Tecnologia del fronte d`onda nelle Scienze visive2

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TECNOLOGIA DEL FRONTE D’ONDA NELLE SCIENZE VISIVE
Autore: IACOBUCCI ANDREA Dipl. OPTOMETRISTA [email protected]
ABSTRACT
L’evolversi della strumentazione elettromedicale e degli algoritmi di calcolo, ha permesso in pochi anni di
rendere fruibile in ambito optometrico l’analisi del fronte d’onda. Le informazioni fornite dagli strumenti
richiedono una conoscenza di base dei termini matematici e statistici adottati, per rendere intellegibile le
diverse informazioni fornite. Nella prima parte, l’articolo si propone di descrivere i termini utilizzati
nell’analisi del fronte d’onda. Nella seconda parte l’articolo si propone di analizzare come potrebbe essere
estrapolata una possibile correzione sferocilindrica, attraverso i dati forniti dall’aberrometro, e come una
correzione “aberrometrica” qualora fosse attuabile, agirebbe sulla performance visiva.
PARTE PRIMA
La performance visiva, intesa come abilità di discriminazione, è funzione di due fattori: la qualità ottica
dell’immagine retinica, e la capacità del sistema neurale di trasformare l’immagine retinica in percezione.
L’immagine focalizzata in retina è l’input del processo visivo e la sua analisi può fornire importanti
informazioni sulla performance visiva stessa. L’immagine retinica è colpita da una serie di difetti
determinati dalle caratteristiche del sistema ottico oculare e dalla natura intrinseca della luce; i fattori che
causano questi difetti sono l’assorbimento, la riflessione, la diffusione, la diffrazione e le aberrazioni.
Quando un raggio di luce attraversa un mezzo ottico una parte di esso viene riflesso, una parte assorbito,
una parte diffuso, una parte rifratto, ed in questo ambito agiscono le aberrazioni e la diffrazione.
Assorbimento, riflessione e diffusione diminuiscono la quantità di luce che giunge sul piano retinico,
aumentano con l’aumentare dell’età e con l’intorbidimento dei mezzi ottici, o in presenza di opacità
corneali del cristallino o del corpo vitreo; in un normale occhio in salute incidono in maniera lieve sulla
qualità dell’immagine retinica e la loro presenza può essere quindi trascurata. La diffrazione e le aberrazioni
alterano la qualità della luce che giunge sul piano retinico ed il loro impatto è strettamente collegato
all’apertura pupillare. La teoria classica delle aberrazioni è stata sviluppata dal fisico tedesco Seidel per i
sistemi ottici simmetrici, la cui comune classificazione fu la suddivisione in 5 aberrazioni monocromatiche
descritte nel 1865, identificate in aberrazione sferica, coma, astigmatismo, curvatura di campo e
distorsione. La mancanza di simmetria nell’occhio umano richiede una descrizione più generale, come
l’espansione in serie di Taylor per la mappa del fronte d’onda o l’espansione di Zernike per le mappe
aberrometriche. First Zernike fu professore all’università di Groningen e premio Nobel per la fisica nel 1953
per aver progettato un microscopio basato sulla tecnica del contrasto di fase; la serie polinomiale che ha
preso il suo nome fu un derivato dei polinomi di Seidel usato come strumento per i suoi studi di ottica.
ABERROMETRO
L’aberrometro misura tutte le aberrazioni monocromatiche presenti nel sistema ottico oculare. In breve
bre
sintesi, lo strumento cattura il fronte d’onda uscente dal sistema ottico oculare, focalizzandolo per mezzo di
una serie di microlenti su un sensore CCD. Ogni lente produce un punto immagine, che fuocheggiando sul
sensore forma una matrice di punti. Lo strumento, in base alla conformazione della matrice, interpreta il
fronte d’onda attraverso un algoritmo di calcolo, e ne descrive le caratteristiche adottando termini
matematici usati per descrivere in ingegneria la teoria del segnale, in accordo con il teorema di Parseval.
Hartmann-Shack
wavefront sensor
Retinal
point
source
CCD
sensor
Relay
lenses
Lenslet
array
Sopra:Schema di un aberrometro
metro con sensore Hartmann-shack1, schema ottico microlenti sotto.
