i diritti amministrativi domestici”. In secondo luogo si registra la “convergenza dei diritti amministrativi nazionali, che si accompagna a nuove divergenze e fratture tra questi”.
69
CHITI M.P., voce Diritto amministrativo comparato, in Diz. dir. pubbl., diretto da S. Cassese, vol. III, Giuffré, Milano, 2006.
Parte Prima
49
in passato anche la comparazione ha contribuito alle elaborazioni della
scienza amministrativa dei vari Stati70, ma l’irruzione sulla scena dei
principi comunitari ha segnato un decisivo cambio di paradigma, attivando un cammino di convergenza e avvicinamento senza precedenti
dei principali sistemi amministrativi europei71. In questo modo “i mo70
La comparazione è oggi considerata il motore principale delle riforme amministrative e la leva che determina la convergenza e l'avvicinamento delle legislazioni
nazionali. L’uso della comparazione non era, comunque, sconosciuto in passato a
vari autori delle scuole nazionali di diritto pubblico. Si pensi agli studi di CAMMEO
F., Corso di diritto amministrativo, 1914, Cedam, Padova, ristampa, 1960 sul diritto
amministrativo dei Paesi di common law oppure alle opere di diritto comparato di
alcuni giuristi stranieri come GOODNOW F.J., Comparative Administrative Law,
New York and London, 1893, in J. Rivero, Cour de Droit Administratif Comparé
(1954-55), Paris, 1957. Ma in generale si è trattato di voci isolate poiché a segnare
gli sviluppi dei diritti amministrativi nazionali è stata in particolare la prospettiva
statocentrica impermeabile agli elementi di novità di matrice estera. Sul ruolo della
comparazione, oggi, nello studio del diritto amministrativo CHITI M.P., voce Diritto amministrativo comparato, op. cit.. MOCCIA L., Comparazione giuridica e diritto europeo, Giuffrè, 2005. AA.VV., Diritto amministrativo comparato, a cura di
Napolitano G., Giuffrè, Milano, 2007. DELLA CANANEA G., La comparazione
dei diritti amministrativi nazionali nell'Unione europea, in Dir. amm. eu. comp., n.
6 del 2005. MARKESINIS B., Il metodo della comparazione, Giuffrè, Milano,
2004. D’ALBERTI M., Diritto amministrativo comparato, il Mulino, Bologna,
1992. FROMONT M., Droit Administratif des États européens, Paris, 2006. In ordine all'influenza esercitata dal diritto comunitario sugli ordinamenti nazionali
SCHWARZE J., European administrative law, II ed., Sweet and Maxwell, London,
2006. MARCOU G. (a cura di), Les mutations du droit de l’administration en Europe, Paris, 1995. FRACCHIA F., Diritto comunitario e sviluppo del diritto amministrativo, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2007, 5, 1142. SCIULLO G., L’impatto del
diritto comunitario sul diritto amministrativo, in www.giustamm.it.
71
CASSESE S., Il problema della convergenza dei diritti amministrativi: verso
un modello amministrativo europeo?, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 2, 1992, 467.
Secondo l’autore il diritto amministrativo europeo “produce una convergenza dei
diritti amministrativi nazionali dell’area europea verso un diritto amministrativo
comune, frutto di uno scambio reciproco tra i diversi Paesi”. VALAGUZZA S., La
frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione europea, Giuffrè, Milano, 2008: "Peraltro tale convergenza procura un effetto virtuoso
sugli istituti degli ordinamenti nazionali portando alla prevalenza le soluzioni giuridiche maggiormente efficienti dal punto di vista della tutela del cittadino ed efficaci
50
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
delli nazionali si indirizzano in modo centripeto verso istituti e soluzioni giuridiche similari” (Chiti M.P.).
Il diritto amministrativo oltrepassa, così, gli angusti confini nazionali per europeizzarsi72, globalizzarsi73 e mettersi in rete.
dal punto di vista dell'azione pubblica". In tema anche MELLERAY F., L’imitation
de modèles étrangers en droit administratif français, in Ajda, 2004, 21. BELL J.,
Convergences and Divergences in European Administrative Law, in Riv. it. dir.
pubbl. com., 1993. DE QUADROS F., A nova dimensão do direito administrativo,
Coimbra, 1999. SCHWARZE J., The convergence of administrative law of the EU
member States, in EPL, 1998, 191. LEGRAND P., Uniformità, tradizioni giuridiche
e limiti di diritto, in Pol. dir., 1997, 3. KLEIN E., L’influenza del diritto comunitario
sul diritto amministrativo degli Stati membri, op. cit.. D’ALBERTI M., Regole e rimedi: Convergenze tra i diritti amministrativi d’Europa, in Riv. trim. dir. pubbl.,
1992. AA.VV., La convergenza dei diritti amministrativi in Europa: Atti incontro di
studio, Roma, Palazzo Spada, 13 giugno 2000, Giuffrè, Milano, 2002.
72
Sulla nascita di un diritto amministrativo europeo, senza pretese di completezza, NIETO GARRIDO E.-MARTÍN DELGADO I., Derecho administrativo europeo en el Tratado de Lisboa, Madrid, 2010. CRAIG P., EU administrative law, op.
cit.. SCHWARZE J., European administrative law, op. cit.. FALCON G., Tendenze
del diritto amministrativo e dei diritti amministrativi nell'Unione europea, in Dir.
amm. eu. comp., n. 7 del 2005. GONZALES S.-VARAS IBÁÑEZ, El derecho administrativo europeo, Sevilla, 2000.
73
GRECO R., Il diritto amministrativo europeo dopo il Trattato di Lisbona, in
www.giustizia-amministrativa.it, 2011. Secondo l'autore l'espressione diritto amministrativo europeo fa riferimento a "due realtà ontologicamente diverse: da un lato,
al complesso delle norme che disciplinano l’esercizio della funzione amministrativa
all’interno dell’Unione europea; dall’altro, a un complesso di norme–effettivamente
esistente ovvero ipotizzato e/o auspicato–che, per effetto dell’incidenza del diritto
europeo, abbia “omogeneizzato” la disciplina del diritto amministrativo dei singoli
Stati membri. Con riguardo a quest’ultimo fenomeno, è forse preferibile usare la
formula della “europeizzazione” del diritto amministrativo, dal momento che si
tratta di un processo tuttora in fieri e che è ben lungi dall’aver portato a un assetto
stabile". Sulla nascita di un diritto amministrativo globale si rinvia a CHITI E.MATTARELLA B.G., Global administrative law and UE administrative law: relationships, legal issues and comparison, Heidelberg, Springer, 2011. KINGSBURY
B.–STEWART R.B.–KRISCH N., The emergence of global administrative law, IILJ
Working paper n. 1 del 2004, ora anche in Law and contemporary problems, 68, n.
3-4 del 2005, 15. AMAN A.C. Jr., The limits of Globalization and the future of administrative law: from government to governance, in Indiana journal of global legal
Parte Prima
51
La globalizzazione del diritto e dell’economia inietta valori unificanti in ogni ordinamento statale capaci di spostarne il baricentro da
una dimensione domestica ad una globale74, omogeneizzando impianti
giuridici di civil law e di common law.
Le culture giuridiche dei diversi Paesi Ue si aprono ad innesti e trapianti di principi, istituti e regole, in un continuo processo di “crossfertilization”75 che arricchisce tanto i sistemi giuridici nazionali quanto l’ordinamento comunitario76.
studies, 8, n. 2 del 2001. BATTINI S., Le due anime del diritto amministrativo globale, in AA.VV., Il diritto amministrativo oltre i confini, Milano, 2008. CASINI L.,
voce Diritto amministrativo globale, in Diz. dir. pubbl., diretto da S. Cassese, Giuffré, Milano, 2006. FALCON G. (a cura di), Il diritto amministrativo dei paesi europei tra omogeneizzazioni e diversità culturali, Cedam, Padova, 2005. CASSESE S.,
Il diritto amministrativo globale: una introduzione, in Riv. trim. dir. pubbl., II, 2005.
STEWART R.B., Il diritto amministrativo globale, in Riv. trim. dir. pubbl., III,
2005. D’ALBERTI M., Gli studi di diritto amministrativo: continuità e cesure tra
primo e secondo Novecento, in Riv. trim. dir. pubbl., 2001. Contra HARLOW C.,
Global administrative law: The quest for principles and values, in European Journal
of International Law, 17, 2006, 168, il quale non crede alla possibilità di individuare
principi amministrativi globali. Ritenendo le regole e i limiti dell’azione dei pubblici
poteri intimamente connessi con le culture nazionali, l’autore è scettico in ordine alla configurabilità di principi generali di diritto amministrativo oltre gli Stati.
74
DOMINGO R., The new global law, Cambridge University Press, 2010.
CASSESE S., Oltre lo Stato, Laterza, Roma-Bari, 2006. LA PORTA U., Globalizzazione e diritto: regole giuridiche e norme di legge nell'economia globale: un saggio sulla libertà di scambio e sui suoi limiti, Liguori, Napoli, 2005.
75
L’espressione è utilizzata per indicare il processo-attualmente in atto-di europeizzazione dei diritti nazionali e di osmosi reciproca tra ordinamenti interni e ordinamento comunitario. La nozione di cross-fertilization è stata analizzata in un importante convegno tenutosi al St. John college di Cambridge nel 1997. I contributi
dei partecipanti sono stati raccolti da Beatson J. e Tridimas T., nel volume collettaneo New directions in European public law, Oxford, 1998. In particolare si segnalano le relazioni di Bell J., Mechanisms for cross-fertilization of administrative law.
Torchia L., Devolpments in italian administrative law through cross-fertilization.
76
Con riferimento all'ordinamento amministrativo italiano TORCHIA L. Diritto
amministrativo nazionale e diritto comunitario: sviluppi recenti del processo di ibridazione, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1998. VACCA M., L’integrazione
dell’ordinamento comunitario con il diritto degli Stati membri e con i principi gene-
52
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
In particolare i principi si caratterizzano per una circolarità che li fa
nascere negli ordinamenti interni, mutare ed evolversi a livello comunitario per poi ridiscendere con elementi nuovi nei singoli Stati (feedback effect)77. I vari sistemi giuridici divengono, così, contemporaneamente punto d’origine e d’arrivo dei principi78, ma soprattutto si qualificano come laboratorio di una normativa comune, nazionale e comunitaria, tesa a ridimensionare l'autorità pubblica a vantaggio delle
libertà private. Il diritto amministrativo vive, pertanto, una dimensione
sempre più europea79. Mentre in passato costituiva il precipitato della
statualità e delle tradizioni giuridiche nazionali, oggi, il diritto amministrativo “si apre all’influenza di altri sistemi e soprattutto si omogeneizza (...) quale parte di un sistema giuridico più vasto ed integrato”80.
Si tratta, dunque, di un diritto dell’integrazione, in quanto essenziale momento del processo di simbiosi tra Stati e popolazioni in atto a
livello europeo. Un'integrazione che non si traduce in una uniformazione tout court degli ordinamenti statuali, ma si connota quale fenomeno di unità nella diversità (unity in diversity), consentendo alle autorità nazionali margini di diversificazione delle politiche normative81,
rali di diritto, op. cit..
77
È il c.d. effetto di ritorno nell'ordinamento nazionale di origine di un principio
ricavato dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri che, una volta rielaborato dalla Corte di giustizia, ridiscende nelle realtà statuali con requisiti nuovi.
78
GRECO G., Profili di diritto pubblico italo-comunitario, in Argomenti di diritto pubblico italo-comunitario, Giuffrè, Milano, 1989.
79
CHITI M.P., I signori del diritto comunitario: la Corte di giustizia e lo sviluppo del diritto amministrativo europeo, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1991, 797:
"L’aspirazione ad un diritto comune europeo, anche nel campo del diritto amministrativo-solo pochi anni or sono aspirazione quasi chimerica di un’élite di studiosicomincia ad essere una tangibile realtà".
80
CHITI M.P., Diritto amministrativo europeo, op. cit.. In tema anche CRAIG
P., EU administrative law, op. cit..
81
TORCHIA L., Concorrenza fra ordinamenti e diritto amministrativo
nell’ordinamento europeo, in La concorrenza tra ordinamenti giuridici, a cura di
Zoppini A., Laterza, 2004: "L’ordinamento europeo si caratterizza sin dall’origine
Parte Prima
53
nell'alveo di una cornice di principi comune e condivisa. L’Europa è,
di conseguenza, una unitas multiplex, ossia una realtà al contempo unitaria, molteplice e plurale, nella quale gli Stati continuano a ritagliarsi un ruolo importante nella regolazione dei fenomeni giuridici.
Quanto al sistema amministrativo italiano, esso si struttura ad oggi
come un sistema multilivello82, disciplinato da una pluralità di fonti
come un ordinamento unitario, ma non unificante, all’interno del quale le logiche di
compatibilità prevalgono sulle logiche di conformità, in ragione dell’irriducibile
pluralità di popoli e Stati che compongono l’Unione". La convivenza tra diversi ordinamenti è assicurata dal principio di equivalenza il quale “non impone la sostituzione di tante regole nazionali con un’unica regola europea, ma consente la coesistenza delle diverse regole nazionali, a condizione, appunto, che tali regole siano, in
qualche misura, equivalenti” e dunque compatibili con il diritto europeo. Sulle caratteristiche dell’integrazione amministrativa si vedano i contributi di SANDULLI
A., La scienza italiana del diritto pubblico e l'integrazione europea, in Riv. it. dir.
pubbl. com., 2005: "I principi e gli istituti, penetrando nell’ordinamento ospitante,
lo modificano irrimediabilmente, ma ne subiscono loro stessi effetti mutanti, determinati dall’humus, dall’ambiente, dal contesto giuridico-culturale di quell’ordinamento". Infatti "l’integrazione europea determina la diffusione di valori, di principi e di istituti attraverso un meccanismo di diversità nella comunanza" che tende
comunque a rispettare l’autonomia statuale nella regolazione di certi settori. FALCON G., Tendenze del diritto amministrativo e dei diritti amministrativi dell’Unione
europea, op. cit.. Il fenomeno dell’europeizzazione non deve far credere ormai ad
una omologazione tout court capace di privare i diritti amministrativi nazionali delle
proprie peculiarità e del proprio dinamismo. Ad avviso dell'autore “se è vero che i
diversi sistemi sono oggi in una certa misura paragonabili a diverse navicelle agganciate ad una comune stazione base, rimane vero che le navicelle conservano in
realtà pressoché interamente la propria originale fisionomia, il proprio modo di essere e di funzionare, il proprio specifico ethos, così come la storia di ciascun Paese
lo ha determinato”. DELLA CANANEA G. (a cura di), Diritto amministrativo europeo. Principi e istituti, op. cit., secondo cui “il diritto comunitario lascia ai poteri
pubblici nazionali ampi margini di selezione adattativa. Questi se ne servono ampiamente in sede applicativa, compiendo scelte differenti da un Paese all’altro”.
82
PERLINGIERI P., Leale collaborazione tra Corte costituzionale e Corti europee. Per un unitario sistema ordinamentale, Edizioni scientifiche, 2008. Si è al cospetto di un ordinamento multilivello di nuovo genere, “un sistema unitario a vocazione circolare, dove regole e principi di provenienza diversa, si completano, si immedesimano e si integrano”. ROLLI R., I caratteri multilivello del diritto amministrativo europeo, in www.giustamm.it. Quanto ai riflessi della multilevel governance
54
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
concorrenti83, alla cui regolamentazione partecipano soggetti anche
diversi dal legislatore statale84. In esso convivono, infatti, principi e
regole di produzione sia domestica sia europea85.
sull'attività normativa e giurisdizionale si rinvia, in particolare, ai contributi di
AMMANNATI L.-MUSSELLI L.(eds), Regulatory networks and European Governance, Giappichelli, 2012. HOOGHE L., Cohesion policy and European integration: building multilevel governance, Oxford, 1996. SCHOBBEN R., New governance in the European Union: A cross disciplinary comparison, Regional and federal
studies, 2000, 35. BERNARD N., Multilevel governance in the European Union,
Kluer Law International, 2002.
83
In ordine alla eterogeneità dell’odierno sistema delle fonti GABRIELE F.CELOTTO A., Fonti comunitarie e ordinamento nazionale: Temi e problemi
sull'impatto del diritto comunitario nel sistema italiano delle fonti, Cacucci, Bari,
2001. CELOTTO A., Fonti del diritto e antinomie, Giappichelli, 2011. GAJA G.,
voce Fonti comunitarie, in Dig. disc. pubbl., VI, Utet, Torino, 1991. BARILE P.,
Rapporti fra norme primarie comunitarie e norme costituzionali e primarie italiane,
in Comun. intern., 1966. BARONCELLI S., Le fonti del diritto dell’UE dal Trattato
di Roma al Trattato di Lisbona: verso un’accresciuta complessità del sistema, in
www.osservatoriosullefonti.it, n. 3 del 2008. ALBINO L., Il sistema delle fonti tra
ordinamento interno e ordinamento comunitario, op. cit.. Secondo l’autore “il rapporto fra ordinamento comunitario e ordinamenti interni non può essere spiegato
ricorrendo esclusivamente ai tradizionali criteri di organizzazione in sistema delle
fonti del diritto e di risoluzione delle antinomie, tipici del diritto europeo continentale, il sistema normativo comunitario in senso stretto si presenta con caratteri decisamente originali difficilmente inquadrabili nei classici schemi di teoria generale
del diritto”. Un costruzione progressiva e settoriale, che unita al metodo funzionalista, genera "un sistema delle fonti basato non su regole predeterminate e sempre
applicabili, ma sulla risoluzione caso per caso, di problemi contingenti”.
84
PERLINGIERI P., Leale collaborazione tra Corte costituzionale e Corti europee. Per un unitario sistema ordinamentale, op. cit.: "Diritto nazionale, diritto comunitario, diritto internazionale si integrano e compongono in un sistema ordinamentale aperto e flessibile al quale sono chiamati a contribuire, nelle rispettive funzioni, il legislatore statale e regionale (artt. 11 e 117 Cost.), il potere lato sensu giurisdizionale (art. 10, 11, 101 Cost; art. 234 Tratt. CE), nonché i privati e la pubblica
amministrazione".
85
Può considerarsi superata la concezione di Santi Romano e dei maggiori studiosi della prima metà del XX sec., secondo la quale il diritto amministrativo sarebbe un ramo del diritto dello Stato. L’apertura dell’ordinamento nazionale a fonti sovrastatuali, oltre a denotare il definitivo inabissamento di ogni prospettiva statocen-
Parte Prima
55
In special modo i principi rappresentano il collante capace di amalgamare armoniosamente le diverse anime del sistema86.
L’influenza dell'ordinamento comunitario e dei suoi principi sugli
apparati amministrativi nazionali si manifesta in due forme: essa "da
un lato è un’influenza diretta che si svolge lungo i rapporti verticali
tra la Comunità europea e i singoli diritti amministrativi nazionali".
Dall’altro lato, l’influenza è orizzontale poichè "il diritto comunitario
crea una piattaforma che costituisce un veicolo per i trapianti di istituti da un diritto nazionale ad un altro"87. Si hanno in tal senso fenotrica, conduce parallelamente ad una nuova configurazione della teoria delle fonti e
dell’interpretazione, quali momenti inscindibilmente connessi. L’esplosione delle
fonti induce l’interprete a rivedere metodi e prospettive esegetiche da calibrarsi ormai non più sulla sola legge statuale ma su una galassia di fonti dall'origine e dai caratteri eterogenei.
86
FALZEA A., Relazione introduttiva, in Atti del Convegno "I principi generali
del diritto", Roma, 27-29 maggio 1991, Accademia nazionale dei Lincei, 1992: "Lo
spazio giuridico delle relazioni umane di oggi non è più il recinto chiuso degli ordinamenti giuridici nazionali ma, almeno tendenzialmente, un terreno che va aprendosi verso le altre comunità, con la progressiva intensificazione di piani di interessi
intercomunitari richiedenti forme di regolamentazione giuridica della medesima latitudine. A un tale compito rispondono assai meglio i principi, a causa della loro più
estesa generalità, piuttosto che le norme ordinarie, la cui generalità è contenuta
nell’ambito di situazioni di interesse in varia misura circoscritte. È principalmente
sui principi che si va costruendo l’unità giuridica europea". In argomento anche
CARINGELLA F., Corso di diritto amministrativo. Profili sostanziali e processuali,
Tomo I, Giuffrè, Milano, 2011: "La molteplicità delle fonti comunitarie rischierebbe
di dar vita ad un ordinamento giuridico frammentario, se non fosse cementata da
alcuni principi generali in grado di attribuire omogeneità ed unità al sistema. Trattasi segnatamente di principi diligentemente enucleati dalla Corte di giustizia e dalla stessa ripartiti in due categorie: da un lato vi sono i principi desunti dai singoli
Stati e poi recepiti dall’ordinamento comunitario; dall’altro vi sono i principi originari del diritto comunitario".
87
CASSESE S., Diritto amministrativo europeo e diritto nazionale: signoria o
integrazione?, in Riv. it. dir pubbl. com., 2004. Per approfondimenti e sviluppi anche Id., La signoria comunitaria sul diritto amministrativo, in Riv. it. dir pubbl.
com., 2002. Id., Il diritto amministrativo europeo presenta caratteri originali?, in
Riv. trim. dir. pubbl., 2003. Id., L’influenza del diritto amministrativo comunitario
sui diritti amministrativi nazionali, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1993, 329. Con rife-
56
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
meni di “legal transplants”88 tra famiglie e sistemi giuridici tradizionalmente eterogenei.
Con riferimento all’influenza verticale, essa opera sui versanti organizzativo, procedimentale e processuale, condizionando in via diretta o riflessa gli ordinamenti domestici.
L’influenza orizzontale si propaga, invece, nei rapporti tra Stati, favorendo un progressivo allineamento dei sistemi giuridici, con una
“apertura laterale” degli uni verso gli altri e con la creazione di un
humus culturale sempre più omogeneo.
Accanto ad un condizionamento diretto è rilevabile, altresì, una influenza riflessa del diritto comunitario sui Paesi membri ed in particolare sull’ordinamento italiano89.
Si tratta di quel fenomeno che vede aderire il legislatore e la giurisprudenza nazionali a schemi o soluzioni propri del diritto europeo,
senza che sussista alcun vincolo conformativo in tal senso (c.d. spillover effect)90. Un vincolo potrebbe, semmai, desumersi sul piano inrimento alla tematica della progressiva comunitarizzazione del diritto amministrativo GRECO G., Diritto europeo e diritto amministrativo nazionale, in AA.VV., Diritto amministrativo, Monduzzi, Bologna, 2005. KLEIN E., L’influenza del diritto
comunitario sul diritto amministrativo nazionale, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1993,
683. DELLA CANANEA G. (a cura di), Diritto amministrativo europeo. Principi e
istituti, op. cit.. SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea, Milano, 2004. SCIULLO G., L’impatto del diritto
comunitario sul diritto amministrativo, op. cit..
88
WATSON A., Legal transplants. An approach to comparative law, Edinburgh, 1974.
89
GRECO G., Argomenti di diritto amministrativo-parte generale-I lineamenti
essenziali del sistema, Giuffré, Milano, 2010.
90
AUBY J.B., I diritti amministrativi dell’Europa: una convergenza verso principi comuni?, in Dir. amm. eu. comp., n. 6 del 2005. Quanto al processo di avvicinamento dei diritti amministrativi europei, l’autore rimarca come tali meccanismi
siano fondati talora su effetti di vincolo legale, talaltra su fenomeni di influenza
spontanea. Essi determinano effetti di vincolo legale nelle ipotesi in cui un determinato sistema nazionale è giuridicamente obbligato ad adottare una soluzione di diritto amministrativo sorta nel panorama europeo (ad es. in materia di aiuti di Stato). In
altri casi, invece, le convergenze scaturiscono da fenomeni di spontanea e reciproca
Parte Prima
57
terno dall’esigenza di garantire il rispetto del principio di eguaglianza
(art. 3 Cost). In virtù di questa influenza indiretta l’intera materia amministrativa può dirsi attualmente europeizzata anche al di là dei settori di specifica competenza comunitaria.
L’Unione europea diviene, dunque, uno spazio amministrativo comune nel quale i principi comunitari si irradiano, mitigando e talvolta
superando l'autoritarietà e l'imperatività dell'azione pubblica nei confronti degli amministrati91. Tali principi rappresentano il più importante parametro di legittimità degli atti nazionali sia normativi sia amministrativi.
Il tradizionale monopolio statuale sul diritto amministrativo sembra, dunque, giunto al tramonto. Oggigiorno il diritto comunitario,
collocandosi al vertice del sistema delle fonti92, possiede una vis tale
da conformare i diritti amministrativi dei vari Stati membri.
Infatti il processo di integrazione europea ha assegnato alla normativa comunitaria diretta vigenza, efficacia e prevalenza sul diritto nazionale anche a livello costituzionale93 (con il solo rispetto dei cc.dd.
imitazione.
91
Per una ricostruzione generale dei rapporti tra amministrazioni pubbliche e
soggetti privati SINISI M., Introduzione allo studio del potere autoritativo, Aracne,
Roma, 2009.
92
Per citare un’acuta espressione di Tesauro G., il diritto amministrativo europeo
non può più considerarsi una “escrescenza esotica”, ossia un quid di estraneo e irrilevante ai fini del diritto amministrativo interno. I principi comunitari ormai condizionano in ogni ambito i sistemi amministrativi nazionali, influenzando in profondità le decisioni degli apparati nazionali (legislatori, giudici, pubbliche amministrazioni).
93
La prevalenza del diritto comunitario sulle disposizioni costituzionali conferma l’intuizione del 1952 di Giuseppe Chiarelli sulla elasticità della Costituzione
(CHIARELLI G., Elasticità della Costituzione, in Studi di diritto costituzionale in
memoria di Luigi Rossi, Giuffrè, Milano, 1952, 43, ora in Id., Scritti di diritto pubblico, Giuffrè, 1977, 327). Secondo Chiarelli la Costituzione sarebbe rigida nella
fonte ma elastica nei contenuti, sicchè fonti sovranazionali, attraverso l’art. 11 Cost.,
ben potrebbero derogarvi. Ad avviso dell'autore, infatti, "l'elasticità del sistema costituzionale si rivela (...) nel rapporto tra ordinamento interno e ordinamento internazionale, per il rinvio a quest'ultimo contenuto nell'art. 10 1° co., e sopra tutto
58
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
controlimiti, peraltro di rilevanza più teorica che concreta), sicchè dinanzi al diritto comunitario “l’ordinamento interno si ritrae e non è
più operante”94.
La tracimazione della normativa comunitaria sugli ordinamenti interni, in combinato disposto con le spinte innovatrici della globalizzazione, ha definitivamente abbattuto il muro dell’esclusiva statualità
del diritto amministrativo95, retaggio di un passato che non può più resuscitare, plasmando ed esaltando lo statuto del cittadino (che si articola in diritti, pretese e libertà), in un contesto di rimodellamento e ridimensionamento dell'autoritarietà dei pubblici poteri.
Se tradizionalmente il cittadino ha potuto esclusivamente pretendere che il potere discrezionale della P.A. fosse esercitato con legittimità
(Mortara L.), oggi l'amministrato può vantare, nel dialogo con il public power, una pretesa qualificata al soddisfacimento del bene della
vita di cui è portatore.
1.4. Il quadro delle fonti alla luce dei rapporti tra ordinamento
comunitario e ordinamento nazionale: tesi monista vs tesi
dualista
La convivenza tra il diritto comunitario e il diritto italiano è stata
“voluta ma sofferta”96. Infatti la presenza sulla scena europea di un
nuovo ordinamento, dotato di attribuzioni limitanti la sovranità nazionale, ha prodotto inizialmente nel sistema italiano molteplici resisten-
nell'art. 11, in cui, lasciandosi aperto l'ordinamento interno alla possibilità di limitazioni della sovranità, si prevede quella che forse può essere considerata la massima elasticità possibile di un ordinamento statale".
94
Corte cost., 11 giugno 1990, n. 285, in Giur. cost., 1990, 1780.
95
CASSESE S., La signoria comunitaria sul diritto amministrativo, op. cit..
96
COCCO G., Una convivenza “voluta ma sofferta”: il rapporto tra diritto comunitario e diritto interno, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1999, 641.
Parte Prima
59
ze al pieno sviluppo del diritto comunitario97. I maggiori problemi si
sono avuti nel progetto di far coesistere le diverse fonti, comunitarie e
nazionali, nell’organigramma giuridico europeo e di definirne altresì
le rispettive e comuni sfere di influenza.
L'approccio al tema dei rapporti tra fonti comunitarie e nazionali
varia, però, a seconda dell’assetto che si intende conferire alle relazioni tra i due ordinamenti98. In giurisprudenza si sono contrapposti per
molti anni due orientamenti:
1) la tesi monista (o della integrazione) sostenuta dalla Corte di
giustizia europea;
2) la tesi dualista (o della separazione) cui ha inizialmente aderito,
sia pure con intensità diverse, e non senza ambiguità, la Corte costituzionale italiana.
Quanto al primo orientamento (monista o dell'integrazione), di esso
ha fatto il proprio vessillo il giudice comunitario nelle note pronunce
Van Gend & Loos99 del 1963 e Costa c. Enel100 del 1964, nelle quali
97
VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione europea, op. cit..
98
In argomento, tra i più significativi contributi, ANDRONICO A., Un “nuovo
genere” di ordinamento. Riflessioni sul rapporto fra diritto comunitario e diritto
interno, in Jus, 2001, 69. GIAMETTTA C., Lo scontro fra le diverse concezioni
dualista e monista dei rapporti tra ordinamento interno e ordinamento comunitario
e il superamento della concezione monista, in www.cahiers.org. LAUDANTE F.,
Fonti comunitarie ed attività amministrativa statale tra separazione e integrazione
degli ordinamenti, in Rass. dir. pubbl. eur., n. 1 del 2005, 229. CINTIOLI F., Fonti
interne e norme comunitarie tra unità e pluralità di ordinamenti: recenti tensione e
prospettive e prospettive di sviluppo, in Dir. e form., 2001, 3. ZANCHIELLO L.,
Rapporti tra diritto nazionale e diritto comunitario alla luce delle pronunce della
Corte costituzionale, in Nuova rass. 2006, 1881. GRECO G., I rapporti tra ordinamento comunitario e nazionale, in Trattato di diritto amministrativo europeo, diretto
da M.P. Chiti e G. Greco, II, Milano, 2007. CERULLI IRELLI V., I rapporti tra ordinamento dell’Unione europea e ordinamento interno, in Le nuove istituzioni europee, Commento al Trattato di Lisbona, a cura di F. Bassanini e G. Tiberi, il Mulino,
2010.
99
Cgce, 5 febbraio 1963, in causa C-26/62, Van Gend & Loos c. Amministrazione olandese delle imposte, in Racc. 1963: "La Comunità economica europea costi-
60
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
viene affermato il primato del diritto comunitario e la sua diretta applicabilità, con conseguente obbligo di disapplicazione101 da parte degli organi nazionali delle norme interne con esso in conflitto. Successivamente la Corte di giustizia si spinge ad asserire che il Trattato di
tuisce un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale a favore del quale gli Stati membri hanno rinunziato, se pure in settori limitati, ai
loro poteri sovrani ed al quale sono soggetti non soltanto gli Stati membri, ma pure
i loro cittadini. Il diritto comunitario, indipendentemente dalle norme emanate dagli
Stati membri, nello stesso modo in cui impone ai singoli degli obblighi, attribuisce
loro dei diritti soggettivi. Tali diritti sorgono non soltanto allorchè il Trattato espressamente li menziona, ma anche quale contropartita di precisi obblighi che il
Trattato impone ai singoli, agli Stati membri e alle istituzioni comunitarie". In questa storica pronuncia la Corte di giustizia individua chiaramente, tra gli obiettivi della Comunità, l'ampliamento delle garanzie di tutela dei singoli all'interno dello spazio giuridico europeo. In tema anche TESAURO G. Sovranità degli Stati e integrazione europea, op. cit..
100
Cgce, 15 luglio 1964, in causa C-6/64, Costa c. Enel, in Racc. 1964: "A differenza dei comuni Trattati internazionali, il Trattato CEE ha istituito un proprio ordinamento giuridico, integrato nell’ordinamento giuridico degli Stati membri
all’atto dell’entrata in vigore del Trattato e che i giudici nazionali sono tenuti ad
osservare. Istituendo una comunità senza limiti di durata, dotata di propri organi, di
personalità di capacità giuridica, di capacità di rappresentanza sul piano internazionale ed in specie di poteri effettivi provenienti da una limitazione di competenza
o da un trasferimento di attribuzioni degli Stati alla comunità, questi hanno limitato
sia pure in campi circoscritti, i loro poteri sovrani e creato quindi un complesso di
diritto vincolante per i loro cittadini e per loro stessi. Tale integrazione nel diritto di
ciascuno Stato membro di norme che promanano da fonti comunitarie e, più in generale, lo spirito e i termini del Trattato, hanno per corollario l’impossibilità per gli
Stati membri di far prevalere, contro un ordinamento giuridico da essi accettato a
condizioni di reciprocità, un provvedimento unilaterale ulteriore, il quale peraltro
non è opponibile all’ordinamento stesso".
101
ITALIA V., La disapplicazione delle leggi, Giuffrè, 2012. Secondo l'autore
"la disapplicazione è una operazione logica per cui una regola che dovrebbe essere
applicata, è sospesa per un caso singolo, ed al suo posto è applicata un'altra regola.
Quando questa operazione logica si svolge nel campo del diritto, essa consiste nella
disapplicazione di una legge, cioè nella sua sospensione per un caso singolo, e
nell'applicazione, al suo posto, di un'altra legge o di un principio gerarchicamente
superiore".
Parte Prima
61
Roma, quale "Carta costituzionale di base"102, abbia fondato una
“Comunità di diritto”103, sottolineandone così il valore e l’importanza
ai fini dell’integrazione tra l'ordinamento comunitario e gli ordinamenti dei Paesi membri. In particolare il giudice di Lussemburgo enfatizza il ruolo dei principi comunitari nella creazione di un ambiente
giuridico europeo sempre più comune ed integrato104. Tali sentenze
troveranno, in seguito, conferma nell’approvazione del Trattato di
Maastricht (1992) che segnerà, con la nascita dell’Unione, un'ulteriore
e decisiva tappa dell'integrazione europea.
La seconda tesi, c.d. dualista (o della separazione tra ordinamenti
giuridici), è stata sostenuta dalla Corte costituzionale nell’arco di un
percorso evolutivo a fasi alterne che nei decenni ne attenua, fino a far
scomparire, le originarie posizioni oltranziste.
102
Cgce, 23 aprile 1986, in causa C-294/83 Le Verts c. Parlamento europeo, in
Racc. 1986.
103
HARTLEY T., The Foundations of European Community law, V ed., Oxford,
Oxford University press, 2003. L’espressione “Comunità di diritto” è mutuata dalla
giurisprudenza della Corte di giustizia, anche se a dire il vero, tale definizione è stata
coniata da Walter Hallstein ed utilizzata per la prima volta nel 1965 in un dibattito al
Parlamento europeo.
104
COHEN TANUGI L., L’Europe en danger, Paris, Fayard, 1992. I principi
generali hanno consentito l’instaurazione di solidi collegamenti tra gli ordinamenti
giuridici statali e l'ordinamento comunitario, attraverso il fenomeno dell'integrazione
giuridica. In proposito MARTINICO G., L’integrazione silente. La funzione interpretativa della Corte di giustizia e il diritto costituzionale europeo, Jovene, 2009.
Con riferimento al ruolo del giudice di Lussemburgo nell’elaborazione dei principi
comunitari l'autore asserisce che la Corte ha estratto “con operazioni che alternavano precisione chirurgica a fantasia vulcanica, da disposizioni più o meno predisposte, i principi dell’ordinamento comunitario, inventando in definitiva una nuova tipologia di fonti con cui non solo gli ordinamenti nazionali ma lo stesso ordinamento
dei Trattati dovevano (e devono) confrontarsi. (...) I principi di diritto comunitario
sono principi autonomi nel senso che non sono pensati come strumentali agli ordinamenti nazionali, poiché si impongono a questi e perché si propongono, in chiave
di ipotesi, anche come potenzialmente ostili ai principi degli ordinamenti, tutt’altro
che servili ed accomodanti dunque. Nella sua missione la Corte ha conquistato posizioni su posizioni ed alla fine ha vinto le resistenze che si contrapponevano alla
affermazione del diritto comunitario”.
62
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
In una prima fase105 la Consulta addiviene alla conclusione della
equiordinazione tra norme interne e norme comunitarie per cui in caso
di conflitto la norma interna successiva abroga la norma comunitaria
anteriore in base al criterio cronologico. In questo periodo la Corte
non segue la strada dell’inquadramento costituzionale della partecipazione dell’Italia al sistema comunitario con l'effetto di consentire per
violazione dell’art. 11 il sindacato costituzionale della norma interna
in conflitto con il diritto comunitario.
Una tale posizione riceve le critiche della Corte di giustizia. Esse
muovono da due postulati: in primo luogo l’adesione ai Trattati europei comporta l’osservanza dei principi in essi contenuti da parte dello
Stato (e dei suoi organi) nell’esercizio dell’attività normativa. In secondo luogo il diritto comunitario, in virtù dei principi del primato e
dell'efficacia diretta, prevale sulle norme interne, ancorchè successive
e di rango costituzionale.
I rilievi del giudice comunitario sortiscono l'effetto di sospingere la
Corte costituzionale italiana negli anni '70 del secolo scorso ad una
revisione delle proprie posizioni (c.d. seconda fase)106: la violazione
del diritto comunitario è idonea a far scattare una verifica di costituzionalità delle norme interne per contrasto con il principio di cui
all’art. 11 Cost., pur considerando le norme comunitarie esterne
all’ordinamento italiano. Anche in questa occasione il giudice comunitario manifesta talune riserve alla tesi della Consulta: la Corte italiana fa un uso improprio dell’art. 11, essendo quest’ultima una norma
ideata per regolare i diversi rapporti tra l’Italia e le Nazioni unite, come tale inadatta ad ergersi a parametro di legittimità costituzionale.
Segue poi una terza fase, inaugurata con la sentenza Granital del
1984107, che registra una decisiva apertura della Consulta italiana alle
105
Corte cost., 24 febbraio1964, n. 14, in www.giurcost.it.
106
Ex plurimis Corte cost., 18 dicembre 1973, n. 183, Frontini, in Giur. cost.
1973 con commento di BARILE P., Il cammino comunitario della Corte, in Giur.
cost., 1973, 2406. Corte cost., 22 ottobre 1975, n. 232, ICIC, in Giur. cost. 1975.
107
Corte cost., 8 giugno 1984, n. 170, Granital, in Giur. cost., 1984. La Corte asserisce che “vi é un punto fermo nella costruzione giurisprudenziale dei rapporti fra
Parte Prima
63
posizioni della Corte di giustizia: l’ordinamento comunitario e quello
nazionale, pur strutturalmente autonomi, sono coordinati tra loro, sicchè le norme comunitarie prevalgono sulle norme statali incompatibili
sia anteriori che successive; e ciò in modo automatico, attraverso il
rimedio della disapplicazione delle disposizioni interne confliggenti,
senza doverne attendere la rimozione mediante pronuncia di illegittimità della Corte costituzionale108 o per un atto abrogativo del legislatore. In questa storica sentenza la Corte costituzionale evidenzia i
principi della:
a) separazione e coordinazione tra ordinamenti;
b) efficacia diretta del diritto comunitario derivato;
c) disapplicazione (rectius non applicazione nel linguaggio capzioso della Corte109) della norma interna in contrasto con il diritto comunitario.
La quarta fase dei rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento italiano si apre con la riforma costituzionale del titolo V (l.
cost. n. 3 del 2001), in base alla quale l’attività legislativa dello Stato e
delle regioni deve esercitarsi nel rispetto dei vincoli derivanti
dall’ordinamento comunitario. In questo nuovo scenario delle fonti, le
norme comunitarie si presentano come norme interposte tra legge e
Costituzione, integrando il parametro di legittimità di cui all’art. 117 I
co. Cost.110. Pertanto la novella del 2001 consacra, senza riserve, il
diritto comunitario e diritto interno: i due sistemi sono configurati come autonomi e
distinti, ancorché coordinati, secondo la ripartizione di competenza stabilita e garantita dal Trattato le norme (derivanti dall’ordinamento comunitario) vengono, in
forza dell'art. 11 Cost., a ricevere diretta applicazione nel territorio italiano”. In
scia anche Corte cost., 19 aprile 1985, n. 113, Beca, in www.giurcost.org.
108
La norma comunitaria provvista di effetto diretto deve essere applicata immediatamente dai giudici interni con conseguente disapplicazione della norma nazionale confliggente, senza ricorrere al giudizio di legittimità costituzionale. In termini
processuali l'effetto diretto della norma comunitaria rende inammissibile la questione di legittimità costituzionale della norma interna lesiva del diritto comunitario.
109
A titolo esemplificativo Corte cost., 18 aprile 1991, n. 191, in
www.giurcost.org.
110
La dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma legislativa interna
64
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
principio dell’integrazione tra ordinamenti, valorizzando un pluralismo normativo fondato sulla coesistenza di molteplici fonti concorrenti111.
La stessa Corte costituzionale sembra essersi definitivamente convinta della bontà della tesi monista, allorchè in modo univoco, agli albori del Terzo Millennio, definisce l’ordinamento comunitario un “orper contrasto con la norma comunitaria rappresenta un meccanismo indiretto che si
affianca, ma non si sostituisce, al rimedio della disapplicazione della norma interna
incompatibile, essendo quest’ultimo il principale strumento idoneo a garantire la
primazia e l’effettività del diritto comunitario. A ben vedere la declaratoria di illegittimità, secondo lo schema dell’art. 117 I co. Cost., si staglia come l’unico rimedio
esperibile nelle ipotesi in cui la disapplicazione della norma interna non sia praticabile, stante la carenza nella norma comunitaria dei requisiti della diretta applicabilità
e dell’efficacia diretta; requisiti che caratterizzano la maggior parte ma non tutte le
norme comunitarie. Un classico esempio è dato dalle direttive non self-executing.
Supponiamo che lo Stato italiano non trasponga la direttiva nel termine previsto. La
direttiva, a differenza del regolamento, non è direttamente applicabile all’interno degli Stati membri, necessitando di una attività di attuazione-completamento. Ciononostante, in presenza di disposizioni chiare, precise e incondizionate, può avere una
efficacia diretta in capo ai singoli che potranno far valere i diritti in essa contemplati
dinanzi alle competenti autorità nazionali. Nell’ipotesi in cui nel corso di un giudizio
dinanzi ad un giudice italiano emerga il fumus di un conflitto tra una legge nazionale
e una direttiva non self-executing (priva di efficacia diretta), potrà sollevarsi questione di legittimità costituzionale avverso la norma nazionale per violazione della
direttiva e dunque per contrasto con il parametro dell’art. 117 I co. Cost..
111
SANTORO E., Diritto e diritti: Lo Stato di diritto nell’era della globalizzazione, op. cit.: "Lo spostamento del baricentro del governo delle società liberaldemocratiche dall’asse potere esecutivo-potere legislativo verso un diritto delle fonti plurali, in larga parte non sistematizzabili in modo organico, e una giustizia
anch’essa plurale e non gerarchicamente ordinata corrisponde alla fine del sogno
illuminista di una società razionalmente ordinabile e riconducibile ad unità (…). Il
tramonto del sogno illuminista lascia il campo al riconoscimento
dell’insopprimibile e radicalmente non ordinabile pluralismo che caratterizza le società contemporanee". PERLINGIERI P., Prefazione, in L’ordinamento vigente e i
suoi valori, Edizioni scientifiche, 2006: "In una epoca caratterizzata dalle forti innovazioni socio-economiche e dal pluralismo delle fonti del diritto-che inducono
sempre più a considerare principi e regole un insieme complesso, un sistema aperto
che di volta in volta si concretizza nell’ordinamento del caso concreto, la problematicità dell’individuazione dell’ordinamento vigente assume un ruolo centrale".
Parte Prima
65
dinamento giuridico integrato e coordinato con quello interno”112. Ed
è proprio l'adesione alla tesi dell'integrazione che giuridicamente spiega e conferma la penetrazione dei principi comunitari nelle realtà statuali e l'influenza conformativa sui rispettivi ordinamenti. In una prospettiva monistica le situazioni giuridiche soggettive ricevono un'attenzione crescente a livello europeo, siano esse di provenienza nazionale o comunitaria.
L'integrazione europea, che ha il suo formante soprattutto nei principi di elaborazione pretoria, amplia pertanto le libertà dei singoli, anche in settori di esclusiva pertinenza statale, non limitandosi alle libertà di natura strettamente economica113.
1.5. L'incidenza delle regole e dei principi comunitari sul sistema italiano delle fonti. I nuovi strumenti a disposizione del giudice e
della pubblica amministrazione
Con il consolidarsi dell’integrazione europea, la spinta delle regole,
ma soprattutto dei principi comunitari produce un terremoto senza
112
Corte cost., 22 ottobre 2007, n. 348 e 349. Corte cost., 15 aprile 2008, n. 102.
Corte cost., 28 gennaio 2010, n. 28, in www.giurcost.it, con commento di LISENA
F., La Corte costituzionale diventa "monista" (nota a margine della sent. n. 28 del
2010 della Corte costituzionale), in www.giustamm.it, 2010. Per una ricostruzione
del percorso compiuto della Corte costituzionale in relazione ai rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento italiano CALIFANO L., Separazione e integrazione fra ordinamento interno e ordinamento comunitario nella recente giurisprudenza costituzionale, in Studi parl. e pol. cost., 1996. ONIDA V., Armonia tra diversi e problemi aperti. La giurisprudenza costituzionale sui rapporti tra ordinamento
interno e ordinamento comunitario, in Quad. cost. 2002, 549. RUGGERI A., Continuo e discontinuo nella giurisprudenza costituzionale, a partire dalla sent. n. 170
del 1984, in tema di rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento interno:
Dalla teoria della separazione alla prassi dell’integrazione intersistemica?, in Giur.
cost., 1991, 1589.
113
Paradigmatico è il caso Rutili (Cgce, 28 ottobre 1975, in causa C-36/75, Rutili, in Racc. 1975).
66
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
precedenti nel sistema delle fonti italiane114, tradizionalmente basato
sul principio di rigidità della Costituzione115, sul criterio gerarchico e
sul principio del gradualismo.
I principi comunitari della primauté e della diretta applicabilità
scardinano un siffatto assetto, imponendo la prevalenza delle norme
comunitarie sulle norme di diritto interno le quali, ove incompatibili,
devono essere disapplicate sia dai giudici che dalle amministrazioni
nazionali116. Tale impostazione mette in crisi il valore del gradualismo, impedendo l’applicazione di disposizioni normative e amministrative in contrasto con norme comunitarie, anche se conformi alla
fonte nazionale, legislativa o regolamentare, immediatamente superiore.
Inoltre l’ordinamento comunitario demolisce il divieto, vigente nel
sistema italiano, di disapplicazione della fonte o dell’atto superiore illegittimo117. La giurisprudenza italiana, per risolvere le antinomie
114
Per un'analisi dell’incidenza dell'ordinamento comunitario sul sistema italiano
delle fonti, senza pretese di completezza. PERLINGIERI P., Diritto comunitario e
legalità costituzionale: Per un sistema italo-comunitario delle fonti, Edizioni scientifiche, Napoli, 1992. MODUGNO F., Appunti dalle lezioni sulle fonti del diritto, Torino, 2005. PEDRAZZA GORLERO M., Le fonti dell’ordinamento repubblicano,
Giuffrè, Milano, 2010. RUGGERI A., Fonti, norme, criteri ordinatori, V ed., Giappichelli, Torino, 2009. GROSSI P., Crisi delle fonti e nuovi orizzonti del diritto, Satura, Napoli, 2009. CARLASSARE L., voce Fonti del diritto (dir. cost.), in Enc.
dir., Annali, II, 2, Milano, 2008. CARROZZA P., Sistema delle fonti e forma di governo europea, in Bianchi P.-Catelani E.-Rossi E. (a cura di), Le “nuove” fonti comunitarie, (Quaderni della scuola superiore S. Anna), Cedam, Padova, 2005. CELOTTO A., L’efficacia delle fonti comunitarie nell’ordinamento italiano, Torino,
2003.
115
CHIARELLI G., Elasticità della Costituzione, in Studi di diritto costituzionale in memoria di Luigi Rossi, op. cit.. Con l’avvento dell’ordinamento comunitario,
secondo Chiarelli, il principio di rigidità della Costituzione risulta eroso dalla circostanza che la Carta costituzionale, pur rimanendo formalmente una fonte rigida, diviene flessibile e cedevole nei contenuti, in quanto plasmabile e derogabile, grazie al
meccanismo di cui all'art. 11 Cost., dalle superiori norme sovranazionali.
116
ITALIA V., La disapplicazione delle leggi, op. cit..
117
PICOZZA E., Alcune riflessioni circa la rilevanza del diritto comunitario sui
Parte Prima
67
normative, ha tradizionalmente applicato il criterio della conformità
alla fonte o all’atto superiore: in caso di insanabile contrasto, si dovrebbe dare applicazione immediata alla fonte o all’atto superiori, pur
se illegittimi, in attesa delle procedure all’uopo previste per la loro rimozione118 (giudizio di legittimità costituzionale per la legge, annullamento, ope iudicis o ex officio per l’atto amministrativo).
Il diritto comunitario, invece, prevede la disapplicazione immediata
da parte di tutti i soggetti pubblici (ivi comprese le autorità amministrative) di ogni atto normativo (la legge in primis) e amministrativo
(il provvedimento) con esso in conflitto, indipendentemente dal sistema interno di relazioni tra le fonti119.
In particolare, con riferimento alle situazioni regolate dal diritto
comunitario, il principio del primato azzera ogni regola nazionale, imponendo sia al giudice sia all’amministrazione l’obbligo di dare prevalenza alle norme comunitarie, disapplicando le norme statali in contrasto e applicando immediatamente la fonte in sintonia con l’ordinamento comunitario anche se difforme rispetto ad una norma superiore dell’ordinamento interno120.
principi del diritto amministrativo italiano, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1992, 1209.
118
Sul punto Adun. Plen. Cons. Stato, n. 2 del 1973, in Cons. Stato, 1973.
119
In tema CERULLI IRELLI V., I rapporti tra ordinamento dell’Unione europea e ordinamento interno, in Le nuove istituzioni europee, Commento al Trattato di
Lisbona op. cit.: In special modo “la legge nazionale perde la sua rigidità (affermata nell’ordinamento nazionale dal principio che solo il giudice costituzionale può
sindacare la legittimità della legge e rimuoverne l’efficacia) e la sua necessaria applicabilità in concreto da parte di tutti gli operatori (ma segnatamente, degli organi
pubblici, i giudici e l’amministrazione). L’applicazione della legge nazionale diviene sempre incerta, chè essa dipende dalla sua conformità o meno al diritto comunitario operante nelle medesime materie, conformità da valutarsi caso per caso
dall’interprete e, nel dubbio dalla Corte di giustizia”. Anche SICILIANO F., La legalità amministrativa (comunitaria e interna) e certezza del diritto: riflessi sui rapporti amministrativi e istituzionali, Giuffrè, Milano, 2010: "L’amministrazione viene
legittimata a superare la legge nazionale, formatasi su base democratica, in ragione
della ritenuta contrarietà della medesima ad un indirizzo della Corte di giustizia".
120
In questa fattispecie si configura un “ménage à trois” fra norma comunitaria,
legge nazionale e atto amministrativo. Se ad es. un bando di gara, conforme alla di-
68
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Il discorso sin qui condotto vale per tutto il diritto comunitario e
segnatamente per i principi non scritti coniati dalla Corte di giustizia.
Pertanto qualora un atto nazionale (legislativo o amministrativo) restringa gli spazi di libertà del cittadino ad es. violando il principio di
proporzionalità o di affidamento, il giudice domestico dovrà provvedere alla sua disapplicazione. In questo modo si dilata il concetto di
legittimità fino a ricomprendere tutto l'acquis communautaire.
La c.d. legalità comunitaria121 prevale sulla legalità nazionale fino
ad imporre tanto al giudice quanto alla P.A. anche la disapplicazione
della norma di legge attributiva del potere amministrativo122. Tutto ciò
sciplina comunitaria, fosse difforme dalla disciplina legislativa, l’atto amministrativo non potrebbe essere rimosso e parimenti si dovrebbe disapplicare la legge in contrasto con l’ordinamento comunitario.
121
La soggezione del giudice soltanto alla legge deve oggi esser letta come soggezione del giudice non più solamente alla normativa nazionale ma anche al diritto
comunitario e in special modo alla giurisprudenza della Corte di giustizia. Sul tema
della legalità comunitaria, tra i molteplici contributi, MERUSI F., Sentieri interrotti
della legalità, il Mulino, Bologna, 2007. VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione europea, op. cit.. ALÌ A., Il
principio di legalità nell’ordinamento comunitario, Torino, 2005. PECH L., The Rule of Law as a Constitutional Principle of the European Union, Jean Monet working
paper n. 4 del 2009, in www.papers.ssrn.com. COGNETTI S., Profili sostanziali
della legalità amministrativa, Giuffrè, Milano, 1993. CHIOLA G., Considerazioni
sulla legalità comunitaria dell’atto amministrativo, Aracne, Roma, 2003. SICILIANO S., La legalità amministrativa (comunitaria e interna) e certezza del diritto: riflessi sui rapporti amministrativi ed istituzionali, op. cit.. Ad avviso dell'autore si
starebbe affermando in ambito comunitario “una legalità formalmente giurisprudenziale e sostanzialmente normativa del tutto aliena al nostro ordinamento, refrattario
perfino al principio dello stare decisis”. SORRENTINO F., Lezioni sul principio di
legalità, Torino, 2001: "Il principio di legalità, inteso nella sua accezione sostanziale, è pacificamente incluso tra i principi fondamentali del diritto comunitario di cui
la Corte assicura l’osservanza e comporta la necessità che l’azione amministrativa
sia delimitata da previe norme e che essa si sviluppi, per quanto possibile, attraverso fasi procedimentali, idonee a consentire ai soggetti che ne sono coinvolti determinate forme di partecipazione".
122
Ad analizzare la vicenda nella prospettiva dei Padri del diritto amministrativo
italiano, il principio di legalità amministrativa ne esce completamente mutilato. Nella visione tradizionale sarebbe stato inimmaginabile per l’amministrazione disappli-
Parte Prima
69
è coerente con una concezione più estesa della legalità, che abbraccia
ogni fonte comunitaria (scritta e non). Di conseguenza il sistema amministrativo italiano risulta sottoposto ad una legalità di livello superiore quale è la legalità (o meglio legittimità) comunitaria.
Allora ben si spiega come principi e regole del diritto amministrativo interno (gradualismo e divieto di disapplicazione) vengano scalzati da principi comunitari superiori (primauté, diretta applicabilità).
A ben vedere, però, il primo strumento cui il giudice deve ricorrere
in vista di una composizione dei rapporti (e dei conflitti) tra fonti nazionali e fonti comunitarie è il rimedio dell’interpretazione conforme.
Si tratta di un'attività cui l’interprete è tenuto ad adempiere, ancor
prima della disapplicazione123, ove vi sia un margine di discrezionalità
che consenta di scegliere tra una varietà di interpretazioni della norma
interna. E tra queste occorre optare per la soluzione che assicuri la
conformità della norma nazionale al sistema comunitario124. Solo alcare la norma attributiva del potere amministrativo, essendo la legge fondamento e
limite della funzione amministrativa. Oggi la pubblica amministrazione non è soggetta più solo alla legge, bensì ad una pluralità di fonti concorrenti, nazionali e comunitarie. Si assiste, di conseguenza, al superamento della tradizionale concezione
meccanicistica del principio di legalità secondo la quale l’amministrazione si limiterebbe ad eseguire la volontà della legge. Viceversa l’amministrazione assume, attualmente, un ruolo sempre più attivo nei confronti della legge. Essa, infatti, dispone
del potere di valutare la conformità di una legge nazionale attributiva o regolativa
del potere alle norme e ai principi comunitari, esprimendo così un giudizio di valore.
Ove rilevi un conflitto, l’amministrazione è tenuta, inoltre, a disapplicare la norma
interna, dando attuazione alla norma comunitaria. Il principio di legalità espande,
dunque, i suoi confini sino a ricomprendere le norme e i principi comunitari che
vanno considerati a tutti gli effetti parametri (diretti) di legittimità dell’azione amministrativa.
123
Cgce, 18 settembre, 2003, in causa C-125/01, Pflücke, in Racc. 2003. Cgce, 8
novembre 2005, in causa C-443/03, Götz Leffler, in Racc. 2005.
124
Nella famosa sentenza Granital viene imposto ai giudici statali di svolgere
un'attività ermeneutica delle disposizioni interne scegliendo “fra le possibili interpretazioni del testo normativo prodotto dagli organi nazionali quella conforme alla
prescrizione della Comunità”. Trattasi di un principio ribadito anche successivamente dalla Corte di giustizia nella pronuncia Pfeiffer (5 ottobre 2004, in causa C-397403/01, in Racc. 2004), secondo la quale il diritto nazionale deve essere interpretato
70
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
lorquando il contrasto risulti insanabile, e non componibile a livello
interpretativo125, si provvederà:
1) a disapplicare la norma interna in conflitto con la norma comunitaria provvista di efficacia diretta;
2) a sollevare questione di legittimità costituzionale avverso la legge nazionale ove la norma comunitaria non goda del requisito dell'efficacia diretta.
La definitiva consacrazione della tesi monista rende oggi il sistema ordinamentale europeo "complesso e, soprattutto, articolato. Composto da disposizioni a rilevanza normativa, espressioni
di sovranità diffusa - non più esclusiva dello Stato -, ma di organi
statali, sovranazionali e internazionali-e non necessariamente titolari del potere legislativo". Ed in questa pluralità di fonti di grado diverso l'ordinamento, lato sensu inteso, realizza la sua unitarietà in sede applicativa "cioè nel momento nel quale se ne riscontra l’esistenza - dove l’interprete, nel risolvere la quaestio, individua nell’ambito del pluralismo delle fonti uno, e uno solo, ordinamento del caso concreto"126.
In un rinnovato contesto di integrazione, pluralismo delle fonti e
nuovi poteri del giudice e della P.A., si assiste ad una rivalutazione
dello status complessivo del cittadino nei rapporti con l'amministrazione. Attraverso l'incessante spinta dei principi comunitari il
privato, coinvolto dalle dinamiche del potere, riceve sempre più
dall'ordinamento italiano una protezione ex se, in quanto portatore
di interessi e pretese qualificati 127 e non più quale strumento di reasecondo le finalità comunitarie, pochè siffatta interpretazione conforme del diritto
nazionale “permette al giudice nazionale di assicurare, nel contesto delle sue competenze, la piena efficacia delle norme comunitarie”.
125
Cgce, 4 luglio 2006, in causa C-212/04, Adeneler, in Racc. 2006.
126
PERLINGIERI P., Prefazione, in L’ordinamento vigente e i suoi valori, op.
cit..
127
OCCHIENA M., Situazioni giuridiche soggettive e procedimento amministrativo, Giuffrè, Milano, 2002: "La legge n. 241 del 1990 si pone all'ultimo stadio di
questa parabola evolutiva di progressiva "soggettivizzazione" del procedimento, o
meglio di riconoscimento al cittadino di un ruolo giuridicamente rilevante durante
Parte Prima
71
lizzazione dell'interesse pubblico; un public interest che, diversamente dal passato, si realizza non già in contrapposizione, bensì
con e attraverso gli interessi privati 128.
la fase procedurale: ormai è pacifico che in virtù di questa legge il cittadino goda di
protezione giuridica già durante l'esercizio dell'azione amministrativa (e non solo al
termine di questa) e quindi durante il procedimento amministrativo".
128
Un antesignano ante litteram di siffatta visione dei rapporti tra interesse pubblico e interessi privati è stato NIGRO M., Giustizia amministrativa, Bologna, 1983,
122-123: Ad avviso dell'autore l'interesse pubblico "non è un interesse che incorpora o nega gli interessi privati, ma che convive con essi, di volta in volta sacrificandoli o soddisfacendoli". Ed è proprio "con il procedimento amministrativo che l'interesse pubblico viene determinato puntualmente e in concreta relazione con tutti gli
altri interessi", sicchè "il privato entra nel procedimento non già per sentirsi dettare
le condizioni della sua soggezione e nemmeno soltanto per porre limiti al potere, ma
per contribuire alla stessa determinazione dell'interesse pubblico".
72
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Parte Prima
73
CAPITOLO II
PRINCIPI GENERALI
DELL’ORDINAMENTO COMUNITARIO:
ASPETTI TEORICI E PROFILI APPLICATIVI
SOMMARIO: Premessa. 2.1. L'interpretazione del diritto e la funzione del giudice.
Cenni alle tecniche ermeneutiche proprie del giudice nazionale e del giudice comunitario in tema di principi. 2.2. I principi nella teoria generale del diritto: la
distinzione tra principi e regole. 2.2.1. I conflitti tra principi. 2.3. I principi comunitari quale trait d'union tra ordinamenti e tra giurisdizioni. 2.4. Classificazione e funzioni dei principi comunitari. 2.5. L'attività della Corte di giustizia nella
elaborazione ed applicazione dei principi comunitari nel segno dell'allargamento
degli spazi di libertà del cittadino. 2.6. L'importanza delle sentenze della Corte di
giustizia nel quadro di una progressiva valorizzazione del diritto giurisprudenziale. 2.7. Il conflitto tra principi comunitari e norme nazionali. 2.8. L'illegittimità
"comunitaria" dell'atto amministrativo: tipologie, caratteri e poteri del giudice.
2.8.1. La nullità dell'atto amministrativo per violazione della normativa e dei
principi comunitari.
Premessa
Nell’età della globalizzazione l’operatore giuridico assiste “alla
crescita esorbitante, alla frantumazione, alla contraddittorietà delle
74
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
regole”129. In un contesto sempre più globale e complesso si fa urgente il bisogno di individuare nuovi strumenti (i principi generali) capaci
di raccordare e armonizzare una pluralità di fonti eterogenee (locali,
nazionali, ultrastatuali) che insistono sui medesimi territori e regolamentano i medesimi fenomeni130.
I principi di elaborazione pretoria rappresentano la fonte ideale per
l'immediata precettività131 e l'estrema duttilità che li caratterizza. In
questa prospettiva “l’attuazione giudiziale del diritto diviene momento
portante della costruzione giuridica e alla giurisprudenza necessariamente si riconosce uno spazio ben maggiore di quello che il modello tradizionale positivista le attribuiva”132. Ecco perché la figura del
giudice (sia nazionale che comunitario) diviene essenziale per la crescita di un sistema giuridico, quale quello europeo, in continua e rapi-
129
D’ALBERTI M., Diritto amministrativo e principi generali, in Le nuove mete
del diritto amministrativo, a cura di M. D’Alberti, il Mulino, 2010.
130
D’ALBERTI M., Diritto amministrativo e principi generali, in Le nuove mete
del diritto amministrativo, op. cit.: "Di qui la rilevanza centrale dei principi per ricondurre a maggiore uniformità ed omogeneità disposizioni frammentate e talora
discordanti le une rispetto alle altre, per garantire maggiore certezza giuridica e
per assicurare tutele più solide ai destinatari delle normative".
131
È stata ormai definitivamente accolta la tesi crisafulliana che considera i principi “regole di condotta imperative, bilaterali e coercibili” alla stregua delle norme
di diritto positivo.
132
SALA G., Potere amministrativo e principi dell’ordinamento, Giuffrè, Milano, 1993: Infatti “caduta da tempo la pregiudiziale del giuspositivismo legalista, che
collegava necessariamente la positività del principio ad una sua incorporazione in
un testo scritto, è ormai acquisito che sono norme al pari di quelle desunte da disposizioni allo scopo codificate anche i principi sans texte formel, affermati dalle
decisioni giurisprudenziali, interpretative e anche integrative in una sorta di judicial legislation dell’ordinamento”. Per una ricostruzione del fenomeno vedasi anche
GIULIANI A., Disposizioni sulla legge in generale, in Trattato di diritto privato,
diretto da P. Rescigno, Torino, 1982. ESSER J., Precomprensione e scelta del metodo nel processo di individuazione del diritto, Camerino, 1983. CASTRONOVO C.,
L’appassimento dello Stato moderno e un libro sulla obsolescenza delle leggi, in
Jus, 1983, 238.
Parte Prima
75
da espansione133.
La tematica dei principi generali ha da sempre affascinato, nell'ambito degli ordinamenti statuali, schiere di giuristi sia nella enucleazione dei profili di teoria generale che nella disamina delle conseguenti
ricadute applicative.
Ai fini del presente lavoro un'analisi dei principi in chiave dogmatica, condotta secondo studi di teoria generale, non costituisce un fuor
d'opera ma si giustifica in ragione della derivazione dei principi comunitari dalle tradizioni giuridiche degli Stati membri. La stessa composizione della Corte di giustizia (formata da giuristi di chiara fama
provenienti dai vari Paesi europei) è la cartina di tornasole del retaggio culturale, di matrice nazionale, che certamente influenza il giudice
di Lussemburgo nell'elaborazione dei principi comunitari.
In virtù di tali considerazioni, un'analisi dei tratti distintivi dei principi e delle relative tecniche interpretative nell'ambito degli ordinamenti statali non può che giovare all'esatta comprensione del ruolo,
dei caratteri e della funzione dei principi comunitari134.
Una volta chiarite le origini dei principi comunitari, sarà possibile
133
ROMBOLI R., Il ruolo del giudice nella società che cambia. Modelli di giudice e complessità sociale: bocca della legge, interprete, mediatore dei conflitti o
difensore dei diritti?, Atti del convegno “L’interpretazione giudiziale fra certezza
del diritto ed effettività delle tutele”, Agrigento 17-18 settembre 2010, in
www.google.it. Per una analisi delle contaminazioni giurisprudenziali tra i vari Paesi
in un’ottica comparata MARKESINIS B.-FEDTKE J., Giudici e diritto straniero. La
pratica del diritto comparato, il Mulino, 2009. Con riferimento al ruolo dell'organo
giurisdizionale nell'odierno contesto europeo AA.VV., Il ruolo del giudice. Le magistrature supreme, a cura di Sandulli M.A., in Foro amm. Tar, suppl. al n. 7-8/2007.
134
Lo studio dei principi comunitari si lega a doppio filo alla disamina dei sistemi giuridici nazionali, poichè i principi si nutrono di elementi estratti dalle tradizioni
giuridiche statuali che vengono poi rielaborati in sede comunitaria. Per tali ragioni
una trattazione dei principi comunitari postula imprescindibilmente l'esame delle
questioni dogmatiche emerse negli ordinamenti interni e, in special modo, nell'ordinamento italiano (funzione interpretativa del giudice, distinzione tra principi e regole, conflitti tra principi ecc..). Cosi facendo sarà possibile comprendere sia l'iter formativo che le ricadute applicative dei principi comunitari nelle realtà ordinamentali
nazionali.
76
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
comprenderne al meglio l'operatività, vale a dire l'influenza dagli stessi esercitata sui sistemi giuridici degli Stati membri; una influenza penetrante e capillare che si è sviluppata tanto in via diretta quanto in
modo riflesso, attraverso la conformazione di principi, regole e istituti
del diritto nazionale italiano.
Oggi i principi comunitari assurgono a veri e propri canoni distintivi e caratterizzanti dell'azione normativa e amministrativa dei pubblici
poteri statali. A riguardo nel prosieguo si approfondiranno le ipotesi
patologiche di conflitto con le norme e gli atti amministrativi italiani.
Per quanto concerne il diritto amministrativo, i principi comunitari
hanno valorizzato taluni principi dell'ordinamento domestico (in primis i principi costituzionali) destinati alla protezione delle libertà del
cittadino, i quali, al di là di mere petizioni di principio, non hanno ricevuto, nel corso dei decenni, la giusta implementazione nel sistema
giuridico italiano. Pertanto la tutela del civis è stata per molto tempo
ineffettiva, come tale, dunque, inidonea ad emancipare l'individuo da
uno status di subalternità nei confronti dei pubblici poteri.
Il diritto comunitario ha avuto, invece, l'indiscutibile merito di estendere gli spazi di libertà del cittadino, conferendo piena effettività
alla tutela delle situazioni giuridiche individuali. In questo modo l'azione pubblica si è potuta evolvere lentamente ma progressivamente
dal polo dell'autorità verso il polo della libertà135.
2.1. L’interpretazione del diritto e la funzione del giudice. Cenni
alle tecniche ermeneutiche proprie del giudice nazionale e
del giudice comunitario in tema di principi
I principi comunitari costituiscono una species del più ampio genus dei
135
In un contesto così rinnovato anche il ruolo del giudice e segnatamente del
giudice amministrativo è destinato a mutare. Sulla spinta dei principi comunitari il
giudice amministrativo tende sempre più a dismettere i panni del garante ad ogni costo dell'interesse e del potere pubblico per cucirsi il diverso abito di tutore delle situazioni soggettive individuali.
Parte Prima
77
principi generali del diritto (o dell'ordinamento), ispirandosi per larga parte il
sistema UE alle tradizioni giuridiche degli Stati membri.
L’indagine sui principi, in una prospettiva di teoria generale, si riallaccia,
a sua volta, al ruolo ed alla funzione del giudice, investito di compiti di analisi ed interpretazione dell'assetto normativo. Nella consapevolezza della di136
versità delle tecniche ermeneutiche nei vari Paesi membri , si intende focalizzare l’attenzione sul sistema italiano per poi tracciare ponti comparativi
con l’esperienza comunitaria e con l’attività della Corte di giustizia.
L’interpretazione137 può definirsi come un “vero e proprio fenomeno di
136
ALPA G., I principi generali, II ed., in Trattato di diritto privato a cura di G.
Iudica e P. Zatti, Giuffrè, 2006, secondo il quale “in un sistema non codificato-come
ad es. quello inglese-i principi hanno rilevanza maggiore di quella dispiegata in un
sistema codificato: ciò perché non sono confinati al rango di fonte sussidiaria o di
tecnica meramente interpretativa, come di solito accade nei sistemi codificati”.
137
La bibliografia in tema di interpretazione giuridica è sterminata. Si segnalano,
senza pretese di esaustività, VILLA V., Una teoria pragmaticamente orientata
dell'interpretazione giuridica, Giappichelli, Torino, 2012. PETRILLO F., Interpretazione degli atti giuridici e correzione ermeneutica, Giappichelli, 2011. RUSSO E.,
L'interpretazione dei testi normativi comunitari, Giuffrè, Milano, 2008. ZIINO D.,
Profili dell'interpretazione giuridica, Università degli studi di Messina, 2011. PINO
G., Diritti e interpretazione: il ragionamento giuridico nello Stato costituzionale, il
Mulino, Bologna, 2010. OMAGGIO V.–CARLIZZI G., Ermeneutica e interpretazione giuridica, Giappichelli, Torino, 2010. SACCO R., Il concetto di interpretazione del diritto, Torino, 1947. ASCARELLI T., Studi di diritto comparato e in tema di
interpretazione, Milano, 1952. BETTI E., Teoria generale della interpretazione
(1955), Edizione corretta ed ampliata, a cura di G. Crifò, Giuffrè, Milano, 1990.
BENVENUTI L., Interpretazione e dogmatica nel diritto amministrativo, Giuffrè,
Milano, 2002. PALAZZO A. (a cura di), L'interpretazione della legge alle soglie del
XXI sec., Edizioni scientifiche, Napoli, 2001. TARELLO G., L’interpretazione della
legge, in Cicu A.-Messineo F. (cura di), Trattato di diritto civile e commerciale, Milano, 1980. BESSONE M. (a cura di), Interpretazione e diritto giudiziale. I. Regole,
metodi, modelli, Giappichelli, Torino, 1999. BULYGIN E., Sentenza giudiziaria e
creazione di diritto, ora in Bulygin E., Norme, validità, sistemi normativi, Giappichelli, Torino, 1995. CARNELUTTI F., Teoria generale del diritto, III ed., Roma,
1959. CARRIÒ G.R., Principi di diritto e positivismo giuridico (1970), ora in R.
Guastini, Problemi di teoria del diritto, il Mulino, Bologna, 1980. CAVINO M., Interpretazione discorsiva del diritto. Saggio di diritto costituzionale, Giuffrè, Milano,
2004. CHIASSONI P., Tecnica dell’interpretazione giuridica, il Mulino, Bologna,
78
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
creazione concreta dell’ordine giuridico”138. Quest’opera di ingegneria ha
come artefice principale il giudice139, chiamato a ricostruire la norma appli2007. GIANNINI M.S., L’interpretazione dell’atto amministrativo e la teoria giuridica generale dell’interpretazione, Giuffrè, Milano, 1939. GUASTINI R., Teoria e
dogmatica delle fonti, I, 1, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da Cicu
A.-Messineo F., Giuffrè, Milano, 1998. VIOLA F.–ZACCARIA G., Diritto e interpretazione, Laterza, Roma-Bari, 2011. OST F., Ancora sull’interpretazione, in Ars
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piaceri dell’interpretazione, in Ars interpretandi, Annuario di ermeneutica giuridica,
2007. WRÒBLEWSKY J., Il problema della traduzione giuridica, in Ars interpretandi, Annuario di ermeneutica giuridica, 2007. MATHIEU V., Interpretazione, in
Ars interpretandi, Annuario di ermeneutica giuridica, 1999. CANALE D.-TUZET
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138
KELSEN H., Teoria generale del diritto e dello Stato, (trad. it. Treves), Milano, 1952. L’autore considera ogni atto di applicazione del diritto una creazione
dell’ordinamento giuridico: "La creazione di una norma giuridica è, normalmente,
un’applicazione di una norma superiore”. Inoltre “ogni atto creativo del diritto deve essere un atto applicativo del diritto”. In tema anche BIGIAVI W., Appunti sul
diritto giudiziario, Padova, 1988, secondo il quale solo una finzione può condurre
all’affermazione che l’attività del giudice sia meramente dichiarativa e non già creativa dell’ordine giuridico. Ciò è evidente soprattutto in diritto amministrativo dove è
unanime il riconoscimento della funzione pretoria del Consiglio di Stato nella costruzione dei principi che presiedono all'esercizio della funzione amministrativa.
139
GUASTINI R., Il giudice e la legge, Giappichelli, Torino, 1995. SAAVEDRA M., Il giudice tra dogmatica giuridica e critica del diritto, in Ars interpretandi, Annuario di ermeneutica giuridica, 2002. ALBERT H., Scienza giuridica ed ermeneutica. Il diritto come fatto sociale e il compito della giurisprudenza, in Ars interpretandi, Annuario di ermeneutica giuridica, 2007. HASSEMER W., Metodologia giuridica e pragmatica giudiziaria, in Ars interpretandi, in Annuario di ermeneutica giuridica, 2006. CAMPANALE A.M., Razionalità scientifica e razionalità
giuridica, Giappichelli, Torino, 2005. LIFANTE VIDAL I., Interpretation and judicial discretion, in Jordi Ferrer Beltrán (ed.), Law, politics and morality, Bd. II, Duncker & Humblot, Berlin 2006. MARINELLI V., Ermeneutica giudiziaria, Giuffrè,
Milano, 1996. LOMBARDI VALLAURI L., Saggio sul diritto giurisprudenziale,
Giuffrè, Milano, 1975. LUPOI M., L’interesse per la giurisprudenza: è tutto oro?,
in Contratto e impresa, 1999, 243. HIRSCH G., Verso uno Stato dei giudici? A proposito del rapporto tra giudice e legislatore nell’attuale momento storico. Metodo-
Parte Prima
79
cabile muovendo dalla dimensione concreta del fatto140. Il magistrato è,
dunque, “l’anello di congiunzione tra l’astrattezza della fattispecie e la muta
141
espressività del fatto”
ed ogni sua decisione è atto di concretizzazione
dell’ordinamento (Bulow).
L’ermeneutica del diritto affonda le proprie radici nella distinzione di teo142
ria generale tra disposizione e norma . La prima si configura come “determinazione volontaria” ascrivibile ad un soggetto, mentre la seconda si pone
come “conseguenza” della prima, esito della sua interpretazione. La disposizione, dunque, è il testo da interpretare, mentre la norma è il prodotto
dell’interpretazione. “In entrambi i casi può cogliersi il carattere di novità
della norma che non è qualcosa che il testo già possiede, ma qualcosa che
nasce dall’elaborazione dell’interprete”143. Così la norma si emancipa dalla
disposizione andando a formare un nuovo tassello dell’ordinamento giuridico.
L’interpretazione ha pertanto funzione concreativa dell’ordine giuridico
logia giuridica e pragmatica giudiziaria, in Criminalia 2007. RUTHERS B., Vincolo della legge o libera scelta del metodo? Metodologia giuridica e pragmatica giudiziaria, in Criminalia 2007.
140
ENGISH K., Logische studien zur Gesetzesanwendung, Heidelberg, 1960, secondo il quale l’interpretazione, in quanto processo di realizzazione e concretizzazione del diritto nel caso concreto, è un “andirivieni dello sguardo”140 tra norma e
fatto.
141
PAGOTTO C., La disapplicazione della legge, op. cit..
142
CRISAFULLI V.,voce Disposizione (e norma), in Enc. dir., XIII, Milano,
1964. Id., Lezioni di diritto costituzionale. II. L’ordinamento costituzionale italiano.
Le fonti normative, Padova, 1993. Crisafulli individua nella disposizione qualunque
fonte-atto dell’ordinamento giuridico capace di esprimere una “volontà di disporre”.
La disposizione, pertanto, contiene una “determinazione volontaria” riferibile ad un
soggetto determinato. La disposizione, inoltre, deve sempre essere “inclusa nella
parte imperativa o precettiva dell’atto”, oltre a promanare da soggetti competenti
alla sua deliberazione. La norma è, invece, il frutto, la “conseguenza” della interpretazione della disposizione. La norma viene “rivelata” dalla disposizione, la quale
rappresenta una “dichiarazione vincolante e insostituibile” della stessa.
143
LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto
comunitario, Giappichelli, Torino, 1998.
80
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
ed il giudice ne è protagonista indiscusso144. Di conseguenza "il diritto non è
ma si fa concretamente" (Betti E.) attraverso l'opera giurisprudenziale.
Può, dunque, dirsi superata l’idea che la funzione giudiziaria sia prevalentemente conservativa dell’ordine giuridico145. Il giudice non è più considerato (quant'anche lo sia mai stato) “bouche de la loi” con funzioni mera146
mente esecutive , bensì è visto come un innovatore dell’ordine giuridi147
co . Egli, infatti, principiando dal dettato normativo, giunge “ad una deci-
144
MILLARD E., Teoria generale del diritto, Giappichelli, 2009.
145
Si tratta di una concezione cara alla dottrina montesquiviana della separazione
dei poteri che ha avuto grande seguito con l'entrata in vigore del Code Napoleon
(1804). In tema si legga TARELLO G., Organizzazione giuridica e società moderna, in Amato G.-Barbera A. (a cura di), Manuale di diritto pubblico, il Mulino, Bologna, 2008.
146
ROMBOLI R., Il ruolo del giudice nella società che cambia. Modelli di giudice e complessità sociale, op. cit.. Il rapporto tra legislatore e giudici non è configurabile in termini di gerarchia “ponendosi i due soggetti in una posizione di assoluta
parità, ognuno certamente secondo il proprio ruolo, nello svolgimento e nella determinazione dell’ordinamento giuridico”. CAVINO M., Esperienze di diritto vivente. La giurisprudenza negli ordinamenti di diritto legislativo, vol. I, Giuffrè, Milano,
2009: "Le teorie formaliste dell’interpretazione, fondate sulla cosiddetta ideologia
del codice, prevalenti fino alla prima metà del secolo scorso (...), decisamente influenzate da una concezione forte della separazione dei poteri (...) riducono
l’attività interpretativa ad una facile ricognizione della intenzione del legislatore
intesa come sua volontà politica soggettiva". Tradizionalmente la volontà del legislatore veniva considerata immanente al testo di legge e l’interprete (giudice o semplice operatore del diritto), dopo averla ricostruita fedelmente, vi doveva prestare
ossequio assicurando alla norma pronta attuazione. Un sistema nel quale, dunque,
residuava poco spazio per apporti creativi dell’organo giudicante. A ciò aggiungasi
che l’osservanza della voluntas legis era favorita dalla omogeneità culturale, sociale
e politica tra potere legislativo e potere giurisdizionale.
147
Il diritto giudiziario come complesso di regole e principi prodotti dai tribunali
e nei tribunali si colloca nella più ampia teoria “del doppio volto del diritto” (Merkl
A.) secondo la quale l’applicazione del diritto è sempre, al contempo, anche atto di
creazione del diritto. La tesi della natura creativa della funzione giurisdizionale è
sostenuta, tra gli altri, da CAPPELLETTI M., Giudici legislatori?, Milano, 1984.
GUASTINI R., Il giudice e la legge, op. cit.. ZAGREBELSKY G., Il diritto mite,
op. cit.. TARUFFO M., Precedente e giurisprudenza, Editoriale scientifica, Napoli,
Parte Prima
81
sione alla quale concorrono anche le sue autonome valutazioni e le sue scelte”148. Infatti, nell’esercizio della discrezionalità il giudice compie talvolta
scelte politiche (nell’accezione scientifica del termine) alla ricerca di una
mediazione tra i molteplici interessi in conflitto149.
L’organo giurisdizionale è, in definitiva, chiamato a chiarire disposizioni
150
oscure o ad integrare lacune del sistema . Come magistralmente affermato
da Andrioli "quello che non fa il legislatore lo fa il giudice se ne è capace".
Ed in questo ruolo il giudice è sempre più solo nell’età della globalizzazione
segnata dal crepuscolo dell'autorità statale151.
La funzione creativa (o concreativa) dell'organo giurisdizionale viene valorizzata, in special modo, nell’ambito della ermeneutica costituzionale152.
La Costituzione, momento di sintesi di valori e principi di un sistema giuri-
2007. PICARDI N., La giurisdizione all’alba del terzo millennio, Milano, 2007.
ZACCARIA G., La giurisprudenza come fonte di diritto-Un’evoluzione storica e
teorica, Editoriale Scientifica, Napoli, 2007.
148
LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento op. cit.. CANALE D., La
precomprensione dell’interprete è arbitraria?, in Ars Interpretandi, Annuario di
ermeneutica giuridica, 11, 2006.
149
Sulle problematiche connesse all'interpretazione giudiziale TARUFFO M.,
Precedente e giurisprudenza, op. cit.. ASCARELLI T., Giurisprudenza costituzionale e teoria dell’interpretazione, in Riv. dir. proc., 1957.
150
BARTOLE S., Il potere giudiziario, il Mulino, Bologna, 2008.
151
NITRATO IZZO V., La solitudine del giudice globale, in Ars Interpretandi,
Annuario di ermeneutica giuridica, XI, 2006.
152
PALADIN L., Le fonti del diritto italiano, il Mulino, Bologna, 2000, secondo
cui con l’entrata in vigore della Costituzione “svanisce l’idea del sistema normativo
bello e fatto, ontologicamente dato e quindi preesistente rispetto al momento interpretativo”e“subentra, in suo luogo, la realistica visione di un sistema in movimento
soggetto a continue evoluzioni: dipendenti non solo dal sopravvenire di nuove discipline, atte a spostare il senso e la portata delle stesse discipline relative ad altre materie o branche dell’ordinamento, ma dall’intrinseco mutare degli indirizzi interpretativi e applicativi, pur fermi restando gli iniziali disposti della Costituzione e della
leggi”. Vedasi anche TREVES R., Giustizia e giudici nella società italiana, Bari,
1972. REBUFFA G., La funzione giudiziaria, III ed., Giappichelli, Torino, 1993.
CAPPELLETTI M., Giudici legislatori?, op. cit..
82
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
dico153, racchiude in sé concetti spesso vaghi e indeterminati154, clausole generali155 che necessitano di una continua attività interpretativa156. Particolarmente accurata è l’attività di scelta, composizione e ponderazione di principi e valori, funzionale ad una progressiva costruzione dei significati del testo costituzionale157.
153
CARTABIA M., Principi inviolabili e integrazione europea, Giuffrè, Milano,
1995.
154
LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento, op. cit.. Per l’autrice “la
presenza di concetti indeterminati all’interno del testo costituzionale consente
un’ampia discrezionalità nel potere giudiziario, che può anche produrre uno spostamento di potere”.
155
ELIA L., Il potere creativo delle Corti costituzionali, in AA.VV., La sentenza
in Europa. modello, tecnica, stile, Padova, 1988. ZAGREBELSKY G., Il diritto mite, op. cit.. DOGLIANI M., Interpretazioni della Costituzione, Milano, 1982, il quale vede nella Costituzione “uno schema da riempire e da definire” e “un insieme di
limiti da non travalicare”.
156
LIPARI N., Valori costituzionali e procedimento interpretativo, in Riv. trim.
dir. proc. civ., 2003.
157
Sulla funzione e sulle modalità dell’interpretazione costituzionale ASCARELLI T., Giurisprudenza costituzionale e teoria dell’interpretazione, op. cit.: "Oggetto dell’interpretazione non è una norma, ma un testo (o un comportamento); è in
forza dell’interpretazione del testo (o del comportamento) e perciò sempre in forza
di un dato che a rigore può dirsi passato, storico, che si formula la norma (come
presente ed anzi proiettata nel futuro). Questa una volta espressa torna necessariamente ad essere applicata e perciò appunto ogni applicazione di una norma richiede
l’interpretazione di un testo (o di un comportamento) e cioè in realtà la formulazione (ai fini dell’applicazione) della norma. Questo lavoro…è il lavoro della stessa
applicazione del diritto". In argomento anche PIERANDREI F., L’interpretazione
della Costituzione, in Studi di diritto costituzionale in memoria di L. Rossi, Milano,
1952, 512. GUASTINI R., Teoria e ideologia dell’interpretazione costituzionale, in
Giur. cost. n. 1 del 2006, 743. MORTATI C., Costituzione, dottrine generali e Costituzione della Repubblica italiana, in Enc. dir., 1962, 178; PIZZORUSSO A.,
L’interpretazione della Costituzione e l’attuazione di essa attraverso la prassi, in
Riv. trim. dir. pubbl., 1989, 11. BALDASSARRE A., Costituzione e teoria dei valori, in Pol. dir., 1991, 639. RIMOLI F., Costituzione rigida, potere di revisione e interpretazione per valori, in Giur. cost., 1992, 3768. DWORKIN R., L’impero del
diritto (1986) trad. it. Caracciolo L., Milano, 1989. BERTI G, Interpretazione costi-
Parte Prima
83
La funzione creativa del giudice si esprime, pertanto, al massimo grado
nell’attività di elaborazione dei principi fondamentali158 e generali, la quale
al di là dell’esegesi costituzionale, è estensibile ad ogni testo e a qualsivoglia
plesso giurisdizionale.
L’uso di una tecnica normativo-interpretativa per principi è tipica del costituzionalismo novecentesco: l’affermazione di una higher law, che pone
fine al mito dell’onnipotenza del legislatore, si coniuga, soprattutto in ambito
pubblicistico, con la valorizzazione dei diritti e delle libertà del cittadino
quali valori fondanti l’ordinamento nel suo complesso159. Secondo autorevole dottrina “i principi appaiono come un fattore ineliminabile nell’arte e nel
processo della normazione e dell’interpretazione o, che è la stessa cosa, sono strumenti indispensabili all’evoluzione del diritto”160.
I principi generali rivestono, così, un ruolo di primo piano assolvendo a
plurime funzioni:
a) mezzi di auto-integrazione dell’ordinamento;
b) parametri di legittimità delle disposizioni normative e amministrative;
c) strumenti per l'interpretazione di regole criptiche ed oscure.
161
I principi si presentano come prescrizioni immediatamente precettive .
tuzionale, Cedam, Padova, 2001. BISOGNI G., I Costituenti e la giustizia costituzionale ovvero della teoria dell’interpretazione giuridica fra linguaggio e potere, in
A. Catania-G. Preterossi (a cura di), Forme della violenza, violenza della forma, Edizioni scientifiche, Napoli, 2007. AZZARITI G. (a cura di), Interpretazione costituzionale, Giappichelli, Torino, 2007.
158
GIANFORMAGGIO L., L’interpretazione della Costituzione tra applicazione di regole ed argomentazione basata su principi, in Riv. it. fil. dir., 1985, 65.
DOGLIANI M., Interpretazioni della Costituzione, Milano, 1982. MODUGNO F.,
Scritti sulla interpretazione costituzionale, Editoriale scientifica, Napoli, 2008.
AMORTH A., La Costituzione italiana: Commento sistematico, Giuffrè, Milano,
1948.
159
ZAGREBELSKY G., Il diritto mite, op. cit..
160
ALPA G., I principi generali, II ed., in Trattato di diritto privato, a cura di G.
Iudica e P. Zatti, op. cit..
161
Sul ruolo precettivo dei principi concorda anche la giurisprudenza amministrativa: Adun. Plen. Cons. Stato n. 3 del 1961, in Cons. Stato 1961, secondo la quale “non vi è settore alcuno di pubblica amministrazione che sia sottratto all’impero
84
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Normalmente si ricavano da norme positive "attraverso un procedimento di
astrazione e generalizzazione crescente"162. I principi rappresentano il “tra163
sformatore permanente” di ogni ordinamento , quale valvola di aggiornamento e rinnovamento continuo. Per tali ragioni non possono assumere la
forma di enunciati precisi, assoluti e rigidi, bensì devono ispirarsi ai caratteri
164
165
della elasticità e relatività . I principi, infatti, sono “scatole vuote” che il
giudice riempie di significato, dopo un’accurata opera di weighing and balancing166. In tal modo i principi consentono al giudice splendidi salti in avanti rispetto al legislatore soprattutto nell'assicurare tutela, sia pure case by
case, alle situazione giuridiche soggettive individuali.
