APPUNTI DI ELETTRONICA
INDUSTRIALE
DI POTENZA
Programma del Professore Angelo Raciti
Anno 2002/2003
Argomenti:
Raddrizzatori AC-DC non controllati;
Raddrizzatori AD-DC controllati
Convertitori DC-DC
Inverter
A cura di Angelo Guardo
Autore Angelo Guardo
RADDRIZZATORI AC-DC A DIODI NON
CONTROLLATI
Carico puramente ohmico:
Questi tipo di raddrizzatori vengono definiti raddrizzatori a semionda. Questo perché la tensione
d’uscita di questi tre tipi di raddrizzatori risulta comunque una singola semionda nel periodo della
vs .
La tensione risulta:
VR = R⋅IR
Carico ohmico-induttivo:
Ovviamente la situazione si complica poiché dobbiamo
considerare la caduta di tensione sull’induttanza che è
oltretutto un elemento a memoria. Questo fa si che il diodo
non si polarizzi inversamente quando la vs diventa negativa
ma quando la tensione sull’induttanza diventa tale che le aree
sottese alla curva di tensione si eguaglino. Questo avviene per
la nota legge di conservazione dell’energia negli elementi a
memoria.
Le equazioni che competono a questo circuito sono:
vs = Ri + L
di
dt
Da questa equazione è possibile risalire alla forma d’onda d’uscita.
Notiamo ancora che la corrente (e quindi la tensione sul carico) va a zero quando le aree di tensione
sull’induttanza si eguagliano.Risulta infatti:
vL = L
di
dt
Æ
vLdt = Ldi
integrando
1 t1+T
i ( t +T )
vL dt = [i ]i (t11 )
essendo
∫
t
1
L
∫
t1 +T
t1
vL dt = L ∫
i(t1+T)=i(t1) Æ
i ( t1 +T )
i ( t1 )
di Æ
1 t1+T
vL dt = 0
L ∫t1
Questo dimostra quindi che l’integrale della tensione su un’induttanza nel periodo risulta essere
nullo.
1
Autore Angelo Guardo
Carico con generatore di tensione Ed:
In questo caso dobbiamo considerare il fatto che il diodo
comincerà a condurre quando la tensione vs supererà la
tensione Ed. A quel punto si ripeterà la stessa condizione del
caso precedente in cui la corrente si annullerà quando le aree
di tensione sull’induttanza si saranno eguagliate.
L’equazione che compete a questo circuito risulta:
vs = L
di
+ Ed
dt
Possiamo notare che la corrente in questo caso scorrerà ad intervalli con un picco massimo. Questo
tipo di funzionamento viene definito discontinuo o intermittente
Raddrizzatore monofase con ponte a diodi
Questo tipo di raddrizzatore è detto a ponte intero o a ponte di Graez. Per il tipo di tensione in uscita
viene anche chiamato raddrizzatore a doppia semionda perché nel periodo della vs la tensione di
uscita ha due semionde.
Distinguiamo il caso con Ls=0 ed il caso con Ls≠0.
Vediamo innanzitutto il caso con Ls=0:
L’uscita di questo raddrizzatore risulta quindi una serie
di semionde tutte dalla parte positiva della tensione.
Diciamo che anziché annullarsi, la semionda negativa si
ribalta nel quadrante positivo dando un valore medio
ovviamente maggiore del caso a singola semionda. La
corrente sulla rete risulta essere un’onda quadra. L’onda
quadra contiene tutte le armoniche. Tramite sviluppo in
serie di Fourier otteniamo:
4
I s1 max = I d
π
Questo rappresenta il valore massimo della prima armonica di corrente. Da questa possiamo
ottenere il valore efficace della prima armonica:
2 2
I s1 =
I d = 0.9 I d
π
Da questa è possibile quindi risalire alla corrente distorcente che risulta essere ovviamente la radice
quadrata della differenza dei quadrati della corrente totale meno la prima armonica:
I dis = I s2 − I s21 = I d2 − (0.9 I d )
2
Da qui ricaviamo alla fine il coefficiente di distorsione armonica THD (total armonic distortion) che
risulta in percentuale:
I
THD% = dis % = 48.43%
I s1
2
Autore Angelo Guardo
A questo punto calcoliamo il valore di tensione media Vd0 (dove con 0 indichiamo il caso Ls=0) sul
lato continua:
1 π
2
Vd 0 = ∫ 2Vs senωtd (ωt ) =
2Vs = 0.9Vs
π
π
0
Quindi la tensione in uscita sul lato continua risulta circa il 90% della tensione d’ingresso. Il
problema del raddrizzatore a ponte intero comunque risulta l’alto coefficiente di distorsione
armonica. Il caso reale, cioè con Ls≠0 migliora la situazione sotto il profilo armonico peggiorando
però l’uscita sul lato continua
Nel caso con Ls≠0 il circuito si presenta così:
L’induttanza presente nel lato alternata comporta un
ritardo nel trasferimento della corrente da una coppia di
diodi all’altra. Questo ovviamente modificherà la forma
d’onda della corrente. Infatti i fronti di salita e discesa
della corrente dal valore Id al valore –Id risulteranno con
meno pendenza. Il tempo di salita o discesa sarà detto
“tempo di commutazione” e indicato con u.
A causa del ritardo, durante la commutazione tutti e
quattro i diodi conducono e risulta vd=0. Questo fa si che
la linea veda un corto circuito sul generatore. Quindi
avremo:
vs = 2Vs senωt = vL = L
di
integrando
dt
∫
u
0
Id
2Vs senωtdωt = ωL ∫ di = 2ωLI d
− Id
Da qui otteniamo:
cos u = 1 −
2ωLI d
2Vs
L’area di riduzione della tensione risulta:
Au = 2Vs (1 − cos u )
Essendo la tensione di riduzione uguale all’area di riduzione diviso il periodo dell’onda che stiamo
considerando, la tensione sul carico risulta:
A
2 2
2ωLI d
Vd = Vd 0 − u =
Vs −
π
π
π
Raddrizzatore monofase con ponte a diodi e carico Ed (generatore di tensione constante):
Analogamente al caso del raddrizzatore a singola semionda,
qui la corrente avrà sempre l’andamento impulsivo con un
punto di inizio a θb, un picco a θp ed una fine a θf.
Per calcolare il valore medio di corrente Id procediamo nel
seguente modo:
1 – Si sceglie un valore di Vd in modo che sia leggermente
inferiore al valore massimo della tensione alternata
d’ingresso. In quel punto risulta Vd=vs. Da qui ricaviamo:
vs = 2Vs senθ b = Vd
Da questa relazione si ricava θb.
2 – Noto θb è possibile ricavare θp dalla relazione θp=π-θb.
3
Autore Angelo Guardo
3 – La tensione ai capi dell’induttanza di linea L risulta essere:
di
vL = L
dt
Allora il valore medio di Id può essere calcolato integrando vL:
1 θ
( 2Vs senωt − Vd )dωt
∫θb
0
ωL ∫θb
4 – Da questa relazione possiamo ricavare il valore di θf che è il valore di ωt per cui id(θ)=0.
5 – Noto θf , il valore medio Id viene calcolato facendo l’integrale nel periodo di id(θ) tra 0 e π:
1 π
I d = ∫ id (θ )d (ωt )
θ
Id
vL dωt = ωL ∫ di = ωLI d essendo vL = vs − Vd → id (θ ) =
π
0
Caratteristiche del raddrizzatore:
DPF
PF
THD
Id/Icc
Il grafico a
sinistra mostra
che
nei
raddrizzatori a
diodi
non
controllati
il
fattore
di
potenza
di
spostamento
(DPF) si
Vd/Vd0
Vd/Vd0
Fattore di
cresta
Id/Icc
mantiene al di sopra di 0.9 mentre il fattore di potenza (PF) è molto basso per valori di L bassi ed
arriva a circa 0.75 appena L aumenta. Nella figura a destra si nota che con piccoli valori di L si
ottengono un fattore di cresta ed un rapporto Vd/Vd0 elevati.
Duplicatore di tensione:
Il duplicatore di tensione serve per adattare i carichi alla rete
quando ad esempio si utilizza un prodotto elettrico europeo
in america in cui l’alimentazione è a 115 V.
Quando il commutatore è nella posizione 230V, con
tensione di linea 230V, il circuito è simile al raddrizzatore a
ponte intero già visto in precedenza.
Quando il commutatore è nella posizione 115V con tensione
di linea 115V durante la semionda positiva la corrente si
richiude attraverso il diodo D1, il condensatore C1 ed il filo
di ritorno. Durante la semionda negativa invece la corrente
si richiude attraverso il diodo D4, il condensatore C2 ed il filo di ritorno. Sul carico quindi avremo la
somma delle tensioni sui condensatori C1 e C2 che risulta essere 230V.
4
Autore Angelo Guardo
Raddrizzatore trifase a ponte intero:
Dato che il raddrizzatore a ponte intero
monofase produce una forte distorsione
armonica sulla rete ed essendo trifase la
maggior parte delle applicazioni industriali di
grossa potenza si preferisce utilizzare un
raddrizzatore trifase a ponte intero.
Il raddrizzatore trifase ha quindi il vantaggio
di un minor contenuto armonico nella
corrente che va agli altri utilizzatori
attraverso la rete.