La ricostruzione del fronte d’onda dipende dal posizionamento di ogni spot focalizzato dalle lenti rispetto
ad un ipotetico spot di riferimento, che identifica la posizione esente da aberrazioni. La relazione tra la
pendenza del fronte d’onda (Ѳ),
Ѳ), ed il posizionamento degli spot focalizzati dalle lenti, è espressa dalla
formula:
Δs=FѲ
Dove Δs indica lo spostamento dello spot focalizzato
focalizzato rispetto allo spot di riferimento,ed F identifica la
lunghezza focale delle lenti. Essendo la focale delle lenti costante, la pendenza del fronte d’onda è
direttamente dipendente allo scostamento dello spot focalizzato. La mappa aberrometrica fornita dallo
d
strumento è simile ad una mappa topografica, ogni punto rappresenta la differenza altimetrica del fronte
d’onda analizzato rispetto ad un perfetto fronte d’onda di riferimento. Essendo la mappa una funzione
grafica e matematica complessa, per poter essere
essere di facile lettura ed interpretazione deve essere
scomposta in delle componenti elementari. Zernike ha studiato delle formule fondamentali che
ch sono la
base per descrivere la totale aberrazione dell’occhio,, dette formule vengono chiamate “funzioni di base”.
L’immagine sottostante mostra come la mappa aberrometrica viene scomposta in un insieme di funzioni
elementari ognuna indipendente dalle altre, questo permette di valutare quale aberrazione di base incide
maggiormente in un sistema ottico ed in che modo
modo degrada la perfomance visiva dell’esaminato.
Ogni funzione elementare o aberrazione di base è il prodotto di due altre funzioni, una che dipende solo dal
raggio (frequenza angolare) e l’altra che dipende
dipende solo dal meridiano (ordine radiale).
La figura mostra la mappa che descrive l’aberrazione di coma, esempio di una delle funzioni elementari
secondo Zernike. Le frecce nere indicano la zona di calcolo della frequenza angolare(m), ovvero quante
creste ed avallamenti sono presenti muovendosi in senso rotatorio alla mappa; mentre
m
La freccia bianca
indica la zona di calcolo dell’ordine radiale (n), ovvero quante creste ed avallamenti si incontrano
muovendosi verticalmente alla mappa2
Il vantaggio di adottare la classificazione di Zernike per la valutazione
valutazione delle aberrazioni oculari è come
descritto l’indipendenza matematica di ogni funzione di base, un
un altro aspetto utile è che tutti i polinomi,
eccetto il primo, hanno media uguale a zero e sono calibrati in modo da avere variazioni unitarie. Questo
Quest è
possibile attraverso un processo matematico chiamato normalizzazione, che si esegue di norma dividendo
ciascun dato per la radice quadrata della somma dei quadrati di tutti gli elementi della serie. La
normalizzazione oltre ad eliminare la ridondanza dei
d dati, permette di porre tutti i polinomi su una base
comune, in modo che le grandezze relative ad ogni aberrazione, possano essere comparate facilmente
adottando lo scarto quadratico medio (RMS-root mean square),, che utilizzato in statistica come indice di
dispersione,, misura la variabilità di un insieme di variabili casuali ed ha valore sempre positivo; assume
valore zero solo se tutte le variabili hanno valore uguale tra loro. Dal valore di RMS in micron di ogni
aberrazione vengono matematicamente calcolate le altre funzioni che verranno successivamente illustrate
quali il PSF, MTF e Strehl Ratio. L’idea adottata in chimica di ridurre le molecole nelle loro componenti
atomiche quali elementi costituenti, collocandole in una tavola dove ogni posizione indica una serie di
caratteristiche primarie, è stata ripresa nella valutazione della qualità dell’immagine. In quest’ambito il
fronte d’onda aberrato viene scomposto nelle sue forme fondamentali, le quali sono poste in base
all’ordine radiale ed alla frequenza angolare su una tavola chiamata piramide di Zernike, dove ogni
posizione indica un’aberrazione di base, descritta matematicamente dal prodotto di un polinomio ed
un’armonica sinusoidale,
idale, che degrada in un determinato modo l’immagine risultante.