Nel quadro così prospettato, che assegna al giudice una funzione creativa
dell'ordine giuridico (judge-made law), si colloca l’attività interpretativa della Corte di giustizia, per molti aspetti assimilabile a quella di un giudice costituzionale.
del diritto” perché “il diritto amministrativo risulta appunto non soltanto da norme
giuridiche ma anche da principi che dottrina e giurisprudenza hanno elaborato e
ridotto a unità e dignità di sistema”. In tal modo il sistema può dirsi completo e senza lacune incolmabili.
162
CRISAFULLI V., Per la determinazione del concetto dei principi generali
del diritto, in Riv. int. fil. dir., 1941.
163
BARAK A., La discrezionalità del giudice (1989), Milano, 1995.
164
SALA G., Potere amministrativo e principi dell’ordinamento, op. cit.. Secondo Sala “in realtà proprio la potenzialità espansiva che li connota attribuisce ai
principi una elasticità tale per cui anche i conflitti si debbono risolvere non per affermazione-negazione, validità-invalidità, ma per espansione o compressione, in relazione al peso reciproco di principi in, sempre necessario dunque, bilanciamento”.
165
DOGLIANI M., Il “posto” del diritto costituzionale, in Giur. cost., 1993.
BOBBIO N., voce Principi generali del diritto, in Noviss. dig. it., Torino, 1966,
XIII. CRISAFULLI V., Per la determinazione del concetto dei principi generali del
diritto, op. cit..
166
Infatti la ricerca giudiziale del giusto equilibrio tra principi in conflitto può
svolgersi solo case by case, poichè la ponderazione è opera concreta che richiede
elementi concreti. La natura relazionale dei principi rende inammissibili astratte gerarchie tra gli stessi, di talchè è rinviata, di volta in volta, all’interprete l’opera di valutazione e composizione dei medesimi.
Parte Prima
85
Muovendo dagli aspetti comuni, si può notare che sia la Consulta italiana
che il giudice comunitario utilizzino come base un testo di rango primario
(Costituzione e Trattati) fondativo dei rispettivi sistemi; inoltre entrambi i
plessi giurisdizionali sono chiamati ad un’attenta ermeneutica improntata alla decodificazione di principi e regole nelle fattispecie ad essi sottoposte167.
Quanto agli elementi differenziali, è evidente come il testo dei Trattati
comunitari, a differenza della Costituzione italiana, risulti frammentario e
incompleto, sicchè il giudice di Lussemburgo ha seguito un percorso ermeneutico per principi assai più creativo rispetto alla Corte costituzionale, favorendo lo sviluppo del sistema europeo mediante un’opera di vera e propria
supplenza legislativa168. In un periodo di “benevola noncuranza” delle istituzioni comunitarie169, la Corte di giustizia, nel ruolo di law-maker, ha co-
167
Per una disamina approfondita dei principi costituzionali si rinvia a AA.VV.,
Principi costituzionali, a cura di L. Mezzetti, Giappichelli, Torino, 2011.
168
BALAGUER CALLEJÒN F., Le Corti costituzionali e il processo di integrazione europea, Atti del convegno La circolazione dei modelli e delle tecniche del
giudizio di costituzionalità in Europa, ottobre 2006, Roma, Jovene, Napoli, 2010. Il
sistema comunitario, infatti, è articolato in una serie di “principi che insistono su di
un ordine frammentario e che, come tali, possono essere definiti norme senza disposizione in senso crisafulliano. Siamo in presenza, pertanto, di una Costituzione senza parole, priva cioè di quel referente testuale su cui riposa l’opera delle Corti costituzionali degli ordinamenti nazionali”. Mentre la Consulta italiana si è trovata ad
agire in un sistema giuridico-istituzionale ben formato ed operativo, la Corte di giustizia ha iniziato ad operare in un ordinamento giovane e incompleto, connotato da
taluni elementi schizofrenici: si trattava, infatti, di un ordinamento work in progress
dalle poche attribuzioni ma dagli obiettivi ambiziosi. Grandi finalità ma scarsi poteri, in un quadro caratterizzato dalle gelosie e resistenze degli Stati. La Corte di Lussemburgo è riuscita a trovare una difficile quadratura del cerchio, coniugando il più
possibile lo sviluppo delle finalità comunitarie con l'osservanza delle prerogative
nazionali.
169
STEIN E., Lawyers, judges, and making of transnational Constitution, in
American journal of international law, 1981, 1: "Tucked away in the fairyland
Duchy of Luxembourg and blessed, until recently, with benign neglect by powers
that be and the mass media, the Court of Justice of the European Communities has
fashioned a constitutional framework for a federal-type structure in Europe". Traduzione italiana: "Rintanata nel regno delle fate del ducato di Lussemburgo e benedetta, fino a poco fa, da una benigna noncuranza da parte dei poteri costituiti e dai
86
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
niato nuovi principi, completando l’intelaiatura dei Trattati e sviluppando
l'integrazione europea nel segno delle libertà individuali.
Tali principi, inoltre, hanno delineato i tratti distintivi del giovane sistema
comunitario, rimarcandone l’originalità e l’autonomia rispetto
all’ordinamento internazionale e agli ordinamenti statuali. Questo percorso è
stato reso possibile inizialmente attraverso l’affermazione dei valori della
primauté e della diretta efficacia delle norme comunitarie, per poi proseguire
con la valorizzazione delle libertà economiche e dei principi amministrativi
sino alla proclamazione dei diritti umani.
Dalla progressiva ed incessante costruzione ermeneutica del giudice comunitario è scaturita una “costituzionalizzazione” dei Trattati170, trasformati
di fatto in documenti di rango primario. Anche le tecniche interpretative del
giudice comunitario tendono oggi a divergere da quelle proprie del diritto
internazionale per avvicinarsi ai metodi tipicamente nazionali dei giudici
domestici. Come si approfondirà nei paragrafi successivi, l’esegesi della
Corte di Lussemburgo ha generato numerosi principi non scritti, ricavandoli
dai Trattati, degli atti di diritto derivato, dalle tradizioni costituzionali degli
Stati membri e dal diritto internazionale. Il giudice comunitario ha, così, agito in una prospettiva teleologicamente orientata al perseguimento delle finalità comunitarie, attingendo anche al materiale giuridico degli ordinamenti
nazionali.
La Corte di giustizia, in particolare, ha saputo ritrovare le radici dei propri principi nei sistemi giuridici statuali, che hanno, dunque fornito i mattoni
per la costruzione di un ordinamento nuovo, del quale essi risultano, a pieno
titolo, partecipi e verso il quale hanno l'obbligo di non assumere atteggiamenti di estraneità o contrapposizione. In questo modo il giudice comunitamass media, la Corte di giustizia delle Comunità europee ha forgiato una cornice
costituzionale di un’Europa di tipo federale".
170
Anche se formalmente si è al cospetto di normali accordi internazionali, con il
Trattato di Lisbona la tendenza è ormai nel segno di una loro costituzionalizzazione,
mediante la codificazione di valori e principi cogenti tipici di una Carta costituzionale. Peraltro già con il Trattato di Roma (2004), taluni consideravano avviato il processo di costituzionalizzazione dell’Unione europea. A ben vedere le premesse della
trasformazione del Trattato da atto internazionale in Costituzione sono insite nella
stessa struttura del sistema comunitario che ha tra i suoi più diretti destinatari anche i
cittadini degli Stati membri.
Parte Prima
87
rio ha saputo coniare e definire progressivamente i caratteri e l'ambito applicativo di una vasta serie di principi dal forte impatto amministrativo, principi
che, attraverso la conformazione degli ordinamenti statuali, hanno impresso
un'accelerazione al processo di conquista da parte dei cittadini europei di
nuovi spazi di libertà dinanzi ai pubblici poteri.
2.2. I principi nella teoria generale del diritto: la distinzione tra
principi e regole
Prima di esaminare nel merito rango, natura e caratteristiche dei
principi comunitari, occorre in via preliminare decriptare il più generale concetto di principio, collocarlo nel sistema e tracciarne le differenze con figure affini171.
Il dibattito sul ruolo e sui tratti distintivi dei principi generali è
sempre stato vivo in dottrina. D'altro canto secondo la lezione del Savigny non sarebbe un buon giurista colui il quale non abbia la giusta
padronanza dei principi.
I principi generali costringono l’operatore ad interrogarsi sulla loro
natura giuridica, se siano norme o meno, e in caso di risposta affermativa, da dove essi vengano ricavati, in quali tipologie si articolino e
con quali caratteristiche. Da ultimo sulla base di quali criteri essi possano distinguersi da figure similari.
Con l’espressione principi generali si indicano “cose molto diverse”, sicchè l’istituto non si appalesa “né semplice né unitario” (Bobbio
N.). Nella dogmatica tradizionale per principi generali del diritto o
dell’ordinamento172 si intendono gli orientamenti e le direttive di ca171
BONGIOVANNI G., Principi come valori o come norme: interpretazione, bilanciamento e giurisdizione costituzionale in Alexy e Habermas, in Ars interpretandi, Annuario di ermeneutica giuridica, 2005.
172
BOBBIO N., voce Principi generali di diritto, in Noviss. dig. it., XIII, cit.. Il
dibattito in Italia sui principi generali del diritto muove i primi passi dallo scontro tra
la concezione legalistica sostenuta da V. Scialoja nel saggio del 1880 “Del diritto
positivo e dell’equità” e la concezione giusnaturalistica di G. Del Vecchio nella sua
88
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
rattere generale e fondamentale o meglio le travi maestre su cui è co-
opera del 1921 “Sui principi generali del diritto”. Per uno studio approfondito dei
principi generali del diritto o dell’ordinamento si rinvia, a titolo esemplificativo, ai
seguenti contributi: AA.VV., Principi costituzionali, a cura di L. Mezzetti, op. cit..
LEVI G., L’interpretazione della legge: i principi generali dell’ordinamento giuridico, Giuffrè, Milano, 2006. GIANNINI M.S., Genesi e sostanza dei principi generali del diritto, ora in Scritti 1991-1996, IX, Milano, 2006. AA.VV., Convegno sul
tema "I principi generali del diritto", Roma, 27-29 maggio, 1991, Accademia nazionale dei lincei, Roma, 1992. MODUGNO F., Principi generali dell’ordinamento, in
Enc. giur. XXIV, Treccani, Roma, 1990. BETTI E., Sui principi generali del nuovo
ordine giuridico, in Riv. dir. comm., 1940. CRISAFULLI V., Per la determinazione
del concetto dei principi generali del diritto, op. cit.. GUASTINI R., Sui principi di
diritto, in Dir. soc., 1986. ITALIA V., Principi generali e principi determinati dalla
legge, Milano, 2000. PACCHIONI G., I principi generali del diritto, in Arch. giur.,
1924, 133. ATIENZA M., El derecho como argomentaciòn. Concepciones de la argumentaciòn, Ariel, Barcellona, 2006. DALLARI G., Principi generali del diritto,
Milano, 1935. VIARO M., I principi generali del diritto, Cedam, Padova, 1969.
SORRENTINO
F.,
I
principi
generali
dell’ordinamento
giuridico
nell’interpretazione e applicazione del diritto, in Dir. soc., 1987, 181. TOZZI, I
principi generali del diritto e il positivismo giuridico, in RIFD, 1957,749.
BOULANGER J., Principes généraux du droit et droit positif, in Le droit privé au
milieu du XXe siécle, Études offertes à Georges Ripert, I, LGDJ, Paris, 1950. RESCIGNO P., Sui principi generali del diritto, in Riv. trim dir. proc. civ., 1992, 379.
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op. cit.. ORESTANO F., Nuovi principi, Bocca, Milano, 1939. ALEXY R., Teorìa
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diritto e positivismo giuridico (1970) ora in R. Guastini, Problemi di teoria del diritto, il Mulino, Bologna, 1980. PINO G., Principi e argomentazione giuridica, in Ars
interpretandi, Annuario di ermeneutica giuridica, 2009, 131. ZAGREBELSKY G.,
Diritto per: valori, principi o regole?, in Quad. fior. st. pens. giur. mod., 31, 2002,
865. DE CARVALHO DANTAS M.E., Un approccio alla dinamica
dell’applicazione di regole e principi, in Ars interpretandi, Annuario di ermeneutica
giuridica, 2005. COLEMAN J.L., La pratica dei principi. In difesa di un approccio
pragmatista della teoria del diritto, il Mulino, 2006. KRAMER E.A, Le funzioni dei
principi generali del diritto: tentativo di strutturazione, in Eur. dir. priv., 2002, 977.
Parte Prima
89
struito un sistema giuridico173.
I principi vengono altresì definiti come “poli giuridici da cui
l’ordinamento viene attratto; però questa forza attrattiva cambia da
luogo a luogo e da epoca a epoca; sotto la medesima formula si celano significati diversi; ciò comporta che i principi non possono considerarsi immutabili e debbono essere storicizzati”174.
Per la natura relativa e cangiante, i principi generali sono stati oggetto di molteplici studi dagli esiti più disparati. Li si può suddividere
in varie categorie:
a) principi dell'ordinamento comunitario;
b) principi di rango costituzionale;
c) principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato175;
d) principi settoriali concernenti determinate materie176.
Qualsivoglia catalogazione, ad ogni modo, rischia di scontare un
certo grado di approssimazione. Inoltre, ad oggi, distinzioni nette non
sembrano auspicabili in quanto un medesimo principio può appartenere simultaneamente a più di una categoria.
173
Corte cost., 26 giugno 1956, n. 6, in www.cortecostituzionale.it. Secondo la
Consulta i principi generali dell'ordinamento sono "quegli orientamenti e quelle direttive di carattere generale e fondamentale che si possono desumere dalla connessione sistematica, dal coordinamento e dalla intima razionalità delle norme che
concorrono a formare, in un dato momento storico, il tessuto dell'ordinamento giuridico vigente".
174
SCHLESINGER R., The nature of general principles of law, Bruxelles, 1964.
175
L'art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale testualmente recita: "Se
una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo
alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell'ordinamento giuridico dello
Stato". Nel contesto storico in cui fu elaborata la disposizione vigeva un modello
positivista e statalista nel quale i principi ricoprivano un ruolo sussidiario e secondario, subordinato alla legge dello Stato. Oggi, alla luce della riforma del Titolo V
Cost. (l. cost. n. 3 del 2001) sarebbe più appropriato utilizzare l'espressione "principi
generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica".
176
PICOZZA E., La nuova legge sull’azione e sul procedimento amministrativo.
Considerazioni generali: i principi di diritto comunitario e nazionale, in Cons. Stato, 2005, II, 1419.
90
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Sui principi generali si è detto tutto ed il contrario di tutto. Senza
voler ripercorrere il dibattito dottrinario che per decenni ha attraversato il panorama giuridico italiano ed europeo, è d'obbligo principiare
dall'idea della normatività dei principi177: i principi sono norme che
appartengono all'ordinamento giuridico. Ma anche le regole sono
norme. Dunque vi sono differenze? E se si, quali elementi segnano il
confine tra le due figure178?
Tralasciando l’orientamento estremo, in auge soprattutto in passato,
che esclude la giuridicità dei principi accostandoli a forme di argomentazione morale179, in ordine alla distinzione tra regole e principi
esistono tre scuole di pensiero: la prima che propone una distinzione
forte (qualitativa, ontologica, logica); la seconda sostenitrice di una
distinzione debole (quantitativa e di grado); la terza intermedia che attinge alle prime due rimodulandone taluni elementi180.
La teoria della distinzione forte181 muove dall’assunto che i principi
177
Tra i molteplici seguaci di questo orientamento BOULANGER J., Principes
généraux du droit et droit positif, op. cit.. CRISAFULLI V., Per la determinazione
del concetto dei principi generali del diritto op. cit.. SCIALOJA V., Del diritto positivo e dell’equità, Camerino, 1880, poi in Studi giuridici, Anonima, Roma, 1932-34,
vol. III. Ad essi si contrappone DEL VECCHIO G., Sui principi generali del diritto,
in Arch. giur., 1921, I, 331, secondo cui i principi generali del diritto sarebbero principi di diritto naturale idonei ad integrare ed arricchire dall’esterno l’ordinamento.
178
Per una panoramica generale MEZZETTI L., Valori, principi, regole, in Principi costituzionali a cura di L. Mezzetti, op. cit..
179
Questa tesi è stata recentemente riproposta da CELANO B., Principi, regole,
autorità, in Europa e dir. priv., 2006, 3, 1061. Secondo l’autore sia i principi che le
regole non appartengono al campo della giuridicità, bensì a quello della morale, non
potendo considerarsi norme in senso proprio. Tra principi e regole, inoltre, non sussisterebbero differenze significative ed apprezzabili.
180
181
PINO G., Principi e argomentazione giuridica, op. cit..
BETTI E., Interpretazione della legge e degli atti giuridici, Milano, 1949.
DWORKIN, R., Taking right seriously, II ed., Duckworth, London, 1978, trad. it., I
diritti presi sul serio, il Mulino, Bologna, 1994. ALEXY R., Teorìa de los derechos
fundamentales, op. cit.. ZAGREBELSKY G., Il diritto mite, op. cit.. ATIENZA M.–
RUIZ MANERO J., Tre approcci ai principi del diritto, in Analisi e diritto, 1993, 9.
Parte Prima
91
abbiano nel proprio pedigree elementi propri e inconfondibili diversi
da quelli delle regole. Ai principi, quali norme essenziali
dell’ordinamento, “si aderisce”, mentre alle regole “si ubbidisce”. I
principi presentano un elevato tasso di generalità, vaghezza e indeterminatezza (si definiscono pertanto norme aperte o “norme senza fattispecie”), mentre le regole sono norme che ricollegano conseguenze
giuridiche a fattispecie precise e determinate.
Questa scuola di pensiero evidenzia, poi, come di solito i principi
esprimano valori direttamente percepibili, mentre le regole in tal senso
risulterebbero maggiormente opache182. L'importanza dei principi, inoltre, va calibrata caso per caso attraverso un giudizio di bilanciamento che può sfociare anche nell’applicazione temperata di una pluralità di principi confliggenti. Le regole, viceversa, “non si pesano”, si
applicano o non si applicano e, in caso di antinomie, l’applicazione di
una regola esclude la contemporanea applicazione dell’altra, senza
possibilità di coesistenza. Da ultimo i principi sono norme prescrittivo-categoriche mentre le regole seguono una struttura ipotetica. In definitiva questo orientamento conferisce normatività ai principi, ma una
normatività diversa rispetto a quella propria delle regole giuridiche,
riconducibile a differenze strutturali e funzionali. Questa teoria è stata
nel tempo applicata in modo eterogeneo (e talvolta anche travisata).
Alcuni183 hanno svalutato il ruolo dei principi considerandoli meri au-
MENGONI L., Ermeneutica e dogmatica giuridica, op. cit.. MARTÌNEZ ZORRILLA D., Conflictos constitucionales, ponderaciòn e indeterminaciòn normativa, Marcial pons, Madrid, 2007, 81.
182
PERRY S., Two models of legal principles, in Iowa Law Review, 82, 1997,
787: "I principi hanno un contenuto esplicitamente valutativo, mentre il contenuto
delle regole riguarda la descrizione di una azione". Certamente anche le regole sono
finalisticamente orientate al perseguimento di un valore che può essere politico, morale, ecc., ma ciò avviene in forme criptiche, senza che se ne abbia un’immediata
percezione.
183
ALEXANDER L., Kress, against legal principles, in Marmor A., Law and interpretation, Oxford U.P., Oxford, 1995. ALEXANDER L.–SHERWIN E., The rule
of rules. Morality, rules and the dilemmas of law, Duke U.P., Durham, 2001.
92
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
spici di politica legislativa o norme c.d. programmatiche. Altri184 ne
hanno, invece, esaltato la portata, sottolineando la funzione-guida dei
principi nella applicazione ed eventualmente nella disapplicazione
delle regole con essi in contrasto. Ed è ciò che accade nell'ambito
dell'ordinamento comunitario ove operano i principi elaborati dalla
Corte di giustizia quale species del più ampio genus dei principi generali. Dalla loro precettività discende l'obbligo gravante sulle autorità
giurisdizionali e amministrative domestiche di disapplicazione delle
norme nazionali con essi in conflitto. Questa attività tende a decostruire progressivamente l'ordinamento italiano e a conformarlo ai dettami
comunitari.
Quanto al secondo orientamento, i fautori della distinzione debole185 ritengono che i principi e le regole, in quanto appartenenti alla
più ampia famiglia delle norme, abbiano gli stessi elementi e pertanto
il relativo discrimen andrebbe rinvenuto nel grado dei rispettivi caratteri strutturali, rintracciando così differenze di tipo quantitativo (e non
qualitativo).
La tesi più convincente appare, comunque, la tesi mediana la quale,
rifuggendo da classificazioni nette e aprioristiche, attinge elementi sia
dalla teoria forte che dalla teoria debole. Secondo tale orientamento la
differenza tra principi e regole sarebbe non già ontologica, bensì di ti184
DWORKIN R., Taking right seriously, op. cit.. ATIENZA M.–RUIZ MANERO J., Ilìcitos atipico. Sobre el abuso del derecho, el fraude de ley y la desviaciòn de poder, Trotta , Madrid, 2000.
185
RAZ J., Legal principles and the limits of law, in Yale law journal, 81, 1972,
823. MacCORMICK N., Ragionamento giuridico e teoria del diritto, Giappichelli,
Torino, 2001, cap. IX. GIANFORMAGGIO L., Filosofia del diritto e ragionamento
giuridico (a cura di), Diciotti E. e Velluzzi V., Giappichelli, Torino, 2008. TWINING V.–MIERS D., Come far cose con regole, Giuffrè, Milano, 1990. HART, Postscript, op. cit.. COMANDUCCI P., Assaggi di metaetica due, Giappichelli, Torino, 1998. PRIETO SANCÌS L., Ley, principios, derechos, Dykinson, Madrid, 1998.
SULLIVAN K., Forward: the justices of rules and standards, in Harward Law Review, 106, 1992. GUASTINI R. Teoria e dogmatica delle fonti, op. cit.. DICIOTTI
E., Interpretazione della legge e discorso razionale, Giappichelli, Torino, 1999.
BARBERIS M., Filosofia del diritto. Un’introduzione teorica, Giappichelli, Torino,
2008.
Parte Prima
93
po graduale e relazionale. In primo luogo una norma assume la veste
di principio quando normalmente possiede talune caratteristiche
(maggior genericità e indeterminatezza186 della fattispecie, apertura
alle eccezioni, maggior peso in sede applicativa) in misura superiore
rispetto ad altre norme (le regole). In secondo luogo “una norma può
avere valore di principio rispetto ad alcune norme, e non averlo rispetto ad altre”187. Dunque a livello teorico risulta alquanto ardua una
distinzione universale tra regole e principi, dovendo la stessa ricercarsi
in concreto in base alle variabili peculiarità della fattispecie. Con riferimento alla genericità e all’indeterminatezza, esse sono caratteristiche
ricorrenti nei principi. La genericità del principio si palesa soprattutto
nelle conseguenze normative188 che risultano generiche e indeterminate189. Genericità e indeterminatezza sono, comunque, proprietà gra-
186
Sulla genericità e indeterminatezza dei principi RAZ J., Legal Principles and
the limits of law, op. cit.: “I principi sono spesso formulati in modi che lasciano il
loro contenuto indeterminato. I principi prescrivono azioni estremamente indeterminate (…). Un atto è estremamente indeterminato se può essere compiuto in circostanze differenti per mezzo di molti atti generici eterogenei in ciascuna circostanza”.
Pertanto una norma generica è una norma suscettibile di essere applicata in modi eterogenei. Si veda anche il contributo di LUZZATI C., Prìncipi e princìpi. La genericità nel diritto, Giappichelli, Torino, 2012. La generalità di una norma non va confusa con la sua vaghezza: la generalità concerne, infatti, i destinatari del precetto che
non sono individuabili a priori, mentre la vaghezza riguarda l’esistenza di fattispecie
nelle quali è dubbia l’applicazione della norma in virtù di elementi quantitativi o
combinatori difficilmente determinabili.
187
PINO G., Principi e argomentazione giuridica, op. cit..
188
ZAGREBELSKY G., La legge e la sua giustizia, il Mulino, Bologna, 2008. I
principi sono norme “a prescrizione generica”.
189
BOBBIO N., Contributi ad un dizionario giuridico, Giappichelli, Torino,
1994. L’autore osserva che i principi “sono norme indefinite, che comportano una
serie indefinita di applicazioni”. In effetti i principi fissano un valore, un fine senza
stabilire con esattezza le modalità attraverso le quali dovrà essere realizzato. Inoltre
le stesse conseguenze che dall’applicazione del principio scaturiscono non sono definibili a priori, essendo influenzate da una molteplicità di circostanze. ZACCARIA
G., Precomprensione, principi e diritti nel pensiero di Josef Esser. Un confronto con
Ronald Dworkin, in Ragion pratica, 6, 1998. L’autore definisce i principi norme “a
94
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
duali: non sempre una regola è specifica e determinata ed un principio,
viceversa, assolutamente generico e indeterminato190. Anche il peso è
un elemento graduale e relazionale. Il peso di una norma si identifica
con il ruolo di quella norma nell’argomentazione giuridica, in termini
di elemento di decisione del caso o per il condizionamento che essa
riverbera sull’interpretazione o sull’applicazione di altre norme.
Con riferimento alla distinzione tra principi e regole, può dirsi che i
principi hanno, di solito, un peso maggiore delle regole, in quanto rilevano ai fini della decisione in un numero maggiore di casi. Inoltre,
per la loro tendenziale genericità e indeterminatezza, i principi possiedono un ambito applicativo normalmente più esteso delle regole191, in
virtù di una connaturale vis expansiva. Talvolta, però, i principi possono avere un peso inferiore alle regole per la variabilità del contributo che essi forniscono alla argomentazione giuridica.
Da questo punto di vista, invece, le regole offrono apporti normalmente più stabili poichè, essendo soggette, a differenza dei principi,
ad un numero inferiore di eccezioni implicite, garantiscono con maggior frequenza il risultato indicato dalla norma192. In relazione al peso
assunto dalle norme, va sottolineato come esso sia determinato essenzialmente da tre fattori:
virtualità indefinita”.
190
PINO G., Principi e argomentazione giuridica, op. cit.: "Una regola, ad esempio, può presentare profili di genericità e indeterminatezza se contiene clausole
elastiche come “ragionevole”, “congruo” ecc.. e d’altro canto anche i principi non
possono essere indefinitamente generici e indeterminati, pena la loro inapplicabilità, ma sono destinati ad essere concretizzati (cioè essere resi più specifici) in sede di
applicazione”.
191
Si ritiene ad esempio che il principio di uguaglianza rilevi in molti più casi rispetto alla regola di divieto dei licenziamenti sine iusta causa. Anche il principio di
buona fede trova spazio in molteplici situazioni a differenza ad es. della regola che,
in tema di obbligazioni pecuniarie, impone l’adempimento della prestazione al domicilio del creditore.
192
Questa funzione del peso nell’applicazione delle regole richiama per certi aspetti il concetto di “trinceramento” espresso dalla teoria delle regole di SCHAUER
F., Le regole del gioco. Una analisi filosofica delle decisioni prese secondo regole
nel diritto e nella vita quotidiana, il Mulino, Bologna, 2000.
Parte Prima
95
1) la posizione nella gerarchia delle fonti;
2) la valenza normativa ad essa riconosciuta in un dato contesto
giuridico;
3) le circostanze rilevanti nell’ambito applicativo della norma.
Quanto al primo elemento, la collocazione di una norma nel sistema delle fonti ne misura il “peso astratto”193. In base a tale criterio, ad
esempio, un principio costituzionale ha un peso astratto maggiore rispetto ad un principio legislativo, mentre un principio legislativo ha
un peso astratto superiore a quello di un principio consuetudinario194.
Per quanto concerne il secondo fattore, va osservato che esso consiste nel grado di adesione della norma ai valori politico-giuridici dominanti in un particolare sistema o sottosistema. I principi manifestano valori195 di vario genere. Infine il peso di una norma va soppesato
193
ALEXY R., La formula per la quantificazione del peso nel bilanciamento, in
Ars interpretandi, 10, 2005.
194
Contrario alla tesi del “peso astratto” BIN R., Diritti e argomenti. Il bilanciamento degli interessi nella giurisprudenza costituzionale, Giuffrè, Milano, 1992.
Secondo l’autore ciò che rileva è il peso concreto dei principi da valutarsi all’esito di
una ponderazione tra i medesimi. Il giudizio comparativo può effettuarsi anche tra
principi di rango diverso, ad esempio tra principi costituzionali e principi non costituzionali.
195
Per la distinzione tra “principio” e “valore” MODUGNO F., Principi e norme. La funzione limitatrice dei principi e i principi supremi o fondamentali, in ID.
(cur.), Esperienze giuridiche del ’900, Milano, 2000, 111. Modugno attribuisce natura normativa ai principi, i quali hanno una capacità normogenetica, di cui, invece i
valori, risultano privi. Tuttavia, il valore può essere presupposto od incorporato nel
principio determinandone la fattispecie: qualora si tratti di valori supremi, tali perché
posti a fondamento dell’ordinamento costituzionale dello Stato, i principi che ad essi
fanno riferimento assurgono a principi fondamentali, beneficiando di una più alta
qualificazione giuridica (principio democratico, principio di uguaglianza, principio
dell’inviolabilità dei diritti di libertà, ecc.). È evidente come la funzione normogenetica del principio sia garanzia di attuazione del valore in esso incorporato, attraverso
i precetti normativi, dei quali il principio è fonte potenzialmente inesauribile. Secondo l'autore, in definitiva, il principio non sarebbe altro che un “valore in azione”.
In argomento anche MacCORMICK N., Ragionamento giuridico e teoria del diritto,
op. cit.. JORI M., Saggi di metagiurisprudenza, Giuffrè, Milano, 1985 secondo il
quale “i principi evidenziano il valore o i valori che possono giustificare
96
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
alla luce delle circostanze applicative presenti. Tali circostanze possono essere fattuali (ad es. la concreta possibilità di applicazione della
norma secondo le risorse disponibili) o normative (ad es. la presenza
di altre norme concorrenti o confliggenti)196. In particolare alle circostanze normative sono riconducibili i c.d. “meta-principi”, ossia principi che non hanno un contenuto sostanziale ma che si riferiscono al
funzionamento della “macchina del diritto”197.
In conclusione dalla distinzione tra principi e regole possono trarsi
una serie di corollari: in primis non tutti i principi hanno la stessa importanza concreta, offrendo contributi di diversa intensità alla decisione del caso. In secondo luogo un principio può essere considerato meno importante anche di una regola, ove nell’ipotesi di conflitto sia preferibile applicare la regola198. In talune situazioni un principio può
soccombere dinanzi ad altro principio, mentre in presenza di diverse
circostanze lo stesso principio può avere la meglio sul principio in
precedenza prevalente.
Tutto ciò denota lo scarso rilievo di una gerarchia astratta tra principi e tra principi e regole, e la mutevolezza e variabilità di un giudizio
da calibrarsi in concreto alla luce delle circostanze del caso. Last but
not least non sempre tra principi e regole si rinviene una contrapposizione netta, potendo le regole rinvenire il proprio fondamento in altre
norme che assumono il nome di principi, instaurandosi così una relazione gerarchica di tipo assiologico199, in virtù della quale le prime
devono interpretarsi in conformità ai secondi200. In sede applicativa i
l’accettazione dei principi stessi”. DICIOTTI E., Interpretazione della legge e discorso razionale, op. cit..
196
RAZ J., Legal principles and the limits of law, op. cit.. ALEXY R., Teorìa de
los derechos fundamentales, op. cit.. BIN R., Diritti e argomenti, op. cit..
197
CASTIGLIONE V.S., Diritto, linguaggio, realtà. Saggi sul realismo giuridico, Giappichelli, Torino, 1995. Appartengono alla categoria dei “meta-principi” ad
es. i principi di legalità, della certezza del diritto, della distinzione dei poteri.
198
SCHAUER F., Le regole del gioco, op. cit..
199
PINO G., Norme e gerarchie normative, in Analisi e diritto, 2008.
200
PINO G., Coerenza e verità nell’argomentazione giuridica. Alcune riflessio-
Parte Prima
97
principi (in special modo quelli non scritti) conferiscono al giudice un
potere interpretativo ed applicativo ad ampio spettro; un potere che
soprattutto la Corte di giustizia utilizza per estendere l'area dei diritti e
delle libertà del cittadino coinvolto dal public power. Tuttavia i principi, essendo non già monadi distinte e indipendenti, bensì entità comunicanti in continuo dialogo e conflitto, sollevano non pochi problemi ai giudici, tanto domestici quanto comunitari, chiamati in sede
applicativa alla loro comprensione e composizione.
2.2.1. I conflitti tra principi.
Chiarite le differenze tra principi e regole, è d'obbligo esaminare il
tema delle relazioni applicative tra principi. In particolare occorre domandarsi quali siano i criteri e le tecniche utilizzati dal giudice allorchè una stessa fattispecie venga regolata da due o più principi in conflitto.
È necessario muovere da un'osservazione: la genericità e l'indeterminatezza dei principi, di solito, non consente una previsione ex ante
delle possibili antinomie, le quali potranno essere apprezzate solo con
riferimento a fattispecie concrete201. Proprio in questi casi l’interprete
è chiamato a raffinate operazioni di concretizzazione e bilanciamento
dei principi in gioco202.
In termini generali l’attività ponderativa è rimessa al giudice, anche
se non mancano casi in cui la stessa è compiuta ex ante dal legislatore203. Le interazioni tra principi non hanno, però, solo un carattere pani, in Riv. int. fil. dir., 1, 1998, 84.
201
ZAGREBELSKY G, Il diritto mite, op. cit.. GUASTINI R., Teoria e dogmatica delle fonti, op. cit.. BIN R., Diritti e argomenti, op. cit..
202
Di parere contrario FERRAJOLI L., Principia iuris. Teoria del diritto e della
democrazia, vol. I: Teoria del diritto, Laterza, Roma–Bari, 2007, secondo il quale
“nella maggior parte dei casi i principi si applicano alle loro violazioni senza che
intervengano bilanciamenti e neppure, più che in altri giudizi, opzioni soggettive di
valore”.
203
MODUGNO F., Principi generali dell’ordinamento, op. cit.. BARTOLE S.,
98
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
tologico-conflittuale. Infatti possono sussistere plurime interferenze
tali da rafforzare l'applicazione degli uni per mezzo degli altri204. Questo carattere emerge con forza nelle ipotesi di codificazione (in presenza ad es. di una Costituzione o di un Trattato), dato che normalmente un assetto di tipo sistematico è in grado di orientare in modo
più ordinato i principi al perseguimento di talune finalità. Ad ogni
modo non si è mai al riparo da possibili frizioni sempre verificabili in
relazione alla mutevolezza dei casi concreti. Questo dato rafforza ulteriormente la tesi che nega una conflittualità in astratto tra principi.
Anche perché, poi, non tutti i principi vigenti in un dato sistema risultano codificati, giacchè taluni di essi (c.d. impliciti) emergono dalla
casistica giurisprudenziale.
In tema di ponderazione è utile soffermarsi, in special modo, sulla
natura e sui caratteri dei principi impliciti. Si tratta di principi non direttamente riconducibili a specifiche disposizioni, ma ricavati in via
argomentativa da altri principi o regole. Essi possono essere formulati
secondo due direzioni: dal basso verso l’alto o dall’alto verso il basso.
Nel primo caso l'interprete ricerca per induzione il principio partendo da norme specifiche e puntuali. Nel secondo egli ricava deduttivamente da principi generali principi più specifici205. Nel sistema delle
fonti la collocazione di un principio implicito dipende dalla posizione
ricoperta dalla norma o principio da cui deriva, con conseguente applicazione del relativo regime giuridico.
Con riferimento alla tematica della risoluzione dei conflitti, è necessario occuparsi dell’attività giudiziale di bilanciamento tra principi
generali206. Il modello di riferimento è rappresentato dagli ambienti
Principi generali del diritto, (dir. cost.) cit..
204
VILLA V., Costruttivismo e teorie del diritto, Giappichelli, Torino, 1999.
CELANO B., Come deve essere la disciplina costituzionale dei diritti?, in Pozzolo
S., (a cura di), La legge e i diritti, Giappichelli, Torino, 2002.
205
206
IACONA A., L’argomentazione, Einaudi, Torino, 2005.
In dottrina il tema del bilanciamento è stato approfondito, con particolare riguardo ai principi costituzionali, da ZAGREBELSKY G., Il diritto mite, op. cit..
BIN R., Diritti e argomenti. Il bilanciamento degli interessi nella giurisprudenza
costituzionale, Giuffrè, Milano, 1992. GIANFORMAGGIO L., L’interpretazione
Parte Prima
99
antiformalisti americani in cui i giuristi ragionano non già alla stregua
di norme e concetti giuridici astratti, bensì sulla base di principi ed interessi concreti da valutare caso per caso207. I principi generali, quali
norme sui generis per natura e caratteristiche, impongono per lo più al
giudice operazioni di balancing in sede applicativa.
La ponderazione consiste nello stabilire una gerarchia assiologica
tra principi in contrasto mediante un giudizio concreto di valore. Dunque una “gerarchia mobile” variabile case by case208. Il bilanciamento
è, pertanto, il risultato di un’attività altamente soggettiva, rimessa al
giudizio discrezionale (ma non arbitrario) dell’operatore giuridico. Ciò
non significa, però, assenza di regole, dovendo l’interprete muoversi
in uno spazio legalmente dato e delimitato. Secondo parte della dottrina209 il giudice ricorrerebbe alla ponderazione, in primo luogo, ove
sussista una antinomia tra principi, in parte sovrapponibili, di carattere
parziale210.
In quest'ipotesi non sarebbe possibile utilizzare alcuno dei criteri
generali previsti per la risoluzione delle antinomie normative: non il
criterio gerarchico, avendo i principi lo stesso rango211; non il criterio
della Costituzione tra applicazione di regole e argomentazione basata su principi,
op. cit.. MORESO J.J., Conflitti tra principi costituzionali, in
http://www.dirittoequestionipubbliche.org/. GUASTINI R., Principi di diritto e discrezionalità giudiziale, in Dir. pubbl., 1998, 651.
207
LARENZ K., Storia del metodo nella scienza giuridica, 1960, Giuffrè, Milano, 1966.
208
GUASTINI R., Distinguendo. Studi di teoria e metateoria del diritto, Giappichelli, Torino, 1996, secondo il quale “il conflitto non è risolto stabilmente, una volta per tutte, facendo senz’altro prevalere uno dei due principi confliggenti sull’altro
(…); ogni soluzione del conflitto vale solo per il caso concreto e resta pertanto imprevedibile la soluzione dello stesso in casi futuri”.
209
GUASTINI R., Principi di diritto e discrezionalità giudiziale, op. cit..
210
L’espressione è di ROSS A., On law and justice, Stevens and Sons, London,
1958.
211
Anche allorchè si incontrino principi di peso diverso non è ipotizzabile alcuna
gerarchia assoluta, astratta e incontrovertibile tra i medesimi. Ogni principio, anche
il più importante, ha natura relazionale e si confronta con gli altri nelle singole fatti-
100
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
cronologico, considerandosi i principi coevi o non riconducibili ad un
preciso momento temporale. Infine non è utilizzabile nemmeno il criterio lex specialis derogat legi generali, poichè l’antinomia è parzialeparziale e non vi è alcuna relazione di specialità tra principi.
In conclusione, mentre le antinomie tra regole si risolvono agevolmente con l’applicazione di una sola delle regole in contrasto, i conflitti tra principi possono risolversi anche con l’applicazione congiunta
e calibrata di più principi, all'esito di una complessa operazione ponderativa212.
Ciò denota un più ampio potere discrezionale del giudice, che
nell’opera di ritaglio, selezione e composizione dei principi, è talvolta
autore di scelte ideologiche non propriamente giuridiche (stricto sensu), scelte che nella maggior parte dei casi ampliano l'area delle libertà
dei cives, circoscrivendo gli abusi delle pubbliche autorità.
2.3. I principi comunitari quale trait d'union tra ordinamenti e
tra giurisdizioni
L'elaborazione da parte della Corte di giustizia di una vasta gamma
specie concrete. E solo all’esito del bilanciamento giudiziale, conformato sul caso
specifico, potrà dirsi quale o quali principi trovino applicazione e con quale estensione. Per tali ragioni può affermarsi che la gerarchia normativa, tipica delle norme,
viene sostituita, in relazione ai principi, da una gerarchia di tipo assiologico.
212
DWORKIN R., Taking rights seriously, op. cit.. Per l'autore la duttilità dei
principi rappresenta il corollario della loro particolare natura ed è dovuta ad una dimensione che li differenzia dalle regole: quella del peso e dell’importanza. Infatti se
due o più principi entrano in collisione, la risoluzione del conflitto non muove
dall’applicazione dell’uno e dalla disapplicazione dell’altro, come avviene nel caso
delle regole, bensì da un esame comparativo-relazionale e da un'attività di bilanciamento dei medesimi. Le regole sono sì norme e come tali vincolanti ma, a differenza
dei principi, sono rigide e specifiche; il loro precetto o si applica o si disapplica: tertium non datur. L’antinomia tra regole, infatti, non ammette forme di coesistenza, a
differenza di quanto accade nel conflitto tra principi. In tema anche SCHIAVELLO
A., Riflessioni sulla distinzione rules/principles nell’opera di R. Dworkin, in Riv.
int. fil. dir. 1995; ZAGREBELSKY G., Il diritto mite, op. cit..
Parte Prima
101
di principi non scritti ha avuto l'indubbio merito di favorire nel corso
dei decenni l'instaurazione di appositi canali di comunicazione tra
l'ordinamento comunitario e gli ordinamenti nazionali, nonchè di
promuovere plurimi contatti tra i rispettivi plessi giurisdizionali. Ciò è
stato reso possibile, in primo luogo, dall'origine statale dei principi
comunitari, i cui elementi costitutivi, come noto, provengono dalle
tradizioni giuridiche dei Paesi membri; in secundis dall'estrema duttilità dei medesimi.
I principi comunitari hanno corroborato il disegno integrazionista
tra ordinamenti attraverso l'edificazione di solidi ponti tra la giurisdizione comunitaria e le giurisdizioni nazionali. Progressivamente l'Europa ha assistito all'emersione di un unico e integrato apparato giurisdizionale fondato su due livelli, l'uno nazionale213 e l'altro comunitario214 e su un continuo dialogo tra le Corti215, in un rinnovato scenario
213
BALAGUER CALLEJON F., Le Corti costituzionali e il processo di integrazione europea, in La circolazione dei modelli e delle tecniche del giudizio di costituzionalità in Europa, op. cit.. BARBIERI E.M., Poteri del giudice amministrativo e
diritto comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1996, 692. KOVAR R., Rapporti fra
diritto comunitario e diritti nazionali, in AA.VV., Trent’anni di diritto comunitario,
Bruxelles-Lussemburgo, 1981. L’autore definisce i giudici nazionali giudici comunitari di diritto comune. L’espressione è anche utilizzata da Trib. I grado, 10 luglio
1990, in causa T-51/89, Tetra Pak c. Commissione, in Racc. 1990.
214
Per una descrizione generale ed approfondita circa la natura e il ruolo del giudice comunitario TIZZANO A., Il ruolo della Corte di giustizia nella prospettiva
dell’Unione europea, in Scritti in onore di A. Predieri, II, Milano, 1996, 1470.
BROWN N.–KENNEDY T., The Court of Justice of the European Communities,
London, 2000. MIGLIAZZA M., Il doppio grado di giurisdizione nel diritto delle
Comunità europee, Milano, 1993. LAGRANGE M., Cour de Justice et Tribunaux
nationaux, in Gazette du palais, 1971, 1. LASOK A., The European Court of justice,
practise and procedure, Buttherworths, 1994. CONDINANZI M., Il Tribunale di
primo grado e la giurisdizione comunitaria, Milano, 1996. AZOULAY, The Court
of Justice and the administrative governance, in European Law Journal, 2001.
215
In una dimensione comunitaria i giudici nazionali sono i destinatari del dovere di leale cooperazione di cui all’art. 10 TCE (ora art. 4 TFUE), il quale costituisce
la colonna portante del sistema giuridico comunitario. Sulla “realizzazione di un circuito integrato” tra giudici nazionali e giudice di Lussemburgo MARTINICO G.,
L’integrazione silente. La funzione interpretativa della Corte di giustizia e il diritto
102
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
di judicial law making, idoneo ad instaurare forme di cogiurisdizione216. Al pluralismo normativo, dunque, si coniuga il pluralismo delle Corti, ordinato secondo un principio di sussidiarietà giurisdizionale.
Il giudice italiano è oggi vincolato, ai sensi dell’art. 101 Cost., “non
solo alla legge, al diritto e alla giurisprudenza interna, ma anche ai
principi posti-più o meno esplicitamente-dalla giurisprudenza comunitaria”217. In ambito europeo "i principi generali, nati nei sistemi
giuridici degli Stati membri, riesaminati, perfezionati e conformati
dall'ordinamento comunitario sono riproposti in ambito nazionale
corretti, ritoccati, trasformati molto spesso potenziati e con possibilità
di applicazione che superano quelle originarie"218. Anche la giurisdizione interna, poi, garantisce l’applicazione di un diritto, qual è il dicostituzionale europeo, Jovene, 2009. Sulla collaborazione tra sistemi giurisdizionali
PERLINGIERI P., Leale collaborazione tra Corte costituzionale e Corti europee.
Per un unitario sistema ordinamentale, op. cit.. ROVAGNATI A., Giudice italiano
e giudice comunitario nel processo di integrazione europea, Editoriale scientifica,
Pavia, 2010. FERRARI G.F., Corti nazionali e corti europee, Edizioni scientifiche,
Napoli, 2007. LECOURT R., L’Europe des juges, Bruxelles, 2008. ARNULL A.,
The European Union and its Court of Justice, Oxford University press, Oxford,
2006. COPPEL J.–O’NEILL A., The European Court of Justice: Taking rights seriously?, in CMLR, 1992. ALONSO GARCÌA R., Il giudice nazionale come giudice
europeo, in Quad. cost. n. 1 del 2005, 111. CONTI R., Il “dialogo” tra giudice nazionale e Corte UE, in Corr. giur., 2009, 1053. In giurisprudenza Cgce, 9 marzo
1978, in causa C-106/77, Simmenthal, in Racc. 1978. In senso conforme recentemente Cgce, 24 maggio 2012, in causa C-97/11, Amia Spa, in www.curia.europa.eu.
216
L’espressione co-giurisdizione è utilizzata da PICOZZA E., Il processo amministrativo, II ed., Giuffrè, Milano, 2009. In argomento anche BARONE A., Giustizia comunitaria e funzioni interne, Cacucci, Bari, 2008, secondo il quale “la cogiurisdizione, anzitutto, permette di superare i principali limiti operativi della colegislazione. L’azione congiunta della Corte del Lussemburgo e dei giudici nazionali, infatti, ha in buona parte consentito di ovviare alle resistenze dei legislatori nazionali rispetto all’affermazione dello spazio giuridico europeo”.
217
BIFULCO D., Il giudice è soggetto soltanto al “diritto”, Jovene, Napoli,
2008.
218
SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea, op. cit..
Parte Prima
103
ritto comunitario, formatosi in uno scenario di “globalizzazione attraverso i giudici”219.
Gli obiettivi del “cammino comunitario” si riassumono nell’idea di
garantire la primazia, nonchè l’immediata e diretta applicazione del
diritto europeo su quello nazionale, superando eventuali ostruzionismi
da parte degli Stati. Queste finalità vengono assicurate, appunto, sia
dai giudici domestici che dai giudici comunitari in una cornice di progressiva europeizzazione della scienza giuridica. I primi agiscono come “organi decentrati” della giurisdizione comunitaria220, avvalendosi
di tre strumenti:
1) l’interpretazione conforme221;
219
BIN R., Lo Stato di diritto, il Mulino, 2004: "I giudici rappresentano i capillari del sistema giuridico e del potere pubblico: tramite loro si compie il passaggio
osmotico dalla società civile, dominata dalle esperienze particolari (i casi cui i giudici devono applicarsi) ai principi generalissimi attraverso i quali i diritti vengono
dichiarati". BARONE A., Giustizia comunitaria e funzioni interne, op. cit.. Secondo
l'autore “la rottura del trinomio sovranità–territorio-giurisdizione, con la progressiva affermazione della extrastatualità della giurisdizione, conferma la prospettiva di
un giudice che si stacca dallo Stato-apparato per riferirsi alla comunità. È proprio
il riferimento della giurisdizione alla comunità che rende il giudice fattore di coesione di un ordinamento generale complesso, aperto alle contaminazioni al contempo sovranazionali e locali ed ormai slegato dalla centralità della legge statale”.
220
L’espressione è utilizzata da TIZZANO A., La tutela dei privati nei confronti
degli Stati membri dell’Unione europea, in Foro it., 1995, IV, 17. Sulle relazioni tra
giudici comuni e giudice comunitario BARONE A., Giustizia comunitaria e funzioni
interne, op. cit., ad avviso del quale “spetta esclusivamente ai giudici nazionali assicurare la compatibilità del diritto interno con quello comunitario. Il raccordo vitale
tra queste funzioni è stato individuato nell’art. 234 del Trattato CE”. Per una
disamina dell’espressione “vital link” HIMSWORTH C., Convergence and divergence in administrative law, in Beaumont P., Convergence and divergence in European public law, Oxford, 2002.
221
La Corte di Cassazione ha riconosciuto expressis verbis l’obbligo per i giudici
nazionali di interpretare il diritto interno in conformità alle fonti normative comunitarie, anche se sprovviste di effetti diretti. Ove non residuino margini per una interpretazione comunitariamente orientata, la norma interna è considerata in conflitto
con la normativa comunitaria con conseguente applicazione dei rimedi all’uopo previsti. In giurisprudenza, con riferimento alla tematica dell’interpretazione conforme
104
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
2) il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia222;
del diritto interno al diritto comunitario, si vedano, ex plurimis, Cass. civ., sez. I, 5
dicembre 2003, n. 18620, in Giust. civ. Mass., 2003. Cass. civ., sez. V, 23 giugno
2001, n. 7016, in Giur. it., 2001. Cgce, 10 aprile 1984, in causa C-14/83, Von Colson, in Racc. 1984. Cgce, 13 novembre 1990, in causa C-106/89, Marleasing, in
Racc. 1990. Cgce, 16 giugno 2005, in causa C-105/03, Pupino, in Racc. 2005. Cgce,
24 gennaio 2012, in causa C-282/10, Dominguez, in www.curia.europa.eu. In dottrina GAJA G., L’esigenza di interpretare le norme nazionali in conformità con il diritto comunitario, in Panunzio S.P.–Sciso E., Le riforme istituzionali e la partecipazione dell’Italia all’Unione europea, Giuffrè, Milano, 2002. BENEDETTI G., Quale
ermeneutica per il diritto europeo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2006, 1.
222
L’art. 234 TCE (ora art. 267 TFUE) attribuisce al meccanismo del rinvio pregiudiziale la finalità di assicurare l’uniformità interpretativa ed applicativa delle
norme comunitarie nell’ambito degli ordinamenti interni in vista di una tutela effettiva delle situazioni giuridiche soggettive di origine comunitaria. Nel genus del rinvio pregiudiziale è possibile distinguere un rinvio pregiudiziale di validità da un rinvio pregiudiziale di interpretazione. Sulla natura e sulle caratteristiche del rinvio
pregiudiziale si rinvia a CHITI M.P., Il rinvio pregiudiziale e l'intreccio tra diritto
processuale nazionale ed europeo: come custodire i custodi dagli abusi del diritto di
difesa, in www.giustizia-amministrativa.it, 2012. VON BOGDANDY A., I principi
fondamentali dell'Unione europea, op. cit.. SCHEPISI C., Rinvio pregiudiziale obbligatorio ed effettività della tutela giurisdizionale, Edizioni università di Trieste,
2003. TRIDIMAS T., Knocking on heaven’s door: fragmentation, efficiency and defiance in the preliminary reference procedure, in Com. market law rev., 2003, 9.
ANDERSON D.W.K.–DEMETRIOU M., References to the European Courts, London, 2002, 186. GIOVANNETTI T., L’Europa dei giudici. La funzione giurisdizionale nell’integrazione comunitaria, Giappichelli, Torino, 2009. MARTINICO G.,
L’ultima fase del processo di integrazione comunitaria: Fonti culturali versus fonti
politiche?, in www.federalismi.it, 2006. PESCATORE P., Il rinvio pregiudiziale di
cui all’art. 177 del Trattato CEE e la cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali,
in Foro it., 1986, V, 31. Secondo Pescatore oggetto del rinvio pregiudiziale (sia di
interpretazione che di validità) possono essere tanto le disposizioni scritte quanto i
principi generali del diritto comunitario. D’ALESSANDRO E., Il procedimento
pregiudiziale interpretativo dinanzi alla Corte di Giustizia. Oggetto ed efficacia della pronuncia, Giappichelli, Torino, 2012. Tale fenomeno si ripercuote sugli ordinamenti nazionali comportandone un progressivo riavvicinamento. Sui rapporti tra
Corti nell’ambito del rinvio pregiudiziale RAITI G., La collaborazione giudiziaria
nell’esperienza del rinvio pregiudiziale comunitario, Giuffrè, Milano, 2003. AZZENA L., Prospettive evolutive in tema di applicazione del diritto europeo e ruolo dei
giudici nazionali, in www.federalismi.it, 2005. Azzena evidenzia come il ruolo della
Parte Prima
105
3) l’obbligo di disapplicazione della norma (e dell'atto amministrativo) in conflitto con il diritto comunitario223.
Corte di giustizia sia quello di “fornire al giudice nazionale tutti gli elementi
d’interpretazione, che rientrano nel diritto comunitario, atti a consentirgli di pronunciarsi sulla compatibilità delle norme nazionali con la norma comunitaria”
(Cgce, 29 giugno 1978, in causa C-154/77, Dechmann, in Racc. 1978). “Spetta invece al giudice nazionale l’applicazione del diritto comunitario nel caso concreto e la
valutazione comparativa con il diritto”. Prosegue l’autrice affermando che “si va
così delineando un sistema il cui fulcro è costituito dal giudice (comune) nazionale,
che, in ordine al diritto nazionale, assume la Corte di Cassazione come riferimento
per la sua interpretazione; in ordine al diritto comunitario, in ragione del meccanismo di cui all’art. 234 TCE, assume come riferimento la Corte di giustizia, le cui
sentenze, pur avendo carattere meramente dichiarativo, e limitato al caso a quo,
nella pratica finiscono per avere anch’esse un’ efficacia di precedente”. CHITI
M.P., Diritto amministrativo europeo, op. cit.. Con riferimento al rinvio pregiudiziale interpretativo, l’autore precisa che “la decisione sul rinvio, facoltativa od obbligatoria, è assunta dal giudice che tratta la questione controversa in cui è emersa la
questione di interpretazione della norma comunitaria. Spetta esclusivamente al giudice nazionale valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la
necessità di una pronuncia pregiudiziale, sia la rilevanza delle questioni che propone alla Corte. I poteri del giudice vanno considerati nella luce dell’obbligo di cooperazione di cui all’art. 10 TCE. La Corte è, di regola, tenuta a statuire sulle questioni sottoposte, che vertono sull’interpretazione del diritto comunitario (sentenza
15 dicembre 1995 causa C-415/93, Bosman). Tuttavia in circostanze eccezionali, la
Corte può esaminare le condizioni in cui è adita dal giudice nazionale, al fine di verificare la propria competenza (sentenza 4 dicembre 2003, causa C-448/2001)”.
223
Sui caratteri della disapplicazione Corte cost., 11 luglio 1989, n. 389, in
www.giurcost.it: "Tutti i soggetti competenti nel nostro ordinamento a dare esecuzione alle leggi (…) tanto se dotati di poteri di dichiarazione del diritto, come gli
organi giurisdizionali, quanto se privi di tali poteri-come gli organi amministrativisono giuridicamente tenuti a disapplicare le norme interne incompatibili con le
norme comunitarie”. A tali conclusioni la Corte è giunta dopo aver notato che “poiché la disapplicazione è un modo di risoluzione delle antinomie normative, che oltre
a presupporre la contemporanea vigenza delle norme reciprocamente contrastanti,
non produce alcun effetto sull’esistenza delle stesse, e pertanto non può esere causa
di qualsivoglia forma di estinzione o modificazione delle disposizioni che ne siano
oggetto, resta ferma l’esigenza che gli Stati membri apportino le necessarie modificazioni o abrogazioni del proprio diritto interno al fine di depurarlo da eventuali
incompatibilità o disarmonie con le prevalenti norme comunitarie”. Va detto che
attraverso la disapplicazione della fonte nazionale in conflitto con il diritto comuni-
106
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Siffatti meccanismi processuali assolvono una rilevante funzione di
garanzia nei confronti dei cives, assicurando protezione alle situazioni
soggettive individuali224. Tra i rimedi a disposizione del giudice, la disapplicazione rende particolarmente efficace la tutela dei diritti e delle
libertà comunitari, in quanto strumento capace di sterilizzare, sia pure
limitatamente al caso di specie, gli atti nazionali in contrasto con il sistema comunitario.
2.4. Classificazione e funzioni dei principi comunitari
Seguendo un approccio casistico ed antinominalista, la Corte di
Lussemburgo ha utilizzato le terminologie più varie, in assenza di una
nomenclatura univoca ed omogenea225: principi generali di diritto (o
del diritto), principi generali del diritto comunitario226, principi fontario, il giudice interno esercita un controllo diffuso di compatibilità comunitaria
della legge nazionale.
224
A riguardo si rinvia al saggio di MENGOZZI P., La tutela davanti ai giudici
nazionali dei diritti riconosciuti ai singoli ed i principi generali del diritto dell'Unione, Giuffrè, Milano, 2011. Secondo Mengozzi "i giudici nazionali hanno visto
progressivamente crescere il loro ruolo di garanti del rispetto dei diritti riconosciuti
ai singoli dal diritto comunitario. Questi giudici, a cui il Trattato istitutivo della
CEE permetteva ai singoli di domandare di promuovere davanti alla Corte procedimenti pregiudiziali di invalidità di atti comunitari, sono venuti ad acquisire il diritto di chiedere ad essa l'accertamento della contrarietà di norme nazionali al diritto UE e la non applicabilità di norme nazionali con questo incompatibili, di pronunciare misure provvisorie in connessione con rinvii pregiudiziali alla Corte".
225
CAPELLI F., I principi generali come fonte del diritto, in Dir. com. sc. int.,
1986.
226
Per un esame approfondito della tematica dei principi generali dell'ordinamento comunitario si rinvia, senza alcuna pretesa di esaustività, a GROUSSOT X.,
General principles of community law, Europa law publishing, 2006. VALVO A.L.,
Contributo allo studio della governance nella Unione europea, Giuffrè, Milano,
2005. BERNITZ U.-NERGELIUS J.(eds.), General principles of European community law, 2000. TORIELLO F., I principi generali del diritto comunitario. Il ruolo
Parte Prima
107
damentali del diritto comunitario, denotando così più attenzione ai
contenuti che alla forma. Di conseguenza non sussiste dei principi
comunitari alcuna classificazione rigorosa in sede pretoria227. Tali
della comparazione, Giuffrè, Milano, 2000. SIMON D., Y-a-t-il des principes généraux du droit communautaire, in Droits, 14, 1991. ADINOLFI A., I principi generali nella giurisprudenza comunitaria e la loro influenza sugli ordinamenti degli Stati
membri, in Riv. it. dir. pubbl. comp., 1994. MARINELLI C., I principi generali del
diritto comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. com., II, 1994. MALERBE J., L’égalité en
matière fiscale dans la jurisprudence de la Cour de Justice des communautés européennes, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1994, II, 883. USHER J., General principles of
European Community law, Longman publishing, Edinburgh,1998. TRIDIMAS T.,
The general principles of EC law, Oxford, 1999. DE BURCA G. The institutional
developments of the EU: a constitutional analysis, in P. Craig-G. Burca (a cura di)
The evolution of EU law, New York, 2003. DE WITTE B., Direct effect, supremacy
and the nature of the legal order, op. cit.. SNYDER F., General course on constitutional law of the European Union, in Academy of European law, collected courses
of the Academy of European law, VI, the Hague, 1998, 41. TEMPLE LANG J.,
Community constitutional law, art. 5 EEC Treaty, in CMLR, 1990, 645. LORENZ
W., General principles of law: their elaboration in the Court of justice of the European Communities, in Am. journ. comp. law, 1964, 12. ARNULL A., The general
principles of EEC law and the individual, London, 1990. MARKESINIS B., The
gradual convergence (foreign ideas, foreign influences, and English law on the Eve
of the 21 st. Century), Oxford, Clarendon press, 1994. CHITI M.P., La meta
dell’integrazione europea: Stato, unione internazionale o "monstro simile", in Riv.
it. dir. pubbl. comp. 1996. CARTABIA M., La tutela dei diritti nel procedimento
amministrativo: la legge n. 241 del 1990 alla luce dei principi comunitari, Giuffrè,
Milano, 1991.
227
CANANEA G.-FRANCHINI C., I principi dell’amministrazione europea,
Giappichelli, Torino, 2010: In tema di principi qualsiasi “distinzione non rispecchia
completamente la realtà, rispondendo più che altro a una esigenza di sistemazione
giuridica: quindi, essa ha valore tendenzialmente indicativo. Tra i vari principi, invero, non vi è una separazione così netta, perché spesso si collegano e si intrecciano
tra loro, dando vita a diversificazioni non sempre chiarissime, in quanto connesse
ad applicazioni che variano a seconda dei casi (si pensi, in proposito, allo stretto
legame che esiste tra i principi di legalità, di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, tra quello di uguaglianza e quello di imparzialità, tra quello di
buon andamento e quello di efficiente ed efficace impiego delle risorse finanziarie e
così via). Inoltre, si riscontra una qualche difficoltà nell’opera di individuazione dei
principi stessi, perché, in mancanza di previsioni normative di carattere generale,
diviene necessario seguire il metodo empirico e, di conseguenza, risulta più difficile
108
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
principi non costituiscono un numerus clausus, bensì rappresentano un
catalogo aperto suscettibile di continui ritocchi. Una caratteristica in
linea con la filosofia antiformalista del giudice comunitario il quale,
rifiutando costrittive qualificazioni teoriche, procede secondo un
pragmatismo per obiettivi.
Ciononostante volendo, comunque, tentare una classificazione di
massima dei principi comunitari, è possibile ricorrere in primo luogo
al criterio dell’origine, distinguendo tra:
1) principi generali derivanti dal diritto internazionale;
2) principi provenienti dai diritti nazionali;
3) principi propri delle Comunità Europee228.
Summa divisio di grande importanza è anche quella tra principi di
primo grado (primato, diretta applicabilità, efficacia diretta), esclusivi
dell'ordinamento comunitario, e principi di secondo grado, positivizzati nei Trattati o coniati dalla giurisprudenza, in parte rinvenibili nelle tradizioni comuni degli Stati membri. Questi ultimi, a loro volta, si
articolano in tre sottocategorie:
a) principi generali del diritto comunitario;
b) principi propri del diritto amministrativo comunitario;
c) principi relativi ai procedimenti amministrativi comunitari.
Ogni forma di catalogazione è valida pur sempre nei limiti della relatività, anche in virtù dell'approccio antiformalista della Corte di Lussemburgo, “estremamente proficuo quando si tratta di applicare tali
principi a controversie reali”229, al di là di mere distinzioni nominalistiche.
Ai fini della presente trattazione la distinzione di maggior pregio
può esser quella tra principi scritti, ossia consacrati nei Trattati e principi non scritti elaborati dalla Corte di giustizia230. I principi generali
ricondurli a unità”.
228
TORIELLO F., I principi generali del diritto comunitario. Il ruolo della comparazione, op. cit.. Anche PICOD F., voce Principes généraux de droit, in A. BaravC. Philip, Dictionnaire juridique des communautées européennes, Paris, 1993, 858.
229
PICOZZA E., Diritto amministrativo e diritto comunitario, op. cit..
230
Sul punto si vedano PAPADOPOULOU R.E., Principes généraux du droit et
Parte Prima
109
non scritti si collocano al livello dei Trattati in posizione ad essi equiordinata. Certamente, tra questi, al vertice della gerarchia vengono
situati i principi fondativi dell'ordinamento comunitario (primato, diretta applicabilità, efficacia diretta). A loro volta i principi non scritti
si articolano in due ulteriori sub-categorie: un primo gruppo comprende i principi desunti direttamente da disposizioni dei Trattati, attraverso un'interpretazione teleologico-sistematica, secondo un metodo misto prima induttivo e poi deduttivo231. Si tratta di un meccanismo di
autointegrazione del sistema con materiale esclusivamente comunitario.
Un secondo gruppo ricomprende, invece, i principi non scritti che
la Corte ricostruisce in base ad elementi esterni desunti
dall’ordinamento internazionale o dalle tradizioni costituzionali dei
Paesi membri attraverso tecniche di interpretazione dinamica. Si è qui
al cospetto di un’attività eterointegrativa sia pure modellata sulle esigenze comunitarie.
La Corte di giustizia, pur attingendo al bacino giuridico degli Stati
membri232, sviluppa i principi in funzione degli obiettivi del sistema
droit communautaire, Bruxelles, 1996. AKEHURST M., The application of general
principles of law by the Court of Justice of the european Communities, in British
yearbook of international law, 1981. DE LA QUADRA-SALCEDO T., Manual de
derecho administrativo comunitario, Madrid, 2000.
231
MONACO R., Les principes d’interprétation suivis par la Cour de justice des
Communautés européennes, Mélanges offerts à Henri Rolin (problémes de droit des
gens), Paris, 1964. CICIRIELLO M.C., Il principio di proporzionalità nel diritto
comunitario, Editoriale scientifica, 1999, secondo la quale la costruzione dei principi non scritti consta di due fasi: "La prima rappresentata da un processo induttivo,
che consiste nell’estrarre dall’insieme delle disposizioni del Trattato una regola
fondamentale mediante l’analisi della ratio legis delle norme concordanti, mettendo
in evidenza l’essenza stessa dell’istituto; la seconda in un processo deduttivo, che
consiste nell’individuazione degli effetti che conseguono all’applicazione del principio, in modo da pervenire a conseguenze giuridiche conformi, applicando la regola
al caso concreto".
232
Al di là del dato testuale dell’art. 288 TCE (ora art. 340 TFUE)-peraltro
dall’ambito applicativo limitato-la possibilità di attingere ai principi comuni degli
Stati membri non sembra avere alcun fondamento positivo. Tuttavia ciò è costantemente avvenuto. In proposito USHER J., The influence of national concepts on deci-
110
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
europeo. Il giudice comunitario ha così modellato in via graduale il
contenuto dei principi, adattandone tanto il significato quanto l’ambito
applicativo alle specifiche esigenze del caso concreto233.
Tanto premesso a livello classificatorio, è ineludibile ora l'esame
dei caratteri e delle funzioni dei principi comunitari, in particolare dei
principi di matrice giurisprudenziale.
I principi comunitari sono “quei principi che ordinando e sistematizzando una molteplicità di regole particolari collegate tra loro in
base alla natura, all’oggetto e alla finalità perseguita adempiono ad
una duplice funzione: interpretativa e normativa nel contempo”234.
Dunque essi ricevono plurime applicazioni fungendo da:
1) criteri interpretativi di altre fonti235;
2) strumenti di integrazione delle lacune del sistema236;
sions of the european Court, in Eur. law rev., 1976.
233
A rigore i principi del diritto comunitario andrebbero distinti da quelli desumibili dalle tradizioni giuridiche degli Stati membri. Infatti i primi discendono da
una lettura sistematica delle norme positive europee, mentre i secondi sono ricavati
da regole non scritte degli ordinamenti nazionali, adattati e funzionalizzati alle esigenze comunitarie. In realtà i principi comunitari vengono costruiti dalla Corte di
giustizia attingendo proprio al patrimonio giuridico degli Stati membri sia pure con
talune manipolazioni funzionali agli obiettivi europei. In dottrina NEVILLE
BROWN L.–JACOBS F.G., The Court of Justice of the European Communities,
London, 1977. CARTABIA M., La tutela dei diritti nel procedimento amministrativo: la legge n. 241 del 1990 alla luce dei principi comunitari, op. cit.: "Senza dubbio
l'elaborazione operata dalla Corte di giustizia non consiste semplicemente in un'indagine sui principi in vigore negli Stati seguita da una meccanica assunzione
nell'ordinamento comunitario delle norme maggiormente condivise. Al contrario, la
Corte agisce in vista delle esigenze e delle peculiarità dell'ordinamento comunitario, introduce elementi propri e originali e talvolta privilegia l'interpretazione che
di un determinato principio è stata data in un particolare ordinamento. I principi
generali CEE non corrispondono, perciò, al minimo comun denominatore delle
norme fondamentali degli Stati membri".
234
CICIRIELLO M.C., L'Unione europea e i suoi principi giuridici, IV ed., Editoriale scientifica, Napoli, 2010.
235
CAPOTORTI F., Il diritto comunitario non scritto, in Tavole rotonde di diritto comunitario promosse da G. Biscottini, II, Milano, 1983.
Parte Prima
111
3) parametri di legittimità degli atti legislativi e amministrativi237.
Anche in ambito europeo, pertanto, l’impiego dei principi comunitari avviene per finalità speculari alle esperienze giurisprudenziali nazionali, “ad uso integrativo, correttivo, esplicativo delle disposizioni
vigenti che risultano oscure, lacunose, generiche”238.
I principi generali hanno la capacità di adeguare il sistema ai mutamenti del contesto sociale, preservandone la vitalità e scongiurandone una rapida obsolescenza. Infatti ogni principio, alla stregua di una
clausola generale, ha la capacità di “far respirare il diritto”239.
I principi, invero, “esprimono una forza normativa a cogente contenuto valoriale, capace di riorientare l’applicazione della regola,
quando questa secondo i criteri interpretativi applicabili, non appare
più adeguata al mutato contesto economico-sociale e comunque di sospingerla programmaticamente verso finalità rinnovate”240. In questo
236
In tema di lacune si rinvia agli studi di CANARIS C.W., De la manière de
constater et de combler les lacunes de la loi en droit allemand, in Perelman (par le
soin de), le problème des lacunes en droit, Travaux du centre national de recherches
de logique, Bruxelles, 1968. MENGOZZI P., Il diritto comunitario e dell’Unione
europea, Trattato di diritto commerciale e di diritto dell’economia, diretto da Galgano F., vol. XI, Padova, 1997.
237
TOTH A. G., voce General principles of law. The Oxford encyclopaedia of
European Community law, I, Institutional law, Oxford, 1990.
238
ALPA G., I principi generali, II ed., in Trattato di diritto privato a cura di G.
Iudica e P. Zatti op. cit.. In tema anche PAGOTTO C., La disapplicazione della legge, op. cit.: "La categoria dei principi generali occupa una posizione di primo piano
all’interno delle stesse dinamiche evolutive del diritto comunitario, considerato che,
per giurisprudenza costante, sono indicati dalla Corte di giustizia come primo parametro di riferimento per l’interpretazione delle norme settoriali che si presentino
oscure". In relazione a siffatta funzione assolta dai principi comunitari, in giurisprudenza, Trib. I grado, 6 ottobre 2005, in cause riun. T-22/02 e T-23/02, Sumitomo
Chemical c. Commissione, in Racc. 2005, II-4065. Cgce, 27 gennaio 1994, in causa
C-98/91, Herbrink, 1994, I-223.
239
Sulle clausole generali come “organi respiratori del diritto” si veda POLACCO V., Le cabale del mondo legale (1908), ora in Id., Opere minori, Modena, 1928.
240
MASSERA A., I principi generali dell’azione amministrativa tra ordinamento nazionale e ordinamento comunitario, in Dir. amm. n. 4 del 2005. Sull’argomento
112
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
modo si riconosce al sistema una chance di evoluzione in conformità
alle esigenze di volta in volta in rilievo241.
I principi comunitari vengono utilizzati dalla Corte di giustizia individualmente ma anche congiuntamente242. La loro forza risiede proprio nella versatilità e capacità di adattamento mediante le quali lo
stesso principio può "essere rinvenuto (e pertanto utilizzato) in situazioni e in contesti diversi, in quanto chiamato a giocare contemporaneamente più ruoli e funzioni"243.
Come acutamente osservato, tali principi sono il simbolo di una rivoluzione storica nella concezione del diritto in genere e del diritto
pubblico in particolare. I principi comunitari “denotano ampiamente il
passaggio da una concezione statalista e positivistica del diritto contrassegnato dal formalismo, rigorismo e tassatività nell’applicazione
e interpretazione del diritto, ad una concezione più aperta e pluralistica nella quale assumono fondamentale importanza i diritti umani,
anche a contenuto economico, sociale, collettivo e diffuso”244.
I principi comunitari hanno avuto, e tuttora hanno, una carica
“propellente” e “delimitante” (Bobbio N.), sia come molla di sviluppo dell’integrazione sia come limite all’azione dei pubblici poteri. In
special modo quelli di matrice giurisprudenziale, grazie alla forza espansiva e all’immediata precettività che li connota, operano come elementi di integrazione e di conformazione, tali da costituire un’area
si veda anche FABIANI E., Norme elastiche, concetti giuridici indeterminati, clausole generali, “standards” valutativi e principi generali dell’ordinamento, in Foro
it., 1999.
241
TESAURO G., Diritto dell’Unione europea, VI ed., op. cit.. Secondo l’autore
i principi comunitari riceverebbero molteplici applicazioni, venendo utilizzati talvolta come criteri di interpretazione, talaltra per individuare limiti all’esercizio del potere da parte dell’amministrazione e più in generale per acclarare la legittimità di un
atto o di un comportamento dei pubblici poteri (Stati membri e istituzioni
dell’Unione).
242
Cgce, 17 luglio 1997, in causa C-183/95, Affish, in Racc. 1997.
243
MASSERA A., I principi generali dell’azione amministrativa tra ordinamento nazionale e ordinamento comunitario, op. cit..
244
PICOZZA E., Diritto amministrativo e diritto comunitario, op. cit..
Parte Prima
113
giuridica comune, attraverso un circuito simbiotico tra regole comunitarie e regole nazionali.
Siffatti principi promuovono e favoriscono, inoltre, l'apertura di
nuovi e più estesi spazi di libertà per il cittadino e per la tutela delle
situazioni soggettive individuali, in conformità agli scopi dei Trattati.
Invero i principi comunitari della certezza del diritto, di proporzionalità, del legittimo affidamento, del giusto procedimento e dell'effettività
della tutela giurisdizionale scardinano il tradizionale assetto dei rapporti amministrativi fondato sull'impari dialettica tra autorità e libertà245, assicurando all'individuo una maggior protezione a fronte
245
In ordine alla concezione del diritto amministrativo quale disciplina deputata
a regolare il conflitto tra l'autorità pubblica e la libertà privata GIANNINI M.S., Lezioni di diritto amministrativo, vol. I, Giuffrè, Milano, 1950: "Vi sono nelle comunità statali due forze, l’autorità e la libertà, le quali hanno dei centri di appoggio e di
espansione. (...) Ciascuna delle due forze, in quanto opera, comprime l’altra e la
riduce: esse possono così considerarsi come momenti di un procedimento dialettico.
(...) L’autorità, in quanto agisce, incide, e non può in alcun modo evitarlo,
nell’ambito delle libertà guarentigiate; così come, per converso, non meno continua
è la riaffermazione della libertà ovunque l’autorità ceda o non possa intervenire”.
Tale ricostruzione viene successivamente abbandonata dall’autore a seguito del riconoscimento della acquisita coralità del diritto amministrativo che tende progressivamente ad evolversi in una direzione multipolare, non più antagonistica. Sulla dialettica autorità-libertà anche DE FINA G., La teleologia degli atti nel rapporto autorità-libertà, Cedam, Padova, 1974. MATTARELLA B.G., Il rapporto autoritàlibertà e il diritto amministrativo europeo, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2006. STIPO
M., L’interesse legittimo nella prospettiva storica, Atti dei convegni per le celebrazioni dell’opera Giustizia amministrativa (1903) del Prof. Cino Vitta, op. cit..
L’autore ritiene che “la contrapposizione classica autorità–libertà, figlia
dell’esaltazione della sovranità quale attributo indefettibile dello Stato-ente o Statosoggetto o Stato-persona che dir si voglia va oggi storicamente rivisitata.
Nell’ordinamento democratico e pluralista la società entra in vario modo negli apparati amministrativi ed i due termini del rapporto, pubblica amministrazioneapparato e società civile, pur restando inequivocabilmente distinti, tendono, per
quanto e nella misura in cui può essere possibile, a compenetrarsi”. MASSERA A.,
L’amministrazione e i cittadini nel diritto comunitario, in Riv. trim. dir. pubbl. n. 1
del 1993: "La contrapposizione dicotomica autorità-libertà quale sintesi emblematica ma soprattutto tendenzialmente esaustiva dell’essenza del rapporto amministrativo, non riesce a soddisfare le pretese che il cittadino porta con sé e nel rapporto con
l’amministrazione”.
114
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
dell’esercizio del potere246, attraverso l'imposizione di una serie di
prescrizioni agli organi pubblici nazionali. A mutare è la stessa concezione del potere e dell’autorità: per il diritto comunitario l’esercizio
del potere non si identifica nella “volontà di un Sovrano unitario”
bensì è “comune esercizio da parte di una pluralità di attori”247. In
questa prospettiva i poteri amministrativi tendono a democratizzarsi,
stemperando gli aspetti unilaterali e imperativi, a fronte del riconoscimento di garanzie partecipative ai destinatari dell’attività amministrativa248.
2.5. L'attività della Corte di giustizia nella elaborazione ed applicazione dei principi comunitari nel segno dell'allargamento degli spazi di libertà del cittadino
Nell'alveo del sistema giurisdizionale propriamente comunitario
operano la Corte di Giustizia249 e, dal 1988, il Tribunale di primo gra-
246
SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea, op. cit., secondo la quale “l’ordinamento comunitario e in particolare il sistema amministrativo riserva in progressione un ruolo centrale, costruendo i rapporti giuridici tra cittadino e amministrazione, partendo dalle sue pretese in quanto cittadino e quindi in una prospettiva antropocentrica”. AZZENA L.,
L’integrazione attraverso i diritti. Dal cittadino italiano al cittadino europeo, Torino, 1998.
247
VON BOGDANDY A., I principi costituzionali dell’Unione europea, op. cit..
248
BASSI F., Lezioni di diritto amministrativo, VIII ed., Giuffrè, Milano, 2008.
Per l'autore l’influenza dell'ordinamento comunitario sul sistema italiano genera, da
un lato, l’espansione di quei principi amministrativi posti a presidio delle libertà individuali, dall’altro la regressione di tutti gli istituti fondati sulla autoritarietà del potere e sulla prevalenza tout court dell’azione pubblica sulle situazioni giuridiche
soggettive dei c.d. amministrati.
249
Sul ruolo della Corte LIAKOPOULOS D.–ROMANI M., Il ruolo della Corte
di giustizia delle Comunità europee, Cedam, 2009. MIGLIAZZA M., La Corte di
giustizia delle comunità europee, Milano, 1961. GREMENTIERI V., Il processo
Parte Prima
115
do. In particolare la Corte di Giustizia è il custode dell’interpretazione
e applicazione del diritto comunitario250 quale giudice della nomofilachia251 che, intervenendo sui rinvii pregiudiziali o sui ricorsi presentati
da Stati, istituzioni, persone fisiche e giuridiche, ha fatto largo uso della categoria dei principi non scritti.
In questo modo, la Corte di Lussemburgo, influenzando l'attività
dei giudici nazionali, ha contribuito ad ampliare, di intensità ed estensione, il raggio di tutela delle situazioni soggettive individuali conferite dall'ordinamento comunitario. E lo ha fatto attraverso i principi generali a cui è ricorsa in modo frequente, incisivo e creativo.
Proprio l’espansione dei compiti della Comunità ha costretto la
Corte di giustizia ad utilizzare norme di più ampio respiro (i principi
generali), tali da favorire i futuri sviluppi del sistema; principi non
comunitario-principi e garanzie fondamentali, Milano, 1973.
250
Sui criteri seguiti dalla Corte di Giustizia in sede di interpretazione del diritto
comunitario si rinvia, a titolo esemplificativo, a MARTIN DE WILMARS J., Réflexion sur les méthodes d’interprétation de la Cour de Justice des Communautés européennes, in Ch. Dr. Europ., 1986, 5.
251
In ordine alla funzione nomofilattica della Corte di giustizia si veda il lavoro
di BARONE A., Giustizia comunitaria e funzioni interne, op. cit.. In base all’art.
220 TCE (ora art. 19 TUE) “la Corte di giustizia e il Tribunale di primo grado assicurano, nell’ambito delle rispettive competenze, il rispetto del diritto
nell’interpretazione e nell’applicazione del presente Trattato”. Secondo l'autore “gli
effetti della sentenza resa ex art. 234 non sono limitati alla sola vicenda specifica,
ma operano in ogni altra ipotesi in cui entri in gioco la medesima questione interpretativa affrontata dal giudice comunitario. Tali effetti inoltre sono retroattivi, salvo che la stessa Corte li circoscriva temporalmente. La sentenza interpretativa, infatti, ha valore dichiarativo, piuttosto che costitutivo; essa chiarisce e precisa il significato della norma comunitaria come deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata dal momento della sua entrata in vigore”. La stessa Corte costituzionale italiana ha riconosciuto forza vincolante alle pronunce interpretative della Corte di giustizia nei riguardi di tutti i soggetti giuridici della Comunità. Per l'autore il valore
delle sentenze del giudice lussemburghese si spiega in ragione dell’art. 117 I co.
Cost. il quale, nel subordinare la funzione legislativa nazionale al rispetto dei vincoli
derivanti dall’ordinamento comunitario, include, sia pure per implicito in
quest’ultimo parametro, anche il diritto giurisprudenziale e di conseguenza l’opera
di interpretazione uniforme posta in essere dal giudice europeo.
116
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
scritti, disegnati dalle pronunce giurisprudenziali che assurgono al
rango di norme primarie tanto in ambito comunitario quanto nei singoli ordinamenti statali. Inoltre “le scelte di metodo della Corte di giustizia, che sono peraltro conseguenti alla concezione del sistema giuridico comunitario in chiave funzionale all’allargamento dei diritti dei
cittadini, hanno influito in modo rilevante anche sui canoni interpretativi della normativa comunitaria”252. I principi non scritti, decodificati dalla giustizia comunitaria, infatti, sono progressivamente penetrati negli ordinamenti nazionali, influenzando e sensibilizzando i
pubblici poteri (corti domestiche, amministrazioni) in ordine alla difesa delle libertà e delle situazioni soggettive individuali.
E in special modo nel diritto amministrativo statuale le dinamiche
di esercizio del potere sono state riscritte alla luce dei principi di tendenziale paritarietà253 e di piena collaborazione tra amministrazione e
cives254. Infatti il giudice europeo, rinvenendo nei Trattati principi a
garanzia dei singoli, ha interpretato estensivamente siffatte norme, o-
252
ASTONE F., Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, Napoli, 1999.
253
Un antesignano in tal senso è stato BENVENUTI F., Per un diritto amministrativo paritario, in Studi in memoria di E. Guicciardi, Padova, 1975. Secondo l'autore il diritto amministrativo deve poter eliminare "tutto ciò che comunque restringa
per il cittadino la difesa della propria sfera giuridica".
254
SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea, op. cit.: "Tali principi creano un nuovo e significativo rapporto
fra amministrazioni e cittadini improntato ad una parità sostanziale. Tale parità
emerge nei confronti delle p.a. dalla tendenziale assenza di privilegi, ammessi solo
in presenza di una causa di giustificazione, e dalla previsione di pari opportunità
fra singoli e p.a. nell'utilizzare poteri e facoltà ad essi pertinenti in ragione della
loro collocazione e delle attribuzioni all'interno dell'ordinamento giuridico. Tale
sistema di garanzie comunitarie influenza incisivamente il diritto amministrativo
nazionale sotto il profilo del rispetto delle garanzie del privato, soprattutto di quelle
procedimentali, ad esso riconosciute (...). Esse conformano il procedimento in un
rapporto nuovo e diverso fra p.a. e soggetti coinvolti nell'azione amministrativa. I
privati, infatti, attraverso il procedimento che si svolge in contraddittorio, intervengono in maniera collaborativa già in sede di definizione degli interessi e assumono
il ruolo di coprotagonisti delle decisioni dell'amministrazione".
Parte Prima
117
rientandole finalisticamente alla protezione delle libertà individuali.
La Corte di giustizia, nel duplice ruolo di giudice costituzionale e
amministrativo255, da sempre contribuisce con profitto alla crescita
dell’ordinamento comunitario attraverso pronunce finalizzate alla creazione di nuovi principi256 o alla interpretazione di principi esistenti,
attingendo sia nei diritti interni dei vari Paesi sia nel diritto pubblico
internazionale257, in conformità agli scopi dei Trattati.
Secondo parte della dottrina258 i principi del diritto comunitario non
scritto, elaborati dalla Corte, “appaiono il frutto di un’interpretazione
che tiene conto al tempo stesso dei metodi ermeneutici tradizionali e
dei caratteri propri della Comunità”259; un’interpretazione, pertanto,
di tipo teleologico-sistematico260.
Nella creazione dei principi261 il giudice comunitario ha, in primo
255
CHITI M.P., I signori del diritto comunitario: la Corte di giustizia e lo sviluppo del diritto amministrativo europeo, op. cit.. L’autore evidenzia il doppio ruolo
della Corte di giustizia, cioè di Corte costituzionale in relazione ai Trattati e di supremo giudice amministrativo degli atti dei pubblici poteri, in virtù dell'indistinzione
a livello comunitario tra normazione e amministrazione.
256
CAPOTORTI F., Il diritto comunitario non scritto, op. cit..
257
GAJA G., Principi del diritto (diritto internazionale), in Enc. dir., XXXV,
Giuffrè, Milano, 1986.
258
CICIRIELLO M.C., Il principio di proporzionalità nel diritto comunitario,
op. cit..
259
BALLARINO T., Diritto dell'Unione europea, Cedam, Padova, 2010.
260
La Corte di giustizia ritiene che “ai fini dell’interpretazione di una norma di
diritto comunitario si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma
anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte”
(Cgce, 17 ottobre 1995, in causa C-83/94, Leifer e al., in Racc. 1995, 3231). Inoltre,
secondo il giudice di Lussemburgo, “ogni disposizione di diritto comunitario va ricollocata nel proprio contesto e interpretata alla luce dell’insieme delle disposizioni
del suddetto diritto, delle sue finalità, nonché del suo stadio di evoluzione al momento in cui va data applicazione alla disposizione di cui trattasi” (Cgce, 6 ottobre
1982, in causa C-283/81, Cilfit, in Racc. 1982, 3415).
261
Sulla funzione creativa della Corte di Giustizia RIVERO J.-WALINE J.,
Droit administratif, Paris, 2000. RIVERO J., Le problème de l’influence des droits
118
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
luogo, cercato di ricavarli in via interpretativa dalle stesse norme di
diritto scritto (i Trattati). Nei casi di impossibilità, seguendo logiche
comparatistiche262, ha attinto alle tradizioni giuridiche dei Paesi membri263, ispirandosi, altresì, al metodo esegetico dei giudici nazionali.
Normalmente, infatti, la Corte procede secondo il metodo induttivo
attraverso il quale seleziona i principi estraendoli da specifiche norme
di diritto internazionale e dai vari ordinamenti statali, rielaborando poi
internes sur la Cour de justice de la communautè européenne du charbon et de
l’acier, in Annuaire francais de droit international, 1958. Egli, muovendo dall’idea
che il giudice non possa esimersi dal render giustizia, ribadisce il ruolo creativo della Corte di giustizia che si pone al crocevia dell’intreccio di relazioni tra gli ordinamenti nazionali e l’ordinamento comunitario. MIGLIAZZA A., La Corte di giustizia
delle Comunità europee, op. cit.. TIZZANO A., La Corte di Giustizia delle Comunità europee, Jovene, Napoli, 1967. NOURISSAT C., La jurisprudence de la Cour de
Justice des Communautés européennes: Un regard privatiste à partir de l’actualité,
in AA.VV., La création du droit par le Juge, Paris, 2006. CAPOTORTI F., Le sentenze della Corte di giustizia delle comunità europee, in AA.VV., La sentenza in
Europa. Metodo, tecnica e stile, Padova, 1988. HARTLEY T.C., The foundations of
European Community law, op. cit.. POCAR F., Diritto dell’Unione europea, XI,
Giuffrè, Milano, 2010. Secondo l'autore deve riconoscersi alla Corte “la funzione di
creare, sulla base di una utilizzazione delle norme interne come elementi di fatto,
norme giuridiche nuove destinate ad assicurare lo svolgimento della sua attività
giurisdizionale”. Infatti nei casi in cui la Corte “si è trovata a non poter utilizzare
principi comuni, per risolvere situazioni sottoposte alla sua cognizione e ha dovuto
prescinderne totalmente, ha finito per svolgere una funzione di creazione autonoma
delle norme giuridiche da applicare e di integrazione pertanto della normativa contenuta nei Trattati e negli atti delle istituzioni comunitarie”.
262
Contra GAJA G., Introduzione al diritto dell’Unione europea, op. cit.. Secondo l'autore in poche pronunce è possibile ritrovare una vera analisi comparativa.
Infatti la Corte di Lussemburgo muove spesso da principi comuni solo ad alcuni degli Stati membri ispirandosi alle soluzioni praticate in alcuni, e alle volte in uno soltanto, degli ordinamenti nazionali.
263
ZWEIGERT K., Les principes généraux du droit des Etats membres, in W.J.