Distinguiamo anche questa volta il caso con
Ls=0 ed Ls≠0.
Caso Ls=0:
Le tensioni van, vbn e vcn risultano essere:
van
vbn
vcn
In base a come è
costruito il circuito,
da π/6 a π/2
condurranno i diodi
6 e 1. Per un altro
π/3
condurrà
ancora
1
ma
assieme
a
2.
Iterando il discorso
fatto in base alle
tensioni
(Le
tensioni
positive
apriranno i diodi
del
gruppo
superiore mentre
quelle
negative
apriranno i diodi
del
gruppo
inferiore) avremo,
a partire da π/2 la
seguente
successione: 1-2, 2-3, 3-4, 4-5, 5-6, 6-1. Ogni diodo condurrà per 120 gradi.
La tensione che alimenta in carico risulta essere vPN = vPn – vNn. In base quindi alle coppie di diodi
in conduzione, ogni 60 gradi ci troveremo una coppia diversa di tensioni che formano la tensione di
uscita: quando conducono 1-2 ci troviamo vd = vPn – vNn = van – vcn = vac. Questo discorso viene
iterato per tutti gli intervalli così da formare l’uscita del raddrizzatore che risulta a sei impulsi
(essendoci nel periodo di 360 gradi 6 commutazioni di 60 gradi ciascuna). La forma d’onda si
presenta così:
5
Autore Angelo Guardo
La tensione vd è composta,
in un periodo, da 6 archi di
sinusoide con un angolo di
π/3 e quindi presenterà un
valore medio e armoniche
che sono multiple di 6 della
fondamentale (6fi è la
fondamentale del ripple che
stiamo esaminando).
Per calcolare il valore medio
della tensione d’uscita, Vd0,
possiamo integrare la curva
della
tensione
in
un
intervallo di π/3, essendo
questi
tutti
uguali.
Consideriamo
l’intervallo
con l’arco di vab e mettiamo
l’origine degli assi bisecante
l’arco di tensione. La tensione risulta intanto essere:
∧
∧
vab = 3 V a cos ωt = V LL cos ωt
L’area sottesa Au vale:
π
∧
π
∧
∧
Au = ∫−6π 3 V a cos ωtd (ωt ) = V LL [senωt ]−6π = V LL = 2 V LL
6
6
Da qui ricaviamo il valore medio della tensione che risulta essere l’area sottesa dalla curva della
tensione d’uscita diviso il periodo che stiamo considerando, π/3. Quindi:
A
3 2
Vd = u =
V = 1.35VLL
π 3
π LL
Notiamo che se il carico è basso il ripple di tensione va a coincidere con i picchi degli archi di
sinusoide che mi danno un regime intermittente alla tensione d’uscita. Andando a graficare infatti
troviamo che sotto un certo valore Idmin il regime è discontinuo mentre al di sopra risulta continuo.
Per quanto riguarda la corrente la rete vedrà un’onda rettangolare per ogni coppia di diodi 1-4, 3-6,
5-2 che risultano sfasate fra di loro di π/3:
Notiamo che le correnti sono formate da una serie infinita di armoniche del tipo h=6k ±1, cioè le
armoniche pari e quelle triple sono nulle.Ricaviamo l’ampiezza della prima armonica tramite
sviluppo in serie di Fourier:
∞
1
f (t ) = a0 + ∑ [ah cos(hωt ) + bh sen(hωt )]
2
h =1
Essendoci in questo caso una forma d’onda dispari e con una simmetria al quarto d’onda risulta:
4 π
ah = 0 ed inoltre bh = ∫ 2 f (t ) sin ωtd (ωt )
π
0
Quindi possiamo ricavare il valore efficace della prima armonica di corrente:
π
π
 π6

2
2
∧
4
4
 4 3
I s1 = ∫ is (t ) sin(ωt )d (ωt ) =  ∫ 0d (ωt ) + ∫ I d sin(ωt )d (ωt ) =
I
π 0
π 0
π 2 d
π


6
6
Autore Angelo Guardo
∧
I s1
6
I
essendo I s1eff =
segue I s1eff =
π d
2
Ovviamente l’ampiezza delle altre armoniche risulta essere quella della prima diviso l’ordine
armonico corrispondente. Vediamo ancora che il valore efficace della corrente di linea is risulta:
2
1 T
1 3T
12
2
2
[
[
is (t )] dt = I d
t ]0 = I d
T =
Id
∫
T 0
T
T 3
3
Otteniamo inoltre un DPF = cosφ1 = 1. Il fattore di Potenza risulta:
I
6 π Id 3
PF = s1 cos φ1 =
= = 0.955
Is
2 3 Id π
Alla fine si evince che il raddrizzatore trifase (nel caso ideale con Ls=0) ha un contenuto armonico
più basso e un fattore di potenza prossimo all’unità.
Is =
(
(
)
)
Caso Ls≠0:
In questo caso, a causa dell’inerzia elettrica dovuta all’induttanza Ls, le commutazioni non
avvengono più istantaneamente. Questo, anche se potrebbe sembrare un problema, in effetti diventa
vantaggioso ai fini del contenuto armonico della is.
Per studiare questo caso esaminiamo soltanto la commutazione che avviene dal diodo 5 al diodo 1,
quindi D5 Æ D1. Vediamo il circuito pertinente a questa commutazione:
Chiamiamo la corrente che circola nella maglia
contenente i generatori va e vc, iu. Facendo una
LKT in questa maglia otteniamo:
di
di
va − Ls a + Ls c − vc = 0
dt
dt
Essendo ia = iu e ic = Id - iu segue che
di
va − vc = 2 Ls u = vac = 2VLL cos ωt
dt
Integrando l’espressione trovata otteniamo:
∫
u
0
Id
2VLL sin ωtd (ωt ) = 2 Lsω ∫ diu
0
Da questa espressione ricaviamo infine:
2ωLs I d
cos u = 1 −
2VLL
Da questa relazione è possibile ricavare l’angolo u di ritardo per la commutazione.
Abbiamo ricavato quindi da queste relazioni appena scritte che:
di
vPn = van − Ls u
dt
quindi in tale intervallo la tensione vPn risulta diminuita della c.d.t. sulla induttanza di linea.
Come abbiamo visto, risulta:
di
va − vc = 2 Ls u
dt
Sostituendo questa nella precedente espressione otteniamo la seguente espressione di vPn
nell’intervallo u:
v +v
vPn = an cn
2
7
Autore Angelo Guardo
A questo punto ricaviamo la tensione media d’uscita tenendo conto di u. Ricaviamo l’area persa
Au facendo l’integrale della c.d.t. sull’induttanza che risulta:
Id
Au = ∫ Ls diu = ωLs I d
0
Questa area viene a ripetersi ogni π/3 per cui la tensione media Vdo all’uscita del raddrizzatore
deve essere decurtata dell’area Au diviso il periodo di durata π/3.
Troviamo infine:
A
3 2
3
Vd = Vd 0 − u =
VLL − ωLs I d = Vd 0 − ∆Vd
π 3
π
π
Infine possiamo ricavare l’andamento del DPF, PF e del THD% al variare del carico e notare
che a causa della presenza delle induttanza di linea Ls la caratteristica di uscita del raddrizzatore
varia:
Vd
DPF
PF
THD
Funz.
Discont.
Id/Icc
Funz.
Continuo
Id
Nella caratteristica di uscita si nota che nel funzionamento continuo l’andamento di Vd0 non è
costante ma diminuisce con l’aumentare della corrente Id.
8
Autore Angelo Guardo
RADDRIZZATORI AC-DC CONTROLLATI
I raddrizzatori controllati, a differenza dei raddrizzatori non controllati, hanno la possibilità di
variare la tensione da valori positivi a valori negativi. Questo fa si che i raddrizzatori controllati
possano invertire il flusso di potenza e quindi funzionare da inverter.
Carico puramente ohmico:
Nei raddrizzatori controllati la conduzione dei dispositivi è controllata tramite impulsi nel gate dei
tiristori. L’onda di tensione e quindi di corrente sulla resistenza partirà quando sarà arrivato
l’impulso al gate per poi interrompersi con l’inversione della tensione di rete. Il tiristori insomma
funziona come un diodo che conduce dopo aver ricevuto
l’impulso al gate e si spegne esattamente come un diodo e cioè
quando viene contropolarizzato. Questo fa si che variando il
valore dell’angolo α di conduzione varia il valore medio della
tensione.
Essendo un circuito resistivo, la tensione risulta:
VR = R⋅IR
Carico ohmico-induttivo:
Analogamente al caso dei raddrizzatori non controllati, la
situazione si complica poiché dobbiamo considerare la
caduta di tensione sull’induttanza che è oltretutto un
elemento a memoria. Questo fa si che il diodo non si
polarizzi inversamente quando la vs diventa negativa ma
quando la tensione sull’induttanza diventa tale che le aree
sottese alla curva di tensione si eguaglino. Questo avviene
per la nota legge di conservazione dell’energia negli
elementi a memoria. Notiamo che il diodo inizia a
condurre a ωt=α.
Le equazioni che competono a questo circuito sono:
di
dt
Da questa equazione è possibile risalire alla forma d’onda d’uscita.
vs = Ri + L
Carico con generatore di tensione Ed:
La situazione è analoga al caso del raddrizzatore non controllato. Bisogna come al solito
considerare il fatto che il diodo non seguirà la naturale conduzione del circuito ma si attiverà non
appena sarà stato mandato l’impulso al gate.
