Il pellegrino è una macchina desiderante. Il cammino è una

2 – 10 Aprile 2016
Pellegrini sulla VIA FRANCIGENA – Tratto II˚
“Il pellegrino
è una macchina desiderante.
Il cammino è una ginnastica del desiderio”
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Presentazione
Il progetto del cammino sul percorso della Via Francigena si arricchisce di un altro capitolo che ci ha visti
impegnati nel tratto che copre gran parte della Pianura Padana: da Vercelli a Fidenza.
Come si dice in questi casi… giochiamo in casa, in un territorio che, in larga parte, conosciamo e che, dal
punto di vista paesaggistico, non avrebbe dovuto riservarci grandi soprese.
Devo essere sincero: questo secondo tratto della Francigena l’ho affrontato senza aspettarmi grandi
emozioni o particolari entusiasmi; quasi come se fosse comunque un percorso da fare per dare continuità al
progetto che ha per obiettivo finale l’arrivo a Roma.
Il pellegrino vive ogni passo come dono, come occasione propizia, come scoperta di sé e del mondo che la
Provvidenza gli dà modo di incontrare. E ci sono passi che riempiono di meraviglia ed altri che lasciano solo
spazio alla fatica. È come la vita: fatta di giornate indimenticabili e tante altre anonime e spente.
Ecco, questa seconda esperienza è partita come un “dovere” senza aspettarmi un grande “piacere”.
Continuando ad essere sincero: mi sono sbagliato. Questo cammino tra Vercelli e Fidenza è stata una bella
avventura, un’esperienza che è andata oltre i miei propostiti e aspettative. Si è confermato, ancora una
volta, che il “Cammino” ci sorprende sempre e ci regala vita abbondantemente.
Il percorso ha avuto comunque un suo fascino: dalle risaie ai grandi campi di grano ed di orzo, dai canali di
irrigazione ai grandi fiumi come il Ticino e il Po’; e poi alcuni borghi davvero belli e che arricchiscono questa
grande pianura fino a città più conosciute come Vercelli, Pavia, Piacenza e tante altre.
Ma il fascino del cammino sono anche (e soprattutto) gli incontri tra le persone, a partire dalla amicizia che
lega il nostro gruppo di pellegrini, ai tanti volti incontrati, alle persone che ci hanno accolto ed ospitato
come in famiglia, ai tanti che ci hanno fermato lungo il cammino per fare due chiacchiere e conoscere la
nostra esperienza, ai tanti amanti dei cammini con i quali ci siamo fermati ad ascoltare i loro ricordi, i loro
progetti, e condividere quelle mete che anche noi abbiamo toccato e vissuto in questi anni di pellegrinaggi.
Lo posso dire: questo Cammino mi ha regalato delle belle giornate, che resteranno tra i ricordi più cari.
200 km non troppo impegnativi dal punto di vista fisico, visto che il percorso è stato costantemente
pianeggiante, ma comunque sempre tanta strada che lascia quel tratto di fatica che dà valore al nostro
camminare.
Ad agosto dello scorso anno ci eravamo fermati alle soglie di Vercelli, nella soffocante calura ed umidità
delle risaie quasi pronte per il raccolto. Il gruppo dei pellegrini si è ripresentato compatto e carico di
entusiasmo; un grazie a Paolo e Marcello, Pier e Mariella, Lucio e Sonia, a Lauretta e Sonia che condividono
questo progetto Francigena con me (Riccardo) fino a … Roma. Ultreya.
Sonia, Sonia, Paolo, Lauretta, Lucio, Mariella, Riccardo, Pier Antonio, Marcello
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Riflessione
Camminare sulla via Francigena non è (o almeno per me non deve essere) solo un esercizio fisico o la
ricerca di una evasione dal ritmo stressante dei nostri impegni quotidiani per ritrovare un po’ di pace e
relax. La via Francigena è un “pellegrinaggio”, soprattutto in questo Anno Santo della Misericordia, e rileggo
volentieri e più volte questa bella riflessione che rispecchia ciò che io cerco in questo mio camminare:
“Il PELLEGRINAGGIO è icona del cammino che ogni persona compie nella sua esistenza.
La vita è un pellegrinaggio e l’essere umano è viator, un pellegrino che percorre una strada fino alla meta
agognata. Esso è un segno del fatto che anche la misericordia è una meta da raggiungere e che richiede
impegno e sacrificio. Il pellegrinaggio, quindi, sia stimolo alla conversione!
Quello che non dobbiamo dimenticare, o semmai riscoprire, è che tutti noi siamo pellegrini, pellegrini e
stranieri su questa terra. Tutti noi siamo solo di passaggio, in prestito, in visita su questa terra. La nostra vera
patria, la nostra meta è l’Eternità”
Nella preparazione del Cammino, oltre alle varie indicazioni logistiche e organizzative, non manca anche
una “guida spirituale”, un fascicoletto che ci aiuta, giorno dopo giorno, a trovare momenti personali di
riflessione e di preghiera.
Il progetto “Via Francigena” ha come traccia, come icona, il simbolo del “Labirinto”.
Nel cammino compiuto lo scorso anno la riflessione aveva il compito di indagare cosa ci fosse al centro del
nostro labirinto, del nostro più recondito e profondo spazio personale; ed avevo concluso con questa
risposta: “al centro c’è Dio e c’è l’Uomo”. E Gesù sintetizza tutta la legge di Mosè in questi due
comandamenti: “ama Dio” e “ama l’Uomo”.