In alto: piramide di Zernike, in basso: formula di base per l’astigmatismo di 2 ordine secondo Zernike
FUNZIONI DI DISTRIBUZIONE E MODULAZIONE
PSF, MTF
Molti fenomeni fisici sono basati sperimentalmente, in modo che la risposta ad uno stimolo complesso, sia
uguale alla somma
ma delle risposte che ogni componente elementare presente nello stimolo produce
individualmente; di conseguenza conoscere la risposta di una componente elementare permette, con
buona approssimazione, di conoscere la risposta del sistema ad uno stimolo complesso;
comp
la proprietà
3
matematica che definisce questo fenomeno è chiamata linearità . Così come in campo matematico,
matemat
una
funzione complessa può essere scomposta in una funzione elementare simile chiamata trasformata di
Fourier,
er, che permette un analisi più semplice,
mplice, si adotta in ambito ottico, lo stesso procedimento per
estrapolare funzioni che analizzano la qualità ottica del sistema oculare. Nella teoria dei segnali la
trasformata di Fourier permette di ottenere il contenuto in frequenza di un segnale. La trasformata
tr
inversa
di Fourier consente di ricavare un segnale a partire dal suo contenuto in frequenza. L’impulso luminoso che
fuocheggia sulla fovea è un segnale che attraversa un mezzo per raggiungere il punto di ricezione, alla luce
di questo ragionamento si può adottare lo stesso procedimento anche per analizzare il sistema ottico
oculare. Per valutare la qualità di un sistema ottico, bisogna osservare come il sistema focalizza l’oggetto
osservato, tuttavia nel mondo reale è presente un numero infinito di oggetti, ognuno con una diversa
complessità. Per ottenere un dato scientificamente attendibile e ripetibile, bisogna poter uniformare
l’oggetto scomponendolo in delle componenti elementari, ed osservare come il sistema trasferisce queste
componenti elementari sul diaframma di campo (retina). Il fronte d’onda proveniente dall’oggetto può
essere scomposto in un insieme di punti oggetto, che lo identificano in termini di intensità e lunghezza
d’onda. Similmente lo stesso fronte d’onda può essere scomposto in un insieme di onde sinusoidali che lo
identificano in termini contrasto, orientamento, fase e frequenza spaziale. La dicotomia punto ed onda
sinusoidale permette di descrivere l’oggetto in ogni sua caratteristica fisica. Supponendo di poter eliminare
totalmente le aberrazioni oculari, la presenza di una pupilla di entrata causa diffrazione, la sua entità al
contrario dei fenomeni aberrativi, risulta essere inversamente proporzionale all’apertura pupillare. A livello
teorico il sistema ottico oculare esente da aberrazioni viene chiamato Diffraction-limited (sistema limitato
alla sola diffrazione).
serie di lenti, matrice a punti risultante e mappa aberrometrica conseguente rispettivamente per un sistema
oculare limitato alla sola diffrazione e per un sistema aberrato.
L’intensità di distribuzione di un punto in campo foveale è chiamata Funzione elementare di distribuzione,
o Point Spread Function (PSF) che descrive, attraverso l’analisi del fronte d’onda, come il sistema focalizza
sul piano retinico l’immagine di un punto oggetto. Se il PSF fosse un punto preciso e compatto avremmo un
perfetto sistema ottico, che in realtà non esiste; supponendo di poter eliminare tutte le aberrazioni
presenti nel fronte d’onda, rimarrebbe la diffrazione causata dall’apertura pupillare ad allargare il PSF. Di
conseguenza la miglior immagine ottenibile è quella di un punto immagine di forma sferica formato da un
sistema limitato alla sola diffrazione (diffraction-limited) chiamato disco di Airy, il cui diametro (O) è
collegato con un rapporto inversamente proporzionale all’apertura pupillare (a) dalla formula:
O=1,22 · λ/a
Come si desume dalla figura in alto il PSF permette di ottenere una valutazione visiva di come il sistema
esaminato focalizzerebbe l’immagine di un punto. La misura collegata al PSF che fornisce un dato numerico
è lo Strehl ratio, che è definito come il rapporto tra il picco di distribuzione(PSF) in campo foveale di un
sistema diffraction limited, ed il picco di distribuzione del sistema analizzato.
La figura in alto mostra il metodo di calcolo dello Strehl Ratio
Lo Strehl ratio varia da 0 a 1, dove il valore 1 indica un sistema ottico esente da aberrazioni (diffractionlimited), pertanto un alto valore di Strehl ratio è indice di una buona qualità del sistema ottico. Per
convenzione valori superiori allo 0,80 identificano comunque un sistema diffraction-limited. Tramite il PSF è
possibile ottenere la costruzione dell’immagine di un oggetto fittizio, che rappresenta in modo tangibile
come il sistema analizzato focalizzerebbe l’oggetto, questo procedimento è chiamato convoluzione.Come
descritto in precedenza un oggetto oltre ad essere rappresentato otticamente come un insieme di punti,
può anche essere rappresentato come un insieme di reticoli sinusoidali. Un reticolo sinusoidale è una mira
formata da barre il cui contrasto varia sinusoidalmente in direzione perpendicolare all’orientamento delle
barre. Le sue variabili sono il contrasto tra le barre, l’orientamento delle stesse, la fase, ovvero come sono
posizionate le creste e gli avallamenti e la frequenza spaziale che determina la risoluzione del reticolo. La
frequenza spaziale si misura in cicli su grado, ossia quanti cicli sinusoidali (distanza tra una cresta ed un
avallamento) ci sono per ogni grado di angolo visivo. La rappresentazione in cicli su gradi è un modo
alternativo alla comune rappresentazione dell’acuità visiva, ad esempio discriminare un reticolo sinusoidale
di 30 cicli su grado significa avere un’acuità visiva di 10/10.
