Sla, l`Icgeb cerca risposte nei moscerini

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Pianeta scienza
IL PICCOLO MERCOLEDÌ 23 MARZO 2011
Disabilità visiva e accessibilità in un libro
Scala con marcagradino per evidenziare i dislivelli (foto di Lucia Baracco)
È relativamente semplice parlare di sicurezza e di messa a norma degli edifici pubblici. Ben
più difficile è realizzare un simile obiettivo, collocandosi
nell’ottica delle persone disabili che devono fruire di strutture
effettivamente a loro misura.
Di sicurezza accessibile in relazione ai problemi delle persone ipo o non vedenti si parlerà
domani, alla libreria Minerva
di via San Nicolò (alle 17.30), in
occasione della presentazione
del libro “Sicurezza accessibile.
Disabilità visiva: accorgimenti
e strategie per migliorare la leggibilità e la comunicabilità ambientale”.
Edito da Eut, Edizioni Università di Trieste, e curato da
Giorgio Sclip, responsabile del
servizio Prevenzione, protezione e disabilità dell’ateneo triestino, il volume raccoglie riflessioni, normative ed esempi di
buone e meno buone pratiche
ambientali, inquadrandole dal
punto di vista del disabile visivo. E si rivolge a datori di lavoro, professionisti e responsabili
della sicurezza suggerendo i
principi da tenere presenti nella valutazione dei rischi legati
alla fruibilità di un ambiente.
«Proprio perché così evidente, la disabilità motoria è quella
che viene tutelata e seguita con
maggiore rigore», spiega Sclip.
«Viceversa, il disabile visivo si
scontra con barriere che a una
persona normale non appaio-
no tali». Qualche esempio?
Scritte poco leggibili, percorsi
di fuga mal segnalati e, in genere, una scarsa integrazione delle indicazioni utili per l’orientamento.
Nel corso della discussione,
Vincenzo Toccano, presidente
della Consulta provinciale delle associazioni dei disabili di
Trieste, e disabile visivo egli
stesso, parlerà dell’accessibilità dei siti web mettendo in evidenza le carenze nella progettazione dei software e suggerendo alcune misure utili a rimuovere dalla vita dei disabili visivi
anche le barriere informatiche.
Cristina Serra
Sla, l’Icgeb cerca risposte nei moscerini
Studio sul “morbo di Lou Gehrig” guidato da Fabian Feiguin e finanziato per tre anni con 158.400 euro dall’agenzia AriSla
di Matteo Unterweger
Dai moscerini potrebbero arrivare risposte di rilievo nel percorso scientifico che mira a fare
luce sulla Sla, la sclerosi amiotrofica laterale, e in prospettiva
a curarla. Ad occuparsi dell’importante studio è il progetto
“Alsmndtdp – 43” di Fabian Feiguin dell’Icgeb di Trieste, uno
degli otto vincitori del bando
AriSla 2010, da cui ha ottenuto
un finanziamento pari a
158.400 euro per tre anni.
La Sla è una malattia degenerativa e progressiva del sistema
nervoso che colpisce i motoneuroni (i neuroni che regolano i
movimenti dei muscoli). Altrimenti nota come “morbo di Lou
Gehrig”, negli ultimi anni è salita alla ribalta delle cronache anche per aver colpito vari sportivi
noti, fra cui pure calciatori quali
Stefano Borgonovo o il compianto Gianluca Signorini. Ad
oggi le cause sono ignote, ma vi
è evidenza scientifica che alla
base della malattia ci siano alcune alterazioni genetiche. Qui si
innesta
l’approfondimento
dell’equipe di Feiguin sui moscerini della frutta, volto a identificare le molecole e i meccanismi che provocano la Sla. Negli
ultimi anni infatti si è scoperto
che i moscerini della frutta, i
“Drosophila
melanogaster”,
hanno un genoma che presenta
un’enorme analogia con quello
DISTRIBUITI 2,5 MILIONI
AL MICROSCOPIO
❙❙ Circa 2,5 milioni di euro per la
ricerca italiana sulla sclerosi laterale amiotrofica. Li ha stanziati AriSla,
l’Agenzia di ricerca per la Sla: con il
suo secondo bando di concorso ha
finanziato otto nuovi progetti sul
territorio nazionale (fra i quali quello di cui riferiamo a parte). Questi
sono risultati essere i più promettenti tra 80 proposte. Due gli obiettivi
di AriSla: finanziare studi che possano contribuire a chiarire l’origine
della malattia e sostenere progetti
che mirano ad individuare possibili
strumenti diagnostici e terapeutici.
La Sla, infatti, è una malattia per cui
non si conoscono le cause e non esistono ad oggi né test per diagnosticarla precocemente, né terapie che
possano rallentarla sensibilmente.
umano.
Tale somiglianza ha permesso di modellare la Sla in un altro
essere vivente (il moscerino) e
studi pregressi hanno già dato
interessanti risultati, su geni
che si è scoperto essere gli stessi
negli esseri umani. Lo studio del
gruppo di Feiguin si focalizza
sulla Tdp-43 (scoperta proprio
dall’Icgeb con in testa Francisco
Baralle), una delle principali
proteine implicate nel processo
di degenerazione dei motoneuroni nella Sla. Nei pazienti colpiti dalla malattia compare modificata sotto forma di aggregati.