L’equazione che compete a questo circuito risulta:
di
vs = L + Ed
dt
9
Autore Angelo Guardo
Possiamo notare che la corrente in questo caso scorrerà ad
intervalli con un picco massimo. Questo tipo di
funzionamento viene definito discontinuo o intermittente
Raddrizzatore monofase con ponte a diodi
Caso analogo al raddrizzatore non controllato a ponte intero. In questo circuito i tiristori vengono
accesi a coppia: T1-T2 vengono accesi a ωt=α mentre T3-T4 vengono accesi a ωt=π+α.
Distinguiamo il caso con Ls=0 ed il caso con Ls≠0.
Vediamo innanzitutto il caso con Ls=0:
innanzitutto analizziamo la corrente. Notiamo che la
forma d’onda di corrente risulta essere sempre
quadrata ma sfasata di α dalla tensione.
Tramite sviluppo in serie di Fourier otteniamo:
4
I s1 max = I d
π
Questo rappresenta il valore massimo della prima
armonica di corrente. Da questa possiamo ottenere il
valore efficace della prima armonica:
2 2
I s1 =
I = 0 .9 I d
π d
Da questa è possibile quindi risalire alla corrente distorcente che risulta essere ovviamente la radice
quadrata della differenza dei quadrati della corrente totale meno la prima armonica:
I dis = I s2 − I s21 = I d2 − (0.9 I d )
2
Da qui ricaviamo alla fine il coefficiente di distorsione armonica THD (total armonic distortion) che
risulta in percentuale:
I
THD % = dis % = 48.43%
I s1
A questo punto calcoliamo il valore di tensione media Vd0α (dove con 0 indichiamo il caso Ls=0) sul
lato continua:
1 π +α
2
Vdα = ∫
2Vs senωtd (ωt ) =
2Vs cos α = 0.9Vs cos α
π α
π
Notiamo quindi che il valore di uscita della tensione risulta essere il valore di tensione trovato per il
ponte non controllato moltiplicato per il coseno dell’angolo di accensione dei dispositivi.
Notiamo ancora che:
DPF = cosϕ1 = cosα
PF = Vs I s1 cos α = 0.9Vs I d cos α
Q1 = Vs I s1 sin α = 0.9Vs I d sin α
10
Autore Angelo Guardo
S1 = Vs I s1 = P 2 + Q12
S = Vs I s = Vs I d
S1 = Vs I s1 = 0.9Vs I d = 0.9 S
Possiamo quindi tracciare l’andamento di P, S, S1, Q1:
S
S1
Q1
α
P
Nel caso con Ls≠0 il circuito si presenta così:
Avremo:
vs = 2Vs senωt = vL = L
di
integrando
dt
α +u
∫α
Id
2Vs senωtdωt = ωL ∫ di = 2ωLI d
− Id
Da qui otteniamo:
2ωLI d
2Vs
Notiamo che per α=0 l’equazione risulta come il caso del raddrizzatore non controllato.
L’area di riduzione della tensione risulta:
cos(u + α ) = cosα −
α +u
Au = ∫
2Vs senωtdωt = 2ωLs I d
α
Essendo la tensione di riduzione uguale all’area di riduzione diviso il periodo dell’onda che stiamo
considerando, la tensione sul carico risulta:
2 2
2
A
Vdα = Vd 0α − u =
Vs cos α − ωLs I d
π
π
π
Raddrizzatore monofase con ponte a diodi e carico Ed (generatore di tensione constante):
Diciamo che quello che abbiamo analizzato fino ad ora
risulta essere un caso ideale. Nella realtà la corrente sul
carico non è costante ma varia in funzione del carico
stesso. Un caso più realistico è quello della figura a
fianco. L’ipotesi del generatore di tensione costante è
comunque verosimile poiché con un grosso capacitore in
parallelo al carico la tensione si mantiene pressoché
costante.
11
Autore Angelo Guardo
Con carichi lievi e bassi valori di Id, la forma d’onda di id diventa discontinua; più lieve è il carico
più alta è la tensione di uscita.
Al diminuire del carico si varia l’angolo di ritardo α per stabilizzare la tensione di uscita altrimenti
è necessario garantire un carico minimo detto carico zavorra.
In tale circuito è possibile esprimere il valore medio di vd in funzione della corrente id che scorre sul
carico in modo continuo:
2
Vd = 0.9Vs cos α − ωLs I d min
π
dove Idmin è il minimo valore di id che occorre all’istante ωt=α. Nel funzionamento discontinuo il
ponte vede in uscita aree positive che in realtà non dovrebbero esserci; La tensione Vd del ponte
cresce automaticamente a partire dal punto di accensione α. Si agisce allora sull’angolo α per
aumentare il valore della tensione Vd in uscita altrimenti è necessario garantire un carico minimo,
appunto il carico zavorra.
Funzionamento da inverter:
Abbiamo detto che i raddrizzatori controllati possono, variando l’angolo di conduzione α, variare il
valore medio della tensione in uscita così da realizzare due zone
vd
di funzionamento: zona raddrizzatore per Id e Vd maggiori di
zero e zona inverter per Id positiva e Vd negativa.
Vd
Raddrizzatore
La condizione per cui il circuito funzioni da inverter è che
90°<α<180°.
La potenza ovviamente risulterà anch’essa negativa essendo:
PAC=VsIs1cosα essendo PAC la potenza del lato in alternata.
Id
Consideriamo per lo studio del circuito da inverter il caso di
induttanza e generatore di tensione come carico. L’induttanza,
Inverter
-Vd
se presa grossa, assicura una corrente id pressoché costante
(id=Id).
Trascurando la tensione media sull’induttore, possiamo considerare la tensione d’uscita come:
2
Ed = Vd = Vd 0 cos α − ωLs I d
π
Tale equazione è valida se il valore della corrente è costante e vale Id, altrimenti si deve utilizzare,
al posto di Id, un valore di id per ωt=α. Possiamo fare ciò tenendo presente le seguenti curve:
Quindi partendo da un certo valore di Ed1 ricaviamo,
vd
intercettando la curva ad α costante, il valore Id1.
Id1
α3
α2
Ed1
Id
α1
Notiamo ancora che per avviare l’inverter l’angolo di ritardo α viene inizialmente scelto intorno ai
165° per poi essere diminuito in modo da ottenere i valori desiderati di Id, Vd e Pd.
12
Autore Angelo Guardo
Come avevamo detto in precedenza, il fatto di accendere i tiristori ad ωt=α≠0 causa uno sfasamento
naturale della corrente is rispetto alla tensione vs. Tenendo conto del tempo di commutazione u
dovuto all’induttanza di linea Ls otteniamo:
1
ϕ1 = α + u
2
Quindi
1 

DPF = cosα + u 
2 

Il valore efficace della componente fondamentale (Is1) si può calcolare eguagliando le potenze sul
lato alternata e continua:
Vs I s1 ⋅ DPF = Vd I d
Da cui
Vd I d
I s1 =
1 

Vs cosα + u 
2 

Notiamo che questa deformazione nella corrente di linea dovuta all’angolo di commutazione, come
nel caso dei raddrizzatori non controllati, gioca a sfavore delle armoniche; la non idealità del
circuito in questo caso procura un vantaggio in quanto da luogo ad armoniche di valore più piccolo.
Raddrizzatore trifase a ponte intero:
Qui la situazione è praticamente analoga a quella
dei raddrizzatori non controllati. Il circuito si
presenta in questo modo.
Notiamo che il controllo dei tiristori viene fatto con
impulsi sul gate sfasati per i vari dispositivi come
segue:
T1-T2 ωt=α; T3-T4 ωt=120°+α; T5-T6 ωt=240°+α.
Anche qui distinguiamo il caso con Ls=0 ed il caso
con Ls≠0.
Caso Ls=0:
La tensione Vd è composta, in un periodo, da 6 archi di sinusoide con un angolo di π/3 e quindi
presenterà un valore medio e armoniche che sono multiple di 6 della fondamentale (6fi è la
fondamentale del ripple che stiamo esaminando).
Possiamo calcolare la tensione di uscita considerando l’area persa nel ritardo di accensione α.
Considerando la differenza fra van e vcn otteniamo:
α
α
0
0
Aα = ∫ (van − vcn )d (ωt ) = ∫ vac d (ωt )
Otteniamo quindi:
α
Aα = ∫
0
2VLL sin ωtd (ωt ) = 2VLL (1 − cosα )
Questa area mediata su π/3 mi da la tensione persa su un impulso ma essendo tutti uguali possiamo
fare il ragionamento singolo per poi estenderlo a tutte le altre.La tensione risulta intanto essere:
13
Autore Angelo Guardo
vdα = Vd 0 −
Aα
3 2
3
=
VLL −
2VLL (1 − cos α )
π 3
π
π
Da qui si ricava:
3 2
V LL cos α
π
Si trova quindi che la tensione d’uscita del ponte trifase non dipende dalla corrente Id, cioè qualsiasi
sia il carico la tensione Vd rimane inalterata, nell’ipotesi che la corrente fluisca continuamente. Per
α≤30° la corrente risulta discontinua per valori Id<Idmin e quindi la tensione può salire ad un valore
più alto dopo cui si mantiene costante.