Ganshof Van der Meersch (sus la direction de) Les nouvelles. Droit des communautès européennes, Bruxelles, 1969. In giurisprudenza Cgce, 18 maggio 1982, in causa
C-155/79, AM&S Europe limited c. Commissione, in Racc. 1982, secondo la quale il
diritto comunitario “deve tener conto dei principi e delle concezioni comuni ai diritti” degli Stati membri in quanto esso deriva da “una compenetrazione non soltanto
economica, ma anche giuridica fra gli Stati membri”.
Parte Prima
119
il materiale raccolto secondo le esigenze comunitarie264. In relazione
alle tecniche applicative, il giudice di Lussemburgo nelle proprie pronunce fa uso dei principi generali secondo un metodo di origine kelseniana volto più alla salvaguardia del sistema comunitario unitariamente inteso che non alle singole norme265. L’approccio del giudice di tipo
casistico è teleologicamente orientato alla ricerca di una regola superiore utile alla risoluzione della controversia.
La Corte, quando applica i principi comuni degli Stati membri, si
avvale della tecnica dell'“integrazione selettiva”266, scegliendo e adattando alle finalità comunitarie la disciplina nazionale in tal senso più
idonea. A ciò può accompagnarsi, alle volte, il ricorso a forme di diritto comparato.
In genere il giudice di Lussemburgo “tende a non precisare i contenuti specifici dei diversi principi che applica, al fine di garantirsi
uno spazio di discrezionalità per la creazione di regole materiali”267.
In quest’ottica, con esclusione di ogni automatismo, egli “opera una
selezione qualitativa che lo conduce a valutare liberamente il grado di
264
CERRI A., L’integrazione europea nella giurisprudenza delle Corti, in Riv.
trim. dir. pubbl. com., 1999, 1489: In ambito amministrativo, ad avviso dell’autore,
“la Corte di giustizia ha assolto ad un compito che va oltre la mera interpretazione
per assumere un rilievo integrativo/creativo. Punto di partenza, come per i principi
di diritto costituzionale, sono stati gli ordinamenti degli Stati membri e le loro tradizioni giurusprudenziali (...): i principi amministrativi del diritto comunitario non
sono peraltro un massimo comun divisore dei principi dei diritti degli Stati membri,
ma vengono desunti da questi al meglio, attraverso cioè un momento di selezione”.
265
Cgce, 5 marzo 1996, in causa C-46 e 48/93, Brasserie du Pêcheur e Factortame III, in Racc. 1996.
266
Sulle tecniche di integrazione selettiva MENGOZZI P., Diritto privato e diritto comunitario, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, 1, Torino, 1999.
BREDIMAS A., Methods of interpretation and communities law, Amsterdam, 1978.
BOULOUIS J., A propos de la fonction normative de la jurisprudence, Mélanges
offerts à Marcel Waline, Paris, 1974.
267
CICIRIELLO M.C., Il principio di proporzionalità nel diritto comunitario,
op. cit.. Dello stesso avviso anche ADINOLFI A., I principi generali nella giurisprudenza comunitaria e la loro influenza sugli ordinamenti degli Stati membri, op.
cit..
120
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
generalità dei principi reputati comuni”268, facendo così assurgere a
principi generali dell'ordinamento comunitario anche soluzioni nazionali minoritarie. Il materiale giuridico delle varie tradizioni nazionali,
ove recepito, viene, infatti, rimodellato dalla Corte sulle specifiche finalità comunitarie269, attraverso un'attività discrezionale manipolativointegrativa, che ben si adatta alla duttilità dei principi. Nelle fattispecie
sottoposte al proprio vaglio, il collegio lussemburghese può esser
chiamato a dirimere conflitti tra due o più principi270, compiendo attente valutazioni ponderative di prevalenza o coesistenza tra i medesimi.
Il grande merito dei principi generali si rinviene nella loro capacità
di fungere da formidabile veicolo di circolazione di regole e istituti
giuridici da (e verso) gli ordinamenti nazionali. La maggior parte dei
principi generali, pur avendo origine nazionale, viene plasmata a livello comunitario per poi ridiscendere nelle realtà statuali con sembianze
nuove. L’attività promozionale e propulsiva del giudice europeo ha
inciso profondamente sull’azione dei giudici comuni, sempre più dediti alla mission dell'applicazione immediata, diretta ed effettiva della
normativa comunitaria271. È quindi evidente come le convergenze
progressive e multidirezionali tra sistemi giuridici272 si siano realizzate
più nelle aule di giustizia che non nelle sedi legislative, mediante la
tracimazione dei principi di origine pretoria nell’ordinamento italiano.
Come accennato nel primo capitolo, la generalità dei principi comunitari si coniuga, inoltre, con l’effetto espansivo di cui essi sono
dotati, sicchè gli stessi trovano applicazione non solo nei confronti
268
SIMON D., Y-a-t-il des principes généraux du droit communautaire, op. cit..
269
BADIALI G., Il diritto degli Stati nelle Comunità europee, Milano, 1971.
270
PICOZZA E., Diritto amministrativo e diritto comunitario, op. cit.
271
MONTEDORO G., Ruolo del giudice e diritto europeo, in www.giustamm.it.
272
ADINOLFI A., I principi generali nella giurisprudenza comunitaria e la loro
influenza sugli ordinamenti degli Stati membri, op. cit.. VON BOGDANDY A., I
principi costituzionali dell’Unione europea, in Riv. dir. pubbl. comp. eur., n. 2 del
2005.
Parte Prima
121
delle situazioni giuridiche comunitarie ma anche nei riguardi di quelle
nazionali non ancora coperte o interessate dal diritto europeo273. Sarebbe, infatti, contrario al principio di uguaglianza diversificare il trattamento di identiche situazioni in base alla natura della fonte (comunitaria o nazionale). La forza espansiva dei principi tende così ad omogeneizzare i diritti nazionali attraverso un’osmosi delle rispettive discipline.
Pur non disconoscendo gli importanti meriti della Corte di Lussemburgo nella crescita del sistema comunitario, da più parti si paventa il pericolo che il giudice europeo, esercitando poteri eccessivamente
discrezionali, possa travalicare i limiti del decisum giudiziale, sconfinando in una attività ultronea di policy-making274. La dottrina maggioritaria è, però, di diverso avviso. In primo luogo perchè la Corte avrebbe una capacità di self-restraint della propria discrezionalità. Inoltre poichè la maggior parte degli orientamenti dei giudici comunitari,
per l’elevato tasso di prevedibilità, è solita a conformarsi alle premesse date e agli obiettivi perseguiti, riducendo così i margini di arbitrio.
Il ruolo fondamentale dei principi generali, oltre ad essere ribadito
nelle pronunce della Corte di giustizia, viene altresì sancito expressis
verbis sul piano del diritto positivo all'art. 6 del Trattato di Maastricht275 e all’art. 117 co. I Cost.276. Quest'ultima disposizione sotto273
Lo spill over effect è di immediata percezione, ad esempio, in materia di appalti sotto soglia comunitaria cui a livello nazionale sono stati progressivamente estesi i principi e le regole comunitari applicabili teoricamente ai soli appalti sopra
soglia. Sulla forza contagiosa dei principi comunitari. ABRAHAM R., Les Principes
généraux de la protection juridictionnelle administrative en Europe: l’influence des
jurisprudences européennes, in Rev. eur. dr. publ., 9, 1997, 577.
274
Tra i vari RASMUSSEN H., On law and policy in the European Court of Justice: a comparative study in judicial policymaking, Dordrecht, 1986. Così facendo la
Corte verrebbe a perdere “authority and legitimacy”, trasformandosi in
un’istituzione politica priva di base democratica.
275
PIZZORUSSO A., Il patrimonio costituzionale comune, il Mulino, Bologna,
2000.
276
Dispone in tal senso l’art. 117 co. I Cost.: "La potestà legislativa è esercitata
dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli deri-
122
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
pone la legislazione statale e regionale al rispetto dei vincoli derivanti
dall’ordinamento comunitario ossia all’osservanza dell’intero acquis
communautaire (Trattati, atti di diritto derivato e giurisprudenza comunitaria277).
Delineate le funzioni e le caratteristiche dei principi comunitari è
d'obbligo analizzare la questione del fondamento giuridico della potestà di elaborazione dei principi ad opera della Corte di giustizia. La
stessa Corte, nella sentenza Stauder del 1969278, si è auto-riconosciuta
il potere di formulare principi generali. In tale pronuncia il giudice di
Lussemburgo, muovendo dall’art. 288 TCE (ora art. 340 TFUE), si è,
invero, autoattribuito la potestà di forgiare principi generali nonchè di
vigilare sulla osservanza dei medesimi. La situazione è stata poi favorita dal clima collaborativo nel quale i giudici nazionali, attraverso
frequenti rinvii pregiudiziali, hanno progressivamente conferito alla
Corte di giustizia piena legittimazione a produrre diritto vivente (Le-
vanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. La previsione
comprende anche i principi comunitari di elaborazione pretoria, i quali vengono a
qualificarsi come norme interposte tra la legge e la Costituzione, idonee, pertanto, ad
integrare il parametro di legittimità costituzionale. Un ulteriore conferma della forza
e dell’importanza assunta dalla normazione comunitaria nel sistema italiano.
277
Sul ruolo e sulle funzioni complessive dei principi comunitari MASSERA A.,
I principi generali, in Trattato di diritto amministrativo europeo, diretto da Chiti
M.P. e Greco G., Parte generale, tomo I, Giuffrè, 2007: “In primo luogo i principi
generali assicurano la tenuta complessiva del sistema comunitario, presidiando e
garantendo le compatibilità ordinamentali tra il livello sovranazionale e quelli nazionali. In secondo luogo, integrano e arricchiscono il parametro di legalità cui è
assoggettata la amministrazione nel suo modo di essere e di agire nei confronti degli individui e delle collettività di riferimento. In terzo luogo, consentono e favoriscono la circolazione dei modelli e degli istituti giuridici tra i vari ordinamenti, non
solo con una direzione che va dal basso verso l’alto o viceversa, ma anche secondo
linee orizzontali”.
278
Cgce, sentenza 12 novembre 1969, in causa C-29/69, Stauder, in Racc. 1969.
La Corte altresì afferma che “i diritti fondamentali della persona fanno parte dei
principi generali del diritto e, in quanto tali, della propria competenza a garantirne
l’osservanza”.
Parte Prima
123
bendes Recht), “esportando dubbi” ed “importando principi”279.
Secondo parte della dottrina280, il potere creativo della Corte di
Lussemburgo rinverrebbe il proprio referente normativo nell’art. 220
TCE (ora art. 19 TUE) che attribuisce al giudice europeo il compito di
assicurare nell’interpretazione e applicazione del diritto comunitario il
rispetto del diritto. Secondo altro orientamento la legittimazione della
Corte di giustizia si ricaverebbe, invece, dall’art. 173 TCE (ora art.
263 TFUE), disposizione che abilita il giudice a pronunciarsi sui ricorsi per violazione del Trattato o di “qualsiasi regola di diritto relativa alla sua applicazione”281, con la possibilità anche in questo caso
di avvalersi di ogni fonte giuridica disponibile. I principi generali
hanno per lo più natura non scritta, poichè una loro indiscriminata positivizzazione ne ingesserebbe oltremodo l’operatività. Tuttavia tra i
principi giurisprudenziali, che hanno ricevuto in seguito codificazione,
si segnalano il principio di proporzionalità282, il principio di non di-
279
COCCO G., Incompatibilità comunitaria degli atti amministrativi, coordinate
teoriche ed applicazioni pratiche, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2001, 447. In tema anche TARULLO S., Il giusto processo amministrativo. Studio sull’effettività della
tutela giurisdizionale nella prospettiva europea, op. cit.: Attraverso la legittimazione
dei giudici degli Stati membri “la Corte di giustizia si è potuta accreditare come organo di produzione del diritto comunitario al più alto livello nel sistema delle fonti
sovranazionali (vale a dire al livello dei principi), e con caratteri del tutto peculiari:
rimanendo estranea ai mutevoli orientamenti delle burocrazie nazionali (...) essa si
è dimostrata capace-nei fatti-di produrre in tempi relativamente celeri regole certe,
stabili e (accettate come) cogenti; regole la cui effettiva applicazione, grazie alla
diffusa ricettività dei giudici nazionali, si è imposta a dispetto degli atteggiamenti
non sempre collaborativi dei legislatori interni e delle posizioni talora eccessivamente caute dello stesso legislatore comunitario”.
280
PESCATORE P., Diritto comunitario e diritto nazionale secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia delle comunità europee, in Foro it., IV, 1970.
281
SCHERMERS H.G., Judicial protection in the European Communities, Antwerp, 1983.
282
In tal senso l’art. 5 TCE recita: "L’azione della comunità non va al di là di
quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del presente Trattato".
124
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
scriminazione in base alla nazionalità283, il principio di libera circolazione delle merci284 e delle persone285 e nell’ambito della Carta di
Nizza (oggi “comunitarizzata”286), il diritto di accesso (art. 42)287 e il
diritto ad una buona amministrazione (art. 41)288.
I principi procedurali, come la partecipazione degli interessati,
l’obbligo di motivazione e trasparenza, nonchè quelli posti a tutela
delle libertà fondamentali e delle situazioni giuridiche individuali, costituiscono parti essenziali non soltanto di un diritto amministrativo
ormai comune a più sistemi giuridici, ma anche di una “international
rule of law”289 o di una “rule of law globale”290.
Tali principi, dalla portata traversale, investono con la propria vis
expansiva le realtà nazionali, esaltando, da un lato, i diritti e le pretese
del cittadino e ridimensionando, dall'altro, il privilegiato autoritarismo
dei pubblici poteri.
283
Art. 12 TCE, ora art. 30 TFUE.
284
Art. 23 TCE ora art. 28 TFUE.
285
Art. 39 TCE, ora art. 39 TFUE.
286
POLLICINO O.–SCIARABBA V., La Carta di Nizza oggi, tra “sdoganamento giurisprudenziale” e Trattato di Lisbona, in Dir. pubbl. comp. eur., n. 1 del
2008.
287
Peraltro già previsto all'art. 255 TCE (ora art.15 TFUE).
288
In tema WAKEFIELD J., The right to good administration, Kluwer, 2007.
BIFULCO R., Art. 41. Diritto ad una buona amministrazione, in L'Europa dei diritti
(a cura di) Bifulco R., Cartabia M., Celotto A., Bologna, 2001. KÁNSKA K, Towards Administrative Human Rights in the EU. Impact of the Charter of Fundamental Rights, in Eur. Law Journ., 2004, 296. SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica
amministrazione nel processo di integrazione europea. op. cit..
289
PETERSMANN E.U., How to promote the international rule of law?, in
Journal of International Economic Law, 1, 1998, 25.
290
CASSESE S., Oltre lo Stato, op. cit..
Parte Prima
125
2.6. L'importanza delle sentenze della Corte di giustizia nel quadro di una progressiva valorizzazione del diritto giurisprudenziale
La capillare infiltrazione dei principi comunitari nell'ordinamento
italiano si deve innanzitutto al ruolo di fonte del diritto attribuito alle
pronunce della Corte di giustizia che hanno forgiato e sviluppato tali
principi. Le sentenze del giudice comunitario, infatti, a differenza delle comuni statuizioni giurisdizionali, esplicano una efficacia non già
inter partes ma erga omnes, ponendosi al vertice del sistema comunitario delle fonti291. Le pronunce del giudice di Lussemburgo hanno
contribuito in maniera decisiva alla europeizzazione del diritto nazionale e segnatamente del diritto amministrativo, in un contesto intriso
della cultura positivista del primato della legalità formale292.
L’esaltazione della figura del giudice si inscrive nella crisi dello
Stato “come contenitore, misura e marchio d’origine dell’istituzione
giudiziaria” (Ferrarese M.R), oltre che nell’appannamento della sovranità statale e nell’eclissi dello strumento legislativo. Tali fenomeni
hanno prodotto un rimescolamento degli assetti politici ed istituzionali, valorizzando l’attivismo creativo dei giudici293, “capace di ricollo291
AMALFITANO C., L’acquis comunitario: da esperienza giuridica a fattore
di integrazione, in Dir. UE, n. 4, 2009. CURTI GIALDINO C., Acquis communautaire, in Dir. UE, 1996. GUARINO G., Verso l'Europa. Ovvero la fine della politica, Milano, 1997. PREDIERI A., Il diritto europeo come formante di coesione e
come strumento di integrazione, in Dir. UE, 1996.
292
Sul protagonismo dei giudici nell’odierno scenario europeo e mondiale TATE
G.N.-VALLINDER T. (a cura di), The global expansion of judicial power, New
York, New York University Press, 1995. DAHRENDORF R., Dopo la democrazia,
intervista a cura di A. Polito, Laterza, Roma-Bari, 2001.
293
Nell’odierna società, caratterizzata dall'attenuazione del principio di separazione dei poteri, anche la funzione del giudice si arricchisce di contenuti nuovi: alla
tradizionale funzione di applicazione della legge si giustappongono compiti creativi
a contenuto normativo; il giudice non si limita a dare attuazione a principi esistenti
ma si spinge sino alla elaborazione di principi nuovi. Quest’opera innovativa del
giudice consente di inquadrare, a pieno titolo, la giurisprudenza tra le fonti del dirit-
126
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
care nel presente le previsioni legislative e di ridefinirle, trovando le
dizioni adatte al singolo caso: la giurisprudenza riafferma le ragioni
del presente in un contesto giuridico, fluido, mutevole e multipolare”294. Ed i principi ne sono il più importante strumento.
Si parla oggi di “signoria giurisprudenziale” sul diritto proprio per
sottolineare l’influenza decisiva dell’azione dei giudici sugli assetti
normativi, in uno scenario segnato sempre più dalla crisi dello strumento legislativo295.
La “vocazione del nostro tempo per la giurisdizione”296 si sviluppa
to. In ambito europeo la prassi della Corte di giustizia è nel senso della formulazione
di principi generali non scritti attraverso forme di interpretazione teleologicosistematica della normativa comunitaria. Le pronunce della Corte, aventi
un’efficacia lato sensu erga omnes, sono direttamente applicabili negli Stati membri
e prevalgono sul diritto nazionale. Con riferimento all'attivismo creativo dei giudici
si veda CHIARLONI S., Ruolo della giurisprudenza e attività creative di nuovo diritto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2002, 1.
294
FERRARESE M.R., Il diritto al presente. Globalizzazione e tempo delle istituzioni, op. cit..
295
LUPOI M., La legge nel divenire delle fonti del diritto, in Riv. crit. dir. priv.,
2000, 247. Le legge, ingessata nei tradizionali riferimenti spaziali e temporali, non
riesce a calarsi nella nuova realtà. Lo strumento legislativo si rivela, dunque, inadatto alle nuove sfide della globalizzazione. Viceversa i giudici sono in grado di offrire
ai cittadini risposte duttili, adeguate e compatibili ad una realtà in continuo divenire.
Il tramonto della legge è stato accelerato dalla concorrenza di moduli normativi più
elastici e meno rigidi, quali appunto le sentenze, che trovano maggior spazio in
un’area giuridica europea alimentata sempre più dal diritto pretorio. In relazione
all'attivismo giudiziario della Corte di giustizia si veda il contributo di TRIDIMAS
T., The European Court of Justice and judicial activism, in Eur. Law Rev., 1996,
199. Secondo l'autore la creatività della Corte è riconducibile essenzialmente a tre
fattori:
a) l’assenza di disposizioni sull’interpretazione del diritto comunitario nei Trattati;
b) l’inerzia delle istituzioni comunitarie nella fase iniziale dell'integrazione europea;
c) la natura frammentaria delle disposizioni dei Trattati.
296
PICARDI N., La vocazione del nostro tempo per la giurisdizione, in Riv.
trim. dir. proc. civ., 2004, 41. Il maggiore peso acquisito dalla giurisprudenzasecondo Picardi-si condensa in ciò che, sia pure con varia intensità qualitativa, il
Parte Prima
127
proprio attraverso la cooperazione tra Corti sovranazionali e giudici
interni. “Del resto, in un contesto in cui la categoria della fonte-legge
è tuttora sconosciuta all’ordinamento comunitario, il processo di integrazione europea si è sviluppato soprattutto sul fronte della giurisdizione e su quello dell’amministrazione”297. L’emergere dell’idea
della giurisdizione come “istituzione vincente”, tipica dei Paesi di
common law, viene, quindi, ad interessare anche l’Europa continentale
e il giudice comunitario298.
Quanto al peso giuridico delle sentenze interpretative della Corte di
precedente assurge a punto di riferimento destinato a proiettarsi sulle decisioni degli
altri giudici, nonchè sull’esercizio della funzione amministrativa, assicurando in tal
modo una certa uniformità giuridica. Sulle ragioni di una rinnovata centralità della
funzione giurisdizionale BARONE A., Giustizia comunitaria e funzioni interne, op.
cit.. LIPARI N., Il ruolo del giudice nella crisi delle fonti del diritto, in Riv. trim.
dir. proc. civ., 2009.
297
BARONE A., Giustizia comunitaria e funzioni interne, op. cit.. In argomento
si rinvia anche al contributo di MANFRELLOTTI R., Sistema delle fonti e indirizzo
politico nelle dinamiche dell’integrazione europea, Torino, 2004.
298
MACKENZIE STUART A.J., The European communities and the rule of
law, London 1977. In base al Trattato CECA (1951) la Corte di giustizia avrebbe
dovuto rivestire il diverso ruolo di organo di vigilanza preposto alla difesa delle istituzioni comunitarie e dell’Alta autorità dai tentativi degli Stati membri di recuperare
la sovranità perduta. Al contempo la Corte avrebbe dovuto verificare il rispetto, da
parte delle istituzioni comunitarie, dei limiti ad esse imposti dai Trattati alla luce del
principio delle competenze di attribuzione. Tuttavia nel corso dei decenni il giudice
comunitario ha acquisito un protagonismo senza precedenti, ritagliandosi maggiori
spazi e poteri di intervento, con il risultato di contribuire in maniera determinante
alla crescita dell’ordinamento europeo e alla diffusione dei suoi principi all’interno
degli ordinamenti nazionali. Si vedano anche MANCINI F., Attivismo e autocontrollo nella giurisprudenza della Corte di giustizia, in Riv. dir. eur., 1990, 229. FERRARESE M.R., Il diritto al presente. Globalizzazione e tempo delle istituzioni, op.
cit.: "Di fronte alla molteplicità ed alla eterogeneità delle fonti, le istituzioni giudiziarie diventano una sorta di metafonte, nella misura in cui sono in posizione privilegiata per stabilire in maniera autoritativa nessi, rapporti gerarchici, connessioni,
mediazioni tra pezzi di materiale giuridico eterogenei e provenienti da svariate fonti. Persino problemi di rapporto tra fonti nazionali e fonti sovranazionali, internazionali e transnazionali possono ricevere sistemazione ed assetti preferibilmente in
questa sede".
128
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
giustizia, esse hanno valore generale e vincolante nei confronti di tutti
i soggetti degli Stati membri, anche oltre il caso deciso. In virtù di una
efficacia erga omnes, tali statuizioni sono fonti del “diritto vivente”299,
costituendo frammenti di norme giuridiche assimilabili alla normativa
scritta. Come efficacemente sostenuto “il diritto giudiziale è, nei fatti,
fonte, autorità”300 per tutti i pubblici poteri. Pur essendo pacifico
“stranamente di tale ruolo non vi è traccia nella ricostruzione positiva
del sistema delle fonti. Nemmeno nel recentissimo Trattato di Lisbona”301.
Le pronunce del giudice comunitario hanno portata dichiarativa,
determinando l'ampiezza e il contenuto delle norme comunitarie con
la stessa immediata efficacia delle disposizioni interpretate302. La rilevanza del precedente nella giurisprudenza della Corte di giustizia presenta caratteri peculiari, non identificandosi integralmente nei modelli
nè di civil law né di common law, ma attingendo sia dagli uni che dagli altri303. Le sentenze della Corte, quale organo di vertice, hanno
299
Sulle caratteristiche del diritto giurisprudenziale, quale diritto vivente, MARTINICO G., Le sentenze interpretative della Corte di giustizia come forme di produzione normativa, in Riv. dir. cost., 2004, 249. CAVINO M., Il precedente tra certezza del diritto e libertà del giudice: la sintesi nel diritto vivente, in Dir. soc. 2001,
159. ZAGREBELSKY G., La dottrina del diritto vivente, in Giur. cost. 1968, 1148.
LOMBARDI L., Saggio sul diritto giurisprudenziale, Milano, 1975. TARUFFO M.,
Precedente e giurisprudenza, op. cit.. FEBBRAIO E., E. Ehrlich dal diritto libero al
diritto vivente, in Soc. dir., 1982, n. 3, 137. FAZZALARI E., Introduzione alla giurisprudenza, Cedam, Padova, 1984. MENGONI, Il diritto vivente come categoria
ermenutica, in Id., Ermeneutica e dogmatica giuridica, Milano, 1996. RESTA E.,
Diritto vivente, Laterza, 2008.
300
BIFULCO D., Il giudice è soggetto soltanto al “diritto”, op. cit..
301
SICILIANO F., La legalità amministrativa (comunitaria e interna) e certezza
del diritto: riflessi sui rapporti amministrativi e istituzionali, op. cit.. Secondo
l’autore le pronunce della Corte di Lussemburgo dovrebbe trovare una collocazione
sistematica ufficiale tra le fonti del diritto.
302
Corte cost., 19 aprile 1985, n. 113. Corte cost., 3 luglio 1989, n. 389, in
www.cortecostituzionale.it.
303
LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto
Parte Prima
129
portata vincolante per il Tribunale di primo grado, per i giudici nazionali304, nonchè per gli altri pubblici poteri nazionali e per i soggetti
giuridici della Comunità.
In una nota pronuncia la Corte di Lussemburgo305 giunge ad affermare apertamente la prevalenza delle proprie statuizioni anche sulle
decisioni delle Corti costituzionali nazionali. Inoltre si statuisce
l’obbligo a carico dei giudici domestici di disapplicare qualsivoglia
normativa interna in conflitto con i principi generali di fonte pretoria.
comunitario, op. cit.. A differenza dei sistemi di common law, il precedente non rappresenta un vero e proprio vincolo per il giudice comunitario “e ciò sia per la carenza di una struttura gerarchica nel sistema-essendo la Corte di giustizia per lo più
giudice di unica istanza-, sia per la pratica stessa della Corte, che nelle sue sentenze
non ha mai esplicitamente e semplicemente espresso una volontà di seguire le sue
decisioni anteriori; sia, soprattutto, perché il principio dello stare decisis non è
compatibile, né è desiderabile, in un ordinamento dinamico come quello comunitario, perché ne impedirebbe la trasformazione e l’adattamento ad opera della Corte”. Ma al contempo, a differenza dei Paesi di civil law, il giudice comunitario non
decide solo riferendosi ai testi di legge. Nel sistema comunitario il precedente viene
spesso richiamato nelle pronunce della Corte di giustizia, mediante riproduzione di
intere parti di precedenti sentenze. Ciò avviene nei soli casi in cui il giudice comunitario “intende seguire il precedente, non quando vuole discostarsene, limitandosi, in
tal caso, ad occuparsi semplicemente della questione controversa. Allo stesso modo
la Corte non ha esitato ad allontanarsi totalmente dalle proprie posizioni, laddove il
cambiamento sia necessario e funzionale agli scopi del diritto comunitario, così come è stata sollecitata nel limitare l’incidenza applicativa dei precedenti, in relazione
alle differenze del caso concreto”. Per una trattazione di più ampio respiro della tematica del precedente giurisprudenziale CALZOLAIO E., Il valore di precedente
delle sentenze della Corte di giustizia, in www.jus.unitn.it TARUFFO M., Precedente e giurisprudenza, op. cit.. THOMAS LEE R., Stare decisis in historical perspective: from the founding Era to the renquist Court, 52, in Vanderbilt Law Review,
1999. DUXBURY N., The Nature and authority of precedent, Oxford, 2008. SERIO
M., Il valore del precedente tra tradizione continentale e common law: due sistemi
ancora distanti?, in Riv. dir. civ., 2008, 109.
304
BROWN N.–KENNEDY T., The Court of Justice of the European Communities, op. cit.. LORELLO L. La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e
diritto comunitario, op. cit..
305
Cgce, 7 settembre 2006, in causa C-81/2005, Cordero c. Fondo de garantia
salarial, in www.curia.europa.eu.
130
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Dunque la violazione delle sentenze della Corte di Giustizia (e dei
principi in esse proclamati) costituisce la più grave violazione del diritto comunitario per il ruolo di fonte primaria del diritto europeo ad
esse riconosciuto.
2.7. Il conflitto tra principi comunitari e norme nazionali
La questione del conflitto tra principi comunitari e norme nazionali
si inquadra nella più ampia tematica della giurisdizionalizzazione del
diritto, vista nella prospettiva della prevalenza del diritto pretorio di
matrice europea sul diritto nazionale legalmente dato.
In ossequio alla primazia dell’ordinamento comunitario
sull’ordinamento interno, il conflitto tra una norma comunitaria ed una
norma nazionale deve essere risolto nel senso della prevalenza della
prima con conseguente disapplicazione della seconda.
Occorre domandarsi se il primato del diritto comunitario riguardi
qualsiasi norma dotata di effetto diretto oppure le sole norme scritte
con esclusione, quindi, dei principi non codificati di elaborazione pretoria. Conseguentemente è lecito chiedersi se il rimedio della disapplicazione sia esperibile solo in caso di antinomia tra regole codificate
(l’una nazionale l’altra comunitaria) o anche tra una regola legalmente
data (ad es. una legge statale) e un principio non scritto (definito in
una sentenza della Corte di giustizia). Contestualmente va chiarito se i
principi comunitari non scritti godano o meno della diretta applicabilità ai fini dell’operatività della disapplicazione della norma nazionale
con essi confliggente.
Per un’esauriente risposta ai quesiti sopra indicati, occorre partire
dalla collocazione che i principi comunitari hanno nel sistema delle
fonti. Come detto in precedenza, secondo l’orientamento maggioritario tali principi assumerebbero rango primario, disponendosi al vertice
del sistema normativo europeo e nazionale in posizione equiordinata
ai Trattati306.
306
CICIRIELLO M.C., Il principio di proporzionalità nel diritto comunitario,
Parte Prima
131
Per quanto concerne il problema dell’efficacia diretta dei principi,
se, da un lato, la stessa è pacificamente asserita dal giudice comunitario, dall’altro, in ambito nazionale si registrano taluni dubbi e dissensi
in giurisprudenza e segnatamente tra i giudici amministrativi. Il Consiglio di Stato, ad esempio, in una pronuncia del 2005, ha escluso la
diretta efficacia dei principi generali del Trattato in caso di conflitto
tra questi ed una norma nazionale: in assenza di una normativa di settore emessa dagli organi comunitari, il giudice comune non può ricorrere alla disapplicazione per mancanza di una disciplina comunitaria
direttamente applicabile. Infatti “il giudice nazionale è tenuto ad applicare direttamente la normativa comunitaria che regoli la materia
in maniera difforme dalla legge nazionale, ma a tal fine non può utilizzarsi il principio” perché “in questo caso si richiede una attività di
interpretazione del principio generale enunciato dal Trattato e di verifica della compatibilità della norma interna con il principio medesimo, che dovrebbe essere devoluta alla Corte di Giustizia”307. In caso
contrario il giudice nazionale, anziché risolvere il caso secondo la disciplina comunitaria adottata dagli organi competenti, finirebbe per
creare egli stesso la norma mancante. Secondo tale orientamento non
potrebbe addursi ad argomento contrario la maggior vaghezza dei
principi rispetto alle norme scritte. Generalità e genericità sono sfere
concettuali distinte e separate che non vanno confuse, di talchè i principi, essendo generali ma non generici, godono della stessa precettività delle regole e quindi della stessa idoneità a produrre effetti diretti308.
op. cit.. PAGOTTO C., La disapplicazione della legge, op. cit.: I principi generali
sono parte integrante del diritto comunitario e vincolano “in pari misura dei Trattati,
tutti gli Stati che danno ingresso al diritto comunitario nel loro ordinamento”. Del
medesimo avviso Cgce, 18 giugno 1991, in causa C-260/89, Ert c. Dep, in Racc.
1991, I-2925. Trib. I grado, 8 luglio 2004 in cause riun. T-67/00, T-68/00, T-71/00,
T-78/00, Jfe Engineering corp., in Racc. 2004, II-2501.
307
Cons. Stato, sez. V, 8 agosto 2005, n. 4207, in www.giustiziaamministrativa.it.
308
Per quanto concerne la capacità dei principi generali di produrre effetti diretti
in sede di applicazione del diritto si rinvia agli studi di teoria generale di BETTI E.,
Interpretazione della legge e degli atti giuridici, op. cit.. CRISAFULLI V., Per la
determinazione del concetto dei principi generali del diritto, op. cit.. BARTOLE S.,
132
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Questa sentenza si pone, però, in contraddizione rispetto ad una
precedente pronuncia con cui i giudici di palazzo Spada hanno ammesso la disapplicabilità di una norma di legge interna in contrasto
con i principi comunitari (di libera prestazione dei servizi e di libera
concorrenza) riconoscendo, altresì, la diretta applicabilità dei medesimi309.
In generale la tesi che disconosce la diretta efficacia dei principi
comunitari appare sempre più minoritaria nella giurisprudenza italiana
per la diffusa consapevolezza del ruolo di fonte del diritto assunto dalle pronunce del giudice europeo. I principi dell'ordinamento comunitario, infatti, hanno cogenza diretta ed efficacia generale, in quanto le
sentenze della Corte di giustizia, che li plasmano e li sviluppano, sono
considerate fonti del diritto, con efficacia erga omnes. Un altro argomento che milita nella direzione del riconoscimento della diretta efficacia è individuabile nella frequente derivazione dei principi comunitari da disposizioni del Trattato direttamente applicabili.
L’orientamento più accreditato e diffuso, dunque, riconosce a tali
principi, ed in particolare a quelli non scritti di origine pretoria, efficacia diretta all’interno degli Stati membri nei confronti sia dei pubblici
apparati che delle persone fisiche e giuridiche. Da tale impostazione
discende, come corollario, l’obbligo per i giudici e le amministrazioni
nazionali di disapplicare anche le norme nazionali in contrasto con
principi comunitari310. Diversamente opinando, il primato
dell’ordinamento europeo verrebbe depotenziato sino ad azzerarsi. Per
Principi generali del diritto, (dir. cost.) cit..
309
Cons. Stato, sez. V, 30 gennaio 2002, n. 505, in www.giustiziaamministrativa.it. Nel caso di specie viene poi censurata la violazione della libertà di
stabilimento, principio cui la Corte di giustizia ha in più occasioni riconosciuto efficacia diretta. Ex multis Cgce, 11 marzo 2004, in causa C-9/02, De Lasteyrie du Saillant, in Racc. 2004, I-2409. Cgce, 13 aprile 2000, in causa C-251/98, Baars, in
Racc. 2000, I-2787. Cgce, 29 aprile 1999, in causa C-311/97, Royal bank of Scotland, in Racc. 1999, I-2651.
310
Le amministrazioni pubbliche nazionali sono il "braccio secolare" delle autorità sovranazionali nel dare esecuzione all'acquis comunitario e nell'assicurarne l'osservanza.
Parte Prima
133
tali ragioni l'ambito operativo della disapplicazione si è progressivamente esteso fino a ricomprendere gli atti nazionali sia normativi che
atti amministrativi, a testimonianza dunque della capacità espansiva
dei principi comunitari e della supremazia della nuova legalità comunitaria.
Certamente un simile scenario, fondato sulla diretta efficacia dei
principi e sulla disapplicazione della norma interna con essi in conflitto, ha un impatto rivoluzionario sul modus agendi dei pubblici poteri
nazionali, oggi costretti a disapplicare ogni norma nazionale in contrasto sia con le disposizioni del Trattato e gli atti di diritto derivato, sia
con i principi non scritti formulati dalla Corte di giustizia. E poichè i
principi, di regola, militano nella direzione dell'ampliamento delle libertà degli amministrati, è evidente la rivoluzione copernicana che investe (e investirà sempre più in futuro) l'agere delle pubbliche autorità
nazionali e comunitarie, attraverso una progressiva estensione degli
spazi di libertà del cittadino.
A ben vedere sia i giudici che le amministrazioni nazionali devono
convincersi ad abbandonare i tradizionali parametri positivistici di un
diritto statico e legislativamente dato, per ricalibrare la propria mens
ed il proprio metodo di indagine su fonti giuridiche (le sentenze ed i
principi in esse enunciati) in continuo divenire ed in perenne mutamento. Una prospettiva che richiede all’operatore giuridico nazionale
un approccio maggiormente casistico che dalla fattispecie concreta
consenta di ricavare la vis espansiva del principio, estendendone gli
effetti a fattispecie analoghe o similari.
A tutto ciò deve essere abbinata, agli albori del terzo Millennio, la
conoscenza dei processi di interazione tra plurime fonti, scritte e non,
nonchè delle tecniche di risoluzione dei conflitti tra due o più principi
comunitari e tra questi e le norme nazionali. A fronte del carattere relativo dei principi, al giudice, sia comunitario che nazionale, è richiesta un’attività di bilanciamento capace di individuare la regula iuris
del caso concreto. E propria in quest’opera si realizzano circuiti integrati di collaborazione tra giudice europeo e giudici comuni. Infatti "il
corpo giuridico dell'Unione europea cammina con le gambe dei singoli Stati membri, di cui sono elementi fondamentali e portanti i giudici (...) nazionali" (Carbone V.). Se è vero che le pronunce della Cor-
134
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
te di giustizia rappresentano il modello di riferimento per l’uniforme
applicazione del diritto comunitario, è altrettanto vero che spetta ai
giudici nazionali il compito di verificare all’interno della cornice comunitaria l’adeguatezza e la rilevanza dei principi, dandovi attuazione
nelle fattispecie concrete.
Utilizzando come coordinate di riferimento i valori del primato,
della diretta efficacia e della leale cooperazione, il giudice domestico
è tenuto ad acclarare la sussistenza di eventuali contrasti tra le norme
nazionali e le norme comunitarie (in primis i principi generali) e a risolvere i conflitti prima a livello ermeneutico (interpretazione conforme) e, ove ciò non sia possibile, ricorrendo, alla disapplicazione della
norma interna.
L'uso del rimedio disapplicatorio, lungi dall'essere automatico, deve costituire l'extrema ratio cui avvalersi nell'ipotesi in cui l'interpretazione conforme non fornisca gli esiti sperati.
Il giudice comune è, in definitiva, chiamato a maneggiare con cura
tali strumenti in vista dell'uniforme applicazione del diritto europeo
negli ordinamenti statali. Egli, lungi dall’essere un mera appendice esecutiva della Corte di giustizia, è il primo giudice comunitario, investito della funzione di far vivere ed operare i principi generali dell'Unione all'interno dei sistemi giuridici nazionali.
2.8. L’illegittimità “comunitaria” dell’atto amministrativo: tipologie, caratteri e poteri del giudice
Nell’alveo della nuova legalità comunitaria il giudizio di conformità dell’atto amministrativo ha come parametri di riferimento tanto la
normativa nazionale quanto il diritto comunitario. Quest’ultimo si articola in regole codificate di rango primario (Trattati) o secondario (direttive, regolamenti, decisioni) ed in principi non scritti di fonte pretoria, collocabili a livello dei Trattati. Come è noto, le violazioni
dell’acquis comunitario possono essere perpetrate da atti nazionali sia
legislativi che amministrativi, essendo irrilevante a livello europeo la
Parte Prima
135
distinzione tra attività normativa e amministrativa311.
I principi del primato e dell’effetto diretto assicurano, di regola, la
prevalenza dell’ordinamento comunitario sugli atti nazionali, a prescindere dal nomen iuris e dalla forma giuridica assegnati
dall’ordinamento interno312. Qualora il conflitto investa una disposizione normativa (ad es. una legge statale) è pacifico che il giudice
possa, all'esito infruttoso dell'attività di interpretazione conforme, disapplicare l’atto interno. Viceversa la questione si fa più intricata ove
la violazione comunitaria sia cagionata da un atto amministrativo313.
Quest’ultimo può porsi in contrasto diretto o indiretto con
l’ordinamento comunitario.
Nella prima ipotesi il contrasto è diretto, in quanto l’atto amministrativo dà esecuzione immediata alla disposizione comunitaria senza
il diaframma di alcuna norma nazionale314.
311
CONTALDI G., Atti amministrativi contrastanti con il diritto comunitario, in
Dir. UE, n. 4 del 2007, 747: "Nella ricostruzione teorica della Corte di giustizia, la
forma che rivestono gli atti emanati dal legislatore ovvero dalle autorità comunque
appartenenti all'apparato statale risulta del tutto indifferente: i caratteri tipici del
diritto comunitario ed in particolare la prevalenza e l’effetto diretto delle proprie
fonti non possono subire pregiudizio indipendentemente dalla natura degli atti nazionali aventi carattere precettivo".
312
Il principio della disapplicazione della norma interna in conflitto con il diritto
comunitario concerne non solo “norme generali ed astratte ma anche provvedimenti
amministrativi individuali e concreti” (Cgce, 29 aprile 1999, in causa C-224/97,
Ciola, in Racc. 1999, I-2517).
313
Con riferimento alla controversa tematica della disapplicazione dell'atto amministrativo anticomunitario DIPACE R., La disapplicazione nel processo amministrativo, Giappichelli, Torino, 2011. CHIOLA G., L'ordinamento comunitario e l'attività della pubblica amministrazione in Italia, Aracne, Roma, 2007. VILLATA R.,
L'incidenza dell'ordinamento comunitario nelle trasformazioni della giustizia amministrativa, in La giustizia amministrativa in trasformazione, Giornata in ricordo di
Sebastiano Cassarino, Verona 21-22 ottobre 2005, a cura di Corletto D., Sala G.,
Sciullo G., Cedam, 2006.
314
Una forma di contrasto diretto si ha, ad esempio, in presenza di una direttiva
attuata attraverso atti amministrativi generali in materie non disciplinate da legge o
regolamento né coperte da riserva di legge.
136
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Nel secondo caso, viceversa, il conflitto è indiretto, in quanto mediato dall’interposizione di una norma interna, cui l’atto amministrativo offre applicazione mutuandone l’anticomunitarietà.
La tematica del conflitto diretto o indiretto degli atti amministrativi
nazionali con la normativa comunitaria si intreccia al problema della
natura dei rapporti che intercorrono tra l'ordinamento italiano e l'ordinamento dell'Unione europea. L’adesione alla tesi monista o dualista
ha, infatti, pesanti ricadute sul regime degli atti amministrativi anticomunitari e sulla relativa disciplina processuale. In base all’opzione
prescelta si parla in dottrina e in giurisprudenza, a seconda dei casi, di
annullabilità, nullità e disapplicabilità dell’atto amministrativo. Occorre pertanto procedere ordinatamente alla risoluzione delle plurime
questioni sul tappeto.
In primo luogo pare opportuno principiare dalla disamina delle varie ipotesi di violazione del diritto comunitario ad opera di un atto
amministrativo. Secondo una parte della dottrina sarebbero configurabili tre casi di invalidità dell’atto amministrativo nazionale per contrasto con norme e principi comunitari315:
1) la prima ipotesi è quella in cui la P.A. emani un atto amministrativo in diretta applicazione (e violazione) della norma comunitaria,
senza il diaframma di una norma nazionale. Da ciò discende illegittimità dell’atto amministrativo e la sua annullabilità.
La giurisprudenza amministrativa, in adesione alla tesi monista, ritiene, infatti, che "una volta che la norma comunitaria sia entrata a
far parte integrante dell’ordinamento interno", essa benefici "del me315
CERULLI IRELLI V.-LUCIANI F., Diritto comunitario e diritto interno, tra
Stato e regioni, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2007. Più in generale sulla invalidità comunitaria dell’atto amministrativo si vedano, tra gli altri, MUSONE R., Il regime di
invalidità dell’atto amministrativo anticomunitario, Napoli, 2007. CLARIZIA P.,
L’invalidità degli atti amministrativi nell’ordinamento europeo, in L’invalidità amministrativa, a cura di Cerulli Irelli V.-De Lucia L., Giappichelli, Torino, 2009.
GIOVAGNOLI R., L’atto amministrativo in contrasto con il diritto comunitario: il
regime giuridico e il problema dell’autotutela decisoria, in www.giustamm.it.
CRESTI M., L'invalidità degli atti amministrativi nazionali in contrasto con il diritto comunitario, in AA.VV., Rapporti e concorrenza tra ordinamenti, a cura di Irace
A.-Maviglia C., Giuffrè, Milano, 2007.
Parte Prima
137
desimo regime accordato alle altre disposizioni dell’ordinamento nazionale quanto all’eventuale giudizio di legittimità di un provvedimento amministrativo"316. Proprio in virtù dell’integrazione tra ordinamento comunitario e ordinamento nazionale, la normativa comunitaria
vigente in Italia costituisce parametro di legittimità dell’atto amministrativo interno e la sua lesione è riconducibile al più ampio concetto
di violazione di legge, quale vizio di annullabilità del provvedimento.
Da questa tesi promanano alcuni corollari in ordine alla forma di
tutela attivabile ed ai poteri esperibili dal giudice. In primis, essendo il
provvedimento illegittimo, l’interessato ha l’onere di impugnarlo, a
pena di decadenza, entro 60 gg.317, nell’ambito di un giudizio di annullamento dalle finalità caducatorie. La stessa regola, del resto, viene
applicata dalla Corte di Lussemburgo con riferimento agli atti comunitari annullabili. Di conseguenza, al fine di scongiurare un'elusione del
termine decadenziale, il giudice amministrativo, non può, di regola e
salvo casi eccezionali318, disapplicare l’atto amministrativo per violazione di una disposizione comunitaria319. A riguardo si segnala il contrario orientamento del giudice comunitario favorevole, invece,
all’estensione del rimedio disapplicatorio tanto agli atti normativi
quanto agli atti amministrativi.
2) La seconda fattispecie di invalidità degli atti amministrativi per
violazione della normativa comunitaria è configurabile allorquando la
P.A. emani un provvedimento sulla base di una norma nazionale incompatibile con una norma o principio comunitario direttamente applicabile. Si tratta della c.d. invalidità indiretta.
316
Cons. Stato, sez. IV, 21 febbraio 2005, n. 579, in www.giustiziaamministrativa.it.
317
Cons. Stato, sez. VI, 22 novembre 2006, n. 6831, in www.giustiziaamministrativa.it.
318
Ad esempio nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva nelle quali, allo scopo di
evitare ingiustificate differenziazioni tra identiche situazioni soggettive, si riconoscono al giudice amministrativo, con riferimento ai diritti soggettivi, gli stessi poteri
del giudice ordinario.
319
Cgce, 24 ottobre 1996, in causa C-72/1995, Kraaijeveld, in Racc. 1996.
138
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
L’atto amministrativo riceve, dunque, l’anticomunitarietà dalla
norma di legge alla quale, in base al principio di legalità che governa
l’azione amministrativa, è tenuto a dare attuazione. Tuttavia, dai principi del primato e dell’efficacia diretta, che determinano la prevalenza
del diritto europeo sul diritto nazionale, scaturisce in capo al giudice e
alle pubbliche amministrazioni l'obbligo di disapplicare le norme interne in conflitto con la normativa comunitaria320. Nella fattispecie de
qua si assiste proprio alla disapplicazione, da parte della P.A., della
norma nazionale con successiva applicazione della norma comunitaria, quale nuovo parametro di legittimità dell’atto amministrativo.
L'obbligo di disapplicazione normativa, imposto dalla Corte di giustizia a tutti i pubblici poteri nazionali (ivi comprese le pubbliche
amministrazioni)321, è stato gradualmente recepito sia dalla Corte costituzionale322 che dalla giurisprudenza amministrativa323. Attraverso
il rimedio disapplicatorio il giudice accerta, in relazione al caso di
specie, l’inefficacia della norma nazionale confliggente con il diritto
comunitario, con il conseguente divieto per la P.A. di darvi applicazione. Se, ciononostante, la P.A. emanasse un provvedimento sulla base della norma nazionale anticomunitaria, ne discenderebbe
un’invalidità comunitaria indiretta dell'atto amministrativo.
Occorre a questo punto domandarsi se, in una tale ipotesi, l’atto invalido sia da qualificare come nullo o come annullabile. La dottrina e
la giurisprudenza maggioritarie324 sostengono la tesi dell’annullabilità,
320
NOCERINO GRISOTTI A., Disapplicazione della normativa interna, in contrasto con quella comunitaria, da parte del giudice e della pubblica amministrazione statale e regionale, in AA.VV., Regioni, Costituzione e rapporti internazionali,
Milano, 1995.
321
Cgce, 22 giugno 1989, in causa C-103/1988, Fratelli Costanzo, in Racc.
1989.
322
Corte cost., 4 luglio 1989, n. 389, in www.giurcost.it.
323
Ex multis Cons. Stato, sez. VI, 4 gennaio 2005, n. 2, in www.giustiziaamministrativa.it.
324
In dottrina GRECO G., Incidenza del diritto comunitario sugli atti amministrativi italiani, in Trattato di diritto amministrativo europeo, diretto da M.P. Chiti-
139
Parte Prima
ricavandola a contrario dalla lettera dell’art. 21-septies l. 241/90, che
non contempla tra i casi di nullità dell’atto amministrativo l’ipotesi di
contrasto con la normativa comunitaria325.
Essendo la nullità un regime di invalidità eccezionale, e quindi tassativo, l’inosservanza della norma comunitaria renderebbe l’atto amministrativo illegittimo e, dunque, annullabile ai sensi dell’art. 21octies I co. l. 241/90 per vizio di violazione di legge. Secondo questo
orientamento la nullità del provvedimento sarebbe configurabile qualora il provvedimento nazionale venisse "adottato sulla base di una
norma interna (attributiva del potere) incompatibile (e quindi disapplicabile) con il diritto comunitario"326. In questa fattispecie si assisterebbe, così, alla nullità dell’atto per difetto assoluto di attribuzione
(vizio rientrante nella previsione dell’art. 21-septies), poichè la norma
da disapplicare sarebbe la norma fondante il potere amministrativo. Si
tratta comunque di un'ipotesi assai rara327, in quanto nel sistema amministrativo italiano “le norme attributive del potere sono norme di
diritto nazionale e (...) il diritto comunitario difficilmente vi interferisce”328.
La summenzionata tesi della nullità assoluta dell’atto amministrati-
G. Greco, Milano, 2007, 936. CASETTA E., Manuale di diritto amministrativo,
XIII ed., Giuffrè, Milano, 2011. CARINGELLA F., Manuale di diritto amministrativo, Dike, Roma, 2010. In giurisprudenza Cgce, 13 gennaio 2004, in causa C453/2000, Kühne & Heitz, in Racc. 2004. Cons. Stato, sez. IV, 21 febbraio 2005, n.
579. Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2003, n. 35. Tar Lazio, sez. I, 15 agosto 1988,
n. 1185, in www.giustizia-amministrativa.it.
325
326
Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2003, n. 35, cit..
Cons. Stato,
ammministrativa.it.
sez.
IV,
21
febbraio,
n.
579,
in
www.giustizia-
327
Ad esempio nell’ipotesi in cui l’incompatibilità con le norme ed i principi
comunitari si riferisca ad una norma legislativa nazionale che autorizzi provvedimenti restrittivi di quote di importazione.
328
GRECO G., Incidenza del diritto comunitario sugli atti amministrativi italiani, op. cit..
140
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
vo anticomunitario è stata aspramente criticata329. In particolare secondo autorevole dottrina non è sostenibile "la tesi della nullità, in
quanto nel caso di provvedimenti amministrativi in contrasto con disposizioni comunitarie non è configurabile una carenza di potere, né
alcuna altra delle ipotesi tipizzate di nullità. Inoltre, (...) pure gli atti
emanati da organi comunitari in contrasto col Trattato o con norme
di diritto derivato sono ricondotti dal giudice comunitario, salvo ipotesi estreme, al regime dell’annullabilità. Non sarebbe quindi chiara
la ragione per delineare un diverso regime degli atti amministrativi
emanati da uno Stato membro, sovvertendone oltretutto le regole interne"330.
Da queste premesse è possibile dedurre come la tesi della nullità
dell'atto amministrativo appaia in stridente contrasto con l’omogenea
categoria dell’invalidità comunitaria, a causa dell'ingiustificata differenziazione di trattamento tra ipotesi giuridiche similari. Lo stesso richiamo al difetto di attribuzione sembra inappropriato. L‘ordinamento
italiano, infatti, considera nullo per carenza di potere l’atto amministrativo adottato sulla base di un potere non previsto da alcuna norma
o che la legge attribuisce ad un organo diverso rispetto al plesso amministrativo che ha agito. Nelle ipotesi di contrasto–indiretto-tra l’atto
amministrativo e la normativa comunitaria, a ben vedere, rileverebbe
non già una carenza, bensì un cattivo esercizio di potere. Il potere
dunque sussiste, ma è stato esercitato in modo scorretto, sicchè il
provvedimento amministrativo, adottato all'esito del suo esercizio, ri-
329
Tra i tanti GRECO G., Incidenza del diritto comunitario sugli atti amministrativi nazionali, op. cit. MATTARELLA B.G., Il provvedimento, in Dir. amm.
appl., a cura di Sandulli M.A., Milano, 2005. TORCHIA L., Il giudice disapplica e
il legislatore reitera: variazioni in tema di rapporti tra diritto comunitario e diritto
interno, in Foro it., 1990, III, 203. VILLATA R.-RAMAJOLI M., Il provvedimento
amministrativo, Giappichelli, Torino, 2011. VALAGUZZA S., La frammentazione
della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione europea, op. cit.. CARANTA R., Inesistenza (o nullità) del provvedimento amministrativo adottato in
forza di norma nazionale contrastante con il diritto comunitario, in Giur. it., 1989,
III, 1, 149.
330
VILLATA R.-RAMAJOLI M., Il provvedimento amministrativo, op. cit..
Parte Prima
141
sulterà illegittimo e quindi annullabile.
In quest'ipotesi non si giustifica, pertanto, l'applicazione del regime
della nullità, poichè “l’incompatibilità comunitaria non deriva da violazione di regole comunitarie di competenza, ma da questioni relative
all’esercizio concreto del potere attribuito alle singole amministrazioni nazionali, quindi in senso stretto, non verte sul tema delle attribuzioni degli organi amministrativi”331. Di conseguenza il regime applicabile, nelle ipotesi di anticomunitarietà, risulterebbe il regime previsto per la annullabilità dell’atto.
3) La terza fattispecie di invalidità comunitaria riguarda il caso in
cui l’amministrazione adotti un atto amministrativo in base ad una
norma nazionale in contrasto con una norma comunitaria non direttamente applicabile332. In tale ipotesi, secondo parte della dottrina,
"stante la mancata integrazione dell’ordinamento interno con la norma comunitaria, l’amministrazione" non potrebbe "disapplicare la
norma nazionale (ancorchè costituzionalmente illegittima per violazione degli artt. 11 e 117, co. I Cost. e soggetta al sindacato del giudice delle leggi)"333. Pertanto l’atto amministrativo, conforme alla norma di legge nazionale, continuerebbe ad essere valido ed efficace, in
attesa di un eventuale giudizio di legittimità costituzionale.
Tuttavia, ciò che non può essere ottenuto con la disapplicazione
può essere realizzato attraverso l’esegesi. Infatti la P.A. è tenuta, per
quanto possibile, ad interpretare la norma interna in conformità ai va331
VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione europea, op. cit.: “Il concetto di attribuzioni e la determinazione dei limiti di competenza concerne il diritto istituzionale comunitario ed è
rivolto agli organi attivi all’interno dell’Unione, ma il diritto comunitario non contiene regole di competenza che possano incidere sul livello organizzativo degli Stati
nazionali”. La stessa giurisprudenza comunitaria sostiene “l’insensibilità
dell’ordinamento sovranazionale al riparto di competenze effettuato tra le strutture
operative all’interno dell’organizzazione amministrativa nazionale”.
332
È il caso ad esempio di una direttiva non self-executing e non ancora recepita
nell'ordinamento italiano, senza che sia decorso il termine di recepimento.
333
CERULLI IRELLI V.-LUCIANI F., Diritto comunitario e diritto interno, tra
Stato e regioni, op. cit..
142
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
lori della norma comunitaria sia pure non direttamente applicabile (ad
es. una direttiva non self-executing)334, rendendo così conforme al diritto comunitario anche il successivo atto amministrativo.
In definitiva la giurisprudenza ha talmente valorizzato la forza espansiva del diritto comunitario, sì da riconoscergli vigenza all’interno
degli Stati anche nelle ipotesi di carenza di efficacia diretta, attraverso
il meccanismo dell’interpretazione conforme del diritto interno.
Delineate, sia pur sommariamente, le complesse dinamiche del
conflitto tra l'atto amministrativo e la normativa comunitaria in genere, occorre ora soffermarsi sulla particolare tipologia di contrasto che
ha come protagonisti, da un lato, l’atto amministrativo nazionale e,
dall’altro, i principi comunitari non scritti elaborati dalla Corte di giustizia. Si è osservato in proposito come l’incidenza di tali principi non
si arresti alla soglia della rilevanza giuridica, ma si traduca "in vera e
propria efficacia giuridica di guisa che la mancata osservanza da
parte di qualsiasi operatore vincolato dal diritto comunitario costituisce inosservanza del diritto comunitario stesso"335.
È convincimento sempre più diffuso che i principi comunitari
(scritti e non) siano muniti di efficacia diretta, imponendosi
all’osservanza dei poteri nazionali, obbligati a disapplicare gli atti interni (normativi o amministrativi) con essi in conflitto. Nella nota sentenza Ciola336 la Corte di Giustizia ha affermato in tal senso l’obbligo
del giudice nazionale di disapplicare un provvedimento amministrativo in contrasto con un principio generale del diritto comunitario.
La violazione dell'acquis comunitario ricomprende al proprio interno anche l’inosservanza dei principi, quale vizio di legittimità degli
334
Cgce, 26 settembre 2000, in causa C-443/1998, Unilever Italia S.p.a., in
Racc. 2000. Cgce, 13 novembre 1990, in causa C-106/1989, in Racc. 1990. In dottrina sul punto SORRENTINO F., La Costituzione europea, in Trattato di diritto
amministrativo europeo, a cura di Chiti M.P.-Greco G., Giuffrè, 2008.
335
PICOZZA E., Alcune riflessioni circa la rilevanza del diritto comunitario sui
principi del diritto amministrativo italiano, op. cit..
336
Cgce, 29 aprile 1999, in causa C-224/97, Ciola, cit..
Parte Prima
143
atti amministrativi ascrivibile alla violazione di legge337. Vi sono tuttavia ipotesi in cui la palese infrazione degli obiettivi dei Trattati può
inficiare l'atto amministrativo per sviamento della funzione integrando, così il diverso vizio dell'eccesso di potere338. In generale va riconosciuta, quindi, efficacia diretta sia ai principi codificati in disposizioni direttamente applicabili, sia ai principi non scritti di origine giurisprudenziale.
A questo punto è d'obbligo sciogliere il nodo circa i rimedi esperibili avverso un provvedimento amministrativo lesivo del diritto comunitario e dei suoi principi. In altri termine va chiarito quale sia il bagaglio di tutele offerte dall’ordinamento nazionale per garantire, anche
in ambito amministrativo, il primato del diritto europeo. Come accennato in precedenza, sono percorribili due grandi vie:
a) la strada dell’annullabilità (e per taluni della nullità) che presuppone l’invalidità dell’atto;
b) la via della disapplicazione che opera, viceversa, sul crinale
dell’inefficacia, lasciando a latere le questioni di validità.
Mentre la giurisprudenza amministrativa maggioritaria aderisce alla
tesi dell’annullabilità, riconducendo l’infrazione al diritto comunitario
nell’ampia accezione della violazione di legge, la Corte di giustizia
propende sempre più per un uso generalizzato del rimedio disapplicatorio339. Ed è proprio quest'ultimo orientamento che forzosamente è
destinato a prevalere per l'autorità e l'efficacia erga omnes delle pronunce della Corte.
337
VALAGUZZA S., La teoria dei controlimiti nella giurisprudenza del Consiglio di stato: la primauté del diritto nazionale, in Dir. proc. amm., 2006, 816.
338
VALAGUZZA S., Sulla impossibilità di disapplicare provvedimenti amministrativi per contrasto col diritto europeo: l’incompatibilità comunitaria tra violazione di legge ed eccesso di potere, in Dir. proc. amm. 2005, 1112.
339
Con riferimento alla disapplicazione quale rimedio generale di risoluzione dei
conflitti GRECO G., Inoppugnabilità e disapplicazione dell’atto amministrativo nel
quadro comunitario e nazionale (note a difesa della c.d. pregiudizialità amministrativa), in Riv. it. dir. pubbl. com. n. 3-4, 2006, 518.
144
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
In particolare, in una nota sentenza, il giudice europeo340, nella prospettiva dell’integrazione degli ordinamenti, afferma che l’unico strumento in grado di assicurare il primato e l’effettività del diritto comunitario341 sia proprio la disapplicazione dell’atto amministrativo che,
in via diretta o riflessa, risulti con esso confliggente. L'ambito operativo della disapplicazione, pertanto, si dilaterebbe fino a ricomprendere
tanto gli atti normativi quanto gli atti amministrativi affetti da anticomunitarietà.
È dunque evidente come la nuova filosofia comunitaria abbia stravolto l’assetto normativo interno nonchè le tecniche giudiziarie, trasformando la disapplicazione, da rimedio tassativo ed eccezionale, in
strumento generale ed ordinario, teso a garantire l’uniforme e immediata applicazione dell’acquis communautaire. Alla Corte di giustizia
non interessa la qualificazione e il regime (di inefficacia o invalidità)
che gli Stati attribuiscono all’atto amministrativo. Ciò che conta è che
le norme ed i principi comunitari prevalgano, in caso di conflitto, sulle
disposizioni interne (normative o amministrative) dei Paesi membri
senza subire ostruzionismi.
Per tali ragioni l’ordinamento dell'Unione europea mostra il proprio
sfavore verso un regime di annullabilità dell’atto amministrativo anticomunitario che, in caso di mancata impugnazione entro un termine
decadenziale, cristallizzi il provvedimento perpetrando ad libitum un
intollerabile vulnus al diritto comunitario342.
340
Ex multis Cgce, 29 aprile 1999, in causa C-224/97, Ciola, cit.. Dello stesso
avviso anche Tar Lombardia, sez. III, 31 maggio 2000, n. 3831, in www.giustiziaamministrativa.it.
341
Sul principio di effettività del diritto comunitario costruito dalla Corte di giustizia attraverso la valorizzazione del principio di leale cooperazione KESSEDIJAN
C., L'autoritè de la chose jugée et l'effectivité du droit européen, in ERA, Forum,
2010.
342
Secondo la Corte di giustizia la rimozione delle violazioni del diritto comunitario, perpetrate da atti amministrativi nazionali, non può dipendere dalla scelta del
ricorrente di esperire l'azione di annullamento entro il perentorio termine di 60 gg.;
occorre, viceversa, conferire al giudice domestico, attraverso la disapplicazione, il
potere di accertare e rimuovere d'ufficio ed in qualunque momento le violazioni ca-
Parte Prima
145
Inoltre limitare la disapplicazione ai soli atti normativi, con esclusione degli atti amministrativi, significherebbe conferire a questi ultimi una capacità di resistenza maggiore rispetto agli atti normativi (cedevoli in quanto disapplicabili), con palese sovvertimento del principio della gerarchia delle fonti. Infine in ambito comunitario una distinzione tra atti normativi e amministrativi non è contemplata, sicchè
non si vede la ragione per cui ai secondi non sia possibile estendere i
rimedi previsti per i primi343.
La valenza generale del rimedio disapplicatorio, sostenuta dalla
Corte di giustizia, è posta in discussione da quella parte della dottrina
che paventa il rischio di uno stravolgimento del sistema amministrativo italiano, avendo il principio della disapplicazione un’efficacia ed
un'estensione maggiori per gli atti amministrativi rispetto a quanto accade, normalmente, per gli atti normativi344. In altri termini la disapplicazione risulterebbe un annullamento mascherato, producendone i
medesimi effetti, pur con un regime giuridico differente (officiosità
del potere, assenza di un termine perentorio di esercizio).
La dottrina e la giurisprudenza italiane sono consapevoli, dunque,
del pericolo che una generalizzazione del rimedio disapplicatorio possa stravolgere il sistema italiano di giustizia amministrativa fondato
sulla regola della impugnabilità degli atti lesivi (non regolamentari),
con pregiudizio alle esigenze di certezza, stabilità e continuità dei rapporti di diritto pubblico.
gionate al diritto comunitario.
343
La Corte di giustizia ha in più occasioni evidenziato che “tra le disposizioni di
diritto interno in contrasto con la disposizione comunitaria possono figurare disposizioni vuoi legislative, vuoi amministrative”. Aggiunge poi la Corte che “è nella logica di tale giurisprudenza che le disposizioni amministrative di diritto interno non
includano unicamente norme generali ed astratte, ma anche provvedimenti amministrativi individuali e concreti”.
344
Si vedano in proposito le considerazioni di GIOVAGNOLI R., L’atto amministrativo in contrasto con il diritto comunitario, op. cit.. Secondo l'autore gli atti
amministrativi sono "normalmente destinati alla disciplina di situazioni particolari"
e in relazione ad essi "la disapplicazione produce effetti più rilevanti, in quanto consente di risolvere la questione nella sua integrità, rendendo così l’annullamento
dell’atto solo un incombente formale".
146
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
È vero comunque che, a livello comunitario, non sono mancate
pronunce della Corte di giustizia, rispettose dell'autonomia processuale degli Stati membri, che hanno riconosciuto ammissibile la previsione di un termine di impugnazione per gli atti anticomunitari, purchè
ragionevole e non lesivo dei principi di effettività e pienezza della tutela giurisdizionale.
Ma è altrettanto vero che, soprattutto nelle ipotesi di atti amministrativi presupposti e inoppugnabili, l’ordinamento comunitario spinga
nella direzione dell’attribuzione al giudice amministrativo di un potere
di disapplicazione sempre più esteso e generalizzato.
Emerge allora come il provvedimento, e più in generale l'intera attività procedimentale amministrativa, soggiaccia oggi ai superiori parametri della legalità comunitaria, la quale certamente ricomprende i
principi non scritti di elaborazione pretoria. Una legalità che implementa le tutele del civis, restringendo al contempo i poteri dell'autorità.
2.8.1. La nullità dell’atto amministrativo per violazione della normativa e dei principi comunitari
Come visto nel paragrafo precedente, la giurisprudenza maggioritaria propende per il riconoscimento dell'annullabilità dell'atto amministrativo anticomunitario, con conseguente applicabilità del relativo regime giuridico.
Si registra, tuttavia, un orientamento minoritario, di ispirazione
dualista, che considera nullo l’atto amministrativo applicativo di una
legge attributiva del potere anticomunitaria. In quest’ipotesi la disapplicazione della norma interna priverebbe di ogni fondamento
l’attività amministrativa ed i relativi atti risulterebbero nulli per carenza assoluta di potere. Secondo questa impostazione non potrebbe,
dunque, invocarsi l’operatività della norma comunitaria, quale parametro di legittimità dell’atto amministrativo, a causa dell’appartenenza di tale norma ad un ordinamento separato e distinto rispetto
Parte Prima
147
all'ordinamento nazionale345.
Nella famosa, ma anche isolata, pronuncia del 1989346, il Tar Piemonte dichiara la nullità di un atto amministrativo applicativo di una
norma di legge in contrasto con una direttiva non self-executing, previa disapplicazione della norma interna. Il giudice amministrativo oblitera del tutto la questione se la norma interna sia norma attributiva o
meramente regolativa del potere. Poichè la norma di legge disapplicata è improduttiva di effetti "il giudice non può che accertare
l’inesistenza del necessario parametro per la valutazione della legalità dell’azione amministrativa e, siccome non esiste attività amministrativa legibus soluta", egli non può che acclarare la radicale nullità
dell’atto amministrativo347. In adesione alla tesi dualista dei rapporti
tra ordinamenti, il giudice ritiene che, da un lato, la disapplicazione
della norma di legge interna e, dall’altro, l’appartenenza della norma
comunitaria ad un ordinamento separato e distinto, conducano alla
345
In dottrina FORLATI PICCHIO L., La neutralizzazione degli effetti di atti
amministrativi contrari al diritto comunitario, in Dir. com. sc. int., 1978, 199.
MANFRELLOTTI R., Sistema delle fonti e indirizzo politico nelle dinamiche
dell’integrazione europea, Torino, 2004. GRECO G., L’incidenza del diritto comunitario sugli atti amministrativi nazionali, op. cit.. Secondo l’autore l’ipotesi della
nullità dell’atto amministrativo è statisticamente ridotta ai casi in cui la norma attributiva del potere sia rinvenibile integralmente nel diritto comunitario “perché capita
di rado che la normativa comunitaria si sovrapponga del tutto a quella nazionale
sulla attribuzione del potere amministrativo. Mentre è assai più frequente l’ipotesi
che la legge italiana (nella parte incompatibile) si limiti a prevedere segmenti della
fattispecie normativa di disciplina del potere amministrativo, ma non l’intera fattispecie che radica il potere medesimo. E in tali casi, trattandosi di norme sul modo
di esercizio di detto potere, la loro disapplicazione non può ripercuotersi in termini
di carenza di potere-nullità sull’atto amministrativo, sebbene solo in termini di illegittimità-annullabilità”. In giurisprudenza Tar Piemonte, sez. II, 8 febbraio 1989, n.
34, in www.giustizia-amministrativa.it.
346
Tar Piemonte, sez. II, 8 febbraio 1989, n. 34, cit., con commenti di TORCHIA
L., Il giudice disapplica ed il legislatore reitera: variazioni in tema di rapporti tra
diritto comunitario e diritto interno, op. cit. e MURRA R., Contrasto tra norma nazionale e norma comunitaria: nullità assoluta degli atti amministrativi di applicazione della norma nazionale?, in Dir. proc. amm., 1990, 284.
347
Tar Piemonte, sez. II, 8 febbraio 1989, n. 34, cit..
148
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
qualificazione della patologia dell'atto amministrativo in termini di
nullità per difetto assoluto di attribuzione348.
La pronuncia in esame è criticabile sotto molteplici aspetti: in primo luogo l’integrazione tra ordinamenti deve considerarsi un dato irrinunciabile in un contesto di primazia del diritto comunitario, sicchè
la norma comunitaria incarnerebbe il parametro di legittimità
dell’azione amministrativa nell’alveo di una legalità di livello superiore e più ampio. Inoltre, anche aderendo alla tesi dualista, si ravvisa da
parte del Tar Piemonte un uso improprio del rimedio disapplicatorio,
di regola, ammissibile nei soli rapporti tra norme contemporaneamente vigenti e applicabili.
Nella fattispecie de qua, viceversa, venendo in rilievo una direttiva
non self-executing, il giudice non potrebbe disapplicare la norma interna, bensì avrebbe l'onere di sollevare questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Consulta. E a nulla valga la giustificazione del
Tar che individua nella assoluta incompatibilità dei fini perseguiti dalle due norme la fonte della inapplicabilità di quella interna.
A partire dal 2005, la tesi della nullità dell'atto amministrativo anticomunitario, che appariva recessiva, in quanto collegata ad una visione dualistica dei rapporti tra ordinamenti ormai in via di superamento,
tende a riemergere in una declinazione rinnovata. Da una lettura congiunta dei novellati artt. 1 co. I e 21-septies della l. 241/90349, autorevole dottrina individua, infatti, un'ulteriore ipotesi di nullità del provvedimento amministrativo per mancanza di un elemento essenziale,
348
MUSONE R., Il regime di invalidità dell’atto amministrativo anticomunitario, op. cit.. In altri termini attraverso la disapplicazione la norma interna, affetta da
anticomunitarietà, viene privata dal giudice del potere di esplicare i propri effetti, tra
i quali vi è per le norme di legge quello di autorizzare l’esercizio dei poteri amministrativi necessari per dare ad esse attuazione, secondo il principio di legalità. In questo modo la norma interna-disapplicata-non è più idonea a fondare il potere della
P.A. di adottare l’atto amministrativo, il quale, ove venga comunque emanato, risulterà nullo per carenza assoluta di potere ai sensi dell’art. 21-septies l. 241/90.
349
L'art. 1 co. 1 è stato modificato dall'art. 1, l. 11 febbraio 2005, n. 15 e poi dalla lettera a) del comma 1 dell'art. 7, l. 18 giugno 2009, n. 69. L'art. 21-septies è stato
aggiunto dall'art. 14, l. 11 febbraio 2005, n. 15.
Parte Prima
149
ove la norma violata sia espressione di un principio comunitario350.
Inoltre “la configurabilità di una sorta di diritti intangibili di fonte
comunitaria, la cui violazione comporta la radicale nullità degli atti
amministrativi lesivi, non solo garantirebbe l’effettività di tali posizioni giuridiche, ma, soprattutto costituirebbe un importante contributo allo sviluppo dell’acquis communautaire, vero e proprio crocevia
350
CERULLI IRELLI V., Diritto europeo e diritto interno nel sistema di tutela
giurisdizionale delle controversie di diritto pubblico (intorno al principio di effettività), in www.centrodirittoeuropeo.it: "Non può essere trascurato, invero, il rilievo
che la violazione delle norme comunitarie potrebbe dare luogo in certi casi, più incisivamente di quanto attiene alle violazioni di norme nazionali, a violazioni previste dall’art. 21-septies, e perciò produrre la nullità dei relativi atti amministrativi.
Al di là dell’ipotesi, abbastanza improbabile, del difetto assoluto di attribuzione
(dato che la norma comunitaria non è in genere attributiva del potere), potrebbe
emergere il caso di violazione di norme comunitarie così gravi, caratterizzanti un
determinato modello procedimentale, da incidere sugli elementi essenziali della fattispecie, la cui mancanza è causa di nullità. Ciò potrebbe verificarsi ad esempio,
nelle gare pubbliche per l’aggiudicazione di contratti d’appalto (materia quasi interamente coperta da normativa comunitaria laddove si verifichi la violazione di regole essenziali poste a tutela della concorrenza dal diritto comunitario, che potrebbero appunto rappresentarsi come elementi essenziali della fattispecie di gara (v. ad
esempio, in diritto francese, la norma sul cd. referé précontractuel: art. L551-1,
cod. just. adm., laddove si prevede una forma più incisiva di tutela cautelare in caso
di violazione aux obligations de publicité e de mise en concurence).". In argomento
anche ARLOTTA A., Ius superveniens di fonte comunitaria e patologia del provvedimento amministrativo. Rapporti tra ius superveniens e provvedimento amministrativo, in www.altalex.com, 2007. In generale, con riferimento alla tematica della nullità del provvedimento amministrativo adottato in violazione del diritto comunitario,
in giurisprudenza, Tar Basilicata, 17 ottobre 2006, n. 723, in www.giustiziaamministrativa.it, in cui si afferma che “il vizio di nullità (alla luce della sentenza
della Corte di Giustizia, 9 settembre 2003 n. 198) risulta configurabile soltanto se
l’atto e/o provvedimento amministrativo sia stato adottato sulla base di una norma
interna incompatibile (e perciò disapplicabile secondo la Corte di Giustizia) con il
diritto comunitario”. Al contrario per Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2003, n. 35 cit.
“la forma patologica della nullità (o dell’inesistenza) risulta configurabile nella sola ipotesi in cui il provvedimento nazionale è stato adottato sulla base di una norma
interna (attributiva del potere nel cui esercizio è stato adottato l’atto) incompatibile
(e, quindi, disapplicabile) con il diritto comunitario”.
150
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
per un’effettiva integrazione europea”351. In tal senso la declaratoria
di nullità si delineerebbe quale strumento "per la neutralizzazione integrale degli effetti lesivi delle situazioni giuridiche soggettive di derivazione comunitaria che gli atti amministrativi possono aver prodotto"352.
In conclusione la violazione dei principi comunitari, ad opera di un
atto amministrativo nazionale, attraverso il combinato disposto degli
artt. 1 co. I e 21-septies, schiude nuovi scenari capaci di estendere
l'ambito applicativo della nullità alle infrazioni del diritto europeo. In
tal modo la forza avvolgente dei principi dell'ordinamento comunitario
consente di andare oltre l’ipotesi di nullità per difetto assoluto di attribuzione per ricomprendere casi di violazione di norme comunitarie
così gravi da incidere sugli elementi essenziali della fattispecie dell'atto amministrativo353.
351
ARLOTTA A., Ius superveniens di fonte comunitaria e patologia del provvedimento amministrativo, op. cit..
352
MUSONE R., Il regime di invalidità dell’atto amministrativo anticomunitario, op. cit..
353
Per quanto concerne l'ampliamento delle ipotesi di nullità dell'atto amministrativo anticomunitario vedasi anche VALAGUZZA S., La frammentazione della
fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione europea, op. cit.. Secondo
l'autrice "si potrebbe essere portati a concludere per la nullità del provvedimento, in
caso sia della mancanza di elementi essenziali dell’atto, nelle ipotesi in cui taluno di
questi elementi sia previsto nel diritto di fonte sovranazionale, sia di violazione del
giudicato", che potrebbe abbracciare quegli "atti nazionali che contrastino con il
decisum della Corte di giustizia".
Parte Prima
151
CAPITOLO III
I PRINCIPI COMUNITARI DI MAGGIOR RILIEVO
PER L’AZIONE AMMINISTRATIVA
SOMMARIO: Premessa. 3.1. Il principio della certezza del diritto: la prevedibilità delle scelte pubbliche a tutela delle situazioni soggettive individuali. 3.2. Il principio della tutela del legittimo affidamento: le libertà del cittadino quale fulcro del
sistema comunitario. 3.3. Il principio di proporzionalità quale misura e limite
dell'esercizio dei pubblici poteri in ambito comunitario e nazionale. 3.4. I principi del giusto procedimento: la valorizzazione delle pretese del cittadino nell'esercizio del potere. 3.5. I principi di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale: l'erosione dell'autonomia processuale degli Stati e l'influenza sul giudizio
amministrativo italiano.
Premessa
Come è noto, tra la normativa comunitaria e la normativa nazionale
è in atto un fenomeno osmotico dalle ampie ricadute sul sistema pubblico italiano, sicchè “la prima, in posizione sovraordinata, concorre,
infiltrandosi nel diritto obiettivo interno, a conformare contenuto e
limiti del potere amministrativo”354.
354
SICILIANO F., La legalità amministrativa (comunitaria e interna) e certezza
152
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Nell’attuale sistema, policentrico e multilivello sono i principi comunitari a primeggiare in danno della legge e più in generale del diritto scritto, influenzando a cascata, in via diretta o riflessa, tutte le altre
fonti, in special modo le fonti nazionali. In particolare, i principi non
scritti, elaborati dalla Corte di giustizia, costituiscono il tessuto connettivo che armonizza e tiene insieme parti tra loro eterogenee e tendenzialmente confliggenti, in una quadratura normativa complessa ed
articolata.
I principi comunitari si inseriscono nell'ordinamento italiano attraverso molteplici strade:
1) gli artt. 11 e 117 Cost.;
2) l'art. 1 co. I l. 241/90;
3) la giurisprudenza comunitaria ed italiana.
Un diritto per principi, a dire il vero, non risulta del tutto sconosciuto al sistema amministrativo nazionale, avendo i giudici amministrativi fatto uso più volte dei principi generali dell'ordinamento (italiano) nella creazione e nello sviluppo di molteplici istituti355. Infatti
"nessuno può negare che le fondamenta e anche molte strutture portanti della costruzione del diritto amministrativo sono state poste dalla giurisprudenza" che ha delineato "un sistema di principi sviluppando le poche, frammentarie, incerte e in sé aperte alle più diverse letture, disposizioni legislative" presenti356. Anche la migliore dottrina si è,
tradizionalmente, avvalsa dei principi generali sia come strumento di
crescita del sistema sia come collante in grado di conferire ordine e sistematicità all'ordinamento357.
del diritto: riflessi sui rapporti amministrativi e istituzionali, op. cit..
355
GUARINO G., Qualche riflessione sul diritto amministrativo e sui compiti
dei giuristi, in Riv. trim. dir. pubbl., 1970, 954.
356
SALA G., Potere amministrativo e principi dell’ordinamento, op. cit.. Sul carattere eminentemente giudiziale del diritto amministrativo, tra i tanti, GIANNINI
M.S., Lezioni di diritto amministrativo, op. cit.. SALANDRA A., Lezioni di diritto
amministrativo, Roma, 1905.
357
Sul ruolo e sulla funzione dei principi di diritto amministrativo, tra i tanti contributi, ROMANO S., Principi di diritto amministrativo, Milano, 1901. RANELLETTI O., Principi di diritto amministrativo, vol. I, Napoli, 1912. ZANOBINI G.,
Parte Prima
153
I principi, soprattutto agli albori del diritto amministrativo italiano,
hanno rafforzato il ruolo dell'autorità e del potere pubblico, erogando
una protezione ineffettiva delle situazioni soggettive individuali. Solamente a partire dalla seconda metà del Novecento l’impiego dei
principi inizia ad assumere un reale valore garantistico, mediante un
progressivo ampliamento della tutela dei diritti e degli interessi degli
amministrati358.
Tale fase coincide con l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana prima e con l’avvento del diritto comunitario poi. A ben vedere, anche se la Grundnorm italiana enuncia una gamma di principi,
volti certamente ad estendere il perimetro delle libertà e dei diritti individuali, molte disposizioni costituzionali sono rimaste per decenni
inattuate a causa delle resistenze del legislatore e dell'amministrazione, preoccupati di conservare spazi di privilegio all'azione pubblica.
Nonostante le timide aperture della dottrina e della giurispudenza
più illuminate, la situazione non sarebbe radicalmente mutata, se non
avessero fatto irruzione sulla scena il diritto comunitario e i suoi principi. Infatti l'ordinamento sovranazionale "ha rafforzato l’uso dei
principi fondamentali in diritto amministrativo al servizio della tutela
dei diritti"359 e delle situazioni soggettive dei privati, imponendo una
Corso di diritto amministrativo, II, Milano, 1958. VITTA C., Diritto amministrativo, II ed., Torino, 1937, ult. ed. a cura di E. Casetta, Torino, 1955. ALESSI R.,
Principi di diritto amministrativo, III ed., Giuffrè, Milano, 1974. Di recente AA.VV., Studi sui principi del diritto amministrativo, a cura di M. Renna e F. Saitta,
Giuffrè, Milano, 2012.
358
D’ALBERTI M., Diritto amministrativo e principi generali, in Le nuove mete
del diritto amministrativo, op. cit..
359
D’ALBERTI M., Diritto amministrativo e principi generali, in Le nuove mete
del diritto amministrativo, op. cit.: Inoltre “il potenziamento dei diritti grazie ai
principi non è affidato alle proclamazioni normative-costituzionali o legislative-ma
riposa su di una solida revisione dei rapporti fra amministrazioni pubbliche e amministrati che muove dalla soluzione data dal giudice a problemi concreti. Ciò sempre in un contesto in cui il giudice, l’interprete, l’applicatore, ricava i principi
dall’ordinamento vigente, nazionale e ultranazionale, e non al di là di esso. In tal
modo, l’uso dei principi contribuisce a superare sia i pericoli del diritto libero, sia
le strettoie del positivismo legalista e statalista a favore di un diritto positivo di ben
154
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
rivisitazione dei tradizionali canoni dell'agere publicum.
In particolare la Corte di giustizia, mediante un'attività creativomanipolativa, ha, da un lato, forgiato principi nuovi e, dall'altro, offerto una lettura rigenerata di principi già presenti nel tessuto giuridico
domestico, in una declinazione funzionale alla tutela delle libertà del
cittadino. Attraverso l'ermeneutica giurisprudenziale, i principi comunitari si sono infiltrati come un fiume carsico negli ordinamenti nazionali, dettando ad essi nuove regole di conformazione
(c.d.“legislazione giurisprudenziale”). In special modo ad essere trasfigurati dalla marea comunitaria sono stati gli omologhi principi amministrativi di diritto interno i quali, mutando pelle, hanno assunto differenti caratteri in conformità agli obiettivi dell’ordinamento europeo.
Lungo tale direttrice si è assistito al superamento del dogma dell'intangibilità dei principi del diritto amministrativo nazionale ed alla proliferazione di un corpus di regole comuni idonee a configurare un diritto sempre più sovranazionale360.
I principi non scritti, coniati dalla Corte di giustizia, hanno contribuito, e tuttora contribuiscono, in modo determinante alla costruzione
di un ordinamento sui generis, elastico ed in perenne evoluzione, distante anni luce dai classici schemi del positivismo giuridico. Un sistema che viene edificandosi sui valori di una Comunità europea sempre più integrata con gli Stati membri361.
L’invasione della materia amministrativa da parte del diritto comunitario ha reso i principi europei regole cardine dell’azione dei pubblipiù ampia portata e basato su intersezioni giuridiche fra dimensioni nazionali e ultrastatali”.
360
Vedasi ASTONE F., Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, op. cit.. ROVERSI MONACO F., Prefazione a diritto amministrativo comunitario, in Diritto amministrativo comunitario, a cura di Vandelli C., Bottaro C., Donato, op. cit., secondo cui “il diritto comunitario è, essenzialmente, diritto pubblico,
normativa cioè che si rivolge alle istituzioni pubbliche per la propria applicazione,
o che trova nelle amministrazioni pubbliche i propri destinatari o, ancora, che trova
nei diversi soggetti pubblici gli interlocutori privilegiati e maggiormente idonei a
soddisfare le esigenze dei cittadini d’Europa”.
361
CASSESE S., Il sistema amministrativo europeo e la sua evoluzione, op. cit..
Parte Prima
155
ci poteri tanto europei quanto nazionali. Segnatamente i principi non
scritti di origine pretoria assurgono, con forza crescente, a parametro
di legittimità degli atti normativi e amministrativi, denotando come
ormai la giurisprudenza sia il principale attore della produzione giuridica.
In virtù di una piena integrazione tra ordinamento comunitario e
ordinamenti statali, le pronunce della Corte di giustizia (con i principi
in esse enunciati) si inquadrano oggigiorno tra le fonti primarie del diritto amministrativo italiano362. Può dirsi, dunque, definitivamente infranto l’assioma pandettistico del Windscheid, recepito dalla nostra
dottrina363, secondo cui la giurisprudenza non sarebbe fonte del diritto,
avendo le pronunce dei giudici un'efficacia esclusivamente inter partes.
Quanto alla forza dei principi europei, essa è tale da plasmare ogni
fonte ed atto normativo del sistema giuridico nazionale, ivi compresi i
principi costituzionali, che oggi trovano “una nuova e più ampia dimensione proprio nel diritto comunitario”364. In particolare i principi
non scritti, costitutivi di uno ius commune administrativum a livello
europeo, rappresentano l’architrave su cui poggia l’intero fenomeno
362
SALA G., Potere amministrativo e principi dell’ordinamento, op. cit.. Secondo l’autore può dirsi ormai al tramonto “la concezione per così dire assoluta, dominante in Italia, del principio della separazione dei poteri che vuol riservata al legislativo non solo la legislazione ma anche l’interpretazione della legge in via generale, essendo demandato al potere giudiziario solo di interpretare la legge con effetti
limitati al singolo caso, ha consentito sovente di rimuovere in radice il problema
stesso della creazione del diritto da parte del giudice, soggetto, come la Costituzione ha voluto chiarire, alla legge, non signore di essa”. Una concezione tradizionale
che ha subito innumerevoli crepe a causa dell’attivismo creativo dei giudici amministrativi e che oggi riceve un colpo ferale dal primato del diritto comunitario e dall'opera demiurgica della Corte di giustizia.
363
In Italia la dottrina amministrativistica tradizionale (su tutti Orlando, Cammeo, Zanobini) nega alla giurisprudenza il rango di fonte del diritto, pur riconoscendo
l’importanza del diritto pretorio. Contra SALANDRA A., Lezioni di diritto amministrativo, op. cit. che, invece, annovera la giurisprudenza tra le fonti del diritto amministrativo, quale fattore di “diritto vivente”.
364
CHITI M.P., Diritto amministrativo europeo, op. cit..
156
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
dell’integrazione tra l'Unione e gli Stati membri.
Il diritto comunitario incide, così, con forza sui principi e sulle regole dell’azione amministrativa italiana, tanto in via diretta quanto in
forma riflessa365. Tra i principi europei dal maggiore impatto amministrativo si annoverano il principio della certezza del diritto, il principio
della tutela del legittimo affidamento, il principio di proporzionalità, il
principio del giusto procedimento, il principio di effettività della tutela
giurisdizionale.
Tali principi, sia in ambito comunitario che nazionale, rappresentano altrettante pretese del cittadino nei confronti dell'amministrazione, cui corrispondono obblighi e doveri in capo al soggetto
pubblico. Queste pretese animano le dinamiche dell'attività procedimentale, condizionando l'esercizio del potere ed i suoi esiti. I
principi comunitari sono, pertanto, fonte di diritti e obblighi che
gli amministrati possono far valere sia in sede procedimentale che
in ambito giurisdizionale.
3.1. Il principio della certezza del diritto: la prevedibilità delle
scelte pubbliche a tutela delle situazioni soggettive individuali
La certezza del diritto rappresenta uno dei principi più importanti
sia dell’ordinamento comunitario sia degli ordinamenti nazionali366.
365
FORTE P., I principi dell’azione amministrativa dopo le recenti riforme, in I
principi generali dell’azione amministrativa, Atti del convegno, 3 febbraio 2006,
Napoli, a cura di Chiti M.P. e Palma G., Jovene, 2006.