Esempi di reticoli sinusoidali
Un perfetto sistema ottico trasferisce in ogni sua caratteristica fisica il reticolo sinusoidale entrante sul
diaframma di campo (retina). Il sistema ottico oculare, a causa delle aberrazioni presenti trasferisce il
reticolo sinusoidale in due modalità, diminuendone il contrasto (demodulazione) e cambiandone la fase
(Phase shift).
OGGETTO
IMMAGINE RETINICA
OGGETTO
IMMAGINE
Sistema ottico
Aberrazioni
DEMODULAZIONE
OGGETTO
IMMAGINE
Sistema ottico
Aberrazioni
VARIAZIONE DI FASE
Esempi di trasferimento di un reticolo sinusoidale attraverso il sistema ottico4
La figura successiva permette di valutare in maniera concreta il cambiamento di fase causato dalle
aberrazioni. Osservando monocularmente l’immagine di sinistra ad una distanza di circa 70 cm ed
inserendo una ametropia sferica (aberrazione di defocus secondo Zernike), si nota come ad una
determinata distanza dal centro della croce, in base all’entità dell’ametropia sferica, i raggi neri appaiano
chiari e l’interstizio tra i raggi chiaro appaia invece scuro. In sintesi dove nell’oggetto osservato c’era un
pattern nero, nell’immagine si presenta un pattern bianco e viceversa; accade quindi una variazione di fase
come mostrato nella figura precedente: dove era presente un avallamento nell’onda sinusoidale oggetto, è
ora presente una cresta nell’onda sinusoidale immagine.
Stella di Seiman.1
La funzione di trasferimento modulare o Modulation Transfer Function (MTF) descrive attraverso l’analisi
del fronte d’onda come il sistema ottico trasferisce il contrasto di un reticolo sinusoidale dal piano oggetto
al piano immagine. L’MTF viene descritto con un grafico dove l’asse delle ascisse rappresenta la frequenza
spaziale mentre l’asse delle ordinate identifica il valore di MTF che varia da 0 a 1. Un MTF di 1 ad una data
frequenza spaziale indica che il contrasto viene completamente trasferito sul piano focale immagine, indice
di un sistema esente da aberrazioni. Un MTF di 0,4 indica che il contrasto del reticolo sinusoidale viene
trasferito al 40%, in questo caso durante il passaggio attraverso il sistema ottico viene disperso il 60% delle
informazioni presenti nell’oggetto, ne consegue che la performance visiva risulterà minore. La curva che
descrive l’MTF ha un andamento inversamente proporzionale, questo perché il sistema ottico oculare si
comporta da filtro passa-basso, trasmette le basse frequenze spaziali mentre taglia le alte.
Curva dell’MTF
L’RMS fornisce solo un’indicazione numerica della quantità di aberrazione del fronte d’onda sul piano
pupillare, ma non mostra come l’aberrazione degrada l’immagine retinica, come invece fanno l’MTF, il PSF
e lo Strehl Ratio. Nella figura in basso, ad esempio e mostrata l’immagine retinica simulata di una lettera
otto tipica, attraverso la convoluzione, per quattro differenti tipologie di aberrazione secondo Zernike. Per
ogni lettere l’RMS è costante a 0,7 micron5.
In senso orario sono aberrazione sferica primaria, coma secondario, astigmatismo terziario ed astigmatismo
secondario.
PARTE SECONDA
PERCEZIONE VISIVA E ABERRAZIONI
Da quando la tecnologia del fronte d’onda è stata adottata in campo oftalmico, ci si è posti la domanda se
fosse stato possibile ottenere una “supervisione” eliminando le aberrazioni e creando un sistema ottico
oculare “diffraction-limited”.
Circa un secolo fa Von Helmholtz disse
“[…]Se un Ottico tentasse di vendermi uno strumento (l’occhio)
biasimerei la sua negligenza rifiutando l’offerta”[…].
che contiene tutti questi difetti,
Von Helmholtz
Diversi studi6 hanno dimostrato l’utilità dell’aberrazione cromatica oculare nel processo accomodativo e nel
defocus retinico, mentre per le aberrazioni monocromatiche fino a quanto la loro correzione può migliorare
la performance visiva in un soggetto sano?