Per valori di α>30° si assume che questo fenomeno non si verifichi più cioè la tensione non è più in
grado di salire a valori più alti essendo la tensione Vd parzializzata.
Quindi, a differenza dei ponti non controllata, qui i sono più caratteristiche legate ai vari α.
Vdα =
Analizziamo le correnti di linea ia, ib e ic. Esse sono ovviamente sfasate dalle rispettive tensioni va,
vb e vc di un angolo α.
Consideriamo la ia. Essa si può esprimere tramite sviluppo in serie di Fourier come:
ia (ωt ) = 2 I s1 sin(ωt − α ) − 2 I s 5 sin[5(ωt − α )] − 2 I s 7 sin [7(ωt − α )] +
+ 2 I s11 sin [11(ωt − α )] + 2 I s13 sin [13(ωt − α )] − 2 I s17 sin[17(ωt − α )]...
Notiamo che sono presenti solo le armoniche dispari non multiple di 3 date da:
h = 6n + 1 con
n = 1,2,3...
Il valore efficace della corrente ia è dato da:
1 T 2
Ia =
ia (t )dt
T ∫0
Essendo però ia = Id in un intervallo di (2/3)T il valore efficace diventa:
2
1 T
1 3T
12
2
[
[
ia (t )] dt = I d
t ]0 = I d
T =
∫
T 0
T
T 3
Notiamo che il valore efficace della prima armonica vale:
I
6
I a1 =
I d da cui si ricava I ah = a1
π
h
Da questi valori di corrente possiamo risalire a:
DPF = cosϕ1 = cosα
Ia =
PF =
6
I s1
cos φ1 =
π
Is
2
Id
3
3
3
cos α = cos α
π
2
Le grandezze P, Q1, S1, S sono analoghi al caso monofase e mantengono lo stesso andamento in
funzione di α.
Anche il THD% risulta inalterato rispetto al caso del raddrizzatori non controllatiCaso Ls≠0:
Anche questa volta la trattazione del fenomeno della commutazione rimane uguale. Vediamo
intanto il circuito pertinente alla commutazione T1-T5.
14
Autore Angelo Guardo
Chiamiamo la corrente che circola nella maglia
contenente i generatori va e vc, iu. Facendo una
LKT in questa maglia otteniamo:
di
di
va − Ls a + Ls c − vc = 0
dt
dt
Essendo ia = iu e ic = Id - iu segue che
di
va − vc = 2 Ls u = vac = 2VLL cos ωt
dt
Integrando l’espressione trovata otteniamo:
α +u
∫α
Id
2VLL sin ωtd (ωt ) = 2 Lsω ∫ diu
0
Da questa espressione ricaviamo infine:
2ωLs
cos(α + u ) = cosα −
Id
2VLL
Da questa relazione è possibile ricavare l’angolo u di ritardo per la commutazione.
Abbiamo ricavato quindi da queste relazioni appena scritte che:
di
vPn = van − Ls u
dt
quindi in tale intervallo la tensione vPn risulta diminuita della c.d.t. sulla induttanza di linea.
Come abbiamo visto, risulta:
di
va − vc = 2 Ls u
dt
Sostituendo questa nella precedente espressione otteniamo la seguente espressione di vPn
nell’intervallo u:
v +v
vPn = an cn
2
A questo punto ricaviamo la tensione media d’uscita tenendo conto di u. Ricaviamo l’area persa Au
facendo l’integrale della c.d.t. sull’induttanza che risulta:
α +u
α +u
Id
di
Au = ∫ vL dωt = ∫ Ls a dωt = ωLs ∫ dia = ωLs I d
α
α
0
dt
Questa area mediata su π/3 e sottratta al valore di Vdα ottenuto nel caso in cui Ls=0 fornisce il valore
medio della tensione di uscita di un ponte trifase:
Troviamo quindi:
3 2
3
A
Vdα = Vd 0 cos α − u =
VLL cos α − ωLs I d = Vd 0 − ∆Vd
π 3
π
π
Tale espressione fa vedere che in realtà le caratteristiche di uscita del ponte raddrizzatore non sono
invariabili rispetto alla corrente Id ma hanno perdite sottrattive che sono proporzionali alla corrente
di carico Id (sono leggermente inclinate rispetto a quelle ideali con commutazione istantanea).
Notiamo ancora che, come nel caso precedente dei raddrizzatori non controllati, il ritardo di
commutazione dovuto alle induttanze di linea provoca un abbassamento del contenuto armonico
migliorandone l’uscita.
Line notching (linea di intaccamento):
15
Autore Angelo Guardo
Il line notching è un fenomeno di intaccamento che avviene sella tensione di linea. Questo disturbo
si riflette subito sulla linea provocando il malfunzionamento delle utenze collegate alla rete.
Prendiamo in esame la tensione vAB e consideriamo la commutazione dal tiristore 1 al tiristore 3.
Quando avviene la commutazione sappiamo che, a causa delle induttanze di linea, si viene a creare
un cortocircuito che manda la tensione vAB a zero. Questa situazione si riporta sulla forma d’onda
con un buco che parte, per un certo intervallo, dal valore di tensione in cui avviene la
commutazione a zero. Dopo di che osserviamo una sella sempre sulla tensione vAB durante
l’intervallo u di commutazione. Questa sella è dovuta al fatto che la tensione vPn durante la
commutazione u, a causa della caduta di tensione sull’induttanza di linea, si muove su di una
sinusoide di valore più basso, esattamente:
v +v
vPn = an cn
2
Questo valore è stato ricavato matematicamente in precedenza.
Dopo di che il fenomeno della commutazione si ripete per i tiristori 1 e 2. Anche qui, per lo stesso
motivo visto in precedenza, ci sarà una tacca di innalzamento sulla tensione vAB detto spike che avrà
la durata appunto della commutazione 1-2. Lo stesso processo si ripete esattamente per la semionda
negativa con le altre commutazioni del caso.
Questo è un fenomeno deleterio per le altre utenze connesse tra la sorgente di tensione e il carico le
quali per effetto delle commutazioni del ponte risulterebbe sottoposte alla tensione appena descritta.
Per evitare ciò si procede inserendo dopo le utenze da alimentare delle piccole induttanze Ls2 che
assieme alle induttanze di rete Ls1 mi danno un fattore di riduzione
Ls1
ρ=
Ls1 + Ls 2
Vediamo che se ρ=0.5 otteniamo una diminuzione della metà del valore degli spike, delle selle e
degli hole. Questo è dovuto principalmente al fatto che l’angolo di commutazione dipende
esclusivamente dall’induttanza di linea Ls. Facendo questa piccola modifica realizziamo una maglia
con valori di induttanza che mi danno una diminuzione del line notching.
Il valore del line notching è comunque stabilito dalle normative.
Vediamo adesso di correlare le aree trovate in precedenza con le ampiezze delle tacche sulla
tensione VAB.
In corrispondenza della commutazione in cui di ha una sella di tensione sono interessate le tensioni
van e vcn e quindi viene detratta la stessa area Au. In corrispondenza dello spike di tensione, positivo
o negativo, l’aggiunta che viene fatta è sempre uguale al Au perché, in questo caso, le tensioni di
fase interessate sono vcn e vbn.
Invece, in corrispondenza del pezzo di tensione in cui sono interessate le fasi a e b si ha un’area pari
a 2Au, dove
Au=ωLsId
Più che l’area, è importante considerare la profondità in quanto il buco di tensione ha sempre una
durata pari a u/ω. Il problema sta ne fatto che più dura, maggiore è il rischio di disturbi sulle utenze.
La profondità ci indica di quanto si riduce la tensione; quindi, se mettiamo delle induttanze in rete
per ridurre di metà la tensione, dobbiamo sapere di quanto si sarebbe ridotta.
Allora, si considera un’area pari ad Au o a 2Au; dato che la tensione vAB resta quella di fase fino
all’istante in cui si ha l’accensione dei tiristori; La quantità
2VLL sin α
rappresenta all’incirca l’altezza o la profondità della tacca.
È possibile quindi calcolare il tempo di commutazione u come:
area tacca
2ωLs I d
u≈
≈
profondità tacca
2VLL sin α
16
Autore Angelo Guardo
Si può calcolare la deformazione della tensione mediante il coefficiente THD%; valutiamo cioè di
quanto la tensione in linea è distorta rispetto alla tensione ideale sinusoidale.
Si esegue quindi una scomposizione in seri di Fourier delle correnti di linea. Si calcola l’ampiezza
di ogni armonica fino ad un ordine che si può intendere ragionevole (consideriamo trascurabili le
armoniche che sono dell’ordine del 3% della fondamentale). Fatto quindi lo sviluppo in serie e
calcolate le ampiezze Ah delle correnti, si calcolano le c.d.t. sulla linea per effetto dello scorrimento
di queste correnti, cioè:
Vh=hωLsIah
Dove Iah è l’armonica di ordine h della corrente di linea, hωLs è l’impedenza d’ingresso della rete
(hω è la frequenza della h-esima armonica).