366
Sul principio della certezza del diritto in ambito europeo SCHWARZE J., European administrative law, op. cit.. BROWN N.–KENNEDY T., The Court of Justice, op. cit.. NAOME C., La nation de securitè juridique dans la jurisprudence de
la Cour de Justice et du Tribunal de premiére istance des Communautés européennes, in Riv. it. dir. eu., 1993, 2, 223. HARTLEY T.C., The foundations of European Community law, op. cit.. SALERNO F., Giurisdizione comunitaria e certezza
del diritto dopo il Trattato di Nizza, in Riv. dir. int., 2002, 5. CASTORINA E., Certezza del diritto e ordinamento europeo: riflessioni intorno ad un principio comune,
Parte Prima
157
Infatti tale principio "è condizione a priori del riconoscimento dell'essere e dell'esserci del diritto"367 e di ogni sistema normativo. Elaborato sin dal XIX sec., a presidio delle situazioni giuridiche individuali368, il principio della certezza del diritto nasce, dunque, in funzione
(1994) in Id., Riflessioni sul processo costituente europeo, Giappichelli, 2010. In
giurisprudenza, tra le tante, Cgce, 22 marzo 1964, in cause riun. C-42 e 49/59, Snupat c. Alta autorità CECA, in Racc. 1964. Cgce, 4 luglio 1973, in causa C-1/73, Westzucker, in Racc. 1973. Cgce, 19 settembre 2000, in causa C-177/99, Ampafrance
and Sanofi, in Racc. 2000. Cgce, 18 gennaio 2001, in causa C-83/99, Commission c.
Spain, in Racc. 2001. Cgce, 21 settembre 1983, in cause riun. C-205/82-215/82,
Deutsche Milchkontor, in Racc. 1983. Cgce, 21 giugno 1988, in causa C-257/86,
Commission c. Italy, in Racc. 1988. Trib. CE I grado, 25 marzo 1999, in causa T37/97, Forges de Clabecq, in Racc. 1999. Cgce, 16 gennaio 2003, in causa C205/01, Paesi Bassi, in www.curia.europa.eu. Cgce, 24 settembre 2002, in cause
riun. C-74/00 e C-75/00, Falck Acciaierie di Bolzano, in Racc. 2002. Trib. I grado, 7
febbraio 1991, in cause riun. T-18/89-24/89, Tagaras, in Racc. 1991, II-53. Cgce, 29
aprile 2004, in causa C-470/00, Parlamento c. Ripa di Meana, in Racc. 2004. Cgce,
25 marzo 2004, in cause riun. C-480/00, C-498/00 e C-499/00, Azienda agricola Ribaldi e al., in Racc. 2004. Tra i contributi della dottrina italiana all’elaborazione del
principio della certezza del diritto CALAMANDREI P., La certezza del diritto e le
responsabilità della dottrina, in Riv. dir. comm., I, 1942, 343. Id., Appunti sul concetto di legalità, in Opere giuridiche, vol. III, Napoli, 1968, 52-126, spec. 61 e 7679. GUASTINI R., La certezza del diritto come principio di diritto positivo?, in le
Regioni, 1986. COTTA S., La certezza del diritto. Una questione da chiarire, in
Riv. dir. civ. 1993, 1, 317. GIANFORMAGGIO L., voce Certezza del diritto, in
Dig. it. disc. priv., sez. civ., II, Torino, 1988. PIZZORUSSO A., voce Certezza del
diritto, II, in Enc. Giur., VI, Roma, 1988. LOPEZ DE OÑATE F., La certezza del
diritto, I ed., Roma, 1942, II ed. Roma, 1950. ALPA G., La certezza del diritto
nell’età dell’incertezza, Editoriale scientifica, 2006. BERTEA S., Certezza del diritto e argomentazione giuridica, Catanzaro, 2002. CORSALE M., Certezza del diritto
(profili teorici), in Enc. giur. VI, Roma, 1988, 6. GOMETZ G., La certezza giuridica come prevedibilità, Torino, 2005. CARNELUTTI F., Nuove riflessioni intorno
alla certezza del diritto, in Riv. dir. proc., 1950, 116. BOBBIO N., La certezza del
diritto è un mito?, in Riv. int. fil. dir., 1951, 146.
367
COTTA S., La certezza del diritto. Una questione da chiarire, op. cit.. Di
centrale importanza è sempre lo studio classico di LOPEZ DE OÑATE F., La certezza del diritto, op. cit. (e l'interessante dibattito che ne seguì e vide coinvolti numerosi autori tra i quali Capograssi, Calamandrei, Carnelutti ecc..).
368
Sulla tradizionale funzione del principio della certezza del diritto, quale stru-
158
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
della garanzia del singolo: "Das Recht ist das Maß der menschilichen
Freiheit im Gemeinleben" (Pachmann)369.
Nel panorama europeo la certezza del diritto si inquadra nel novero
di quei principi non scritti di elaborazione giurisprudenziale, idonei ad
aprire l'ordinamento italiano al sistema giuridico sovranazionale370. La
Corte di giustizia, quale interprete autentica del principio in esame, ne
ha più volte ribadito la centralità nel panorama europeo, quale elemento di coesione ed integrazione tra l'ordinamento comunitario ed i sistemi giuridici nazionali371. Alla stregua degli altri principi non scritti,
il principio della certezza del diritto viene forgiato dal giudice di Lussemburgo, attingendo alle tradizioni giuridiche degli Stati membri, sia
pure rivisitate alla luce delle finalità dei Trattati. Per la propria vocazione trasversale, il principio de quo tende ad avere un raggio applicativo assai ampio, coniugandosi e bilanciandosi con numerosi altri
principi (primato, proporzionalità, affidamento e così via).
Nell’ordinamento italiano il principio della certezza del diritto risulta a livello dogmatico tra i più scandagliati per il ruolo centrale assunto dal principio nella tutela delle situazioni soggettive individuali372. Nelle molteplici ricostruzioni dottrinarie e giurisprudenziali, il
mento di garanzia del singolo, LOPEZ DE OÑATE F., La certezza del diritto, op.
cit.: "La certezza della norma come preordinamento normativo (...) deve concretarsi
in una certezza conferita all'individuo, che è il vero destinatario finale (...) della
norma. (...) L'esigenza della certezza appare come l'esigenza più viva di difesa del
soggetto nella sua individualità precisa, singola ed irriducibile".
369
Trad. it.: "Il diritto è la misura della libertà umana nella vita pubblica".
370
Sul punto Corte cost., 10 novembre 1994, n. 384, in Giur. cost., 1994.
371
VACCA M., L’integrazione dell’ordinamento comunitario con il diritto degli
Stati membri e con i principi generali di diritto, in Riv. dir. eur. 1991, 347. MASSERA A., I principi generali, in Trattato di diritto amministrativo europeo, op. cit..
372
RUGGERI A., La certezza del diritto allo specchio, il “gioco” dei valori e le
“logiche” della giustizia costituzionale (a proposito dei conflitti di attribuzione originati da sentenze passate in giudicato), in Dir. e soc. 1993, 149. In tema anche BILANCIA P., Emergenza, interpretazione per valori e certezza del diritto, in Giur.
cost., 1993, 3031. PASTORE B., Certezza, linguaggio legislativo e atteggiamenti
interpretativi (a proposito di un saggio di Lucio Pegoraro), in Riv. dir. civ., 1989,
Parte Prima
159
principio della certezza del diritto non sempre emerge con nitida fisionomia, confondendosi spesso con altri principi generali 373. Per tali ragioni si tende a qualificarlo come “principio inespresso, risultante
dalla combinazione di una serie di principi espliciti”374.
Da un punto di vista funzionale il principio della certezza del diritto
può considerarsi alla stregua di una bussola teleologicamente orientata
513. Di viva attualità il contributo di LOPEZ DE OÑATE F., La certezza del diritto,
op. cit.. L'autore sottolinea l'importante ruolo ricoperto dalla legge nell'assicurare la
prevedibilità dei comportamenti umani e dunque la certezza del diritto: "Il diritto
con la sua norma introduce la certezza della vita sociale, garantendo la qualifica
dei comportamenti possibili. L'astrattezza, la rigidità e la fissità della norma (...)
mirano soltanto semplicemente a questo, a garantire in modo certo ed inequivocabile l'azione in modo che gli uomini possano contare su ciò che verrà". Da ciò discende come corollario che "ciascuno sia portato alla fiducia in sè e negli altri", sicchè
la fiducia è "attivata attraverso la norma" ed è questo "il dato singolare e specifico
dell'esperienza giuridica".
373
In special modo la Corte costituzionale italiana da sempre considera la certezza del diritto un principio inautonomo, ossia un principio che si abbina e declina con
altri principi (tra i tanti la buona fede ed il legittimo affidamento). Ex plurimis Corte
cost., 14 febbraio 1982, n. 15, in Giur. cost. 1982. Corte cost., 15 maggio 1987, n.
171, in Giur. cost. 1987. Corte cost., 3 febbraio 1994, n. 13, in Giur. cost. 1994. Sulle interferenze tra il principio di certezza del diritto ed il principio di tutela del legittimo affidamento DELLA CANANEA G.–FRANCHINI C., I principi
dell’amministrazione europea, op. cit.. Gli autori sottolineano come in molte ipotesi
vi sia una “sovrapposizione tra la certezza del diritto e la protezione del legittimo
affidamento. (...) Alla base di entrambi i concetti, vi è un’esigenza comune a tutti gli
ordinamenti giuridici e che si manifesta nel modo più intenso nella regolazione di
un’economia di mercato capitalistica: si tratta dell’esigenza di impedire che siano
rimesse in discussione all’infinito situazioni consolidate dal decorso del tempo. Insieme alla nota comune vi è una nota distintiva, nel senso che mentre il concetto della certezza del diritto mira a garantire la prevedibilità delle situazioni e dei rapporti
giuridici e quindi la chiarezza e la comprensibilità delle regole del gioco, la protezione del legittimo affidamento s’impone soprattutto quando le autorità pubbliche
modificano la regola o la linea di condotta seguita fino a quel momento, con effetti
pregiudizievoli per gli interessi dei privati, oppure emanano un provvedimento di
secondo grado produttivo di effetti sfavorevoli nei confronti di quegli interessi molto
tempo dopo l’emanazione del provvedimento iniziale”.
374
cit..
GUASTINI R., La certezza del diritto come principio di diritto positivo?, op.
160
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
al soddisfacimento di esigenze di chiarezza e stabilità dei rapporti giuridici. Esso postula, infatti, una “precisione o determinatezza della fattispecie”375 sia in fase di produzione normativa (chiarezza nel drafting
delle disposizioni) sia nel momento applicativo (prevedibilità delle
scelte e tutela dell’affidamento dei destinatari). Applicazioni, spesso
ondivaghe e altalenanti, non hanno, però, contribuito a delinearne con
chiarezza struttura e ambito operativo. Nemmeno l’approccio casistico
e pragmatico del giudice comunitario risulta sempre idoneo a dissipare
le incertezze legate all'ampia generalità del principio.
Quanto ai rapporti tra il sistema giuridico nazionale ed il sistema
giuridico comunitario, il principio della certezza del diritto funge abilmente da fattore di raccordo e di integrazione. Infatti la Corte di
giustizia ricorre frequentemente "ad una nozione di certezza del diritto
nel senso proprio di strumento per garantire il perseguimento della
conformazione degli ordinamenti nazionali agli obiettivi comunitari"376.
Il principio in esame implica, invero, che i cittadini non siano collocati "in una situazione di incertezza in ordine al contenuto ed
all’estensione dei propri diritti e doveri"377; ciò al fine di garantire la
stabilità delle relazioni giuridiche intesa come “prevedibilità delle si375
SORRENTINO F., Incertezza del diritto o mera oscurità della legge?, in
Giur. cost. 1986.
376
CASTORINA E., Certezza del diritto e ordinamento europeo: riflessioni intorno ad un principio comune, op. cit..
377
TORIELLO F., I principi generali del diritto comunitario. Il ruolo della comparazione, op. cit.: "In una prima accezione il principio in parola sembra riguardare il modo con cui gli organi cui è affidata la funzione legislativa e regolamentare
nonché quella interpretativa debbono svolgere tali compiti, ed in questo caso solo
indirettamente il principio sembrerebbe prendere in considerazione gli individui
quali soggetti dell’ordinamento. Ma in una seconda accezione il principio della certezza del diritto si collega funzionalmente al suo principale corollario il principio
dell’affidamento per legittimare direttamente il comportamento, ed evitare che vengano frustrate le aspettative, di coloro i quali agiscono in buona fede sulla base della normativa vigente applicabile così come da essi conosciuta, vuoi che tale conoscenza sia corretta, vuoi che invece corrisponda soltanto ad una mera ma pur oggettiva apparenza".
Parte Prima
161
tuazioni e dei rapporti (...) rientranti nella sfera del diritto comunitario”378.
Il principio della certezza del diritto è normalmente utilizzato dal
giudice di Lussemburgo congiuntamente ad altri principi ad esso contigui o collegati, in chiave rafforzativa o integrativa.
Nel corso degli anni il principio in esame è stato oggetto in ambito
comunitario di variegate applicazioni, venendo utilizzato:
a) per dichiarare l’illegittimità di una decisione del Consiglio379;
b) come parametro per l'annullamento di un regolamento illegittimo380;
c) come fattore ostativo dell’efficacia diretta di una disposizione
del Trattato381 o di una sentenza interpretativa del giudice comunitario
pronunziata ex art. 267 TFUE382;
d) come argine all’efficacia retroattiva di norme comunitarie e sentenze interpretative383.
Al fine di delineare un quadro delle proiezioni applicative del principio, occorre esaminare, sia pur brevemente, alcune pronunce della
Corte di giustizia.
Nel caso Snupat384 il giudice comunitario sottolinea la necessità di
378
Cgce, 15 febbraio 1996, in causa C-63/93, Duff e al., in Racc.1996. Sul principio della certezza del diritto, da intendersi come chiarezza e stabilità dei rapporti
giuridici e delle situazioni soggettive individuali, vedasi Corte cost., 24 ottobre
1996, n. 360, in Giur. cost. 1996.
379
Cgce, 5 giugno 1973, in causa C-81/72, Commissione CE c. Consiglio CE, in
Racc. 1973.
380
Cgce, 14 maggio 1975, in causa C-74/74, CNTA c. Commissione, in Racc.
1975.
381
Cgce, 8 aprile 1976, in causa C-43/75, Defrenne II, in Racc. 1976.
382
Cgce, 2 febbraio 1988, in causa C-24/86, Blaizot, in Racc. 1988.
383
TORIELLO F., I principi generali del diritto comunitario. Il ruolo della comparazione, op. cit..
384
Cgce, 22 marzo 1961, in cause riun. C-42/59 e 49/59, Snupat c. Alta autorità,
in Racc. 1961.
162
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
un’applicazione del principio di certezza del diritto non assoluta, ma
bilanciata con altri principi di pari rango (ad es. il principio di legalità), da commisurarsi, poi, al parametro dell’interesse pubblico comunitario.
In una fattispecie successiva, avente ad oggetto una disciplina impositiva di oneri per il contribuente385, la Corte di Lussemburgo esige
che la legge sia redatta in modo chiaro e preciso e ciò a garanzia della
sicurezza e stabilità delle situazioni giuridiche dei contribuenti386.
La certezza e la prevedibilità della norma comunitaria devono assicurare che:
1) le norme sostanziali non incidano sui rapporti giuridici definiti
anteriormente alla loro entrata in vigore;
2) sia conoscibile il termine di decadenza per rendere gli Stati edotti in ordine alla sua violazione;
3) ogni situazione giuridica sia valutata, in mancanza di disposizioni contrarie, esclusivamente alla stregua della disciplina in vigore al
tempo della sua formazione.
Inoltre, secondo autorevole dottrina, la Corte di Giustizia avrebbe
esteso "l’operatività del principio anche alla condotta degli Stati
membri: questi, nei settori disciplinati dal diritto comunitario" sono
tenuti ad "adottare norme chiare, precise ed inequivoche, sì da consentire agli interessati l’esatta conoscenza dei loro diritti ed obblighi
e ai giudici nazionali di garantire la loro osservanza"387.
385
Cgce, 9 luglio 1981, in causa C-169/80, Amministrazione delle dogane, in
Racc. 1981.
386
LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto
comunitario, op. cit.. Secondo l'autrice “tale necessità è ancor più stringente, specie
riguardo alla possibilità di prevedere l’applicazione della normativa comunitaria,
laddove questa possa avere delle conseguenze finanziarie sulle posizioni giuridiche
degli amministrati”. In giurisprudenza si vedano in proposito Cgce, 15 dicembre
1987, in causa C-346/85, Regno unito e Irlanda del nord c. Commissione, in Racc.
1987, 5197. Cgce, 22 febbraio 1989, in cause riun. C-92 e 93/87, Commissione c.
Repubblica francese e Regno Unito e Irlanda del nord, in Racc. 1989.
387
LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto
comunitario, op. cit.. In giurisprudenza Cgce, 30 gennaio 1985, Commissione c. Re-
Parte Prima
163
Nell'ordinamento italiano il principio di certezza del diritto, applicato ai rapporti tra cittadino e P.A., concerne, in primo luogo, il rispetto dei tempi previsti per la conclusione del procedimento. La l. 241/90
prevede, infatti, che l'iter procedimentale si concluda nel termine stabilito (e ove ciò non accada l'amministrato potrà ottenere ai sensi
dell'art. 2-bis il risarcimento del danno da ritardo). In questa prospettiva il principio della certezza del diritto, in combinato disposto con il
principio di tutela del legittimo affidamento, conferisce protezione
all'interesse del privato (per taluni assimilabile a un vero e proprio diritto soggettivo di credito) all'osservanza del termine di conclusione
del procedimento, in base all'idea che il tempo sia un bene di per sé
meritevole di tutela.
3.2. Il principio della tutela del legittimo affidamento: le libertà
del cittadino quale fulcro del sistema comunitario
Il principio della tutela del legittimo affidamento, (tratto soprattutto
dalla cultura giuridica tedesca ed olandese), è un principio generale
che afferisce alle dinamiche tra potere pubblico e libertà individuali
tanto nell’ordinamento italiano quanto nell’ordinamento comunitario388.
gno di Danimarca, in causa C-143/83, in Racc. 1985.
388
In ordine al principio di tutela del legittimo affidamento in ambito amministrativo si rimanda, senza pretese di completezza, ai contributi di MUSONE R., Annullamento d'ufficio degli atti amministrativi e tutela dell'affidamento, Aracne, Roma, 2012. GIGANTE M., Mutamenti nella regolazione dei rapporti giuridici e legittimo affidamento: tra diritto comunitario e diritto interno, Giuffrè, Milano, 2008.
GRASSO G., Sul rilievo del principio del legittimo affidamento nei rapporti con la
pubblica amministrazione, in www.sspa.it. LORELLO L., La tutela del legittimo
affidamento tra diritto interno e diritto comunitario, op. cit.. ANTONIAZZI S., La
tutela del legittimo affidamento del privato nei confronti della pubblica amministrazione, Torino, 2005. GAFFURI F., L'acquiescenza al provvedimento amministrativo
e la tutela dell'affidamento, Giuffrè, Milano, 2006. MAFFEI P., Il principio della
tutela del legittimo affidamento nell'ordinamento comunitario, in Dir. pubbl. comp.
164
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Sul piano nazionale il suddetto principio ha una vis expansiva che
lo rende trasversalmente presente in ogni ambito giuridico, sia nel settore privatistico che in quello pubblicistico. Già da tempo previsto nelle pieghe dell'ordinamento italiano, con l’influenza del diritto europeo
il principio del legittimo affidamento viene ad assumere, nell’alveo
delle discipline giuspubblicistiche, contenuti e sfumature nuovi, contribuendo ad accrescere la protezione dei destinatari dell’azione amministrativa. Oggigiorno se ne attesta l'inserzione, sia pure in forma
implicita, nell'art. 1 co. I della l. 241/90.
Per tali ragioni è opportuno, in via preliminare, decodificare gli elementi essenziali del principio nella configurazione comunitaria, per
poi analizzarne nel capitolo sesto le ricadute teoriche ed applicative
nel sistema giuridico italiano.
Il principio della tutela del legittimo affidamento non ha origine
nell'ordinamento comunitario, ma vede la luce in talune realtà nazionali (in particolare Germania e Paesi Bassi). Un principio dunque che
"non può dirsi propriamente appartenente al patrimonio dei principi
comuni agli ordinamenti degli Stati membri"389.
Nel panorama europeo il legittimo affidamento assume oggi le ve-
eu., 2003, 498. MERUSI F., Buona fede e affidamento nel diritto pubblico: dagli
anni trenta all’alternanza, Giuffrè, Milano, 2001. MANTERO A., Le situazioni favorevoli del privato nel rapporto amministrativo, Padova, 1979. UBERTAZZI
G.M., La tutela dei diritti quesiti e del legittimo affidamento nel diritto comunitario,
in Dir. com. sc. int., 1978. CAPELLI F., La tutela del legittimo affidamento nel diritto comunitario e nel diritto italiano, in Dir. com. sc. int., 1988. CARANTA R., La
“comunitarizzazione” del diritto amministrativo: il caso della tutela
dell’affidamento, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1996, 439. FRAENKEL-HAEBERLE
C., Poteri di autotutela e legittimo affidamento, Il caso tedesco, Trento, Dipartimento di Scienze giuridiche dell'Università di Trento, 2008. SCHONBERG, Legitimate
expectations, in Administrative law, Oxford university press, Oxford, 2000. AUBY
J.B.–DERO-BUGNY D., Les principes de sécurité juridique et de confiance
légitime, in AA.VV., Droit admnistratif européen, a cura di J.-B. Auby–J. Dutheil
De La Rochère, Bruxelles, 2007, 473.
389
GIGANTE M. Il principio di tutela del legittimo affidamento, op. cit..
Parte Prima
165
sti di principio non scritto di elaborazione giurisprudenziale390 che si
inquadra fra "i principi fondamentali della Comunità"391. Quanto al
rango del principio, esso ha natura primaria con piena equiparazione
alle disposizioni dei Trattati. Inoltre, in quanto fonte del diritto, ha efficacia vincolante, diretta e immediata negli ordinamenti nazionali.
La tutela delle legittime aspettative, spesso coniugata dalla Corte di
giustizia al principio di certezza del diritto392, ha una latitudine molto
estesa, venendo in rilievo sia come strumento interpretativo sia come
parametro di legittimità degli atti normativi e amministrativi della
Comunità europea (oggi Unione).
Dal punto di vista teleologico, il principio di tutela dell’affidamento
persegue l'obiettivo di proteggere le posizioni soggettive degli ammi390
In giurisprudenza, ex plurimis, Cgce, 13 giugno 1965, in causa C-111/63,
Lemmerz-Werke GmbH, in Racc. 1965. Cgce, 21 settembre 1983, in cause riun. C205/82-215/82, Deutsche Milchkontor, cit.. Cgce, 19 maggio 1983, in causa C289/81, Mavrides c. Parlamento, in Racc. 1983. Cgce, 17 aprile 1997, in causa C90/95, De Compte c. Parlamento, in Racc. 1997. Cgce, 26 febbraio 1987, in causa
C-15/85, Consorzio Cooperative D'Abruzzo, in Racc. 1987. Cgce, 20 giugno 1991,
in causa C-248/89, Cargill, in Racc. 1991. Trib. I grado, 17 dicembre 1998, in causa
T-203/96, Embassy Limousines, in Racc. 1998. Cgce, 3 maggio 1978, in causa C112/77, Töpfer, in Racc. 1978, 1019. Cgce, 10 gennaio 1992, in causa C-177/90,
Kuehn, in Racc. 1992. Cgce, 11 luglio 2002, in causa C-62/00, Marks and Spencer,
in Racc. 2002, I-6325. Cgce, 28 giugno 2005, in cause riun. C-189/02-C-202/02,
Dansfd Rorindustri, in Racc. 2005, I-5425. In dottrina BLANKE H.J, Vertrauensschutz im deutschen und europäischen Verwaltungsrecht, 2000. GIRAUD A., A
study of the notion of legitimate expectations in State aid recovery proceedings:
"Abandon all hope, ye who enter here?", in Common Market Law Review, 2008.
391
Ex multis Cgce, 5 ottobre 1994, in cause riun. 133/93, 300/93 e 362/93, Crispoltoni e al., in Racc. 1994. Cgce, 29 febbraio 1996, in cause riun. 296 e 307/93,
Repubblica francese e Irlanda c. Commissione, in Racc. 1996.
392
Si veda in particolare Cgce, 21 settembre 1983, in cause riun. C-205/82215/82, Deutsche Milchkontor, cit.. In molte pronunce il principio della certezza del
diritto viene trattato congiuntamente ai principi di proporzionalità e di tutela del legittimo affidamento. Si rinvia in proposito a Cgce, 25 marzo 2004, in cause riun. C231/00, C-303/00, C-451/00, Cooperativa Lattepiù, in Racc. 2004, I-2869. Cgce, 20
giugno 2002, in causa C-313/99, Mulligan, in Racc. 2002, I-5719. Cgce, 15 febbraio
1996, in causa C-63/93, Duff, in Racc. 1996, I-569.
166
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
nistrati da indebite restrizioni dei pubblici poteri.
Attraverso progressive costruzioni del giudice comunitario, il principio in esame ha gradualmente ampliato il proprio raggio applicativo,
assumendo le vesti di:
a) principio ammesso in tema di modifiche della normativa vigente393;
b) principio-parametro di valutazione degli atti delle istituzioni394;
c) principio fondamentale della Comunità Europea395.
In molti casi la Corte è giunta a configurare la tutela delle aspettative legittime in termini di regola di interpretazione del diritto396, volta a
scongiurare scelte arbitrarie, improvvise ed irragionevoli delle istituzioni comunitarie.
La protezione delle legitimate expectations, in ambito europeo,
concerne sia gli atti amministrativi sia gli atti legislativi. Inoltre siffatto principio opera tanto nei rapporti tra privati e istituzioni397, quanto
nelle relazioni tra Stati UE ed in quelle tra cittadini e amministrazioni
nazionali, tenute anch’esse all’applicazione del diritto comunitario.
Dalla portata generale del principio discende l’indeterminatezza del
suo ambito applicativo.
Il principio di tutela del legittimo affidamento viene in rilievo ad
esempio in caso di adozione da parte delle istituzioni comunitarie o di
uno Stato membro di un atto o di un comportamento, attivo od omissivo, idoneo a suscitare una situazione di fiducia nei destinatari398.
393
Cgce, 4 luglio 1973, in causa C-1/73, Westzucker, cit..
394
Cgce, 14 luglio 1983, in causa C-224/82, Meiko-Konservenfabrik, in Racc.
1983.
395
Cgce, 16 maggio, 1979, in causa C-84/78, Tomadini, in Racc. 1979.
396
CAPOTORTI F., Il diritto comunitario non scritto, op. cit., BREDIMAS A.,
Methods of interpretation, op. cit..
397
Cgce, 19 maggio 1983, in causa C-289/81, Mavridis c.Parlamento, cit.. Trib.
I grado, 17 dicembre 1998, in causa T-203/96, Embassy Limousines, cit..
398
Cgce, 15 aprile 1997, in causa C-22/94, Irish Farmers, in Racc. 1997. Cgce, 1
ottobre 1987, in causa C-84/85, Regno unito c. Commissione CE, in Racc. 1987. In
Parte Prima
167
Quanto ai contenuti del principio, è evidente come tra gli elementi
costitutivi della situazione di confiance légitime rientri, in primo luogo, il lasso di tempo tra la formazione di una aspettativa legittima e la
susseguente condotta lesiva399. Inoltre occorre che il destinatario
dell’atto abbia agito in buona fede ed in modo leale e prudente400.
Per quanto riguarda, in particolare, gli atti delle istituzioni comunitarie, è richiesto quale ulteriore presupposto, l’esistenza di un atto
produttivo di effetti giuridici e suscettibile di impugnazione401. In
special modo per le direttive, che a rigore hanno come destinatari gli
Stati, è configurabile un legittimo affidamento del cittadino solo
nell'ipotesi in cui la direttiva venga trasposta dallo Stato oppure ne
siano scaduti infruttuosamente i termini per il recepimento402.
L’affidamento dell'amministrato è giuridicamente tutelato, di regola, nei casi di modifica improvvisa di una disciplina normativa, di talchè la sua violazione è idonea a incidere sulla validità della norma posteriore403.
Il principio assume rilevanza anche nelle fattispecie in cui
l’amministrazione susciti nell’interessato, con propri atti o comportamenti, una fondata aspettativa che poi disattende (in violazione del di-
altre pronunce, però, la Corte ha negato rilevanza al comportamento omissivo, Cgce,
1 giugno 1994, in causa C-317/92, Commissione CE c. Repubblica federale di Germania, in Racc. 1994.
399
Cgce, 26 febbraio 1987, in causa C-15/85, Consorzio cooperative d’Abruzzo,
cit..
400
La protezione dell’ordinamento non viene concessa ove il beneficiario abbia
conseguito l’atto con dolo mediante indicazioni false o volutamente incomplete oppure con colpa o errore inescusabili per gravi negligenze o imprudenze. Sul punto
Cgce, 15 aprile 1997, in causa C-22/94, Irish Farmers, cit..
401
Tra le tante Cgce, 5 giugno 1973, in causa C-81/72, Commissione CE c. Consiglio CE, cit.. Cgce, 30 giugno 1992, in causa C-47/91, Repubblica italiana c.
Commissione CE, in Racc. 1992. Cgce, 11 luglio 1985, in causa C-87/77, 130/77,
22/83, 9/84, 10/84, Vittorio Salerno c. Commissione CE, in Racc. 1985.
402
Cgce, 5 aprile 1979, in causa C-148/78, Tullio Ratti, in Racc. 1979.
403
Cgce, 28 aprile 1988, in causa C-120/86, Mulder, in Racc. 1988.
168
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
vieto di condotte auto-contraddittorie dei pubblici poteri, magistralmente scolpito dai latini con la locuzione “venire contra factum proprium”)404. L’affidamento riceve, inoltre, protezione in caso di revoca
di atti individuali illegittimi, revoca ammissibile entro un termine ragionevole e previa ponderazione dell’aspettativa del destinatario con
l’interesse pubblico405. Naturalmente l’affidamento non è meritevole
di tutela ove si radichi in comportamenti non legittimi406.
Dagli approdi giurisprudenziali brevemente esaminati, emerge come il principio di tutela del legittimo affidamento rappresenti un valore essenziale per la Comunità, in quanto deputato a presidiare le libertà dei cittadini dagli abusi dei pubblici poteri407. Da ciò discende, come corollario, che ogni violazione del principio da parte delle istituzioni, obblighi la Comunità al risarcimento dei danni arrecati alle situazioni soggettive individuali.
Va aggiunto, tuttavia, come la tutela delle legittime aspettative, pur
assumendo importanza fondamentale in ambito europeo, abbia pur
sempre carattere relativo, dovendosi bilanciare con altri interessi po404
Tra le tante Cgce, 24 novembre 1987, in causa C-223/1985, RSV, in Racc.
1987. Cgce, 6 marzo 2003, in causa C-14/01, Molkerei Wagenfeld, in Racc. 2003.
405
Ex multis Cgce, 12 luglio 1957, in causa C-7/56, Algera c. Assemblea, in
Racc. 1957. Cgce, 3 marzo 1982, in causa C-14/81, Alpha Steel, in Racc. 1982.
Cgce, 1 febbraio 1978, in causa C-78/77, Luhrs, in Racc.1978. Trib. I grado, 12 novembre 2002, in causa T-94/00, Rica foods, in Racc. 2002. Cgce, 28 gennaio 2003,
in causa C-334/99, Repubblica federale di Germania, in Racc. 2003.
406
407
Cgce, 1 aprile 1993, in causa C-31-44/91, Lageder, in Racc. 1993.
In dottrina BALLARINO T., Diritto dell'Unione europea, op. cit.. In giurisprudenza Cgce, 14 maggio 1975, in causa C-74/74, CNTA c. Commissione, in Racc.
1975. Il caso concerne la responsabilità della Commissione per i danni arrecati da un
regolamento adottato improvvisamente, senza alcuna misura transitoria. Nella pronuncia in questione la Corte di giustizia afferma la responsabilità extracontrattuale
della Comunità per violazione dell’art. 215 II co. TCE (ora art. 340 TFUE) per lesione dell’affidamento ingenerato nei singoli al mantenimento dello status quo, trattandosi di modifica normativa imprevedibile anche per un operatore prudente e accorto, non giustificata da alcun inderogabile interesse pubblico. Sulla stessa lunghezza d’onda Cgce, 8 giugno 1977, in causa C-97/76, Merkur c. Commissione, in
Racc. 1977.
Parte Prima
169
tenzialmente confliggenti. In special modo in alcuni settori ad ampia
discrezionalità, quali politica agricola408, aiuti di Stato409, mercato
comune410, gli atti delle istituzioni comunitarie possono non radicare
nei destinatari una posizione di confiance légitime411. L'esclusione di
un affidamento giuridicamente tutelato ben si giustifica all’esito di un
giudizio ponderato (e motivato) tra principi in conflitto, ove il perseguimento delle finalità dei Trattati sia considerato prevalente sulla fiducia ingenerata negli amministrati.
Nel sistema italiano, il principio di tutela dell’affidamento,
anch’esso di origine pretoria412, è stato nei suoi sviluppi evolutivi tri-
408
Cgce, 14 febbraio 1990, in causa C-350/88, Societè francaise des biscuits delacre c. Commissione CE, in Racc. 1990.
409
Cgce, 5 ottobre 1994, in causa C-400/92, Repubblica federale di Germania c.
Commissione CE, in Racc. 1994.
410
Cgce, 5 ottobre 1994, in causa C-280/93, Repubblica federale di Germania c.
Consiglio CE, in Racc. 1994. Anche se il principio del legittimo affidamento va annoverato, a pieno titolo, tra i principi fondamentali del sistema comunitario, gli operatori economici non possono fare affidamento sulla immodificabilità di una normativa o di un provvedimento che riconosca loro una situazione di vantaggio. La realtà
e in particolare i fenomeni economici sono, per loro natura, soggetti a progressive
mutazioni che implicano, di tanto in tanto, interventi di adeguamento. Ove le misure
risultino prevedibili e ragionevoli, le istituzioni comunitarie potranno sempre intervenire legittimamente, e non potranno di certo i destinatari invocare alcuna legittima
aspettativa alla immutabilità della situazione data. Purchè, ovviamente, le modifiche
operino pro futuro senza pregiudizio per le posizioni consolidatesi. Ciò è vero specialmente in un settore, quale quello delle organizzazioni comuni di mercato, in continua evoluzione a causa dei continui mutamenti economici. Pertanto gli operatori
economici non possono lamentare la lesione di diritti quesiti in ordine alla conservazione di vantaggi conseguiti in un dato momento in caso di adozione di atti di segno
opposto.
411
Cgce, 23 novembre 1999, in causa C-149/96, Rep. Portogallo c. Consiglio
UE, in Racc. 1999.
412
LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto
comunitario, op. cit., secondo cui nella giurisprudenza amministrativa italiana le espressioni buona fede, legittimo affidamento, legittima aspettativa sarebbero utilizzate in modo indifferenziato. Quanto all’origine pretoria del principio, sia in ambito
170
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
butario delle spinte innovatrici della giurisprudenza comunitaria, che
ne hanno arricchito caratteri e contenuti in una prospettiva di maggior
tutela delle pretese del cittadino dinanzi alle pubbliche autorità.
Nel nostro ordinamento siffatto principio non rappresenta una novità assoluta, essendo nel corso degli anni progressivamente affiorato
nelle pronunce dei giudici amministrativi. A mutare, però, in virtù della spinta comunitaria, è l'intensità di tutela del principio.
In passato, infatti, la giurisprudenza concepiva l'affidamento come
regola del potere e dell'interesse pubblico, tesa ad evitare esclusivamente comportamenti contraddittori dell'autorità amministrativa. In un
tale contesto le situazioni soggettive degli amministrati venivano considerate solo in via sussidiaria e riflessa.
Oggigiorno la situazione è radicalmente mutata. L'ordinamento
comunitario, attraverso l'opera propulsiva della Corte di giustizia, ha
posto il cittadino al centro dell'azione dei pubblici poteri nazionali e
comunitari, in una prospettiva funzionalizzata alla tutela delle situazioni soggettive di cui è portatore.
La protezione dell'affidamento del civis trova attualmente il proprio
habitat naturale nell'ambito del procedimento amministrativo ove è
assicurata da una serie di previsioni di garanzia, poste a presidio delle
libertà e delle pretese degli amministrati. Tale tutela si estrinseca in
una molteplicità di rimedi sostanziali e risarcitori. In questo modo il
principio dell'affidamento sviluppa sempre più un'anima relazionale sì
da sospingere la P.A. a ponderare in concreto interesse pubblico ed interessi privati.
Pertanto nella prassi italiana, fortemente influenzata dal diritto europeo, il principio in esame nei "rapporti con il soggetto pubblico ha
assunto la veste tanto di un parametro di giudizio della condotta,
quanto di un criterio di comportamento, quanto ancora di una regola
nazionale che nel contesto comunitario, essa va ricondotta all’esigenza di fondo di
non cristallizzare in una normativa scritta le ipotesi di legittimo affidamento tutelabile. Ciò per evitare, da un lato, generalizzazioni omnicomprensive, dall’altro specificazioni eccessivamente particolareggiate. Poiché la tutela del legittimo affidamento
si configura come strettamente legata alla conoscenza ed alla definizione degli interessi, l’individuazione dei suoi contenuti non può che essere rimessa alla pubblica
amministrazione, sia pure nella cornice generale tracciata dal legislatore.
Parte Prima
171
che l’amministrazione deve porre alla base delle sue decisioni"413,
modulandosi di volta in volta sulle peculiarità del caso concreto. Come si approfondirà nei successivi capitoli, il principio di tutela del legittimo affidamento, nella nuova declinazione comunitaria, innerva di
sé una vasta gamma di istituti amministrativi tra i quali l'annullamento
d’ufficio, la revoca, il danno da ritardo, gli accordi ex art. 11 l. 241/90.
3.3. Il principio di proporzionalità quale misura e limite dell'esercizio dei pubblici poteri in ambito comunitario e nazionale
Il principio di proporzionalità nasce nell'ordinamento tedesco nel
c.d. Stato di polizia del XIX sec.414 e si diffonde successivamente ne-
413
LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto
comunitario, op. cit., la quale richiama MANGANARO F., Principio di buona fede
e attività delle amministrazioni pubbliche, Napoli, 1995.
414
Tutto ha inizio con il noto caso Kreuzberg del 1882. La sentenza Kreuzberg,
pronunciata dal Tribunale amministrativo superiore prussiano (Oberwaltungsgerichts) il 14 giugno 1882, evidenzia la necessità che la misura repressiva si coniughi
con le libertà individuali, sottolineando, altresì, l'esigenza che il mezzo in concreto
adottato dall’autorità risulti il meno invasivo possibile per il cittadino inciso e al
contempo il più idoneo al conseguimento delle finalità pubbliche. Per un approfondimento generale del principio di proporzionalità, quale criterio-guida dell’azione
dei pubblici poteri, si rinvia, senza pretese di esaustività, ai seguenti contributi: GALETTA D.U., Il principio di proporzionalità, in M.A. Sandulli (a cura di), Codice
dell’azione amministrativa, Giuffrè, Milano, 2011. Id., Principio di proporzionalità
e sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, Milano, 1998. COGNETTI
S., Principio di proporzionalità. Profili di teoria generale e di analisi sistematica,
Torino, 2011. LIGUGNANA G., Principio di proporzionalità e integrazione tra ordinamenti. Il caso inglese e italiano, in Riv. it. dir. pubbl. com n. 2 del 2011. VILLAMENA S., Contributo in tema di proporzionalità amministrativa: ordinamento
comunitario, italiano e inglese, Giuffrè, Milano, 2008. MELONCELLI A., Imposizione e proporzionalità dell’azione. I limiti alle interferenze unilaterali sulle posizioni giuridicamente protette, Atena, Roma, 2005. BUOSO E., Proporzionalità, efficienza e consensualità nell'azione amministrativa, Cedam, 2009. FANTIGROSSI
U., Sviluppi recenti del principio di proporzionalità nel diritto amministrativo ita-
172
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
gli altri ordinamenti europei. Quale principio trasversale, esso afferisce a tutti gli ambiti caratterizzati dall’esercizio di un pubblico potere,
assurgendo a parametro di misurazione dei rapporti tra l'autorità e i cives.
Il principio di proporzionalità appartiene, oggi, al novero dei principi generali del diritto europeo415, coniati dalla Corte di giustizia per
la cura delle finalità dell’Unione.
Quanto al rango del principio, esso ha natura primaria con piena
equiparazione alle disposizioni dei Trattati. Inoltre, per la sua appartenenza alle fonti del diritto, il principio di proporzionalità gode di
un’efficacia diretta all’interno degli ordinamenti statuali, ponendosi
liano, in www.biblio.liuc.it. SANDULLI A., voce Proporzionalità, in Diz. dir
pubbl., diretto da S. Cassese, Giuffrè, Milano, 2006, vol. V, 4643. Id., La proporzionalità dell'azione amministrativa, Padova, 1998. STONE SWEET A.–MATTHEWS
J., Proportionality, judicial review and global constitutionalism, in G. Bongiovanni–
G. Sartor-C. Valentini (eds.), Reasonableness and law, Springer (Netherlands ),
2009. COGLIANI S. (a cura di), Il principio di proporzionalità in Italia ed in Europa: la tutela dinanzi al giudice amministrativo, Cedam, 2008.
415
In ordine all’esistenza di un principio di proporzionalità in ambito comunitario si vedano, tra i tanti, CANIVET G., La proportionnalité comme modale
d’intégration européenne par la méthode du jugement, in Libe amicorum en
l’honneur de/ in honour of Bo Vesterdorf, Bruxelles, 2007, 169. SCHWARZE J.,
Zukunftsaussichten für Europäische Öffentliche Recht, Baden-Baden, 2010. CICIRIELLO M.C., Il principio di proporzionalità nel diritto comunitario, op. cit..
SAVY D., Il principio di proporzionalità nell’ordinamento comunitario…questo
sconosciuto, in Dir. pubbl. comp. eu., 2001. VAN GERVEN W., The effects of proportionality on the actions of member States of the European community: National
viewpoints from continental Europe, in Ellis E. (a cura di) The principle of proportionality in the laws of Europe, Oxford, 1999, 37. CANNIZZARO E., Il principio
della proporzionalità nell’ordinamento internazionale, Giuffrè, Milano, 2000. PICOZZA E., Diritto amministrativo e diritto comunitario, op. cit.. CATTABRIGA
C., La Corte di giustizia e il processo decisionale politico comunitario, Milano,
1998. JOWELL J., Is proportionality an alien concept?, in European public law, II,
1996. ZILLER J., Le principe de proportionnalité, Ajda, 1996. GRECO G., Incidenza del diritto comunitario sugli atti amministrativi italiani, op. cit.. In giurisprudenza Cgce, 16 luglio 1956, in causa C-8/55, Fédération Charbonnière, in Racc. 195556. Cgce, 14 dicembre 1962, in causa C-5-11/62 e 13-15/62, Acciaierie San Michele, in Racc. 1962. Cgce, 19 marzo 1964, in causa C-18/63, Schmitz, in Racc. 1964.
Cgce, 24 settembre 1984, in causa C-181/84, Man Sugar, in Racc. 1985, 2889.
Parte Prima
173
come argine all’esercizio arbitrario dei pubblici poteri.
Codificato per la prima volta nel Trattato di Maastricht, con riferimento alla sola attività degli organi comunitari416, il principio di proporzionalità viene attualmente consacrato dal Trattato di Lisbona che
ne ribadisce, unitamente al principio di sussidiarietà, il ruolo centrale
nello scenario europeo.
Agli albori delle Comunità Europee il principio di proporzionalità
viene configurato, in una accezione economico-mercantile, quale
strumento idoneo a controbilanciare gli effetti di una "regolazione del
mercato eccessivamente restrittiva della libertà d'impresa"417.
Con il trascorrere degli anni, tuttavia, il principio in esame amplia
progressivamente il proprio ambito applicativo, configurandosi, in via
generale, come canone di legittimità dell’azione normativa e amministrativa dei pubblici poteri418. Il principio di proporzionalità diviene,
così, sempre più strumento di garanzia delle situazioni soggettive dei
cittadini europei.
Il principio de quo ha ricevuto molteplici applicazioni ad opera della Corte di giustizia, ad es., come strumento di verifica della legittimità di talune restrizioni alla libera circolazione di beni e servizi. Em416
Ai sensi dell’art. 5 TCE “l’azione della Comunità non va al di là di quanto
necessario per il raggiungimento degli obiettivi del presente Trattato”.
417
ANSALDI G.A., Principio di proporzionalità e sistema a diritto amministrativo, op. cit., che richiama l'opera di TRIDIMAS T., The general principles of EC
law, Oxford, 1999, 93. In giurisprudenza di grande importanza Cgce, 29 novembre
1956, in causa C-8/55, Fédération Charbonière, cit..
418
LUGATO M., Ancora sul principio di proporzionalità come parametro della
validità di atti comunitari, in Giust. civ., 1990, I, 2765. COGNETTI S., Principio di
proporzionalità. Profili di teoria generale e di analisi sistematica, op. cit.: "In sede
europea la Corte di giustizia (...) applica il principio di proporzionalità previsto dal
Trattato alle leggi dei singoli Stati membri. Infatti il Trattato stesso, non diversamente dalle Costituzioni, sovrasta tali leggi, di guisa che in entrambe le ipotesi applicative (di diritto costituzionale e/o di diritto europeo) l’effetto è il medesimo: trasmettere e diffondere verso il basso il principio di proporzionalità, iniettandolo, veicolandolo e ramificandolo nei vasi sanguigni di ogni disciplina giuridica governata
da leggi di diritto interno ed esposta all’obbligo imposto dall’alto di applicare quel
principio".
174
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
blematiche a riguardo le sentenze Clinique419 e Van Schaik420 dei primi anni Novanta del secolo scorso.
In tali pronunce viene scolpita la regola secondo cui l’azione pubblica non deve imporre agli amministrati sacrifici indebiti, sproporzionati e non strettamente necessari al conseguimento dello scopo fissato dalla norma attributiva del potere. Ove vi sia una possibilità di
scelta, è preferibile optare per la soluzione, egualmente satisfattiva
dell’interesse pubblico, ma meno afflittiva per il privato. Ciò è stato
già espresso nel sec. XIX da Romagnosi nella massima da cui deve lasciarsi guidare la P.A.:“far prevalere la cosa pubblica alla privata col
minimo possibile sacrificio della privata proprietà e libertà”.
Come è noto, le libertà e i diritti dei cittadini sono al centro della
prospettiva comunitaria, trovando un riscontro ed una tutela pregnanti
nelle pieghe del principio di proporzionalità. Siffatto principio ha una
efficacia tanto verticale, essendo invocabile dinanzi ai pubblici apparati nazionali421 (giudici, amministrazioni), quanto orizzontale nei
rapporti intersoggettivi, costituendo le pronunce della Corte di giustizia ius receptum valido ed efficace erga omnes.
Come accennato, il principio di proporzionalità esercita la funzione
di misura e limite dell’azione dei pubblici poteri, implicando, quale
strumento di salvaguardia dei diritti e delle libertà dei cives, continui
bilanciamenti tra l’interesse pubblico e gli interessi privati. Infine la
proporzionalità opera da criterio interpretativo per l’esatta comprensione delle norme comunitarie422.
419
Cgce, 2 febbraio 1994, in causa C-315/92, Clinique, in Racc. 1994.
420
Cgce, 5 ottobre 1994, in causa C-55/93, Van Schaik, in Racc. 1994.
421
CAPELLI F., I principi generali come fonte del diritto, in Dir. com. sc. int.,
1986, 541. CARANTA R., Giustizia amministrativa e diritto comunitario, Napoli,
1992.
422
L’art. 164 TCE statuisce che “la Corte di giustizia assicura il rispetto del diritto nell’interpretazione e applicazione del presente Trattato”. Poi vi sono le disposizioni di cui agli artt. 178 e 215 del Trattato che riconoscono alla Corte il potere di
fare ricorso ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri. Dalla lettura
congiunta di tali disposizioni si ricava il compito del giudice comunitario di interpre-
Parte Prima
175
L’attività degli organi comunitari e degli Stati membri tende, dunque, ad uniformarsi al principio di proporzionalità, sia pure, come si
vedrà, in misura e con intensità differenti, in ossequio a quella sorta di
“bifrontismo” che spesso caratterizza l’interpretazione e l’applicazione
dei principi comunitari423. Infatti, con riferimento agli organi comunitari, l’incisività del principio, quale parametro di validità dell’azione
pubblica, è stata ridimensionata da un’applicazione restrittiva del giudice di Lussemburgo424.
Viceversa, per quanto riguarda il controllo sull’attività degli Stati
membri, la Corte ha mostrato un atteggiamento più rigoroso, sanzionando ogni misura incidente su posizioni soggettive comunitarie che
risultasse inadeguata o sproporzionata. Ciò si spiega considerando l'esigenza di garantire la primazia e l’uniforme applicazione del diritto
comunitario sugli ordinamenti statali.
In tal modo tutti i poteri nazionali, ed in particolare i poteri amministrativi, hanno obtorto collo dovuto uniformare la propria azione al
canone della proporzionalità, a riprova del forte impatto e della grande
pervasività del principio all’interno degli ordinamenti statuali.
Come tutti i principi comunitari, anche il principio di proporzionalità, è certamente idoneo a generare un effetto di spill–over, applicandosi alle situazioni soggettive sia comunitarie che nazionali e scongiurando, così, nei vari ordinamenti disparità di trattamento tra situazioni
tare ed applicare i Trattati secondo diritto anche avvalendosi dei principi generali.
Per un esempio del ruolo rivestito dal principio di proporzionalità quale generale parametro di interpretazione delle norme comunitarie si veda Cgce, 12 novembre
1969, in causa C-29/69, Stauder, cit..
423
SICILIANO F., La legalità amministrativa (comunitaria e interna) e certezza
del diritto: riflessi sui rapporti amministrativi e istituzionali, op. cit.. Il bifrontismo
dei principi comunitari, osserva l’autore, “compendia un rigore formale ineccepibile
nel momento in cui si tratta di interpretare gli atti delle istituzioni comunitarie e,
viceversa, un’esaltazione della sostanza rispetto alla forma nelle svariate ipotesi di
proiezione del diritto comunitario verso l’esterno degli ordinamenti membri”.
424
Su tutte Cgce, 4 febbraio 1970, in causa C-13/69, Van Erick, in Racc. 1970.
In dottrina PAPADOPOLOU R. E., Principes généraux du droit et droit communautaire, op. cit..
176
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
analoghe ma di fonte eterogenea425.
Una volta chiarite, sia pur sommariamente, natura e funzioni del
principio di proporzionalità, è d’obbligo ora analizzarne gli elementi
costitutivi alla luce delle pronunce della Corte di giustizia426.
È noto come, in ambito comunitario, il principio di proporzionalità
venga mutuato dall’omologo principio tedesco. Questa idea è confermata dal sindacato del giudice europeo costruito sul modello germanico dei “gradini di esame”:
1) idoneità (Geeignetheit);
2) necessarietà (Erforderlichkeit);
3) proporzionalità in senso stretto (Verhältnismäßigkeit).
Va precisato, tuttavia, come la Corte di giustizia funzionalizzi alle
esigenze comunitarie siffatti elementi ad es. alterandone i contenuti o
la sequenza applicativa, sicchè non può parlarsi di un recepimento tout
court del paradigma germanico. Inoltre, pur a fronte di una formale
adesione ai test di proporzionalità sopracitati, nella prassi il giudice di
Lussemburgo ha limitato la propria indagine alla necessarietà della
425
Sul punto GRECO G., Il diritto comunitario propulsore del diritto amministrativo europeo, in Riv. it. dir. pubbl. com. 1993, che evidenzia a tal proposito un
“effetto giuridico indotto” della normativa comunitaria in ambito nazionale.
426
Le pronunce della Corte di giustizia al riguardo sono circa 600. Ex multis
Cgce, 20 febbraio 1979, in causa C-122/78, Buitoni; in Racc. 1979. Cgce, 23 febbraio 1983, in causa C-66/82 Fromançais, in Racc. 1983. Cgce, 1 ottobre 1985, in causa C-125/83, OBEA, in Racc. 198. Cgce, 22 gennaio 1986, in causa C-266/84, Denkavit, in Racc. 1986. Cgce, 15 maggio 1986, in causa C-222/84, Johnston, in Racc.
1986. Cgce, 18 settembre 1986, in causa C-116/82, Commissione c. Germania, in
Racc. 1986. Cgce,14 gennaio 1987, in causa C-281/84, Zuckerfabrik, in Racc. 1987.
Cgce, 18 marzo 1987, in causa C-56/86, Società per l’esportazione dello zucchero,
in Racc. 1987. Cgce; 30 giugno 1987, in causa C-47/86, Roquette Frères, in Racc.
1987. Cgce, 21 gennaio 1993, in causa C-188/91, Deutsche Shell, in Racc. 1993.
Cgce, 30 marzo 1993, in causa C-328/91, Thomas, in Racc. 1993. Cgce, 27 aprile
1993, in causa C-375/90, Commissione c. Grecia, in Racc., 1993. Tra le più recenti
si segnalanoTrib. I grado, 23 settembre 2009, in causa T-341/05, Regno di Spagna c.
Commissione, in Racc. 2009. Cgce, 14 maggio 2009, in causa C-34/08, Azienda agricola Disarò, in Racc. 2009. Cgce, 4 giugno 2009, in causa C-142/05, Aklagaren,
in Racc. 2009. Cgce, 1 ottobre 2009, in causa C-103/08, Arthur Gottwald, in Racc.
2009. Cgce, 12 gennaio 2010, in causa C-229/08, Colin Wolf, in Racc. 2010.
Parte Prima
177
misura, spingendosi in rari casi sino alla idoneità ed alla proporzionalità in senso stretto. Ciò perchè un sindacato completo sui tre gradini
rischierebbe di sconfinare in una indagine di merito sulla misura legislativa o amministrativa vagliata, in stridente contrasto con il principio
della divisione dei poteri.
Come accennato precedentemente, l'impostazione del giudice comunitario varia a seconda che oggetto del sindacato siano misure poste in essere da organi comunitari o da organi degli Stati membri. Nel
primo caso si assiste ad un sindacato soft, soprattutto in relazione ad
atti compiuti in settori ad elevata complessità tecnica (es. politica agricola), con censura delle sole infrazioni gravi; nella seconda ipotesi,
invece, si registra casisticamente un controllo più incisivo, capillare e
rigoroso, residuando in capo agli Stati ridotti margini di discrezionalità nella scelta della misura. La ratio di una tale differenziazione viene
ravvisata nella superiore importanza degli interessi comunitari rispetto
agli interessi nazionali, con conseguente maggior favor della giurisprudenza verso i primi.
In ambito comunitario, come detto, il sindacato di proporzionalità
può articolarsi in una verifica di idoneità, necessarietà, proporzionalità
in senso stretto dell'atto scrutinato. Quanto all'elemento della idoneità,
la Corte di Lussemburgo statuisce che una misura può definirsi idonea
qualora il mezzo utilizzato si riveli capace di raggiungere l’obiettivo
perseguito427. Con riferimento, invece, al parametro della necessarietà,
il giudice europeo afferma che "qualora si presenti una scelta tra più
misure appropriate", si debba "ricorrere alla meno restrittiva"428. In
ordine all’attività degli organi comunitari, la Corte di giustizia, inoltre,
impone alle misure comunitarie il limite della non eccessiva ed inutile
gravosità nei confronti degli Stati e dei cittadini, al di là degli scopi
427
Ex plurimis Cgce, 17 dicembre 1970, in causa C-25/70, Koster, in Racc.
1970, 1161. Cgce, 26 giugno 1980, in causa C-808/79, Pardini, in Racc. 1980, 2103.
Cgce, 11 marzo 1987, in cause riun. C-279-280-285-286/84, Rau, in Racc. 1987,
3961.
428
Ex multis Cgce, 16 ottobre 1991, in causa C-24/90, Hauptzollamt HamburgJonas, in Racc. 1991, I-4905. Cgce, 18 marzo 1980, in cause riun. C-154, 205, 206,
da 226 a 227/79, Valsabbia c. Commissione, in Racc. 1980.
178
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
dell’atto. Last but not least il requisito di proporzionalità in senso
stretto. Esso implica una penetrante valutazione comparativa tra interesse pubblico e situazioni soggettive protette.
Da una rassegna della giurisprudenza comunitaria emerge come
siano oggetto di sindacato della Corte sia misure normative (nei casi
di ricorso pregiudiziale ex art. 177 TCE, ora art. 267 TFUE, e ricorso
per inadempimento ex art. 169 TCE, ora art. 258 TFUE, sia atti amministrativi429. Viceversa per gli atti amministrativi emanati da organi
statuali, il sindacato di proporzionalità è rimesso prevalentemente alla
competenza dei giudici comuni.
Nel corso degli anni il controllo del giudice comunitario sul rispetto
del principio in esame da parte dei pubblici poteri è stato ondivago, in
quanto ancorato a regole mutevoli e cangianti.
Il sindacato della Corte di giustizia ha avuto ampia latitudine, estrinsecandosi talvolta in un sindacato di legittimità, inerente cioè il
corretto uso della discrezionalità amministrativa, talaltra in un controllo di merito, sostitutivo delle determinazioni della P.A.. La labile distinzione tra discrezionalità e merito appare in linea con lo spirito e
con l’approccio casistico ed informale della giurisprudenza comunitaria. La posizione altalenante della Corte, inoltre, risente delle influenze degli ordinamenti nazionali, oscillando tra il sindacato ad ampio
raggio di derivazione tedesca ed il sindacato di matrice francese circoscritto alle palesi violazioni del principio430.
Il principio comunitario di proporzionalità ha, dunque, pervaso e
condizionato di gran lunga il sistema italiano, in special modo l’azione
amministrativa ed il relativo sindacato giurisdizionale, sicchè oggi la
tutela del cittadino può considerarsi rafforzata anche in ragione di un
più stringente controllo di proporzionalità sulla funzione pubblica.
429
GALETTA D.U., Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel
diritto amministrativo, op. cit.. Per l’autrice l’incisività del sindacato giurisdizionale
non sembra mutare in ragione della natura normativa o amministrativa degli atti in
esame. Contra Emiliou N., The principle of proportionality in European law, op.
cit..
430
GALETTA D.U., Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel
diritto amministrativo, op. cit..
Parte Prima
179
3.4. I principi del giusto procedimento: la valorizzazione delle
pretese del cittadino nell'esercizio del potere
La nozione di giusto procedimento viene storicamente elaborata
nell'ordinamento giuridico anglosassone431. Nell’Europa continentale i
principi del giusto procedimento iniziano a diffondersi in seguito
all’affermazione dello Stato di diritto432.
In Italia la prima enunciazione, sia pure in forma embrionale, dei
principi del giusto procedimento amministrativo risale all’art. 3 della
Legge abolitrice del contenzioso (20 marzo 1865, n. 2248, all. E), che
prevede forme di contraddittorio tra P.A. e cives per i c.d. "affari" devoluti alla cognizione dell'amministrazione attiva prima dell'esperibilità dei ricorsi amministrativi433.
Nonostante i promettenti inizi, il giusto procedimento ha avuto di lì
431
D'ALBERTI M., L'effettività e il diritto amministrativo, Editoriale scientifica
2011. Secondo l'autore "già nel XVII secolo i giudici delle Corti inglesi sottolineavano che il potere pubblico si può esercitare solo dopo che il destinatario abbia avuto modo di far sentire le proprie ragioni".
432
SCHMITT C., Teologia politica: quattro capitoli sulla dottrina della sovranità (1922), in C. Schmitt, Le categorie del politico, trad. it. di P. Schiera, il Mulino,
Bologna, 1972. MANGIAMELI S., “Giusto procedimento” e “giusto processo”.
Considerazioni sulla giurisprudenza amministrativa tra il modello dello Stato di polizia e quello dello Stato di diritto, in www.associazionedeicostituzionalisti.it.
433
Con una previsione di carattere generale l'art. 3 della l. 20 marzo 1865, n.
2248, all. E statuisce che: "Gli affari non compresi nell’articolo precedente (quelli
devoluti alla giurisdizione del giudice ordinario) saranno attribuiti alle autorità
amministrative, le quali, ammesse le deduzioni e le osservazioni in iscritto delle parti interessate, provvederanno con decreti motivati, previo parere dei consigli amministrativi che pei diversi casi siano dalla legge stabiliti. Contro tali decreti, che saranno scritti in calce del parere egualmente motivato, è ammesso il ricorso in via
gerarchica in conformità delle leggi amministrative". In dottrina MANGIAMELI S.,
“Giusto procedimento” e “giusto processo”. Considerazioni sulla giurisprudenza
amministrativa tra il modello dello Stato di polizia e quello dello Stato di diritto, op.
cit.. VIRGA P., La tutela giurisdizionale nei confronti della Pubblica amministrazione, Milano, 1982. CARTABIA M., La tutela dei diritti nel procedimento amministrativo: la legge n. 241 del 1990 alla luce dei principi comunitari, op. cit..
180
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
a venire scarsa fortuna sia nello Stato liberale che, a fortiori, in quello
fascista, poichè compresso dalla pervasiva presenza del potere pubblico.
Con l’avvento della Costituzione repubblicana si assiste, tuttavia,
alla rottura del tradizionale modello di Stato, prima elitario poi autoritario, fondato sull’onnipotenza dell'interesse pubblico e ad una decisiva apertura dell'ordinamento verso un riconoscimento effettivo delle
libertà individuali. Emblematiche sono in tal senso le previsioni degli
artt. 24 co. I434, 103 co. I435 e 113 co. I436 Cost., ideate quali norme di
salvaguardia del cittadino dagli abusi dell’amministrazione e più in
generale dei pubblici poteri. Di contrario avviso autorevole (ma ormai
superata) dottrina, secondo la quale non si rinverrebbe nella Carta costituzionale alcuna enunciazione dei principi del giusto procedimento437.
Negli anni successivi anche la migliore dottrina amministrativistica
434
Art. 24 co. I Cost.: "Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi".
435
Art. 103 co. I Cost.: "Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei
diritti soggettivi".
436
Art. 113 co. I Cost.: "Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre
ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli
organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa".
437
GUICCIARDI E., La giustizia amministrativa, Padova, 1956. Così l’autore
descrive il sistema di giustizia amministrativa italiana: "Sempre dal punto di vista
strettamente giuridico è il cittadino che serve al giudizio amministrativo, che senza
la sua iniziativa non potrebbe instaurarsi e svolgersi, mentre il giudizio amministrativo non serve al cittadino. (...) L’ordinamento giuridico riconosce l’utilità per
l’interesse pubblico di questo strumento rivelatore dell’invalidità degli atti amministrativi e se ne giova consentendogli la proposizione del ricorso, e compensandolo
con il vantaggio di fatto che potrà derivargli dalla decisione, senza per questo intaccare minimamente il principio, che il giudice amministrativo dovrà soltanto accertare se realmente l’atto impugnato è contrario all’interesse pubblico, senza
prendere affatto in considerazione l’interesse individuale del ricorrente".
Parte Prima
181
trascura la questione del giusto procedimento438, in un contesto culturale in cui, di fatto, la forza del potere e dell’interesse pubblico continuano a caratterizzare la scena.
Nonostante la Corte costituzionale faccia uso dell’espressione giusto procedimento sin dagli anni Sessanta del secolo scorso439, per molto tempo i giudici della Consulta negheranno pervicacemente al principio in esame dignità costituzionale, pur riconoscendogli lo status di
principio generale dell'ordinamento440.
La stessa giurisprudenza amministrativa, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, tende a restringere l'ambito di appli-
438
SANDULLI A.M. Il procedimento amministrativo, I ed. 1940, ristampa, Milano, 1959. BENVENUTI F., Funzione amministrativa, procedimento, processo, in
Riv. trim. dir. pubbl. 1952, 118.
439
440
Corte cost., 23 febbraio 1962, n. 13, in www.giurcost.it.
Ex plurimis Corte cost., 23 febbraio 1962, n. 13, cit.. Corte cost., 30 dicembre
1972, n. 212, in Giur. cost. 1972. Corte cost., 13 febbraio 1974 n. 32, in Giur. cost.
1974, Corte cost., 20 marzo 1978 n. 23, in Giur. cost. 1978. Secondo la Consulta la
regola del giusto procedimento, pur rappresentando un principio generale del nostro
ordinamento, non è desumibile dall'art. 97 nè da altre norme costituzionali, sicchè
tale principio non può essere imposto all'attività amministrativa se non quando questa sia riconducibile ad un'attività di tipo giurisdizionale. Questo indirizzo ha trovato
adesioni anche nell'alveo della giurisprudenza amministrativa. Ex plurimis Cons.
Stato, sez. VI, 5 aprile 1968, n. 252, in Foro amm. 1968, 559 secondo cui "la garanzia costituzionale dei diritti della difesa, prevista dall'art. 24 Cost., ha valore soltanto nei riguardi del procedimento giurisdizionale, ma non si estende al momento anteriore del procedimento di formazione dell'atto amministrativo, sicchè in esso non
sussiste una garanzia costituzionale del contraddittorio, ancorchè gli atti relativi
incidano nella sfera giuridica dei soggetti". Sul dibattito dottrinario in ordine alla
natura e al rango dei principi del giusto procedimento si rinvia a CRISAFULLI V.,
Principio di legalità e giusto procedimento, in Giur. cost. 1962, che attribuisce al
principio del giusto procedimento un carattere costituzionale. SCIULLO G., Il principio del giusto procedimento fra giudice costituzionale e giudice amministrativo, in
Jus 1986. ROEHERSSEN G., Il giusto procedimento nel quadro dei principi costituzionali, in Dir. amm. n. 1 del 1987, 47. Di recente BUFFONI L., Il rango costituzionale del “giusto procedimento” e l’archetipo del “processo”, in Quad. cost.,
2009, 277. CAVALLARO M.C., Il giusto procedimento come principio costituzionale, in Foro amm., 2001, 1837.
182
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
cazione dei principi del giusto procedimento, circoscrivendo la tutela
del contraddittorio ai soli casi espressamente previsti dalla legge441.
Solo a partire dagli anni Novanta del XX sec., con l'approvazione
di una legge generale sul procedimento amministrativo (1990) e con la
modifica costituzionale dell’art. 111 (1999), i principi del giusto procedimento, unitamente ai principi del giusto processo, ricevono pieno
ed effettivo riconoscimento nell’ordinamento italiano.
In particolare la l. 241/90, estendendo i principi partecipativi alla
generalità dei procedimenti442, introduce, in via generale,
441
Ex multis Tar Marche, 3 gennaio 1978, n. 3, in Foro amm., 1978. Cons. Stato,
sez. V, 14 luglio 1981, n. 422, in Foro amm. 1981. Adun. Plen. Cons. Stato, 18 giugno 1986, n. 6, in Foro amm., 1986. Cons. Stato, sez. VI, 10 agosto 1988, n. 976, in
Foro amm., 1988. Secondo la giurisprudenza amministrativa un'eccessiva dilatazione dei diritti partecipativi, cagionando rallentamenti nell'esercizio della funzione
procedimentale, pregiudicherebbe l’efficienza dell'azione amministrativa. Pertanto i
giudici escludono che il contraddittorio con gli interessati vada sempre assicurato
nella fase antecedente l’emanazione del provvedimento finale. Nel corso degli anni
Ottanta la giurisprudenza amministrativa, pur consapevole della tendenza legislativa
all’espansione dei diritti di partecipazione, considera conformi all’art. 97 Cost. anche quelle leggi ostative al riconoscimento in sede procedimentale dei diritti partecipativi dell'amministrato. In definitiva i principi del giusto procedimento vengono
considerati elementi sì importanti ma non imprescindibili e pertanto meritevoli di
una protezione intermittente, limitata a talune fattispecie. Contra in dottrina GHETTI G., Il contraddittorio amministrativo, Padova, 1971. PUBUSA A., Procedimento
amministrativo e interessi sociali, Torino, 1988..
442
CARTABIA M., La tutela dei diritti nel procedimento amministrativo: la
legge n. 241 del 1990 alla luce dei principi comunitari, op. cit.. Secondo l'autrice "la
recente legge sul procedimento amministrativo ha introdotto nel nostro ordinamento
il principio della partecipazione dei soggetti interessati alla formazione dei provvedimenti amministrativi. Si tratta di un principio assai diffuso in altri ordinamenti e
non del tutto sconosciuto nel nostro: leggi settoriali dello Stato, leggi regionali e
pronunce giurisprudenziali hanno da tempo cominciato a conformarsi spontaneamente a questo principio, sia pure in modo sporadico ed occasionale". Quanto al
dibattito in ordine alla natura giuridica delle pretese partecipative quali facoltà ricomprese nell'interesse legittimo oppure veri e propri diritti soggettivi vantati dal
privato nei confronti dell'amministrazione si rinvia a ZITO A., Le pretese partecipative del privato nel procedimento amministrativo, Giuffrè, 1996.
Parte Prima
183
l’obbligatorietà del contradditorio443 nell'alveo di una più ampia tendenza alla “processualizzazione” del procedimento444.
La partecipazione degli interessati all'esercizio della funzione pubblica è elemento qualificante degli odierni sistemi democratici445.
Nell'ordinamento italiano i principi del giusto procedimento rinvengono il proprio fondamento in una pluralità di disposizioni costituzionali
(artt. 3, 21, 24, 97, 117 Cost.446).
443
SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea, op. cit.: "Il principio del contraddittorio trovava applicazione
già prima della legge n. 241/90 ma attraverso una disciplina giuridica frammentaria. Infatti il legislatore circoscriveva la sua applicazione caso per caso ampliandolo, in via progressiva e per gradi, ogni volta che intendeva rafforzare le garanzie di
un interesse del privato a fronte dell'intervento del potere amministrativo".
444
Per una disamina del fenomeno osmotico che intercorre tra procedimento e
processo in ambito generale FAZZALARI E., Procedimento e processo (teoria generale), in Enc. giur. Trecc. (ad vocem) Istituto Poligrafico, Roma, 2005. Con particolare riferimento al diritto amministrativo AA.VV., Procedura, procedimento, processo, Atti Convegno, Urbino 14-15 giugno 2007, Cedam 2010. CAIANIELLO V.,
Rapporti tra procedimento amministrativo e processo, in Dir. proc. amm.,1993. DE
LISE P., Giusto procedimento e processualprocedimento, Atti convegno Consiglio
di Stato, Roma, 6 aprile 2009, in www.giustizia-amministrativa.it. MANGIAMELI
S., “Giusto procedimento” e “giusto processo”. Considerazioni sulla giurisprudenza
amministrativa tra il modello dello Stato di polizia e quello dello Stato di diritto, op.
cit.. MARENGHI E.M., Procedimenti e processualprocedimento, Cedam, 2009.
445
BENVENUTI F., Il nuovo cittadino. Tra libertà garantita e libertà attiva, op.
cit.: "La rivoluzione, se così si può chiamare, consiste nel capovolgimento della
concezione del posto e della funzione che spetta ai cittadini nell'ambito di uno Stato
che voglia essere ispirato non più a principii di monocrazia ma a principii di democrazia, i quali non possono ridursi al riconoscimento di posizioni giuridiche passive
dei cittadini nei confronti dello Stato e quindi alla loro tutela, ma deve evolversi nel
senso del riconoscimento di posizioni giuridiche attive nell'ambito delle funzioni, ciò
che va sotto il nome di partecipazione. È questo il grande principio, dunque, di una
vera demo-crazia o, se si voglia coniare una nuova espressione, di una demarchia".
446
ROEHERSSEN G., Il giusto procedimento nel quadro dei principi costituzionali, op. cit.. In ordine ai rapporti tra partecipazione e principio di imparzialità ASPRONE M., Il principio di imparzialità nel diritto comparato, Aracne, Roma,
2011. Si segnala poi come, a seguito della riforma del titolo V della Costituzione del
184
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
La stessa Corte costituzionale, tradizionalmente tiepida nei confronti dei principi del giusto procedimento, nel 1995 prende atto di
come, a seguito della l. 241/90, la partecipazione dei cittadini in sede
procedimentale costituisca momento indefettibile della funzione amministrativa447. Da quel momento in avanti si assisterà alla massima
valorizzazione nell'esercizio del potere dell’intera gamma dei principi
del giusto procedimento, cui corrispondono pretese partecipative
dell'amministrato nei confronti dell'autorità.
Nell'ordinamento italiano la consacrazione dei principi del giusto
procedimento è merito dell’incessante influenza delle regole e dei
principi comunitari, i quali hanno progressivamente sgretolato il muro
di incomunicabilità e indifferenza che separava l’esercizio della funzione dalle istanze dei consociati. Specialmente i principi non scritti,
di costruzione giurisprudenziale, acquisendo rilievo crescente
nell’arena europea, sono esondati nel sistema italiano, con ampie ricadute sull’azione delle pubbliche amministrazioni448.
2001, sia possibile rinvenire nell'art. 117 co. II lett. m) un ulteriore fondamento costituzionale dei principi del giusto procedimento. Infatti, a seguito della novella, la
partecipazione del cittadino nel procedimento amministrativo rientra nella materia
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che lo Stato
è tenuto a garantire su tutto il territorio nazionale.
447
Corte cost., 31 maggio 1995, n. 210, in www.giurcost.it: "Il principio del giusto procedimento, pur non potendo definirsi un principio assistito da garanzia giurisdizionale e costituzionale, costituisce tuttavia un criterio di orientamento per il legislatore e per l’interprete, con la conseguenza che il coinvolgimento dei soggetti
interessati, attraverso l’attivazione di una fase preliminare di informazione e partecipazione, ai sensi dell’art. 7 L. 7 agosto 1990, n. 241, rappresenta un momento indefettibile dei procedimenti". Per ripercorrere l'evoluzione della giurisprudenza costituzionale CASTIELLO F., Il principio del giusto procedimento dalla sentenza n.
13 del 1962 alla sentenza n. 104 del 2007 della Corte costituzionale, in Foro amm.,
2008, 269.
448
FRANCHINI C., I principi applicabili ai procedimenti amministrativi europei, in Bignami F.-Cassese S. (a cura di), Il procedimento amministrativo nel diritto
europeo, Giuffrè, 2004: "A livello sopranazionale la disciplina del procedimento
amministrativo ha una duplice derivazione: essa infatti è espressione dell’opera sia
del legislatore, sia dei giudici. L’uno e gli altri, però, vi hanno concorso in misura
diversa. Sul piano normativo, non vi è una disciplina generale del procedimento; ci
Parte Prima
185
Quanto al fondamento normativo dei principi del giusto procedimento in ambito comunitario, esso viene rintracciato principalmente
nella disposizione di cui all’art. 230 TCE (ora art. 220 TFUE) che fa
riferimento alla “violazione delle forme sostanziali”. L’interpretazione
dominante include in tale locuzione ogni infrazione di regole procedurali idonea a configurare, a seconda dei casi, mere irregolarità oppure
vizi del procedimento e/o del provvedimento449.
La Corte di giustizia si interessa dei principi del giusto procedimen450
to non con enunciazioni generali e astratte, bensì attraverso approcsono solo alcune disposizioni di natura costituzionale, che, spesso indirettamente,
assumono rilevanza in materia, nonché normative settoriali, che contengono specifiche prescrizioni". I principi generali sono codificati solo parzialmente. "Si spiega
in questo modo il rilievo fondamentale che ha assunto l’azione della giurisprudenza.
Essendo (...) la disciplina dei procedimenti ispirata al principio di atipicità, i giudici
tendono a formulare alcuni principi che risultano comuni se non a tutti i procedimenti, almeno a categorie di essi". I giudici esercitano, così, un vero e proprio potere normativo attraverso l'elaborazione di principi che le amministrazioni sono tenute
ad osservare. A riguardo anche WEBER A., Il diritto amministrativo procedimentale nell’ordinamento della Comunità europea, in Riv. it. dir pubbl. com. 1992, 393.
IBÁÑEZ, The administrative supervision and enforcement of EC law powers. Procedures and limits. Oxford, 1999. BARUFFI M.C., La tutela dei singoli nei procedimenti amministrativi comunitari, Giuffrè, Milano, 2001. DELLA CANANEA G.,
I procedimenti amministrativi della Comunità europea, in Chiti M.P.–Greco G.,
Trattato di diritto amministrativo europeo, Giuffrè, Milano, 2007. TORCHIA L. (a
cura di), Il procedimento amministrativo: profili comparati, Cedam, Padova, 1993.
449
La giurisprudenza comunitaria focalizza la propria attenzione, soprattutto, sul
provvedimento finale quale atto conclusivo del procedimento, poiché su di esso, in
omaggio al principio di propagazione delle anomalie, si riverberano le patologie della sequenza procedimentale.
450
Per una disamina approfondita dei principi del giusto procedimento nell'ordinamento europeo si rinvia a COCCONI M., Il giusto procedimento come banco di
prova di un'integrazione delle garanzie procedurali a livello europeo, in Riv. it. dir.
pubbl. com., n. 5 del 2010. KORAH V., The rights of the defence in administrative
proceedings under Community law, in Current Legal Problems, 1980, 73. WEBER
A., Il diritto amministrativo procedimentale nell’ordinamento della Comunità europea, op. cit.. PLIAKOS A., Les droit del la défence et le droit communautaire de la
concurrence, Bruylant, 1987. USHER J.A., The CE good administration of European Community law, in Current Legal Problems, 1985, 269. LENAERTS K.-
186
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
ci casistici e concreti.
I principi del due process of law451 vengono, infatti, decodificati dal
giudice europeo di volta in volta nei principi di certezza del diritto452,
di tutela dell’affidamento, nel diritto ad un procedimento leale453, nel
diritto alla previa contestazione degli addebiti454, nel diritto alla difesa
nel procedimento455, nel diritto ad un contraddittorio paritario456, nel
VANHAMME J., Procedural rights of private parties in the Community administrative process, in Common Market Law Review, 1997, 531. NEHEL H.P., Principles
of administrative procedure in EC Law, Oxford, Hart, 1999. GIL IBÁÑEZ A., The
administrative supervision and enforcement of EC law powers. Procedures and limits. Oxford, 1999. ORTIZ BLANCO L. European Community competition procedure, Oxford, Clarendon press, 1996. FRANCHINI C., Amministrazione italiana e
amministrazione comunitaria, II ed., Padova, Cedam, 1993. SCHWARZE J., European administrative law, op. cit.. PICOZZA E., Il regime giuridico del procedimento amministrativo comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1994, 321. DELLA CANANEA G., I procedimenti amministrativi della Comunità europea, op. cit..
451
CASSESE S., Universalità del diritto, Editoriale scientifica, 2005: "Tale espressione risale a uno statute di Enrico III (1354) ed è stata inserita anche nella
Costituzione americana. Essa indica garanzie di legalità e di un giusto processo.
Negli ordinamenti statali ha avuto molte applicazioni, tutte relative ai rapporti tra
Stato e cittadino". In proposito DELLA CANANEA G., Al di là dei confini statuali.
Principi generali di diritto pubblico globale, il Mulino, Bologna, 2009. STEPHEN
W. SCHILL, International Investment law and comparative public law, Oxford,
2012.
452
Trib. I grado, 25 marzo 1999, in causa T-37/97, Forges de Clabecq, cit..
Cgce, 16 gennaio 2003, in causa C-205/01, Paesi Bassi, cit..
453
454
Cgce, 11 marzo 1986, in cause riun. C-293-294/84, Sorani, in Racc. 1986.
Cgce, 13 febbraio 1979, in causa C-85/76, Hoffmann-La Roche, in Racc.
1979.
455
Cgce, 10 luglio 1986, in causa C-234/84, Belgio c. Commissione, in Racc.
1986. SCOGNAMIGLIO A., Il diritto di difesa nel procedimento amministrativo,
Milano, 2004.
456
Tra le prime pronunce Cgce, 4 luglio 1963, in causa C-32/62, Alvis, in Racc.
1963. Cgce, 23 ottobre 1974, in causa C-17/74, Transocean Marine Paint Association, in Racc. 1974. Cgce, 13 febbraio 1979, in causa C-85/76, Hoffmann-La Roche,
cit.. Cgce, 26 giugno 1980, in causa C-136/79, National Panasonic, in Racc. 1979.
Parte Prima
187
diritto di accesso. Ciascuno di tali principi assolve alla funzione di avvicinare l'autorità al cittadino, smussando i privilegi del pubblico potere, in nome di una funzione amministrativa tendenzialmente paritaria e
condivisa.
Il catalogo dei principi del giusto procedimento è ampio ed articolato; tali principi tendono, inoltre, ad amalgamarsi e a confondersi con
quelli del giusto processo, in un contesto europeo in cui la distinzione
tra il potere esecutivo e il potere giurisdizionale appare assai sfumata.
Quanto all'ambito operativo, i principi del due process of law ricevono dalla Corte di giustizia un'applicazione diffusa e generalizzata,
non limitata ai procedimenti dell’amministrazione europea, bensì estesa alle attività delle amministrazioni nazionali coinvolte nella cura di
interessi europei457.
Non va dimenticata, poi, la piena efficacia esplicata dai principi
comunitari (ivi compresi i principi del due process of law) negli ordinamenti statuali “per effetto sia della loro natura di fonte del diritto,
sia del potere-dovere delle amministrazioni e dei giudici degli Stati
membri di applicare le regole del diritto comunitario”458.
Cgce, 10 luglio 1986, in causa C-234/84, Belgio c. Commissione, cit.. In dottrina
CARTABIA M., La tutela dei diritti nel procedimento amministrativo: la legge n.
241 del 1990 alla luce dei principi comunitari, op. cit..: "L'intervento dei privati nei
procedimenti amministrativi è nato, sia nell'ordinamento italiano che in quello comunitario, come risposta all'esigenza di rafforzare la tutela del privato in tutti quei
casi in cui l'autorità pubblica era messa in grado di limitare o annientare alcuni interessi dei privati di particolare importanza economica o sociale". FIGORILLI F., Il
contraddittorio nel procedimento amministrativo (dal processo al procedimento con
pluralità di parti), Napoli, 1996.
457
DELLA CANANEA G.–FRANCHINI C., I principi dell’amministrazione europea, op. cit.. In ordine al due process of law i giudice europei “coerentemente con
l’orientamento volto a estendere i principi generali del diritto comunitario alle attività di cura degli interessi dell’Unione, anche se svolte dai poteri pubblici nazionali,
hanno attribuito rilievo alla posizione di quanti si rivolgono alle amministrazioni
nazionali, per esempio al fine di ottenere sgravi fiscali per le esportazioni, e hanno
stabilito che, anche nella fase nazionale dei procedimenti composti, debba essere
consentita loro una ragionevole opportunità di essere sentiti”.
458
FRANCHINI C., I principi applicabili ai procedimenti amministrativi europei, in Bignami F.-Cassese S. (a cura di), Il procedimento amministrativo nel diritto
188
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Come visto in precedenza, nell'ordinamento italiano i principi del
giusto procedimento sono previsti e celebrati sia dalla Costituzione
che dalla legislazione ordinaria.
In particolare la l. 241/90 ha avuto l'indiscutibile merito di trasformare gli istituti partecipativi da eccezione a regola generale delle dinamiche tra amministrazione e governati nell’esercizio della funzione
pubblica459.
E grazie alla partecipazione dei destinatari, il procedimento amministrativo può definirsi, a pieno titolo, come il “naturale campo di me-
europeo, op. cit..
459
Per una analisi del ruolo partecipativo del cittadino nell'ambito del procedimento prima dell'adozione della l. 241/90 si rinvia a SANDULLI A.M., Il procedimento amministrativo, op. cit.. BENVENUTI F., Appunti di diritto amministrativo,
V ed., Cedam, Padova, 1987. GIANNINI M.S., L’attività amministrativa, Roma,
1966. NIGRO M., Il nodo della partecipazione, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1980.
PASTORI G., La burocrazia, Cedam, Padova, 1967. BETTINI R., La partecipazione amministrativa, Giuffrè, Milano, 1973. BERGONZINI B., L’attività del privato
nel procedimento amministrativo, Cedam, Padova, 1975. Per una disamina degli istituti partecipativi dopo l’entrata in vigore della l. 241/90. LAZZARA, L’azione amministrativa e il procedimento in cinquant’anni di giurisprudenza costituzionale, a
cura di Della Cananea G.-Dugato M., in Diritto amministrativo e Corte costituzionale, Napoli-Roma, 2006, 396. DURET P., Partecipazione procedimentale e legittimazione processuale, Torino, 1996. ZITO A., Le pretese partecipative del privato nel
procedimento amministrativo, op. cit.. LEDDA F., Problema amministrativo e partecipazione al procedimento, in Dir. amm., 1993. STELLA RICHTER P., Un “nuovo modo di amministrare: dall’autorità alla partecipazione”, in Riv. amm. rep. it.,
1998. FERA V., Il principio del giusto procedimento alla luce della l. 15 del 2005,
in www.giustamm.it. GAROFOLI R. (a cura di), La nuova disciplina del procedimento e del processo amministrativo. Commento organico alla l. 18 giugno 2009 n.
69, Roma, 2009. LAURICELLA G., Appunti sul nuovo procedimento amministrativo e la partecipazione dei soggetti privati, Giuffrè, Milano, 2008. LACOPPOLA V.,
Aspetti della partecipazione del cittadino al procedimento amministrativo: dottrina
e giurisprudenza aggiornate al 2000, Cacucci, Bari, 2000. OCCHIENA M., Situazioni giuridiche soggettive e procedimento amministrativo, op. cit.. PICOZZA E., La
nuova legge sull’azione e sul procedimento amministrativo. Considerazioni generali. I principi di diritto comunitario e nazionale, op. cit.. CARTABIA M., La tutela
dei diritti nel procedimento amministrativo: la legge n. 241 del 1990 alla luce dei
principi comunitari, op. cit..
Parte Prima
189
diazione tra burocrazia e partecipazione, tra autorità e libertà”460.
Nell’azione amministrativa partecipata convivono due anime: da un
lato la tutela preventiva del cittadino in un’ottica di garanzia; dall'altro
la cura dell’interesse pubblico mediante l’acquisizione, in sede istruttoria, dei fatti e degli interessi rilevanti per l’adozione del provvedimento finale.
La partecipazione, dunque, assolve a due obiettivi: l’uno difensivo,
l’altro collaborativo461. Infatti, come ben sottolineato, “il principio del
giusto procedimento esprime una più generale esigenza di difesa nei
confronti dell’autorità, non ristretta alla sola contestazione ex post, in
sede giurisdizionale, dei relativi atti, ma in questa più lata accezione
il principio rimanda direttamente alla partecipazione, ovverosia alla
necessità che-per i fini di una reale difesa sostanziale e attiva delle
proprie posizioni giuridiche-il cittadino partecipi allo svolgimento
della funzione amministrativa, contribuendo alla formazione della decisione conclusiva, ovvero al farsi dell’atto”462.
460
La citazione è di Mario Nigro ed è contenuta nell’opera di PUGLIESE F., Il
procedimento amministrativo tra autorità e “contrattazione”, op. cit..
461
BENVENUTI F., Il nuovo cittadino. Tra libertà garantita e libertà attiva, op.
cit.: "Al cittadino deve dunque essere riconosciuta non più soltanto una posizione
passiva di difesa ma una posizione attiva di partecipazione alla produzione dell'atto
destinato a incidere sui suoi interessi e, quindi, sulla sua posizione giuridica oltre
che su quelli della collettività. (...) L'individuo non è soddisfatto se è soltanto passivamente garantito: vuole godere della soddisfazione degli antichi e cioè di quella
che dà la partecipazione diretta al potere, e qui non tanto come partecipazione della
e nella collettività o come un numero di essa e in essa, ma come partecipazione personale in tutte quelle manifestazioni della sovranità che direttamente e individualmente possono interessarlo o coinvolgerlo".
462
CARLOTTI G., La partecipazione procedimentale: Feliciano Benvenuti e la
riforma della legge n. 241 del 1990, in www.giustizia-amministrativa.it. Sulla rivoluzione copernicana promossa dalla l. 241/90 Tar Molise, 7 febbraio 1994, n. 28, in
Foro amm. 1994, 1580: "Nella nuova impostazione dei rapporti tra cittadini e amministrazione, introdotta dalla l. 7 agosto 1990 n. 241, la partecipazione dei privati
al procedimento amministrativo è teoricamente e funzionalmente essenziale in quanto la previsione generalizzata di un contraddittorio anticipato, rispetto al provvedimento, è destinata ad assicurare non solo la garanzia del privato ma, altresì, l'inte-
190
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Da un attento esame della legge generale sul procedimento amministrativo si evince come le finalità partecipative siano perseguite dal
legislatore attraverso la previsione di istituti quali l’accesso (artt. 22 e
ss.)463, la comunicazione di avvio del procedimento (art. 7), il preavviso di rigetto (art. 10-bis), gli accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento (art. 11).
L'amministrazione, concepita come "casa di vetro", è tenuta ad agire con pubblicità464 e trasparenza465, favorendo la massima parteciparesse pubblico alla completezza dell'istruttoria nonchè a prevenire possibili motivi
di contenzioso, assicurando alle parti un confronto in sede procedimentale (...)".
463
SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea. op. cit.: "In un approccio più generale, trasparenza e accesso
costituiscono un ulteriore passo nei confronti di quel graduale processo che, sia in
ambito comunitario sia in quello nazionale, pone al centro non gli Stati (nella dimensione comunitaria) nè un'amministrazione autoreferente (in quella interna) ma
il cittadino. Quest'ultimo, infatti, sull'indefettibile presupposto della trasparenza e
dell'accesso, può esercitare gli istituti della partecipazione in maniera consapevole
così da trarne giovamento in termini di effettività e di garanzie sostanziali". In argomento anche PALICI DI SUNI PRAT E., I diritti al procedimento. Profili di diritto comparato, Torino, 1994.