Adottando una mira ad infrarossi per bypassare l’ottica oculare, negli ultimi 70 anni si è investigato su
quello che può essere il limite della visione umana, facendo una media tra le diverse ricerche esso si
attesta alla discriminazione di un reticolo sinusoidale di 60 cicli su grado, ascrivibili in frazione decimale a
circa 20/10. Al di sotto di quest’angolo di risoluzione, denominato secondo la terminologia della teoria dei
segnali, limite di campionamento di Nyquist (Nyquist sampling limit), il sistema visivo compie degli errori,
leggendo ad esempio l’immagine di un reticolo sinusoidale, come una mira a pattern zebrato.
La conoscenza della fisiologia della retina e dei centri superiori, permette di fornire un’idea sul limite di un
approccio che cerchi di ottenere una “supervisione” creando un sistema ottico oculare “diffractionlimited”. Le due principali funzioni della retina sono la trasduzione dell’energia luminosa in energia elettrica
e la traslazione dell’informazione visiva in un segnale neurale, il suo lavoro di sintesi è notevole, in quanto
da 125 milioni di fotorecettori convergono soltanto un 1 milione di assoni al nervo ottico. Lo stimolo
luminoso entrante viene codificato come variazione di potenziale nei fotorecettori e di seguito trasmesso
attraverso la retina seguendo la via diretta, tramite le cellule bipolari, o la via indiretta tramite le cellule
amacrine, alle cellule gangliari definite prima stazione neurale, dove avviene la prima lettura del messaggio
luminoso in rapporto alla stimolazione o all’inibizione del totale tessuto retinico. L’insieme di fotorecettori
connessi ad una sola cellula gangliare viene definito campo recettivo, denominato come regione della
retina la cui stimolazione luminosa modifica l’attività della cellula gangliare stessa.
Schema rappresentativo del tessuto retinico7
Stimolando parti diverse del campo recettivo si hanno risposte qualitativamente diverse ad esempio, la
stimolazione di un’area grande produce una sottrazione degli effetti prodotti invece da stimolazioni parziali
(centro-perfiferia), poiché piu’ specifiche nell’anatomia del campo recettivo. Cellule gangliari adiacenti
condividono quasi gli stessi gruppi di fotorecettori, ne risulta che i campi recettivi a livello retinico sono
sovrapposti, un recettore potrà appartenere al centro di un campo recettivo di una cellula gangliare centro
ON, ed alla periferia di un’altra cellula gangliare centro ON, quindi una stimolazione luminosa del recettore
potrà avere effetto eccitatorio per un tipo di cellule ed inibitorio per altre, a seconda della posizione del
recettore rispetto al campo recettivo delle cellule gangliari a cui è associato, di conseguenza un seppur
minimo stimolo luminoso che colpisce la retina, scatena un’intensa attività in numerose cellule.
La griglia di Hermann è un’illusione ottica che permette di osservare come la modalità di lettura tramite
campi recettivi influenzi
luenzi la percezione visiva,
visiva, si noti come osservando le intersezioni delle linee si abbia un
effetto eccitatorio in visione centrale ed inibitorio in visione periferica dove i campi recettivi sono di
dimensione maggiore.
In sintesi, seguendo il percorso sino
no ai centri superiori, la modalità di lettura dello stimolo luminoso da
parte delle cellule gangliari e successivamente delle cellule del corpo genicolato laterale, fino alle 200
milioni di cellule corticali è similare, poiché tutte rispondono a stimoli centro-periferia,
c
periferia, con differenze
riguardanti il movimento della mira e la forma del campo recettivo, che risulta essere circolare a livello
delle cellule gangliari ed allungato nella corteccia striata.
Schema di un campo recettivo retinico centro ON, collegato
collegato ad una cellula gangliare ed il percorso che
compie il messaggio visivo fino alle aree cerebrali 17 e 19 di Brodmann che adottano una lettura a campi
recettivi rettangolari.
Il sistema visivo rapporta continuamente lo stimolo luminoso che colpisce una zona della retina, rispetto
alla quantità di luce che colpisce una zona adiacente ad esso, ciò che legge è l’illuminazione relativa
r
del
punto osservato rispetto
etto al suo sfondo,
sfondo, in altre parole, la chiave di lettura del mondo esterno da parte del
nostro sistema visivo è la percezione del contrasto. Ad esempio osservando un quadrato bianco su sfondo
scuro, le cellule gangliari leggono solo i bordi del quadrato, che sono la zona in cui sussiste una differenza di
contrasto tra lo sfondo scuro e l’interno chiaro;
chiaro; l’interno ci appare bianco poiché nessuna cellula gangliare
in quella zona comunica alcuna differenza di contrasto, ed il sistema visivo legge quella zona come
uniforme. La cellula gangliare agisce a risparmio attivandosi solo in determinate condizioni.
condizion Il cervello si è
evoluto per trattare l’informazione visiva con il minor numero di cellule; leggendo solo le differenze di
contrasto, permette una risoluzione minore rispetto ad una ipotetica lettura a pixel, come accade per le
immagini in HD, ma la discriminazione delle immagini avviene in un tempo molto piu’ breve e con minor
dispendio di energia. Considerando la necessita atavica dell’uomo, di agire velocemente per difendersi da
predatori e cacciare le prede, questo modello di lettura risulta corretto per la sopravvivenza nell’ambiente
naturale.