Valutazione dei diversi tipi di raddrizzatore:
Vediamo di elencare diversi parametri che ci danno delle figure di merito per i diversi tipi di
raddrizzatori:
Pd = Vd I d
Vrms =
1 T 2
vd (t )dt
T ∫0
Potenza continua sul carico
Valore efficace della tensione sul carico
Irms
PAC=Vrms⋅Irms
P
η= d
PAC
Valore efficace della corrente sul carico
Potenza in alternata che va sul carico
2
VAC = Vrms
− Vd2
Valore efficace della componente alternata della
Rapporto di conversione (efficienza di raddrizzamento)
tensione che va sul carico, cioè VAC rappresenta il
ripple in uscita.
Vrms
Vd
V
RF = AC = ( FF ) 2 − 1
Vd
P
TUF = d
V sI s
FF =
CF =
I s , picco  Vs , picco 


I s  V s 
Fattore di forma
Fattore di ripple
Fattore di utilizzazione del trasformatore
Fattore di cresta
A questo punto possiamo fare una tabella che elenca tutti i tipi di raddrizzatori con i relativi fattori
di merito:
17
Autore Angelo Guardo
Raddrizzator
e
1 diodo
Vs
Is
∧
0.707 Vs
Presa centrale
e 2 diodi
0.707 Vs
Trifase a 3
diodi
0.707 Vs
∧
∧
∧
Trifase ad
onda intera e 6 0.707 Vs
diodi
Vd
∧
Id
∧
V
0. 5 s
R
0.318Vs
∧
∧
V 0.636 Vs
0.707 s
R
∧
V
0.785 s
R
∧
V
1.35 s
R
∧
0.826 Vs
∧
1.654 Vs
Vd
R
Vd
R
Vrms
Irms
η
FF
RF
TUF
CF
∧
Vrms
R
≈40%
1.57
1.21
0.28
6
2
Vrms
R
≈81%
1.11
0.78
1
0.80
9
2
Vrms
R
≈97%
1.017
0.18
2
0.66
4
2.1
≈99.8
%
1.000
8
0.04
0.95
4
1.3
Vs
2
∧
Vs
2
Vd
R
0.841Vs
Vd
R
1.655 Vs
∧
∧
Vrms
R
Altri tipi di ponti raddrizzatori:
Abbiamo visto che i normali raddrizzatori controllati si muovono nel 1° e 4° quadrante di un
sistema di riferimento tensione-corrente. Vediamo adesso alcuni sistemi di raddrizzamento che, per
come sono costruiti, possono lavorare in tutti e quattro i quadranti di un sistema Vd-Id.
Raddrizzatore a ponte semicontrollato:
Il raddrizzatore a ponte intero semicontrollato nasce dall’esigenza di controllare l’ampiezza della
tensione d’uscita tramite variazione dell’angolo di conduzione senza però avere necessità di
lavorare nel quarto quadrante del sistema di riferimento Vd-Id. Questo sistema mi permette quindi di
risparmiare due tiristori, più costosi e più complessi da gestire, e di semplificare il circuito di
controllo.
Mettiamoci nel caso in cui il carico sia ohmico-induttivo. L’induttanza presente fa si che la corrente
continui a scorrere anche quando la tensione ai capi dei tiristori sia arrivata a zero. C’è la possibilità
di inibire questa situazione cioè: è possibile bloccare la tensione all’uscita del ponte e quindi fare in
modo che il ponte non conduca più (in tal modo la tensione negativa non si presenterà sul carico) e
nel frattempo garantire che la corrente nel carico che non può estinguere immediatamente possa
circolare lo stesso. Si ottiene così da un lato la saturazione del ponte raddrizzatore e dall’altro la
circolazione della corrente che c’era sul carico.
Per fare ciò basta aggiungere un diodo in antiparallelo al carico perché quando la tensione è positiva
sull’uscita il diodo è contropolarizzato e quindi non conduce; nel momento in cui la tensione passa
per lo zero e tende a diventare negativa il diodo è polarizzato direttamente ed entra in conduzione.
Segue quindi che la corrente che circolava nel carico si richiude attraverso il diodo D che viene
chiamato “diodo di libera circolazione” e non interessa più ne la sorgente ne il ponte raddrizzatore.
In tal modo il carico non vedrà più la semionda negativa. Si ha così il vantaggio di abbassare il
valore medio della tensione di uscita e di migliorare il fattore di potenza del carico poiché la forma
d’onda della corrente che vede a monte del sistema è confinata entro la prima semionda.
Ovviamente se α=0 ed il carico è puramente resistivo non c’è bisogno del diodo di ricircolo.
Notiamo ancora che a differenza del raddrizzatore a semionda, in un periodo avremo due impulsi e
quindi il valore medio della tensione risulterà doppio.
18
Autore Angelo Guardo
∧
∧
V
V
1 π∧
Vd = 2
Vs sin ωtdωt = 2 s (1 + cosα ) = s (1 + cosα )
∫
α
2π
2π
π
Il valore efficace della tensione sul carico è dato da:
∧
Vrms
V
1
sin 2α 
= s

π − α +
2 
2 π
Dual converter monofase (o connessione back to back):
Consideriamo il seguente schema generale:
Questo
schema
rappresenta
la
situazione generale. Il ponte a sinistra
funge da raddrizzatore quindi eroga al
carico una certa potenza mentre il ponte
a destra funziona da inverter dando
quindi potenza alla sorgente vs da parte
del carico.Il circuito può funzionare sia
controllando
contemporaneamente
entrambi i ponti sia singolarmente. Nel
primo caso devono essere presenti delle
induttanze Lc/2 che servono a limitare le
correnti circolanti nei ponti senza che
queste interessino il carico. Nel caso in
cui funzioni un solo ponte alla volta si
controlla il ponte raddrizzatore quando
c’è da dare potenza al carico mentre si controlla quello invertitore quando il carico eroga potenza
alla rete.
I due ponti hanno all’uscita la stessa tensione ma di segno contrario. È importante fare si che i
valori medi delle due tensioni siano uguali. Questo non implica che istantaneamente lo siano.
Mandando gli impulsi con un angolo α1 al primo ponte abbiamo:
∧
Vd (α1 ) =
2Vs
π
cosα1
Sul secondo ponte mandiamo impulsi con un angolo di accensione α2 tale che:
Vd(α2)=Vd(α1)
Per verificare questa condizione gli angoli α1 e α2 devono essere supplementari.
Operando in questo modo si vede che le tensioni in uscita vo1 e vo2 risultano essere speculari con
valore medio uguale in modulo ma di segno opposto. Essendo i due ponti convertitori messi spalla a
spalla (back to back, appunto) risulta che il carico avrà una tensione: mediamente positiva.
La tensione sull’induttanza risulta essere:
di
vL = vo1 + vo 2 = Lc c
dt
Essendo le tensioni mediamente uguali nel periodo la somma sarà nulla. Quindi la vL ha valor
medio nullo.
Le induttanze di valore Lc/2, in definitiva, assorbono le differenze di tensione che si hanno tra
i valori istantanei delle tensioni vo1 e vo2 e quindi limitano la corrente di circolazione ic.
19
Autore Angelo Guardo
Per calcolare il valore delle induttanze Lc/2 bisogna conoscere il valore della corrente di
circolazione. Per fare ciò consideriamo una situazione di cortocircuito in cui:
vo1
π
α1
t
vo2
α2
t
vL
t
1
1 ωt
vL dt = ∫ v L dt
Lc
Lc π −α 2
dove l’intervallo di integrazione è un qualunque intervallo per cui vL≠0.
Quindi:
ic =
1
ic =
ωLc
∧
∧
2V s ωt
 ∧

ωtdωt
∫π −α2  − V s sin ωt − V s sin ωt dωt = − ωLc ∫π −αsin
2
ωt
∧
-
2V s
ic =
(cos ωt − cos α1 ) > 0
ωLc
La condizione quindi che deve essere soddisfatta è che la corrente ic debba essere maggiore di 0. Da
questa condizione è possibile ricavare la Lc.
I vantaggi di questo convertitore sono:
La dinamica più veloce poiché i ponti sono sempre in funzione quindi la corrente
è sempre in transito attraverso il convertitore quindi risulta essere sempre pronto ad erogare o ad
assorbire la corrente necessaria;
Essendo che la corrente ic non interessa il carico, il convertitore funziona a
prescindere dall’entità del carico assegnato. Quindi c’è sempre continuità di corrente.
Del convertitore back to back esiste anche la versione trifase per potenze superiori e comunque per
applicazioni trifase.
20
Autore Angelo Guardo
Ponte raddrizzatore a dodici impulsi:
Per grossissime utenze o per sistemi ad alta tensione a volte si utilizzano i ponti raddrizzatori a 12
impulsi perché, nonostante il ponte a 6 impulsi di in linea teorica e per α=0° un contenuto armonico
del 4%, per potenze rilevanti un valore del 4% di armoniche che a valle verrà poi filtrato da filtri LC
comporta l’utilizzo di filtri onerosi.
Si preferisce, anziché utilizzare grossi filtri LC, ridurre l’ampiezza delle armoniche producendo nel
periodo di 20ms (se siamo a 50Hz) 12 impulsi e non 6 in modo che si abbia anche un aumento della
frequenza di ogni armonica: indicando con f la frequenza fondamentale, passiamo da 6f a 12f oltre
le armoniche successive provenienti dallo sviluppo in serie di Fourier. Infatti
h=12k±1
Otteniamo quindi frequenze più altre e quindi meglio filtrabili dai filtri normalmente utilizzati e di
dimensioni contenute.