464
PUBUSA A., Diritti dei cittadini e pubblica amministrazione, Giappichelli,
Torino, 1996: "La pubblicità è coerente (...) ad una concezione dell'amministrazione
fondata sul principio democratico, secondo il quale la legittimazione per l'esercizio
delle pubbliche funzioni promana non più dall'alto, ma dal popolo, titolare della sovranità (art. 1 cpv Cost.)".
465
SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea, op. cit.: "Negli ultimi decenni, in molteplici ordinamenti nazionali, è emersa con prepotenza la domanda di trasparenza nei rapporti fra amministrazione e amministrati in quanto la conoscenza è un elemento costitutivo della
partecipazione in ogni ambito della vita sociale e politica dei cittadini. Questa considerazione evidenzia la vocazione trasversale della trasparenza che assume un significativo peso nei confronti della partecipazione degli amministrati all'attività
dell'amministrazione. Essa inoltre rappresenta anche un modello di controllo del
singolo sull'agire dell'amministrazione e una forma di legittimazione dell'esercizio
del potere amministrativo". Vedasi anche ARENA G., Cittadini attivi, op. cit.: "La
trasparenza, innanzitutto, intesa non tanto e non solo come diritto di accesso ai documenti amministrativi, ma più in generale come modo di essere di un'amministrazione che non si nasconde più dietro la barriera del segreto (termine che non a caso
Parte Prima
191
zione dei soggetti interessati. A corroborare nel segno dell’effettività
le regole del giusto procedimento vi è soprattutto l’art. 1 co. I della l.
241/90 che inietta in via generale i principi dell’ordinamento comunitario nell’alveo dell’intera attività amministrativa466. I principi comunitari vengono, così, ad integrare la disciplina del procedimento amministrativo, divenendone parametro di legittimità ed imponendo una
interpretazione comunitariamente orientata della normativa nazionale467. Il procedimento amministrativo italiano, di conseguenza, si europeizza aprendosi all’influenza di principi e regole sovranazionali
che ne conformano caratteristiche e obiettivi. Nell'alveo dei principi
generali dell’ordinamento comunitario rientrano, da ultimo, i diritti
fondamentali dell’uomo468, consacrati nella CEDU e nella Carta di
viene dal latino secretus, che vuol dire separato) e che condivide con i cittadini il
proprio patrimonio di informazioni, comunicando per amministrare insieme".
466
Il richiamo al diritto europeo rappresenta la cartina di tornasole della primazia
del diritto comunitario sul diritto amministrativo nazionale. In particolare, in ambito
procedimentale, i principi comunitari divengono il principale parametro imposto
all’azione dei pubblici poteri. A riguardo il rinvio effettuato dalla l. 241/90 ai principi comunitari se, da un lato, suggella il primato della normativa di fonte sovranazionale, dall'altro, ha il merito di estenderne l'applicazione alle attività amministrative
di rilevanza meramente interna. Il grande pregio della disposizione di cui all’art. 1
co. I l. 241/90 risiede nella capacità di agire come “trasformatore automatico” dei
principi comunitari, di elaborazione pretoria, in altrettante regole di diritto domestico, idonee a vincolare con immediatezza l’azione delle pubbliche amministrazioni.
467
Tra le tante Cgce, sez. III, 15 giugno 2006, in causa C-28/05, Dokter, in
www.curia.europa.eu: "Risulta da giurisprudenza anch’essa costante che il rispetto
dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e idoneo a sfociare in un atto per essa lesivo costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, che dev’essere garantito anche in mancanza di
qualsiasi norma disciplinante la procedura. Tale principio impone che i destinatari
di decisioni che pregiudichino in maniera sensibile i loro interessi siano messi in
condizione di far conoscere utilmente il proprio punto di vista sugli elementi addebitati a loro carico per fondare la decisione impugnata".
468
Numerose pronunce della Corte di giustizia qualificano i diritti fondamentali
previsti dalla CEDU in termini di principi generali del diritto comunitario. Ex multis,
Cgce, 12 novembre 1969, in causa C-29/69, Stauder, cit.. Cgce, 17 dicembre 1970,
in causa C-11/70, Internationale Handelsgesellschaft, in Racc. 1970. Cgce, 14 mag-
192
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Nizza. Questo processo di recepimento ha trovato il proprio sbocco
nel Trattato di Lisbona che, da una parte, riconosce espressamente rilevanza giuridica alla Carta di Nizza e, dall’altra, dischiude le porte ad
un imminente ingresso delle disposizioni della CEDU nel sistema delle norme comunitarie.
3.5. I principi di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale: l'erosione dell'autonomia processuale degli Stati e l'influenza
sul giudizio amministrativo italiano
I principi di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale sono
da annoverarsi tra i principi cardine dell’ordinamento europeo, in
quanto comuni alle tradizioni costituzionali degli Stati membri.
Elaborati originariamente in via pretoria, i principi di pienezza ed
effettività della tutela giurisdizionale hanno ricevuto successivamente
riconoscimento normativo nella Carta di Nizza (art. 47)469 e, da ultimo, nel Trattato di Lisbona (art. 48). Un contributo alla costruzione di
questi principi è stato fornito, inoltre, dagli artt. 6 e 13 della CEDU
che da sempre rappresentano una qualificata fonte di ispirazione per il
giudice comunitario470.
gio 1974, in causa C-4/73, Nold, in Racc. 1974. Cgce, 15 maggio 1986, in causa C222/84, Johnston, cit.. Cgce, 18 giugno 1991, in causa C-260/89, ERT, in Racc.
1991. Cgce, 28 marzo 2000, in causa C-7/98, Dieter Krombach e André Bamberski,
in Racc. 2000. Cgce, 6 marzo 2001, in causa C-274/99, Connoly c. Commissione, in
Racc. 1991. Cgce, 14 dicembre 2006, in causa C-283/05, ASML Netherlands BV c.
Semiconductors Industry Services GmbH (SEMIS), in Racc. 2006. Cgce, 26 giugno
2007, in causa C-305/05, Ordine degli avvocati francofoni e germanofoni e altri, in
Racc. 2007. Cgce, 27 giugno 2006, in causa C-540/03, in Riv. dir. internaz., 2006, 4,
1167.
469
ACCETTO M.-ZLEPTNIG S., The Principle of Effectiveness: Rethinking its
role in Community law, in European Public Law, fasc. 11, 2005.
470
Le norme CEDU venivano tradizionalmente considerate norme esterne idonee
ad esplicare un'efficacia indiretta nel sistema comunitario, quali criteri di ispirazione
talvolta richiamati nelle pronunce della Corte di giustizia. Oggi lo scenario appare
Parte Prima
193
I principi in esame rispondono alla funzione di assicurare massima
attuazione all’interno degli Stati membri, tanto sul piano sostanziale
quanto sul versante processuale, alle situazioni giuridiche soggettive,
fondate su norme comunitarie471.
La Corte di giustizia ha delineato un sistema giurisdizionale che,
pur indirizzandosi agli atti comunitari, e dunque appartenendo al sistema europeo, interagisce con gli ordinamenti processuali nazionali,
“penetrando così in quella sorta di santuario riservato agli Stati”472.
La pienezza e l’effettività della tutela rappresentano un corollario
processuale dei principi del primato e dell’effetto utile delle norme
comunitarie (e segnatamente dei diritti dalle stesse riconosciuti). Infatti le situazioni giuridiche soggettive di matrice comunitaria, ove lese,
devono ricevere in sede giudiziale una tutela non illusoria o apparente,
bensì piena ed effettiva473, per non vanificare la portata e l’operatività
mutato a seguito della comunitarizzazione della CEDU disposta dal Trattato di Lisbona, in virtù della quale le norme della Convenzione possono considerarsi direttamente rilevanti ed efficaci nell'ambito dell'ordinamento comunitario.
471
CARANTA R., Giustizia amministrativa e diritto comunitario, op. cit.: "Il
principio di effettività viene inteso nel senso della necessaria eliminazione di regole,
di ordine sostanziale o processuale, che rendano impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti previsti dalla normativa comunitaria".
472
FALCON G., Giustizia comunitaria e giustizia amministrativa, in Diritto
amministrativo comunitario, a cura di Vandelli L.-Bottari C.-Donati D., Maggioli,
Rimini, 1994. Sull'influenza esercitata dal diritto europeo sugli istituti di giustizia
amministrativa degli Stati membri ELIANTONIO M., Europeanisation of administrative justice?, in Europa Law Publishing, 2009. MUSSELLI L., La giustizia amministrativa dell'ordinamento comunitario, Giappichelli, Torino, 2000. L'autrice
constata come, anno dopo anno, l’infiltrazione del diritto comunitario nei sistemi
processuali nazionali sia sempre più invasiva, di talchè appare ormai recessiva l’idea
che l’amministrazione della giustizia sia appannaggio esclusivo delle istituzioni statali.
473
Con riferimento ai principi di completezza ed effettività della tutela come elaborati dal diritto comunitario si vedano, tra i tanti, FRANCHINI C., Giustizia e pienezza della tutela nei confronti della pubblica amministrazione, in AA.VV., Il diritto amministrativo oltre i confini. Omaggio degli allievi a Sabino Cassese, Giuffrè,
Milano, 2008. FIGORILLI F., Giurisdizione piena del giudice ordinario e attività
della pubblica amministrazione, Torino, 2002. POLICE A., Il ricorso di piena giuri-
194
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
delle norme che le contemplano. E ciò sia nell'ordinamento comunitario sia nei sistemi giuridici nazionali.
I principi di pienezza ed effettività della tutela sono in origine costruiti dalla Corte di Lussemburgo in termini di strumento di sindacato
soft della potestà degli Stati in materia giurisdizionale. L'ordinamento
comunitario, inizialmente, si limita ad esigere dalle autorità nazionali,
nel pieno rispetto della autonomia procedurale dei Paesi membri, l'osservanza di due regole processuali:
1) che le forme di tutela adottate negli ordinamenti domestici non
rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile
l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento comunitario (principio
sdizione davanti al giudice amministrativo, I. Profili teorici ed evoluzione storica
della giurisdizione esclusiva nel contesto del diritto europeo, Padova, 2000. FRENI
F.-DE LUCA F., Effettività della tutela e giusto processo amministrativo, Dike,
2011. SAITTA F., Il principio di giustiziabilità dell'azione amministrativa, in
www.giustizia-amministrativa.it, 2011. ASTONE F., Integrazione giuridica europea
e giustizia amministrativa, op. cit.. SCHEPISI C., Rinvio pregiudiziale obbligatorio
ed effettività della tutela giurisdizionale, op. cit.. PROTTO M., L’effettività della
tutela giurisdizionale nelle procedure di aggiudicazione dei pubblici appalti. Studio
dell’influsso dell’integrazione europea sulla tutela giurisdizionale degli operatori
economici nei confronti delle amministrazioni nazionali, Giuffrè, Milano, 1997.
TARULLO S., Il giusto processo amministrativo. Studio sull’effettività della tutela
giurisdizionale nella prospettiva europea, op. cit.. In giurisprudenza, ex plurimis,
Cgce, 8 settembre 2011, in causa C-177/10, Santana, in Racc. 2011. Cgce, 15 aprile
2010, in causa C-542/08, Friedrich, in Racc. 2010. Cgce, 5 ottobre 2010, in causa
C-173/09, Elchinov, in Racc. 2010. Cgce, 24 marzo 2009, in causa C-445/06, Danske Slagterier, in Racc. 2009. Cgce, 29 ottobre 2009, in causa C-63/08, Pontin, in
Racc. 2009. Cgce, 3 settembre 2009, in causa C-2/08, Olimpiclub, in Racc. 2009.
Cgce, 15 aprile 2008, in causa C-268/06, Impact, in Racc. 2008. Cgce, 27 febbraio
2003, in causa C-327/00, Santex, in Racc. 2000. Cgce, 7 giugno 2007, in cause riun.
C-222/05 e C-225/05, Van der Weerd, in Racc. 2007. Cgce, 13 marzo 2007, in causa
C-432/05, Unibet, in Racc. 2007. Cgce, 11 settembre 2003, in causa C-13/01, Safalero, in Racc. 2003. Cgce, 11 gennaio 2001, in causa C-226/99, Siples, in Racc.
2001. Cgce, 25 luglio 2002, in causa C-459/99, MRAX, in Racc. 2001. Cgce, 17 novembre 1998, in causa C-228/96, Aprile, in Racc. 1998. Cgce, 15 settembre 1998, in
causa C-231/96, Edilizia Industriale Siderurgica, in Racc. 1998. Cgce, 14 dicembre
1995, in causa C-312/93, Peterbroeck, in Racc. 1995. Cgce, 14 dicembre 1995, in
cause riun. C-430 e 431/93, Van Schijndel, in Racc. 1995. Cgce, 16 dicembre 1976,
in causa C-33/76, Rewe Zentralfinanz, in Racc. 1976.
Parte Prima
195
di effettività in senso stretto)474.
2) che le modalità procedurali predisposte dagli Stati per la tutela
delle situazioni giuridiche spettanti ai singoli in forza del diritto europeo non siano meno favorevoli di quelle concernenti analoghe posizioni soggettive di natura interna (principio di equivalenza)475.
I principi di effettività e di equivalenza, nascono, dunque, come
principi complementari, utilizzati dalla Corte per sorvegliare gli Stati
in ordine alla realizzazione di un efficace apparato di tutela dei diritti
di matrice comunitaria476.
In questa prima fase, pertanto, il giudice europeo ha premura di
preservare l’autonomia processuale dei Paesi membri, i quali,
nell’esercizio della propria discrezionalità, possono ricorrere alle soluzioni ad essi più congeniali, nel rispetto dei principi tracciati dalla
474
Cgce, 6 ottobre 2009, in causa C-40/08, Asturcom, in Racc. 2009. Ove si ponga il problema se una norma processuale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile tale esercizio dei diritti, la questione deve essere analizzata, secondo
la Corte di giustizia, considerando il “ruolo della norma nell’insieme del procedimento (…) dello svolgimento e delle peculiarità di quest’ultimo davanti ai giudici
nazionali” ed esaminando i principi basilari del sistema giurisdizionale nazionale,
“quali la tutela del diritto alla difesa, il principio della certezza del diritto ed il regolare svolgimento del procedimento”.
475
Cgce, 13 marzo 2007, in causa C-432/05, Unibet, cit.. Cgce, 6 ottobre 2009,
in causa C-40/08, Asturcom, cit.. Cgce, 24 marzo 2009, in causa C-445/06, Danske
Slagterier, cit.. Cgce, 20 maggio 2010, in causa C-210/09, Scott SA, in Racc. 2010.
Cgce, 6 maggio 2010, in cause riun. C-145/08 e 149/08, Club Hotel Loutraki Ae, in
Racc. 2010.
476
Il giudizio di effettività presenta caratteri propri che lo distinguono dal giudizio di equivalenza. Sul punto FRENI F., Commento all’art. 1 C.p.a., Codice del
nuovo processo amministrativo. Commento articolo per articolo al D.Lgs. 2 luglio
2010, n. 104 e a tutte le altre leggi della giustizia amministrativa, a cura di Caringella F.–Protto M., Dike, 2010. Mentre “l’equivalenza presuppone un accertamento
interno che abbia ad oggetto la sola normativa nazionale dovendosi verificare
l’assenza di qualunque discriminazione tra i mezzi di ricorso predisposti per
l’inosservanza, rispettivamente, della normativa europea e di quella interna), al
contrario l’effettività si basa sul confronto effettuato direttamente dalla Corte di
giustizia tra lo standard di tutela offerto dall’ordinamento nazionale e lo standard
minimo di tutela che deve essere garantito in maniera uniforme a livello europeo”.
196
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Corte di Lussemburgo. Tuttavia l'adesione a siffatti principi si è rivelata molte volte apparente, in quanto gli obiettivi della pienezza e
dell’effettività della tutela sono stati spesso disattesi sul piano interno,
riducendosi a grida manzoniane.
Successivamente però, lo scenario muta. Infatti “l’esigenza
dell’equivalenza tra rimedi a tutela dei diritti interni" e rimedi a tutela
dei diritti comunitari nonchè "la necessità di una garanzia minima che
tali rimedi dovevano rispettare per non rendere la tutela impossibile o
eccessivamente difficile, non sono stati più ritenuti dalla Corte sufficienti"477.
Attraverso progressive ingerenze nella sfera di autonomia procedurale degli Stati, il giudice comunitario, con l’obiettivo di rendere realmente piena, completa ed effettiva la tutela delle situazioni soggettive
comunitarie478, impone alle autorità nazionali un cambio di paradigma
processuale, delineando a livello europeo regole standards di protezione giurisdizionale per tutti i Paesi membri479.
477
DANIELE L., L’effettività della giustizia amministrativa nell’applicazione
del diritto comunitario europeo, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1997, 1385. Di tale
tematica si è occupato anche CARANTA R., Judicial protection against member
States: a judge-made set of rules and some occasional legislative interventions, in
Com. Market Law Rev., 1995, 703.
478
Sul principio di effettività dei rimedi processuali interni ADINOLFI A., La
tutela giurisdizionale nazionale delle situazioni soggettive individuali conferite dal
diritto comunitario, in Dir. UE, 2001, 41. RUFFERT M., Rights and remedies in
European Community law; a comparative view, in Com. Market Law. Rev., 1997,
307.
479
TASH A., Remedies for European Community law claims in member States
Courts: toward a European standard, in Columbia Journal of Transnational Law,
1993, 377. MANCINI F., Il contributo della Corte di giustizia allo sviluppo della
democrazia nella Comunità, in Riv. dir. eur., 1992, 713. PIVA P., Giudice nazionale
e diritto dell’Unione europea, op. cit.: "Ed invero, dalle prime pronunce in cui la
Corte tendeva a tracciare una sorta di linea di demarcazione fra jus commune e jura propria nel senso che a questi ultimi pertiene tendenzialmente tutto ciò che rileva
ai fini della qualificazione processuale della situazione giuridica soggettiva creata
dalla norma comunitaria (Salgoil-Luck-Rheinmuhlen), si è passati, seppur lento pede, a pronunce che consentono alla Corte un assai più chiaro e netto droit de regard
Parte Prima
197
Inoltre l’influenza del diritto comunitario sospinge gli ordinamenti
nazionali, da un lato, a sperimentare rimedi nuovi non previsti in ambito interno480, dall’altro, a disapplicare norme processuali ostative ad
una tutela completa ed effettiva delle posizioni soggettive di fonte sovranazionale.
L’evoluzione della giurisprudenza comunitaria verso un approccio
impositivo di puntuali regole agli Stati, si evidenzia, soprattutto nella
sentenza Johnston481 nella quale il giudice europeo precisa con lucida
chiarezza taluni contenuti dei principi di pienezza ed effettività della
tutela, sottolineando come essi si riassumano principalmente nel "diritto di ogni singolo di accedere ad un rimedio giurisdizionale per tutelare i propri diritti" e nel conseguente "obbligo assoluto per gli Stati
membri di rispettarlo"482.
in termini di effettività (Rewe-Comet-Johnston-Heylens), fino a giungere all'affermazione di un vero e proprio obbligo di creare nuovi rimedi (FactortameFrancovich-Köbler) a carico dei sistemi processuali nazionali. Questi ultimi ed innovativi esiti giurisprudenziali sono stati finanche rafforzati ed enfatizzati dai giudici lussemburghesi nella direzione di una vera e propria erosione dell'autonomia
procedurale, a tal punto grave e pervasiva da indurre la dottrina a chiedersi-non
del tutto infondatamente-se abbia ancora senso parlare di autonomia procedurale in
senso stretto".
480
Cgce, 19 novembre 1991, in cause riun. C-6/90 e C-9/90, Francovich, in
Racc. 1991. Cgce, 21 febbraio 1991, in cause riun. C-43/88 e C-92/89, Zuckerfabrik,
in Racc. 1991. Cgce, 5 marzo 1996, in cause riun. C-46/93 e C-48/93, Brasserie du
Pêcheur e Factortame III, cit.. Cgce, 27 febbraio 2003, in causa C-327/00, Santex,
cit..
481
Cgce, 15 maggio 1986, in causa C-222/84, Johnston, cit.. L’esatta portata del
principio di effettività della tutela giurisdizionale viene progressivamente definito e
completato nelle successive sentenze Heylens (Cgce, 15 ottobre 1987, in causa C222/86, in Racc. 1987) e Oleificio Borelli (Cgce, 3 dicembre 1992, in causa C-97/91,
in Racc. 1992). In particolare nella sentenza Oleificio Borelli il giudice comunitario
riconosce il diritto di accesso al giudice affermando che "l'esigenza di sottoporre a
sindacato giurisdizionale qualsiasi atto di un'autorità nazionale costituisce un principio generale di diritto comunitario che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e che è stato sancito dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo".
482
SCHEPISI C., Rinvio pregiudiziale obbligatorio ed effettività della tutela giu-
198
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
La Corte di Lussemburgo, facendo applicazione di siffatti principi,
ha, inoltre, devitalizzato l’operatività di numerose norme processuali
ostative della possibilità di far valere l'illegittimità di atti nazionali anticomunitari.
Il diritto ad una tutela giurisdizionale piena, concreta e satisfattiva
si inscrive, così, nel più ampio tentativo di proteggere i privati
dall’azione illegittima delle pubbliche potestà sia europee che nazionali. Di esso si rinviene traccia in molteplici pronunce del giudice comunitario (Factortame, Francovich, Zuckerfabrik, Atlanta, Oleificio
Borelli, Textilwerke, Jégo-Quéré483 e Union des Pequeños agricultures484).
Nelle ultime due, in particolare, viene fatto espresso richiamo alla
CEDU, inquadrando il principio di effettività tra i diritti fondamentali
dell’uomo. Non si dimentichi, poi, che i contenuti del principio in esame sono stati arricchiti proprio dalla giurisprudenza della Corte di
Strasburgo, la quale, attraverso gli artt. 6 e 13 della Convenzione, ha
valorizzato i principi del contraddittorio e della parità delle armi nel
processo, quali elementi imprescindibili per l'erogazione di una tutela
completa ed effettiva.
Al fine di rendere l'esercizio della funzione giurisdizionale pienamente satisfattivo delle situazioni giuridiche di fonte comunitaria, la
Corte di giustizia "ha imposto agli ordinamenti nazionali di allargare
i propri mezzi di tutela, di modo che il giudice interno", ed in particolare il giudice amministrativo, "possa accordare una pluralità di rimedi, quali quello cautelare, quello risarcitorio, nonché la potestà di
risdizionale, op. cit.. Più in generale sull'effettività della tutela delle situazioni giuridiche soggettive ORIANI R., Il principio di effettività della tutela giurisdizionale,
Editoriale scientifica, Napoli, 2008: "Il principio di assolutezza, inviolabilità e universalità della tutela giurisdizionale dei diritti esclude che possano esservi posizioni
giuridiche di diritto sostanziale senza che vi sia una giurisdizione innanzi alla quale
esse possano essere fatte valere".
483
484
Trib. I grado, 3 maggio 2002, in causa T-177/01, Jégo-Quéré, in Racc., 2002.
Cgce, 25 luglio 2002, in causa C-50/00, Union des Pequeños agricultures, in
Racc. 2002.
Parte Prima
199
annullamento"485.
Il giudice è, infatti, assegnatario dell'importante compito di assicurare una protezione tempestiva, piena ed effettiva alle posizioni giuridiche soggettive che vanno a comporre quello espacio de libertad
conquistato dal cittadino nei secoli ed oggi pienamente consacrato nel
panorama europeo486.
Nella prospettiva di offrire ai diritti comunitari, in ambito nazionale, un apparato di tutele realmente satisfattivo, deve considerarsi imprescindibile una proficua collaborazione del giudice europeo con i
giudici dei Paesi membri, essendo tenuti questi ultimi, quali organi
decentrati della giustizia comunitaria, ad offrire concreta implementazione ai principi dell'ordinamento sovranazionale. “Infatti, posto che il
sistema comunitario non dispone direttamente degli strumenti necessari a garantire che la tutela dei privati sia, come vuole la Corte, piena ed effettiva, è necessario per essa affidarsi prevalentemente
all’azione dei giudici nazionali per conseguire quel risultato”487.
L’attivismo giudiziario della Corte di giustizia ha evidenziato numerose difformità dell'ordinamento processuale amministrativo rispetto ai principi del sistema comunitario, con riferimento ad es. alle di-
485
BARTOLINI A., Il risarcimento del danno tra giudice comunitario e giudice
amministrativo. La nuova tutela del c.d. interesse legittimo, Giappichelli, Torino,
2005.
486
GARCIA DE ENTERRÌA E., Le trasformazioni della giustizia amministrativa, Giuffrè, 2010. Dello stesso avviso PAJNO A., Il codice del processo amministrativo tra “cambio di paradigma” e paura della tutela, in Gior. dir. amm., n. 9 del
2010, 885.
487
ASTONE F., Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, op.
cit.: "La Corte ha, peraltro, cercato di costruire uno schema di tutela giurisdizionale
che abbia i caratteri della organicità e, per quanto possibile, della globalità. Di tale
schema essa fissa i principi base: i giudici nazionali dovrebbero, sotto il controllo e
l’indirizzo della stessa Corte, renderlo effettivo ed operante. La cooperazione funzionale ed–in misura crescente-l’integrazione tra i due livelli di protezione giudiziaria viene così esaltata, e via via, sempre più efficacemente organizzata in funzione
dell’indicato obiettivo della tutela dei privati e, più in generale, del rafforzamento
complessivo del sistema".
200
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
scipline della decadenza488, dell’efficacia del giudicato489, della tutela
cautelare, della responsabilità civile, innescando profondi mutamenti
tanto in via diretta quanto in forma riflessa nel sistema giuridico italiano.
Nel nuovo scenario dell'integrazione europea, i principi di pienezza
ed effettività della tutela delle posizioni soggettive individuali acquisiscono rinnovata centralità nell'alveo della giustizia amministrativa la
quale, grazie all'influenza dell'acquis communautaire, è oggigiorno
sempre più proiettata sulla difesa delle prerogative del cittadino490.
Di grande interesse sono in particolare le novità che hanno investito
in Italia la tutela cautelare e risarcitoria.
In primo luogo è d'obbligo evidenziare come le conquiste raggiunte
in ambito cautelare rappresentino prova tangibile dell'espansione dei
principi comunitari in sede processuale, con conseguente compressione dell'autonomia procedurale degli Stati membri. La Corte di Lussemburgo è, infatti, intervenuta a più riprese intimando ai giudici domestici la disapplicazione delle norme nazionali preclusive dell'uso di
strumenti cautelari, oppure imponendo agli ordinamenti l'adozione di
misure oltre che negative e predeterminate, anche positive e atipi-
488
Cgce, 27 febbraio 2003, in causa C-327/00, Santex, cit.. Cgce, 24 settembre
2002, in causa C-255/00, Grunding italiana, in Racc. 2002.
489
Cgce, 12 febbraio 2008, in causa C-2/06, Kempter, in Racc. 2008. Cgce, 18
luglio 2007, in causa C-119/05, Ministero dell’industria, in Racc. 2007.
490
ROZO ACUÑA E., Introduzione. Cittadino e amministrazione nel nuovo millennio, in AA.VV., Procedura, procedimento, processo, op. cit.: Ad avviso dell'autore si è assistito negli ultimi decenni al "fondamentale cambiamento della centralità
dello Stato per la centralità della Società". Secondo una nuova prospettiva "l'importanza e la preminenza dello Stato e quindi dell'amministrazione, come struttura di
azione del governo, sono giustificati in modo preferenziale dal raggiungimento del
bene dei singoli e della società e quindi dalla protezione e difesa dei diritti e degli
interessi delle persone e della colllettività grazie alla pubblica amministrazione. In
questo senso la difesa dei privilegi statali e dell'amministrazione, uno dei cardini
della giustizia amministrativa nello Stato di diritto classico o tradizionale, negli ultimi anni cede il passo alla prevalenza dei diritti e alla difesa e protezione dei cittadini-non degli amministrati-".
Parte Prima
201
che491.
Tutto ciò in vista della costruzione di un apparato rimediale capace
di somministrare al cittadino una tutela in tempi sufficienti a non
compromettere la pretesa vantata in giudizio. Per queste ragioni il
momento cautelare deve potersi articolare in una pluralità di misure
tra cui scegliere la più congrua e idonea al caso di specie (principio di
atipicità).
A riguardo la Corte di giustizia ha, in più occasioni, definito poteri
e obblighi del giudice interno492, ad es. nel caso Factortame esigendo
la disapplicazione di una norma interna ostativa alla tutela cautelare di
diritti comunitari493; ciò con l'obiettivo di garantire al cittadino una
provvisoria ma satisfattiva protezione in attesa della pronuncia di merito.
L’ordinamento italiano si è definitivamente adeguato ai dicta del
491
Ex multis, Cgce, 19 giugno 1990, in causa C-213/89, Factortame, in Racc.
1990, 2433. Cgce, 21 febbraio 1991, in cause riun. C-43/88 e C-92/89, Zuckerfabrik,
cit.. Cgce, 9 novembre 1995, in causa C-465/93, Atlanta, in Racc. 1995. La giurisprudenza comunitaria prescrive, dunque, ai giudici degli Stati membri l'adozione di
misure cautelari positive allo scopo di erogare una tutela piena ed effettiva delle situazioni giuridiche soggettive di rango europeo. In dottrina CONTESSA V., Tutela
cautelare e diritto comunitario: spunti ricostruttivi di un rapporto difficoltoso, Atti
del Convegno "Tematiche d'attualità nel processo amministrativo", 25 ottobre 2008,
Senato della Repubblica, in www.giustizia-amministrativa.it. MENGOZZI P., La
tutela davanti ai giudici nazionali dei diritti riconosciuti ai singoli ed i principi generali del diritto dell'Unione, op. cit..
492
Cgce, 9 novembre 1995, in causa C-465/93, Atlanta, cit.. Cgce, 21 febbraio
1991, in cause riun. C-43/88 e C-92/89, Zuckerfabrik, cit.. Cgce, 24 ottobre 2001, in
causa C-186/01, Dory, in Racc. 2001. Cgce, 5 dicembre 2000, in causa C-477/98,
Eurostock Meat Marketing ltd., in Racc., 2000.
493
Cgce, 19 giugno 1990, in causa C-213/89, Factortame, cit.. Nel caso di specie
(procedimento di judicial review dinanzi al giudice inglese in cui si contesta la legittimità di una legge nazionale per contrasto con la normativa comunitaria in materia
di libertà di stabilimento e prestazione dei servizi), la Corte di giustizia statuisce che
se una disposizione nazionale è l’unico ostacolo alla tutela cautelare di situazioni
giuridiche soggettive di derivazione comunitaria, il giudice interno è tenuto a disapplicarla.
202
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
giudice comunitario recependo con la novella del 2000494 il principio
di atipicità della tutela cautelare (oggi canonizzato anche nel Codice
del processo amministrativo495), con ampia estensione dei poteri cognitivi ed istruttori del giudice. Quanto alla tutela cautelare ante causam496, inizialmente introdotta in materia di aggiudicazione di appalti
pubblici497, il C.p.a. ne ha reso generale l'ambito applicativo.
Per quanto concerne i profili della tutela risarcitoria, va sottolineato, in primo luogo, come le violazioni perpetrate dagli organi dei Paesi
membri alle situazioni soggettive di fonte comunitaria diano vita a
forme di responsabilità dello Stato e siano suscettibili, a certe condizioni, di riparazione attraverso il rimedio risarcitorio (Cgce, sentenza
Francovich, 1991).
Nella prospettiva risarcitoria, l’impatto del diritto comunitario sul
sistema amministrativo italiano ha portato alla caduta del dogma della
irrisarcibilità della lesione dell'interesse legittimo pretensivo (SS.UU.
n. 500 del 1999), conferendo, così, maggiore effettività alla domanda
di giustizia del civis.
La l. 205/00, prevedendo che il giudice amministrativo possa condannare la P.A. anche al risarcimento del danno (in forma specifica o
per equivalente), ha qualificato il risarcimento come strumento di tutela ulteriore, che va ad aggiungersi alle tradizionali tecniche impugnatorie. Anche la nota querelle sulla pregiudizialità della domanda di
494
L. 21 luglio 2000, n. 205 di modifica della l. 6 dicembre 1971, n. 1034.
495
D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104. Da qui in avanti per comodità espositiva indicato
con l'acronimo C.p.a..
496
Sulla effettività e adeguatezza della tutela cautelare ante causam RAGANELLI B., Efficacia della giustizia amministrativa e pienezza della tutela, Giappichelli, 2012.
497
Cgce, 29 aprile 2004, in causa C-202/03, Dac spa, in Racc. 2004. La direttiva
comunitaria sulle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti
pubblici “deve essere interpretata nel senso che gli Stati membri sono tenuti a conferire ai loro organi competenti a conoscere di ricorsi la facoltà di adottare, indipendentemente alla previa proposizione di un ricorso di merito, qualsiasi provvedimento provvisorio, compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere
la procedura di aggiudicazione pubblica dell’appalto in esame”.
Parte Prima
203
annullamento rispetto all'azione di danno, tuttora dibattuta e controversa, sembra superata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione
nonchè dal C.p.a. che, in omaggio al principio di effettività della tutela, affermano l'autonoma esperibilità del rimedio risarcitorio498.
Il sistema italiano di giustizia amministrativa può dirsi, così, radicalmente trasformato dall'onda d'urto del diritto comunitario. Dapprima con la risarcibilità degli interessi legittimi, poi con l’ampliamento
degli strumenti processuali, il giudizio amministrativo ha visto estendere sia i poteri del giudice sia le forme di tutela del cittadino.
Tuttavia il C.p.a., pur teleologicamente orientato all'ampliamento
degli spazi di libertà del privato, è su talune questioni (autonomia
dell’azione risarcitoria rispetto all'azione di annullamento, estensione
della tutela cautelare) alquanto ambiguo.
Le continue e ripetute incursioni dei principi dell'ordinamento comunitario sui sistemi giuridici nazionali hanno minato sin dalle fondamenta la tradizionale autonomia della giustizia amministrativa italiana, plasmandone regole e istituti processuali499. Di conseguenza, attraverso una sempre più intensa integrazione tra ordinamento europeo
ed ordinamenti nazionali, si viene delineando, sia pure allo stato embrionale, una sorta di jus commune in campo processuale tra i vari Paesi membri.
All’interno dei rispettivi sistemi giuridici, invero, i giudici statali
danno applicazione diretta e immediata a regole comuni europee, sicchè la tutela processuale erogata è nazionale mentre le regole sono
comunitarie500. Infatti i principi comunitari di pienezza ed effettività
498
Per approfondimenti sul tema della pregiudiziale amministrativa si rinvia al §
7.1.3.
499
ASTONE F., Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, op.
cit.: Secondo l'autore esistono oggigiorno talune "norme comunitarie rivolte a disciplinare i comportamenti processuali dei giudici nazionali; altre che valgono ai fini
dell’applicazione del diritto comunitario all’interno dei sistemi di giustizia amministrativa nazionali; ed ancora una serie di principi elaborati dalla Corte di giustizia
e valevoli per i processi nazionali".
500
FALCON G., La tutela giurisdizionale, in Trattato di diritto amministrativo
europeo, a cura di Chiti M.P.–Greco G., Giuffrè, Milano, 2007.
204
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
della tutela sviluppano una forza espansiva tale da concretarsi in puntuali normative che progressivamente riducono gli spazi del legislatore
e dei giudici, avvicinando tra loro sistemi giuridici un tempo distanti.
PARTE SECONDA
L'INFILTRAZIONE DEI PRINCIPI COMUNITARI
NELLA REALTÀ AMMINISTRATIVA ITALIANA
206
Parte Seconda
PARTE SECONDA
L'INFILTRAZIONE DEI PRINCIPI COMUNITARI
NELLA REALTÀ AMMINISTRATIVA ITALIANA
206
Parte Seconda
Parte Seconda
207
Introduzione
Il sistema amministrativo italiano si presenta, agli albori del XXI
sec., più esteso e articolato di quanto non fosse in passato. Come asserito dalla migliore dottrina "il principale fattore di allungamento è dovuto al processo di integrazione europea, che aggiunge un ulteriore
livello di regolazione, di decisione, di amministrazione, di giurisdizione"1.
Il diritto amministrativo comunitario, soprattutto a livello di principi, è considerato una marea che sale lungo tutti i fiumi dei diritti amministrativi nazionali, ricoprendo ogni istituto giuridico con le proprie
onde2. In un numero sempre crescente di settori l’Unione europea è,
infatti, l’“autorità decisionale primaria”3.
1
TORCHIA L. (a cura di), Il sistema amministrativo italiano, il Mulino, Bologna, 2009.
2
L’espressione utilizzata da Lord Denning nel 1974 per descrivere l'impatto del
diritto comunitario sui diritti amministrativi nazionali è: "The Treaty is like an incoming tide. It flows into the estuaries and up the rivers. It cannot be held back".
3
GIANNINI M.S., Il pubblico potere. Stati e amministrazioni pubbliche, op. cit..
Sulla stessa lunghezza d’onda HOFMANN H., Administrative law and policy of the
European Union, Oxford, Oxford University Press, 2012. ASTONE F., Le amministrazioni nazionali nel processo di formazione ed attuazione del diritto comunitario,
Torino, 2004: "La crescente incidenza della normativa comunitaria sull’ordinamento nazionale (...) ha ormai raggiunto livelli impensabili per i fondatori della
Comunità: basti pensare al fatto che circa il novanta per cento della produzione di
208
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
L’europeizzazione del diritto ha, così, prodotto rilevanti effetti sul
sistema giuridico italiano, configurando una “signoria comunitaria sul
diritto amministrativo”4.
I principi comunitari, invero, per il loro carattere “interstiziale”,
sono in grado di incunearsi e permeare i più importanti settori dell'ordinamento degli Stati membri5. In particolare essi influenzano l’area
del diritto amministrativo nazionale, sì da imporre vincoli di conformazione alla attività delle autorità pubbliche6.
L’invasione della materia amministrativa, da parte del diritto comunitario, ha reso i principi europei regole cardine dell’azione dei
pubblici poteri domestici. Segnatamente i principi non scritti, coniati e
sviluppati dalla Corte di giustizia, si pongono come parametro di legittimità dell'azione amministrativa all'interno degli ordinamenti giuridici nazionali.
Il diritto pretorio, da fonte informale e sussidiaria, diviene il principale serbatoio giuridico del diritto amministrativo, assumendo nuovi e
peculiari caratteri. Invero le pronunce del giudice comunitario si distaccano dal tradizionale modello di sentenza del giudice statale, non
avendo efficacia inter partes, bensì erga omnes alla stregua di vere
norme giuridiche. Norme, tuttavia, che lungi dall’essere cristallizzate
in rigidi testi normativi, sono continuamente oggetto di ritocchi, modifiche, aggiustamenti, in relazione alla specificità e poliedricità dei casi
concreti. Tale demiurgica attività coinvolge sia il giudice comunitario
sia i giudici domestici in un circuito di piena collaborazione tra le Corti. È come se i due mondi di civil law e di common law si fossero fusi
dando vita ad un sistema nuovo, capace di coniugare testi scritti e pro-
diritto interno è direttamente collegata o indirettamente necessitata da decisioni adottate dalle Istituzioni europee".
4
CASSESE, S., La signoria comunitaria sul diritto amministrativo, op. cit.. Vedasi anche BIRKINSHAW P., European public law, London, 2003.
5
6
PIVA P., Giudice nazionale e diritto dell’Unione europea, op. cit..
FALCON G., Dal diritto amministrativo nazionale al diritto amministrativo
comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1991, 351.
Parte Seconda
209
nunce giurisprudenziali, stare decisis con distinguishing7 e overrulling8, conservazione ed evoluzione del diritto.
Il diritto pretorio ha il proprio alfiere nei principi non scritti, sapientemente costruiti dalla Corte di giustizia, i quali ben si calano nella magmatica realtà giuridica europea, atteggiandosi a norme risolutive del caso concreto.
A ben guardare, “lo Stato di diritto si è risolto (...) nella sottoposizione dell’intera azione amministrativa a principi di diritto, consistenti o in norme legislative o, dove queste mancavano, in principi generali non scritti”9. Ciò spiega l’impatto dirompente e dagli effetti imprevedibili dei principi dell'ordinamento comunitario10.
7
Si tratta di una tecnica che permette al giudice del caso successivo di non seguire una precedente decisione, evidenziando differenze fattuali della nuova fattispecie
rispetto alla precedente, tali da legittimare l’applicazione di una nuova regola e dunque l'emissione di una decisione innovativa. Per un’analitica trattazione del fenomeno si rinvia a MATTEI U., Il modello di common law, op. cit..
8
BIFULCO D., Il giudice è soggetto soltanto al “diritto”, op. cit.: "Se è vero, infatti, che la tradizione angloamericana insegna al giudice il vincolo di stare decisis,
è vero anche che numerosissime sono le tecniche-sorte nel diritto giurisprudenziale
di common law-cui egli può ricorrere per rendere più sfumato quel vincolo". Ciò
avviene ricorrendo ai meccanismi del distinguishing e dell'overruling. In particolare
l'espressione overruling identifica “il potere del giudice di discostarsi da un precedente interno alla stessa giurisdizione, pur in presenza di un (nuovo) caso non ragionevolmente distinguibile dal precedente. In definitiva distinguishing e overruling
conferiscono al sistema l'elasticità e la capacità di adeguarsi alle peculiarità delle fattispecie via via in rilievo. In questo modo un precedente sbagliato, o anacronistico e
non più conforme alle diversità fattuali emergenti, può essere superato in tutto o in
parte.
9
MERUSI F., Buona fede e affidamento nel diritto pubblico: dagli anni Trenta
all’alternanza, op. cit.. I principi “non traggono origine da alcuna legge od altra
norma edittale, ma si sono formati attraverso una lunga, ed ormai più che secolare,
elaborazione giurisprudenziale e dottrinaria” portata avanti da giudici e studiosi in
“perfetta sintonia”. In ordine a tali considerazioni vedasi anche GUARINO G.,
Qualche riflessione sul diritto amministrativo e sui compiti dei giuristi (1970), ora in
Id., Dalla Costituzione all’Unione europea, Napoli, 1994.
10
FALCON G., Dal diritto amministrativo nazionale al diritto amministrativo
comunitario, op. cit.. Per gli operatori italiani di diritto amministrativo si è trattato
210
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Nell'era del "colonialismo giurisdizionale" (Cartabia M.) la valenza
dinamica ed espansiva dei principi di fonte pretoria risulta decisiva nel
consolidamento di una Comunità che ha fra i suoi obiettivi la promozione della tutela delle situazioni soggettive dei singoli.
L’ordinamento comunitario, infatti, emancipa il cittadino dal ruolo
di subalternità, cui veniva spesso confinato nei rapporti con i pubblici
poteri nazionali, attraverso una serie di principi che condizionano
l’attività amministrativa, rimodulando e ridimensionando la discrezionalità e lo spazio di intervento delle autorità pubbliche. In questo modo “l’Unione europea influisce profondamente sui diritti amministrativi nazionali, modificando le norme di organizzazione, le norme che
reggono i rapporti tra i poteri pubblici e i cittadini, i rimedi esperibili
da questi ultimi nei confronti delle azioni od omissioni lesive dei loro
diritti”11.
Il potere amministrativo viene, dunque, imbrigliato dai principi
comunitari sia direttamente nelle materie di competenza dell'Unione
sia in via riflessa negli ambiti di pertinenza esclusiva degli Stati (c.d.
spill-over effect).
Nel nostro sistema di civil law le incertezze e le complessità di una
produzione legislativa alluvionale e incoerente hanno tradizionalmente
conferito ai giudici amministrativi il compito di assicurare l’ordine e
la continuità del sistema. In special modo il diritto amministrativo,
cresciuto “sulle ginocchia della giurisprudenza”12, è stato costantemente alimentato da regole e principi che i giudici hanno elevato a di-
dell’ingresso dell’ordinamento italiano in una “foresta inesplorata e sconosciuta”.
11
DELLA CANANEA G. (a cura di), Diritto amministrativo europeo. Principi e
istituti, op. cit..
12
RIVERO J., Jurisprudence et doctrine dans l’élaboration du droit administratif, in Etudes et documents, Paris, 1955, 30. L'idea del diritto amministrativo quale
diritto di elaborazione giurisprudenziale è diffusa in Francia (LOSCHAK D., Le role
politique du juge administratif français, Paris, 1972, 79), in Italia (CASSESE S.,
Problemi delle ideologie dei giudici, in Riv. trim. dir. pubbl. 1969, 428), in Inghilterra (CHITI M.P., L’affermazione della giustizia amministrativa in Inghilterra.
Dalla common law al droit administratif ?, in Dir. proc. amm. 1990, 546).
Parte Seconda
211
gnità di sistema13.
Quanto ai principi comunitari dal maggior impatto amministrativo,
va rimarcato un dato essenziale: tali principi non rappresentano un
quid novi nel panorama giuridico europeo. Essi, a vario titolo, erano
già conosciuti dalle tradizioni giuridiche domestiche, sia pure con tratti ed estensioni minori.
L’originalità di siffatti principi risiede sia nelle innovative caratteristiche tratteggiate dal giudice comunitario, sia nell’impatto dirompente avuto sugli ordinamenti statuali. Infatti essi hanno contribuito a
“rimuovere ostacoli e incrostazioni che pregiudicavano l’applicazione
di regole e principi, in particolare costituzionali”14, già esistenti a livello interno.
Un elemento di novità è, semmai, ravvisabile nelle tecniche di interpretazione praticate in ambito sovranazionale, scenario all'interno
del quale le libertà e le tutele del cittadino sono amplificate in un spazio giuridico sempre più integrato ed omogeneo15. È come se
l’ordinamento europeo riconoscesse una sorta di diritto alla parità del
cittadino verso la pubblica amministrazione16, “da intendersi non tanto come uguaglianza di poteri, quanto piuttosto, per un verso, come
assenza di privilegi ingiustificati e, per altro verso, come uguale op13
Adun. Plen. Cons. Stato, 28 gennaio 1961, n. 3, in Foro amm. 1961, I, 561: Ad
avviso del Supremo Consesso il diritto amministrativo sarebbe composto "non soltanto da norme, ma anche da principi che dottrina e giurisprudenza hanno elaborato e ridotto a unità e dignità di sistema". In dottrina sul fondamentale ruolo ermeneutico della giurisprudenza D’AMELIO P., La formazione giudiziale del diritto
amministrativo, in Foro amm., 1969, III, 118.
14
FERRARI E., Per l’armonizzazione dei diritti amministrativi europei, op. cit..
15
ALMEIDA CERREDA M., La construction de derecho administrativo europeo, in Scientia iuridica, 2008. HUBER P.M., Le istituzioni nazionali
nell’architettura europea: il caso della Germania, in AA.VV., Questioni costituzionali del governo europeo, Maitland, 2003. TORCHIA L., Il governo delle differenze. Il principio di equivalenza nell’ordinamento europeo, Bologna, 2006. PICOZZA
E., Diritto amministrativo e diritto comunitario, op. cit..
16
ALOISE M., Effetti del diritto comunitario sulle situazioni giuridiche soggettive tutelate dal diritto amministrativo italiano, in www.opinioiuris.it.
212
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
portunità di avvalersi del complesso dei poteri e delle facoltà che sono ascrivibili alle rispettive sfere di autonomia”17.
I principi del diritto europeo, pertanto, innervano con sfaccettature diverse un numero crescente di aree del diritto pubblico, dal
settore degli appalti alle attività economiche di impresa, fino alle
ipotesi di aiuti di Stato e così via.
Più in generale la forza espansiva dei principi comunitari sta
progressivamente alterando istituti e regole della scienza amministrativa italiana, sì da innescare un vero e proprio cambio di paradigma nella filosofia e nelle modalità di azione della P.A.. Per decenni l'amministrazione è stata più "un apparato in guerra con la
maggioranza dei cittadini che (...) una struttura al loro servizio"18.
A mutare, oggigiorno, sono non solo la mentalità ma anche l'approccio a numerose tematiche tradizionali del diritto amministrativo
(situazioni giuridiche soggettive, disciplina dei vizi dell’atto, regole
dell’attività procedimentale ecc..). Nello scenario europeo si assiste
così alla valorizzazione delle libertà dei cives cui corrisponde la lievitazione di diritti di matrice comunitaria direttamente azionabili dai
singoli nei confronti delle amministrazioni e dei giudici nazionali. Un
bel passo in avanti anche se ancora lunga è la strada da percorrere.
17
MASSERA A., L’amministrazione e i cittadini nel diritto comunitario, op. cit..
18
PUBUSA A., Diritti dei cittadini e pubblica amministrazione, op. cit..
CAPITOLO IV
LE SITUAZIONI GIURIDICHE SOGGETTIVE
TRA ORDINAMENTO COMUNITARIO
E ORDINAMENTO NAZIONALE
SOMMARIO: 4.1. La visione “sostanzialista” e pragmatica dell’ordinamento
comunitario: la centralità dei diritti e delle libertà del cittadino nel sistema. 4.2. Le situazioni giuridiche comunitarie e l'influenza del diritto europeo sulle posizioni giuridiche nazionali. 4.3. Interesse legittimo e sua
risarcibilità nella prospettiva comunitaria. 4.4. La responsabilità dello
Stato per violazione del diritto comunitario da parte dei suoi organi: brevi
cenni.
4.1. La visione “sostanzialista” e pragmatica dell’ordinamento
comunitario: la centralità dei diritti e delle libertà del cittadino nel sistema
Uno dei tratti qualificanti l’ordinamento comunitario è ravvisabile
nella visione pragmatica e antiformalista delle sue istituzioni. A differenza dei sistemi positivistici statuali, tendenzialmente ispirati ad un
rigido formalismo, l’Unione europea agisce nel perseguimento degli
scopi dei Trattati in una cornice normativa flessibile ed in perenne divenire.
Il sistema comunitario si è, infatti, sviluppato procedendo per obiet-
214
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
tivi sostanziali lungo la direttrice di un diritto di natura giudiziale (Richterrecht). In particolare la Corte di giustizia, attraverso un approccio
case by case, ha gradualmente elaborato un catalogo di principi generali che si è rapidamente imposto all’osservanza degli Stati e dei rispettivi cittadini, in un sistema sempre più ispirato al judge made ruling (Chayes A.).
Tali principi hanno avvicinato i plurimi ed eterogenei ordinamenti
nazionali verso un nucleo di finalità comuni, garantendo al sistema europeo unità nella diversità. In quest’ottica, dunque, i principi comunitari (in special modo quelli di fonte pretoria) hanno operato da collante, assicurando una progressiva convergenza dei sistemi giuridici statuali verso gli obiettivi dell'integrazione, preservando (sia pure inizialmente) l’autonomia procedurale dei Paesi membri.
Invero la normazione per principi ha il pregio di riconoscere ai vari
ordinamenti margini di discrezionalità nell'adozione della normativa
attuativa, in una costante e sinergica collaborazione tra livello comunitario e livello nazionale. Tutto ciò ha irreversibilmente acuito la crisi
del positivismo giuridico, già profondamente scosso dalle varie teorie
realistiche e sociologiche del diritto, attraverso l’ascesa di nuove tendenze antiformalistiche tese a privilegiare la sostanza a discapito della
forma.
Il sostanzialismo e il pragmatismo comunitari permeano, in particolare, il diritto amministrativo coniugando il soddisfacimento dell'interesse pubblico con le pretese soggettive dell'individuo. In questo modo
si assiste ad uno spostamento dell'agere publicum dall'asse
dell’autorità verso il polo delle libertà degli amministrati. Una visione
nuova che ridisegna istituti e regole (dalla partecipazione alla legalità
di risultato, dalla risarcibilità degli interessi legittimi al processo come
giudizio sul rapporto controverso e così via).
L’evoluzione senza precedenti del sistema amministrativo italiano
amplia, pertanto, l'area dei diritti e delle libertà del cittadino dinanzi ai
pubblici poteri. Una decisiva accelerazione in tal senso viene impressa
proprio dalla giurisprudenza della Corte di giustizia che, scolpendo un
Parte Seconda
215
diritto per principi1, accorda rilevanza primaria alla persona, in origine
in una prospettiva economica, oggi anche in una dimensione sociale
imperniata sulla tutela dei diritti fondamentali2.
Proprio la valorizzazione delle libertà personali costituisce il fulcro
del sistema comunitario il quale, rispetto agli ordinamenti nazionali,
ha una diversa concezione dell’interesse pubblico e dei rapporti tra autorità e libertà3, ispirandosi, di regola, ad un principio di tendenziale
paritarietà che, lungi dal conculcare le situazioni soggettive individuali, vieppiù le esalti mirando al loro soddisfacimento.
La visione comunitaria delle dinamiche giuridiche tra autorità e cives ha, dunque, orientato al cambiamento l’ordinamento italiano, ricalibrando l’influenza del potere pubblico sugli amministrati in una direzione più democratica e partecipativa.
Il privato, da suddito e mero destinatario dell’esercizio della funzione4, diviene compartecipe e coautore, insieme all’amministrazione,
delle decisioni pubbliche5. Può dirsi pertanto superata la tradizionale
1
Sul ruolo dei principi nell'ordinamento amministrativo italiano AA.VV., La
forza normativa dei principi, a cura di Amirante D., Cedam, 2006.
2
GIUBBONI S., Diritti sociali e mercato. La dimensione sociale dell'integrazione europea, Il Mulino, Bologna, 2003. Nei decenni-ad avviso dell’autorel’integrazione comunitaria si è sviluppata verso orizzonti politico-sociali, valorizzando i diritti della persona in uno scenario di libertà e democrazia.
3
SACCHI MORSIANI G., Il potere amministrativo delle Comunità europee e le
posizioni giuridiche dei privati, II ed., Milano, 1970.
4
Sul ruolo di soggezione tradizionalmente ricoperto dagli amministrati nei rapporti con il pubblico potere vedasi, tra i tanti, ALLEGRETTI U., L'amministrazione
dall'attuazione costituzionale alla democrazia partecipativa, Giuffrè, Milano, 2009.
5
La tematica viene ben esaminata da CARTABIA M., La tutela dei diritti nel
procedimento amministrativo: la legge n. 241 del 1990 alla luce dei principi comunitari, op. cit.. Secondo l'autrice grazie all'influenza dell'ordinamento comunitario la
legge italiana sul procedimento amministrativo "dà voce ad una concezione dei rapporti tra amministrazione e società, da tempo auspicata dalla dottrina e più rispondente alla Costituzione. La nuova norma rompe decisamente con una tradizione, che
sinteticamente si potrebbe definire liberale, che vede la società contrapposta alla
pubblica amministrazione, l'interesse pubblico contrapposto all'interesse privato, il
216
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
"regola dell' A.A." (atto amministrativo)6, che "al cittadino non consente critica o chiede consenso, ma solo impone obbedienza"7. Contestualmente le situazioni giuridiche soggettive, da ostacolo alla realizzazione dell’interesse pubblico ne divengono l’elemento costitutivo
primario, sia pure non esclusivo.
Il potere pubblico vede, pertanto, stemperata la tradizionale aurea
di privilegio o plusvalenza per collocarsi su un piano di equiordinazione e apertura alle istanze dei consociati8. Si realizza così l'evoluzione del "diritto amministrativo da diritto del privilegio a diritto sostanzialmente paritario" (Dipace R.).
In particolare, sulla scia della giurisprudenza comunitaria, le autorità nazionali ridimensionano il raggio e l’intensità del proprio agire con
riferimento alle posizioni protette dal Trattato. Infatti la Corte di giustizia esalta le situazioni soggettive private, coniugandole con il principio di effettività e rendendole azionabili (ergo tutelabili) dinanzi alle
giurisdizioni nazionali.
cittadino in posizione di difesa nei confronti dei pubblici poteri che agiscono autoritativamente e unilateralmente. A questa logica si sostituisce la logica della reciproca compenetrazione tra autorità pubbliche e cittadini, in cui il cittadino da sudddito
diviene sovrano, e diviene anche maggiormente responsabile dell'azione degli organi pubblici".
6
FAGIOLARI G., L'atto amministrativo nella giustizia amministrativa, in Scritti
giuridici in onore di Santi Romano, II, Padova, 1940.
7
Relazione sulla R. Avvocatura erariale per gli anni 1912-1925, I, Roma, 1926,
XXXVI.
8
Con riferimento all'evoluzione dei rapporti tra P.A. e cives in una prospettiva di
maggior collaborazione CODINI E., Scelte amministrative e sindacato giurisdizionale. Per una ridefinizione della discrezionalità, Jovene, Napoli, 2008. TARULLO
S., Il principio di collaborazione procedimentale: solidarietà e correttezza nella dinamica del potere amministrativo, Giappichelli, Torino, 2008. MANTERO A., Le
situazioni favorevoli del privato nel rapporto amministrativo, op. cit.. GIANNINI
M.S., Profili storici della scienza del diritto amministrativo, in Quad. fior. n. 2 del
1973, il quale auspica un'evoluzione in senso democratico dell'azione amministrativa "da un atteggiamento che contempli prevalentemente l'amministrazione a un atteggiamento che contempli prevalentemente l'amministrato". ALLEGRETTI U.,
L'imparzialità amministrativa, Padova, 1965.
Parte Seconda
217
Più in generale le pronunce del giudice di Lussemburgo condizionano anche in via riflessa gli ordinamenti statuali, innescando mutamenti radicali nelle vicende amministrative domestiche anche in relazione a posizioni soggettive meramente interne. La protezione dei c.d.
amministrati si arricchisce, via via, di contenuti e strumenti nuovi in
ambito tanto procedimentale quanto giurisdizionale.
In ordine all’incidenza (diretta) che le situazioni giuridiche comunitarie hanno negli ordinamenti interni, è opportuno distinguere il piano
sostanziale dal piano processuale. Con riferimento al versante sostanziale, in base ai principi del primato e dell’effettività del diritto comunitario, le situazioni comunitariamente protette devono mantenere la
stessa consistenza una volta inserite nell’ordinamento statuale, senza
alcun mutamento.
In relazione al settore processuale, invece, il giudice comunitario
tende a riconoscere agli Stati forme di autonomia procedurale nella
regolamentazione del diritto d’azione e delle garanzie processuali9.
Ciò comporta una differenziazione dei regimi nazionali, sia pure
nell’osservanza del comune valore dell’effettività della tutela giurisdizionale.
Va anche registrata, tuttavia, la tendenza dell’ordinamento comunitario ad occuparsi sempre più di questioni processuali, con inevitabile
erosione degli spazi di sovranità statuali. Si rileva, in particolare, nello
scenario europeo, la presenza di una molteplicità di principi, elaborati
dalla Corte di giustizia e direttamente applicabili agli ordinamenti
domestici, tali da "delineare, sia pure allo stato embrionale, una sorta
di jus commune nel campo processuale"10.
9
Sul punto DELICOSTOPOULOS J.S., Towards European procedural primacy
in national legal systems, in Eur. law journal, 2003, 599. Rimane affidata agli ordinamenti dei Paesi membri, in virtù del principio di autonomia procedurale,
l’individuazione del giudice competente, della sua composizione, dei sistemi e motivi di impugnazione della sentenza ecc..
10
ASTONE F., Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, op.
cit.. Secondo l’autore “viene così a realizzarsi un fenomeno che rientra a pieno titolo nella prospettiva della integrazione tra sistemi processuali: tale integrazione tuttavia non viene perseguita attraverso la conformazione dei sistemi nazionali da par-
218
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
4.2. Le situazioni giuridiche comunitarie e l’influenza del diritto
europeo sulle posizioni giuridiche nazionali
In un sistema giuridico integrato e multilivello ampio è il ventaglio
delle situazioni giuridiche soggettive riconosciute ai cittadini europei.
Emergono in primo piano le situazioni giuridiche comunitarie. Con
tale espressione si definiscono, normalmente, le situazioni soggettive
private che ricevono una tutela procedimentale o processuale
nell’ordinamento comunitario11. Inserite in ambito nazionale, ad esse
va garantita una tutela che sia conforme ai principi di effettività e di
equivalenza delineati dalla Corte di giustizia.
Alle situazioni soggettive protette dal diritto europeo, inoltre, si
giustappongono situazioni soggettive a conformazione mista, ossia disciplinate tanto da fonti comunitarie quanto da fonti nazionali. Infine
si registra la presenza di situazioni soggettive regolate principalmente
dal diritto nazionale ma influenzate in via riflessa dai principi del sistema comunitario (c.d. spill over effect)12.
Di maggior interesse in questa sede è, certamente, l’esame delle situazioni soggettive complesse o miste, figura trascurata per decenni da
quell’approccio che concepiva in modo separato e distinto le posizioni
soggettive nazionali rispetto a quelle europee. Nell'attuale quadro di
intersezione tra gli ordinamenti, invece, nascono con frequenza fattispecie composte da elementi sia nazionali sia comunitari, ossia caratterizzate dalla concorrenza nonchè dalla simultanea vigenza di più li-
te dell’ordinamento comunitario, ma piuttosto attraverso la diretta applicazione da
parte dei giudici nazionali di regole processuali comuni che rimangono di natura
comunitaria, e che vengono applicate come tali nei processi nazionali. La tutela
concreta sarà dunque nazionale, ma le regole di tutela sono in questo caso comunitarie”. Sull’argomento anche FALCON G., La tutela giurisdizionale, in Trattato di
diritto amministrativo europeo, a cura di Chiti M.P.–Greco G., op. cit..
11
PICOZZA E., Le situazioni giuridiche soggettive, in Trattato di diritto amministrativo europeo, diretto da Chiti M.P. e Greco G., Milano, 1997.
12
CLEMENTE DI SAN LUCA G. (a cura di), La tutela delle situazioni soggettive nel diritto italiano, europeo e comparato, Editoriale scientifica, Napoli, 2011.
Parte Seconda
219
velli regolatori13. Pertanto è possibile parlare di “situazioni soggettive
europeizzate, cioè contemporaneamente rilevanti per i due sistemi,
nazionale ed europeo/comunitario insieme”.
La tutela di queste posizioni giuridiche soggettive ha ampie ricadute sull’azione delle amministrazioni nazionali, traducendosi in una
pluralità di vincoli al concreto esercizio della funzione discrezionale14.
La forza uniformante dei principi comunitari, dunque, conduce al
superamento della distinzione, tradizionalmente presente nell'ordinamento amministrativo italiano, tra situazioni interne e situazioni co-
13
VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione europea, op. cit.: Il termine frammentazione normativa descrive “il fenomeno per cui determinate situazioni soggettive nascono ora
nell’ordinamento interno ora nell’ordinamento comunitario (...) e vengono poi disciplinate, totalmente o parzialmente, in un ordinamento diverso da quello della loro creazione, risultando appunto frammentate nella regolazione. La frammentazione
descrive gli intrecci tra diversi sistemi giuridici e può ritrovarsi in qualsiasi tipo di
intersezione normativa”.
14
VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione europea, op. cit.: "La particolarità di queste situazioni soggettive consiste nel fatto che esse incorporano interessi comunitari o europei, cui gli
Stati membri hanno attribuito rilievo. Perciò nello specifico campo del diritto amministrativo, la frammentazione di queste situazioni soggettive europeizzate (...) richiede che l’azione amministrativa ad esse rivolta dia rilievo anche agli elementi
comunitari o europei, immanenti alla sovranazionalità della situazione soggettiva
considerata. Quindi la discrezionalità amministrativa dovrà svolgersi anche
nell’ambito dei vincoli posti dal diritto amministrativo europeo. (…) Non tener conto della dimensione sovranazionale significherebbe snaturare del tutto la situazione
soggettiva europeizzata,e quindi commettere una illegittimità rilevabile secondo gli
schemi propri della violazione di legge o dell’eccesso di potere, a seconda che la
violazione riguardi una disposizione normativa o principi generali. Ne segue, più
specificamente, che la frammentazione europea delle situazioni giuridiche impone al
procedimento amministrativo nazionale di rispettare tutti i vincoli imposti dal diritto
amministrativo europeo, in legge o principi". Sull’emersione della categoria dei superinteressi comunitari MENY Y.–MULLER P.–QUERMONNE J.L., Adjusting to
Europe. The impact of the European Union on national institutions and policies,
London, 1996, 51.
220
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
munitarie, coinvolte nell'ambito della attività amministrativa15. I continui e progressivi contatti tra ordinamenti fanno sì che i principi generali di elaborazione pretoria si applichino nei sistemi giuridici nazionali "anche al di là della più ristretta sfera di attuazione del diritto
comunitario"16.
Le ragioni di una simile opera di armonizzazione si individuano
nell’esigenza di assicurare il rispetto del principio di uguaglianza, evitando disparità di trattamento tra identiche situazioni in ragione della
fonte (nazionale o comunitaria) o in virtù del superamento di determinate soglie.
Nell'ordinamento italiano il rinvio operato dalla legge generale sul
procedimento amministrativo ai principi comunitari conferma la caduta di ogni distinzione tra situazioni soggettive interne e comunitarie.
Infatti l’art. 1 co. I l. 241/90 prevede espressamente che l’intera azione amministrativa si uniformi ai principi comunitari in ordine,
quindi, a qualsivoglia fattispecie sia essa nazionale od europea. Dunque i principi dell'ordinamento comunitario divengono il parametro di
legittimità di tutta l’attività amministrativa all’interno degli Stati
membri. Per questi motivi il loro richiamo non può dirsi né superfluo
15
VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione europea, op. cit.. In particolare, secondo l’autrice, “la più recente giurisprudenza comunitaria afferma l’impossibilità di individuare la presenza
di situazioni meramente interne nell’ambito, cruciale al diritto comunitario, della
libera circolazione delle merci”. Tale prospettiva è estensibile a tutte le libertà comunitarie ed in special modo agli ambiti della concorrenza e degli appalti. Segnatamente nel settore degli appalti “è chiaro che i principi di trasparenza e pubblicità (o
anche i principi di par condicio o proporzionalità) devono essere rispettati
dall’amministrazione sotto qualsiasi soglia per l’applicazione del diritto comunitario: sotto soglia l’amministrazione nazionale non è tenuta ad applicare i meccanismi complessi indicati nelle direttive appalti, ma-per rispettare il diritto comunitario-deve attuare sempre e comunque modalità di pubblicità e forme di competizione”. Sull’influenza esercitata dal diritto comunitario sul diritto nazionale anche
FRANCO I., Diritto comunitario e diritto nazionale: una convivenza problematica.
Riflessi sulla materia degli appalti pubblici, in Urb. e app., n. 6 del 2007, 675.
16
MASSERA A., I principi generali, in Trattato di diritto amministrativo europeo, op. cit..
Parte Seconda
221
né ridondante.
La formulazione dell’art. 1, avendo portata generale, richiede
un’applicazione altrettanto generale dei principi cui fa rinvio, i quali
devono considerarsi immediatamente cogenti nel sistema italiano. Infatti l'esigenza di osservare i principi di matrice sovranazionale rappresenta "un preciso precetto di diritto positivo e non soltanto
un’esigenza logica di sistema"17.
Inoltre il rinvio ai principi europei fa sì che “essi diventino parte integrante del sistema nazionale nella percezione e con i contenuti propri dell’ordinamento comunitario, assumendo il medesimo significato
in ambito nazionale”18. In tal senso anche il sindacato del giudice nazionale sulla legittimità dei provvedimenti amministrativi si corrobora
di nuovi paradigmi nel rinnovato orizzonte della legalità comunitaria.
Le numerose e formalistiche distinzioni di teoria generale proprie
dell’ordinamento italiano, vengono ridotte, nel contesto europeo, alle
due situazioni base del diritto e dell’obbligo giuridico, quali formulecontenitore di qualsivoglia situazione giuridica soggettiva attiva o passiva.
Dall'applicazione estesa e generalizzata dei principi comunitari discende, in definitiva, un potenziamento della tutela delle situazioni
giuridiche soggettive del cittadino sia a livello giurisdizionale sia, ancor prima, sul piano procedimentale.
17
GRECO G., L’incidenza del diritto comunitario sugli atti amministrativi nazionali, op. cit.. Sulla stessa lunghezza d’onda si colloca la giurisprudenza amministrativa. Ex plurimis Cons. Stato, sez. VI, 17 aprile 2007, n. 1736, in Foro amm.
Cons. Stato, 2007, 1248, secondo cui “il principio di proporzionalità assume
nell’ordinamento interno lo stesso significato che ha nell’ordinamento comunitario.
Come è oggi confermato dalla clausola di formale ricezione ex art. 1 comma 1, l.
241/1990 come novellato dalla l. 15/2005”.
18
VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione europea, op. cit..
222
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
4.3. Interesse legittimo e sua risarcibilità nella prospettiva comunitaria
Il problema della risarcibilità del danno da lesione di interesse legittimo si inscrive nella più ampia tematica dell’influenza esercitata
dall’ordinamento europeo sulle situazioni giuridiche soggettive di diritto amministrativo. Queste ultime, come visto in precedenza, si articolano in tre categorie (comunitarie, miste e nazionali).
L'applicazione di principi e regole europei a posizioni soggettive di
matrice ora comunitaria ora nazionale dimostra come l’ordinamento
italiano sia divenuto ormai un sistema “aperto e pluralista”19,
all’interno del quale i giudici divengono responsabili dell’attuazione
di “più livelli di regole”20, concorrenti e talora confliggenti.
L’analisi circa l’impatto della normativa comunitaria sulla categoria italiana dell'interesse legittimo e specialmente sul nodo della risarcibilità muove dal percorso evolutivo compiuto da tale situazione soggettiva nell'alveo dei principi costituzionali e comunitari.
La concezione dell’interesse legittimo, quale “situazione giuridica
soggettiva che dialoga con il potere amministrativo”21, ha subito, infatti, profonde metamorfosi nel corso dei decenni22. Inizialmente qua-
19
DE LISE P., Relazione di inaugurazione dell’anno giudiziario 2007, in Gior.
dir. amm., 2007, 345.
20
PIZZORUSSO A., La problematica delle fonti del diritto all’inizio del XXI
sec., in www.associazionedeicostituzionalisti.it.
21
SCOCA F.G., Le situazioni giuridiche soggettive. Nozioni generali, in Id. (a
cura di), Diritto amministrativo, Torino, 2008.
22
Per una ricostruzione della figura dell’interesse legittimo, senza pretese di
completezza,. PIRAS A, Interesse legittimo e giudizio amministrativo, Milano,
1962. CASSARINO S., Le situazioni giuridiche soggettive e l'oggetto della giurisdizione amministrativa, Milano, 1956. NIGRO M., Giustizia amministrativa, op. cit..
ROMANO TASSONE A., Situazioni giuridiche soggettive (dir. amm.), in Enc. dir.,
Agg. II, Milano, 1998. SCOCA F.G., Contributo sulla figura dell’interesse legittimo, Milano, 1990. PALMA G., Le posizioni giuridiche soggettive nell'ordinamento
italiano, in E. Picozza, G. Palma, E. Follieri, Le situazioni giuridiche soggettive del
Parte Seconda
223
lificata come situazione meramente processuale23 e come interesse indirettamente od occasionalmente protetto24, la figura dell’interesse legittimo è stata per decenni relegata in una posizione di subalternità rispetto al potere e all’interesse pubblico, con conseguente vulnus alla
tutela del privato che viveva un rapporto squilibrato ed impari con la
P.A.25.
Tradizionalmente, infatti, era diffusa la convinzione che l’interesse
legittimo costituisse una situazione soggettiva menomata o comunque
diritto amministrativo, in Trattato di diritto amministrativo, diretto da G. Santaniello, II, Padova, 1999. GIACCHETTI S., L’interesse legittimo alle soglie del 2000, in
www.giustamm.it. OCCHIENA M., Situazioni giuridiche soggettive e procedimento
amministrativo, op. cit.. STIPO M., L’interesse legittimo nella prospettiva storica,
op. cit.. TRAVI A., Lezioni di giustizia amministrativa, Giappichelli, Torino, 2010.
23
RANELLETTI O., Le guarentigie della giustizia nella pubblica amministrazione, V ed., Milano, 1937. GUICCIARDI E., La giustizia amministrativa, op. cit..
CHIOVENDA G., Principi di diritto processuale civile, 1934-37.
24
RANELLETTI O., Le guarentigie della giustizia nella pubblica amministrazione, op. cit.. ZANOBINI G., Corso di diritto amministrativo, II, Milano, 1958.
25
CARINGELLA F., Architettura e tutela dell'interesse legittimo dopo il codice
del processo amministrativo: verso il futuro, in www.giustizia-amministrativa.it,
2011: "Il bisogno di tutela dell’amministrato nei confronti della Pubblica Amministrazione non è sempre stato un principio immanente nel nostro ordinamento. La
maggiore preoccupazione del Legislatore post-unitario, lungi dall’essere quella di
assicurare la tutela del cittadino nei confronti dell’autorità amministrativa, era, infatti, quella di dettare le guarentigie dell’amministrazione nei confronti del potere
giudiziario". La marginalità dell'interesse legittimo, con conseguente deficit di protezione del civis nei confronti dell'autorità, si evidenzia sin dalle origini dello Stato
unitario in un intervento di Stanislao Mancini sul disegno di legge l. 20 marzo 1865,
n. 2248, all. E: "(...) Sia pure che l’autorità amministrativa abbia fallito la sua missione, che non abbia provveduto con opportunità e saggezza, (...) sia pure che essa
abbia, e forse anche senza motivi, rifiutato ad un cittadino una permissione, un vantaggio, un favore, che ogni ragione di prudenza e di buona economia consigliasse di
accordargli (…) sia pure che questo cittadino è stato di conseguenza ferito, e forse
anche gravemente, nei propri interessi:che perciò? (...) che cosa ha sofferto il cittadino in tutte le ipotesi testé discorse? Semplicemente una lesione degli interessi?
Ebbene, ch'ei si rassegni". Quest'idea primigenia condizionerà per molto tempo sia
lo sviluppo della categoria dell'interesse legittimo sia le dinamiche dei rapporti tra
pubblico potere ed amministrati.
224
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
riflessa, in definitiva un quid minus rispetto al diritto soggettivo26.
La progressiva diffusione ed applicazione dei principi della Costituzione repubblicana del '48 ha iniziato ad erodere, sia pure lentamente e a fasi alterne, la visione dell’interesse legittimo quale figura di serie “B” rispetto al diritto soggettivo. Ciò è avvenuto attraverso il riconoscimento della natura sostanziale degli interessi legittimi, cui la Costituzione assicura dignità e tutela pari a quella dei diritti soggettivi
(artt. 24, 103 e 11327).
In tal senso le disposizioni costituzionali hanno offerto un decisivo
contribuito alla protezione piena, diretta ed efficace dell’interesse legittimo28. Infatti è di tutta evidenza come le aperture della Costituzione siano state in seguito amplificate dai principi del diritto comunitario (in particolare dai principi di non discriminazione, effettività ed
26
Contra NIGRO M., Ma cos'è questo interesse legittimo? Vecchi e nuovi spunti
di riflessione, in Foro it. 1987, V, 469. L'autore, convinto assertore della pari dignità
giuridica tra interesse legittimo e diritto soggettivo, così afferma: "Le situazioni di
interesse legittimo possono, a mio giudizio, assicurare la tutela cui giustamente aspira. Esse non hanno nulla che le condanni a garantire una protezione di serie B.
Strutturalmente e funzionalmente l'interesse legittimo non determina inidoneità od
incapacità istituzionali. A patto però che il giudice amministrativo si liberi totalmente dal complesso della necessaria considerazione delle ragioni dell'interesse
pubblico considerato in astratto e in generale (il che significa delle ragioni della
potestà amministrativa); acquisti consapevolezza del nuovo modo di essere, dialettico e partecipato, delle potestà amministrative; e riesca a creare nel processo
quell'equilibrio fra pretese del ricorrente (o in genere delle parti private) e pretese
dell'amministrazione che costituisce la rappresentazione o la proiezione processuale
del rapporto amministrativo esistente sul terreno sostanziale".
27
In particolare l’art. 24 Cost. nell’affermare che “tutti possono agire in giudizio
per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi” dà risalto alla natura sostanziale
degli interessi legittimi, attraverso l’uso dell’aggettivo possessivo “propri”, che riferito tanto ai diritti quanto agli interessi legittimi è la cartina di tornasole della natura
sostanziale di entrambe le figure soggettive.
28
BACHELET V., La giustizia amministrativa nella Costituzione italiana, Giuffrè, Milano, 1962. Secondo l’autore il giudice amministrativo “tutela le situazioni
giuridiche soggettive proprie dei ricorrenti nei confronti della p.a.” in quanto tali e
non più soltanto indirettamente “per la realizzazione dell’interesse della p.a. alla
legalità della sua azione”.
Parte Seconda
225
equivalenza della tutela).
Il sistema europeo, pur non conoscendo la figura dell’interesse legittimo, ha contribuito in modo decisivo alla sua valorizzazione
nell’ordinamento italiano, determinando un révirement prima della
giurisprudenza e poi del legislatore sul dogma della irrisarcibilità, che
gravemente penalizzava la categoria degli interessi pretensivi. Tutto
ciò si inserisce nel più generale trend di influenza che il diritto europeo ha avuto, ed ha tuttora, sulla democratizzazione dei pubblici poteri, con apertura alle istanze dei c.d. amministrati, in un processo di esaltazione delle libertà e delle situazioni soggettive individuali29. Un
percorso che ha avuto il suo sbocco naturale nel riconoscimento della
risarcibilità degli interessi legittimi prima limitatamente al settore degli appalti pubblici30 e successivamente a livello generale31.
29
Nell'ordinamento italiano, fondato sul principio di democraticità e di sovranità
popolare (art. 1 Cost.), la P.A. dovrebbe sempre operare al servizio del cittadino,
rendendone effettivi diritti e libertà. A riguardo PUBUSA A., Diritti dei cittadini e
pubblica amministrazione, op. cit..
30
Art. 13 l. 19 febbraio 1992, n. 142 (poi soppresso dall’art. 35 d.lgs. 80 del
1998).
31
Dapprima in ambito giurisprudenziale con la nota pronuncia delle SS.UU. n.
500 del 1999 e poi a livello normativo con la l. 205/2000. In tema di risarcimento
del danno da lesione di interessi legittimi la letteratura è sterminata. Tra i molteplici
contributi, a titolo esemplificativo, TRAMONTANO L., La tutela risarcitoria
dell'interesse legittimo, Cedam, Padova, 2008. PUDDU S., La risarcibilità dell'interesse legittimo, Giappichelli, Torino, 2002. CARANTA R., Attività amministrativa
ed illecito aquiliano. La responsabilità della p.a. dopo la l. 21 luglio 2000 n. 205,
Milano, 2001. CIRILLO G.P., Il danno da illegittimità dell’azione amministrativa e
il giudizio risarcitorio. Profili sostanziali e processuali, Padova, 2003. DI GIANDOMENICO G., Il danno risarcibile per lesione di interessi legittimi, Edizioni
scientifiche, Napoli, 2004. D’ANTONIO S., Teoria e prassi nella tutela risarcitoria
dell’interesse legittimo, Editoriale scientifica, Napoli, 2003. FANTI V., Tutela demolitoria e risarcitoria dell’interesse legittimo innanzi al giudice ordinario e amministrativo, Giuffrè, Milano, 2006. LUMETTI M.V., Violazione dell’interesse legittimo e danno risarcibile, Giuffrè, Milano, 2008. ALPA G., Sulla sentenza n. 500 del
1999 delle Sezioni Unite della Cassazione relativa alla risarcibilità della lesione
degli interessi legittimi, in Giust. civ., 1999, II, 427. GIOVAGNOLI R., Il risarcimento del danno da provvedimento illegittimo, Giuffrè, Milano, 2010. SPAMPINA-
226
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
In tal senso la nota sentenza delle SS.UU. n. 500 del 1999 rappresenta l’apice degli influssi comunitari sulla figura dell’interesse legittimo32 e, conseguentemente, sul ruolo dell'amministrazione che da
struttura privilegiata di potere diviene "un soggetto come un altro"
(Berti G.), chiamato a rispondere dei danni cagionati nell'esercizio
della funzione.
In ambito comunitario, tuttavia, è sconosciuta la distinzione tra diritti soggettivi ed interessi legittimi, in quanto ad essere utilizzata è la
generica espressione “diritti”, quale contenitore di qualsivoglia situazione giuridica soggettiva attiva e di vantaggio. Proprio in ragione di
tale presunta equiparazione linguistica, è inevitabile domandarsi se,
alla luce dell’ordinamento europeo, abbia ancora senso parlare di interessi legittimi o se, viceversa, sia preferibile cantare il de profundis
per questa situazione giuridica soggettiva tipicamente italiana.
A riguardo va precisato come non rientri nelle competenze comuniTO B., Tipologia degli interessi legittimi e forme di tutela, Giappichelli, Torino,
2010. TUCCARI F., Annullamento dell’atto e processo amministrativo risarcitorio,
Jovene, Napoli, 2004. SCOCA F.G., Risarcibilità e interesse legittimo, in Dir.
pubbl. 2000, 13. ZITO A., Il danno da illegittimo esercizio della funzione amministrativa. Riflessioni sulla tutela dell’interesse legittimo, Napoli, 2003. BARTOLINI
R., Il risarcimento del danno tra giudice comunitario e giudice amministrativo. La
nuova tutela del c.d. interesse legittimo, op. cit.. ORREI C., La tutela risarcitoria
dell’interesse legittimo: sviluppi giurisprudenziali e profili dogmatici, Editoriale
scientifica, Napoli, 2002. Contra ROMANO A., Sulla pretesa risarcibilità degli interessi legittimi: se sono risarcibili, sono diritti soggettivi, in Dir. proc. amm., n. 1
del 1998, 22: "Quello della risarcibilità degli interessi legittimi è un falso problema
perché con la sua soluzione positiva si pretende di raggiungere un risultato,
l’ampliamento dell’area delle situazioni individuali la cui lesione sia risarcibile, che
può benissimo essere ottenuto per altre vie. Che deve essere ottenuto per altre vie:
perché è tratto essenziale della nozione di interesse legittimo, la sua irrisarcibilità".
32
TARULLO S., Il giusto processo amministrativo. Studio sull’effettività della
tutela giurisdizionale nella prospettiva europea, op. cit.: Secondo l'autore "malgrado il tentativo della Suprema Corte di radicare nella legislazione interna il proprio
révirement giurisprudenziale, il riconoscimento della generalizzata tutela risarcitoria in favore dell'interesse legittimo appare come la risultante di un chiaro effetto
spill-over del diritto comunitario, reso possibile soprattutto da una elaborazione
dottrinale fortemente incline al recepimento degli insegnamenti della Corte di giustizia, sotto lo specifico profilo della effettività/completezza della tutela".
Parte Seconda
227
tarie la risoluzione di problemi definitori delle posizioni soggettive cui
l’ordinamento europeo assicura protezione. Conseguentemente spetta
agli Stati membri la qualificazione di tali situazioni giuridiche, nel rispetto dei principi di effettività ed equivalenza della tutela33. Invero la
protezione erogata deve essere completa nonchè pienamente satisfattiva per il ricorrente34. Inoltre la tutela accordata dall’ordinamento interno non può essere inferiore a quella fruibile in ambito comunitario.
La legittimità di un sistema binario, quale il sistema italiano, fondato sulla coesistenza di diritti soggettivi e interessi legittimi è comprovata dalla stessa giurisprudenza comunitaria. Infatti, come argutamente sostenuto, “quando la Corte afferma (...) che una certa disposizione
del diritto comunitario ha efficacia diretta ed attribuisce al singolo
dei diritti che il giudice nazionale è tenuto a salvaguardare, essa non
intende dare al termine diritti una specifica e formale valenza che non
sia genericamente quella di situazioni giuridiche soggettive. E dunque
non intende né limitarsi ai diritti soggettivi, né trasformare in diritti
soggettivi tutte le situazioni giuridiche soggettive dei privati”35.
Pertanto l’ordinamento comunitario non impone agli Stati membri
un rimodellamento delle situazioni soggettive, avendo come unica
33
Questa tesi viene espressa dalla Corte di giustizia a partire dagli anni Sessanta
del secolo scorso nella pronuncia del 19 dicembre 1968, in C-13/68, Salgoil, in
Racc. 1968. Salva l'esigenza di "una tutela diretta e immediata" delle situazioni
soggettive conferite ai singoli dal diritto comunitario, "spetta all'ordinamento giuridico nazionale lo stabilire quale sia il giudice competente a garantire detta tutela e,
a tale effetto, il decidere come debba qualificarsi la posizione individuale in tal modo tutelata". In senso conforme Cgce, 17 settembre 1997, in causa C-54/96, Dorsch
Consult, in Racc. 1997.
34
PICOZZA E., Il processo amministrativo, op. cit.. FUMAGALLI L., La responsabilità degli Stati membri per la violazione del diritto comunitario,Giuffrè,
Milano, 2000. CINTIOLI F., Orientamenti della Corte di giustizia in tema di accesso al fatto del giudice amministrativo nazionale, in AA.VV., Sovranazionalità europea, posizioni soggettive e normazione, in Quad. Cons. Stato, Torino, 2000, 61.
35
TIZZANO A., Diritto comunitario e tutela giurisdizionale nel diritti interno,
la tutela risarcitoria degli interessi legittimi, in AA.VV., Attività amministrativa e
tutela degli interessati, l’influenza del diritto comunitario, in Quad. Cons. Stato, Torino, 1997.
228
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
premura il raggiungimento o la conservazione di determinati standards di tutela.
Da tali argomentazioni può evincersi che “la distinzione tra diritto
soggettivo ed interesse legittimo può tranquillamente continuare a sopravvivere negli ordinamenti nazionali che espressamente la contemplano, per quanto l’ordinamento comunitario non la conosca”36. Il sistema europeo non può desiderare “la scomparsa di un quid la cui esistenza esso giudica, a certe condizioni, neutrale”37.
Inoltre la dicotomia diritti soggettivi-interessi legittimi assume rilievo sul piano costituzionale ove assolve funzione dirimente per
l’assetto della giustizia e per il riparto tra plessi giurisdizionali.
Alla tesi che vorrebbe omologare diritti soggettivi e interessi legittimi38, può obiettarsi come l’art. 24 Cost. accomuni le due figure giuridiche solo quanto a pienezza ed effettività della tutela, sottintendendo per gli interessi legittimi diversità strutturali e legittimando una di-
36
STIPO M., L’interesse legittimo nella prospettiva storica, op. cit.. In giurisprudenza la stessa Corte di Cassazione ha più volte ribadito che la qualificazione di
ogni situazione giuridica soggettiva protetta dall’ordinamento deve essere effettuata
alla stregua dei criteri propri dell’ordinamento nazionale. Ex multis Cass. Sez. Un.,
14 marzo 1977, n. 1009, in Giur. it., 1977, I, 802. Cass. Sez. Un., 18 giugno 1981, n.
3967, in Foro it., 1981, I, 2157.
37
TARULLO S., Il giusto processo amministrativo. Studio sull’effettività della
tutela giurisdizionale nella prospettiva europea, op. cit.: "Non si vede in che modo
possa imputarsi all’interesse legittimo la pecca di costituire in sé un ostacolo alla
effettività della tutela. L’ostacolo si manifesta solo se e nella misura in cui
l’interesse legittimo viene dotato di un livello di protezione processuale non appagante, in termini di rimedi esperibili e di pronunce conseguibili dal giudice, di qualunque giudice si tratti".
38
Tra coloro che propongono un superamento della dicotomia diritti soggettiviinteressi legittimi MAZZAMUTO M., A cosa serve l'interesse legittimo?, in Dir.
proc. amm. n. 1 del 2012. CAVALLO B., Grandezza e miseria degli interessi legittimi; un’altra “storia italiana”, in AA.VV., Nuove forme di tutela delle situazioni
soggettive, Torino, 2003. LEDDA F., Polemichetta breve intorno all’interesse legittimo, in Giur. it., 1999, 2212. BENVENUTI F., Il nuovo cittadino. Tra libertà garantita e libertà attiva, op. cit.. ROMANO A., Sono risarcibili: ma perché devono
essere interessi legittimi?, op. cit..
Parte Seconda
229
versificazione delle tecniche di protezione (sia pur nel corso del tempo
sempre meno accentuate). Per tali motivi la distinzione, tutta italiana,
tra diritti soggettivi e interessi legittimi può considerarsi tuttora valida
nonchè perfettamente conforme ai principi comunitari.
In definitiva ad essere in via di superamento non è la figura
dell’interesse legittimo, arricchitasi di nuovi significati, bensì ad estinguersi sono le vecchie concezioni del medesimo (quelle di interesse meramente processuale e occasionalmente protetto). Oggi
l’interesse legittimo è da ritenersi, a tutti gli effetti, una posizione giuridica soggettiva avente natura sostanziale, distinta dal diritto soggettivo, ma ad esso equiordinata, quanto a possibilità di tutela giurisdizionale, in ossequio ai principi costituzionali e al diritto europeo.
4.4. La responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario da parte dei suoi organi: brevi cenni
Il principio della responsabilità dello Stato per violazione del diritto
comunitario rappresenta un importante baluardo della tutela delle situazioni giuridiche soggettive di fonte comunitaria. L'effettività e il
primato dell'ordinamento dell'Unione europea si misurano, infatti, attraverso gli strumenti processuali di reazione previsti nei singoli Paesi
membri per far fronte alla lesione dei diritti di matrice comunitaria39.
In assenza di rimedi il riconoscimento degli stessi equivarrebbe, viceversa, ad una mera petizione di principio.
Nel discorso de quo ben si inserisce la tematica della responsabilità
dello Stato per violazione del diritto comunitario da parte dei propri
organi. Infatti i diritti riconosciuti a livello europeo necessitano alle
volte di un'implementazione nei singoli Stati in virtù dell'incompletezza delle norme sovranazionali che li prevedono (tipico è il caso delle
direttive).
39
L'espressione diritti viene utilizzata come sinonimo di situazioni giuridiche
soggettive.