La velocità di elaborazione dell’immagine, usando una lettura che amplifichi le differenze di contrasto
permette ad esempio di discernere in rapidamente un predatore mimetizzato
Tornando nell’ambito della correzione delle aberrazioni monocromatiche, se i centri superiori adottassero
un modello di lettura a pixel, la correzione delle stesse porterebbe enormi miglioramenti nella performance
visiva, ma la lettura con il modello dei campi recettivi, vi è un limite al concetto di “supervisione”, dettato
dalla grandezza dei campi recettivi, che nei primati risultano però essere molto piccoli come diametro nella
zona maculare e grandi in periferia.
In fovea risultano avere un diametro di 2,5 micron sottendendo un angolo di 0,5 minuti d’arco8.
CALCOLO DI UNA LENTE CORRETTIVA TRAMITE LA MAPPA ABERROMETRICA
Nell’insieme di informazioni che fornisce la lettura aberrometrica, è possibile attraverso calcoli matematici
estrapolare una possibile correzione diottrica, per fare questo bisogna adottare un diverso sistema nella
rappresentazione del vizio refrattivo. Il sistema di riferimento comunemente adottato, per descrivere
l’entità di un vizio refrattivo o di una lente correttiva è convenzionalmente espresso in forma polare da tre
numeri, lo sfero, il potere del cilindro e l’asse di orientazione del cilindro stesso. In determinati contesti, ad
esempio per uso a fini statistici, o come vedremo per poter calcolare una correzione su base aberrometrica,
può essere utile una rappresentazione alternativa del potere di una lente correttiva, descritta in forma
rettangolare o cartesiana. Nella convenzionale decomposizione sferocilindrica dell’errore rifrattivo le
componenti sfero e cilindro non sono indipendenti tra loro, perché una lente cilindrica contiene anche una
parte di sfero, chiamato equivalente sferico, che in termini matematici corrisponde a:
M=Sf+Cyl/2
[equazione 1]
GRAFICO 1
Conoide di Sturm
Di fatti nell’ identificazione del potere cilindrico, nella comune pratica clinica, ogni cambio del potere del
cilindro richiede un aggiustamento compensatorio dello sfero, per mantenere l’equivalente sferico
costante.
VETTORI DI POTENZA
Come descritto da diversi autori9,10,11 è possibile, attraverso semplici funzioni trigonometriche, convertire
conv
il
valore diottrico correttivo dalla consueta forma con coordinate polari (cilindro e asse), in coordinate
cartesiane (x,y,z) che descrivono l’errore rifrattivo come
come un vettore che giace nello spazio tridimensionale.
Le tre coordinate o vettori corrispondono al potere di tre lenti che sommate assieme equivalgono ad una
lente sferocilindrica.Il primo componente è una lente sferica di potere M che corrisponde all’equivalente
all’equi
sferico [equazione 1], gli altri 2 componenti sono due cilindri crociati di Jackson, uno ad asse orizzontale (J0)
ed uno ad asse obliquo (J45) le cui equazioni in forma rettangolare o cartesiana sono:
J0= −
C
cos 2a
2
[equazione 2]
J45= −
C
sin 2a
2
[equazione 3]
Dove C corrisponde al potere del cilindro ed
all’asse corrispondente, quando il cilindro risulta negativo.
I tre termini
ni possono essere descritti sinusoidalmente,
sinuso
, in un grafico dove sull’asse delle ascisse è presente
l’asse di orientazione della correzione, mentre sull’asse delle ordinate è presente il potere diottrico. Una
curva descrive l’astigmatismo, secondo o controregola in termini di coseno (linea verde j0),
j0) l’altra curva
descrive l’astigmatismo obliquo in termini di seno (linea blu j45), mentre l’equivalente sferico viene
descritto da una linea mediana
iana (linea rossa) all’onda sinusoidale
sinusoidale che descrive la funzione con coordinate
polari(linea nera) .
GRAFICO 2
Oppure possono essere descritti attraverso un grafico vettoriale, dove i tre termini (M,j45,jo)
rappresentano le tre dimensioni, il vettore(rosso) risultante indica l’entità di sfuocamento,
sfuocamento causato dal
difetto visivo rappresentato, maggiore è la lunghezza
lunghezza del vettore, maggiore sarà l’entità di sfuocamento
indotto, il vettore rosso fornisce quindi una relazione empirica della performance visiva dell’esaminato.