Ovviamente per alimentare un raddrizzatore a 12 impulsi dovremmo avere un sistema di
alimentazione esafase con le fasi a 60° l’una dall’altra. Per ottenere lo stesso risultato possiamo
utilizzare due trasformatori opportunamente collegati tali che si crei uno sfasamento di 60° gradi fra
i vettori delle tensioni. Questo è possibile connettendo assieme due trasformatori appartenenti a due
classi orarie diverse.
Il generatore esafase così ottenuto viene mandato ad alimentare due ponti trifase che possono essere
collegati in serie o in parallelo:
Vediamo quindi gli schemi inerenti ai due collegamenti:
Quindi, se il collegamento è SERIE il carico è alimentato da una tensione che è data dalla somma
delle tensioni fornite da ciascun ponte; le correnti che circolano nel carico sono sostenute da
21
Autore Angelo Guardo
entrambe le f.e.m. che sono a monte. Se invece il collegamento è PARALLELO le due tensioni non
sono istantaneamente uguali fra loro (come nel back to back converter) anche se lo sono
mediamente in un periodo. Questo spiega le due induttanze interfasiche presenti che non compaiono
nel caso SERIE.
Ponte monofase semicontrollato in serie:
Nei casi in cui si opera ad altissime tensioni (linee dette HVDC) vengono utilizzarti circuiti
raddrizzatori che sono ottenuti collegando in serie fra loro i ponti finora visti.
In particolare, il convertitore a 12 impulsi in cui si possono collegare due raddrizzatori in serie o in
parallelo, è alimentato da due circuiti diversi.
Nel circuito seguente si hanno due ponti raddrizzatori collegati in serie alimentati da un’unica
sorgente di tensione che viene applicata a due secondari diversi ma che sono fra loro in fase.
Il trasformatore a due secondari ha un numero
di spire al primario uguale al doppio del
numero di spire del secondario: Np=2Ns per cui
le tensioni disponibili ai due secondari sono
esattamente la metà della tensione che si ha al
primario. Qui si hanno due ponti monofase
semicontrollati. Come abbiamo già visto in
precedenza i ponti hanno un valore di tensione
medio in uscita pari a:
∧
Vd 1 =
Vs
π
∧
(1 + cos α1 );Vd 2 =
Vs
π
(1 + cos α 2 )
Per questo circuito abbiamo due possibilità di
funzionamento: una prima strategia è quella di fare lavorare soltanto un ponte facendo variare il
∧
valore medio della tensione in uscita da 0 a 2Vs π che è il valore massimo che si raggiunge quando
α1=0 mantenendo costante α2=180°. Si ha quindi che:
∧
Vd = Vd 1 + Vd 2 =
Vs
π
(2 + cos α1 + cos α 2 )
Dando un angolo di ritardo α si ha un primo impulso dovuto a T1 e D2 ed un secondo impulso
dovuto a T3 e D4. Quando conducono T1 e D2 il ricircolo della corrente non può che avvenire
attraverso il diodo di libera circolazione inferiore D’ il quale quindi bypassa il 2°ponte.
Il secondo modo di funzionamento consiste nel far lavorare contemporaneamente tutti e due i ponti.
∧
Supponiamo di attivare il 1° ponte per α1=0° ottenendo quindi Vd 1 = 2Vs π e di attivare il 2° ponte
con un angolo α2 variabile. Data allora la sinusoide d’ingresso si ricava che se α1=0 tutta la
semionda positiva viene fatta passare e lo stesso vale per la semionda negativa. Avremo quindi in
uscita:
∧
Vd = Vd 1 + Vd 2 =
Vs
π
(3 + cos α 2 )
Vediamo ora le correnti che circolano nel nostro sistema. Intanto per ipotesi supponiamo che il
carico si talmente induttivo da poter considerare id=Id. costante. Quindi avremo la i1 praticamente
quadra mentre la i2 avrà uno scalino dovuto all’angolo di accensione α2 diverso da zero. Per quanto
riguarda la corrente i1, il primo ponte conduce sempre per cui quando il 2° ponte non conduce la
22
Autore Angelo Guardo
maglia di circolazione della corrente non può essere che attraverso T1, il carico, il diodo di ricircolo
D e D2 poiché se il secondo ponte è spento la corrente può richiudersi solo attraverso D.
Quando invece conducono entrambi i ponti il percorso della corrente i1, e quindi i2≠0, è:
T1, carico, D’2, secondario, T’1, D2 e l’altro secondario.Da qui deriva il nome di convertitore in serie
poiché la stessa corrente attraversa tutti e due i ponti e si ha: i1=Id per tutta la durata della
conduzione di T1- D2 nel 1° ponte (e cioè tra 0° e π).
Successivamente la corrente i1 diventa negativa e uguale ad -Id poiché conduce la coppia T3-D4.Nel
momento in cui anche il secondo ponte inizia a condurre la corrente i2 assume lo stesso valore Id
della corrente che circola nel 1° ponte finché il 2° ponte è in conduzione; dopodiché interviene il
diodo di ricircolo e la corrente i2 va a zero. Quando poi viene raddrizzata la semionda negativa, se
prima conducevano T’1 e D’2 e la corrente i2 era positiva adesso la corrente rientra attraverso D’4 e
quindi diventa negativa e pari a –Id e così via. Essendo inoltre che la somma delle spire dei
secondari sono uguali a quelle del primario segue che iprimario=id. Se invece la corrente al secondario
attraversa solo uno dei due ponti la corrente al primario sarà la metà poiché Np=2Ns. Di
conseguenza, tra 0 e α2 non si hanno entrambe le correnti che scorrono nei due secondati ma si ha
soltanto la corrente i1 che riportata al primario si mantiene positiva e si dimezza.
Possiamo vedere il grafico della corrente al primario (quindi la corrente di rete):
Ad α2 entra in funzione anche il 2° ponte per cui
ip
la corrente id attraversa non solo le Ns spire del
primo secondario ma anche le Ns spire del
secondo secondario e quindi la corrente al
primario salta al valore Id e vi rimane fino a π.
π+α2
2π
Da questo momento in poi il primo secondario
cambia segno e quind la corrente i1 diventa
α2
π
negativa e siccome il 2° ponte non è acceso, al
primario si ha una corrente pari proprio a –Id/2
fino a (π+α2); successivamente entra in gioco
anche l’altro ponte e quindi la corrente ip risale a
–Id e vi rimane fino a 2π per poi ricominciare il ciclo.
Ponte total controllato:
A differenza del ponte semicontrollato, il ponte total controllato il serie penmette il funzionamento
del circuito nel 1° e nel 4° quadrante del sistema vd-id. In questo circuito i diodi di ricircolo sono
sopperiti dagli altri due tiristori. Questo implica però che non è possibile non fare funzionare uno
dei due ponti poiché la corrente, non essendoci più il diodo di ricircolo, non avrebbe nessun
percorso per chiudersi. Questo ponte svolge quindi funzioni o da raddrizzatore o da inverter e
comunque entrambi i ponti devono essere funzionanti. La tensione sul carico risulta essere:
∧
Vd = Vd 1 + Vd 2 =
2Vs
π
(cosα1 + cosα 2 )
Nel funzionamento da raddrizzatore possiamo stabilire di fissare α1=0° e 0°<α2<180°. Avremo
quindi
∧
Vd =
2Vs
π
(1 + cosα 2 )
23
Autore Angelo Guardo
A differenza del caso del ponte semicontrollato, qui i tratti di onda negativa non vengono eliminati
non essendoci nessun diodo di ricircolo che tagli la semionda negativa. Vediamo gli andamenti
della corrente: la corrente i1 sarà un’onda quadra che parte da zero invertendosi a π. La corrente i2 è
sempre un’onda quadra che, anziché partire da zero, partirà da α2 invertendosi ovviamente a π+α2.
La corrente di primario sarà la somma delle due correnti id=i1+i2. Possiamo vederle graficamente:
i1
i2
π+α2
α2
π
π
id
π
α2
Questa sarà quindi la corrente che scorrerà nel primario del
trastormatore e quindi nella rete.
Per quanto riguarda il funzionamento da inverter è
necessario considerare gli angoli di accensione maggiori di
π. In particolare, se attiviamo il 1° ponte a α1=π esso lascia
passare le semionde negative (quindi funzionerà da
inverter). Se poi facciamo funzionare il 2° ponte con un
angolo 0<α2<π sommando le tensioni all’uscita dei due
convertitori si ottiene ai capi del carico una tensione
variabile negativa e si ha:
∧
Vd =
2Vs
π
(cosα 2 − 1)
La corrente sul carico è invece sempre positiva.
24
Autore Angelo Guardo
CONVERTITORI DC-DC
I convertitori DC-DC sono dei circuiti che provvedono a modificare l’ampiezza di una tensione
d’ingresso costante abbassandola, alzandola o implementando entrambe le funzioni. I convertitori si
dividono in :
- Step down converter (detto anche buck converter);
- Step up converter (detto anche boost converter);
- Step down/step up converter (detto anche buck-boost converter);
- Cuk converter;
- Full bridge converter.