La riflessione di quest’anno prosegue questo percorso incentrato nell’immagine del “Labirinto” cercando di
dare concretezza a questi due comandamenti. È facile dire “al centro c’è Dio e c’è l’Uomo”; sembra una
definizione scolastica, da libro… ma poi? Nel concreto della vita?
Ecco quindi l’invito di quest’anno: quali sono le piste giuste per raggiungere il “Centro del Labirinto”?
Quali i percorsi per giungere alla scoperta che nel nostro centro c’è Dio e l’Uomo?
Facendomi aiutare da qualche lettura ho proposto alla mia (e nostra) riflessione questi tre percorsi:
1) La CRISI come occasione di crescita
Cos’è una crisi? Il termine crisi deriva dal greco e vuol dire svolta; svolta che, a volte, può essere decisiva.
Una crisi avviene quando la persona si trova davanti ad un ostacolo alla realizzazione di importanti obiettivi
della vita, ostacolo che sembra difficile da superare con i mezzi abituali. Se vissuta positivamente, la crisi
può essere un’opportunità di crescita, altrimenti può recare forti danni alla persona.
Chi vuole arrivare al centro del labirinto deve imparare a vivere positivamente le crisi della vita, quelle
situazioni che ti bloccano nella indeterminatezza del “cosa fare ora”. E questo vale anche nel nostro
rapporto con la Fede.
2) Il DESIDERIO - “L’uomo è una macchina desiderante”
Sant’Agostino ha questa fulminante espressione:
“La nostra vita è una ginnastica del desiderio”
E poi spiega come rendere i nostri desideri liberi da forme di vanità.
“Quanti desideri indotti, suscitati da vanità di vario tipo, che forse non sono veri e propri desideri-sogni, ma
semplici voglie, impulsi, attrazioni. La sola voglia, il solo impulso non possono condurmi da qualche parte; il
desiderio-sogno, che pian piano diventa progetto, sì.”
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3) Amare la VITA
“La fonte della felicità è la presa di coscienza che è meglio esistere che non esistere”
(Cardinal Jean-Marie Lustiger)
È necessario saper considerare la propria esistenza come un dono, una benedizione, un’occasione propizia.
Questa esistenza! Non un’altra!
Si tratta di aderire alla vita. Non il suo contrario che è evadere. Oggi è facile evadere dall’impegno della vita.
Persone che di fronte alla vita non vi aderiscono; la percepiscono come un peso o una maledizione: non
sanno osare di vivere.
Quando si ritrovano nel labirinto della vita essi vedono solamente gli ostacoli, le difficoltà; preferiscono
vivere nella loro quotidiana infelicità piuttosto che affrontare il cammino verso il centro, in quel
pellegrinaggio che è il processo di crescita.
Considerando che il nostro cammino si è sviluppato su nove tappe, ho dedicato tre giornate per ogni
“percorso” proponendo, di giorno in giorno, una lettura della Parola di Dio e qualche contributo alla
riflessione offerto da personaggi diversissimi tra di loro ma che si sono posti le nostre stesse domande.
Ho poi scelto due motti che volevano essere due “frecce” che indicassero la via giusta su cui dirigere i passi
della nostra mente:
"Desiderare = volgere lo sguardo verso le stelle"
L’etimologia di questo verbo recita così: “smettere di fissare attentamente le stelle” (De-siderare: dal
latino sidus, sideris, “costellazione, stella”); da qui nasce quel significato che diamo oggi a questo verbo:
“sentire la mancanza”… delle stelle e quindi la nostra propensione a tornare a “volgere lo sguardo verso le
stelle”.
Richiama l’esperienza dei marinai (pellegrini che solcano vie d’acqua) che hanno sempre un occhio rivolto
alle stelle e da queste si fanno guidare; per i marinai constatare l’assenza di un astro significava delusione,
rimpianto, smarrimento; mentre, al contrario, la visione di certe stelle dava fiducia e sicurezza.
Altri studiosi ci rimandano al “De bello Gallico”: i desiderantes erano i soldati romani che stavano sotto le
stelle ad aspettare quelli che dopo aver combattuto durante il giorno, non erano ancora tornati. Da qui il
significato del verbo desiderare: “stare sotto le stelle ed attendere”.
Da qui nasce la leggenda di San Lorenzo per la quale ogni volta che una stella cade dal cielo s’avvera un tuo
desiderio. La caduta di una stella lascia una traccia brevissima, quasi istantanea nel cielo.
Perché tu possa approfittare di quell’istante è indispensabile che tu tenga sempre pronto un desiderio
nell’animo.
Ma non è soltanto nella notte di San Lorenzo che cadono le stelle dal cielo: tutta la vita umana è come una
notte di San Lorenzo. Si propongono all’improvviso occasioni propizie per i tuoi desideri: come? neppure tu
lo sai; quelle occasioni assomigliano a stelle cadenti.
Ma perché tu possa davvero cogliere quelle occasioni, è indispensabile che tu viva ininterrottamente
animato da un desiderio, o da molti desideri.
“Ieri è memoria, domani è desiderio, oggi è dono”
Il pellegrino è colui che è portato a “volgere il suo sguardo verso le stelle”, ad alzare il capo verso l’alto, a
guardare oltre l’orizzonte, a spingere il proprio occhio verso le profondità dell’universo per cogliere, alla
fine, la grandezza dell’uomo, la bellezza della vita, la meraviglia di questa creazione infinita e stupenda.
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