GRAFICO 3
Dal grafico 2 si evince come la descrizione del potere di una lente con coordinate polari
po
sia rappresentata
da una sola curva, mentre la stessa con coordinate cartesiane sia descritta da 2 curve ed una linea, ognuna
indipendente dalle altre. Nella descrizione con coordinate cartesiane ogni componente è matematicamente
indipendente rispetto alle altre, questa caratteristica può essere facilmente adottata nell’analisi statistica,
ad esempio nella valutazione dell’entità di astigmatismo presente in una popolazione di studenti12, oppure
nell’evoluzione dell’astigmatismo in funzione della morfologia
morfol
palpebrale13, o ancora nell’analisi della
variazione del difetto visivo post-chirurgia
chirurgia refrattiva14. Dai valori con coordinate cartesiane è possibile
tornare a valori con coordinate polari applicando le seguenti equazioni:
Sfero =
M + Jo 2 + J 452
Cilindro(negativo)
ilindro(negativo)=-2 Jo 2 + J 452
[Equazione 4]
[Equazione 5]
Asse=1/2 tan −1 (
J 45
)
Jo
[Equazione 6]
Esistono numerosi studi e ricerche in ambito optometrico, che adottando a fini statistici la
rappresentazione del vizio refrattivo in forma cartesiana attraverso i vettori di potenza, ne confermano la
validità.
METODO 1
REFRAZIONE BASATA SULL’OTTIMIZZAZIONE DELLE FUNZIONI CHE ANALIZZANO LA
QUALITA’ DELL’IMMAGINE RETINICA
La refrazione basata sull’analisi della qualità dell’immagine retinica, si ottiene simulando la variazione di
sfero, cilindro ed asse, in tutte le possibili combinazioni, fino a trovare quella che produce la miglior
immagine retinica, definita con le misure presenti nel software dell’aberrometro quali PSF, MTF e Strehl
ratio.Questo metodo computazionale chiamato refrazione virtuale, cattura l’essenza della refrazione
tradizionale, in cui di norma si ricerca la correzione che fornisce la miglior acuità visiva, simulando
matematicamente gli effetti della variazione di potere di una refrazione sferocilindirca. Purtroppo non
esiste un optimum di misura che comprenda tutti gli aspetti della qualità dell’immagine retinica, bisogna
quindi adottare la combinazione dei tre metodi(PSF,MTF, Strehl ratio) per ottimizzare il risultato finale, a
discapito della ripetibilità dell’analisi.
METODO 2
CURVA DI PROFILO CORRISPONDENTE (PARAXIAL CURVATURE MATCHING-PCM)
Possiamo descrivere la curvatura come la proprietà in un fronte d’onda di determinare dove esso focalizzi.
Analizzando la curvatura del fronte d’onda in un punto di riferimento è possibile misurare dove venga
focalizzato, adottando questo procedimento in ambito oculare con il fronte d’onda uscente dall’occhio, è
possibile quantificare l’errore rifrattivo oculare. In zona pupillare diversi punti di riferimento possono
essere analizzati, la scelta migliore cade sul centro della pupilla15. Si adotta per l’analisi della curva il sistema
di riferimento vettoriale di Frenet, che nello spazio tridimensionale con i vettori tangente, normale e
binormale genera il piano osculatore, che in geometria differenziale è il piano che localmente meglio
approssima la curva data. Per definire il sistema di Frenet è necessario che le derivate siano linearmente
indipendenti.
Sopra: esempio di piano osculatore. Sotto: applicazione del sistema
sistema di Frenet nell’analisi
nell’analis del fronte d’onda16.