Notiamo subito che questi tipi di convertitori hanno tutti dispositivi di potenza controllati per
quanto riguarda l’apertura e la chiusura. Questo procedimento viene detto switching. In base ai
tempi di apertura e chiusura degli switch, dettati dal circuito di controllo, si può regolare l’ampiezza
della tensione in uscita. Definiamo adesso, poiché generale per tutti i convertitori il parametro D
detto duty-cicle:
t
v
D = on = control
∧
Ts
V
st
Indichiamo con ton il tempo di accensione del dispositivo mentre con Ts il periodo. Essendo che il
controllo dei dispositivi viene fatto tramite un’onda quadra generata tramite comparazione di
un’onda a dente di sega Vst (saw tooth wave) e di un segnale di controllo vcontrol, possiamo definire
D anche come rapporto tra queste quantità.
Step down converter (buck converter):
Questo convertitore DC-DC rappresenta, assieme allo step up, la topologia base dei convertitori
DC-DC.
Il circuito si presenta così
La tensione di uscita risulta essere:
Ts
t
1 Ts
1 ton
V0 = ∫ v0 (t ) =  ∫ Vd dt + ∫ 0dt  = on Vd = DVd
ton
 Ts
Ts 0
Ts  0
Da cui possiamo ricavare:
V
V
V0 = ∧d vcontrol = kvcontrol con k = ∧d
Vst
Vst
Abbiamo visto che il circuito è costituito da uno
switch. Diciamo che se non ci fossero l’induttanza
che accumula corrente e la capacità che stabilizza la
tensione avremmo in uscita una tensione quadra con
valori 0 e Vd. La parte LC funge inoltre da filtro
passabasso per il circuito. Osserviamo inoltre il diodo D di libera circolazione; questo risulta essere
necessario il modo che quando S è aperto la corrente che scorreva sul carico non si richiuda sulla
rete ma ritorni attraverso il diodo di ricircolo.
Possiamo definire tre zone di funzionamento del circuito:
25
Autore Angelo Guardo
Funzionamento continuo:
Per funzionamento continuo intendiamo la situazione in cui la corrente fluisce in modo continuato
attraverso l’induttanza. Supponiamo che la corrente nell’induttanza cresca linearmente (trascuriamo
cioè la R).
Se siamo a regime, con S chiuso, la tensione ai capi di L vale:
quindi risulta vL = costante
vL = Vd − V0
ma anche
di
vL = Vd − V0 = L L
dt
integrando l’equazione differenziale si ottiene una rampa crescente di corrente da iLmin e iLmax. Nel
momento in cui l’interruttore è aperto risulta:
vL = −V0
Quindi, essendo ai capi dell’induttanza un valore negativo, la corrente iL decresce linearmente.
Risulta graficamente:
vL
Vd-V0
t
-V0
iL
IL=I0
t
Come possiamo vedere dal grafico, la tensione
sull’induttanza rispetta la legge delle aree, cioè:
Ts
 ton (V − V )dt + Ts (− V )dt  = 0
v
(
t
)
=
∫0 L  ∫0 d o ∫ton o 
La corrente, come vediamo, cresce e decresce
linearmente in funzione della tensione ai capi
dell’induttanza. Possiamo definire ovviamente un
valore medio di corrente che corrisponde alla
corrente che andrà sul carico: IL=I0.
Trascurando le perdite associate ai vari elementi
del circuito, possiamo dire che la potenza entrante
eguaglia quella uscente, cioè:
Pd = P0 da cui Vd I d = V0 I 0
Diciamo quindi che lo step down in funzionamento
continuo corrisponde ad un trasformatore
abbassatore con un rapporto spire compreso tra 0 e
1.
Situazione limite fra funzionamento continuo e discontinuo:
In questo la corrente sull’induttanza risulta essere:
Possiamo ricavare il valore medio della corrente
iL
tramite considerazioni trigonometriche: il valore
medio della corrente risulta metà del valore di picco
della corrente iL. Applicando le regole sui triangoli
Vd-Vo
rettangoli per ricavare il valore della corrente di
ILB=IoB
picco otteniamo:
1
1 (V − Vo ) DTs
I L B = iL , picco = ton d
=
(Vd − Vo ) = I oB
t
2
2
L
2L
Avendo considerato la formula:
-Vo
(V − Vo ) diL
=
cateto1 = tan αcateto2 essendo tan α = d
L
dt
dove per definizione di derivata ricaviamo la tangente.
26
Autore Angelo Guardo
Notiamo quindi che il valore ILB=IoB risulta essere una parabola in funzione del duty cicle D. Questo
perché Vo=DVd e quindi, mettendo nell’espressione della corrente in evidenza Vd otteniamo proprio
un andamento parabolico dovuto a D(1-D).
Funzionamento discontinuo con Vd costante:
Questo funzionamento è richiesto quando, come ad esempio nei motori in c.c., la tensione
d’ingresso rimane constante mentre la tensione di uscita varia per fare variare la velocità.
Nel caso in cui la tensione Vo risulta tale da fare cadere la corrente iL prima che finisca il periodo
saremo nel caso di corrente iL discontinua:
iL
IL=Io
VL-Vo
t
-Vo
Chiamiamo ∆1 l’intervallo che intercorre tra il picco
massimo di iL e zero. Per la legge delle aree risulta
quindi:
(Vd − Vo )DTs + (− Vo )∆1Ts = 0
Da cui:
Vo
D
=
Vd D + ∆1
Notiamo ancora che:
V
iL , picco = o ∆1Ts
L
Essendo il valore medio della corrente l’area della
corrente mediata nel periodo otteniamo:
(D + ∆1 )Ts 1 = i
(D + ∆1 )
1
1
I o = ab = iL , picco
L , picco
Ts
2 Ts
2
2
Da cui:
Io
V Ts
VT
I o = o s (D + ∆1 )∆1 = d D∆1 = 4 I LB ,max D∆1 segue ∆1 =
2L
2L
4 I LB ,max D
Ottengo quindi in definitiva:
Vo
D2
=
Vd D 2 + 1 (I I
o
LB ,max )
4
Graficamente risulta, per Vd costante:
D=1.0
Vo/Vd
D=0.9
D=0.7
Funz.
Discontinuo
D=0.5
D=0.3
D=0.1
Io/ILB,max
27
Autore Angelo Guardo
Funzionamento discontinuo con Vo costante:
Essendo Vd=Vo/D otteniamo:
TsVo
(1 − D ) quindi risulta I LB ,max = TsVo
2L
2L
Questo massimo lo otterremmo per D=0. Questo è ovviamente impossibile poiché dovremmo avere
una Vd infinita.
Segue anche che:
I LB = (1 − D )I LB ,max
I LB =
È utile, in questo caso di Vo costante, avere una funzione che mi leghi D con Io/ILB,max. Graficamente
otteniamo quindi:
D
1.0
Vd/Vo=1.25
Vd/Vo=2.0
Funz.
Disc.
Vd/Vo=5.0
1.0
Io/ILB,max
Ripple della tensione di uscita:
Con valori normali di capacità, la tensione in uscita si presenta pressoché costante ma conserva
sempre un certo valore di ripple. Questo ripple può essere rappresentato come:
∆Q 1 1 ∆I L Ts
V
∆Vo =
=
essendo ∆I L = o (1 − D )Ts
C
C2 2 2
L
Risulta quindi:
 
∆Vo 1 Ts2 (1 − D ) π 2
T V
(1 − D ) f c 
∆Vo = s o (1 − D )Ts quindi
=
=
8C L
8 LC
2
Vo
 fs 
Notiamo che la quantità fc rappresenta la frequenza di switching:
1
fc =
2π LC
2
Quindi scegliendo una frequenza di switching fc<<fs otteniamo un abbassamento del ripple sulla
tensione in uscita.
28
Autore Angelo Guardo
Step up converter (boost converter):
Il convertitore step up serve ad innalzare il valore di tensione in ingresso in relazione al duty cicle
scelto.
Il circuito dello step up converter risulta essere:
A differenza dello step down converter, possiamo
notare che qui la differenza sta nell’inversione diodo
induttanza: quando lo switch è acceso il diodo risulta
contropolarizzato; questa situazione separa il circuito
in due pezzi: uno alimentato in cui rimane
l’induttanza che si carica e l’altro in cui il carico
viene alimentato dalla capacità. Quando lo switch è
spento il diodo risulta polarizzato direttamente.
Questo fa si che esso conduca la corrente
proveniente dall’induttanza verso il carico e
sull’induttanza cada Vd-Vo. La capacità mantiene la
vo quasi costante, cioè: vo≈Vo.
Anche qui possiamo distinguere le varie zone di funzionamento:
Funzionamento continuo:
Per la legge delle aree risulta:
Vd ton + (Vd − Vo )toff = 0
vL
V0
Dividendo entrambi i lati per il periodo Ts e
sistemando i termini risulta:
Vo Ts
1
=
=
Vd toff 1 − D
Assumendo nulle le perdite otteniamo:
I
Pd = P0 da cui Vd I d = V0 I 0 ed inoltre o = (1 − D )
Id
t
Vd-V0
iL
IL=I0
t
Situazione limite fra funzionamento continuo e discontinuo:
Possiamo qui fare considerazioni analoghe al caso dello step down.