230
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Quanto alle modalità attuative, è fatto generale divieto agli organi
pubblici di porre in essere azioni, attive od omissive, idonee a ledere
quelle situazioni giuridiche riconosciute ai singoli dall'ordinamento
comunitario. Tradizionalmente gli Stati hanno frapposto ingiustificati
ostacoli al pieno esercizio dei diritti di fonte europea, trincerandosi in
caso di lesione dietro il privilegio dell'irresponsabilità.
La situazione è oggi radicalmente mutata con il riconoscimento al
singolo del potere di convenire di fronte al giudice domestico lo Stato
italiano per l'attività dei propri organi, chiedendo il risarcimento del
danno patito40. In questo modo si è giunti all'affermazione di un paradigma di responsabilità dello Stato in caso di violazione del diritto
comunitario da parte dei pubblici poteri. Si tratta, chiaramente, di una
fondamentale conquista giuridica per il civis, ottenuta all'esito di un
percorso tortuoso, non scevro di difficoltà.
In origine, infatti, il sistema europeo sanzionava solamente ab externo le violazioni del diritto comunitario da parte degli Stati, attraverso la procedura di infrazione promossa dalla Commissione europea. Meccanismo questo farraginoso ed ineffettivo che, anche a seguito
di condanna dello Stato dinanzi alla Corte di giustizia, poneva il problema dell'effettiva esecuzione della pronuncia. Il cittadino, pertanto,
rivestiva un ruolo meramente passivo, in quanto ad esso non era riconosciuto alcuno strumento di reazione avverso le lesioni cagionate dagli organi statuali ai diritti europei.
Nondimeno è stata la Corte di giustizia a dedicarsi nel corso degli
anni alla graduale costruzione di un principio di responsabilità degli
Stati direttamente azionabile, sul piano interno, da parte dei soggetti
danneggiati. A fronte di pregiudizi causati ai cives dalla violazione del
40
Sulla responsabilità dello Stato per violazioni del diritto comunitario perpetrate
dai propri organi, tra i vari contributi, SCIARRINO V., La responsabilità civile dello Stato per violazione del diritto dell'Unione, Ipsoa, 2012. FERRARO F., La responsabilità risarcitoria degli Stati membri per violazione del diritto comunitario,
Giuffrè, Milano, 2008. LAZARI A., Modelli e paradigmi della responsabilità dello
Stato, Giappichelli, Torino, 2005. CALZOLAIO E., L'illecito dello Stato tra diritto
comunitario e diritto interno, Giuffrè, Milano, 2004. FUMAGALLI L., La responsabilità degli Stati membri per la violazione del diritto comunitario, op. cit..
Parte Seconda
231
diritto comunitario, lo Stato, infatti, "a prescindere dalle conseguenze
del proprio comportamento nei confronti degli altri Stati membri e
della Comunità sul piano del diritto internazionale, è tenuto a risponderne patrimonialmente nei confronti del soggetto leso"41.
L'individuo, quale fulcro dell'ordinamento comunitario, assiste, così, alla progressiva estensione dei propri spazi di tutela. Invero, a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, il giudice di Lussemburgo, in
alcune pionieristiche pronunce42, inizia a riconoscere la responsabilità
delle istituzioni comunitarie e degli Stati membri per i danni arrecati
ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario, con conseguente obbligo per il danneggiante di rimuovere le conseguenze pregiudizievoli
arrecate in base alle previsioni di diritto interno. In questo modo la
protezione delle situazioni giuridiche di derivazione europea acquisisce, anno dopo anno, maggiore effettività43.
Una forma di responsabilità unitaria dello Stato viene ad essere
compiutamente delineata con la successiva sentenza Francovich44, se41
FERRARO F., La responsabilità risarcitoria degli Stati membri per violazione
del diritto comunitario, op. cit..
42
Cgce, 22 gennaio 1976, in causa C-60/75, Russo c. Aima, in Racc. 1976. Cgce,
27 febbraio 1980, in causa C-68/79, Hans just, in Racc. 1980. Cgce, 9 novembre
1983, in causa C-199/82, Amministrazione dello Stato c. San Giorgio, in Racc. 1983.
43
SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea, op. cit.: "L'ordinamento comunitario si preoccupa esclusivamente che la tutela delle situazioni giuridiche soggettive sia sempre piena ed effettiva. Tale finalità si raggiunge applicando i principi di effettività e di pienezza della
tutela che comprende perciò anche il profilo risarcitorio. In tal modo la Corte esalta
l'aspetto della responsabilità in termini di garanzia della tutela di tutte le situazioni
giuridiche soggettive fungendo, in questa circostanza, da stimolo nei confronti degli
Stati membri per una tutela effettiva di tutte le posizioni giuridiche".
44
Cgce, 19 novembre 1991, in cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich, cit..
SANDULLI I., La responsabilità dello Stato-amministrazione per violazione del diritto comunitario, fra istanze di certezza giuridica e tutela del principio dell'affidamento, Tesi di dottorato a.a. 2008/2009, facoltà di giurisprudenza, università di Tor
Vergata, in www.google.it: "La vera portata innovativa del caso Francovich sta nel
fatto che per la prima volta la responsabilità degli Stati, pur scaturendo da una lesione del diritto comunitario, viene radicata nelle giurisdizioni interne, in modo da
232
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
condo la quale ciascuno dei Paesi dell'Unione risponde per l'azione o
l'omissione dei propri organi interni, che siano espressione di un pubblico potere (legislativo, esecutivo, giudiziario).
Ciò accade in una pluralità di casi tra cui:
a) mancata applicazione di norme comunitarie non self-executing;
b) condotte di organi nazionali idonee a disconoscere o comprimere
diritti conferiti dall'ordinamento comunitario.
L'orientamento giurisprudenziale, volto ad incrementare la tutela
delle situazioni soggettive europee grazie all'applicazione dei rimedi
interni di ciascun ordinamento, riceve ulteriore impulso nelle sentenze
Hedley Lomas45 e Köbler46 che definiscono un sistema di responsabilità extracontrattuale dello Stato per fatto del potere non solo legislati-
non lasciare incompiuto il sistema di tutela dei singoli. L’aspetto più intrigante di
tale risposta sanzionatoria sta nel suo carattere “misto”, considerando che le sue
vicende nascono da presupposti “sovranazionali”, ma i suoi profili risarcitori si attuano a livello interno".
45
Cgce, 23 maggio 1996, in causa C-5/94, Hedley Lomas, in Racc. 1996. Con riferimento al caso de quo vedasi FERRARO F., La responsabilità risarcitoria degli
Stati membri per violazione del diritto comunitario, op. cit.: "Dalla risposta della
Corte si evince che il principio dell'indifferenza dell'organo che abbia causato il
danno si estende all'attività della pubblica amministrazione, senza che lo Stato possa opporsi all'obbligo risarcitorio che su esso grava per violazione del diritto comunitario". Sulla responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario ad
opera di un'autorità amministrativa anche Cgce, 28 giugno 2001, in causa C-118/00,
Larsy, in Racc. 2001.
46
Cgce, 30 settembre 2003, in causa C-224/01, Köbler, in Racc. 2003. Secondo i
giudici di Lussemburgo, la protezione delle situazioni giuridiche comunitarie "sarebbe affievolita se fosse escluso che i singoli possano, a talune condizioni, ottenere
un risarcimento allorchè i loro diritti sono lesi da una violazione del diritto comunitario imputabile a una decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado di uno
Stato membro". Dopo la pronuncia Köbler di grande importanza anche la sentenza
Traghetti del Mediterraneo (Cgce, 13 giugno 2006, in causa C-173/03, Traghetti del
Mediterraneo, in Racc. 2006). In senso conforme Cgce, sez. III, 24 novembre 2011,
in causa C-379/10, Commissione europea c. Repubblica italiana, in
www.curia.europa.eu.
Parte Seconda
233
vo47, ma anche esecutivo e giudiziario.
Le condizioni per l'esperibilità, da parte dei soggetti lesi, di un'azione risarcitoria avverso lo Stato nelle ipotesi di violazione del diritto
comunitario sono elaborate dalla Corte di giustizia48 e si identificano
nella:
1) idoneità della norma comunitaria violata a conferire diritti ai
singoli;
2) violazione grave e manifesta del diritto comunitario;
3) sussistenza di un nesso di causalità tra la violazione dell'obbligo
posto a carico dello Stato e il danno patito dal singolo.
Il concorso di tali condizioni attribuisce al danneggiato il diritto al
risarcimento dei danni, un diritto che nasce nell'ordinamento comunitario ma è azionabile davanti al giudice nazionale, sempre che le rego47
Dopo la sentenza Francovich, Cgce, 5 marzo 1996, in causa C-46/93 e 48/93,
Brasserie du Pêcheur e Factortame III, cit.. Il principio della responsabilità dello
Stato membro per fatto del legislatore sembra far cadere in Italia l'antico dogma della insindacabilità del potere legislativo quale potere politico libero nei fini. In realtà
l'aggiunta di un superiore livello di regolazione sposta in ambito comunitario il problema della sindacabilità del potere, sicchè le scelte del legislatore nazionale risultano nei fatti vincolate assumendo contenuto meramente attuativo. Sul punto CARINGELLA F., Manuale di diritto amministrativo, op. cit..
48
Ex plurimis, Cgce, 12 settembre 2006, in causa C-300/04, Eman e Sevinger, in
Racc. 2006: “Il principio della responsabilità di uno Stato membro per danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili è inerente al sistema del Trattato e uno Stato membro è tenuto a risarcire i danni causati allorché
la norma giuridica violata abbia lo scopo di conferire diritti agli individui, la violazione sia sufficientemente qualificata ed esista un nesso causale diretto tra la violazione dell’obbligo posto a carico dello Stato e il danno subito dai soggetti lesi; non
si può tuttavia escludere che la responsabilità dello Stato possa essere accertata a
condizioni meno restrittive sulla base del diritto nazionale; con riserva del diritto al
risarcimento che trova direttamente il suo fondamento nel diritto comunitario, nel
caso in cui le condizioni indicate siano soddisfatte, è nell’ambito delle norme del
diritto nazionale relative alla responsabilità che lo Stato è tenuto a riparare le conseguenze del danno provocato, fermo restando che le condizioni stabilite dalle legislazioni nazionali in materia di risarcimento dei danni non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano reclami analoghi di natura interna, e non possono
essere congegnate in modo da rendere praticamente impossibile o eccessivamente
difficile ottenere il risarcimento”.
234
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
le processuali di diritto domestico non prevedano un trattamento peggiorativo rispetto a quanto statuito per analoghe situazioni interne. Si
tratta di condizioni minime, intangibili in peius, ma derogabili in melius dagli Stati attraverso la previsione di standards di tutela più elevati. In questo modo il diritto comunitario stabilisce le condizioni dell'azione risarcitoria anche se al diritto interno è affidata la concreta disciplina degli aspetti procedurali (giudice competente, termini di decadenza e prescrizione, entità del risarcimento) nell'osservanza dei
principi di equivalenza ed effettività della tutela.
Quanto all'effettività del rimedio risarcitorio, la Grande Sezione
della Corte di Giustizia, in una nota pronuncia del 2007, ha richiesto
che il ristoro della lesione dei diritti individuali sia effettivo, adeguato
al danno subito e non eccessivamente oneroso49.
In definitiva il primato nonchè l'efficacia diretta delle norme comunitarie hanno accresciuto la protezione delle situazioni giuridiche europee, rendendo queste ultime azionabili dai singoli dinanzi alle giurisdizioni domestiche a fronte di lesioni perpetrate da organi dello Stato.
49
2007.
Cgce, 17 aprile 2007, in causa C–470/03, A.G.M.-COS.MET S.r.l., in Racc.
Parte Seconda
235
CAPITOLO V
L’AZIONE AMMINISTRATIVA NELLA NUOVA
ERA DEI RAPPORTI TRA AUTORITÀ E LIBERTÀ
Sommario: 5.1. La democratizzazione dei pubblici poteri e l'estensione delle
garanzie procedimentali nella legge 241 del 1990: un nuovo modo di intendere i rapporti tra potere pubblico e amministrati. 5.2. L'evoluzione del
principio di legalità da una concezione meramente formale ad una nuova
legalità di risultato. 5.2.1. Le illegittimità non invalidanti ex art. 21octies. 5.3. Il sindacato del giudice sulla violazione del principio di proporzionalità nell'azione amministrativa.
5.1. La democratizzazione dei pubblici poteri e l’estensione delle
garanzie procedimentali nella legge 241 del 1990: un nuovo
modo di intendere i rapporti tra potere pubblico e amministrati
Negli anni Novanta del XX sec. l’ordinamento amministrativo viene investito da una impetuosa trasformazione50, che destrutturando il
50
CASSESE S., Le amministrazioni pubbliche tra XX e XXI sec., in www.irpa.it:
"I mutamenti piu importanti sono tre. Il primo è costituito dal cambiamento del contesto in cui le amministrazioni pubbliche operano: una volta questo era esclusivamente nazionale; ora esso è piu ampio. Il secondo riguarda la torsione alla quale le
amministrazioni pubbliche sono sottoposte: una volta esse erano al servizio del corpo politico, ora debbono ascoltare direttamente la società. Il terzo attiene alla relazione pubblico-privato, in passato retta dal principio di dominazione-
236
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
mito dell’“immortalità” e della supremazia della P.A.51, ridimensiona
i profili autoritativi ed imperativi dell’esercizio del potere, ampliando
la partecipazione dei destinatari anche attraverso l’uso di moduli consensuali52. Infatti il “temperamento degli aspetti più autoritativi
dell’azione amministrativa” segna l’avvento di un nuovo modo di
amministrare che affianca, sempre più, agli strumenti provvedimentali
negozi di diritto privato.
Può dirsi, così, definitivamente compiuta la transizione dallo Stato
liberale monoclasse allo Stato sociale democratico e pluriclasse, che
identifica nel procedimento amministrativo la sede privilegiata di acquisizione, confronto e ponderazione della varietà degli interessi sociali.
Infatti “le categorie dogmatiche imperniate sulla prevalenza degli
atti autoritativi, elaborate nel corso dell’esperienza liberale, sono andate gradualmente rivelandosi inadeguate in rapporto ai mutamenti in
atto nella società e che, via via, si sono riflessi anche nell’evoluzione
delle istituzioni”53 e nel modo di agire delle amministrazioni54. Si è assubordinazione, ora sottoposta al principio di collaborazione".
51
MAYER O., Deutsches Verwaltungsrecht, vol. I, (1894) Berlin, III ed., 1923
(rist. 1961).
52
CANGELLI F., Potere discrezionale e fattispecie consensuali, Giuffrè, Milano, 2004: "Il contrattualismo è stato considerato come l’ideale prosecuzione delle
logiche partecipative del procedimento amministrativo, al quale va riconosciuto il
ruolo storico di passaggio fra il principio dell’atto unilaterale e autoritativo e quello dell’atto contrattuale tendenzialmente paritario".
53
D’ANGIOLILLO P., Accordi amministrativi e programmazione negoziata nella prospettiva del potere discrezionale, Edizioni scientifiche, Napoli, 2009.
54
Con riferimento ai lavori preparatori della l. 241/90 PASTORI G., Interesse
pubblico e interessi privati fra procedimento, accordo e autoamministrazione, in
Scritti in onore di P. Virga, tomo II, Giuffrè, Milano, 1994: "È noto che la Commissione Nigro, che ebbe a redigere il primo schema (o i primi schemi) della legge, aveva ricevuto il mandato di elaborare una normativa in grado, prima di tutto, di realizzare un miglioramento dei rapporti fra cittadini e amministrazione in grado in
particolare di contribuire ad eliminare (...) autoritarismi, imperscrutabilità e immotivate lentezze dell'amministrazione nei confronti dei cittadini, democratizzando e
insieme semplificando a tal fine i procedimenti".
Parte Seconda
237
sistito, pertanto, all’ampliamento della categoria degli interessi giuridicamente rilevanti nel procedimento e più in generale nell’attività
amministrativa55.
Con il crollo del muro che separava società civile e autorità amministrative, cresce il numero degli interessi privati valutati e bilanciati
nel concreto dispiegarsi del potere56.
L’azione amministrativa, da sempre luogo di confronto tra interessi
eterogenei e diseguali, non vede più la prevalenza automatica e a priori dell’interesse pubblico. Esso infatti, non è più astrattamente configurato quale interesse necessariamente superiore, ma deve essere ponderato dall'autorità, di volta in volta ed in concreto, con gli altri interessi pubblici e privati in rilievo57.
In questo contesto ben si spiega la valorizzazione della figura
dell'interesse legittimo, quale situazione soggettiva sostanziale, parificata, quanto a possibilità di tutela, al diritto soggettivo.
Il tradizionale modus agendi dell’amministrazione, imperniato
sull’unilateralità e tendenziale segretezza delle manifestazioni del po55
COMPORTI G., Il coordinamento infrastrutturale. Tecniche e garanzie, Milano, 1996, secondo il quale con il tramonto dello Stato monoclasse si assisterebbe,
altresì, alla eclissi dello "Stato-Cittadella", in cui l’amministrazione è separata dalla
società ed arroccata nella protezione di taluni interessi, con conseguente esclusione
di tutti gli altri.
56
In giurisprudenza, ex plurimis, Tar Lazio Roma, sez. I, 28 dicembre 2007, n.
14141, in www.giustizia-amministrativa.it.
57
D’ANGIOLILLO P., Accordi amministrativi e programmazione negoziata nella prospettiva del potere discrezionale, op. cit.. PORTALURI P., Potere amministrativo e procedimenti consensuali, Studi sui rapporti a collaborazione necessaria,
Milano, 1998. Per l’autore “l’acquisita consapevolezza della inesistenza di un interesse pubblico normativo comporta l’impossibilità di ascrivere alla p.a. la titolarità
di posizioni sostanziali necessariamente preminenti: di qui l’inevitabile crisi del
modello classico in cui l’amministrazione si trovava a effettuare un confronto fra
interessi omogenei nel contenuto, ma diseguali nel rango”. STICCHI DAMIANI E.,
Attività amministrativa consensuale e accordi di programma, Milano, 1992:
L’amministrazione non è più “olimpicamente deputata alla cura di un interesse
pubblico sofisticato e astratto, che pare spesso ignorare la stessa esistenza degli interessi privati che pure pressantemente lo accerchiano”.
238
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
tere, vede nella nascita del diritto comunitario un fattore di crisi profonda o quantomeno una causa della propria metamorfosi.
L’ordinamento europeo condiziona fortemente la funzione amministrativa ed in particolare il procedimento quale sua estrinsecazione 58.
Sono proprio gli elementi essenziali dell’iter procedimentale ad essere
completamente trasfigurati dall’influenza, diretta e riflessa, dei principi comunitari che ne ridisegnano struttura e finalità.
L’ordinamento italiano si è lentamente adeguato alla nuova prospettiva comunitaria dei rapporti tra potere pubblico e situazioni soggettive individuali, nella quale il momento della libertà dialoga ormai
alla pari con il momento dell’autorità. Il diritto amministrativo “da diritto dell’amministrazione diviene diritto sull’amministrazione, nel
senso che si impone ad essa in funzione dei diritti dei cittadini”(Cassese S.).
La tradizionale concezione statocentrica è sostituita dalla visione
democratica e pluralista della Costituzione del ’48, che viene successivamente a ricevere, grazie alle spinte comunitarie, piena attuazione
nella legge generale sul procedimento degli anni Novanta. La l.
241/90, fortemente pervasa dai principi della giurisprudenza europea,
accoglie, infatti, un nuovo modello “antropocentrico di rapporto giuridico fra cittadino e amministrazione”59.
58
BENVENUTI F., Appunti di diritto amministrativo, op. cit., secondo cui il
procedimento è “la forma della funzione amministrativa”, ossia il meccanismo attraverso il quale “il potere si fa atto”.
59
SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea. op. cit.. Secondo l'autrice "il rapporto giuridico tra amministrazione pubblica e cittadino merita di essere sottoposto a nuove riflessioni come conseguenza, da un lato, dell'evoluzione dell'ordinamento comunitario che accoglie la
tutela dei diritti del cittadino come principi e valori fondamentali e, dall'altro, come
effetto della più stretta integrazione tra il diritto amministrativo comunitario e i diritti amministrativi nazionali". Sul ruolo della l. 241/90 vedasi CARTABIA M., La
tutela dei diritti nel procedimento amministrativo: la legge n. 241 del 1990 alla luce
dei principi comunitari, op. cit.: "La legge italiana sul procedimento amministrativo, presa nel suo complesso, rivela un disegno globale dei rapporti tra società e
pubbliche autorità, che indubbiamente tende a realizzare una maggiore compenetrazione tra queste due entità. Basti pensare a titolo di esempio alle norme sull'ac-
Parte Seconda
239
L’emersione degli interessi privati nel procedimento si attua mediante la valorizzazione degli istituti partecipativi che rendono i c.d.
amministrati coautori, insieme all’amministrazione, delle scelte pubbliche60. Può dirsi pertanto quasi realizzato l'auspicio di Benvenuti in
ordine alla nascita di "un ordinamento amministrativo paritario". Ma
le innovatrici influenze comunitarie non si arrestano certo all’obiettivo
della partecipazione.
L’ordinamento europeo vuole innovare l’azione pubblica rendendola non solo più democratica e partecipata, ma anche più celere ed efficace. Tali auspici vengono tradotti dal legislatore italiano verso la fine
del XX sec. in una serie di riforme amministrative (legge generale sul
procedimento, privatizzazioni degli enti pubblici, separazione tra politica e amministrazione).
Ma è soprattutto la l. 241/90 ad esprimere quel cambio di paradigma del ruolo e della funzione della P.A., fermamente voluto dall'ordinamento sovranazionale. Tale metamorfosi è provocata dalla tracimazione dei principi comunitari nell'ordinamento italiano. In particolare i
principi della certezza del diritto, del giusto procedimento, di proporzionalità, di tutela del legittimo affidamento hanno colmato le distanze
siderali tra soggetto pubblico e soggetti privati in una nuova dialettica
ispirata alla compartecipazione e alla tendenziale paritarietà delle decisioni61.
Prova tangibile della rinnovata filosofia amministrativa si rinviene
nella novella del Titolo V (l. cost. 3 del 2001) che imprime
cesso ai documenti amministrativi, alla trasparenza che si vuole garantire attraverso le norme sui responsabili, alla possibilità di stipulare accordi sostitutivi di provvedimenti ecc...(...) La legge sembra mirare innanzitutto ad una maggiore democraticità-intesa in senso ampio-della pubblica amministrazione, attraverso il riavvicinamento della autorità alla società".
60
Sulla valorizzazione dei principi del giusto procedimento, a seguito delle modifiche introdotte dalla l. 15/2005 alla l. 241/90 CINTIOLI F., Nuovo procedimento
amministrativo e principi costituzionali, in Quad. cost. n. 3 del 2005, 648. GIARDINO E., Partecipazione al procedimento, in La nuova disciplina dell'azione amministrativa, a cura di R. Tomei, Cedam, 2005.
61
GRASSO O., I principi generali dell'attività amministrativa, in Il procedimento amministrativo, a cura di M. Corradino, Giappichelli, Torino, 2010.
240
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
un’accelerazione alle riforme in atto, consacrando a livello costituzionale il principio di sussidiarietà orizzontale (art. 118 ult. co. Cost.)62,
specchio di una nuova visione delle relazioni tra il potere ed i destinatari dell'azione amministrativa.
Tutto ciò ha consentito la transizione da “un rapporto fra istituzioni
e cittadini di tipo verticale, bipolare, gerarchico e unidirezionale ad
una relazione orizzontale, multipolare, paritaria e circolare; da un
rapporto fondato sulla separazione ad una relazione fondata sulla leale collaborazione tra pubblica amministrazione e privati”63.
La democratizzazione dell’azione amministrativa valorizza, così, il
momento dell’istruttoria procedimentale, quale luogo di confronto,
acquisizione e ponderazione dei fatti e degli interessi, pubblici e privati, primari e secondari in rilievo64. In questo modo “al riconoscimento
della cittadinanza politica inizia a seguire il riconoscimento (...) della
62
Sulla capacità del principio di sussidiarietà orizzontale di far transitare i cittadini "dal ruolo di utenti a quello di cittadini attivi, responsabili e solidali" si rinvia a
AA.VV., Il valore aggiunto. Come la sussidiarietà può salvare l'Italia, a cura di Arena G.-Cotturri G., Carocci, 2010: "È il principio di sussidiarietà orizzontale, che
considera i cittadini come potenziali alleati delle istituzioni, disposti ad introdurre
nella sfera pubblica il valore aggiunto rappresentato dalle loro competenze, idee ed
esperienze".
63
D’ANGIOLILLO F., Accordi amministrativi e programmazione negoziata nella prospettiva del potere discrezionale, op. cit.. In tema di collaborazione procedimentale anche TARULLO S., Il principio di collaborazione procedimentale: solidarietà e correttezza nella dinamica del potere amministrativo, op. cit.: "L'amministrazione nasce per collaborare con il cittadino, verso il quale deve istituzionalmente
assumere un atteggiamento di servizio che si traduce in prima istanza proprio nella
valorizzazione del suo ruolo partecipativo". In giurisprudenza, a titolo esemplificativo, Tar Liguria, sez. I, 18 marzo 2004, n. 267, in www.giustizia-amministrativa.it.
64
COTZA P., Potere autoritativo e modelli consensuali nel diritto dell'amministrazione pubblica, Jovene, Napoli, 2007. Secondo l'autore "l'amministrazione riposte le vesti di sovrana (cui è connaturato l'imporre) assume il ruolo più dimesso (ma
consono alla sovranità popolare) di (attività di) servizio, cui è connaturato lo scegliere. Ciò che si realizza, in più alto grado, nella sede procedimentale; con un spostamento del baricentro dell'attività amministrativa dall'atto all'iter di elaborazione
della decisione (istruttoria intesa in senso lato)".
Parte Seconda
241
cittadinanza amministrativa”65. Una cittadinanza che si compone di
una pluralità di situazioni giuridiche soggettive, tese a rafforzare il
ruolo dell'individuo nei confronti del potere.
L'integrazione europea esalta, dunque, l'amministrato quale titolare
di situazioni giuridiche soggettive nei confronti dell'autorità pubblica.
Tale assetto riceve un’ulteriore potenziamento nel 2005 con l'espresso rinvio da parte della l. 241/90 ai principi comunitari quale parametro di legittimità dell’intera azione amministrativa. L’art. 1,
comma 1, infatti, testualmente recita: “l’attività amministrativa…è
retta…dai principi dell’ordinamento comunitario”. Il rinvio ai principi
dell’ordinamento europeo va inteso come un rinvio di tipo formale (o
non recettizio), quindi riferibile non solo a principi attuali (scritti e
non), ma anche a principi futuri66. La previsione non costituisce, però,
una novità in senso assoluto, poichè un richiamo ai principi comunitari, quale canone generale dell’azione amministrativa, era già contenuto
in precedenti disposizioni a carattere settoriale67.
L’importanza della nuova disposizione risiede, soprattutto,
nell’estensione dell’ambito applicativo dei principi europei, in virtù
65
L’espressione è di Cassese S. ed è ripresa da LONGOBARDI N., La legge n.
15/2005 di riforma della l. n. 241 del 90: una prima valutazione, in
www.giustamm.it. Più in generale sul tema della cittadinanza e sui diritti ad essa
connessi BELLAMY R.-PALUMBO A. (eds), Citizenship, Farnham, Ashgate,
2010. LA TORRE M., Cittadinanza e ordine politico. Diritti, crisi della sovranità e
sfera pubblica: una prospettiva europea, Giappichelli, Torino, 2004.
66
Si tratta di un rinvio aperto, dinamico e flessibile che ricomprende tutti i principi comunitari sia generali che settoriali. Dal rinvio, a rigore, rimarrebbero escluse
le regole comunitarie le quali, ciononostante trovano comunque applicazione in ambito amministrativo, imponendosi sulla normativa nazionale eventualmente confliggente, in virtù dei principi del primato e dell'efficacia diretta dell'ordinamento comunitario. In tema MASSERA A., I principi generali dell’azione amministrativa tra
ordinamento nazionale e ordinamento comunitario, op. cit..
67
Art. 1, comma 4, l. 10 ottobre 1990, n. 287, l’art. 56, comma 2, l. 142/1990–
ora art. 192, comma 2, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, l’art. 1, comma 1, l. 23 agosto
2004, n. 239, e l’art. 20, comma 8, l. 15 marzo 1997, n. 59, rispettivamente in tema
di tutela della concorrenza, di contratti delle autonomie locali, di sistema elettrico
nazionale e di semplificazione dei procedimenti amministrativi.
242
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
della loro inserzione nella legge generale sul procedimento. Il legislatore italiano ha compiuto, infatti, una scelta ordinamentale ben precisa: applicare i principi comunitari sempre e comunque anche in ambiti
di rilievo esclusivamente nazionale68. Tali principi ricevono in questo
modo un’applicazione generalizzata che si estende all’intera azione
della P.A. (e dei soggetti ad essa equiparati), abbracciando tanto
l’attività iure imperii quanto l'attività iure privatorum.
La soggezione alla nuova legalità comunitaria sottopone le pubbliche potestà nazionali ad un obbligo di attuazione dei principi
dell’Unione europea. In primo luogo l’amministrazione è chiamata ad
implementare la disciplina comunitaria, cercando di render compatibile il diritto interno ai dettami europei (interpretazione conforme) e, in
caso di insanabile contrasto, disapplicando la norma interna, e per taluni, anche l’atto amministrativo, in conflitto. Si assiste, così, ad una
attività interpretativa rivoluzionaria e senza precedenti, inimmaginabile alla stregua dei tradizionali principi di stretta legalità formale e di
divisione dei poteri.
Avendo la maggior parte dei principi comunitari natura pretoria, la
P.A. "è tenuta a dare attuazione amministrativa anche alle sentenze
interpretative della Corte di giustizia, in relazione all’efficacia vincolante che deve essere ad esse attribuita; e ciò non solo attraverso
l’istituto della non applicazione della norma interna in contrasto con
il diritto comunitario come interpretato dalla Corte, ma anche attraverso l’adozione di atti amministrativi che consentano di eliminare le
68
CERULLI IRELLI V., La nuova legge sul procedimento amministrativo, in Le
nuove regole dell’azione amministrativa, a cura di G. Sciullo, Bononia University
Press, Bologna, 2006. Anche BONOMO A., I principi dell'ordinamento comunitario relativi all'attività amministrativa, in AA.VV., Aspetti dell'attività amministrativa dopo la riforma della legge sul procedimento, a cura di D. Mastrangelo, Aracne,
Roma, 2006. Secondo l'autrice "l'inserimento dei principi dell'ordinamento comunitario è un ulteriore sintomo della crisi del modello statuale, da tempo non più esclusivo depositario della qualificazione giuridica, che vede incrinarsi un altro dei suoi
baluardi: la regolazione dell'esercizio del potere. L'esercizio del potere amministrativo nazionale, fino ad oggi tenuto, nelle attività estranee alla competenza comunitaria, soltanto al rispetto della normativa interna, diventa sindacabile anche per l'eventuale violazione dei principi del diritto comunitario".
Parte Seconda
243
situazioni di accertato" conflitto con la normativa sovranazionale69.
In definitiva all'interno del sistema giuridico italiano la P.A. è vincolata nell'esercizio della funzione all'osservanza dei principi generali
dell'ordinamento comunitario scritti e non. Principi che gradualmente
ma inesorabilmente trasformano l'amministrazione da "macchina
dell'obbedienza" che impone dall'alto i propri comandi a corpo integrato nella società civile, che agisce attraverso meccanismi di compliance su un piano di tendenziale parità con gli amministrati.
5.2. L’evoluzione del principio di legalità da una concezione meramente formale ad una nuova legalità di risultato
Agli inizi del XXI sec. può considerarsi ormai superato il vecchio
modello weberiano di amministrazione fondato sui dogmi della legalità formale, dell’autorità e della gerarchia70. L’approccio antiformalistico e pragmatico, di matrice comunitaria, che pervade in profondità
il diritto amministrativo italiano, segna il tramonto degli idola fori del
positivismo giuridico71 e, segnatamente, del principio di legalità formale. Difatti è oggi in via di affermazione una nuova forma di legalità,
(o, meglio, legittimità), votata al risultato, che assurge al ruolo di stella polare dell’azione amministrativa72.
69
ASTONE F., Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, op.
cit..
70
WEBER M., Economia e società, Vol. II, Edizioni di Comunità, Milano, 1961
(anno ed. orig. 1922).
71
Sulle tendenze antipositiviste in atto nel diritto amministrativo CIVITARESE
MATTEUCCI S., Miseria del positivismo giuridico? Giuspositivismo e scienza del
diritto pubblico, in Dir. pubbl. 2006, 685.
72
SPASIANO M.R., Funzione amministrativa e legalità di risultato, Giappichelli, Torino, 2003. BIN R., Lo Stato di diritto, il Mulino, 2004. Secondo l’autore “molti ritengono che la legalità dell’amministrazione sia un principio superato. In uno
Stato prestazionale (è uno dei tanti appellativi elargiti allo Stato sociale contempo-
244
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Il tema si inquadra nel profondo processo di riforma che, a partire
dagli anni Novanta del XX sec., ha ridisegnato, secondo una filosofia
manageriale-aziendalistica, l’azione della P.A., disancorandola dai
metodi burocratico-formali del passato.
In special modo la l. 241/90 assoggetta il procedimento amministrativo al rispetto, tra gli altri, dei principi di economicità, efficacia,
buon andamento, manifestando, così, un’accentuata propensione al
perseguimento del risultato piuttosto che all’osservanza delle forme.
Invero “all’interno di un panorama legislativo composito in cui si
parla in modo promiscuo di efficienza, efficacia, economicità e risultato”, quest'ultimo diviene un “concetto in un certo senso riassuntivo
degli altri”73.
Se, da un lato, una declinazione efficientistica del principio di buon
andamento consente di migliorare la funzione amministrativa intesa
come servizio alla collettività, dall’altro, si corre il rischio di sacrificare sull’altare del risultato il principio di legalità formale, ossia
l’osservanza del procedimento e delle sue regole74.
Il fascino della semplificazione reca in sé il pericolo di un potenziaraneo) non si possono imporre all’amministrazione i lacci e laccioli del rispetto di
regole sparse qua e là in un ordinamento legislativo complesso, ridondante e confuso, che ne ritarderebbe e complicherebbe l’attività. L’amministrazione deve agire
per progetti, per programmi, per accordi, piuttosto che per atti formali; deve preoccuparsi dei risultati della propria azione, della sua efficacia ed economicità, non del
rispetto di schemi formali e di ritualità procedurali”.
73
ZITO A., Il risultato nella teoria dell’azione amministrativa, in Principio di
legalità e amministrazione di risultati, Giappichelli, Torino, 2004. Il risultato “impone dunque che l’azione amministrativa si svolga secondo i canoni dell’efficienza e
dell’efficiacia ossia con il migliore uso possibile dei mezzi e delle risorse disponibili
(l’efficienza) e con il grado maggiore di soddisfazione degli obiettivi perseguiti ed in
ultima analisi alle domande sociali (l’efficacia)”. Su questa definizione concordano
CAMMELLI M., Amministrazione di risultato, in Annuario AIPDA 2002, Milano,
2003. IANNOTTA L., Previsione e realizzazione del risultato nella pubblica amministrazione: dagli interessi ai beni, in Dir. amm., 1999. LANE J.E., L’evoluzione
della pubblica amministrazione: dall’approccio “amministrativo” all’approccio
manageriale, in Probl. amm. pubbl., 1995, 537.
74
ROMANO TASSONE A., Sulla formula “amministrazione per risultati”, in
Scritti in onore di Elio Casetta, op. cit..
Parte Seconda
245
le pregiudizio per quelle situazioni giuridiche soggettive che proprio
le regole procedimentali hanno cura di proteggere75. Infatti “non è
condivisibile l’azione di quell’amministrazione che abbia deciso pretermettendo i canoni della legittimità e le sue regole fondanti”76. Inoltre un modus agendi che bypassi l'osservanza delle prescrizioni formali in funzione del risultato, condurrebbe ad un decisionismo esasperato, lesivo dei valori partecipativi, e dunque in conflitto con le stesse
finalità che la legge sul procedimento mira a conseguire.
La sede procedimentale deve essere, viceversa, luogo di sintesi e
conciliazione delle opposte esigenze della legalità formale e del risultato. Solo in questo modo l'esercizio della funzione amministrativa
può essere in grado di assicurare al meglio il soddisfacimento degli interessi pubblici in rilievo.
Il concetto di amministrazione di risultato si afferma, in Italia, come detto, a partire dagli anni Novanta del secolo scorso77, in un quadro di ristrutturazione dell’azione pubblica all’insegna dell’efficienza,
dell’efficacia e della economicità78.
75
Sui pericoli di un’accentuata semplificazione procedimentale CASSESE S., La
semplificazione amministrativa e l’orologio di Taylor, in Riv. trim. dir. pubbl.,
1998: "Le procedure amministrative hanno implicazioni non esclusivamente produttive, perché servono a garantire diritti, o aspettative che non possono essere misurati solo con l’orologio di Taylor".
76
MARENGHI E.M., Procedimenti e processualprocedimento, op. cit..
77
ROMANO TASSONE A., Sulla formula “amministrazione per risultati”, in
Scritti in onore di Elio Casetta, op. cit.. In realtà, come fa notare l’autore,
l’espressione amministrazione per risultati viene introdotta negli anni Sessanta del
secolo scorso da Giannini in contrapposizione alla c.d. amministrazione per atti, con
un significato descrittivo, dunque, ben diverso da quello assunto a partire dagli anni
Novanta.
78
SICILIANO F., La legalità amministrativa (comunitaria e interna) e certezza
del diritto: riflessi sui rapporti amministrativi e istituzionali, op. cit.. SALVATORE
P., I nuovi orizzonti del principio di legalità, in Cons. Stato, 2006, III, 1621. Secondo l’autore il concetto di legalità, dilatatosi a dismisura nel corso dei decenni, non va
inteso più solo "come primato della legge e come legittimazione necessaria
all’esercizio della funzione amministrativa (legalità formale)", bensì deve essere
concepito "come garanzia di rispetto dei valori sostanziali derivanti dalla previa
246
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
La formula amministrazione di risultato “esprime ormai un vero e
proprio nucleo normativo, di valore propriamente costituzionale, alla
cui stregua ci si propone di inquadrare e risolvere la disciplina positiva dell’intero diritto amministrativo italiano”79. La logica del risultato permea oramai l’intera azione pubblica80, donde la profonda rivisitazione di tecniche e modalità dell’agire amministrativo81.
Se in passato veniva considerato elemento esterno all’atto e ai suoi
effetti giuridici82, oggi il risultato è inglobato nel principio di legalità
conformazione, nei contenuti e negli effetti, dello svolgimento della funzione amministrativa (legalità sostanziale)".
79
ROMANO TASSONE A., Sulla formula “amministrazione per risultati”, in
Scritti in onore di Elio Casetta, op. cit., secondo cui il raggiungimento del risultato
sarebbe la più tangibile concretizzazione del principio del buon andamento (art. 97
Cost.).
80
IANNOTTA L., Previsione e realizzazione del risultato nella pubblica amministrazione: dagli interessi ai beni, op. cit.. D’ORSOGNA M., Teoria dell’invalidità
e risultato, in Principio di legalità e amministrazione di risultati, op. cit.: "Il risultato opera non solo come il principale elemento di conformazione e funzionalizzazione
dell’operato della pubblica amministrazione verso il soddisfacimento delle istanze
sociali; ma anche, e soprattutto, come criterio direttivo nella interpretazione delle
regole (di tutte le regole che compongono il sistema normativo), al fine di individuare quella da applicare nella fattispecie concreta. In altri termini: il risultato opera
come criterio per sciogliere in una visione teleologica la tensione tra prescrizioni,
che, nel (solo) tenore letterale, legittimerebbero (la vigenza di) un assetto di interessi inaccettabile dal punto di vista della giustizia sostanziale".
81
ZITO A., Il risultato nella teoria dell’azione amministrativa, in Principio di
legalità e amministrazione di risultati, op. cit.: Secondo l’autore l’amministrazione
di risultato detta “una profonda rivisitazione delle tradizionali tecniche interpretative: si attenua in primo luogo la gerarchia dei criteri interpretativi contenuti nelle
preleggi; si complica il processo decisionale perché esso deve avvenire miscelando
con prudenza norme e fatti concreti; infine (...) il risultato può essere controllato
sulla base di criteri diversi rispetto al controllo di legittimità, non già in un’ottica di
esclusione dell’un controllo rispetto all’altro, ma in un’ottica di complementarietà”.
82
CERULLI IRELLI V., Invalidità e risultato amministrativo, in Principio di legalità e amministrazione di risultati, Giappichelli, Torino, 2004. Nonostante il risultato tenda tradizionalmente a coincidere con una trasformazione del mondo materiale conseguente all’effetto giuridico, identificandosi in un quid di esterno all’atto, “vi
Parte Seconda
247
come parametro di valutazione dell’esercizio del potere83. Il risultato
diviene criterio orientativo della funzione discrezionale e bussola per
l’interprete in vista della scelta maggiormente satisfattiva tanto dell'interesse pubblico quanto degli interessi privati84. L’amministrazione
deve essere, dunque, performance-oriented, anche perchè gli amministrati pretendono da essa risultati concreti. Si registra, infatti, una vera
e propria "pretesa del cittadino ad una amministrazione di risultato"
(Sanna Ticca E.)
È evidente, allora la svolta epocale che sta trasformando la legalità
"da presidio giuridico dell’azione amministrativa in parametro di valutazione (...) sostanziale dai connotati economico-aziendali"85.
La nuova legalità amministrativa incentrata sul risultato risente profondamente dell'influenza dei principi comunitari, che hanno ribadito
la centralità delle prerogative del civis coinvolto nell'esercizio del potere. La tradizionale legalità formale viene scalzata da una diversa legalità teleologicamente deputata ad assicurare agli amministrati la realizzazione dei beni della vita cui essi aspirano86.
sono tuttavia dei casi, emersi nell’esperienza recente e correttamente evidenziati in
dottrina, in cui la considerazione del risultato si può tradurre anche in un requisito
di legittimità dell’azione amministrativa”.
83
SPASIANO M.R., Funzione amministrativa e legalità di risultato, op. cit.: "Il
mancato perseguimento di un risultato costituisce di per sé esercizio illegittimo
dell’azione. Il risultato, infatti, non si colloca fuori né in posizione posticipata rispetto all’esercizio della funzione amministrativa. Al contrario esso la permea e la
connota".
84
In proposito osserva SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea, op. cit., che "la lettura dell'art. 1 della legge 241/90 permette di configurare l'azione amministrativa come attività volta all'ottimizzazione dei risultati quasi in un'ottica di gestione aziendale e nella prospettiva
di un'amministrazione di spettanza".
85
SORICELLI G., Considerazioni sulla class-action amministrativa nella amministrazione di risultato, in www.giustamm.it, 2011.
86
PASTORI G., La disciplina generale dell'azione amministrativa, in
www.astrid-online.it, 2002: "Gli scopi a cui l'amministrazione è ordinata corrispondono ad altrettanti interessi, utilità, beni della vita del cittadino".
248
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
La legalità si orienta, così, al soddisfacimento delle pretese individuali in un sistema nel quale viene assicurata la "supremazia del risultato rispetto alla pura conformità procedurale dell'agire amministrativo" (Allegretti U.). Sia il potere sia l'interesse pubblico, oggi, vivono
un incessante dialogo con le libertà individuali, in una rinnovata visione antropocentrica dell'agere publicum, in cui l'amministrazione
svolge sempre più un'attività strumentale e di servizio, divenendo responsabile verso i cives dei risultati della propria azione.
5.2.1. Le illegittimità non invalidanti ex art. 21-octies
Nel quadro di una concezione della legalità votata al risultato, ben
si inserisce l'istituto delle illegittimità non invalidanti. La figura, introdotta con l’inserimento dell’art. 21-octies, ad opera della novella
del 2005, nel corpus della l. 241/9087, si colloca nell’alveo di una
87
Sulla distinzione tra vizi formali e vizi sostanziali e sulla nuova figura delle illegittimità non invalidanti si rinvia, senza pretesa di esaustività, a ROMANO TASSONE A., Vizi formali e vizi procedurali, in www.giustamm.it. FRACCHIA F.–
OCCHIENA M., Teoria dell’invalidità dell’atto amministrativo e art. 21–octies, l.
241/1990: quando il legislatore non può e non deve, in www.giustamm.it. MORBIDELLI G., Invalidità e irregolarità, in AIPDA, Annuario 2002, Milano, Giuffrè,
2003. TRIMARCHI BANFI F., Illegittimità e annullabilità del provvedimento amministrativo, in Dir. proc. amm., n. 2 del 2003. LUCIANI F., Il vizio formale nella
teoria dell'invalidità amministrativa, Giappichelli, Torino, 2003. FERRARA L., La
partecipazione tra illegittimità e illegalità. Considerazioni sulla disciplina
dell’annullamento non pronunciabile, in Dir. amm. 2008, 103. POLICE A., L'illegittimità dei provvedimenti amministrativi alla luce della distinzione tra vizi c.d. formali e vizi sostanziali, in Dir. amm., n. 4 del 2003. CERULLI IRELLI V.-DE LUCIA L. (a cura di), L’invalidità amministrativa, op. cit.. NAZZARO D., Illegittimità
non invalidante dell’atto amministrativo e motivazione postuma: la positiva metamorfosi del g.a., in www.giustizia-amministrativa.it. AA.VV., Vizi formali, procedimento e processo amministrativo, a cura di Parisio V., Giuffrè, Milano, 2004.
CHINÈ G., L'art. 21 octies, comma 2, l. n. 241/1990 nel diritto vivente, in
www.giustizia-amministrativa.it. SORRENTINO G., Spunti di riflessione per una
applicazione vincolata del comma 2 dell’art. 21-octies della legge n. 241/90, Scritti
in onore di Spagnuolo Vigorita, in www.giustamm.it. BERGONZINI G., Art. 21octies della legge n. 241 del 90 e annullamento d’ufficio dei provvedimenti ammini-
Parte Seconda
249
nuova filosofia performance-oriented che investe tanto il procedimento quanto il processo amministrativo.
Invero la logica del perseguimento del risultato, attraverso la dequotazione dei vizi meramente formali, pervade con intensità crescente il metodo amministrativo, favorendo un’osmosi tra momento procedimentale e momento processuale88.
Con la codificazione delle forme di invalidità dell'atto amministrativo, il legislatore del 2005, ispirandosi all’ordinamento tedesco89, ha
inteso preservare il provvedimento dall’annullamento giurisdizionale
in presenza di vizi esclusivamente formali, precludendo, così, l’effetto
invalidante di quelle violazioni di legge ininfluenti sul contenuto
dell’atto.
L’art. 21-octies accoglie, pertanto, una concezione sostanzialistica
dell’invalidità del provvedimento rispetto alle violazioni meramente
procedimentali. La dequotazione dei c.d. vizi formali, foriera in passato di annullamenti, inutili e costosi, testimonia l’abbandono del formastrativi, in Dir. amm. 2007, 231.
88
Contra MARENGHI E.M., Procedimenti e processualprocedimento, op. cit..
L'autore critica l'impropria commistione tra procedimento e processo, trattandosi di
istituti diversi per struttura e finalità. Il procedimento è espressione, infatti, di una
funzione di amministrazione attiva che si svolge attraverso l'acquisizione e la valutazione discrezionale degli interessi pubblici e privati coinvolti dall'esercizio del potere. Il processo costituisce, al contrario, una attività di giudizio. “Giudicare significa, prevalentemente, tutela vincolata degli interessi, in base a parametri normativi
prefissati, esercitata secondo una terzietà impermeabile, poco connotata in senso
discrezionale”. Inoltre “al procedimento appartiene la funzione primaria di assicurare una decisione, assunta nella legittimità. Al processo è rimesso il controllo, affidato ad un soggetto terzo, sulla legittimità della decisione, per garantire l’interesse
pieno alla legittimità”. Proprio a causa di tale diversità ontologica, procedimento e
processo dovrebbero rimanere distinti e separati, con esclusione di qualsivoglia improvvida commistione.
89
CHINÈ G., L'art. 21 octies, comma 2, l. n. 241/1990 nel diritto vivente, op.
cit.. Secondo l'autore l’art. 21-octies l. 241/90 trarrebbe ispirazione dall’art. 46 della
legge tedesca sul procedimento amministrativo (Verwaltungsverfahrengesetz) del 25
maggio 1976, secondo la quale l’annullamento del provvedimento non può essere
preteso per la mera violazione di prescrizioni procedimentali, formali e sulla competenza territoriale, laddove non sia possibile assumere un'altra decisione.
250
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
lismo di matrice positivista e l’ingresso del diritto amministrativo, sia
sul versante procedimentale che su quello processuale, nella rinnovata
logica efficientistica del risultato. La legge ha voluto, dunque, porre
un freno a taluni fenomeni degenerativi di iperformalismo e iperpartecipazione90, attraverso l'elaborazione di una disposizione normativa
complessa (l’art. 21-octies) che si articola in due distinti precetti:
a) l'uno dedicato ai c.d. vizi formali e procedimentali negli atti vincolati;
b) l'altro rivolto a quel particolare vizio costituito dall'omessa comunicazione di avvio del procedimento nell’alveo dei provvedimenti
discrezionali e non.
Con riferimento agli atti vincolati in caso di vizi formali o procedimentali, si prevede che il provvedimento non sia annullabile quando
ricorrano contemporaneamente i seguenti elementi:
1) violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti;
2) natura vincolata del provvedimento;
3) palese manifestazione che il contenuto dispositivo dell'atto non
avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
In particolare si introduce un vincolo legale al potere di annullamento ope iudicis, in quanto ove il giudice amministrativo ritenga che
i suddetti vizi non incidano sul contenuto dell’atto e che
l’amministrazione avrebbe potuto adottare solo quel provvedimento
(c.d. alternativa di diritto), non potrà disporne l’annullamento.
In relazione al secondo inciso del comma II dell’art. 21-octies, esso
concerne un tipico vizio procedimentale (violazione dell'obbligo di
avvio del procedimento) e prevede che l'atto non sia annullabile “qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto
adottato”. Quest'ultima ipotesi non risulta circoscritta all’attività vincolata, estendendosi anche all’attività discrezionale91. Pertanto in tale
90
MARENGHI E.M., Procedimenti e processualprocedimento, op. cit.: "Ci si è
accorti che si è partecipato troppo e in troppi modi".
91
Cons. Stato, sez. V, 19 giugno 2009, n. 4031, in www.giustiziaamministrativa.it.
Parte Seconda
251
fattispecie, al fine di scongiurare la caducazione giurisdizionale
dell’atto, la P.A. ha l'onere di provare in giudizio che l’eventuale apporto collaborativo del privato sarebbe stato irrilevante e ininfluente ai
fini del contenuto dispositivo del provvedimento (c.d. alternativa di
fatto).
L’art. 21-octies mira a scongiurare che ogni violazione di legge si
traduca sempre nell’annullamento dell’atto impugnato, che in questi
casi rappresenterebbe per il ricorrente una "vittoria di Pirro" inutile e
costosa, in quanto l'amministrazione, in sede di riesercizio della funzione, potrebbe emanare un atto del medesimo contenuto, sia pure
emendato dei vizi formali. In questa ipotesi, pertanto, la caducazione
del provvedimento non assicurerebbe nè il buon andamento
dell’azione pubblica né una protezione adeguata al cittadino, in spregio agli artt. 97 e 111 Cost.92.
Il legislatore della novella ha, dunque, voluto superare gli eccessivi
formalismi del principio di legalità a beneficio di un sindacato sostanziale sulla legittimità degli atti, funzionale ad una tutela piena ed effettiva dell'amministrato, che salvaguardi al contempo l’economicità e
l’efficienza dell'azione amministrativa.
La disciplina dell’art. 21-octies dimostra come l’idea del risultato
permei oramai tanto il procedimento quanto il processo 93. Il II co. della disposizione contempla, come visto, alcune ipotesi nelle quali, nonostante l'illegittimità dell’atto94, è preclusa al giudice l'emissione di
92
Cons. Stato, sez. VI, 9 febbraio 2007, n. 528, in www.giustiziaamministrativa.it. È preferibile, secondo i giudici amministrativi, un’interpretazione
che depuri dalle formalità il rapporto cittadino-P.A. e che, pur non disconoscendo la
natura impugnatoria del giudizio amministrativo, sposti l’attenzione anche sul rapporto sostanziale sottostante, vale a dire sullo scontro autorità-libertà e sui suoi contenuti che presiedono alla decisione in ordine alla pretesa del cittadino nei confronti
della amministrazione.
93
Ex plurimis Tar Catanzaro, sez. II, 13 marzo 2006, n. 283. Tar Lombardia, sez.
II, 18 luglio 2007, n. 3351. Tar Campania, sez. VII, 20 novembre 2007, n. 8943. Tar
Lazio, sez. I Ter, 23 febbraio 2007, n. 1625, in www.giustizia-amministrativa.it.
94
La disciplina dei vizi non invalidanti postula l'illegittimità dell'atto e ciò sarebbe confermato dal potere della P.A. di rimuovere il provvedimento nell’esercizio dei
252
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
una pronuncia di annullamento, qualora all’esito di una verifica ex
post ed in concreto, egli accerti che il contenuto del provvedimento
non avrebbe potuto essere diverso, anche a fronte della partecipazione
dell’interessato o dell’osservanza delle prescrizioni formali95. Trattasi,
dunque, di un giudizio diverso da quello in tema di irregolarità96, in
quanto successivo, di natura processuale e ad esito incerto (in quanto
può condurre tanto all’annullamento giurisdizionale dell’atto quanto
alla sua conservazione).
Si determina in questo modo una rivisitazione delle tecniche tradizionali del processo e dei poteri del giudice amministrativo, nella rinnovata prospettiva di un giudizio non più circoscritto all'atto, ma sempre più esteso alla cognizione del rapporto intersoggettivo controverso97 nonchè dell'intera gamma degli interessi ad esso sottesi.
suoi poteri di autotutela. La limitazione legislativa concerne esclusivamente il potere
di annullamento giurisdizionale, determinando una sanatoria processuale dell’atto
amministrativo allorchè il giudice accerti la ricorrenza delle condizioni previste
dall’art. 21-octies II co. l. 241/90. In giurisprudenza Cons. Stato, sez. VI, 17 ottobre
2006, n. 6194, in www.giustamm.it.
95
Si tratta della prova di resistenza dell'id quod non est, che l'amministrazione ha
l'onere di fornire in giudizio per evitare la caducazione giurisdizionale del provvedimento. In altri termini la P.A. è tenuta a dimostrare che anche l'osservanza delle
regole o la partecipazione dell'interessato non avrebbe modificato il contenuto del
provvedimento.
96
Sulle differenze tra la figura dell’irregolarità e la figura delle illegittimità non
invalidanti si rinvia a CARINGELLA F., Manuale di diritto amministrativo, op. cit..
Si veda anche PEPE G., Il principio di conservazione degli atti giuridici con particolare riguardo alla attività amministrativa, in www.giustamm.it, 2009.
97
Tar Campania, sez. VII, 11 luglio 2007, n. 8943, in www.giustiziaamministrativa.it. Secondo il Tar "in caso di attività vincolata, per effetto della generale dequotazione dei vizi procedimentali e formali prodotta dalla regola del raggiungimento dello scopo il giudice amministrativo è oggi chiamato a conoscere della legittimità complessiva dell’azione amministrativa, ossia–volendo utilizzare una
formula più esplicita–che l’oggetto del processo amministrativo non è più costituito
dalla legittimità del provvedimento impugnato (nei limiti delle censure dedotte dal
ricorrente), ma dal rapporto pubblicistico tout court". In senso conforme Tar Campania, sez. IV, 20 novembre 2006, n. 9984. Tar Salerno, sez. I, 4 maggio 2005, n.
760. Tar Pescara, 13 giugno 2005, n. 394, in www.giustizia-amministrativa.it.
Parte Seconda
253
5.3. Il sindacato del giudice sulla violazione del principio di
proporzionalità nell’azione amministrativa
Il principio di proporzionalità, quale misura dell'esercizio del potere discrezionale, è divenuto in questi ultimi anni un leit motiv delle
pronunce del giudice amministrativo che ad esso si richiamano con
sempre maggior frequenza nell'attività di sindacato dell'azione pubblica.
Pur aleggiando da sempre in ambito amministrativo98, il principio
di proporzionalità ha raggiunto gli attuali sviluppi per merito della
giurisprudenza comunitaria che ne ha definito i principali caratteri,
funzionalizzandolo alla tutela delle situazioni soggettive individuali.
Alla stregua degli altri principi non scritti, coniati dalla Corte di giustizia, il principio di proporzionalità è norma immediatamente precettiva nei confronti sia delle istituzioni comunitarie sia delle autorità nazionali (amministrative e giurisdizionali)99.
98
Il principio di proporzionalità è da sempre presente nel sistema amministrativo
italiano, pur se in forme talora larvate o abbinato ad altri principi. In proposito ROMAGNOSI G.D., Principi fondamentali di diritto amministrativo onde tesserne le
instituzioni, III ed., Prato, 1835 (I ed., Parma, 1814). SPAVENTA S., Discorso per
l’inaugurazione della IV sez. del Consiglio di Stato, a cura di R. Ricci, in Riv. dir.
pubbl. e della p.a. in Italia, 1909, 308. CAMMEO F., Commentario delle leggi della
giustizia amministrativa, Milano, 1911. VITTA C., Diritto amministrativo, Torino,
1933. SPAGNUOLO VIGORITA V., Eccesso di potere per sproporzionata gravosità dei vincoli imposti alla proprietà privata, in Riv. giur. ed., 1958, I, 626. Il principio di proporzionalità è vissuto per decenni nell'oblio, attirando le attenzioni della
dottrina italiana solo a partire dagli anni Novanta del secolo scorso. Tra i principali
studi in materia VIPIANA P.M., Introduzione allo studio del principio di ragionevolezza nel diritto pubblico, Padova, 1993. GALETTA D.U., Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, op. cit.. SANDULLI
A., La proporzionalità dell’azione amministrativa, op. cit.. COGNETTI S., Principio di proporzionalità. Profili di teoria generale e di analisi sistematica, op. cit..
99
BUOSO E., Alcuni recenti sviluppi sul principio di proporzionalità nella giurisprudenza amministrativa in materia di patrimonio culturale, in www.giustamm.it,
2011. CASALINI D., Il sindacato di proporzionalità sulle deroghe nazionali alla
libera circolazione delle merci disposte per ragioni di tutela ambientale, in Foro
254
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Per quanto concerne l'ordinamento italiano, non è esistito "sino agli
anni Novanta, un vero e proprio test di proporzionalità" (Galetta
D.U.) ed il sindacato sul principio in esame, confondendosi con il generico e indeterminato giudizio di ragionevolezza, apriva voragini nella tutela del cittadino vessato dagli atti autoritativi del pubblico potere.
Il civis, infatti, leso da misure sproporzionate dell'autorità, in rare ipotesi otteneva la caducazione del provvedimento, a causa di un sindacato giurisdizionale poco incisivo.
Gradualmente, sotto la spinta del diritto comunitario, il principio di
proporzionalità è venuto ad acquisire struttura e contenuti autonomi
rispetto ad altri principi, in primis la ragionevolezza, divenendo uno
dei più importanti canoni di legittimità dell’azione pubblica100.
Il criterio de quo costituisce, infatti, uno degli strumenti più incisivi, e talvolta invasivi, cui il giudice amministrativo ricorre nel vagliare
l’attività dei pubblici poteri. Si è osservato, in proposito, come il sindacato di proporzionalità sia "potenzialmente suscettibile di comprimere pesantemente la discrezionalità amministrativa; il principio potrebbe consegnare al giudice le chiavi dell’azione amministrativa,
rendendo l’organo giudiziario un vero e proprio protagonista del gioco, anziché un custode del rispetto delle regole"101.
Alle declinazioni interpretative del principio, effettuate della Corte
di giustizia, sono di regola tenuti ad ispirarsi i giudici nazionali, anche
se frequentemente si assiste ad applicazioni domestiche in parte difformi o di intensità ridotta. Non sempre, infatti, il rigoroso metodo
“trifasico” di matrice tedesca102, impostato sui canoni della idoneità,
amm. Cons. Stato, 2006, 25. MARTINICO G., Il principio costituzionale di proporzionalità nella “complessa” dialettica comunitaria, in Dir. pubbl. comp. eu., 2005,
1474. RUBINO V., La giurisprudenza della Corte di giustizia CE fra “precauzione” e “proporzionalità”: note a margine della sentenza F.lli Bellio, in Dir. com. sc.
int., 2004, 507.
100
Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2006, n. 2087, in www.giustiziaamministrativa.it.
101
BUOSO E., Alcuni recenti sviluppi sul principio di proporzionalità nella giurisprudenza amministrativa in materia di patrimonio culturale, op. cit..
102
L’espressione “triplice gradazione” (in tedesco Dreistufigkeit) è utilizzata da
Parte Seconda
255
necessarietà ed adeguatezza viene seguito in modo univoco e rigoroso103.
Nell’ordinamento italiano l’art. 1 l. 241/90, nell’affermare esplicitamente che l’attività amministrativa è retta dai principi del diritto
comunitario, non annovera espressamente la proporzionalità tra i canoni di legittimità dell’agere publicum. Ne è pacifica tuttavia
l’appartenenza ai principi tanto dell’ordinamento comunitario104 quanto dell’ordinamento italiano.
Inoltre l’espresso rinvio dell'art. 1 rende applicabile il principio di
proporzionalità, nella sua accezione sovranazionale, ad ogni forma di
azione amministrativa, sia nelle materie di competenza comunitaria
sia in quelle di esclusiva pertinenza nazionale, tanto nell’attività iure
imperii quanto in quella iure privatorum.
Il legislatore ha, dunque, accolto il principio di proporzionalità senza averne, però, definito contenuti, finalità ed ambito operativo. È rimesso, pertanto, all’interprete il compito di scandagliarne struttura e
modalità applicative.
Come accennato, il principio de quo non ha ricevuto in passato
STERN K., Das Staatsrecht der Bundesrepublik Deutschland–Grundbegriffe und
Grundlagen des Staatsrechts, Strukturprinzipien der Verfassung, I vol., Munchen,
1984, 866.
103
Il principio di proporzionalità comunitaria a volte sembra composto dalla sola
idoneità e necessarietà, in quanto la Corte di giustizia spesso tende ad omettere il
canone dell’adeguatezza. Si vedano in proposito Cgce, 7 luglio 2009, in causa C558/07, The Queen, in www.eur-lex.europa.eu. Cgce, 14 dicembre 2004, in causa C434/02, Arnold, in www.eur-lex.europa.eu.
104
In giurisprudenza si segnalano Cons. Stato, sez. V, 19 giugno 2009, n. 4035.
Tar Abruzzo, Pescara, sez. I, 30 marzo 2010, n. 215, in www.giustiziaamministrativa.it. In dottrina CASETTA E., Manuale di diritto amministrativo, op.
cit.. DE ROBERTO A., L’attività pubblicistica dell’amministrazione. La disciplina
della legge generale sull’azione amministrativa 7 agosto 1990, n. 241 fino alle ultime innovazioni introdotte dalla legge 18 giugno 2009, n. 69, Giappichelli, Torino,
2010. MASSERA A., I principi generali dell’azione amministrativa tra ordinamento nazionale e ordinamento comunitario, op. cit.. BASSANI M.–ITALIA V., Commento all’art. 1 comma 1, l. n. 241 del 90, in M.A. Sandulli e al., L’azione amministrativa: commento alla L. 7 agosto 1990, n. 241, modificata dalla L. 11 febbraio
2005, n. 15 e dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, Milano, 2005.
256
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
un'autonoma sistemazione dogmatica, venendo spesso confuso con altri principi quali ad esempio il principio di ragionevolezza, in un clima
di ambiguità e incertezze105. La giurisprudenza maggioritaria considera oggi in modo autonomo e differente i due principi. Mentre “la ragionevolezza attiene al bilanciamento qualitativo degli interessi
(plausibilità e giustificabilità di esso), la proporzionalità riguarda il
bilanciamento quantitativo ossia la misura concreta del potere esercitato”106.
In particolare, grazie all’influenza del diritto comunitario, il sindacato giurisdizionale sulla proporzionalità delle scelte amministrative si
è potenziato, divenendo uno dei più incisivi strumenti di controllo della legittimità dell'agere publicum107. L'organo giurisdizionale è, infatti, deputato ad accertare la conformità del provvedimento ai canoni
comunitari della idoneità, necessarietà e proporzionalità in senso stretto108. Dunque il sindacato di legittimità del giudice amministrativo
dovrebbe estrinsecarsi, normalmente, nella verifica dei tre test con105
PARISIO V., Principio di proporzionalità e giudice amministrativo italiano,
in Nuove autonomie, 2006, 726.
106
Tar Campania, Salerno, sez. II, 16 aprile 2010, n. 3933, in www.giustiziaamministrativa.it. Secondo i giudici amministrativi la proporzionalità “presupponendo già una scelta qualitativamente ragionevole, ne è parametro di legittimità
sotto il profilo quantitativo, riferendosi alla necessità che la scelta sia concretamente posta in essere con l’esercizio di una quantità di potere che sia idonea al perseguimento dell’interesse pubblico con il minor sacrificio per il contrapposto interesse
privato che ne è inciso”.
107
Ex plurimis Cons. Stato, sez. V, 22 marzo 2005, n. 1195. Tar Lazio, sez. I, 27
febbraio 2007, n. 1748. Tar Lazio, sez. I, 4 gennaio 2008, n. 43, in www.giustiziaamministrativa.it.
108
Tale controllo ha interessato in special modo l’azione amministrativa con riferimento ai vincoli imposti al patrimonio culturale. Sul punto Tar Lazio, sez. II quater, 17 giugno 2010, n. 18488. Tar Lombardia, sez. III, 3 marzo 2010, n. 531, in
www.giustizia-amministrativa.it. Per un’analisi di siffatte pronunce, alla luce del
principio di proporzionalità, si rinvia a BUOSO E., Alcuni recenti sviluppi sul principio di proporzionalità nella giurisprudenza amministrativa in materia di patrimonio culturale, op. cit.. LIGUGNANA G., Principio di proporzionalità e integrazione
tra ordinamenti. Il caso inglese e italiano, op. cit..
Parte Seconda
257
formemente alla declinazione tedesca e comunitaria del principio.
Tuttavia, a fronte dell'orientamento giurisprudenziale che si avvale
del controllo trifasico dei tre gradini, si rinvengono molteplici pronunce nelle quali i giudici amministrativi circoscrivono la verifica di proporzionalità al solo requisito della necessarietà, intesa quale scelta del
mezzo più mite (che realizzi l’interesse pubblico con il minor sacrificio possibile per l'interesse privato)109.
Nell'alveo dei tre parametri ad esser maggiormente incisivo è, soprattutto, il requisito della adeguatezza o proporzionalità in senso
stretto, sulla scorta del quale il giudice è chiamato ad accertare, una
volta acclarata la sussistenza dei requisiti di idoneità e necessarietà, la
proporzionalità della misura, previa ponderazione degli effetti sfavorevoli per il destinatario con gli effetti favorevoli per l’interesse pubblico. In tale aspetto del controllo giudiziale si annida il rischio che la
verifica di legittimità tracimi in un controllo di merito sostitutivo della
scelta amministrativa, in spregio del principio di divisione dei poteri110. Ecco perchè, tradizionalmente il giudice amministrativo, al fine
di scongiurare indebite sostituzioni nella sfera riservata alla P.A., ha
verificato la legittimità dell'esercizio del potere sulla falsariga del sindacato sulle figure sintomatiche dell'eccesso di potere111.
109
A titolo esemplificativo Tar Puglia, 7 luglio 2010, n. 1698. Tar Trento, sez. I,
8 luglio 2010, n. 169. Tar Lombardia, sez. I, 26 febbraio 2010, n. 985, in
www.giustizia-amministrativa.it.
110
A riguardo il supremo Consesso di giustizia amministrativa (Cons. Stato, sez.
IV, 9 ottobre 2010, n. 7383, in www.giustizia-amministrativa.it), in tema di sanzioni
disciplinari afferma: "Il principio di proporzionalità consiste in un canone legale di
raffronto che (...) non consente di controllare il merito dell’azione amministrativa".
Inoltre "il sindacato giurisdizionale non può spingersi ad un punto tale da sostituire
l’apprezzamento dell’organo competente con quello del giudice, valutando
l’opportunità del provvedimento adottato, ovvero individuando direttamente le misure ritenute idonee".
111
Sulla riconducibilità del principio di proporzionalità alla sintomatologia
dell'eccesso di potere COGNETTI S., Principio di proporzionalità. Profili di teoria
generale e di analisi sistematica, op. cit.. BUONFINO A., Il "servitore infedele".
Notazioni sistematiche sulla proporzionalità delle sanzioni disciplinari tra canone
di ragionevolezza e prestigio istituzionale, Nota a Cons. Stato, sez. IV, 15 settembre
258
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Lo scrutinio di proporzionalità è divenuto nel corso dei decenni
sempre più intenso e penetrante, anche per merito dell'autonomia concettuale assunta dal principio. In questo modo il canone di proporzionalità viene a configurarsi oggi quale distinto indice sintomatico
dell'eccesso di potere. Infatti nell'esercizio della funzione pubblica il
principio si colloca al centro del sindacato sulla discrezionalità amministrativa112, dato che ogni sua violazione è sintomo di cattivo esercizio del potere.
Nell’alveo di una progressiva democratizzazione delle attività pubbliche, il principio di proporzionalità è destinato ad assicurare una tutela maggiormente satisfattiva al cittadino: a monte, imbrigliando lo
svolgimento della funzione amministrativa, mediante apposite regole
di conformazione; a valle ampliando l'area del sindacato giurisdizionale sulle violazioni perpetrate dalla pubblica autorità. In tal modo le situazioni soggettive individuali ne uscirebbero rafforzate tanto in sede
procedimentale quanto in ambito processuale.
In ordine all'ampiezza e ai caratteri del potere di controllo del giudice, va detto in primo luogo come l’eccesso di potere, quale vizio
della funzione amministrativa113, rappresenti il terreno privilegiato per
misurare, attraverso il parametro della proporzionalità, l'incidenza del
sindacato giurisdizionale sui provvedimenti amministrativi. Infatti il
cattivo uso della discrezionalità è spesso evidenziato dall'adozione di
misure inadeguate o sproporzionate rispetto alle finalità della norma
attributiva del potere. La verifica del giudice è tesa, quindi, a ripercorrere la scelta comparativa degli interessi compiuta dalla P.A.. E proprio il criterio della proporzionalità si inquadra fra i più idonei para2010, n. 6877, in Dir. proc. amm., n. 2 del 2012.
112
Sul principio di proporzionalità quale strumento di sindacato dell'esercizio
della funzione discrezionale, ex multis, Tar Lazio, Roma, sez. III, 18 ottobre 2006, n.
10485, in Foro amm., 2006. Cons. Stato, sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246. Tar Abruzzo, Pescara, sez. I, 25 giugno 2010, n. 730. Cons. Stato, sez. IV, 5 marzo 2010, n.
1274. Tar Puglia, Lecce, sez.I, 10 febbraio 2010, n. 531. Tar Veneto, Venezia, sez.
III, 2 gennaio 2009, n. 6, in www.giustizia-amministrativa.it.
113
Tra i più significativi contributi BENVENUTI F., Eccesso di potere amministrativo per vizio della funzione, in Rass. dir. pubbl., 1950.
Parte Seconda
259
metri di misurazione della logicità e ragionevolezza del bilanciamento
e dunque della legittimità della misura discrezionale114.
Così configurato il sindacato sull'eccesso di potere, mediante il
grimaldello della proporzionalità, si fa più intenso rispetto alle verifiche giudiziali fondate sul principio di ragionevolezza o sulle tradizionali figure sintomatiche. In questo modo si garantisce, pertanto, una
tutela maggiormente satisfattiva alle situazioni soggettive del cittadino.
Prima di evidenziare le tecniche di verifica giurisdizionale alla
stregua del principio di proporzionalità, occorre ribadire come ciò che
oggi può apparire scontato in termini di tutela del civis rappresenti l'esito di un percorso evolutivo dettato dai principi comunitari.
Senza ripercorrere la genesi del principio di proporzionalità nell'ordinamento italiano115, sia sufficiente in questa sede una considerazione.
Per decenni il sindacato sulla proporzionalità dei provvedimenti amministrativi si è estrinsecato in forme indirette, attraverso un controllo di
logicità e ragionevolezza scarsamente incisivo116. Un sindacato giurisdizionale, dunque, debole e ineffettivo e come tale inidoneo ad offrire
adeguata protezione alla sfera giuridica degli amministrati.
Un controllo del giudice, così congegnato in sede processuale, ri-
114
Interessanti a riguardo gli studi di GIANNINI M.S., Diritto amministrativo,
vol. I, Milano, 1993, in ordine alle relazioni tra discrezionalità amministrativa, principio di proporzionalità ed eccesso di potere.
115
A tal proposito si rinvia a ROMAGNOSI G.D., Principi fondamentali di diritto amministrativo onde tesserne le instituzioni, op. cit.: "Nel caso del conflitto degli
interessi del privato con quelli del pubblico…si è far prevalere la cosa pubblica alla
privata entro i limiti della vera necessità".
116
BOZZI A., Il principio di proporzionalità nelle sentenze emesse dai Tribunali
amministrativi italiani, Relazione al convegno dell’associazione italiana dei magistrati amministrativi italo-franco-tedesca, Koln, 20-21 giugno 1997. Mentre il sindacato di ragionevolezza si manifesta in un controllo superficiale ed estrinseco
dell'attività amministrativa, viceversa, lo scrutinio di proporzionalità conduce ad un
sindacato penetrante di tipo intrinseco. Soprattutto in relazione ai provvedimenti restrittivi ciò comporta un avanzamento della tutela del cittadino coinvolto dall'esercizio del potere.
260
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
fletteva a ben vedere l'auctoritas dispiegata dal provvedimento unilaterale e imperativo in ambito procedimentale. Infatti sin dalla attività
di comparazione degli interessi coinvolti nell'esercizio del potere, si
assisteva alla prevalenza quasi automatica dell’interesse pubblico sugli interessi privati, con l'adozione di provvedimenti chiaramente sbilanciati in favore delle esigenze collettive e fortemente afflittivi nei riguardi degli amministrati uti singuli. Una sorta di presunzione fattuale
di proporzionalità, vinta solo nelle rare ipotesi di provvedimenti palesemente irragionevoli e sproporzionati alla stregua delle finalità di
pubblico interesse. E, in omaggio al principio della divisione dei poteri, lo stesso giudice amministrativo, al fine di non sostituire proprie
valutazioni a quelle della P.A., ha circoscritto per molto tempo sia
l'ambito che l'intensità del proprio sindacato sulla proporzionalità del
provvedimento.
Oggi la situazione è radicalmente mutata, poichè la capillare infiltrazione dei principi comunitari nell'ordinamento italiano ha arricchito
di nuovi parametri il sindacato del giudice sulla proporzionalità
dell'atto amministrativo. Invero il controllo giurisdizionale, attualmente, si esplica in una valutazione di conformità dell’azione pubblica ai
parametri di idoneità, necessarietà ed adeguatezza. In ordine cronologico il giudice provvede alle seguenti verifiche:
1) accerta la situazione di fatto nonchè l'osservanza dei requisiti
formali e sostanziali connessi al giusto procedimento;
2) valuta la logicità e congruità dell’azione;
3) esamina l'idoneità, l'afflittività nonchè l'adeguatezza del provvedimento amministrativo117.
In tal modo il controllo dell'organo giurisdizionale si appalesa tra i
più incisivi ed efficaci118. Infatti una completa verifica circa la proporzionalità di un atto ipotizza un sindacato pieno e diretto anche
sull’attività amministrativa a monte, con particolare riferimento alla
117
118
SANDULLI A., La proporzionalità dell’azione amministrativa, op. cit..
In proposito si rinvia allo studio monografico di POLICE A., La predeterminazione delle decisioni amministrative. Gradualità e trasparenza nell’esercizio del
potere discrezionale, Esi, Napoli, 1997.
Parte Seconda
261
fase istruttoria di ponderazione degli interessi.
All'ampliamento dei poteri e delle tecniche di sindacato del giudice, corrisponde in ambito procedimentale un riequilibrio dei rapporti
tra l'autorità e i destinatari dell'azione pubblica, attraverso l'introduzione, a partire dalla l. 241/90, di una serie di principi e regole volti ad
estendere le tutele dell'amministrato al cospetto del pubblico potere.
Invero, la P.A. non accorda più, come in passato, prevalenza tout
court all'interesse pubblico, ma pondera quest'ultimo in modo ragionevole e proporzionato con gli ulteriori interessi coinvolti nel procedimento119. E nell'esercizio di questa attività l'amministrazione rinviene, segnatamente nel principio di proporzionalità, uno dei canoni conformativi del proprio agire.
La l. 241/90, pertanto, trasforma in profondità il modo di atteggiarsi della discrezionalità amministrativa dinanzi all’accresciuto numero
degli interessi in competizione120. In una nuova dimensione del potere
maggiormente democratica, la P.A. è costretta a rinunciare ad una
buona dose di autoritarietà in nome di un esercizio della funzione più
attento alle pretese degli amministrati.
La scelta amministrativa, dismessi gli abiti della assoluta unilateralità e segretezza, si trasforma, così, in decisione condivisa, partecipata e
calibrata sulle esigenze del cittadino. In tale contesto il principio di proporzionalità diviene, da un lato, la stella cometa delle nuove dinamiche
tra momento dell’autorità e momento della libertà, dall’altro, la misura
della legittimità della scelta pubblica, acquisendo un decisivo rilievo sia
in ambito procedimentale sia in sede processuale.
In definitiva sotto la pressante influenza del diritto comunitario, il
119
GALETTA D.U., Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel
diritto amministrativo, op. cit.: Secondo l'autrice oggi “non appare più sostenibile la
tesi della necessaria superiorità gerarchica dell’interesse pubblico rispetto a tutti
gli altri interessi coinvolti dalla emanazione del provvedimento finale ”.
120
Ogni provvedimento presuppone una previa attività di valutazione comparativa degli interessi privati con l’interesse pubblico primario. La determinazione finale
della P.A. non assicura, oggi, sempre e comunque la prevalenza dell’interesse pubblico primario. E, ove all’esito del giudizio appaia inevitabile il sacrificio degli interessi privati, tale sacrificio andrà circoscritto a quanto strettamente necessario.
262
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
sistema amministrativo italiano, da un lato, esalta nel corso del procedimento il momento istruttorio, ispirato ad un proporzionato bilanciamento degli interessi, dall'altro, valorizza nell'ambito del processo un
sindacato giurisdizionale sulla proporzionalità del provvedimento pieno, intenso ed effettivo. Tutto ciò nella finalità di preservare la libertà
del cittadino da interventi pubblici non idonei, necessari o adeguati.
Parte Seconda
263
CAPITOLO VI
LA TUTELA DELLE LEGITTIME ASPETTATIVE
DEI PRIVATI IN ALCUNI ISTITUTI DEL DIRITTO
AMMINISTRATIVO ITALIANO
SOMMARIO: 6.1. Gli accordi ex art. 11 l. 241/1990. 6.1.1. L'affidamento del
privato alla stabilità delle convenzioni di lottizzazione a fronte di una variante urbanistica al P.r.g.. 6.2. L'autotutela decisoria: l'affidamento del
cittadino alla stabilità del provvedimento quale limite alla funzione di riesame. 6.2.1. Una fattispecie spinosa: l'autotutela della pubblica amministrazione avverso un atto confliggente con l'ordinamento comunitario.
6.3. Il danno da ritardo e la nuova concezione del tempo come bene della
vita risarcibile in via autonoma.
6.1. Gli accordi ex art. 11 l. 241/1990
La tematica delle oscillazioni dell’attività amministrativa dal polo
dell'autorità al polo del consenso suscita da sempre vivo interesse in
dottrina121.
Tra la fine del XIX e gli inizi del XX sec. il sistema amministrativo
121
Tra i molteplici contributi, a titolo esemplificativo, CERULLI IRELLI V.,
Autorità e consenso nell’attività amministrativa, Relazione al XLVII Convegno di
studi di scienza dell’amministrazione di Varenna, in AA.VV., Autorità e consenso
nell’attività amministrativa, op. cit.. BASSI F., Autorità e consenso, in Riv. trim.
dir. pubbl., 1992.
264
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
italiano122, sotto l’influenza della giuspubblicistica francese e tedesca
di fine Ottocento123, è caratterizzato da un "pregiudizio anticontrattuale" che muove dai seguenti postulati:
a) la non negoziabilità del potere;
b) l’imperium come attributo essenziale dell’azione amministrativa;
c) la supremazia, fattuale e giuridica, della P.A. nei confronti degli
amministrati124.
L’agere publicum è tradizionalmente contraddistinto dalla figura
del provvedimento (sia pure inizialmente concepito come negozio giuridico unilaterale sui generis, in virtù della interposizione dei concetti
di matrice pandettistica di diritto pubblico).
Ad ogni modo, in passato, si è talvolta consentito alla P.A. l'esercizio di un'attività di gestione, attraverso l'uso di strumenti negoziali125,
in base ad una speciale capacità di diritto privato riconosciuta ai sog122
Sintomatiche del pensiero della dottrina dell’epoca le parole di F. Cammeo:
"Ripugna al tradizionale senso del comune giuridico concepire come contrattuali
quasi tutti gli atti che sopra ho enumerato (fra gli altri: ordini autorizzazioni, concessioni, ammissioni in istituti pubblici, nomina di impiegati pubblici) né devesi mai
nella scienza giuridica affermare leggermente ciò che al senso della comune degli
uomini troppo profondamente ripugna”, citate in MANFREDI G., Accordi e azione
amministrativa, Giappichelli, Torino, 2001.
123
Tra i vari MAYER O., Deutsches Verwaltungsrecht, op. cit., il quale, ispirandosi alla filosofia hegeliana dello Stato forte, concepisce le relazioni tra amministrazione e cives in forma diseguale e sbilanciata a favore del potere, costruendole intorno alla unilateralità e imperatività del provvedimento.
124
CAMMEO F., Corso di diritto amministrativo, op. cit.: I rapporti tra Stato e
individuo devono “presumersi regolati dal diritto pubblico se non v’è espressa e
chiara ragione in contrario”.
125
RANELLETTI O., Per la distinzione degli atti d’impero e di gestione, 1905,
in Scritti giuridici scelti, vol. III, Gli atti amministrativi, a cura di E. Ferrari e B.
Sordi, Napoli, 1992, 686. LEDDA F., Per una nuova normativa sulla contrattazione
pubblica, in Scritti in onore di A. Amorth, vol. I, 317, ora in Scritti giuridici, I, Milano, 1999, 271. L’autore rileva che “dal piedistallo l’amministrazione scende con un
piede solo” e che “lo scettro dell’autorità non è certo indispensabile per la realizzazione di quel pubblico interesse, che l’amministrazione deve saper curare come contraente”.
Parte Seconda
265
getti pubblici. Tuttavia si trattava di casi numericamenti circoscritti rispetto all'ordinaria attività provvedimentale126.
Pertanto l’immagine del sistema amministrativo, offerta dalla giuspubblicistica dell’epoca, è stata quella "di un modello caratterizzato
da un manifesto sfavore nei confronti della negozialità, cui consegue
una sempre più marcata separazione tra i due mondi giuridici del diritto pubblico e del diritto privato"127.
Con il trascorrere dei decenni l'emersione di una pluralità di interessi sociali, tipica dello Stato pluriclasse del Novecento128, accompagnata da un incremento dei compiti amministrativi, conduce ad una
valorizzazione crescente dei moduli negoziali nell'esercizio della funzione pubblica sino alla consacrazione raggiunta con la l. 241/90. La
codificazione di nuovi istituti, abbinata all'unanime riconoscimento
della generale capacità di diritto privato dei soggetti pubblici, consente
alla P.A. di stipulare in via ordinaria negozi di diritto comune alla
stregua degli altri soggetti dell'ordinamento129. (Si suol dire che una
126
CANGELLI F., Potere discrezionale e fattispecie consensuali, op. cit.: "Tale
attività di gestione, tuttavia, non costituiva il proprium dell’attività amministrativa,
né si è mai ritenuto che essa potesse contribuire a fissare i veri lineamenti
dell’amministrazione, pertanto rimaneva ai margini delle ricostruzioni sistematiche,
incentrate, invece, su elementi del tutto antinomici rispetto a quelli del diritto privato: la strutturale disparità del rapporto, indotta dalla supremazia della pubblica
amministrazione, attraverso il peso dell’interesse pubblico".
127
CANGELLI F., Potere discrezionale e fattispecie consensuali, op. cit..
128
GIANNINI M.S., I pubblici poteri negli Stati pluriclasse, in Riv. trim. dir.
pubbl., n. 2-3 del 1979, 389. MERUSI F., Dallo Stato monoclasse allo Stato degli
interessi aggregati, in Cassese S.-Guarino G. (a cura di), Dallo Stato monoclasse
alla globalizzazione, in Quad. rass. parlam., Milano, 2000, 119.
129
In generale sull’amministrazione per accordi, senza pretese di esaustività,
LACAVA F., Principio di legalità e moduli convenzionali nell’esercizio del potere
amministrativo, in www.giustamm.it, 2011. CAPOTOSTI P.A., Tendenze alla negoziazione degli interessi tra amministrazione e privati e principio di legalità, in Studi
in memoria di Franco Piga, I, Milano, 1992. BRUTI LIBERATI E., Consenso e
funzione nei contratti di diritto pubblico tra amministrazione e privati, Milano,
1996. SALA G., Accordi sul contenuto discrezionale del provvedimento e tutela delle situazioni soggettive, in Dir. proc. amm., 1992. CHIRULLI P., Autonomia pubbli-
266
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
persona giuridica pubblica prima ancora sia una persona giuridica tout
court ).
La legge sul procedimento amministrativo degli anni Novanta, sospinta dall'ondata comunitaria di potenziamento delle pretese del cittadino, consacra, in omaggio al principio di consensualità130, un nuovo
modello di amministrazione per accordi, inaugurando un sistema "binario", in cui l’azione amministrativa può soddisfare l’interesse pubblico, in via alternativa, con il provvedimento o con il rimedio negoziale.
Si assiste, così, alla dequotazione della figura autoritaria e unilaterale del provvedimento131 ed alla contestuale affermazione di un nuoca e diritto privato nell'amministrazione. Dalla specialità del soggetto alla rilevanza
della fattispecie, Padova, 2005. D’ANGIOLILLO P., Accordi amministrativi e programmazione negoziata nella prospettiva del potere discrezionale, op. cit.. FRACCHIA F., L’accordo sostitutivo: studio sul consenso disciplinato dal diritto amministrativo in funzione sostitutiva rispetto agli strumenti unilaterali di esercizio del potere, Cedam, Padova, 1998. DAMONTE R., Atti, accordi, convenzioni nella giustizia amministrativa, Padova, 2002. ESPOSITO G.M., Amministrazione per accordi e
programmazione negoziata, Napoli, 1999. GIANNINI M.S., Dell’amministrare per
accordi (1990), ora in Scritti 1984-1990, VIII, Milano, 2006, 1150. GRAUSO P.,
Gli accordi della pubblica amministrazione con i privati, Milano, 2007. GRECO G.,
Accordi amministrativi tra provvedimento e contratto, Torino, 2003. MANFREDI
G., Accordi e azione amministrativa, op. cit.. MENGOLI V., Gli accordi amministrativi fra privati e pubbliche amministrazioni, Milano, 2003. TIGANO F., Gli accordi procedimentali, Giappichelli, Torino, 2002.
130
CONTIERI A., La programmazione negoziata. La consensualità per lo sviluppo. I principi, Napoli, 2000. COMPORTI G.D., Il principio di consensualità tra
bilanci e prospettive, in www.giustamm.it, 2010.
131
Uno dei primi a teorizzare la crisi del provvedimento amministrativo è stato
NIGRO M., Giustizia amministrativa, op cit.. Egli individua “cause esogene ed endogene” della “eclissi” dell’atto amministrativo: le cause esogene consistono nella
sottrazione di “interi territori all’attività amministrativa autoritativa ed unilaterale
che si estrinseca attraverso atti e provvedimenti discrezionali”. Si tratta, in particolare, di quei settori dell’azione amministrativa oggetto di privatizzazione e contrattualizzazione. Ad esse si affiancano le cause endogene le quali, operando in ambiti
tuttora caratterizzati dalla presenza del provvedimento, determinano l’assorbimento
dell’atto finale all’interno del procedimento quale sede di mediazione tra autorità e
libertà in cui si assiste ad una “diluizione del potere” tra il suo titolare, le altre am-
Parte Seconda
267
vo modello di amministrazione concertata132.
Questa rinnovata concezione dei rapporti tra P.A. e amministrati si
riflette, in particolare, sull'istituto degli accordi previsto dall'art. 11 l.
241/90. Tale categoria giuridica è estrinsecazione di un principio di
piena fungibilità tra negozio e provvedimento nella cura degli interessi
pubblici133, in un’era di “nuovo contrattualismo amministrativo”
(Sticchi Damiani E.), che si spera non degeneri in una mera "infatuazione contrattualistica" (Nigro).
Conseguentemente alla visione orlandiana di un apparato pubblico
che "comanda sulle cose e sulle persone" va sostituendosi l'idea di
un'amministrazione che negozia con i destinatari dell'azione pubblica
ministrazioni e i cittadini.