La formula della curva che ne consegue si ottiene per computazione della curvatura del fronte d’onda al
centro pupillare, con il fronte d’onda espresso come la somma dei coefficienti di Zernike, i quali è noto sono
matematicamente indipendenti
ndipendenti tra loro. Si producono quindi le coordinate dei vettori di potenza della lente
correttiva, attraverso i valori di RMS in micron dei vari coefficienti di Zernike(aberrazioni di base) al
numeratore, ed il diametro pupillare in mm al denominatore[equazione
denominatore[
7,8,9]
M=
J0=
J45=
−C20 4 3 + C4012 5 + L
r2
−C22 2 6 + C42 6 10 + L
r2
−C2−2 2 6 + C4−2 6 10 + L
r2
[equazione 7]
[equazione 8]
[equazione 9]
Nell’equazione 7 l’espansioni contenute sono il defocus e l’aberrazione sferica, nell’equazioni 8 e 9 sono
l’astigmatismo primario e l’astigmatismo secondario di ordine IV, le formule sono troncate al 4 ordine, ma
possono essere estese includendo tutti gli ordini. Nell’analisi della totale aberrazione su
s un occhio esente
da alterazioni morfologiche corneali, la maggior parte delle aberrazioni presenti sono il defocus,
l’astigmatismo e l’aberrazione sferica. La percentuale di errore nel calcolo è direttamente proporzionale al
numero di ordini presenti nella
la formula, ciò è dovuto alla normalizzazione dei valori delle aberrazioni di
base. Di fatti, la ripetibilità nell’uso dell’equazione per il calcolo della lente correttiva, risulta migliore
rispetto al classico esame soggettivo, se la formula viene troncata
troncata al IV ordine (aberrazione sferica);
aumentando il numero di ordini nell’equazione, la ripetibilità diminuisce notevolmente17. Ottenuti i valori
dei vettori di potenza (M, J0 ,J45), per tornare alla convenzionale forma polare si adottano le equazioni di
conversione descritte in precedenza[equazioni 4,5,6], ottenendo il valore di una lente correttiva dai valori
in micron delle aberrazioni di base estrapolati dall’aberrometro.
Esempio di mappa aberrometrica e valori delle aberrazioni di base risultanti in micron e diottrie.
Nella lettura aberrometrica soprariportata (così come nella maggior parte degli aberrometri) diversi valori
sono indicati in coordinate polari (ad esempio l’astigmatismo primario e secondario).Per rendere i valori
fruibili nella formula (equazioni 8 e 9) in cui C(qui sopra indicato con Z) è richiesto sia come C2,2 (in J0) sia
come C2,-2(in J45), bisogna trasformarli in coordinate cartesiane tramite il teorema di pitagora,
dove C2,2(J0) = C2+-2*cos(2*asse) e C2,-2(J45) = C2+-2*sin(2*asse). Es. C2+-2 nella mappa aberrometrica
soprariportata viene indicato con Z2+-2 il cui valore riportato in micron è 2,485 ad asse 158.
POSSIBILE USO DEL CALCOLO DI UNA LENTE SU BASE ABERROMETRICA
Qualsiasi metodo di indagine presenta un margine di errore, sia nell’accuratezza del risultato finale che
nella ripetibilità dello stesso. Una refrazione può risultare non corretta a causa di molteplici fattori, quali ad
esempio, lo scarso controllo dell’accomodazione, errori clinici, oppure a causa di risposte inappropriate da
parte dell’esaminato. Diversi studi dimostrano la validità dell’esame soggettivo, Goss e Grosvenor18 ad
esempio, indicano che la normale refrazione ha una ripetibilità entro un errore di ¼ di diottria nel 75% dei
casi, ed entro un errore di 0,50 diottrie la ripetibilità sale al 95%. Oltre alla ripetibilità è altresì importante
l’accuratezza dell’indagine, e l’insieme di test oggettivi e soggettivi comunemente adottati nella pratica
optometrica permettono, se somministrati correttamente una notevole precisione. L’accuratezza e di
conseguenza la ripetibilità dell’indagine refrattiva, diminuiscono notevolmente in presenza di alterazioni
morfologiche corneali. Nella comune pratica clinica, ogni professionista che si trova ad eseguire un esame
refrattivo, per conseguire una correzione oftalmica in presenza di cheratoconi in stadio avanzato, o in
presenza di astigmatismi irregolari traumatici o post-trapianto, si trova dinnanzi ad una vera sfida. Come
indicano Mannis e Zadnik19 l’utilizzo della normale tecnica refrattiva in presenza di astigmatismi irregolari,
può causare una notevole differenza nell’efficienza ed accuratezza della misura, rispetto ad una situazione
standard. Alterazioni del riflesso in schiascopia, basso visus, difficoltà da parte del paziente di discernere,
durante i cilindri crociati, quale può essere l’immagine migliore, sono alcune delle problematiche che
comunemente si incontrano durante l’esame refrattivo in presenza di astigmatismi irregolari. Di norma,
l’esperienza dell’esaminatore, e la maggiore tolleranza nell’adattarsi alla correzione finale da parte
dell’esaminato19, permettono di conseguire un risultato talvolta soddisfacente. In questi casi l’approccio
con un modello matematico, attuabile attraverso i dati estrapolati dall’aberrometro, per realizzare la
correzione refrattiva finale, può rilevarsi un’utile opportunità. Negli astigmatismi irregolari, il margine di
errore presente nell’esame aberrometrico e nella computazione dei vettori, potrebbe essere minore
rispetto allo stesso presente durante il comune esame refrattivo.
Sarebbe interessante poter valutare questa possibilità in ambito clinico.
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