28 Pianeta scienza IL PICCOLO MERCOLEDÌ 23 MARZO 2011 Disabilità visiva e accessibilità in un libro Scala con marcagradino per evidenziare i dislivelli (foto di Lucia Baracco) È relativamente semplice parlare di sicurezza e di messa a norma degli edifici pubblici. Ben più difficile è realizzare un simile obiettivo, collocandosi nell’ottica delle persone disabili che devono fruire di strutture effettivamente a loro misura. Di sicurezza accessibile in relazione ai problemi delle persone ipo o non vedenti si parlerà domani, alla libreria Minerva di via San Nicolò (alle 17.30), in occasione della presentazione del libro “Sicurezza accessibile. Disabilità visiva: accorgimenti e strategie per migliorare la leggibilità e la comunicabilità ambientale”. Edito da Eut, Edizioni Università di Trieste, e curato da Giorgio Sclip, responsabile del servizio Prevenzione, protezione e disabilità dell’ateneo triestino, il volume raccoglie riflessioni, normative ed esempi di buone e meno buone pratiche ambientali, inquadrandole dal punto di vista del disabile visivo. E si rivolge a datori di lavoro, professionisti e responsabili della sicurezza suggerendo i principi da tenere presenti nella valutazione dei rischi legati alla fruibilità di un ambiente. «Proprio perché così evidente, la disabilità motoria è quella che viene tutelata e seguita con maggiore rigore», spiega Sclip. «Viceversa, il disabile visivo si scontra con barriere che a una persona normale non appaio- no tali». Qualche esempio? Scritte poco leggibili, percorsi di fuga mal segnalati e, in genere, una scarsa integrazione delle indicazioni utili per l’orientamento. Nel corso della discussione, Vincenzo Toccano, presidente della Consulta provinciale delle associazioni dei disabili di Trieste, e disabile visivo egli stesso, parlerà dell’accessibilità dei siti web mettendo in evidenza le carenze nella progettazione dei software e suggerendo alcune misure utili a rimuovere dalla vita dei disabili visivi anche le barriere informatiche. Cristina Serra Sla, l’Icgeb cerca risposte nei moscerini Studio sul “morbo di Lou Gehrig” guidato da Fabian Feiguin e finanziato per tre anni con 158.400 euro dall’agenzia AriSla di Matteo Unterweger Dai moscerini potrebbero arrivare risposte di rilievo nel percorso scientifico che mira a fare luce sulla Sla, la sclerosi amiotrofica laterale, e in prospettiva a curarla. Ad occuparsi dell’importante studio è il progetto “Alsmndtdp – 43” di Fabian Feiguin dell’Icgeb di Trieste, uno degli otto vincitori del bando AriSla 2010, da cui ha ottenuto un finanziamento pari a 158.400 euro per tre anni. La Sla è una malattia degenerativa e progressiva del sistema nervoso che colpisce i motoneuroni (i neuroni che regolano i movimenti dei muscoli). Altrimenti nota come “morbo di Lou Gehrig”, negli ultimi anni è salita alla ribalta delle cronache anche per aver colpito vari sportivi noti, fra cui pure calciatori quali Stefano Borgonovo o il compianto Gianluca Signorini. Ad oggi le cause sono ignote, ma vi è evidenza scientifica che alla base della malattia ci siano alcune alterazioni genetiche. Qui si innesta l’approfondimento dell’equipe di Feiguin sui moscerini della frutta, volto a identificare le molecole e i meccanismi che provocano la Sla. Negli ultimi anni infatti si è scoperto che i moscerini della frutta, i “Drosophila melanogaster”, hanno un genoma che presenta un’enorme analogia con quello DISTRIBUITI 2,5 MILIONI AL MICROSCOPIO ❙❙ Circa 2,5 milioni di euro per la ricerca italiana sulla sclerosi laterale amiotrofica. Li ha stanziati AriSla, l’Agenzia di ricerca per la Sla: con il suo secondo bando di concorso ha finanziato otto nuovi progetti sul territorio nazionale (fra i quali quello di cui riferiamo a parte). Questi sono risultati essere i più promettenti tra 80 proposte. Due gli obiettivi di AriSla: finanziare studi che possano contribuire a chiarire l’origine della malattia e sostenere progetti che mirano ad individuare possibili strumenti diagnostici e terapeutici. La Sla, infatti, è una malattia per cui non si conoscono le cause e non esistono ad oggi né test per diagnosticarla precocemente, né terapie che possano rallentarla sensibilmente. umano. Tale somiglianza ha permesso di modellare la Sla in un altro essere vivente (il moscerino) e studi pregressi hanno già dato interessanti risultati, su geni che si è scoperto essere gli stessi negli esseri umani. Lo studio del gruppo di Feiguin si focalizza sulla Tdp-43 (scoperta proprio dall’Icgeb con in testa Francisco Baralle), una delle principali proteine implicate nel processo di degenerazione dei motoneuroni nella Sla. Nei pazienti colpiti dalla malattia compare modificata sotto forma di aggregati. L’obiettivo è di identificare le Morte dei neuroni e le grandi sfide della ricerca di Mauro Giacca L Fabian Feiguin, principal investigator del progetto Alsmndtdp – 43, nel suo laboratorio all’Icgeb molecole regolate dalla Tdp-43, i meccanismi e così infine capire il processo degenerativo. «Questo studio è iniziato nel 2008 quando abbiamo scoperto che la proteina Tdp-43 era necessaria per il controllo dell’attività motoria e dell’innervazione muscolare nel moscerino della frutta», spiega Feiguin. «Attualmente - prosegue l’esperto -, con il finanziamento AriSla, ab- biamo iniziato una serie di studi volti ad identificare le molecole che interagiscono con la Tdp-43 e che ci permettono di spiegare come funziona tale proteina e, di conseguenza, come è coinvolta nel processo patologico della Sla. Prevediamo di raggiungere questi risultati nei prossimi tre anni». Le novità consentiranno «di identificare - conclude Feiguin - i bersagli farmacologici più adatti insieme alle migliori strategie terapeutiche per trattare la malattia». AriSla lancerà il prossimo 29 aprile un nuovo bando di concorso per continuare a dare una speranza ai malati di Sla, che solo in Italia sono oltre 5000, con 1000 nuovi casi che si registrano ogni anno, in media tre al giorno. ©RIPRODUZIONE RISERVATA Gestione facile dei file, progetto in corso Flavio Marchi, studente universitario, lo sviluppa all’interno di Generali Business Solutions Alcuni computer: il progetto mira a una più intuitiva gestione dei file Un’applicazione ad hoc per avviare e gestire file o servizi in modo molto intuitivo, con pachi passi di semplice comprensione pensati anche per l’utente alle prime armi. Risiede in questo concetto l’innovazione alla quale sta lavorando Flavio Marchi, studente al terzo anno della facoltà di Informatica dell’Università di Bologna che fino al prossimo giugno lavorerà, per svilupparla, all’interno della struttura di Generali Business Solutions. Il progetto rientra in In-Fvg, il pro- Galileo. Koch. Jenner. Pasteur. Marconi. Fleming... Precursori dell’odierna schiera di ricercatori che con impegno strenuo e generoso (e spesso oscuro) profondono ogni giorno scienza, intelletto e fatica imprimendo svolte decisive al vivere civile. Incoraggiare la ricerca significa optare in concreto per il progresso del benessere sociale. La Fondazione lo crede da sempre. gramma promosso dalla Regione con il sostegno, tra gli altri, di Friuli Innovazione per favorire la nascita e lo sviluppo di business idea innovative. Nell’ambito di questo programma è stata selezionata l’idea imprenditoriale avanzata dal giovane studente che ha così avuto la possibilità di effettuare un periodo di pratica imprenditoriale all’interno di un gruppo, Generali, sempre alla ricerca di progetti e soluzioni ad alto contenuto tecnologico. Per Marchi si tratta di un’opportunità per sperimentare in prima persona che cosa può voler dire fare l’imprenditore, visto che il suo percorso di “accompagnamento” arriverà sostanzialmente fino allo start up aziendale. L’applicazione alla quale sta lavorando Marchi, una volta completata la fase iniziale, potrebbe trovare interessanti prospettive di sviluppo anche in ambito finanziario e scientifico. Nicola Comelli questa pagina è realizzata in collaborazione con e ricerche di Fabian Feiguin, riportate nell’articolo a lato, si inseriscono nella problematica più vasta delle cosiddette malattie neurodegenerative, ovvero quelle causate dalla progressiva perdita dei neuroni del cervello o, come nel caso della sclerosi laterale amiotrofica (Sla), del sistema nervoso periferico. Nasciamo con un certo corredo di neuroni (secondo alcuni studi, sono più di 20 miliardi i neuroni nel nostro cervello, mentre almeno 1 milione quelli che trasmettono gli impulsi dal cervello al midollo spinale e circa 100-200mila quelli che connettono il midollo spinale ai muscoli), e non possediamo la capacità di generarne altri durante tutta la vita adulta. La perdita dei neuroni in determinate aree cerebrali determina malattie come il morbo di Parkinson o il morbo di Alzheimer o, appunto la Sla, se interessa le vie di trasmissione dei segnali motori dal cervello ai muscoli. Perché muoiano i neuroni nel corso di queste malattie è ancora largamente misterioso; come contrastare questo evento rappresenta peraltro uno dei traguardi più ambiziosi della ricerca attuale. In questo contesto, giungono informazioni incoraggianti in questi giorni dalla pubblicazione, sulla rivista Lancet Neurology, dei primi risultati positivi ottenuti grazie alla terapia genica nel morbo di Parkinson in una sperimentazione condotta a New York, dove 45 pazienti hanno tratto vantaggio dall’inoculazione, nel cervello, di un virus modificato. La strada della terapia genica, insieme alla futuribile possibilità di rigenerare i neuroni perduti grazie alle cellule staminali, rappresentano di fatto le speranze più concrete per sviluppare nuove terapie capaci di rallentare o revertire il devastante decorso di queste malattie. ©RIPRODUZIONE RISERVATA