132
In proposito D’ANGIOLILLO P., Accordi amministrativi e programmazione
negoziata nella prospettiva del potere discrezionale, op. cit.: “Se in un contesto di
unitarietà centralistica dello Stato l’atto costituiva la cifra su cui veniva parametrata la sfera di potere di ogni soggetto pubblico, ovvero la prerogativa di dettare unilateralmente il precetto di disciplina dei rapporti, in un ordinamento pluralista
l’atto è compreso in una preventiva attività di composizione degli interessi e non si
pone, dunque, come scopo ultimo di tale attività bensì come mezzo rispetto agli ulteriori fini sociali. Da ciò è discesa l’esigenza di impiegare un meccanismo più raffinato di selezione ed affermazione degli interessi attraverso la ricerca del consenso
da parte degli stessi destinatari della decisione”.
133
A titolo esemplificativo Tar Lazio Roma, sez. II ter, 3 marzo 2006, n. 1677,
in www.giustizia-amministrativa.it: "Nel testo della legge (la l. 241/90) provvedimento e contratto sono posti sullo stesso piano quali esiti del procedimento partecipato; tuttavia l’atto autoritativo non è più il solo strumento della cura degli interessi
pubblici, essenziale è il fine pubblico, fungibili sono gli strumenti con cui perseguirlo". Pertanto “il fine pubblico può essere perseguito anche attraverso la diretta negoziazione del contenuto del provvedimento finale”. Si rinvia anche a Cgce, 12 luglio 2001, in causa C-399/98, Ordine degli architetti delle province di Milano e Lodi, in Corr. giur., 2002, 176. Corte cost., 23 aprile 1998, n. 135, in Riv. giur. urb.,
1998, secondo cui “l’accordo, per la sua struttura bilaterale, che necessariamente
riduce e semplifica ad una mera dicotomia il caleidoscopio di posizioni giuridiche
coinvolte, è ontologicamente orientato a non prendere in considerazione ai fini dellla scelta che l’amministrazione è chiamata a compiere, tutte quelle posizioni
d’interesse correlate alle plurime figure soggettive (...) coinvolte nella fattispecie”.
In questi casi l’unico strumento in grado di garantire il pluralismo sociale è il provvedimento unilaterale ed imperativo.
268
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
contenuti e modalità dell'esercizio del potere.
Il principio di consensualità modella, pertanto, l’ordinamento amministrativo secondo una logica di contrattazione della funzione134,
nel quadro di una attività teleologicamente orientata al perseguimento
dell'interesse pubblico.
La costante ricerca del consenso, in un percorso di valorizzazione
delle situazioni giuridiche soggettive dell'individuo, è sicuramente favorita dalla diffusione dei principi comunitari, portatori di "nuova
concezione dell’agire pubblico", più attentata alle pretese dell'amministrato135.
In ordine agli effetti che scaturiscono dall'istituto degli accordi ex
art. 11, va detto che dalla stipulazione discende un effettivo vincolo
sia per il privato sia per la P.A., la quale non può sciogliersi dal medesimo se non per sopravvenuti motivi di pubblico interesse.
La previsione generalizzata degli accordi136 rafforza, indubbiamen134
BERTI G., Dalla unilateralità alla consensualità dell’azione amministrativa,
in L’accordo nell’azione amministrativa, a cura di Masucci A., Formez, in Quad.
reg., Roma, 1988, 25: "In un mondo dominato dallo scambio, dove anche la reciproca riconoscibilità dei soggetti politici e privati avvviene in ragione di scambio o di
contratto, sarebbe assurdo pensare che l’amministrazione pubblica si debba, al contrario, ritirare in una sorta di esilio monacale, per custodire gelosamente le icone
del potere imperativo, dell’atto unilaterale e via dicendo. Queste erano le figure
simboliche proprie di un linguaggio che si era specializzato per dare finitezza o
completezza, in tutte le sue propaggini, a un potere politico che voleva garantirsi
attraverso una appropriata e speciale giuridicità".
135
D’ANGIOLILLO P., L’impatto dei principi generali dell’ordinamento comunitario sull’attività amministrativa. La “prospettiva antropocentrica” nel rapporto
giuridico tra cittadino e amministrazione, in Le Corti salernitane, n. 1, 2008, 36. Ad
avviso dell’autore “i moduli consensuali sono idonei ad offrire al privato modelli di
comportamento atti al soddisfacimento, unitamente agli interessi privati, degli interessi pubblici con la conseguenza che l’amministrazione ha interesse alla concretizzazione dell’interesse privato purchè ciò avvenga nel rispetto di modelli che possano assicurare che non siano compromessi altri interessi pubblici o privati”. Si rinvia
altresì a SCOCA F.G., La teoria del provvedimento dalla sua formulazione alla legge sul procedimento, in Dir. amm., n. 1 del 1995.
136
Tale previsione è stata introdotta dalla l. 11 febbraio 2005, n. 15, di modifica
della l. 7 agosto 1990, n. 241, con riferimento alla figura degli accordi sostitutivi. La
Parte Seconda
269
te, il ruolo del cittadino nel procedimento: egli è ora in grado di codeterminare il contenuto della scelta amministrativa, offrendo un contributo che non rimane confinato al mero contraddittorio, ma si spinge
fino a vincolare l’esercizio della funzione discrezionale. Inoltre
l’istituto in esame riveste, altresì, un'importante funzione deflattiva del
contenzioso, producendo atti più stabili in quanto concordati con i destinatari.
La tematica degli accordi intercetta, poi, il principio della tutela del
legittimo affidamento in ordine alle condizioni e ai limiti di recesso
riconosciuti alla amministrazione.
Come visto, ai sensi dell’art. 11, la P.A. può recedere in modo unilaterale dall’accordo esclusivamente per sopravvenuti motivi di pubblico interesse137. Il richiamo contenuto nel co. II dell’art. 11 ai principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti include, infatti, l’osservanza del principio pacta sunt servanda, a tutela dell'affidamento della controparte138.
Si è, allora, in presenza di un conflitto tra principi che necessita di
apposito bilanciamento: da un lato l’affidamento del privato alla stabilità degli impegni intercorsi con l’amministrazione; dall’altro, il principio del buon andamento da cui discende l’obbligo per la P.A. di assicurare in ogni momento la miglior cura possibile dell’interesse pubblico, anche attraverso il recesso dai vincoli assunti.
Normalmente la tutela dell’interesse della collettività, ponendosi
quale vincolo teleologico dell’agere publicum, è tendenzialmente destinata a prevalere, non rinvenendo ostacoli insormontabili nei contrapposti interessi privati, anche se consacrati in accordi vincolanti
riforma, rimuovendo il previgente limite della tipicità, ha reso gli accordi ex art. 11
moduli ordinari di esercizio del potere discrezionale.
137
Tar Veneto, sez. II, 28 novembre 1998, n. 2334, in Foro Tar, 1999, I, 128.
Cons. Stato, sez. IV, 6 novembre 1998, n. 1448, in Cons. Stato, 1998, I, 1727. Tar
Toscana, Firenze, sez. II, 30 dicembre 2011, n. 2077, in www.giustiziaamministrativa.it.
138
MERUSI F., Buona fede e affidamento nel diritto pubblico: dagli anni Trenta
all'alternanza, op. cit., secondo il quale l’ambito applicativo di siffatti principi includerebbe formazione, conclusione, esecuzione ed interpretazione degli accordi.
270
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
l'amministrazione139. Tuttavia, va anche precisato come il sacrificio
imposto al privato debba essere necessario ed inevitabile in vista della
realizzazione dell’interesse pubblico140. Invero dalla stipulazione
dell’accordo discende un ragionevole e legittimo affidamento del soggetto stipulante all'osservanza e all'esecuzione delle pattuizioni ivi
contenute; un affidamento che, ai sensi dell’art. 11, la P.A. è tenuta a
rispettare, potendo recedere solo alle condizioni previste dalla legge141, con l'obbligo di corrispondere un indennizzo (congruo) alla controparte.
La previsione di sopravvenuti motivi di pubblico interesse nonchè
l'obbligo di corresponsione di una somma a titolo di indennizzo avvicinano la figura del recesso ex art. 11 all'istituto della revoca ex art.
21-quinquies142. Questa tesi è tuttavia smentita da quella parte della
dottrina143 che ritiene il recesso espressione di un potere della P.A.,
non già discrezionale (come la revoca), bensì doveroso che non si estrinseca in quella attività di bilanciamento di interessi, tipica invece
della funzione di riesame.
La figura del recesso pubblicistico ex art. 11 è, comunque, di difficile decifrazione, poichè il diritto di recesso viene esercitato dalla P.A.
139
MONTEFERRANTE L., Ai confini del diritto pubblico: revoca e recesso nella legge sul procedimento amministrativo, in Il Corriere del merito n. 3 del 2006,
367.
140
DI CAMILLO F., Legge n. 15/2005: l’amministrazione “partecipata” tra
conferme e nuove prospettive, in www.diritto.net.
141
Cons. Stato, sez. VI, 20 gennaio 2000, n. 264, in Riv. trim. app., 2000.
142
CIVITARESE MATTEUCCI S., Contributo allo studio del principio contrattuale nell’attività amministrativa, Torino, 1997. Per un inquadramento generale dei
rapporti tra recesso ex art. 11 e revoca ex art. 21-quinquies della l. 241/90 si veda
AA.VV., Autorità e consenso nell’attività amministrativa, Milano, 2002.
143
Sulla configurazione del recesso come potere–dovere MANFREDI G. Accordi e azione amministrativa, op. cit.. PETRILLO A.M., Gli accordi amministrativi
nella legge 7 agosto 1990, n. 241 relativa alla disciplina del procedimento amministrativo, in Riv. amm., 1992.
Parte Seconda
271
nel rispetto non solo della buona fede oggettiva144 e del legittimo affidamento del privato al mantenimento dell’accordo145, ma anche dei
principi di imparzialità e buon andamento. Già tale considerazione evidenzia la maggiore complessità del recesso ex art. 11 rispetto
all’omologa figura di cui all'art. 1373 c.c., con inevitabili differenze
sul regime applicabile.
6.1.1. L’affidamento del privato alla stabilità delle convenzioni di
lottizzazione a fronte di una variante urbanistica al P.r.g.
Le convenzioni di lottizzazione rappresentano strumenti di pianificazione di tipo attuativo146, inquadrabili nel genus degli accordi sosti144
In ordine al principio della buona fede oggettiva, quale canone generale
dell'azione amministrativa, in giurisprudenza ex multis, Cons. Stato, sez. V, 21 giugno 2007, n. 3384. Cons. Stato, 26 gennaio 2011, n. 550. Tar Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 18 agosto 2008, n. 438. Tar Campania, Salerno, sez. I, 22 marzo 2011,
n. 525, in www.giustamm.it. In dottrina MERUSI F., Buona fede e affidamento nel
diritto pubblico: dagli anni trenta all’alternanza, op. cit..
145
SALA G., Accordi sul contenuto discrezionale del provvedimento e tutela
delle situazioni soggettive, op. cit..
146
CENTOFANTI N., Le convenzioni urbanistiche ed edilizie, Giuffrè, 2012.
DALFINO E., L’interesse pubblico nelle lottizzazioni edilizie, Giuffrè, Milano,
1981. SANTIAPICHI X., L’intervento del privato nella pianificazione urbanistica:
lottizzazioni, piani di edilizia economica e popolare, piani per gli insediamenti produttivi, programmi integrati d'intervento, di recupero e di riqualificazione urbanistica, aspetti penali rilevanti, Maggioli, Rimini 1995. CIPOLLINI M., Le lottizzazioni edilizie, Milano, 1987. SANDULLI A., Le convenzioni di lottizzazione: natura
e tutela, in Gior. dir. amm., 1995. SIMONATI A., I piani di lottizzazione: caratteri e
tendenze, in AA.VV., La pianificazione urbanistica di attuazione, De Pretis D. (a
cura di), op. cit.. TRAVI A., voce Piano di lottizzazione e comparti edificatori, in
Dig. disc. pubbl. IX, Torino, 1996. ASSINI N., Diritto urbanistico, III ed., Cedam,
Padova, 2007. CIVITARESE MATTEUCCI S.-URBANI P., Diritto urbanistico.
Organizzazione e rapporti, IV ed., Giappichelli, Torino, 2010. CROSETTI A.POLICE A.-SPASIANO M.R., Diritto urbanistico e dei lavori pubblici, Giappichelli, Torino, 2007. PAGLIARI G., Gli accordi urbanistici tra p.a. e privati, in Riv.
giur. urb., 2008, fasc. 4, 449. STELLA RICHTER P., Diritto urbanistico. Manuale
272
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
tutivi ex art. 11 l. 241/90147. La convenzione di lottizzazione si qualifica, pertanto, come un contratto ad oggetto pubblico, inserito in un
procedimento amministrativo a carattere pianificatorio.
Il tema dell’affidamento del privato suscita da vari decenni, in ambito urbanistico ed edilizio, le attenzioni della giurisprudenza amministrativa, impegnata a preservare le situazioni di aspettativa qualificata
ingenerate da atti della P.A.148.
Quanto alle convenzioni di lottizzazione, di particolare interesse è
l’esame della tutela dell’affidamento suscitato dalla convenzione e relativo all’aspettativa di rilascio di permesso di costruire quale provvebreve, Milano, 2010. ZANINO R., Inadempimenti della p.a. in relazione ai piani di
lottizzazione e risarcimento del danno, in www.giustamm.it. In giurisprudenza Tar
Abruzzo, l’Aquila, 20 novembre 2001, n. 679. Cons. Stato, sez. V, 6 ottobre 2003, n.
5870, in www.giustizia-amministrativa.it. Il principio di negoziabilità del potere,
efficacemente espresso dall'art. 11 l. 241/90, si configura quale principio generale
che trova applicazione anche in materia di pianificazione urbanistica, ove l’incontro
della volontà pubblica con la volontà privata è teleologicamente orientato alla cura
di un interesse pubblico generale previsto dalla legge.
147
PENSABENE LIONTI S., Gli accordi con la pubblica amministrazione
nell'esperienza del diritto vivente, Giappichelli, Torino, 2007. CIVITARESE MATTEUCCI S.-URBANI P., Diritto urbanistico. Organizzazione e rapporti, op. cit..
SARGENTI B., Sulla natura giuridica delle convenzioni urbanistiche, in Foro
amm., 1993, I, 989. SIMONATI A., I piani di lottizzazione: caratteri e tendenze, in
AA.VV., La pianificazione urbanistica di attuazione, De Pretis D. (a cura di), Trento, 2002. In giurisprudenza, ex multis, Cass. Sez. Un., 15 dicembre 2000, n. 1262.
Cass. Sez. Un., 11 agosto 1997, n. 7452, in www.cortedicassazione.it. 54. Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1477, in www.giustizia-amministrativa.it. Cons. Stato,
sez V, 15 settembre 2003, n. 5152, in Cons. Stato 2003, I, 1932. Tar Molise, 18 ottobre 2000, n. 349, in Tar 2000, I, 5242. In special modo le peculiari caratteristiche
di questa forma di accordo vengono sottolineate da Tar campania, sez. I, 11 marzo
2002, n. 209 in Foro Tar 2002, secondo cui la convenzione di lottizzazione, pur essendo espressione di autonomia negoziale, “è comunque giustificata, non tanto
dall’equilibrio tra le prestazioni, che non è tipico di tale negozio”, bensì dalla funzione di urbanizzazione che integra l’unica causa tipica delle obbligazioni patrimoniali imposte al privato.
148
Sugli orientamenti della giurisprudenza degli anni Ottanta del secolo scorso si
rinvia a DANI F., Oscillazioni in materia di affidamento dei privati in ordine alle
scelte urbanistiche, in Riv. giur. ed., 1988.
Parte Seconda
273
dimento accessivo all’accordo. In special modo “la questione si prospetta quando sia preesistente una lottizzazione approvata e convenzionata e il Comune adotti una variante al piano regolatore che preveda per un’area inclusa una nuova e diversa destinazione, con
l’inevitabile incidenza sullo specifico affidamento dei privati”149. In
quest’ipotesi il sottoscrittore della convenzione può vantare
un’aspettativa legittima e meritevole di tutela che ha il suo titolo giustificativo proprio nel piano di lottizzazione previamente stipulato con
l’amministrazione150.
L’affidamento del privato concerne, in particolare, la precedente
edificabilità dell’area sancita nel piano di lottizzazione. Siffatta aspettativa è protetta dall'ordinamento con l'imposizione di un obbligo motivazionale in capo all’autorità amministrativa ove questa decida di
modificare lo strumento urbanistico adottato151. Una motivazione, peraltro, che sia capace di giustificare adeguatamente, previo raffronto
con l'interesse pubblico, il sacrificio arrecato alla aspettativa qualificata del privato alla conservazione dell'assetto urbanistico concordato152.
La tutela dell’affidamento viene così a limitare l'esercizio del potere
pianificatorio, prevedendo in capo all’amministrazione l’obbligo di
motivare puntualmente, previa ponderazione degli interessi in gioco,
149
ANTONIAZZI S., La tutela del legittimo affidamento del privato nei confronti della pubblica amministrazione, op. cit.. In argomento anche MERUSI F., Il coordinamento e la collaborazione degli interessi pubblici e privati dopo le recenti riforme, in Dir. amm., 1993.
150
POLITI R., La variante al P.r.g. Comparazione degli interessi pubblici e privati ed obbligo di motivazione, in Corr. giur. 1994, 1162.
151
LEONDINI G., L’affidamento dei privati nei programmi pluriennali di attuazione, in Riv. giur. urb., 1990, I, 269.
152
Ex plurimis Adun. Plen. Cons. Stato, 22 dicembre 1999, n. 24. Cons. Stato,
sez. IV, 8 giugno 2007, n. 3025. Cons. Stato, sez. IV, 21 giugno 2007, n. 3400, in
www.giustizia-amministrativa.it, secondo cui "la motivazione richiesta non consiste
in un generale raffronto tra l'oggetto della variante ed altre aree del territorio comunale potenzialmente utilizzabili, ma deve comprendere l'indicazione delle ragioni
di pubblico interesse che giustificano il mutamento della qualificazione urbanistica
della specifica zona interessata".
274
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
eventuali modifiche atte a pregiudicare le legittime aspettative degli
interessati.
Quanto ad intensità, la motivazione deve essere specifica e puntuale qualora la variante riguardi aspettative “assistite da una particolare
tutela o da speciale affidamento, quali quelle derivanti da un piano di
lottizzazione debitamente approvato e convenzionato”153, in virtù
dell'impegno formale assunto dalla parte pubblica154. In effetti la tutela
degli affidamenti privati si risolve esclusivamente nell'obbligo di motivazione, ferma restando l'inesauribile e generale potestà di intervento
(e modifica di precedenti soluzioni) della amministrazione in materia
urbanistica.
Di conseguenza nuovi interventi pianificatori (quali ad es. una variante al P.r.g. modificativa di un precedente accordo di lottizzazione),
sono sempre ammissibili purchè la P.A. motivi "alla luce di criteri
oggettivi", evidenziando "la presenza di affidamenti legittimi, considerati nella comparazione con l’interesse pubblico, e valutando
l’entità dell’eventuale sacrificio” del privato155.
L'amministrazione ha, quindi, l’obbligo di "dimostrare
l’impossibilità di soddisfare l’interesse pubblico tramite soluzioni alternative meno onerose per l’interesse" del cittadino, sicchè un'eventuale verifica giudiziale sulla legittimità dell'azione amministrativa sarà effettuata alla stregua del principio di proporzionalità156.
Qualora la variante al piano regolatore si palesi illegittima, con
153
Cons. Stato, sez V, 23 maggio 2000, n. 2982, in www.giustiziaamministrativa.it.
154
Cons. Stato, sez. IV, 31 luglio 2000, n. 4222, in Foro amm. 2000, 2628.
155
ANTONIAZZI S., La tutela del legittimo affidamento del privato nei confronti della pubblica amministrazione, op. cit.. In giurisprudenza Cons. Stato, sez. IV, 17
dicembre 1991, n. 1127, in Nuova rass. 1992, 1629. Cons. Stato, sez. IV, 1 luglio
1992, n. 653, in Cons. Stato 1992, I, 873. Cons. Stato, sez. IV, 7 marzo 1997, n. 217,
in Cons. Stato 1997. Cons. Stato, sez. IV, 1 settembre 1999, n. 1388, in Cons. Stato,
1999. Cons. Stato, sez. IV, 3 luglio 2000, n. 3646, in Cons. Stato, 2000.
156
GALETTA D.U., Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel
diritto amministrativo, op. cit..
Parte Seconda
275
pregiudizio dell’affidamento alla stabilità del piano di lottizzazione
approvato e convenzionato, il privato sarà legittimato ad esperire
un’azione risarcitoria tesa al ristoro del danno subito157.
Un piano di lottizzazione approvato e convenzionato è idoneo, pertanto, a suscitare un’aspettativa meritevole di tutela nei privati aderenti all’accordo. Di conseguenza in caso di adozione di una variante al
P.r.g. negativamente incidente su una convenzione di lottizzazione, la
P.A. è obbligata a fornire, a pena di illegittimità, una congrua, puntuale e pertinente motivazione delle ragioni di interesse pubblico giustificative della scelta amministrativa158.
6.2. L’autotutela decisoria: l’affidamento del cittadino alla stabilità del provvedimento quale limite alla funzione di riesame
L’autotutela decisoria è espressione della funzione di riesame159,
157
Cass. Civ., sez. I, 10 gennaio 2003, n. 157, in www.cortedicassazione.it.
158
Cons. Stato, sez. IV, 14 maggio 1993, n. 531, in Cons. Stato, 1993, I, 1614.
Cons. Stato, sez. IV, 7 aprile 1993, n. 398, in Foro amm., 1993, 678.
159
Sulla tradizionale funzione di riesame esercitata dalla P.A. nell'ordinamento
italiano, senza pretese di completezza, BENVENUTI F., voce Autotutela (dir.
amm.), in Enc. dir., IV, Milano, 1959, 539 e in Enc. dir., XXX, Milano, 1980, 995.
SANDULLI A.M., Manuale di diritto amministrativo, XIV ed. Jovene, 1984. CONTIERI A., Il riesame del provvedimento amministrativo. Annullamento e revoca tra
posizioni favorevoli e interessi sopravvenuti, Napoli, 1991. GIANNINI M.S., Diritto
amministrativo, op. cit.. BARONE G. Autotutela amministrativa e decorso del tempo, in AA.VV., Tempo, spazio e certezza dell’azione amministrativa, Milano, 2003,
209. CORSO G., voce Autotutela, in Diz. dir. pubbl., diretto da S. Cassese, Giuffrè,
Milano, 2006. CORAGGIO G., voce Autotutela, I, Dir. amm., in Enc. giur., IV,
Roma, 1988. GHETTI G., voce Autotutela della pubblica amministrazione, in Dig.
disc. pubbl., II, Torino, 1987. LIBERATI A., L’autotutela amministrativa, Giuffrè,
Milano, 2006. LIGUGNANA G., Profili evolutivi dell’autotutela amministrativa,
Cedam, Padova, 2004. RAGAZZO M., L’autotutela amministrativa: principi operativi e ambiti applicativi, Giuffrè, Milano, 2006. PAZZAGLIA N., L’autotutela deci-
276
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
ossia di quella attività di secondo grado attraverso la quale la P.A., in
omaggio ai principi di legalità e buon andamento, rivede i propri atti
sotto il profilo della legittimità o dell’opportunità, per assicurare in
ogni momento la realizzazione delle finalità stabilite dalla legge.
Il potere di agire in autotutela è, dunque, rivelatore di quel ruolo di
supremazia riconosciuto dall’ordinamento alla P.A., che si manifesta
nella inesauribile capacità di provvedere in ogni tempo in vista dell'ottimale perseguimento del pubblico interesse.
L’autotutela decisoria si sostanzia nell’esercizio di una potestà discrezionale nell’an (iniziativa facoltativa), nel quid (perché alternativamente a contenuto demolitivo o conservativo) e nel quando (può essere esercitata in ogni tempo). Salvo alcune ipotesi di annullamento
doveroso, sia pure in via di espansione160, l’autotutela è di regola espressione di un potere discrezionale. Questo principio, un tempo pacifico, deve essere oggi verificato alla stregua sia di talune concezioni
revisioniste della dottrina161 e della giurisprudenza162, sia di alcune esoria, in La disciplina dell’autotutela, a cura di P. Gianniti, Cedam, 2010.
160
Per una analisi delle tradizionali ipotesi di annullamento doveroso si rinvia a
SANDULLI A.M., Manuale di diritto amministrativo, op. cit.. L'autore individua le
seguenti fattispecie:
1) Annullamento d’ufficio disposto in ottemperanza ad una decisione del giudice
ordinario passata in giudicato che abbia ritenuto illegittimo un atto amministrativo;
2) Annullamento d’ufficio a seguito della decisione di un’autorità di controllo
cui non competa direttamente il potere di annullare l’atto;
3) Annullamento di un atto come necessaria conseguenza dell’annullamento
(giurisdizionale o amministrativo) dell’atto presupposto.
Negli ultimi anni si è assistito all’espansione dei casi di autotutela doverosa. Tra
le più recenti ipotesi normative vi è la disciplina in materia di ritiro degli atti da parte degli organi dell’amministrazione finanziaria prevista dall’art. 1, co. 136, della l.
311/04.
161
SCOCA F.G., Una ipotesi di autotutela amministrativa impropria, in Giur.
cost., 2000, 824. L’autore non esclude un'evoluzione della potestà di autotutela, da
potere discrezionale a potere vincolato. È ben possibile, in particolare, che
“l’annullamento d’ufficio possa cessare di essere, secondo il suo tiponomo consolidatosi per l’opera congiunta di dottrina e giurisprudenza, un procedimento discrezionale, teso a soddisfare un interesse dell’Amministrazione che sia valutato sussistente al momento in cui il provvedimento viene adottato, e possa essere riproposto,
Parte Seconda
277
laborazioni della giurisprudenza comunitaria, che sembrano mettere in
discussione la discrezionalità del potere in favore della sua vincolatività163. (Si rinviano ulteriori approfondimenti al paragrafo successivo).
Occorre, a questo punto, esaminare i vari orientamenti della Corte
di giustizia sulla natura ed i caratteri della funzione di riesame nello
scenario europeo, vagliandone altresì gli effetti sull'ordinamento italiano e, segnatamente, sul ruolo e sui poteri delle autorità amministrative nazionali, anche alla luce del principio di tutela del legittimo affidamento dei soggetti privati.
Il giudice comunitario ha nel corso degli anni ricostruito, sia pure
in modo ondivago e altalenante, i principi che le amministrazioni nazionali devono osservare nell'esercizio della potestà di autotutela164.
almeno nei casi in cui la legge lo preveda in questi termini, come atto totalmente
vincolato”.
162
Corte cost., 22 marzo 2000, n. 75, in www.giurcost.it, con cui è stata dichiarata la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, sollevata
con riferimento agli artt. 3, 5, 24, 97 e 128 Cost., dell’art. 6, 17° comma, della l.
127/97 nella parte in cui prevede che gli enti locali “sono tenuti ad annullare i provvedimenti di inquadramento del personale adottati in modo difforme dalle disposizioni del D.P.R. 25 giugno 1983 n. 347 e successive modificazioni ed integrazioni, e
a bandire contestualmente i concorsi per la copertura dei posti resisi disponibili per
effetto dell’annullamento”. La Corte costituzionale ha riconosciuto la piena compatibilità dell’annullamento d’ufficio ex lege con il dettato costituzionale e, in particolare, con l’art. 97 Cost.. Inoltre ha asserito che “in via di principio, il momento discrezionale del potere della pubblica amministrazione di annullare i propri provvedimenti non gode in sé di copertura costituzionale”, precisando inoltre, in relazione
alla norma oggetto del giudizio, che “la previsione d’un potere-dovere di annullamento dei provvedimenti che avevano disposto gli inquadramenti illegittimi (…) si
configura (…) quale elemento fondante dell’azione amministrativa (in quanto corollario del principio di legalità), tra i cui fini deve intendersi compreso quello di evitare il consolidarsi di situazioni costituitesi contra legem”.
163
MATTARELLA B.G., Autotutela amministrativa e principio di legalità, op.
cit.. Il diritto europeo incide con molteplici modalità sui poteri di autotutela della
P.A., regolandone modalità di esercizio ed effetti.
164
CORLETTO D. (a cura di), Procedimenti di secondo grado e tutela dell'affidamento in Europa, Cedam, Padova, 2007.
278
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Nelle prime pronunce (su tutte Algera165) il giudice di Lussemburgo si
interessa esclusivamente di ipotesi di amministrazione comunitaria diretta concernenti atti della Commissione o delle istituzioni comunitarie. Successivamente con le sentenze Alcan, Delena Wells e Kühne &
Heitz la Corte inizia ad occuparsi di casi di autotutela comunitaria indiretta, ossia delle ipotesi di ritiro, da parte delle P.A., di atti nazionali
attuativi del diritto comunitario.
Nella sentenza Alcan166 la Corte sancisce i principi dell’effetto utile
e del primato del diritto comunitario da cui discende l’obbligo per le
amministrazioni statuali di esercitare i propri poteri di riesame al fine
di rimuovere un provvedimento amministrativo contrario a norme comunitarie. In questa prima fase il principio della tutela del legittimo
affidamento dei destinatari, all’esito di un’attività ponderativa, appare
essere recessivo rispetto ai valori della primazia e dell’uniforme applicazione della normativa europea.
Successivamente, nel caso Delena Wells167, il giudice di Lussemburgo mitiga la primauté del diritto comunitario sul diritto nazionale,
bilanciandola con la tutela dei principi della certezza del diritto e del
legittimo affidamento. La pronuncia riconosce agli Stati una certa autonomia nella scelta delle tecniche e delle modalità di esercizio dei poteri di autotutela, con riferimento alla comparazione dei molteplici interessi in rilievo.
165
Cgce, 12 luglio 1957, in causa C-7/56, Algera c. Assemblea, cit.. La sentenza
riguarda la revoca di un provvedimento amministrativo concernente un dipendente
dell’Assemblea della Ceca. Il ragionamento della pronuncia è il seguente: se il provvedimento è conforme alle norme che ne disciplinano l’adozione e ha prodotto i suoi
effetti, determinando la nascita di diritti in capo al privato, allora non può essere revocato, pena la lesione irrimediabile di tali diritti, in contrasto con l’affidamento ingenerato. Ove invece il provvedimento non sia conforme a diritto, allora certamente
la revoca sarebbe ammissibile, qualora non sia decorso un notevole lasso di tempo
dalla sua emanazione.
166
Cgce, 20 marzo 1997, in causa C-24/95, Alcan, in www.europa.eu.int/eur-
lex/it.
167
Cgce, 7 gennaio 2004, in causa C-201/02, Delena Wells c. Secretary of State
for transport, Local government and the Regions, in www.curia.europa.eu.
Parte Seconda
279
Nella sentenza Kühne & Heitz168, poi, la giurisprudenza comunitaria conferisce rilievo al principio della certezza del diritto confermando, altresì, la discrezionalità delle amministrazioni nazionali
nell’attività di bilanciamento degli opposti interessi in rilievo169. Si
precisa che la tutela dell’affidamento e della certezza del diritto prevalgono tutte le volte in cui il decorso di un congruo lasso temporale,
accompagnato dal radicamento di situazioni soggettive, sconsigli
l’amministrazione dal rimuovere l’atto optando, invece, per una soluzione salvifica dell’efficacia del provvedimento. Ove, invece, il sog-
168
Cgce, 13 gennaio 2004, in causa C-453/00, Kühne & Heitz, cit.. Il giudice
comunitario, ricordando che “la certezza del diritto è inclusa tra i principi generali
riconosciuti nel diritto comunitario” e che “il carattere definitivo di una decisione
amministrativa, acquisito alla scadenza di termini ragionevoli di ricorso o in seguito all’esaurimento dei mezzi di tutela giurisdizionale, contribuisce a tale certezza”,
ha escluso che il diritto comunitario esiga che un organo amministrativo sia obbligato a riesaminare una decisione amministrativa che ha acquisito tale carattere definitivo, se non in presenza delle seguenti condizioni:
a) Che l’amministrazione disponga, secondo il diritto nazionale, del potere di ritornare su tale decisione;
b) che la decisione sia diventata definitiva in seguito ad una sentenza di un giudice nazionale di ultima istanza;
c) che la sentenza, alla luce di una giurisprudenza successiva, risulti fondata su
un’interpretazione errata del diritto comunitario;
d) che l’interessato, immediatamente dopo essere stato informato di tale giurisprudenza, si sia rivolto all’organo amministrativo competente.
169
PEPE G., Il principio di conservazione degli atti giuridici con particolare riguardo alla attività amministrativa, op. cit.: "Alla pubblica amministrazione è rimesso il compito di valutare ex novo ed in concreto gli interessi (pubblici e privati)
in rilievo facendo applicazione del metro della proporzionalità comunitaria per individuare il punto di equo contemperamento degli stessi. I valori in gioco sono, da
un lato, il rispetto e il primato della normativa comunitaria coniugato al valore
dell’effettività e al dovere di leale collaborazione gravante sugli Stati (quale obbligo
di rimuovere le violazioni delle norme comunitarie) e, dall’altro, i principi della
certezza del diritto e dell’affidamento incolpevole del privato. È compito della amministrazione, caso per caso, in ragione delle peculiarità della vicenda, dare prevalenza agli uni o agli altri con lo strumento e con l’intensità più idonei ad offrire una
giusta composizione degli interessi coinvolti". Nessun interesse può, dunque, prevalere in modo automatico sugli altri.
280
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
getto pubblico consideri prevalente, in sede di autotutela, l’osservanza
della legalità comunitaria e il suo ripristino, rimuoverà il provvedimento in contrasto con l’acquis communautaire.
La Corte di giustizia ha ricostruito nelle proprie sentenze i principi
cardine del potere di autotutela avverso atti sia delle istituzioni comunitarie (autotutela diretta) sia delle amministrazioni nazionali (autotutela indiretta).
In tema di revoca di atti amministrativi provenienti da istituzioni
comunitarie170, la giurisprudenza comunitaria, sin dal 1957 (sentenza
Algera), ha elaborato requisiti e limiti del potere di autotutela decisoria171, individuandoli:
1) nel rispetto di un termine ragionevole per l'esercizio della funzione di riesame;
2) nella tutela dell’affidamento incolpevole del destinatario dell'atto;
3) nella decorrenza ex nunc della revoca e nella graduazione degli
effetti retroattivi dell’annullamento.
In ipotesi eccezionali la Corte ha anche affermato la revocabilità
con effetti retroattivi degli atti amministrativi comunitari (legittimi)
attributivi di vantaggi. È quanto accaduto nel caso Snupat172 avante ad
oggetto il ritiro ex tunc di un provvedimento legittimo, ma emanato
sulla base di informazioni false e fraudolente dei soggetti interessati.
Nella fattispecie de qua era del tutto assente un affidamento meritevo170
In giurisprudenza di particolare rilievo Cgce, 13 giugno 1965, in causa C111/63, Lemmerz-Werke GmbH, cit.. In dottrina PAVONI M., L’autotutela nel diritto comunitario, in La disciplina dell’autotutela, op. cit.: "La Corte si avvale nella
maggior parte delle proprie pronunce del termine revoca per indicare e comprendere in generale tutti gli atti di ritiro, risultando pertanto assente qualunque distinzione tra le autonome categorie dei provvedimenti eliminatori. (...) Nel nostro ordinamento alcuni di questi provvedimenti dovrebbero essere piuttosto identificati come
provvedimenti di annullamento d’ufficio o di mero ritiro".
171
GALETTA D.U., Autotutela decisoria e diritto comunitario, in Riv. it. dir.
pubbl. com., 2005, I, 35.
172
Cgce, 22 marzo 1961, in cause riun. C-42/59 e 49/59, Snupat c. Alta autorità,
in Racc. 1961.
Parte Seconda
281
le di tutela.
In un'altra pronuncia (De Compte173) il giudice di Lussemburgo
sottolinea la necessità, ai fini dell'esercizio del potere di riesame, di
un'opera contemperativa dei vari interessi in gioco, al fine di non pregiudicare il legittimo affidamento dei destinatari del provvedimento.
È evidente come i principi e le regole elaborati dalla Corte di giustizia abbiano influenzato i caratteri della autotutela decisoria nell'ambito dell'ordinamento amministrativo italiano, accentuando la protezione delle legittime aspettative dei beneficiari del provvedimento174.
I principi comunitari hanno, dunque, profondamente influenzato il
sistema italiano, condizionando, in chiave limitativa, il potere della
P.A. di rivedere continuamente i propri atti, potere che soggiace, attualmente, ad una serie di limiti legalmente dati175.
La tutela del legittimo affidamento176 mira, infatti, a preservare la
stabilità delle situazioni soggettive individuali consolidatesi con il fluire del tempo, in quanto il decorso temporale rafforza nei destinatari
173
Cgce, 17 aprile 1997, in causa C-90/95, De Compte c. Parlamento, cit.: "Anche se ogni istituzione comunitaria ha il diritto di revocare un atto illegittimo entro
un termine ragionevole, tale diritto può trovare un limite nella necessità di rispettare il legittimo affidamento del beneficiario dell’atto che ha potuto fare affidamento
sulla legittimità di quest’ultimo".
174
In particolare la l. 11 febbraio 2005, n. 15 ha introdotto nel corpo della l. 241
del 90 i nuovi artt. 21-quinquies (revoca del provvedimento) e 21-nonies (annullamento d'ufficio). La potestas riesaminandi della amministrazione, oltre ad avere per
la prima volta un fondamento normativo, viene conformata nei suoi elementi costitutivi dalla visione comunitaria preordinata alla valorizzazione della tutela del legittimo affidamento dei destinatari dell'azione amministrativa.
175
MERUSI F., Buona fede e affidamento nel diritto pubblico: dagli anni trenta
all’alternanza, op. cit. L’autore osserva che “l’ordinamento giuridico nelle sue varie
branche non appare dominato da principi persecutori nei confronti degli atti invalidi ma dal principio di conservazione e di tutela degli interessi consolidati anche se
generati da atti invalidi”. La buona fede, infatti, impone all'amministrazione di rispettare quelle situazioni di vantaggio cristallizzatesi nella sfera giuridica dei privati
attraverso atti invalidi adottati dalla stessa amministrazione e non tempestivamente
annullati.
176
Di rilevante importanza Cgce, 3 maggio 1978, in causa C-112/77, Töpfer, cit..
282
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
dell’atto la convinzione circa la spettanza del bene della vita e, per
l’effetto, censura e limita il potere caducatorio pubblico177.
Il tempo rappresenta un elemento centrale della valutazione amministrativa. Infatti la consistenza della situazione fattuale solidificatasi,
sia pure in virtù di un atto illegittimo o inopportuno, può dissuadere la
P.A. dalla rimozione del provvedimento all’esito di una valutazione
ponderativa di tutti gli interessi coinvolti.
Autorevole dottrina riconduce il principio dell’affidamento al canone generale della buona fede178, un valore quest’ultimo che
nell’elaborazione comunitaria si coniuga con il principio di proporzionalità, il quale impone, in una dimensione contemperativa, il soddisfacimento dell’interesse pubblico con il minor sacrificio possibile degli
interessi privati.
Tanto premesso, è d'obbligo ora misurare nello specifico il grado e
l’intensità della tutela dell’affidamento del privato in Italia a fronte
dell'esercizio della funzione amministrativa di riesame nelle due figure
previste dalla l. 241/90 rispettivamente agli artt. 21-nonies e 21quinques:
1) l’annullamento d’ufficio179;
177
CARINGELLA F., Atti del convegno: "Affidamento ed autotutela:la strana
coppia", in www.giustizia-amministrativa.it.
178
MERUSI F. Buona fede e affidamento nel diritto pubblico: dagli anni trenta
all’alternanza, op. cit.. Secondo l’autore in passato le principali obiezioni alla vigenza del principio di buona fede nell’ordinamento amministrativo erano ravvisate:
1) nella prevalenza e assorbenza dell’interesse pubblico;
2) nelle posizioni diseguali e sperequate dei privati a fronte della primazia e dei
poteri privilegiati della P.A..
179
Dopo la l. 15/2005 CASETTA E., Manuale di diritto amministrativo, op. cit..
LIBERATI A., L’autotutela amministrativa, op. cit.. RAGAZZO M., L’autotutela
amministrativa: principi operativi e ambiti applicativi, op. cit.. CARINGELLA F.,
Manuale di diritto amministrativo, op. cit.. PERTICARARI R., Annullamento in via
di autotutela e interesse pubblico, Commento a Cons. Stato, sez. V, 8 febbraio 2010,
n. 592, in Urb. e app., 2010, fasc. 6, 714. CAMERIERO L., Il nuovo volto
dell’autotutela nell’art. 21-nonies, Commento a TAR Lazio, Roma, sez. II-bis, 20
giugno 2008, n. 6978, in Urb. e app., 2008, fasc. 12, 1467. D’ANCONA S., Interesse pubblico, discrezionalità amministrativa e istanza di parte nell'annullamento
Parte Seconda
283
2) la revoca180.
L’art. 21-nonies l. 241/90 così recita: “Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’art. 21-octies può essere annullato
d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei
controinteressati, dell’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge”. Dunque i presupposti dell’annullamento
d'ufficio sono:
a) l’illegittimità dell’atto;
b) un interesse pubblico, concreto e attuale, all’annullamento
dell'atto prevalente sull’interesse del destinatario alla sua conservazione181;
c) il decorso di un ragionevole lasso temporale dall'adozione
d'ufficio: riflessioni sui recenti sviluppi dottrinari e giurisprudenziali fra diritto interno e diritto comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2009, 537. DE SIANO A.,
Interesse pubblico e decorso del termine ragionevole nell’annullamento d’ufficio,
Nota a Tar Campania, Sez. V, n. 5439 del 2008, in www.giustamm.it. MUSONE R.,
Annullamento d'ufficio degli atti amministrativi e tutela dell'affidamento, op. cit..
180
A seguito della riforma del 2005 CASETTA E., Manuale di diritto amministrativo, op. cit.. LIBERATI A., L’autotutela amministrativa, op. cit.. RAGAZZO
M., L’autotutela amministrativa: principi operativi e ambiti applicativi, op. cit..
STICCHI DAMIANI E., La revoca dopo la l. n. 15 del 2005, in Foro amm. Tar,
2006, 1553. VIPIANA P.M., Invalidità, annullamento d’ufficio e revoca degli atti
amministrativi alla luce della l. n. 15 del 2005, Padova, 2007. GOTTI P., Osservazioni in tema di revoca degli atti amministrativi dopo le leggi n. 15/2005 e n.
40/2007, in Dir. amm., 2009, fasc. 3, 691. ARDITO A., Revoca e nuovi modelli
amministrativi di rivedibilità, Cacucci, Bari, 2008. PIPERATA G., Il ritiro del provvedimento amministrativo tra annullamento e revoca, Commento a Cons. Stato, sez.
VI, 14 gennaio 2009, n. 136, in Gior. dir. amm. 2009, fasc. 11, 1191.
181
COTZA P., Dell'interesse pubblico e di altri "incidenti" nell'annullamento
d'ufficio e nella convalida delle fattispecie precettive di diritto amministrativo, Jovene, 2012. DI SERI C., L’annullamento d’ufficio “doveroso”. Recenti sviluppi della giurisprudenza nazionale e comunitaria in tema di autotutela “vincolata”, in
www.giustamm.it, 2010. Sulla necessità, ai fini dell’esercizio del potere di autotutela, di un interesse pubblico specifico e ulteriore rispetto al mero ripristino della legalità violata, in giurisprudenza, ex plurimis Tar Lazio, Roma, Sez. II bis, 20 giugno
2008, n. 6978, in www.giustizia-amministrativa.it.
284
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
dell'atto;
d) la ponderazione di tutti gli interessi pubblici e privati in rilie182
vo ;
e) la motivazione.
Dalla previsione normativa si evince, pertanto, l'intentio legis di assicurare stabilità alle situazioni soggettive attive e di vantaggio fondate sulla legittima aspettativa del privato alla conservazione del provvedimento183. È chiaro come sia stata proprio l’influenza dei principi
comunitari ad imbrigliare l’onnipotenza privilegiata del potere amministrativo, stemperandone l’autoritarietà e valorizzando le libertà e i
diritti dei destinatari dell'agere publicum.
Per quanto concerne l’istituto della revoca, l’art. 21-quinquies della
l. 241/90 espressamente dispone: “Per sopravvenuti motivi di pubblico
interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di
nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il provvedimento
amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte
dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla
182
Sugli elementi costitutivi dell'affidamento del privato CARINGELLA F., Atti
del convegno: "Affidamento ed autotutela:la strana coppia", op. cit.: "L’affidamento
tutelabile si compone di tre elementi. Oggettivo,che si invera quante volte l’esercizio
del potere incontri sulla sua strada un preesistente bene attribuito in modo chiaro
ed univoco da un provvedimento espresso ed efficace; soggettivo, che rende legittimo l’affidamento generato dalla buona fede e cronologico, in quanto il passare del
tempo è un fattore che inspessisce la convinzione della spettanza del bene della vita
e, per l’effetto, consuma, castra, erode, condiziona il pubblico potere di mettere nel
nulla la attribuzione primogenita".
183
PAZZAGLIA N., L’autotutela decisoria, in La disciplina dell’autotutela, op.
cit.. Secondo l’autrice “con il termine affidamento si fa riferimento a quel particolare atteggiamento di fiducia che il privato ripone nell’apparato amministrativo e nel
suo agire, che si presume corretto”. In argomento anche CARINGELLA F., Atti del
convegno: "Affidamento ed autotutela: la strana coppia", op. cit.: "L’affidamento
legittimo e ragionevole è espressione del principio che impone al soggetto pubblico
che voglia allungare le fauci lato sensu ablatorie di tenere nel debito conto
l’interesse alla conservazione di un vantaggio/bene/utilità conseguito in buona fede
dal privato grazie ad un previo chiaro atto della pubblica amministrazione all’uopo
diretto; e tanto specie se detto vantaggio si sia consolidato per effetto del decorso di
un significativo lasso temporale".
Parte Seconda
285
legge. La revoca determina l’inidoneità del provvedimento revocato a
produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno
dei soggetti direttamente interessati, l’amministrazione ha l’obbligo di
provvedere al loro indennizzo”.
La principale novità, introdotta dalla novella del 2005, consiste nella previsione di un indennizzo da corrispondersi in favore dei privati
in caso di revoca, da parte della P.A., del provvedimento inopportuno.
Poichè la revoca ha ad oggetto un atto legittimo ed è fondata su ragioni di mera convenienza, è prevista la corresponsione di una somma di
denaro al cittadino per la cessazione (sia pure ex nunc) dell’efficacia
del provvedimento.
L’indennizzo, quale congruo ristoro erogato a fronte della revoca
del provvedimento, rappresenta uno strumento di tutela dell'affidamento del privato. Esso è la riprova di come le dinamiche tra autorità
e libertà stiano scivolando sempre più verso la piena valorizzazione
delle situazioni giuridiche soggettive individuali.
6.2.1. Una fattispecie spinosa: l’autotutela della pubblica amministrazione avverso un atto confliggente con l’ordinamento comunitario
Delineati i caratteri del potere di autotutela della P.A., così come
plasmati dalle pronunce della Corte di giustizia, è necessario ora affrontare lo specifico e spinoso tema dell'autotutela avverso atti amministrativi nazionali confliggenti con l'ordinamento comunitario.
Il principale nodo gordiano da sciogliere concerne la qualificazione
della potestà di riesame della amministrazione in termini di potere discrezionale o di potere vincolato. La scelta dell'una o dell'altra soluzione non è priva di conseguenze, poichè idonea a riverberarsi in sede
applicativa ampliando, o viceversa, restringendo l'area di tutela del legittimo affidamento dell'amministrato.
Accedere alla tesi della natura vincolata anziché discrezionale del
286
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
potere184, significa ridurre, fin quasi a vanificare, l'affidamento del cittadino alla stabilità dell'atto a fronte di qualsivoglia illegittimità del
provvedimento. I sostenitori di questo assunto muovono dall'idea che
il primato e l’effettività del diritto comunitario, quali principi di vertice del sistema, imporrebbero alle amministrazioni nazionali di assicurare in ogni momento la conformità dei propri atti all'ordinamento europeo. Da ciò discenderebbe l'obbligo per la P.A. di annullare d'ufficio, in sede di riesame, ogni atto lesivo dell'acquis comunitario, prescindendo dalla considerazione dell'affidamento radicato nei destinatari.
Questa tesi evoca l’orientamento del Consiglio di Stato secondo cui
l’accertamento dell’illegittimità degli atti amministrativi per contrasto
con il diritto comunitario sarebbe da solo sufficiente “a radicare un
concreto e attuale interesse pubblico e ad escludere una preminente
valutazione dell’interesse del privato alla conservazione dell’atto”185.
Il generico potere di riesame della P.A. si trasformerebbe, dunque,
in questa circostanza in un preciso dovere di rimozione dell'atto illegittimo186. L’interesse pubblico all’annullamento sarebbe, pertanto, in
re ipsa, prevalendo ab origine sull’aspettativa dei privati, di talchè alla
amministrazione verrebbe preclusa l’adozione di un provvedimento di
II grado ad esito conservativo.
Una siffatta predeterminazione delle caratteristiche nonchè degli
esiti del potere di autotutela sembra, tuttavia, porsi contrasto con la
natura discrezionale dell'annullamento d'ufficio riconosciuta sia dalla
l. 241/90 sia dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Infatti la
funzione di riesame, è per sua natura, espressione di un potere discrezionale che può condurre la P.A., all’esito di una nuova ponderazione
comparativa degli interessi in gioco, tanto alla eliminazione quanto al184
SINISI M., La doverosità dell’esercizio del potere di autotutela in presenza di
un atto amministrativo contrastante con i regolamenti comunitari, Nota a Tar Palermo, 28 settembre 2007, n. 2049, in Foro amm. Tar, 2007, fasc. 10, 3265.
185
186
Cons. Stato, sez. IV, 5 giugno 1998, n. 918, in www.giustamm.it.
SINISI M., La doverosità dell’esercizio del potere di autotutela in presenza di
un atto amministrativo contrastante con i regolamenti comunitari, op. cit..
Parte Seconda
287
la conservazione dell’atto. E ciò dovrebbe valere anche nei casi di illegittimità comunitaria.
Una violazione normativa, di qualunque tipologia, non è fattore di
per sé idoneo a giustificare l'annullamento del provvedimento, dovendo l’amministrazione valutare in concreto l’interesse pubblico al ripristino della legalità in relazione a tutti gli interessi (pubblici e privati)
coinvolti, alla stregua del tempo trascorso dalla adozione dell’atto e
degli affidamenti ingenerati.
Vero è che il sistema italiano contempla anche casi di annullamento
doveroso, ma essi rappresentano ipotesi tassativamente codificate che
nulla hanno a che vedere con l’esercizio dei poteri di autotutela decisoria.
Se di doverosità deve parlarsi, essa non può riguardare l’esito valutativo (ossia la caducazione sempre e comunque dell’atto anticomunitario), bensì può caratterizzare l’attivazione del potere di riesame
(l'an).
È quanto si evince dalle sentenze della Corte di giustizia Alcan, Delena Wells e Kühne & Heitz, da cui sono ricavabili principi di carattere
generale.
L’amministrazione italiana, in caso di provvedimento anticomunitario, ha il dovere di effettuare una valutazione degli interessi in rilievo per accertare se è più forte l’affidamento del privato, con conseguente salvezza dell’atto, sia pure affetto da illegittimità comunitaria,
o se prevalga, viceversa, l'interesse pubblico al suo annullamento. Tale
valutazione non può che essere discrezionale e, lungi dall’essere astratta e predeterminata, va calata nelle specificità del caso concreto.
La giurisprudenza italiana ha da sempre avuto posizioni oscillanti
in ordine alla qualificazione del potere di autotutela avverso atti amministrativi anticomunitari. Secondo un primo orientamento,
l’annullamento d’ufficio dell’atto viziato di anticomunitarietà dovrebbe configurarsi come un potere vincolato187, sul presupposto che
187
Ex multis Cons. Stato, sez. IV, 18 gennaio 1996, n. 54, in Cons. Stato 1996, I,
43, in cui si precisa che “di fronte alla necessità di adempiere agli obblighi comunitari può recedere ogni altro interesse pubblico o privato”. Cons. Stato, sez. V, 18
aprile 1996, n. 447, in Foro it., 1996, 186, secondo cui “l’interesse pubblico preva-
288
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
l’unico limite alla prevalenza del diritto comunitario nel nostro ordinamento sia costituito dai principi fondamentali e dai diritti inviolabili
della persona umana. In tutti gli altri casi dalla primazia dell'ordinamento europeo discenderebbe la qualificazione in termini di doverosità del potere di annullamento d'ufficio. L’annullamento in autotutela
di un atto amministrativo risponderebbe in questa logica
all'"l’adempimento di un preciso obbligo internazionale legittimamente assunto dallo Stato italiano alla stregua dell’art. 11 Cost. rispetto
al quale le eventuali implicazioni correlate a situazioni interne di diritto non possono assumere rilevanza"188.
Negli ultimi anni, tuttavia, il Consiglio di Stato189, ricavando spunti
dalle pronunce Kühne & Heitz e Delena Wells della Corte di Lussemburgo, ha rivisitato il proprio precedente orientamento, affermando
che l’esercizio del potere di autotutela, essendo per natura discrezionale, non possa qualificarsi in termini di doverosità.
Infatti,
diversamente
opinando,
l’adesione
alla
tesi
dell’annullamento doveroso comporterebbe un sacrificio a priori dei
valori della certezza e dell’affidamento del destinatario del provvedilente è quello di evitare l’irrogazione di sanzioni a carico dello Stato da parte delle
istituzioni comunitarie per violazione del diritto comunitario”. Vedasi anche Cons.
Stato, sez. IV, 5 giugno 1998, n. 918, in Urb. e app., 1998, 1343. Cons. Stato, sez.
IV, 5 giugno 1998, n. 918, in Urb. e app. 1998, 1342. Secondo i giudici amministrativi l’interesse pubblico al riesame sarebbe tout court sussistente ogni qual volta
l’atto amministrativo sia l'esito di una violazione indiretta dell’ordinamento comunitario (ossia mutuata da una legge nazionale anticomunitaria). Di conseguenza, la violazione da parte dell’amministrazione del diritto comunitario verrebbe ad assumere
una rilevanza superiore alla stessa violazione della legge nazionale, sì da implicare
di regola, e non in via eccezionale, la sussistenza in re ipsa di un interesse al ripristino della legalità comunitaria prevalente sulle situazioni di legittimo affidamento dei
destinatari, senza alcun bilanciamento. In questi casi, trattandosi di esercizio doveroso del potere di autotutela, l’amministrazione dovrebbe procedere senza indugio
all’annullamento ex officio dell’atto anticomunitario.
188
BARONE A., Nota a Cons. Stato, sez. I, parere 9 aprile 1997, n. 372 del
1997, in Foro it., 1999, III, 334. Si veda, inoltre, PIGNATELLI N., Legalità costituzionale ed autotutela amministrativa, in www.giustizia-amministrativa.it.
189
Cons. Stato, sez. VI, 3 marzo 2006, n. 1023, in www.giustamm.it.
Parte Seconda
289
mento, in evidente contrasto con i caratteri della autotutela decisoria e
con il principio di proporzionalità.
Dalla giurisprudenza comunitaria non pare evincersi, a livello generale, alcun obbligo per le amministrazioni nazionali di rimuovere in
autotutela gli atti anticomunitari, bensì si richiede ad esse un bilanciamento case by case, in modo da calibrare i contrapposti interessi in
gioco. La sentenza Kempter190, in questa prospettiva, sembra avvalorare la tesi della discrezionalità del potere di riesame nella parte in cui
afferma che il vizio di legittimità comunitaria dell’atto amministrativo
non è idoneo a trasformare, di per sé ed in modo automatico,
l’autotutela da potere discrezionale in potere vincolato.
I principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento sono anch’essi principi comunitari che, a seguito di un corretto contemperamento, possono alle volte prevalere sulle esigenze di
ripristino della legalità violata. Anche in questo modo, sia pure da una
prospettiva diversa, si assicurano il primato e l’effettività del diritto
europeo.
Per queste ragioni è preferibile la tesi mediana della c.d. autotutela
obbligatoria, secondo la quale il potere di riesame sarebbe doveroso
nell'an (quanto ad attivazione), ma discrezionale negli esiti, dovendo
la P.A. bilanciare, caso per caso, gli interessi pubblici e privati in conflitto191.
190
191
Cgce, 12 febbraio 2008, in causa C-2/06, Kempter, cit..
D’ANCONA S., Interesse pubblico, discrezionalità amministrativa e istanza
di parte nell'annullamento d'ufficio: riflessioni sui recenti sviluppi dottrinari e giurisprudenziali fra diritto interno e diritto comunitario, op. cit.. L’autore distingue tra
l’obbligo di “presa in considerazione”, connesso ad una richiesta del privato di riesame del provvedimento, dall’obbligo di “provvedere” nel senso dell’annullamento
officioso.
290
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
6.3. Il danno da ritardo e la nuova concezione del tempo come
bene della vita risarcibile in via autonoma
La pronuncia delle SS.UU. n. 500 del 1999192 è un crocevia di svolta per il sistema amministrativo italiano: per la prima volta si afferma,
in via generale, la responsabilità della P.A. per i danni arrecati
nell’esercizio del potere, con conseguente risarcibilità della lesione arrecata all'interesse legittimo (specie pretensivo)193.
Fino a quel momento l’amministrazione aveva goduto
dell’impunità nell’attività iure imperii, agendo come soggetto irresponsabile immune da richieste risarcitorie dei soggetti lesi.
Poiché l’azione di annullamento ha rappresentato per molto tempo
l’unica forma di tutela esperibile dal privato, gli ulteriori pregiudizi,
cagionati dal provvedimento illegittimo, non ricevevano protezione,
tranne nel caso di interessi legittimi oppositivi, cioè preceduti da diritti
soggettivi; ipotesi, nella quale, in realtà, ad essere risarcito era il diritto soggettivo presupposto o collegato.
Nel corso dei decenni è maturata, tuttavia, la consapevolezza della
inefficienza e ineffettività per gli amministrati di un sistema di tutela a
carattere esclusivamente demolitorio soprattutto in relazione agli interessi legittimi pretensivi194.
192
Cass. Civ. Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, in www.cortedicassazione.it. La
pronuncia in esame infrange, una volta per tutte, il muro della irrisarcibilità del danno da lesione di interesse legittimo in ambito amministrativo. Precedentemente il
dogma della irrisarcibilità degli interessi pretensivi era stato superato dall’art. 13 l.
142/92, (attuativo della direttiva n. 665/89), con esclusivo riferimento agli appalti di
rilievo comunitario. Sulla breccia aperta dall’art. 13 della l. 142/92 TIZZANO A.,
Diritto comunitario e tutela giurisdizionale nel diritto interno. La tutela risarcitoria
degli interessi legittimi, in AA.VV., Attività amministrativa e tutela degli interessati, op. cit.. SATTA F., La lesione di interessi legittimi: variazioni giurisprudenziali
sulla inammissibilità del risarcimento e principi comunitari, in Giur. it. 1993, 1795.
193
Prima di tale pronuncia l’amministrazione era considerata responsabile dei
danni arrecati ai privati esclusivamente nelle ipotesi di comportamenti materiali o di
atti iure privatorum.
194
CAPONIGRO R., Una nuova stagione per la tutela giurisdizionale degli inte-
Parte Seconda
291
La caduta del dogma dell'irrisarcibilità ha, conseguentemente, generato molteplici ipotesi di responsabilità della P.A., nella direzione di
una tutela maggiormente satisfattiva delle pretese del cittadino.
Come autorevolmente sostenuto, nei rapporti tra l’amministrazione
e i cives ad assumere rilevanza non è soltanto il provvedimento finale
ma tutta l’attività amministrativa nel suo sviluppo procedimentale, per
cui deve parlarsi più che di responsabilità al singolare di responsabilità
al plurale195.
Infatti è, oggi, ammissibile non solo una responsabilità da provvedimento amministrativo illegittimo, ma anche una responsabilità comportamentale da violazione di obblighi procedimentali196, sganciata
dall’adozione del provvedimento finale. Trattasi di una forma di responsabilità da contatto amministrativo qualificato tra l'amministrazione e i destinatari dell'azione, cui secondo alcuni sarebbe applicabile
il regime previsto dall'art. 1218 c.c.197.
ressi legittimi, in www.giustamm.it, 2012. Secondo l'autore "le difficoltà ad assicurare l'effettività della tutela, insomma, nascono essenzialmente dal fatto che la giurisdizione amministrativa di legittimità è stata storicamente strutturata come un
giudizio incentrato sulla legittimità di un atto, rispetto al quale la pretesa sostanziale del privato si rivelava recessiva, per cui se la posizione lesa è di interesse legittimo oppositivo, in quanto aspira ad un non facere dell'amminsitrazione, l'annullamento del provvedimento afflittivo si presenta solitamente attributivo del bene della
vita sperato in quanto la sentenza è autoesecutiva, mentre, se la posizione lesa è di
interesse legittimo pretensivo, che aspira ad un facere dell'amministrazione, l'annullamento del provvedimento quasi mai si presenta autonomamente satisfattivo, essendo necessaria la riedizione del potere amministrativo, solo in esito al quale il
bene della vita potrà essere attribuito".
195
SCOCA F.G., Risarcibilità e interesse legittimo, op. cit..
196
MARUOTTI L., La struttura dell’illecito amministrativo lesivo dell’interesse
legittimo e la distinzione tra l’illecito commissivo e quello omissivo, in Dir. proc.
amm. 2008, il quale distingue nettamente “l’illecito commissivo della pubblica amministrazione (riferibile ai casi in cui la lesione sia stata cagionata con un provvedimento o con un comportamento connesso a un provvedimento) da quello omissivo
(riferibile al mancato o ritardato esercizio della funzione pubblica)”.
197
In ordine alla tematica generale del rapporto procedimentale tra cittadino e
P.A. si rinvia ad ANTONELLI V., Contatto e rapporto nell'agire amministrativo,
Cedam, Padova, 2007.
292
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
La responsabilità, dunque, sorge in presenza della violazione del
termine per provvedere imputabile all'amministrazione e foriera di
pregiudizi per l'interessato.
La figura del danno da ritardo procedimentale198 si decodifica in
una pluralità di fattispecie contigue o affini:
1) l’amministrazione adotta un provvedimento illegittimo sfavorevole al privato (ad es. diniego di atto ampliativo) e successivamente, a
seguito di annullamento giurisdizionale del primo atto, emana un nuovo provvedimento legittimo e favorevole;
2) l’amministrazione eroga un provvedimento legittimo (favorevole
o sfavorevole) in ritardo, ossia in violazione del termine previsto per
la conclusione del procedimento199;
3) l'amministrazione rimane inerte nonostante l'obbligo di provvedere (c.d. silenzio-inadempimento).
L'interprete si trova, pertanto, al cospetto di una varietà di fattispecie richiedenti ciascuna un particolare approfondimento.
Il primo caso si inscrive nell’alveo della responsabilità da provvedimento, poiché il danno è provocato da un atto illegittimo della P.A.
198
Senza pretese di esaustività, in dottrina, D'ARIENZO M., La tutela del tempo
nel procedimento e nel processo. Silenzio patologico e danno da ritardo: profili sostanziali e processuali, Edizioni scientifiche italiane, 2012. PAVAN A., Il danno da
ritardo, Giuffrè, 2012. MARI G., La responsabilità della p.a. per danno da ritardo,
in M.A. Sandulli (a cura di), Codice dell'azione amministrativa, Giuffrè, 2011. LUCATTINI S., La responsabilità da ritardo dell’azione amministrativa: dalla spettanza alla satisfattività, in Foro amm.Tar, 2011, 1896. CLARICH M.-FONDERICO
G., La risarcibilità del danno da mero ritardo dell’azione amministrativa, in Urb. e
app., 2006, 67. NAPOLITANO G., Il danno da ritardo, in AA.VV., Verso
un’amministrazione responsabile, Milano, 2005.
199
CLARICH M., Termine del procedimento e potere amministrativo, Torino,
1995. Il danno da mero ritardo va tenuto distinto dal danno derivante dalla adozione
tardiva di un provvedimento favorevole il quale, invece, si ricollega al ritardo nel
godimento dell’utilità finale oggetto dell’atto ampliativo. Sulla distinzione tra le due
tipologie di pregiudizi si veda anche TRIMARCHI BANFI F., Tutela specifica e tutela risarcitoria degli interessi legittimi, Torino, 2000. In giurisprudenza recentemente Cons. Stato, sez. V., 28 febbraio 2011, n. 1271, in www.giustiziaamministrativa.it.
Parte Seconda
293
(il diniego) e dal successivo ritardo nel rilascio del provvedimento.
Il secondo e il terzo caso sono, invece, inquadrabili fra i danni da
ritardo procedimentale in cui il pregiudizio non è causato direttamente
dal provvedimento (nella specie legittimo), bensì è riconducibile ad
una condotta del soggetto pubblico scorretta, in quanto tardiva e pertanto lesiva del legittimo affidamento del privato200.
In questa sede interessa analizzare con particolare attenzione il profilo della risarcibilità del danno da ritardo procedimentale201, in presenza di una colpevole violazione da parte della P.A. dei tempi previsti per l’erogazione del provvedimento. Come accennato, la particolarità del danno da ritardo consiste nella sua riferibilità ad un comportamento dell’amministrazione inottemperante all’obbligo di provvedere nel termine prestabilito.
Il nuovo modello di azione amministrativa, introdotto dalla l.
241/90, ha attribuito rilevanza autonoma, rispetto all’interesse legittimo al bene della vita, a situazioni soggettive di natura strumentale che
l'amministrazione ha il dovere di rispettare nell'esercizio della funzione pubblica.
Il rapporto procedimentale tra soggetto pubblico e amministrati,
improntato ai canoni di buona fede e correttezza, fa nascere una mol-
200
CARRAI F., La tutela risarcitoria a fronte dell’illegittimo esercizio del potere, in Invalidità amministrativa, a cura di V. Cerulli Irelli e L. de Lucia, Giappichelli, Torino, 2009. Secondo l’autore “il fattore tempo si colloca come valore centrale
nell’ambito dei rapporti tra cittadino ed amministrazione e come tale è preso in
considerazione dalla legge sul procedimento. Dalla violazione della disciplina sui
tempi della azione amministrativa trae origine il danno da ritardo cd. procedimentale, patito in assenza di provvedimento o indipendentemente dalla legittimità dello
stesso”.
201
CARANTA R.-VECCI G., Inerzia, Silenzio, ritardo: Quale responsabilità
per la Pubblica Amministrazione?, in Resp. civ. e prev., Set. 2006, Juris Works,
Giuffrè, 9. Per una panoramica sul tema si veda anche GALVAGNO E., Ancora
un’occasione mancata per il danno da ritardo: l’errore scusabile esclude il risarcimento del tempo perduto, Commento a Cons. di Stato, sez. IV, n. 2564 del 2008, in
Giur. it., 2009, fasc. 4, 1004.
294
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
teplicità di obblighi e pretese in capo alle parti202.
In particolare dalla prospettiva del cittadino si rinviene all’interno
della categoria degli interessi pretensivi, e piuttosto accanto ad essi, un
ambito di interessi c.d. procedimentali la cui violazione da parte della
P.A. integra un titolo di responsabilità, idoneo a radicare un danno risarcibile diverso e autonomo rispetto alla lesione del bene della vita203.
Proprio “a tale categoria di interessi procedimentali è ascrivibile il
danno da ritardo, sicchè il privato ha titolo ad agire per il risarcimento del danno subito in conseguenza della mancata emanazione del
provvedimento richiesto nei termini previsti e indipendentemente dalla successiva emanazione e dal contenuto di tale provvedimento”204.
Dal ritardo dell’azione amministrativa possono derivare, pertanto,
specifici e autonomi pregiudizi, a prescindere dall’esito del procedi-
202
Tutto ciò si inserisce nel più generale contesto europeo all'interno del quale
dall'instaurazione di un rapporto amministrativo nascono in capo al cittadino pretese
direttamente azionabili nei confronti del soggetto pubblico. Sul punto SANNA
TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea, op. cit: "Il contatto fra amministrazione e cittadino lega tali soggetti in un rapporto di responsabilità che rende, perciò, le dette pretese non meri canoni dell'agire
amministrativo, ma situazioni di vantaggio dei cittadini alle quali corrispondono
obblighi da parte della pubblica amministrazione. In sintesi, principi e pretese costituiscono lo statuto del cittadino e dell'attività amministrativa quando amministrazione e amministrati instaurano un rapporto giuridico".
203
Con riferimento alla distinzione tra interessi meramente procedimentali ed interessi sostanziali si rinvia a GIANNINI M.S., Diritto amministrativo, op. cit.. Secondo l’autore l’interesse procedimentale è quella posizione che “ha per oggetto situazioni e vicende dei procedimenti” e che perciò “non si riferiscono direttamente a
beni della vita, ma a fatti procedimentali che a loro volta investono beni della vita”.
Tale classificazione è stata ripresa anche dalla giurisprudenza amministrativa (Adun.
Plen. Cons. Stato 10 luglio 1986, n. 8, in Cons. Stato 1986) che identifica gli interessi procedimentali in quelle situazioni soggettive attive con cui “si aziona l’interesse
strumentale all’eliminazione dell’atto o comportamento preclusivo del successivo
sviluppo del procedimento o che attengono al sub-procedimento”.
204
QUINTO P., Il risarcimento del danno da ritardo: un passo avanti ed uno indietro, in www.giustamm.it, 2011.
Parte Seconda
295
mento205.
La tematica del danno da ritardo intercetta, così, la problematica
dell’affidamento del privato che risulterebbe vulnerato dall’inadempimento, da parte dell’amministrazione, dell’obbligo di concludere il
procedimento nel termine stabilito.
La violazione di siffatto obbligo lede l’interesse procedimentale
(per taluni un vero e proprio diritto soggettivo) dell'individuo al rilascio di un provvedimento in tempi certi. L’aspettativa degli amministrati a veder definita la propria situazione procedimentale nei rapporti
col potere pubblico è considerata dall'ordinamento ragionevole e dunque meritevole di tutela risarcitoria in caso di lesione. Il tempo, infatti,
in quanto espressione della progettualità del privato, è un bene della
vita autonomo che deve ricevere per ciò solo protezione giuridica206.
Occorre a questo punto ricostruire il dibattito svoltosi nell’ultimo
decennio sulla risarcibilità del danno da ritardo, facendo altresì cenno
alla natura delle situazioni giuridiche soggettive coinvolte.
Il problema di fondo consiste nel comprendere se la lesione di un
interesse procedimentale (il rispetto dei tempi dell’azione amministrativa) sia idonea di per sè a produrre un danno risarcibile in via autonoma, indipendentemente dall’esito del procedimento; oppure se, al
contrario, il ritardo acquisti rilevanza solo in seguito al riconoscimento
205
D’ANCONA S., Il termine di conclusione del procedimento amministrativo
nell’ordinamento italiano. Riflessioni alla luce delle novità introdotte dalla legge 18
giugno 2009 n. 69, in www.giustamm.it, 2009.
206
CLARICH M.-FONDERICO G., La risarcibilità del danno da mero ritardo
dell’azione amministrativa, op. cit.: La previsione di un termine è “volta a fornire
una certezza temporale al richiedente in ordine ad ogni aspetto sulla sua partecipazione: l’impegno di risorse, la rinuncia ad altre opportunità, l’esigenza di avvalersi
di circostanze favorevoli che non abbiano durata indefinita”. In giurisprudenza, di
recente, Cons. Stato, sez. V., 28 febbraio 2011, n. 1271, cit.. Cons. Stato, sez. V, 21
marzo 2011, n. 1739, in www.giustizia-amministrativa.it: "Ogni cittadino e ogni impresa hanno diritto ad avere risposta dalle amministrazioni alle proprie istanze nel
termine normativamente determinato e ciò proprio al fine di programmare le proprie attività e i propri investimenti; un inatteso ritardo da parte della p.a. nel fornire
una risposta può condizionare la convenienza economica di determinati investimenti".
296
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
dell’utilità finale. In altri termini è necessario domandarsi se il danno
da ritardo sia ristorabile tout court per la violazione arrecata alla posizione soggettiva procedimentale a seguito dell’inosservanza del termine e dunque anche in caso di provvedimento sfavorevole, oppure se
il danno vada risarcito, viceversa, all’esito di un favorevole giudizio di
spettanza del bene della vita. La questione vede schierati in campo due
opposti orientamenti.
Secondo una prima tesi207 il danno da ritardo sarebbe risarcibile
ove collegato al riconoscimento dell’utilità chiesta dal privato (attraverso un provvedimento della P.A. o mediante un giudizio prognostico del giudice). Così ragionando, da un lato, si negherebbe autonomia
alla lesione degli interessi procedimentali e, dall’altro, si escluderebbe
la risarcibilità dei danni conseguenti (compreso il danno da mero ritardo). Pertanto, ad accedere al risarcimento sarebbero solo i danni
consequenziali alla lesione del bene della vita che dell’interesse legittimo pretensivo costituisce il sostrato materiale.
In quest’ottica, di conseguenza, il danno da mero ritardo, carente di
una propria fisionomia, non potrebbe ricevere alcun ristoro in caso di
provvedimento sfavorevole, mentre nell'ipotesi di riconoscimento del
bene della vita la risarcibilità del danno da ritardo risulterebbe assorbita nella lesione dell’interesse legittimo sostanziale208.
Il danno da ritardo viene, così, ad essere concepito come
un’amalgama che unisce in sé l’interesse alla conclusione per tempo
del procedimento e l’interesse al rilascio del provvedimento, in un
connubio inscindibile che apre la via risarcitoria solo ove sia lesa la
pretesa sostanziale al bene della vita.
Questo orientamento fa leva sul presupposto che, essendo sconosciuta al nostro ordinamento la figura dei punitive damages, di origine
207
Ex plurimis Adun. Plen. Cons. Stato, 15 settembre 2005, n. 7, in in
www.giustizia-amministrativa.it. Cons. Stato, sez. V, 2 marzo 2009, n. 1162, in
www.giustizia-amministrativa.it.
208
Questo orientamento ritiene non risarcibile il danno da mero ritardo ossia il
danno che non si ricolleghi alla spettanza di un bene della vita, sottolineando la natura strumentale degli interessi procedimentali rispetto all’interesse legittimo pretensivo ed all’utilità sostanziale ad esso correlata.
Parte Seconda
297
anglosassone, "il fatto illecito produce l’obbligazione risarcitoria se
ed in quanto esista una lesione da riparare"209. Pertanto non sarebbe
risarcibile il danno da ritardo puro ossia sganciato dalla fondatezza
della pretesa sostanziale.
Così opinando l’interesse procedimentale al rispetto dei tempi
dell’azione amministrativa rivestirebbe un ruolo meramente ancillare
nei confronti dell’interesse legittimo pretensivo, sottostando alle tecniche risarcitorie per esso previste210. In tal senso l'affidamento del civis all'erogazione del provvedimento nel termine previsto rimarrebbe
sfornito di tutela. Tale assunto si richiama alla pronuncia delle SS.UU.
n. 500 del 1999 che avrebbe posto un filtro alla risarcibilità degli interessi legittimi pretensivi, consentendo il ristoro della lesione dei soli
interessi collegati ad un bene della vita, con conseguente esclusione
dall’area della risarcibilità degli interessi meramente procedimentali211.
Secondo altro orientamento212, il danno da ritardo deve, viceversa,
essere risarcito in via autonoma, poichè il tempo rappresenta un bene
di per sè meritevole di tutela, indipendentemente dal riconoscimento
209
Tar Puglia, Bari, sez. II, 13 gennaio 2005, n. 56, in www.giustiziaamministrativa.it.
210
L’accertamento degli interessi legittimi pretensivi, ai fini risarcitori, avviene
attraverso un giudizio prognostico dell'organo giurisdizionale sulla fondatezza
dell’istanza, giudizio la cui ampiezza è condizionata dalla natura discrezionale o
vincolata del potere amministrativo.
211
Secondo le Sezioni Unite della Cassazione “la lesione dell’interesse legittimo
è condizione necessaria ma non sufficiente, per accedere alla tutela risarcitoria ex
art. 2043 c.c., attesa la necessità che risulti leso per effetto dell’attività illegittima e
colpevole della p.a. l’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo si
correla, e che il detto interesse al bene risulti meritevole di tutela alla luce
dell’ordinamento positivo”.
212
Ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, ordinanza n. 875 del 2005; (si tratta
dell’ordinanza di rimessione che ha condotto alla decisione della Adun. Plen. Cons.
Stato, 15 settembre 2005, n. 7, cit.). Tar Campania, Napoli, sez. II, 6 settembre-19
ottobre 2007, n. 9739. Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1271, cit.. Tar Sardegna, Cagliari, sez. I, 21 aprile 2011, n. 423, in www.giustizia-amministrativa.it.
298
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
dell'utilitas finale.
In questa prospettiva anche la lesione di interessi meramente procedimentali risulterebbe idonea a produrre un danno risarcibile per la
distinta protezione riconosciuta dall'ordinamento a questa situazione
giuridica soggettiva213. Infatti per una parte della giurisprudenza amministrativa nell’alveo degli interessi tutelati dall'ordinamento andrebbe annoverato pure l’interesse alla conclusione del procedimento nel
termine previsto.
Invero “l’affidamento del privato alla certezza dei tempi della azione amministrativa sembra–nell’attuale realtà economica e nella
moderna concezione del c.d. rapporto amministrativo-essere interesse
meritevole di tutela in sé considerato, non essendo sufficiente relegare
tale tutela alla previsione e all’azionabilità di strumenti processuali a
carattere propulsivo, che si giustificano solo nell’ottica dell’utilità finale, ma appaiono poco appaganti rispetto all’interesse del privato a
vedere definita con certezza la propria posizione in relazione a
un’istanza rivolta all’amministrazione”214.
Nel corso del procedimento amministrativo nascono, dunque, situazioni soggettive in capo al cittadino, strumentali e autonome rispetto all’interesse pretensivo al bene della vita, cui corrispondono precisi
doveri comportamentali della P.A., i quali radicano nell’istante un ragionevole affidamento circa la loro osservanza. Una diversità di situazioni giuridiche soggettive che necessariamente tende a tradursi in una
differenziazione sia delle tecniche risarcitorie sia dell’entità del danno
ristorabile.
213
D’ORO F., Il danno da ritardo alla luce delle nuove tendenze legislative e
giurisprudenziali, in Riv. amm. repubbl. it., 2009, fasc. 6, 2. In giurisprudenza, ex
plurimis, Cons. Stato, sez. IV, ordinanza n. 875 del 2005, in www.giustiziaamministrativa.it. Cons. Stato, sez. V., 28 febbraio 2011, n. 1271, cit.: Il ritardo nella
conclusione del procedimento rappresenta in ogni caso "un costo dal momento che il
fattore tempo costituisce un'essenziale variabile nella predisposizione e nell'attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa
convenienza economica". In senso conforme anche Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio
2011, n. 1739, in www.giustizia-amministrativa.it.
214
Cons. Stato, sez. IV, ord. n. 875 del 2005, cit..
Parte Seconda
299
Lungo la scia di questo secondo orientamento giurisprudenziale la
risarcibilità del danno da ritardo ha trovato consacrazione normativa
prima nell'art. 2-bis introdotto dalla l. 69/2009 nel corpus della l.
241/90 e successivamente nell'art. 30 co. IV C.p.a.215.
In conclusione va ribadito come il danno da ritardo, ossia il danno
correlato alla violazione, da parte della amministrazione, del termine
entro cui provvedere, si traduca per cittadino in un danno da incertezza, finalmente risarcibile ex se. L'evoluzione giurisprudenziale e normativa sul punto rappresenta la prova della definitiva apertura del diritto amministrativo italiano a quei valori della partecipazione di matrice europea, funzionali alla massima valorizzazione delle pretese del
cittadino nello svolgimento del rapporto amministrativo. E ciò è possibile grazie al contributo determinante dei principi comunitari, in
special modo dei principi del giusto procedimento e della tutela del
legittimo affidamento, che hanno imposto alla P.A. l'obbligo di rispettare nell’esercizio della funzione pubblica gli interessi procedimentali
del cittadino, in ossequio ai canoni di legalità e partecipazione oggi
previsti sia a livello comunitario sia in ambito nazionale.
215
FUSCO R., Brevi note sul risarcimento del “danno da ritardo” alla luce del
uovo codice del processo amministrativo, in www.giustamm.it, 2010.
300
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Parte Seconda
301
CAPITOLO VII
LA TUTELA GIURISDIZIONALE DEL CITTADINO
NEI CONFRONTI DELLA PUBBLICA
AMMINISTRAZIONE: SPUNTI RICOSTRUTTIVI
SOMMARIO: 7.1. L’ampliamento delle azioni esperibili e l’evoluzione del
giudizio amministrativo dall’atto al rapporto per una tutela giurisdizionale piena ed effettiva. 7.1.1. I nuovi caratteri dell'annullamento giurisdizionale nel tramonto dei miti della necessaria retroattività e dell'automatismo. 7.1.2. La vexata quaestio della ammissibilità dell'azione di accertamento autonomo: excursus storico dalla metà del XX sec. al Codice del
Processo amministrativo. 7.1.3. L'azione risarcitoria e il nodo della "pregiudiziale mascherata".
7.1. L’ampliamento delle azioni esperibili e l’evoluzione del giudizio amministrativo dall’atto al rapporto per una tutela
giurisdizionale piena ed effettiva
Il principio di effettività della protezione giurisdizionale del cittadino si inserisce nel più ampio tema dell’effettività quale requisito di
esistenza di un ordinamento giuridico216. L’effettività dei mezzi pro216
PIOVANI P., Il significato del principio di effettività, Milano, 1953. IRTI N.,
Significato giuridico dell'effettività, Napoli, 2009. ROSELLI F., Il principio di effet-
302
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
cessuali postula, infatti, la concreta operatività delle norme su cui il
sistema è fondato. Dunque l’effettività della tutela si qualifica in termini di corollario dell’effettività dell’intero ordinamento giuridico.
Il principio di effettività della tutela giurisdizionale si identifica,
tanto nel giudizio civile quanto in quello amministrativo, in una forma
di efficacia dello ius dicere calibrata sulle situazioni giuridiche sostanziali del ricorrente217. Tale principio deve inverarsi, pertanto, in
un’attività di tipo processuale che sia capace di assicurare all’attore il
conseguimento del bene della vita agognato218.
Il sistema italiano di giustizia amministrativa risulta fortemente
condizionato dal diritto europeo e segnatamente dai principi di completezza e satisfattività della tutela219. Come efficacemente osservato i
principi comunitari esplicano ormai “un’influenza determinante su
tutta l’attività amministrativa, pre–processuale, processuale e postprocessuale” e cio avviene “tanto nella fase fisiologica della individuazione delle norme applicabili e della ponderazione degli interessi
in relazione ai fini dell’attività amministrativa, quanto nella fase patologica della rilevazione dei vizi dell’atto, quanto ancora nella fase
strettamente processuale, connotata dal rispetto di precise soglie mitività e la giurisprudenza come fonte del diritto, in Riv. dir. civ., 1998. Sui molteplici significati che il concetto di effettività assume nell'esperienza giuridica e nel diritto amministrativo D'ALBERTI M., L'effettività e il diritto amministrativo, Editoriale
scientifica, 2011. L'autore attribuisce all'effettività tre significati: a) effettività-fatto;
b) effettività-risultato; c) effettività-principio.
217
PROTO PISANI A., La tutela di mero accertamento, in Appunti sulla giustizia civile, Bari, 1982, 11.
218
Sui caratteri del principio di effettività della tutela giurisdizionale nell'ambito
del giudizio civile ORIANI R., Il principio di effettività della tutela giurisdizionale,
op. cit.. ANDOLINA I.A., Processo ed effettività della tutela giurisdizionale, in
Studi in memoria di A. Bonsignori, Milano, 2004. FAZZALARI E., Tutela giurisdizionale dei diritti, in Enc. dir., XX, Milano, 1970, 403.
219
DANIELE L., L’effettività della giustizia amministrativa nell’applicazione
del diritto comunitario europeo, op. cit.. TRAVI A., L’effettività della giustizia amministrativa, in AA.VV., Il diritto amministrativo alle soglie del nuovo secolo.
L’opera scientifica di Fabio Merusi, a cura di Benvenuti L.–Clarich M., ETS, Pisa,
2010.
Parte Seconda
303
nime o standards di tutela”220.
In particolare il giudice è investito della funzione di garantire
l’attuazione dei principi sopra citati, in modo che la pretesa fatta valere dal cittadino possa ottenere in sede giudiziale massima soddisfazione.
Scopo del processo, infatti, è “il più alto che possa esservi nella vita: e si chiama giustizia”221. Quest’ultima, in quanto servizio erogato
in favore della collettività, deve essere in grado di offrire agli amministrati risposte celeri e pienamente satisfattive. L’idea di giustizia postula imprescindibilmente i valori della pienezza e dell'effettività della
tutela.
In una tale prospettiva si inserisce anche il processo amministrativo, quale giudizio teleologicamente orientato al conseguimento di un
risultato sostanziale che si identifica proprio nel riconoscimento della
pretesa fatta valere dal ricorrente.
La giustizia amministrativa è stata investita negli ultimi decenni da
profonde trasformazioni sino a giungere ad un vero e proprio cambio
di paradigma in molti Paesi d’Europa, tra cui il nostro. In particolare
l'ordinamento italiano registra l’evoluzione del processo amministrativo da giudizio di natura obiettiva a giudizio di tipo soggettivo222. Si è
così abbandonata la tradizionale prospettiva fondata sul potere e
sull’interesse pubblico per una rinnovata idea della funzione giurisdizionale calibrata sulle pretese del ricorrente.
Proprio la natura soggettiva del giudizio conferisce, oggi, al cittadino un diritto ad una tutela giurisdizionale realmente piena ed effettiva, poichè orientata al soddisfacimento di situazioni giuridiche sogget220
TARULLO S., Il giusto processo amministrativo. Studio sull’effettività della
tutela giurisdizionale nella prospettiva europea, op. cit..
221
222
CALAMANDREI P., Processo e giustizia, in Riv. dir. proc. 1950, I, 282.
GARCIA DE ENTERRÌA E., Le trasformazioni della giustizia amministrativa, op. cit.: "Il ricorso giurisdizionale amministrativo ha cessato di essere uno strumento in difesa della mera legalità, difesa (…) che conduceva, nel migliore dei casi,
ad una mera pronuncia di illegittimità e che dunque non consentiva al ricorrente di
ottenere né una soddisfazione (immediata) della pretesa sostanziale soggettiva né un
(successivo) intervento giudiziale utile a conseguirla".
304
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
tive di natura sostanziale223.
Tale obiettivo è sicuramente agevolato dalla proliferazione del novero delle azioni ammissibili nel giudizio amministrativo. Infatti il
processo è transitato "da una concezione meramente formale, propria
del vecchio modello di impugnazione, a una forma di tutela che si
contraddistingue per i risultati concreti che è in grado di garantire, e
quindi si proietta al di là dell’annullamento dell’atto amministrativo"224.
Si sviluppa, così, un nuovo sistema di tutele in cui il giudice amministrativo, attraverso rinnovati poteri e strumenti processuali, assume
un ruolo decisivo nel riconoscimento delle prerogative e
nell’estensione degli spazi di libertà del cittadino225. Conquiste valorizzate dalla l. 205/2000 che trovano oggi definitiva consacrazione nel
Codice del processo amministrativo.
Il principio di effettività della tutela giurisdizionale non è certamente un quid novi nell’ordinamento italiano, essendo scolpito nella
Carta costituzionale del ’48, segnatamente agli artt. 24226, 103 e 113.
223
L'evoluzione dei rapporti tra il soggetto pubblico e i c.d. amministrati in una
direzione democratica e partecipativa ha contribuito al mutamento dei caratteri del
giudizio ammministrativo, che ha spostato il proprio asse dalla roccaforte dell'interesse pubblico verso gli interessi sostanziali dei ricorrenti. Quanto accaduto è coevo
anche ad un'evoluzione del significato dell'effettività. Sul punto D'ALBERTI M.,
L'effettività e il diritto amministrativo, op. cit.: "L'effettività come principio di diritto, ma anche come risultato utile ha sostenuto dapprima il potere pubblico, l'azione
della pubblica amministrazione, per poi divenire fattore di compiutezza della tutela
delle situazioni giuridiche soggettive degli amministrati: da balurdo dell'imperium,
dell'autorità, è diventata supporto delle libertà e dei diritti".
224
ROMEO G., L’effettività della giustizia amministrativa: principio o mito?, in
Dir. proc. amm., n. 3 del 2004, 653.
225
SCHINAIA M.E., Evoluzione del processo amministrativo nell’esperienza
giurisprudenziale tra garanzia ed effettività, in Cons. Stato, II, 1997, 317.
226
Corte cost., 2 febbraio 1982, n. 18, in www.giurcost.it. L’art. 24 Cost. rappresenta, secondo i giudici della Consulta, primario riferimento normativo per
l’effettività della protezione giurisdizionale. Infatti tale principio “va ascritto tra i
principi supremi del nostro ordinamento costituzionale, in cui è intimamente connesso con il principio di democrazia l’assicurare a tutti e sempre, per qualsiasi con-
Parte Seconda
305
Con l’affermazione del diritto comunitario, tuttavia, esso riceve
nuova linfa, rigenerandosi in una dimensione di più ampio respiro,
proiettata verso l’estensione delle libertà e delle garanzie del cittadino227. The domestic remedies must be effective228 è lo slogan imposto
dalla Corte di giustizia ai giudici dei Paesi membri.