L’obiettivo è di identificare le
Morte dei neuroni
e le grandi sfide
della ricerca
di Mauro Giacca
L
Fabian Feiguin, principal investigator del progetto Alsmndtdp – 43, nel suo laboratorio all’Icgeb
molecole regolate dalla Tdp-43,
i meccanismi e così infine capire il processo degenerativo.
«Questo studio è iniziato nel
2008 quando abbiamo scoperto
che la proteina Tdp-43 era necessaria per il controllo dell’attività motoria e dell’innervazione
muscolare nel moscerino della
frutta», spiega Feiguin. «Attualmente - prosegue l’esperto -,
con il finanziamento AriSla, ab-
biamo iniziato una serie di studi
volti ad identificare le molecole
che interagiscono con la Tdp-43
e che ci permettono di spiegare
come funziona tale proteina e,
di conseguenza, come è coinvolta nel processo patologico della
Sla. Prevediamo di raggiungere
questi risultati nei prossimi tre
anni». Le novità consentiranno
«di identificare - conclude Feiguin - i bersagli farmacologici
più adatti insieme alle migliori
strategie terapeutiche per trattare la malattia».
AriSla lancerà il prossimo 29
aprile un nuovo bando di concorso per continuare a dare una
speranza ai malati di Sla, che solo in Italia sono oltre 5000, con
1000 nuovi casi che si registrano
ogni anno, in media tre al giorno.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Gestione facile dei file, progetto in corso
Flavio Marchi, studente universitario, lo sviluppa all’interno di Generali Business Solutions
Alcuni computer: il progetto mira a una più intuitiva gestione dei file
Un’applicazione ad hoc per
avviare e gestire file o servizi
in modo molto intuitivo, con
pachi passi di semplice comprensione pensati anche per
l’utente alle prime armi.
Risiede in questo concetto
l’innovazione alla quale sta
lavorando Flavio Marchi, studente al terzo anno della facoltà di Informatica dell’Università di Bologna che fino al
prossimo giugno lavorerà,
per svilupparla, all’interno
della struttura di Generali
Business Solutions. Il progetto rientra in In-Fvg, il pro-
Galileo. Koch. Jenner. Pasteur. Marconi. Fleming...
Precursori dell’odierna schiera di ricercatori
che con impegno strenuo e generoso (e spesso oscuro)
profondono ogni giorno scienza, intelletto e fatica
imprimendo svolte decisive al vivere civile.
Incoraggiare la ricerca significa
optare in concreto per il progresso del benessere sociale.
La Fondazione lo crede da sempre.
gramma promosso dalla Regione con il sostegno, tra gli
altri, di Friuli Innovazione
per favorire la nascita e lo sviluppo di business idea innovative.
Nell’ambito di questo programma è stata selezionata
l’idea imprenditoriale avanzata dal giovane studente
che ha così avuto la possibilità di effettuare un periodo di
pratica
imprenditoriale
all’interno di un gruppo, Generali, sempre alla ricerca di
progetti e soluzioni ad alto
contenuto tecnologico.
Per Marchi si tratta di
un’opportunità per sperimentare in prima persona
che cosa può voler dire fare
l’imprenditore, visto che il
suo
percorso
di
“accompagnamento” arriverà sostanzialmente fino allo
start up aziendale.
L’applicazione alla quale
sta lavorando Marchi, una
volta completata la fase iniziale, potrebbe trovare interessanti prospettive di sviluppo anche in ambito finanziario e scientifico.
Nicola Comelli
questa pagina è realizzata in collaborazione con
e ricerche di Fabian Feiguin, riportate nell’articolo a lato, si inseriscono
nella problematica più vasta
delle cosiddette malattie neurodegenerative, ovvero quelle
causate dalla progressiva perdita dei neuroni del cervello o, come nel caso della sclerosi laterale amiotrofica (Sla), del sistema
nervoso periferico. Nasciamo
con un certo corredo di neuroni
(secondo alcuni studi, sono più
di 20 miliardi i neuroni nel nostro cervello, mentre almeno 1
milione quelli che trasmettono
gli impulsi dal cervello al midollo spinale e circa 100-200mila
quelli che connettono il midollo spinale ai muscoli), e non
possediamo la capacità di generarne altri durante tutta la vita
adulta. La perdita dei neuroni
in determinate aree cerebrali
determina malattie come il
morbo di Parkinson o il morbo
di Alzheimer o, appunto la Sla,
se interessa le vie di trasmissione dei segnali motori dal cervello ai muscoli. Perché muoiano i
neuroni nel corso di queste malattie è ancora largamente misterioso; come contrastare questo evento rappresenta peraltro
uno dei traguardi più ambiziosi
della ricerca attuale. In questo
contesto, giungono informazioni incoraggianti in questi giorni
dalla pubblicazione, sulla rivista Lancet Neurology, dei primi
risultati positivi ottenuti grazie
alla terapia genica nel morbo di
Parkinson in una sperimentazione condotta a New York, dove 45 pazienti hanno tratto vantaggio dall’inoculazione, nel
cervello, di un virus modificato.
La strada della terapia genica,
insieme alla futuribile possibilità di rigenerare i neuroni perduti grazie alle cellule staminali,
rappresentano di fatto le speranze più concrete per sviluppare nuove terapie capaci di rallentare o revertire il devastante
decorso di queste malattie.
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