Il C.p.a. si colloca lungo tale direttrice, positivizzando, da un lato,
le conquiste giurisprudenziali sino ad oggi compiute229 e, dall’altro,
lasciando spazi a futuri sviluppi normativi nel segno dell’ampliamento
delle tutele del cittadino. La nuova legge processuale, infatti, si conforma espressamente ai principi costituzionali ed europei e, tra questi,
fa espresso richiamo al principio di effettività della tutela quale valore
cardine dell’intero sistema giurisdizionale230. L’art. 1 del C.p.a., infattroversia, un giudice e un giudizio”. La disposizione accorda tutela non solo ai diritti
soggettivi ma anche agli interessi legittimi, i quali vengono parificati ai diritti soggettivi quanto a possibilità di azione in giudizio. Sul ruolo dell'art. 24 Cost., quale
fondamento del principio di effettività della tutela giurisdizionale, vedasi anche
COMOGLIO L.P., Giurisdizione e processo nel quadro delle garanzie costituzionali, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1994, 1063.
227
CARINGELLA F.-PROTTO M., Codice del nuovo processo amministrativo,
Dike, 2010. L’influenza comunitaria ha plasmato, infatti, il sistema italiano di giustizia amministrativa dischiudendo scenari imprevedibili. Il principio comunitario
dell’effettività della tutela giurisdizionale viene oggi ampliato e sviluppato dagli ordinamenti nazionali sulla base di standards minimi di protezione imposti dal diritto
sovranazionale, in un contesto integrato orientato alla massima protezione dei diritti
e delle libertà del singolo. A riguardo si rinvia in giurisprudenza a Cgce, 15 aprile
2010, in causa C-542/08, Friedrich, cit.. Cgce, 6 ottobre 2009, in causa C-40/08, Asturcom, cit..
228
Così Cons. Stato, sez. IV, 2 marzo 2010, n. 1220, in www.giustiziaamministrativa.it.
229
Nella relazione di accompagnamento al Codice del processo amministrativo il
legislatore delegato definisce l’effettività come la “capacità del processo di conseguire risultati nella sfera sostanziale, e ciò per quanto più è possibile (quindi quando non vi ostino sicure preclusioni processuali)”.
230
Poiché l’art. 1 C.p.a. aggancia il principio di effettività della tutela ai principi
del diritto europeo, il giudice amministrativo deve dare rilevanza a due “serbatoi di
regole sostanziali”, affermate sia dalla Corte di Lussemburgo sia dalla Corte di Strasburgo. Il primo gruppo di regole–che in questa sede particolarmente interessa-è ri-
306
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
ti, espressamente recita: “La giurisdizione amministrativa assicura
una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del
diritto europeo”.
Il principio di pienezza ed effettività della tutela è applicato nell'ordinamento italiano sia alle situazioni soggettive comunitarie sia alle
situazioni soggettive di origine nazionale.
A ben vedere questa espansione delle tutele discende dalla generale
capacità dei principi comunitari di condizionare, in via diretta o riflessa, i sistemi giuridici statuali, innescando altresì meccanismi di imitazione o contagio cha rafforzano la protezione delle situazioni soggettive individuali indipendentemente dalla fonte di produzione231.
Il C.p.a. si pone quale importante tappa di sviluppo del principio di
pienezza ed effettività della tutela232, consacrando le conquiste giurisprudenziali sul giudizio amministrativo inteso oggi come giudizio,
non più limitato all’atto impugnato, ma esteso al rapporto intersoggettivo controverso233. Il mutamento dell'oggetto del giudizio amminiassunto nella previsione dell’art. 340 del TFUE (rubricato “principi generali comuni
ai diritti degli Stati membri”), il quale attribuisce rilevanza alla certezza del diritto,
alla intangibilità degli effetti delle decisioni giurisdizionali, al rispetto del legittimo
affidamento, al principio di proporzionalità.
231
Sull'argomento anche FRENI F.-DE LUCA F., Effettività della tutela e giusto
processo amministrativo, op. cit.: "Con l'entrata in vigore dell'art. 1 del codice (...)
lo standard di tutela sovranazionale non opera più con riguardo alla sola violazione
del diritto comunitario, bensì trova concreta applicazione anche in presenza di un'inosservanza di disposizioni interne, incidenti su materie sottratte alla competenza
europea. (...) Su tale profilo preme sottolineare come non assuma più alcuna rilevanza la distinzione tra fonte europea e nazionale della situazione giuridica azionata. In tutte le ipotesi in cui il privato lamenti una indebita compressione della propria situazione soggettiva (in esito ad atti, provvedimenti, accordi o comportamenti
amministrativi) anche di sola origine nazionale, egli dovrà ricevere il più elevato
livello di tutela tra quelli predisposti dal diritto nazionale e dal diritto europeo".
232
RAGANELLI B., Efficacia della giustizia amministrativa e pienezza della tutela, op. cit.. MARUOTTI L., La giurisdizione amministrativa: effettività e pienezza
della tutela, in www.giustamm.it, 2010.
233
Questa tesi risale ad una felice intuizione di A. Piras risalente agli anni Sessanta del secolo scorso. Vedasi in proposito PIRAS A., Interesse legittimo e giudizio
Parte Seconda
307
strativo implica una rivisitazione degli istituti del processo. Si assiste,
infatti, all'ampliamento del novero delle azioni esperibili con conseguente superamento di quel modello di tutela esclusivamente caducatorio234 che tradizionalmente offriva agli interessi pretensivi una protezione lacunosa e ineffettiva235. Invero il processo meramente demoamministrativo, op. cit.. L'autore è stato il primo a sostenere la necessità di un'evoluzione del giudizio amministrativo dall'atto al rapporto intersoggettivo controverso.
Sulla centralità del rapporto amministrativo nell'attuale contesto storico si segnala il
contributo di PROTTO M., Il rapporto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2008. In
giurisprudenza, ex plurimis, Adun Plen. Cons. Stato, 23 marzo 2011, n. 3. Tar Lombardia, sez. III, 8 giugno 2011, n.1428. Cons. Stato, sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 713,
in www.giustamm.it. Cass. Sez. Un., 23 dicembre 2008, n. 30254, in
www.cortedicassazione.it.
234
Sull'esigenza di abbandonare la concezione meramente impugnatoria del giudizio amministrativo, tra i tanti contributi, GRECO G., L’accertamento autonomo
del rapporto nel giudizio amministrativo, Milano 1980. VAIANO D., Pretesa di
provvedimento e processo amministrativo, Milano, 2002.
235
In ordine alla storica e atavica ineffettività del sistema di tutela degli interessi
legittimi pretensivi FOÀ S., Giustizia amministrativa e pregiudizialità costituzionale
comunitaria e internazionale, Jovene, Napoli, 2011: "La tipicità dell'azione di annullamento era coerente con la visione originaria del processo amministrativo come
un processo impostato sulla tutela degli interessi legittimi oppositivi ai quali corrispondeva una pretesa ad un non facere in capo all'amministrazione, cioè un dovere
di astensione dall'emanare il provvedimento restrittivo della sfera giuridica dell'interessato: siffatta visione non corrisponde più all'evoluzione legislativa e giurisprudenziale che ha attribuito rilevanza e pari dignità agli interessi legittimi pretensivi".
In argomento anche BARBIERI E.M., La giustizia amministrativa sulla via
dell’effettività, in Foro amm., n. 4 del 2001, 1551. Per decenni il sistema della giustizia amministrativa è stato tutto tranne che effettivo in quanto modellato su un giudizio oggettivo caducatorio, idoneo ad offrire tutela ai soli interessi legittimi oppositivi. Gli interessi pretensivi rimanevano sforniti di una protezione piena ed effettiva.
ROEHRSSEN G., I problemi della giustizia amministrativa, in Cons. Stato 1980, II,
629. SANDULLI A.M., La giustizia nell’amministrazione, in Scritti giuridici, Napoli, vol V, 1990. MERUSI F.-SANVITI, L’ingiustizia amministrativa in Italia, Bologna, 1986. NIGRO M., È ancora attuale una giustizia amministrativa?, in Foro it.
1983. GIANNINI M.S.–PIRAS A., Giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria nei confronti della pubblica amministrazione, in Enc. dir., XIX, Milano,
1970, 294: "Il congegno da noi vigente è non un sistema, ma un parasistema. Crea
ingiustizia e genera disordine sociale. Abbiamo cioè un parasistema i cui difetti so-
308
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
litorio, che aveva nell'atto il proprio irrinunciabile fulcro, è un'immagine che ormai si "allontana e sbiadisce" (Ferrara L.).
È attualmente condiviso l’assunto che il provvedimento non sia più
l’oggetto esclusivo del giudizio amministrativo, bensì ne rappresenti
una semplice “occasione”, in conformità ai principi costituzionali che
affidano al giudice amministrativo il compito di tutelare l'interesse legittimo quale situazione giuridica sostanziale.
La cognizione del giudice amministrativo è estesa al rapporto e agli
interessi delle parti, onde verificare la spettanza del bene della vita236,
vero obiettivo del ricorrente che aziona la macchina giudiziaria. In
questa direzione la funzione giurisdizionale procede ad ampie falcate
verso l'effettività della tutela.
Passando ora all’esame dei contenuti del principio de quo, va sottolineato, in via preliminare, come l’effettività della tutela sia “un valore, per un verso, relativo e storicamente mutevole, nel senso che ne
sono riconoscibili diverse interpretazioni nonché diverse gradazioni e
sfaccettature”237.
Il sistema amministrativo italiano, per erogare una tutela realmente
no irreversibili. (...) È un falso problema, dunque, quello che taluni prospettano di
una riforma del sistema di giustizia amministrativa, in Italia. Qui non vi è nulla da
modificare. vi è solo da cambiare in radice".
236
BARBIERI E.M., La giustizia amministrativa sulla via dell’effettività, op.
cit.: “Di effettività della giustizia amministrativa si potrà parlare quando al termine
del processo amministrativo, inteso in tutte le sue articolazioni, il ricorrente potrà
dire di avere conservato o ottenuto il bene della vita in funzione del quale egli invoca un legittimo esercizio dell’attività amministrativa”. VOLPE C., Profili di effettività nella disciplina processuale del risarcimento del danno da lesione di interessi
legittimi, in www.giustamm.it. Ad avviso dell’autore l’effettività, quale proiezione
processuale del principio di efficacia, ha condotto l’ordinamento italiano ad identificare l’obiettivo finale del processo nell’attribuzione di una res e non nel mero annullamento del provvedimento impugnato. Il processo deve, invero, assicurare il conseguimento del bene della vita anelato da chi agisce in giudizio.
237
LAMORGESE A., L’effettività della tutela nell’esperienza giurisprudenziale,
in www.giustamm.it, 2008. Per una ricostruzione storico–evolutiva del fenomeno
PAJNO A., La funzione giurisdizionale del Consiglio di Stato ai tempi di Santi Romano Presidente: l’effettività della tutela giurisdizionale, in www.astrid.it.
Parte Seconda
309
piena ed effettiva, deve essere in grado di assicurare al ricorrente le
seguenti condizioni:
1) la possibilità di agire in giudizio per la tutela delle situazioni giuridiche soggettive di cui si è titolari;
2) il diritto di rivolgersi ad un giudice terzo e imparziale;
3) il diritto alla prova, da intendersi come possibilità di avvalersi, in
condizioni di parità nel processo, di tutti gli strumenti probatori previsti dall’ordinamento;
4) il diritto di ottenere in un tempo ragionevole un provvedimento
di merito sulla fondatezza della domanda e, in caso di accoglimento,
un provvedimento che sia satisfattivo dell’interesse sostanziale del ricorrente238;
5) il diritto al rilascio di misure cautelari satisfattive;
6) il diritto di ottenere l’esecuzione concreta ed effettiva della sentenza.
Certamente il principio comunitario di effettività della tutela giurisdizionale interferisce con la tematica delle azioni esperibili nei singoli ordinamenti statuali ed in particolare nell'ordinamento italiano239.
Da un sistema processuale esclusivamente demolitorio la giustizia
amministrativa nel nostro Paese è traghettata verso un modello atipico
di protezione giurisdizionale240, in cui a fianco dell’azione di annulla-
238
CHIOVENDA G., Principi di diritto processuale civile, op. cit.: "Il processo
deve dare per quanto è possibile praticamente a chi ha un diritto tutto quello e proprio quello ch’egli ha diritto di conseguire".
239
CHITI M.P., L’effettività della tutela giurisdizionale tra riforme nazionali e
influenza del diritto comunitario, in Dir. proc. amm., n. 3 del 1998, 502.
240
CARINGELLA F., Architettura e tutela dell'interesse legittimo dopo il codice
del processo amministrativo: verso il futuro, op. cit.. Secondo l'autore attualmente
"a fronte di un interesse legittimo che vede al centro della sua architettura il bene
della vita, o meglio l’interesse materiale ad un bene della vita, devono essere esperibili tutte le azioni che siano necessarie per tutelare in concreto l’interesse sostanziale" del ricorrente anche alla luce dei principi comunitari ed europei. Di conseguenza "sono proponibili tutte le azioni atipiche che siano necessarie per soddisfare
esigenze di protezione che le tutele regolate non sono in grado di soddisfare in modo adeguato (si pensi all’azione di accertamento atipica reputata ammissibile dalla
310
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
mento convivono e sono esperibili, in forma alternativa o cumulativa,
azioni risarcitorie, di accertamento e di condanna241.
Una piena, completa ed effettiva protezione delle istanze del singolo postula imprescindibilmente un sistema giurisdizionale costruito sui
principi di pluralità ed atipicità delle forme di tutela, quali indissolubili corollari del principio di effettività242.
Il C.p.a., attraverso una disciplina organica del processo, si colloca
nel solco dell’effettività della tutela, in primo luogo con l’estensione
decisione n. 15/2011 del Consiglio di Stato); dall’altro, che anche le azioni tipiche
presentano un profilo di atipicità in quanto il legislatore, nel prevedere un’azione,
non può predeterminare in astratto il contenuto delle domande proponibili a tutela
di una determinata posizione, contenuto ricavabile solo in ragione della specificità
della lesione che viene in rilievo nel caso concreto e del bisogno di tutela che deve
essere correlativamente appagato. Il principio di atipicità non concerne quindi solo
il novero delle azioni proponibili, con conseguente superamento del dogma del numerus clausus, ma anche e forse soprattutto il contenuto concreto delle azioni tipizzate in modo astratto, e quindi necessariamente incompleto, dal legislatore".
241
TARULLO S., Costituzione europea ed effettività della tutela giurisdizionale
amministrativa, in www.giustamm.it. In virtù del principio dell’autonomia processuale degli Stati membri,“ai legislatori nazionali è lasciata facoltà di scegliere le
concrete modalità tecnico-operative che andranno a caratterizzare i singoli processi
all’interno degli Stati membri: il tipo di azione proponibile (dichiarativa, costituiva
o di condanna), il plesso giurisdizionale (ordinario o speciale, individuale o collegiale), il lasso di tempo entro il quale l’azione va promossa (decadenza, prescrizione), gli strumenti per portarla ad esecuzione (esecuzione in via giurisdizionale, amministrativa, ecc.), il modello di pronuncia (sentenza, ordinanza, decreto), i mezzi di
gravame”. Ma il principio della autonomia processuale degli Stati membri rinviene
due temperamenti nei principi comunitari di equivalenza e di effettività della tutela, i
quali erodono la discrezionalità dei pubblici poteri nazionali nella tutela delle situazioni di origine comunitaria.
242
In dottrina RAGANELLI B., Efficacia della giustizia amministrativa e pienezza della tutela, op. cit.. ORSI BATTAGLINI A., Alla ricerca dello stato di diritto, per una giustizia “non amministrativa”, op. cit.. CLARICH M., Tipicità delle azioni e azioni di adempimento nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm.,
2005. DOMENICHELLI V., Le azioni nel processo amministrativo, in Dir. proc.
amm., 2006. TORCHIA L., Le nuove pronunce nel Codice del processo amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it, 2010.
Parte Seconda
311
delle azioni esperibili (cautelari, risarcitorie e di condanna)243. Ad esse
la giurisprudenza amministrativa aggiunge l'azione di accertamento
atipica244 e l'azione di esatto adempimento245 che, sia pure non consacrate a livello normativo, vengono pacificamente ammesse246.
Con riferimento alla tutela cautelare247, il C.p.a. sviluppa l’impianto
243
CAPONIGRO R., Il principio di effettività della tutela nel codice del processo amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it, 2010. Sulla esperibilità in via
generale dell'azione di condanna dinanzi al giudice amministrativo, di recente Adun.
Plen. Cons. Stato, 23 marzo 2011, n. 3, in www.giustamm.it.
244
Sull’evoluzione delle forme di tutela attivabili nel giudizio amministrativo
MORBIDELLI G., Le tecniche di tutela dell’interesse legittimo: verso l’azione atipica di accertamento?, Atti del convegno “Riparto, responsabilità, pregiudiziale e
tecniche di tutela: la giurisprudenza amministrativa tra storia e attualità”, Consiglio di Stato, Roma, 27 maggio 2009. GRECO G., L’accertamento autonomo del
rapporto nel giudizio amministrativo, op. cit.. Tra i primi a riconoscere l'esperibilità
di un'azione di accertamento nel processo amministrativo CAMMEO, F. Corso di
diritto amministrativo, op. cit.. Successivamente GUICCIARDI E., Sentenze dichiarative del giudice amministrativo?, in Giur. it., III, 1951, 121.
245
Tar Lombardia, sez. III, 8 giugno 2011, n. 1428, cit..
246
Più in generale sugli strumenti di tutela esperibili oggi nel processo amministrativo, senza pretese di esaustività. CLARICH M., Le azioni nel processo amministrativo tra reticenze del Codice e apertura a nuove tutele, in www.giustiziaamministrativa.it, 2010. CARBONE A., L'azione di adempimento nel processo amministrativo, Giappichelli, 2012. FOLLIERI E., Le azioni di annullamento e di adempimento nel codice del processo amministrativo, in www.giustamm.it, 2010.
RAIMONDI S., Le azioni, le domande proponibili e le relative pronunzie, in
www.giustamm.it, 2010. VELTRI G., Le azioni di accertamento, adempimento, nullità ed annullamento nel codice del processo amministrativo, in www.giustiziaamministrativa.it, 2011. GISONDI F., Nuovi strumenti di tutela nel codice del processo amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it, 2011.
247
Tra i più recenti contributi si segnalano LUMETTI M.V., Processo amministrativo e tutela cautelare, Cedam, 2012. GIOVAGNOLI R., Il giudizio cautelare,
Giuffrè, 2012. AA.VV., La tutela cautelare e sommaria nel nuovo processo amministrativo, a cura di F. Freni, Giuffrè, Milano, 2011. LEONARDI R., La tutela cautelare nel processo amministrativo, Giuffrè, 2010. Sull'influenza della giurisprudenza
comunitaria sul sistema di tutela cautelare italiano MUSSELLI L., La giustizia amministrativa dell'ordinamento comunitario, op. cit..
312
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
sul contenuto atipico delle misure cautelari introdotto dalla l.
205/2000. Nell'alveo di una giurisdizione ormai sempre più votata
all'accertamento del rapporto intersoggettivo controverso248, la cautela
da mero “incidente” a carattere eventuale diviene snodo centrale del
processo249. In tal senso di significativo impatto sul sistema è
l’introduzione dell'istituto della tutela cautelare monocratica ante causam250.
Da ultimo occorre verificare il grado di interferenza tra il principio
di effettività della tutela, oggi positivizzato a livello europeo, e il principio costituzionale del giusto processo di cui all’art. 111 I co.
Cost.251, stante la parziale sovrapposizione tra i medesimi. Se tradizio248
TARULLO S., Il giusto processo amministrativo. Studio sull’effettività della
tutela giurisdizionale nella prospettiva europea, op. cit.: "La cautela esclusivamente
sospensiva poteva apparire in linea con un processo amministrativo-quello delle
origini-imperniato sull'esclusivo sindacato di legittimità dell'atto impugnato e condotto nell'ottica di una giurisdizione di diritto oggettivo, teso cioè a verificare l'operato dell'amministrazione più che a tutelare il singolo. Ma con la progressiva emersione di una giurisdizione di tipo soggettivo, indubbiamente più conforme al quadro
costituzionale, si è approdati ad un processo di parti nel senso proprio del termine.
Si è così iniziato a celebrare, nelle aule della giustizia amministrativa, un giudizio
mirato alla tutela delle situazioni giuridiche soggettive private non meno che al sindacato sull'esercizio del potere".
249
Ciò sotto due profili:
a) per la celerità, efficacia ed efficienza della misura che può intervenire a tutela
del ricorrente, sia conservando inalterata la situazione in attesa della decisione di
merito, sia anticipando quest’ultima con l'adozione da parte del giudice di ogni misura idonea ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione di merito;
b) poiche rappresenta l’unica possibilità d’investire il giudice della conoscenza
del ricorso prima che sia fissata l’udienza di discussione.
Queste disposizioni fanno diventare la Camera di consiglio per l’esame della misura cautelare uno snodo cruciale per l’integrazione del contraddittorio, l’acquisizione istruttoria e la fissazione ravvicinata dell’udienza di trattazione.
250
FOLLIERI E., Le novità del codice del processo amministrativo sulle misure
cautelari, in www.giustamm.it, 2010.
251
TARULLO S., Costituzione europea ed effettività della tutela giurisdizionale
amministrativa, op. cit.. Sull'accresciuta centralità del cittadino nel processo amministrativo STIPO M., La giurisdizione amministrativa nell'odierno ordinamento de-
Parte Seconda
313
nalmente si considerava il principio del giusto processo quale standard di tutela interno a protezione delle situazioni giuridiche conferite
da norme nazionali ed il principio di effettività quale baluardo per le
sole situazioni soggettive di origine comunitaria, attualmente tale distinzione sembra superata con l’entrata in vigore del C.p.a., in quanto
gli standards di tutela comunitari si applicano a qualsivoglia situazione giuridica soggettiva, indipendentemente dalla fonte e dunque anche
in ambiti di esclusiva competenza statale.
7.1.1. I nuovi caratteri dell'annullamento giurisdizionale nel tramonto dei miti della necessaria retroattività e dell'automatismo
È fuor di dubbio come, a seguito della capillare infiltrazione dei
principi comunitari negli ordinamenti processuali nazionali, sia in atto
una mutazione nello scenario italiano della giustizia amministrativa
tanto dei tratti distintivi quanto delle modalità operative della sentenza
costitutiva di annullamento.
Come già evidenziato, l'esigenza di fornire al ricorrente una tutela
giurisdizionale concretamente satisfattiva ha determinato l'evoluzione
del giudizio amministrativo da una concezione oggettiva, incentrata
sull'interesse pubblico e sul principio di legalità formale, verso un
giudizio soggettivo costruito intorno al soddisfacimento delle pretese
individuali.
In un tale scenario il paradigma della sentenza demolitoria, oltre a
perdere centralità per il concorso di nuove azioni252, vede ridefinite le
mocratico, in La funzione amministrativa e il suo giudice alla luce delle recenti modifiche della Costituzione, a cura dell'ANMA, Giappichelli, 2003: "Il privato (il ricorrente) non è più il Titano che va all'assalto dell'Olimpo ma è parte in senso formale e in senso sostanziale, al pari della p.a., ed ove, alla luce dell'art. 111 Cost.
novellato, deve sussistere una simmetrica parità delle posizioni e dei poteri processuali delle parti".
252
Contra SCOCA S.S., L'effettività della tutela nell'azione di annullamento, in
www.giustamm.it, 2012, secondo cui l'azione di annullamento sarebbe ancora centrale nel nuovo processo amministrativo inaugurato dal d.lgs. 104/2010.
314
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
proprie caratteristiche, per mano di una giurisprudenza sempre più attenta, in sede processuale, ai bisogni e agli interessi del cittadino.
Il dogma della necessaria caducazione in sede giurisdizionale
dell'atto amministrativo illegittimo è oggi messo in discussione dal
principio secondo il quale l'annullamento ope iudicis non sarebbe più,
come in passato, effetto conseguente ed automatico dell'accertamento
di un vizio di legittimità.
In molte fattispecie il ricorrente potrebbe non avere alcun interesse
all'annullamento dell'atto (ad es. perchè l'atto ha già esaurito i suoi effetti oppure perchè il ricorrente ha esclusivo interesse al risarcimento
del danno253), sicchè ben può il giudice accertarne l'illegittimità (in via
principale o incidentale) senza caducarlo. In base agli insegnamenti
comunitari le modalità e le caratteristiche dei rimedi giurisdizionali
devono essere commisurati agli interessi sostanziali dell'individuo, affinchè la tutela, lungi dal rivelarsi formale e asfittica, possa conseguire
obiettivi concreti nella di lui sfera giuridica.
La pronuncia di annullamento del giudice amministrativo, oltre a
liberarsi del dogma dell'automatismo, può dirsi attualmente svincolata
anche dalla regola della necessaria retroattività.
Tradizionalmente l’annullamento ope iudicis di un provvedimento
illegittimo ha sempre comportato l'eliminazione del medesimo ex
tunc, con rimozione di ogni effetto medio tempore dispiegato dall’atto.
Questo assunto, un tempo granitico, oggi vacilla a seguito di un'interpretazione evolutiva dell'istituto offerta dalla giurisprudenza amministrativa.
In particolare, come affermato dal Consiglio di Stato nel 2011254, il
253
Ai sensi dell'art. 34 co. III C.p.a. "quando, nel corso del giudizio, l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice
accerta l'illegittimità dell'atto se sussiste l'interesse ai fini risarcitori". In giurisprudenza Cons. Stato, sez. V, 12 maggio 2011, n. 2817, in www.giustiziaamministrativa.it, secondo cui poichè il più (l'annullamento) contiene il meno (l'accertamento), il giudice può limitarsi ad un accertamento dell'illegittimità dell'atto ai
soli fini risarcitori, senza esito di annullamento.
254
Cons. Stato, sez. VI, 10 maggio 2011, n. 2755, in www.giustamm.it, con Nota
di GALLO C.E., I poteri del giudice amministrativo in ordine agli effetti delle pro-
Parte Seconda
315
giudice amministrativo può graduare gli effetti della sentenza di annullamento conferendo ad essa efficacia ex nunc255, oppure al mero
riconoscimento del danno, ove il ricorrente abbia interesse alla sola
conformazione pro futuro degli esiti dell'azione amministrativa256, oppure al mero risarcimento del danno.
Ciò è possibile in quanto il tradizionale annullamento retroattivo
del provvedimento impugnato ha, da sempre, il proprio fondamento
non già in un'espressa disposizione di legge, bensì in una prassi, come
tale derogabile nelle ipotesi in cui l’annullamento dell’atto risulti non
prie sentenze di annullamento, in Dir. proc. amm. n. 1 del 2012; con Nota di GIUSTI A., La nuova sentenza di annullamento nella recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, in Dir. proc. amm. n. 1 del 2012; con Commento di MACCHIA M.,
L'efficacia temporale delle sentenze del giudice amministrativo: prove di imitazione,
in Giorn. dir. amm. n. 2 del 2011. Le argomentazioni dei giudici di Palazzo Spada
sono riprese e sviluppate da Tar Abruzzo, Pescara, sez. I, 13 dicembre 2011, sentenze nn. 693, 695, 696, 697, 698, 699, 700, in www.giustizia-amministrativa.it. Per un
primo commento si rinvia a RAGAZZO M., L'effettività della tutela giurisdizionale
tra pianificazione urbanistica e valutazione ambientale, in Dir. serv. pubbl., 2012.
255
MACCHIA M., L'efficacia temporale delle sentenze del giudice amministrativo: prove di imitazione, op. cit.. Il problema della graduazione degli effetti della
sentenza di annullamento è noto anche in ambito comunitario, laddove la Corte di
Giustizia tende a modulare gli effetti delle proprie pronunce caducatorie limitandone
o escludendone la retroattività.
256
In giurisprudenza Cons. Stato, sez. VI, 10 maggio 2011, n. 2755, cit.. In senso
conforme Cons. Stato, sez. V, 26 gennaio 2012, n. 340, in www.giustiziaamministrativa.it. In dottrina CARINGELLA F., Architettura e tutela dell'interesse
legittimo dopo il codice del processo amministrativo: verso il futuro, op. cit.: Ad avviso dell'autore "uno dei caratteri peculiari dell’annullamento per illegittimità del
provvedimento amministrativo risiede nella caducazione del provvedimento con efficacia ex tunc, ed il conseguente travolgimento di tutti gli effetti medio tempore
prodotti dall’atto. Tale impostazione, data ormai per acquisita dalla giurisprudenza
assolutamente pacifica e consolidata, è stata revocata in dubbio dalla recentissima
pronuncia del Consiglio di Stato, sez. VI, 10 maggio 2011, n. 2755, la quale, in applicazione dei principi di giustizia sostanziale di effettività e proporzionalità della
tutela giudiziaria, di derivazione comunitaria, ha sfatato il dogma della necessaria
retroattività dell’annullamento dell'atto illegittimo".
316
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
satisfattivo o a fortiori lesivo degli interessi del ricorrente257.
La tutela del cittadino, alla stregua dei principi comunitari, deve essere, infatti, piena ed effettiva e non meramente formale o apparente,
sicchè a tale obiettivo devono orientarsi gli strumenti di tutela azionati.
Inoltre è lo stesso C.p.a. ad attribuire in più disposizioni al giudice
amministrativo il potere di definire la portata delle proprie decisioni.
In primo luogo all'art. 1 ai sensi del quale "la giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della
Costituzione e del diritto europeo".
Poi all'art. 34 co. 1 lett. a) che in caso di accoglimento del ricorso,
assegna all'organo giurisdizionale, nei limiti della domanda, "il compito di annullare in tutto o in parte il provvedimento impugnato, presupponendo una valutazione circa l'estensione del potere demolitorio"258.
257
Cons. Stato, sez. VI, 10 maggio 2011, n. 2755, cit.. Inoltre secondo il Supremo Consesso "il giudice amministrativo, nel determinare gli effetti delle proprie statuizioni, deve ispirarsi al criterio per cui esse, anche le più innovative, devono produrre conseguenze coerenti con il sistema (e cioè armoniche con i principi generali
dell'ordinamento, e in particolare con quello di effettività della tutela) e congruenti
(in quanto basate sui medesimi principi generali, da cui possa desumersi in via interpretativa la regula iuris in concreto enunciata)". Contra TRAVI A., Accoglimento dell'impugnazione di un provvedimento e non annullamento dell'atto illegittimo,
in Urb. e app. 2011, 938. Secondo l'autore nel C.p.a. non vi sono disposizioni che
autorizzano il giudice amministrativo a determinare gli effetti della pronuncia di annullamento. Questo perchè "nel nostro ordinamento l'azione di annullamento ha un
contenuto tipico, che si esprime proprio nella circostanza che gli effetti dell'accoglimento della domanda sono quelli previsti dalla legge". Anche in un sistema processuale, sempre più ispirato al principio di atipicità delle azioni, "la tipicità dell'azione di annullamento non è in discussione", poichè "il dibattito sulla atipicità riguarda l'ammissibilità di azioni ulteriori rispetto a quelle codificate negli artt. 2931 C.p.a.". In definitiva "la sentenza non convince, perchè il giudice si è arrogato
un potere (quello di escludere l'annullamento dell'atto amministrativo) che presuppone una disposizione di legge che non esiste".
258
FOÀ S., Il giudice amministrativo tra effettività della tutela e suggestioni della Corte di Giustizia: ipotesi di annullamento ex nunc del provvedimento illegittimo,
in www.federalismi.it, 2012.
Parte Seconda
317
Successivamente agli artt. 121 e 122, in materia di appalti, ove il
legislatore attribuisce al giudice amministrativo il potere di determinare in concreto gli effetti delle proprie pronunce. Disposizioni queste
ultime di settore ma suscettibili di applicazione generalizzata.
Occorre, infine, osservare come il crescente processo di ibridazione
tra l'ordinamento comunitario e gli ordinamenti nazionali favorisca
l'estensione delle tecniche processuali proprie della Corte di Lussemburgo al giudizio amministrativo italiano.
Nel corso dei decenni il giudice europeo ha "in via pretoria (...) utilizzato ed accresciuto il potere di definire l'efficacia nel tempo delle
proprie pronunce259. Inoltre nell'esercizio di tale potere la Corte di
giustizia "ha da tempo affermato che il principio dell'efficacia ex tunc
dell'annullamento, seppur costituente la regola, non ha portata assoluta", attribuendosi il potere di dichiarare l'annullamento, totale o parziale, di un atto anche con effetto ex nunc260, alla luce dei principi di
effettività ed atipicità della tutela.
In definitiva oggigiorno le regole dell'automatismo e della retroattività dell'annullamento possono essere derogate dal giudice amministrativo italiano laddove le stesse non siano utili al soddisfacimento
della pretesa del ricorrente nel quadro dei principi europei di pienezza
ed effettività che presiedono al corretto esercizio della funzione giuri-
259
In ordine all'efficacia delle sentenze della Corte di giustizia PARODI G., Gli
effetti temporali delle sentenze di annullamento e di invalidità della Corte di giustizia delle Comunità europee, in Quaderni regionali 2007, 319. NOCERINO GRISOTTI A., Effetti ex nunc dell'annullamento di atti comunitari e principi dell'ordinamento italiano, in Dir. com. sc. int. 1988. FOÀ S., Il giudice amministrativo tra
effettività della tutela e suggestioni della Corte di Giustizia: ipotesi di annullamento
ex nunc del provvedimento illegittimo, op. cit..
260
Cgce, 5 giugno 1973, in causa C-81/72, Commissione CE c. Consiglio CE,
cit.. In senso conforme Cgce, 25 febbraio 1999, in causa C-164-165/97, Parlamento
c. Consiglio, in Racc. 1999. Questo principio trova ulteriore conferma nell'art. 264
del TFUE che attribuisce espressamente alla Corte di giustizia il potere di precisare
"gli effetti dell'atto annullato che devono essere considerati definitivi".
318
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
sdizionale261.
7.1.2. La vexata quaestio della ammissibilità dell'azione di accertamento autonomo: excursus storico dalla metà del XX sec. al
nuovo Codice del processo amministrativo
Nell'ordinamento processuale amministrativo si discute da tempo
della ammissibilità di un'azione di accertamento atipica262.
Il processo amministrativo non ha vissuto, sfortunatamente, quella
stagione di studi della scienza processual-civilista caratterizzata dall'elaborazione di una teorica dei rimedi giurisdizionali, articolata nelle
azioni di accertamento, costitutive e di condanna.
Ciò a causa della ricostruzione in chiave esclusivamente demolitoria del giudizio, con conseguente emarginazione di ogni tipologia di
azione diversa ed ulteriore263. Questo granico orientamento ha da
sempre fatto leva sugli artt. 26 e 34 del R.d. 1054/1924, alla stregua
dei quali oggetto del processo amministrativo sarebbe solo il provve-
261
La tutela demolitoria non produce più necessariamente e contestualmente effetti eliminatori, ripristinatori e conformativi, ma il giudice può selezionare e modulare gli effetti in ragione dell'interesse del ricorrente. Ad es. il privato potrebbe aspirare, a seconda dei casi, ad un accertamento incidentale dell'illegittimità dell'atto ai
soli fini risarcitori oppure ad una sentenza di annullamento con riferimento ai soli
effetti conformativi. In quest'ottica la modulazione degli effetti dell'annullamento
giurisdizionale, da parte del giudice amministrativo, viene posta a garanzia del principio di effettività della tutela delle situazioni soggettive individuali (Cons. Stato,
sez. VI, 9 marzo 2011, n. 1488, in www.giustamm.it).
262
Per una ricostruzione delle ragioni a sostegno dell'esperibilità di un'azione di
accertamento autonoma nell'alveo della giurisdizione amministrativa PEPE G., La
Dia: natura, regime giuridico e strumenti di tutela del terzo, in www.giustamm.it,
2010. In giurisprudenza Tar Puglia, 25 novembre 2011, n. 1807, in www.giustiziaamministrativa.it.
263
In un sistema così delineato, pertanto, azioni diverse dall'azione costitutiva di
annullamento rivestivano un ruolo marginale, confinate in espresse e anguste previsioni di legge (principio di tipicità).
Parte Seconda
319
dimento impugnato264.
Un simile assetto di tutela è sempre apparso fortemente deficitario
nei confronti degli interessi legittimi pretensivi, per i limiti strutturali
e funzionali della pronuncia caducatoria di annullamento.
Il cammino verso l'apertura del sistema a nuove e più generali forme di tutela non è stato certamente facile.
Quanto all'azione di accertamento, i giudici amministrativi, intorno
agli anni ’40 del secolo scorso, hanno iniziato a svincolare dal rispetto
delle regole dell'annullamento i giudizi sui rapporti paritetici, limitatamente ai diritti a contenuto patrimoniale265, esaltando l'effetto dichiarativo in luogo dell'effetto costitutivo.
Tale apertura ha avuto scarso seguito nella giurisprudenza degli
anni ’50, la quale, arroccata nell'autoreferenzialità della natura impugnatoria del giudizio, ha in più occasioni, sottolineato l’assoluta incompatibilità dell'azione di accertamento con le caratteristiche del potere amministrativo e con la natura dell'interesse legittimo266.
264
Per queste ragioni lo spettro cognitivo del giudice amministrativo non si è potuto estendere al rapporto sostanziale inciso dall’atto, rimanendo circoscritto alla verifica della legittimità del provvedimento nei limiti delle censure dedotte dal ricorrente. Inoltre il dogma della tutela esclusivamente demolitoria veniva altresì rafforzato dall'esigenza di riservare alla P.A. l’adozione di provvedimenti dichiarativi o di
accertamento, in vista della conformazione della realtà amministrativa ai principi del
giudicato.
265
Cons. Stato, sez. V, 1 dicembre 1939, n. 795, in Foro it. 1939. Adun. Plen.
Cons. Stato, 18 dicembre 1940, n. 4, in Foro it. 1940.
266
SAITTA F., Dell’azione di mero accertamento che ci sarebbe potuta essere…
e che si auspica ci sarà comunque, a prescindere dalla scelta dei codificatori, Atti
del Seminario “La sistematica delle azioni nel nuovo processo amministrativo”, organizzato dal Dipartimento di Studi Giuridici “Angelo Sraffa”dell’Università Bocconi di Milano e dalla Scuola di specializzazione per le professioni legali delle Università Bocconi e di Pavia, 6 maggio 2010, Università Bocconi, in
www.giustamm.it, 2010. Ad avviso dell'autore il tradizionale atteggiamento di chiusura verso l'azione di accertamento muove dal convincimento che, "essendo
l’interesse legittimo una situazione che si relaziona all’esercizio del potere,
l’affermazione della sua esistenza, cioè la mera affermazione che il ricorrente è titolare dell’interesse legittimo, non soddisfi l’interesse al bene (come avviene per il
320
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Tuttavia, la dottrina più autorevole ha strenuamente cercato di giustificare l'ingresso di taluni rimedi riconducibili a vario titolo alla figura dell'azione di accertamento267. Questo approccio muove dall’idea
che un'ipotesi di azione dichiarativa sia già espressamente codificata
nel sistema amministrativo (art. 33 R.d. 1054/1924) e che da questa
puntuale disposizione possa, poi, ricavarsi una legittimazione generale
dell’azione di accertamento. Tale impostazione ha ricevuto le critiche
degli assertori della natura eccezionale della norma, come tale insuscettibile di applicazione analogica.
Negli anni successivi le vischiosità del sistema non impediscono, in
ogni caso, all’azione di accertamento di penetrare, come un fiume carsico, nel tessuto del giudizio amministrativo, innestando i semi per un
suo futuro riconoscimento.
Il Molok del processo impugnatorio inizia a mostrare talune crepe
nel 1979, quando l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato riconosce
per la prima volta l’azione di mero accertamento nel giudizio amministrativo268.
Successiva tappa verso la definitiva consacrazione dell’istituto si ha
diritto soggettivo), essendo all’uopo necessario eliminare gli effetti dell’azione amministrativa (interesse legittimo oppositivo) ovvero far sì che quest’ultima produca
gli effetti stessi (interesse legittimo pretensivo)".
267
Tra i più noti GUICCIARDI E., Sentenze dichiarative del giudice amministrativo?, op. cit.. L'autore si ispira alle precedenti intuzioni di CAMMEO, F. Corso
di diritto amministrativo, op. cit.. Egli argomenta principiando da un caso pratico:
nell’ipotesi di annullamento di un precedente atto di rifiuto ci si trova al cospetto di
due negazioni, di talchè il giudice amministrativo, intervenendo a posteriori, in realtà non caduca alcunché, bensì si limita ad accertare l’illegittimità dell’originario atto
di diniego. Questa considerazione confuta l'assunto del giudizio amministrativo quale giudizio esclusivamente impugnatorio, dimostrando la compatibilità con il sistema
anche di azioni diverse di tipo dichiarativo.
268
Adun. Plen. Cons. Stato, 26 ottobre 1979, n. 25, in www.google.it. La fattispecie processuale verte sulla richiesta, avanzata dai dipendenti di un conservatorio,
di accertamento del proprio status. Il Supremo organo di giustizia amministrativa
ammette l'esperibilità dell'azione dichiarativa per scongiurare una disparità di trattamento con i dipendenti privati lesiva dei principi di difesa e di effettività della tutela giurisdizionale.
Parte Seconda
321
negli anni ‘80 con la normativa sul silenzio assenso269, allorchè appare
evidente che la pronuncia richiesta al giudice sia non già di annullamento, bensì dichiarativa della sussistenza dei requisiti di legge.
Di lì in avanti avranno un incremento esponenziale gli studi dottrinari sulla azione meramente dichiarativa270, che acquisisce sempre più
un'autonoma fisionomia dommatica in una molteplicità di fattispecie.
Conseguentemente emerge la necessità di un riconoscimento più ampio dell'azione di accertamento, quale rimedio processuale imprescindibile ai fini dell'erogazione di una tutela satisfattiva in ossequio alle
previsioni costituzionali271.
La carica garantista delle disposizioni della Grundnorm è ulteriormente potenziata, a partire dagli Novanta del XX sec., dai principi
dell'ordinamento comunitario che accelerano il percorso dell'individuo
verso la pienezza e l'effettività della protezione giurisdizionale.
In sempre maggiori casi si dà ingresso all’azione di accertamento
nel giudizio amministrativo, quale logico corollario di un lento ma
progressivo ampliamento dei rimedi e dei poteri del giudice, in un
contesto in cui il sindacato giurisdizionale tende inesorabilmente ad
estendersi alla cognizione del rapporto, ossia alla spettanza del bene
269
La legge Nicolazzi (l. 94/1982), in un’ottica di liberalizzazione del settore edilizio, introduce, per la prima volta, un regime semplificato per alcune attività, prevedendo la formazione del silenzio–assenso sulle domande di concessione edilizia
per vari interventi di recupero del patrimonio esistente. Come chiarito successivamente dalla giurisprudenza l'art. 8 l. 94/1982, non solo è di stretta interpretazione ed
è insuscettibile di applicazioni analogiche, ma presuppone la vigenza di uno strumento urbanistico di dettaglio approvato dopo l'entrata in vigore della l. 765/1967 e
quindi adeguato agli standards da quest'ultima previsti.
270
Tra i massimi sostenitori dell'azione di accertamento nel processo amministrativo NIGRO M., Giustizia amministrativa, op. cit..
271
GRECO G., L’accertamento autonomo del rapporto nel giudizio amministrativo, op. cit.. L’autore osserva che l’ammissibilità di una azione di accertamento dinanzi al giudice amministrativo sia imposta dagli artt. 24 e 113 Cost., in nome
dell'effettività e pienezza della tutela, qualora essa rappresenti il rimedio più idoneo
per il soddisfacimento degli interessi legittimi.
322
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
della vita (nei limiti della res in iudicium deducta)272.
Le riforme legislative degli ultimi decenni in tema di accesso agli
atti amministrativi, silenzio inadempimento e nullità del provvedimento sono la cartina di tornasole della rivoluzione copernicana che investe il giudizio amministrativo, con la proliferazione delle azioni di accertamento e di condanna ed il riconoscimento di nuovi poteri istruttori al giudice, in un clima di piena valorizzazione degli interessi legittimi.
Agli albori del Terzo Millennio, in cui la giustizia amministrativa è
definitivamente transitata dal giudizio sull’atto al giudizio sul rapporto, l'azione di accertamento atipica assurge a formidabile strumento di
realizzazione delle situazioni soggettive del cittadino (in primis gli interessi legittimi pretensivi).
Caduto ormai il dogma della tutela esclusivamente demolitoria, sono maturi oggi i tempi per il riconoscimento dell'azione di accertamento come figura generale, autonoma ed atipica, esperibile indipendentemente da espresse previsioni di legge (G. Greco, V. Caianiello,
V. Cerulli Irelli, M. Balloriani, A. Romano Tassone, W. Giulietti; contra P. Stella Richter). Tale assunto è corroborato dall'immanenza di un
potere dichiarativo nell'alveo della funzione giurisdizionale, (la giurisdizione postula lo ius dicere, implicando un indefettibile momento
accertativo per il suo esercizio273).
A ciò aggiungasi che la piena equiparazione tra diritti soggettivi e
272
Antesignano di questa impostazione è PIRAS A., Interesse legittimo e giudizio amministrativo, op. cit.. Di recente MORBIDELLI G., Le tecniche di tutela
dell’interesse legittimo: verso l’azione atipica di accertamento?, Atti del Convegno
"Riparto, responsabilità, pregiudiziale e tecniche di tutela: la giurisprudenza amministrativa tra storia e attualità", op. cit..
273
Sulla questione già la dottrina processual-civilistica era giunta a conclusioni
non dissimili attraverso un differente percorso argomentativo MONTESANO L.,
Accertamento giudiziale, in Enc. Giur. Treccani, Vol. I, 1988, secondo il quale, proprio in ragione dell'"esistenza di una tutela giurisdizionale, che ha come solo contenuto l’accertamento descritto nell’art. 2909 c.c., è innegabile l’esistenza di azioni di
mero accertamento. Ma di queste mancano nei testi normativi espressa disciplina e
disposizioni di carattere generale, che vanno dunque tratte dal significato della
norma sull’interesse ad agire (art. 100 c. p. c.)".
Parte Seconda
323
interessi legittimi, quali situazioni giuridiche sostanziali attive e di
vantaggio, osta ad un'irragionevole diversificazione delle azioni esperibili, per il vulnus che ciò arrecherebbe ai principi di pienezza ed effettività della tutela.
Pertanto il principio di atipicità delle azioni, conosciuto nell'alveo
del processo civile274, deve estendersi anche al giudizio amministrativo, superando conseguentemente il dogma del numerus clausus delle
azioni ammissibili, in conformità alle disposizioni costituzionali275 ed
ai principi comunitari.
In giurisprudenza sono cadute le ultime resistenze all'ammissibilità
dell'azione di accertamento autonomo, prima nel 2009 con una pronuncia in tema di impugnazione della Dia da parte del terzo controinteressato276, poi nel 2011277, ove il giudice amministrativo riconosce
in via generale l'esperibilità dell'azione di accertamento in tutte le ipotesi in cui essa rappresenti la tecnica di tutela più idonea ad assicurare
protezione all’interesse legittimo278.
274
DI MAJO A., La tutela civile dei diritti, Milano, 1993.
275
ANDRIOLI V., La tutela giurisdizionale dei diritti nella Costituzione della
Repubblica italiana, in Nuova riv. dir. commer. 1954, secondo il quale dall’art. 24
della Costituzione emerge “il fondamentale principio che chi è titolare di un diritto
soggettivo ovvero di un interesse legittimo è in pari tempo e automaticamente titolare dell’azione intesa come possibilità di far valere in giudizio quel diritto o
quell’interesse legittimo”. Anche CLARICH M., Tipicità delle azioni e azione di
adempimento nel processo amministrativo, op. cit..
276
Cons Stato, sez. VI, 9 febbraio 2009 n. 717, in www.giustiziaamministrativa.it.
277
Adun. Plen. Cons. Stato, 29 luglio 2011, n. 15 e precedentemente Adun. Plen.
Cons. Stato, 23 marzo 2011, n. 3, in www.giustizia-amministrativa.it.
278
CARINGELLA F., Architettura e tutela dell'interesse legittimo dopo il codice
del processo amministrativo: verso il futuro, op. cit.. Nella decisione n. 15 del 2011
l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato sottolinea come l’assenza di una espressa
previsione legislativa non impedisca l’esperibilità di un’azione di accertamento atipico ove tale rimedio processuale sia l'unico in grado di assicurare una protezione
effettiva, adeguata ed immediata all’interesse legittimo. Per Caringella "sviluppando
il discorso già avviato dall’Adunanza Plenaria con la (...) decisione n. 3/2011, si
324
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Anche a livello di diritto positivo numerosi dati militano nel senso
della definitiva apertura del giudizio amministrativo all'azione di mero
accertamento. Il C.p.a., pur non riconoscendo expressis verbis la figura dell'azione di accertamento autonomo279, prevede una serie di casi
in cui il giudizio può essere definito:
a) con sentenza dichiarativa (art. 31 co. IV in tema di nullità);
b) con pronuncia dichiarativa dell'illegittimità ai soli fini risarcitori
e dunque con salvezza dell'atto (art. 34 co. III);
c) con sentenza dichiarativa della cessazione della materia del contendere (art. 34 co. V)280.
Di primaria importanza è la disposizione di cui all'art. 34 co. II, in
virtù della quale "in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati". La ratio della
previsione si rinviene nell'esigenza di preservare, in ossequio al principio della divisione dei poteri, la sfera riservata all'amministrazione
da sconfinamenti del potere giudiziario, soprattutto con riferimento ai
rapporti non ancora esaminati dalla P.A.. Come efficacemente evidenziato "detta disposizione non può che operare per l’azione di accertamento, per sua natura caratterizzata da tale rischio di indebita ingerenza, visto che le altre azioni tipizzate dal codice sono per definideve, infatti, ritenere che, nell’ambito di un quadro normativo sensibile all’esigenza
costituzionale di una piena protezione dell’interesse legittimo come posizione sostanziale correlata ad un bene della vita, la mancata previsione, nel testo finale del
codice del processo, dell’azione generale di accertamento non precluda la praticabilità di una tecnica di tutela, ammessa dai principali ordinamenti europei, che, ove
necessaria al fine di colmare esigenze di tutela non suscettibili di essere soddisfatte
in modo adeguato dalle azioni tipizzate, ha un fondamento nelle norme immediatamente precettive dettate dalla Carta fondamentale al fine di garantire la piena e
completa protezione dell’interesse legittimo (artt. 24, 103 e 113)".
279
Espressamenta prevista dall'originaria bozza del Codice del processo amministrativo, l'azione di accertamento autonoma è stata successivamente espunto dal legislatore delegato nella versione definitiva per scongiurare i pericoli di una eventuale lievitazione della spesa pubblica.
280
A riguardo CALVERI M., La tutela di accertamento dell'interesse legittimo e
il codice del processo amministrativo: occasione mancata?, in www.giustamm,
2012.
Parte Seconda
325
zione dirette a contestare l’intervenuto esercizio (od omesso esercizio)
del potere amministrativo"281.
7.1.3. L'azione risarcitoria e il nodo della "pregiudiziale mascherata"
Il riconoscimento della risarcibilità della lesione degli interessi legittimi, prima a livello giurisprudenziale (SS.UU. n. 500 del 1999),
poi sul piano legislativo (l. n. 205 del 2000), ha sollevato sin dall'inizio il problema dei rapporti tra l'azione risarcitoria e l'azione di annullamento nell'ambito del giudizio amministrativo.
In particolare ci si è domandati se ai fini della ammissibilità della
domanda di risarcimento fosse necessario il previo e fruttuoso esperimento dell'azione caducatoria avverso il provvedimento illegittimo o
se dalla proponibilità di quest'ultima il ricorrente potesse prescindere.
La vexata quaestio della pregiudizialità della domanda di annullamento rispetto all'azione di danno vede contrapposti e arroccati su posizioni antitetiche gli organi di vertice della giurisprudenza amministrativa e della giurisprudenza ordinaria.
Da una parte l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che considera imprescindibile la previa impugnativa dell'atto lesivo, ai fini della
ammissibilità della domanda risarcitoria282. Dall'altra le Sezioni Unite
della Corte di Cassazione che sostengono, viceversa, la tesi dell'autonoma azionabilità del rimedio risarcitorio, indipendentemente dalla
impugnazione dell'atto illegittimo283.
281
CARINGELLA F., Architettura e tutela dell'interesse legittimo dopo il codice
del processo amministrativo: verso il futuro, op. cit..
282
Adun. Plen. Cons. Stato, 28 marzo 2003, n. 4. Adun. Plen. Cons. Stato, 22 ottobre 2007, n. 12, in www.giustizia-amministrativa.it.
283
Cass. Civ. Sez. Un., ordinanze n. 13659 e 13660 del 13 giugno 2006. Cass.
Civ. Sez. Un., 23 dicembre 2008, n. 30254. Cass. Civ. Sez. Un., 6 settembre 2010, n.
19048. Cass. Civ. Sez. Un., 16 dicembre 2010, n. 23595. Cass. Civ. Sez. Un., 11
gennaio 2011, n. 405, in www.cortedicassazione.it. Le Sezioni Unite della Suprema
Corte sostengono che l'azione di risarcimento danni sia esperibile dinanzi al giudice
326
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Senza ripercorrere l'evoluzione del lungo dibattito tra i due plessi
giurisdizionali, occorre in questa sede soffermarsi sugli esiti del medesimo da vagliarsi alla luce delle previsioni del C.p.a..
In omaggio ai principi di tempestività, pienezza ed effettività della
tutela giurisdizionale, la tesi della Cassazione ha prevalso per tre ordini di ragioni:
a) per la forza delle argomentazioni addotte;
b) per il ruolo ricoperto di giudice della giurisdizione;
c) per la forza conformativa dell'ordinamento europeo nella direzione dell'ampliamento degli spazi di tutela del civis dinanzi ai pubblici poteri.
Al fine di risolvere i conflitti ed offrire certezza, il legislatore del
2010 è intervenuto per disciplinare sul piano del diritto positivo il nodo gordiano della pregiudizialità amministrativa. In tal senso l'art. 30
co. III C.p.a. espressamente recita: "La domanda di risarcimento per
lesione di interessi legittimi è proposta entro il termine di decadenza
di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato
ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo. Nel determinare il risarcimento il giudice valuta
tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti
e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti
evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento
degli strumenti di tutela previsti".
In primo luogo la disposizione conferma la tesi delle Sezioni Unite
della Cassazione circa l'autonomia dell'azione risarcitoria rispetto al
rimedio impugnatorio. Ciò significa che il ricorrente, che non ha interesse alla caducazione dell'atto, può domandare al giudice amministrativo direttamente il risarcimento del danno subito284.
amministrativo indipendentemente dalla previa domanda di annullamento dell'atto
lesivo, sicchè un'eventuale declaratoria di inammissibilità dell'istanza risarcitoria da
parte del giudice amministrativo, fondata sulla mancata impugnazione dell'atto, integrerebbe gli estremi di un diniego di giurisdizione sindacabile in Cassazione ai
sensi dell'art. 111 Cost..
284
Il giudice amministrativo, a fronte di una domanda risarcitoria, accerta, in via
incidentale, l'illegittimità dell'atto (ovviamente senza caducarlo). L'illegittimità
Parte Seconda
327
Di grande interesse è la previsione legislativa contenuta nell'ultima
parte della disposizione di cui all'art. 30 co. III, che attribuisce al giudice il potere di escludere o ridurre il risarcimento in presenza di danni
che il comportamento diligente delle parti avrebbe potuto evitare. Fin
qui nulla quaestio poichè la norma ricalca fedelmente la previsione di
cui all'art. 1227 c.c. ("concorso del fatto colposo del creditore")285.
Dalle potenzialità pericolosamente esplosive è, tuttavia, l'inciso
successivo, il quale consente al giudice amministrativo di valutare negativamente, nel merito della domanda risarcitoria, la mancata proposizione, da parte del danneggiato, "degli strumenti di tutela previsti".
Il legislatore si riferisce in particolare all'ipotesi in cui il provvedimento non impugnato e dunque efficace, pur se illegittimo, abbia cagionato danni viceversa evitabili con la proposizione della domanda di
annullamento. In questa fattispecie il ricorrente che agisca per il ristoro del danno, anche a fronte dell'ammissibilità in rito dell'azione risarcitoria, (che il C.p.a. consente di presentare in via autonoma) potrebbe
vedersi nel merito ridotto, e finanche escluso, il risarcimento del danno, stante l'evitabilità dei pregiudizi cagionati mediante la tempestiva
impugnazione del provvedimento286.
dell'atto rappresenta, infatti, uno degli elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria ex art. 2043 c.c..
285
Art. 1227 cc.: "Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il
danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle
conseguenze che ne sono derivate. Il risarcimento non è dovuto per i danni che il
creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza".
286
Adun. Plen. Cons. Stato, 25 marzo 2011, n. 3, in www.giustiziaamministrativa.it. Secondo i giudici amministrativi "si deve allora reputare la scelta
di non avvalersi della forma di tutela specifica"-l'azione di annullamento-"che (...)
avrebbe plausibilmente (ossia più probabilmente che non) evitato, in tutto o in parte
il danno, integra violazione dell’obbligo di cooperazione, che spezza il nesso causale e, per l’effetto, impedisce il risarcimento del danno evitabile. Detta omissione,
apprezzata congiuntamente alla successiva proposizione di una domanda tesa al
risarcimento di un danno che la tempestiva azione di annullamento avrebbe scongiurato, rende configurabile un comportamento complessivo di tipo opportunistico
che viola il canone della buona fede e, quindi, in forza del principio di auto-
328
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
In particolare il ricorrente che non abbia esperito l'azione di annullamento corre il rischio di vedersi rigettata per infondatezza la domanda risarcitoria, in quanto l'omessa impugnazione da parte del danneggiato, spezzando il nesso di causalità tra la condotta del danneggiante
e l'evento lesivo, esclude la risarcibilità dei danni evitabili con una
tempestiva reazione processuale avverso il provvedimento. In questa
prospettiva, dunque, il ricorrente che aspiri all'accoglimento nel merito
della domanda risarcitoria sarà costretto ad attivarsi o mediante l'impugnazione dell'atto lesivo o attraverso l'esperimento di altri rimedi
previsti dall'ordinamento (es. ricorso amministrativo, invito all'autotutela)287.
La previsione del C.p.a. riceve, tuttavia, le critiche di quella parte
della dottrina che denuncia il fattuale ripristino di una forma di pregiudizialità, lesiva della autonomia (sostanziale) dell'azione risarcitoria e del principio di effettività della tutela giurisdizionale288.
Secondo tale orientamento l'onere di diligenza del danneggiato non
dovrebbe estendersi sino alla proposizione di rimedi (giudiziali e non)
che, a causa dell'aleatorietà e dei costi ad essi collegati, rendono eccessivamente ed irragionevolmente gravosa la tutela risarcitoria delle
situazioni soggettive del ricorrente.
Nondimeno l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 3 del
2011 sembra aderire al quadro normativo tratteggiato dal C.p.a.. Il supremo Consesso amministrativo ritiene, infatti, che il creditoredanneggiato, in una prospettiva di cooperazione ispirata ai principi di
buona fede e solidarietà, abbia l'onere di esperire l'azione di annullamento o altri rimedi di tutela, al precipuo fine di scongiurare il produrresponsabilità cristallizzato dall’art. 1227, comma 2, c.c., implica la non risarcibilità del danno evitabile".
287
La giurisprudenza amministrativa, tuttavia, ai fini dell'accoglimento della
domanda risarcitoria, in molti casi non considera sufficiente un mero invito all'autotutela (non accolto) o un ricorso gerarchico (respinto), ma richiede la previa impugnazione del provvedimento illegittimo produttivo di danno. (Cons. Stato, sez. VI,
31 marzo 2011, n. 1983, in www.giustizia-amministrativa.it).
288
Tra i vari PAJNO A., La giustizia amministrativa all'appuntamento con la
codificazione, in Dir. proc. amm. 2010.
Parte Seconda
329
si di ogni pregiudizio evitabile. E ciò a pena di rigetto nel merito della
domanda risarcitoria289.
Ad oggi la regola della pregiudizialità, uscita dalla porta appare,
dunque, rientrata dalla finestra sia pure con caratteristiche ed argomentazioni rinnovate. Si registra, infatti, un collegamento non più tra
le azioni, bensì fra le forme di tutela, sicchè il nodo della pregiudizialità sarebbe transitato dal versante processuale di rito al crinale sostanziale di merito290.
In un disegno complessivo di compromesso tra opposti orientamenti giurisprudenziali, il C.p.a. ha voluto costruire una diga al risarcimento dei pregiudizi evitabili, prevedendo in capo al danneggiato l'onere di impugnare l'atto lesivo al fine di ottenere l'accoglimento della
domanda di danno; ciò nel comprensibile intento di arginare indebiti
esborsi per le casse pubbliche291.
289
Adun. Plen. Cons. Stato, 25 marzo 2011, n. 3, cit.. In senso conforme Cons.
Stato, sez. IV, 26 marzo 2012, n. 1750, in www.giustizia-amministrativa.it: "La regola della non risarcibilità dei danni evitabili con l'impugnazione del provvedimento e con la diligente utilizzazione degli altri strumenti di tutela previsti dall'ordinamento, oggi sancita dall'art. 30, comma 3 c.p.a., deve ritenersi ricognitiva di principi già evincibili alla stregua di un'interpretazione evolutiva del comma 2, art. 1227
c.c. Pertanto l'omessa attivazione degli strumenti di tutela costituisce, nel quadro
del comportamento complessivo delle parti, dato valutabile, alla stregua del canone
di buona fede e del principio di solidarietà, ai fini dell'esclusione o della mitigazione del danno evitabile con l'ordinaria diligenza, non più come preclusione di rito,
ma come fatto da considerare in sede di merito ai fini del giudizio sulla sussistenza
e consistenza del pregiudizio risarcibile".
290
In proposito CAPONIGRO R., Una nuova stagione per la tutela giurisdizionale degli interessi legittimi, op. cit.
291
Sul punto Adun. Plen. Cons. Stato, 25 marzo 2011, n. 3, cit.: "Il codice ha
suggellato un punto di equilibrio capace di superare i contrasti ermeneutici registratisi in subiecta materia tra le due giurisdizioni e, in parte, anche in seno ad ognuna di esse. Il legislatore, in definitiva, ha mostrato di non condividere la tesi della pregiudizialità pura di stampo processuale al pari di quella della totale autonomia dei due rimedi, approdando ad una soluzione che, non considerando l’omessa
impugnazione quale sbarramento di rito, aprioristico ed astratto, valuta detta condotta come fatto concreto da apprezzare, nel quadro del comportamento complessi-
330
Principi Generali dell'ordinamento
comunitario e attività amministrativa
Certamente le previsioni del C.p.a. continueranno a far discutere e
ad accendere le proteste di quanti vedono nell'intenso dovere di cooperazione richiesto al danneggiato un ostacolo all'effettività della tutela
giurisdizionale delle situazioni soggettive individuali.
Infatti l'ordinamento comunitario, pur non essendo aprioristicamente contrario alla pregiudizialità, ritiene che gli Stati, nello stabilire presupposti e modalità di accesso alla giustizia, non possano fissare regole idonee ad ostacolare o a privare di effettività la protezione delle situazioni soggettive del ricorrente.
L'introduzione da parte del Codice di una "pregiudizialità mascherata" (Chieppa R.) è potenzialmente in grado di arrecar danno ai principi di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale.
Le Sezioni Unite della Cassazione hanno in più occasioni affermato
come nel sistema amministrativo italiano la pregiudizialità della domanda di annullamento rispetto all'azione di danno fosse lesiva del
principio di pienezza ed effettività della tutela come delineato sia in
sede comunitaria sia in ambito nazionale.
In definitiva la tenuta del principio di effettività della protezione
del cittadino dovrà essere vagliata più attentamente alla luce delle applicazioni che le disposizioni del C.p.a. riceveranno in sede giurisprudenziale. Se i giudici faranno un uso spregiudicato del potere riduttivo
del quantum debeatur o respingeranno con frequenza le domande risarcitorie in spregio delle pretese individuali, allora sì che i timori in
ordine alla vulnerazione del principio di effettività della tutela potranno dirsi fondati.
vo delle parti, per escludere il risarcimento dei danni evitabili per effetto del ricorso
per l’annullamento".
CONCLUSIONI
Il Terzo millennio si apre con la consapevolezza del nuovo che avanza. Un rinnovato scenario, multiforme e globale, si dischiude agli
occhi dell’osservatore che, disorientato dalla perdita degli idola fori e
delle consuete certezze, vaga senza meta alla ricerca di affidabili coordinate di riferimento.
Il mondo del diritto, non più arroccato nella propria autoreferenzialità, si apre inesorabilmente ai bisogni e ai dicta della società e
dell’economia, in un processo di rivisitazione di schemi, metodi e tecniche di analisi.
Il mito positivistico della centralità della legge e della primazia
dell’istituzione statale crollano di schianto sotto le pressioni interne
delle autonomie locali ed esterne dei nuovi attori della scena internazionale.
Il diritto scritto, di matrice positivistica è, oggi, incalzato e ridimensionato sempre più dal diritto giurisprudenziale, un diritto nuovo,
casistico e in perenne mutamento che sospinge il giurista alla ridefinizione delle tecniche interpretative del passato.
Nel panorama europeo, infatti, il potere giudiziario, "dall’essere
l’anello debole del sistema (…) è diventato l’anello più forte" (Dahrendorf), in quanto il diritto giudiziario è "un diritto più leggero di
quello legislativo" (Ferrarese M.R.).
In un tale scenario si collocano i principi dell'ordinamento comunitario forgiati in sede pretoria dalla Corte di giustizia. Tali principi nel
corso dei decenni si sono infiltrati, con imprevedibile capillarità, nei
sistemi giuridici nazionali, conformandone in via diretta o riflessa i
332
Conclusioni
principali istituti.
Gli ordinamenti domestici, oltre a venir fertilizzati dall’alto, tendono ad aprirsi orizzontalmente irradiando in ciascuno gli elementi
dell’altro. Attraverso questo osmotico circuito di integrazione si costruisce tra gli Stati e negli Stati d'Europa una cultura e un’identità
comuni idonee ad assicurare l’unità nella pluralità, “un’unità che non
annulla le differenze, ma le sintetizza, le compone e le difende”1.
Tale fenomeno rappresenta l'esito del cammino di avvicinamento
compiuto dai popoli europei, in un contesto giuridico, sociale ed economico sempre più unitario e multilivello alla cui costruzione i principi comunitari hanno offerto e tuttora offrono un contributo significativo.
I principi dell'ordinamento comunitario determinano, in special
modo, una rivoluzione copernicana nell'area del diritto pubblico degli
Stati membri. In particolare il diritto amministrativo, una volta sganciato dalla produzione e dal controllo statale, si europeizza e globalizza oltre i confini, aprendosi a fenomeni di ibridazione e contaminazione.
Nell'ordinamento italiano l'azione dei pubblici poteri riceve dall'influenza dei principi europei un’intensa e capillare democratizzazione,
attraverso la valorizzazione dei diritti e delle libertà dell'individuo
nell'ambito dei rapporti amministrativi.
L’apertura del procedimento alle istanze partecipative dei destinatari comporta, in una prospettiva di open government, una dequotazione dei principi di autorità e dell'ormai tramontato mito della presunzione di legittimità dell’atto amministrativo, retaggi storici di un autoritarismo ormai consumato dalla storia.
L’agere publicum viene plasmato in profondità dai principi comunitari di certezza del diritto, di proporzionalità, di tutela del legittimo
1
LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto
comunitario, op. cit.: "Di questa cultura comune, primi elementi sono proprio i
principi, che, come alberi, affondano le radici nel terreno degli ordinamenti nazionali e proiettano il fusto verso l’ordinamento comunitario; ma le chiome, crescendo
ed estendendosi, ricadono e ricoprono sempre lo stesso terreno dal quale hanno
tratto, e continuano a trarre, l’origine".
Conclusioni
333
affidamento, del giusto procedimento, di effettività della tutela giurisdizionale; principi che spostano il baricentro dell'azione amministrativa dall'autorità alla libertà, dall'unilateralità alla consensualità, dalla
gerarchia alla paritarietà.
Il procedimento è ormai il luogo della rinnovata centralità del cittadino, con le sue libertà, i suoi diritti, le sue pretese. L'amministrazione
intesa come servizio è oggi definitivamente orientata al soddisfacimento delle istanze dei consociati.
Segnatamente nell’alveo della giustizia amministrativa, il principio
di effettività della tutela giurisdizionale viene esaltato dal riconoscimento del pluralismo e della atipicità delle azioni in un contesto in cui
il giudizio amministrativo da giudizio sull’atto si trasforma sempre più
in giudizio sul rapporto intersoggettivo controverso.
Il diritto comunitario e i suoi principi assumono, pertanto, le forme
di un diritto magmatico che avvolge gli ordinamenti nazionali, insinuandosi nelle pieghe della sovranità statale e alterando i tratti sia del
procedimento sia del processo amministrativo.
Il giurista del XXI sec. non può più trincerarsi nelle certezze del
passato ma, liberandosi di ogni forma di provincialismo giuridico, deve acquisire consapevolezza del ruolo centrale dei principi comunitari
quale nuovo parametro di legittimità dell’azione di tutti i pubblici poteri, europei e nazionali, legislativi e amministrativi.
Ed è merito dei principi dell'ordinamento comunitario se agli albori
del nuovo Millennio il cittadino italiano è in grado di cogliere e assaporare "tutti i frutti dell'albero della libertà" (Benvenuti F.).
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Cgce, 1 febbraio 1978, in causa C-78/77, Luhrs, in Racc. 1978
Cgce, 3 maggio, 1978, in causa C-112/77, Töpfer, in Racc. 1978
Cgce, 13 febbraio 1979, in causa C-85/76, Hoffmann-La Roche, in Racc.
1979
Cgce, 20 febbraio 1979, in causa C-122/78, Buitoni; in Racc. 1979
Cgce, 5 aprile 1979, in causa C-148/78, Tullio Ratti, in Racc. 1979
Cgce, 16 maggio, 1979, in causa C-84/78, Tomadini, in Racc. 1979
Cgce, 27 febbraio 1980, in causa C-68/79, Hans just, in Racc. 1980
Cgce, 18 marzo 1980, in cause riun. C-154, 205, 206, da 226 a 227/79, Valsabbia, in Racc. 1980
Cgce, 26 giugno 1980, in causa C-136/79, National Panasonic, in Racc.
1979
Cgce, 5 maggio 1981, in causa C-804/79, Commissione c. Regno unito, in
Racc. 1981, 1045
Cgce, 6 ottobre 1982, in causa C-283/81, Cilfit, in Racc. 1982, 3415
Cgce, 23 febbraio 1983, in causa C-66/82, Fromançais, in Racc. 1983
Cgce, 19 maggio 1983, in causa C-289/81, Mavrides c. Parlamento, in Racc.
1983
Cgce, 14 luglio 1983, in causa C-224/82, Meiko-Konservenfabrik, in Racc.
1983
Cgce, 21 settembre 1983, in cause riun. C-205/82-215/82, Deutsche Milchkontor, in Racc. 1983
Cgce, 9 novembre 1983, in causa C-199/82, Amministrazione dello Stato c.
San Giorgio, in Racc. 1983
Cgce, 24 settembre 1984, in causa C-181/84, Man Sugar, in Racc. 1985,
2889
Cgce, 11 luglio 1985, in cause riun. C-87/77, 130/77, 22/83, 9/84, 10/84, Vittorio Salerno, in Racc. 1985
Cgce, 1 ottobre 1985, in causa C-125/83, OBEA, in Racc. 1985
Cgce, 22 gennaio 1986, in causa C-266/84, Denkavit, in Racc. 1986
Cgce, 11 marzo 1986, in cause riun. C-293-294/84, Sorani, in Racc. 1986
Cgce, 23 aprile 1986, in causa C-294/83 Le Verts c. Parlamento europeo, in
Racc. 1986
Cgce, 15 maggio 1986, in causa C-222/84, Johnston, in Racc. 1986
Cgce, 10 luglio 1986, in causa C-234/84, Belgio c. Commissione, in Racc.
1986
Giurisprudenza
403
Cgce, 18 settembre 1986, in causa C-116/82 Commissione c. Germania, in
Racc. 1986
Cgce, 14 gennaio 1987, in causa C-281/84, Zuckerfabrik, in Racc. 1987
Cgce, 26 febbraio 1987, in causa C-15/85, Consorzio Cooperative D'Abruzzo, in Racc. 1987
Cgce, 18 marzo 1987, in causa C-56/86, Società per l’esportazione dello
zucchero, in Racc. 1987
Cgce, 30 giugno 1987, in causa C-47/86, Roquette Frères,in Racc. 1987
Cgce, 15 ottobre 1987, in causa C-222/86, Heylens, in Racc. 1987
Cgce, 24 novembre 1987, in causa C-223/1985, RSV, in Racc. 1987
Cgce, 2 febbraio 1988, in causa C-24/86, Blaizot, in Racc. 1988
Cgce, 28 aprile 1988, in causa C-120/86, Mulder, in Racc. 1988
Cgce, 21 giugno 1988, in causa C-257/86, Commission c. Italy, in Racc.
1988
Cgce, 22 giugno 1989, in causa C-103/1988, Fratelli Costanzo, in Racc.
1989
Cgce, 17 dicembre 1989 in cause riun. C-97-99/87, Dow Chemical Iberica,
in Racc. 1989, 3165
Cgce, 19 giugno 1990, in causa C-213/89, Factortame, in Racc. 1990, 2433
Cgce, 21 febbraio 1991, in cause riun. C-43/88 e C-92/89, Zuckerfabrik, in
Racc. 1991
Cgce, 18 giugno 1991, in causa C-260/89, ERT, in Racc. 1991
Cgce, 20 giugno 1991, in causa C- 248/89, Cargill, in Racc. 1991
Cgce, 19 novembre 1991, in cause riun. C-6/90 e C-9/90, Francovich, in
Racc. 1991
Cgce, 10 gennaio 1992, in causa C-177/90, Kuehn, in Racc. 1992
Cgce, 30 giugno 1992, in causa C-47/91, Repubblica italiana c. Commissione CE, in Racc. 1992
Cgce, 3 dicembre 1992, in causa C-97/91, Oleificio Borelli c. Commissione,
in Racc. 1992
Cgce, 1 aprile 1993, in causa C-31-44/91, Lageder, in Racc. 1993
Cgce, 27 gennaio 1994, in causa C-98/91, Herbrink, 1994, I-223
Cgce, 2 febbraio 1994, in causa C-315/92, Clinique, in Racc. 1994
Cgce, 1 giugno 1994, in causa C-317/92, Commissione CE, in Racc. 1994
Cgce, 5 ottobre 1994, in cause riun. 133/93, 300/93 e 362/93, Crispoltoni e
al., in Racc. 1994
Cgce, 5 ottobre 1994, in causa C-55/93, Van Schaik, in Racc. 1994
Cgce, 17 ottobre 1995, in causa C-83/94, Leifer e al., in Racc. 1995, 3231
Cgce, 9 novembre 1995, in causa C-465/93, Atlanta, in Racc. 1995
Cgce, 14 dicembre 1995, in cause riun. C-430 e 431/93, Van Schijndel, in
Racc. 1995
404
Giurisprudenza
Cgce, 14 dicembre 1995, in causa C-312/93, Peterbroeck, in Racc. 1995
Cgce, 15 febbraio 1996, in causa C-63/93, Duff, in Racc. 1996, I-569
Cgce, 5 marzo 1996, in cause riun. C-46 e 48/93, Brasserie du Pêcheurs e
Factortame III, in Racc. 1996
Cgce, 23 maggio 1996, in causa C-5/94, Hedley Lomas, in Racc. 1996
Cgce, 24 ottobre 1996, in causa C-72/1995, Kraaijeveld, in Racc. 1996
Cgce, 15 aprile 1997, in causa C-22/94, Irish Farmers, in Racc. 1997
Cgce, 17 aprile 1997, in causa C-90/95, De Compte c. Parlamento, in Racc.
1997
Cgce, 15 settembre 1998, in causa C-231/96, Edilizia Industriale Siderurgica, in Racc. 1998
Cgce, 17 novembre 1998, in causa C-228/96, Aprile, in Racc. 1998
Cgce, 25 febbraio 1999, in causa C-164-165/97, Parlamento c. Consiglio, in
Racc. 1999
Cgce, 29 aprile 1999, in causa C-224/1997, Ciola, in Racc. 1999
Cgce, 14 ottobre 1999, in causa C-223/98, Adidas, in Racc. 1999
Cgce, 23 novembre 1999, in causa C-149/96, Rep. Portogallo c. Consiglio
UE, in Racc. 1999
Cgce, 28 marzo 2000, in causa C-7/98, Dieter Krombach e André Bamberski, in Racc. 2000
Cgce, 19 settembre 2000, in causa C-177/99, Ampafrance and Sanofi, in
Racc. 2000
Cgce, 26 settembre 2000, in causa C-443/1998, Unilever Italia S.p.a, in
Racc. 2000
Cgce, 5 dicembre 2000, in causa C-477/98, Eurostock Meat Marketing ltd.,
in Racc., 2000
Cgce, 11 gennaio 2001, in causa C-226/99, Siples, in Racc. 2001
Cgce, 18 gennaio 2001, in causa C-83/99, Commission c. Spain, in Racc.
2001
Cgce, 6 marzo 2001, in causa C-274/99, Connoly c. Commissione, in Racc.
2001
Cgce, 28 giugno 2001, in causa C-118/00, Larsy, in Racc. 2001
Cgce, 12 luglio 2001, in causa C-399/98, Ordine degli architetti delle province di Milano e Lodi, in Corr. giur., 2002, 176
Cgce, 24 ottobre 2001, in causa C-186/01, Dory, in Racc. 2001
Cgce, 20 giugno 2002, in causa C-313/99, Mulligan, in Racc. 2002, I-5719.
2002
Cgce, 11 luglio 2002, in causa C-62/00, Marks and Spencer, in Racc. 2002,
I-6325
Cgce, 25 luglio 2002, in causa C-50/00, Union des Pequeños agricultures, in
Racc. 2002
Giurisprudenza
405
Cgce, 25 luglio 2002, in causa C-459/99, MRAX, in Racc. 2001
Cgce, 24 settembre 2002, in cause riun. C-74-75/00, Falck acciaierie di Bolzano, in Racc. 2002
Cgce, 24 settembre 2002, in causa C-255/00, Grunding italiana, in Racc.
2002
Cgce, 16 gennaio 2003, in causa C-205/01, Paesi bassi, in
www.curia.europa.eu
Cgce, 28 gennaio 2003, in causa C-334/99, Repubblica federale di Germania, in Racc. 2003
Cgce, 27 febbraio 2003, in causa C-327/00, Santex, in Racc. 2003
Cgce, 11 settembre 2003, in causa C-13/01, Safalero, in Racc. 2003
Cgce, 18 settembre, 2003, in causa C-125/01, Pflücke, in Racc. 2003
Cgce, 7 gennaio 2004, in causa C-201/02, Delena Wells c. Secretary of State
for transport, Local government and the
Regions, in
www.curia.europa.eu
Cgce, 13 gennaio 2004, in causa C-453/2000, Kühne & Heitz, in Racc. 2004
Cgce, 25 marzo 2004, in causa C-231/00, C-303/00, C-451/00, Cooperativa
lattepiù, in Racc. 2004
Cgce, 25 marzo 2004, in cause riun. C-480/00, C-498-499/00, Azienda agricola Ribaldi, in Racc. 2004
Cgce, 29 aprile 2004, in causa C-202/03, Dac spa, in Racc. 2004
Cgce, 29 aprile 2004, in causa C-470/00, Parlamento c. Ripa di Meana, in
Racc. 2004
Cgce, 14 dicembre 2004, in causa C-434/02, Arnold, in www.eurlex.europa.eu
Cgce, 16 giugno 2005, in causa C-105/03, Pupino, in Racc. 2005
Cgce, 28 giugno 2005, in causa C-189/02-202/02, Dansfd Rorindustri, in
Racc. 2005
Cgce, 8 novembre 2005, in causa C-443/03, Götz Leffler, in Racc. 2005
Cgce, 13 giugno 2006, in causa C-173/03, Traghetti del Mediterraneo, in
Racc. 2006
Cgce, sez. III, 15 giugno 2006, in causa C-28/05, Dokter, in
www.curia.europa.eu
Cgce, 4 luglio 2006, in causa C-212/04, Adeneler, in Racc. 2006
Cgce, 7 settembre 2006, in causa C-81/2005, Cordero, in Racc. 2006
Cgce, 12 settembre 2006, in causa C-300/04, Eman e Sevinger, in Racc.
2006
Cgce, 14 dicembre 2006, in causa C-283/05, ASML Netherlands BV, in
Racc. 2006
Cgce, 13 marzo 2007, in causa C-432/05, Unibet, in Racc. 2007
406
Giurisprudenza
Cgce, 17 aprile 2007, in causa C–470/03, A.G.M.-COS.MET S.r.l., in Racc.
2007
Cgce, 7 giugno 2007, in cause riun. C-222/05 e C-225/05, Van der Weerd, in
Racc. 2007
Cgce, 26 giugno 2007, in causa C-305/05, Ordine degli avvocati francofoni,
in Racc. 2007
Cgce, 18 luglio 2007, in causa C-119/05, Ministero dell’industria, in Racc.
2007
Cgce, 12 febbraio 2008, in causa C-2/06, Kempter, in Racc. 2008
Cgce, 15 aprile 2008, in causa C-268/06, Impact, in Racc. 2008
Cgce, 24 marzo 2009, in causa C-445/06, Danske Slagterier, in Racc. 2009
Cgce, 14 maggio 2009, in causa C-34/08, Azienda agricola Disarò, in Racc.
2009
Cgce, 4 giugno 2009,in causa C-142/05, Aklagaren, in Racc. 2009
Cgce, 7 luglio 2009, in causa C-558/07, The Queen, in www.eurlex.europa.eu
Cgce, 16 luglio 2009, in causa C-12/08, Mono car styling SA, in Racc. 2009
Cgce, 3 settembre 2009, in causa C-2/08, Olimpiclub, in Racc. 2009
Cgce, 1 ottobre 2009, in causa C-103/08, Arthur Gottwald, in Racc. 2009
Cgce, 6 ottobre 2009, in causa C-40/08, Asturcom, in Racc. 2009
Cgce, 12 gennaio 2010, in causa C-229/08, Colin Wolf, in Racc. 2010
Cgce, 18 marzo 2010, in causa C-317/08, Alassini, in Racc. 2010
Cgce, 15 aprile 2010, in causa C-542/08, Friedrich, in Racc. 2010
Cgce, 6 maggio 2010, in cause riun. C-145/08 e 149/08, Club Hotel Loutraki
AE, in Racc. 2010
Cgce, 20 maggio 2010, in causa C-210/09, Scott SA, in Racc. 2010
Cgce, 5 ottobre 2010, in causa C-173/09, Elchinov, in Racc. 2010
Cgce, 8 settembre 2011, in causa C-177/10, Santana, in Racc. 2011
Cgce, sez. III, 24 novembre 2011, in causa C-379/10, Commissione c. Repubblica italiana, in www.curia.europa.eu
Cgce, 24 gennaio 2012, in causa C-282/10, Dominguez, in
www.curia.europa.eu
Cgce, 24 maggio 2012, in causa C-97/11, Amia Spa, in www.curia.europa.eu
Giurisprudenza
407
Tribunale di I grado
Trib. I grado, 10 luglio 1990, in causa T-51/89, Tetra Pak c. Commissione,
in Racc. 1990
Trib. I grado, 7 febbraio 1991, in cause riun. T-18/89-24/89, Tagaras, in
Racc. 1991, II-53
Trib. I grado, 17 dicembre 1998, in causa T-203/96, Embassy Limousines, in
Racc. 1998
Trib. I grado, 25 marzo 1999, in causa T-37/97, Forges de Clabecq, in Racc.
1999
Trib. I grado, 5 giugno 2001, in causa T-6/99, ESF, in Racc. 2001
Trib. I grado, 3 maggio 2002, in causa T-177/01, Jégo-Quéré, in Racc., 2002
Trib. I grado, 12 novembre 2002, in causa T-94/00, Rica foods, in Racc.
2002
Trib. I grado, 20 novembre 2002, in causa T-251/00, Lagardère, in Racc.
2002
Trib. I grado, 8 luglio 2004, in causa T-67-68/00, T-71 e 78/00, Jfe Engineering, in Racc. 2004
Trib. I grado, 6 ottobre 2005, in causa T-22/02 e T-23/02, Sumitomo Chemical, in Racc. 2005
Trib. I grado, 23 settembre 2009, in causa T-341/05, Regno di Spagna c.
Commissione, in Racc. 2009
Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato
Adun. Plen. Cons. Stato, 18 dicembre 1940, n. 4, in Foro it. 1940
Adun. Plen. Cons. Stato, 26 ottobre 1979, n. 25, in www.google.it
Adun. Plen. Cons. Stato, 10 luglio 1986, n. 8, in Cons. Stato, 1986
Adun. Plen. Cons. Stato, 22 dicembre 1999, n. 24, in www.giustiziaamministrativa.it
Adun. Plen. Cons. Stato, 28 marzo 2003, n. 4, in www.giustiziaamministrativa.it
Adun. Plen. Cons. Stato, 15 settembre 2005, n. 7, in www.giustiziaamministrativa.it
Adun. Plen. Cons. Stato, 22 ottobre 2007, n. 12, in www.giustiziaamministrativa.it
Adun. Plen. Cons. Stato, 23 marzo 2011, n. 3, in www.giustamm.it
Adun. Plen. Cons. Stato, 29 luglio 2011, n. 15, in www.giustiziaamministrativa.it
408
Giurisprudenza
Consiglio di Stato
Cons. Stato, sez. V, 1 dicembre 1939, n. 795, in Foro it. 1939
Cons. Stato, sez. VI, 5 aprile 1968, n. 252, in Foro amm. 1968, 559
Cons. Stato, sez. IV, 18 gennaio 1996, n. 54, in Foro it., 1996, III, 442
Cons. Stato, sez. V, 18 aprile 1996, n. 447, in Foro it., 1996, 186
Cons. Stato, sez. VI, 14 gennaio 2002, n. 173, in www.giustiziaamministrativa.it
Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2003, n. 35, in www.giustiziaamministrativa.it
Cons. Stato, sez V, 15 settembre 2003, n. 5152, in Cons. Stato, 2003, I, 1932
Cons. Stato, sez V, 6 ottobre 2003, n. 5870, in www.giustiziaamministrativa.it
Cons. Stato, sez. VI, 17 settembre 2004, n. 6182, in Urb. e app., 2005, 454
Cons. Stato, sez. VI, 4 gennaio 2005, n. 2, in www.giustiziaamministrativa.it
Cons. Stato, sez. IV, 21 febbraio 2005, n. 579, in www.giustiziaamministrativa.it
Cons. Stato, sez. V, 22 marzo 2005, n. 1195, in www.giustiziaamministrativa.it
Cons. Stato, sez. VI, 3 marzo 2006, n. 1023, in www.giustiziaamministrativa.it
Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2006, n. 2087, in www.giustiziaamministrativa.it
Cons. Stato, sez. VI, 17 ottobre 2006, n. 6194, in www.giustamm.it
Cons. Stato, sez. VI, 22 novembre 2006, n. 6831, in www.giustiziaamministrativa.it
Cons. Stato, sez. VI, 17 aprile 2007, n. 1736, in Foro amm. Cons. Stato,
2007, 1248
Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2007, n. 3025, in www.giustiziaamministrativa.it
Cons. Stato, sez. IV, 21 giugno 2007, n.3400, in www.giustiziaamministrativa.it
Cons. Stato, sez. V, 21 giugno 2007, n. 3384, in www.giustamm.it
Cons. Stato, sez. VI, 4 aprile 2008, n. 1414, in ww.giustiziaamministrativa.it
Cons. Stato, sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 713, in www.giustamm.it
Cons Stato, sez. VI, 17 febbraio 2009, n. 717, in www.giustiziaamministrativa.it
Cons. Stato, sez. V, 2 marzo 2009, n. 1162, in www.giustiziaamministrativa.it
Giurisprudenza
409
Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1477, in www.giustiziaamministrativa.it
Cons Stato, sez. VI, 7 maggio 2009, n. 2835, in www.giustiziaamministrativa.it
Cons. Stato, sez. IV, 2 marzo 2010, n. 1220, in www.giustiziaamministrativa.it
Cons. Stato, sez. IV, 5 marzo 2010, n. 1274, in www.giustiziaamministrativa.it
Cons.Stato, sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246, in www.giustiziaamministrativa.it
Cons. Stato, sez. IV, 9 ottobre 2010, n. 7383, in www.giustiziaamministrativa.it
Cons. Stato, sez. V, 26 gennaio 2011, n. 550, in www.giustamm.it
Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2011, n. 1739, in www.giustiziaamministrativa.it
Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1271, in www.giustiziaamministrativa.it
Cons. Stato, sez. VI, 9 marzo 2011, n. 1488, in www.giustamm.it
Cons. Stato, sez. V, 21 marzo 2011, n. 1739, in www.giustiziaamministrativa.it
Cons. Stato, sez. VI, 31 marzo 2011, n.1983, in www.giustiziaamministrativa.it
Cons. Stato, sez. VI, 10 maggio 2011, n. 2755, in www.giustamm.it
Cons. Stato, sez. V, 12 maggio 2011, n. 2817, in www.giustiziaamministrativa.it
Cons. Stato, sez. V, 26 gennaio 2012, n. 340, in www.giustiziaamministrativa.it
Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2012, n. 1750, in www.giustiziaamministrativa.it
Tribunale amministrativo regionale
Tar Marche, 3 gennaio 1978, n. 3, in Foro amm., 1978
Tar Lazio, sez. I, 15 agosto 1988, n. 1185, in www.giustiziaamministrativa.it
Tar Molise, 7 febbraio 1994, n. 28, in Foro amm. 1994, 1580
Tar Lombardia, sez. III, 31 maggio 2000, n. 3831, in www.giustiziaamministrativa.it
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Giurisprudenza
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Giurisprudenza
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