Il valore medio della corrente limite sull’induttanza risulta:
1
1 V
TV
I L B = iL , picco = ton o = s o D(1 − D)
2
2
L
2L
Essendo
29
Autore Angelo Guardo
Io
= (1 − D )
Id
Segue che:
TsVo
D(1 − D) 2
2L
Mantenendo Vo costante possiamo graficare l’andamento di ILB e di IoB:
Possiamo ricavare da queste espressioni i valori
massimi dei valori medi delle correnti
sull’induttanza e sul carico:
TV
I L B ,max = s o
8L
ILB
TV
I o B = 0.074 s o
L
Io B =
IoB
1/3
0.5
1
D
Funzionamento discontinuo:
Analizziamo questo caso come il caso precedente riguardante il buck converter. Consideriamo
questa volta solo il caso di Vd costante. Applicando la legge delle aree risulta:
Vd DTs + (Vd − Vo )∆1Ts = 0
da cui segue:
Vo D + ∆1
=
∆1
Vd
In base alle considerazioni fatte nel caso del funzionamento discontinuo del buck converter
otteniamo:
∆1
V
I
I d = d DTs ( D + ∆1 ) essendo o =
I d ∆1 + D
2L
risulta
TV 
I o =  s d  D∆1
 2L 
Sarebbe molto utile ottenere il duty cicle in funzione di Vo/Vd perché, mantenendo costante Vo,
possiamo vedere come varia D al variare di Vd:
 4 Vo
D=
 27 Vd
D
Vd/Vo=0.25
 Vo  I o 
 − 1

 I oB ,max 
 Vd
12
Possiamo graficare quindi la variazione di D in
funzione di Io/IoB,max:
Vd/Vo=0.5
Vd/Vo=0.8
Io/IoB,max
30
Autore Angelo Guardo
Ripple della tensione di uscita:
Analogamente al caso precedente possiamo quantizzare il ripple come:
∆Q I o DTs Vo DTs
∆Vo =
=
=
R C
C
C
Da cui:
∆Vo DTs
T
=
= D s dove τ = RC
Vo
RC
τ
Step up-step down converter (buck-boost converter):
Lo step up-step down converter, a differenza degli altri convertitori, variando il duty cicle può
aumentare o diminuire la tensione in uscita. La funzione di uscita della tensione è infatti la
combinazione delle due precedenti. Vediamo intanto il circuito relativo:
Come possiamo vedere dal circuito, quando lo switch è
acceso il diodo D risulta contropolarizzato. Questo fa di
che sull’induttanza ci sia tutta la tensione Vd. Quando
invece lo switch è spento la tensione di alimentazione è
esclusa dal circuito e quindi sull’induttanza cade la
tensione d’uscita Vo. Come negli altri casi, anche qui è
possibile distinguere le vari zone di funzionamento.
Funzionamento continuo:
Partiamo come sempre dalla legge delle aree per la tensione sull’induttanza:
Vo
D
=
Vd DTs + (− Vo )(1 − D )Ts = 0 da cui
Vd 1 − D
come possiamo vedere, la relazione che lega la tensione in uscita a quella in ingresso è il prodotto
fra la relazione d’uscita dello step down e quella dello step up.
Assumendo, come al solito, nulle le perdite dall’ingresso all’uscita possiamo ricavare:
I o (1 − D )
=
essendo Pd = Po
Id
D
I grafici di tensione e di corrente sull’induttanza sono analoghi ai precedenti.
Situazione limite fra funzionamento continuo e discontinuo:
Come nei casi precedenti, si procede allo stesso modo per determinare il valore medio della corrente
sull’induttanza nel funzionamento limite. Avremo quindi:
1
TV
TV
I L B = iL , picco = s d D = s o (1 − D)
2
2L
2L
da qui possiamo ricavare il valore medio della corrente sul carico:
31
Autore Angelo Guardo
TsVo
(1 − D) 2
essendo I o = I L − I d
2L
Da questi risultati possiamo ricavare i valori massimi, quindi:
TV
I LB ,max = I oB ,max = s o
2L
Graficamente, mantenendo Vo costante, l’andamento delle correnti risulta:
I oB =
1.0
ILB/ILB,max
IoB/IoB,max
1.0
D
Funzionamento discontinuo:
Come sempre qui la situazione è differente poiché dobbiamo introdurre un ∆1 intervallo di
conduzione che dura meno di toff tale per cui:
Vo ∆1
Vd DTs + (− Vo )∆1Ts = 0 da cui
=
Vd
D
Dalle considerazioni fatte sempre per quanto riguarda il valore medio della corrente ricavato come
l’area mediata nel periodo ricavo:
V
I L = d DTs (D + ∆1 )
2L
Consideriamo anche qui l’andamento di D in funzione di Vo/Vd. Questo deriva sempre dal fatto che
variando D varia la tensione in uscita quindi, fissando Vo costante, si ricava come variare D affinché
Vo si mantenga costante anche variando Vd. Andando a graficare otteniamo:
Possiamo ricavare inoltre la legge
D
di variazione di D in funzione di
Io/IoB,max e di Vd/Vo:
1.0
D=
Vd/Vo=0.33
Vo
Vd
Io
I oB ,max
Vd/Vo=1.0
Funz.
Discont.
Vd/Vo=4.0
1.0
Io/IoB,max
32
Autore Angelo Guardo
Ripple della tensione in uscita:
Anche in questo caso si procede in modo analogo ai precedenti:
∆Q I o DTs Vo DTs
∆Vo =
=
=
R C
C
C
Da cui:
∆Vo DTs
T
=
= D s dove τ = RC
Vo
RC
τ
Cuk dc-dc converter:
Il convertitore Cuk deve il proprio nome al suo inventore. Diciamo che esso rappresenta una
variante dello step up-step down ma con due capacitori e due induttori.
Vediamo di seguito il circuito relativo:
Analizziamo in dettaglio quello che succede nel
circuito nei due stadi dello switch. Quando lo switch
è acceso la tensione sull’induttanza L1 è Vd. Inoltre il
diodo D risulta contropolarizzato dal capacitore C1.
Essendo inoltre VC1 maggiore di Vo la capacità C1 si
scaricherà attraverso lo switch sul carico caricando
l’induttore L2. Quindi avrò, con lo switch acceso
VL1=Vd e VL2=VC1-Vo.
Quando lo switch è spento il diodo D risulta
polarizzato direttamente. Questo fa si che l’induttore
L1 si scarichi attraverso il diodo D sulla capacità
caricandola e che l’induttore L2 si scarichi sul carico.
Quindi avrò, con lo switch spento, VL1=Vd-VC1 e VL2=-Vo.
Per la legge delle aree avrò quindi:
Su L1
1
Vd DTs + (Vd − VC1 )(1 − D )Ts = 0 da cui VC1 =
Vd
1− D
mentre su L2
(VC1 − Vo )DTs + (− Vo )(1 − D )Ts = 0 da cui VC1 = 1 Vo
D
Osserviamo che in questo circuito la capacità C1 diventa fondamentale per quanto riguarda
l’accumulo e lo scambio di energia. Notiamo ancora che essendo nulle nel periodo le tensioni sugli
induttori risulta:
VC1 = Vd + Vo
Dalle leggi delle aree ricaviamo quindi:
Vo
D
=
Vd 1 − D
Assumendo nulle le perdite otteniamo:
I o (1 − D )
=
essendo Pd = Po
Id
D
Dove IL1=Id e IL2=Io.
33
Autore Angelo Guardo
Full bridge DC-DC converter:
Il convertitore a ponte intero (full bridge converter) è utilizzato per molteplici applicazioni:
- drive per motori in c.c.
- conversione DC-AC monofase per unità UPS
- conversione DC-AC in alta frequenza intermedia per alimentatori di potenza
isolati con trasformatori.
Vediamo intanto il circuito relativo al convertitore:
Come vediamo il convertitore è
costituito da una alimentazione DC e da
due “gambe” contenenti a sua volta tue
switch e due diodi. A seconda della
strategia di controllo dei dispositivi gli
interruttori possono chiudersi o
alternativamente in diagonale o per
singola gamba. Questi tipi di controllo
vengono detti rispettivamente controllo
bipolare e controllo unipolare. Diciamo
che nella pratica gli switch della stessa
gamba hanno sempre un tempo fra
l’apertura dell’uno e la chiusura
dell’altro,
detto
blanking
time,
necessario per evitare che la gamba si
chiuda
in
cortocircuito
sull’alimentazione. Notiamo ancora che il full bridge converter può lavorare in tutti e quattro i
quadranti del sistema Id-Vd.
Analizzando il funzionamento possiamo osservare che: quando TA+ è chiuso la corrente io fluisce su
di esso se è positiva mentre attraverso il diodo DA+ se è negativa. Viceversa, quando TA- è chiuso la
corrente io fluisce su di esso se è negativa mentre attraverso il diodo DA- se è positiva. La stessa
situazione si ripete per la gamba B. Le due tensioni VAN e VBN dipendono quindi soltanto dallo stato
degli switch e risultano indipendenti dal verso della corrente io.
Quindi avrei:
v AN = Vd per TA+ chiuso e TA- aperto

v AN = 0
per TA+ aperto e TA- chiuso
Come abbiamo detto gli switch possono essere controllati da due diverse strategie.
Strategia bipolare:
La strategia bipolare consiste nel confronto di un’onda triangolare vtri con un valore di tensione
costante vcontrol. Passando queste due tensioni da un comparatore di tensione si deriva un’onda
quadra che sarà mandata al driver di controllo dei dispositivi.
34
Autore Angelo Guardo
A
B
D
vtri
C
vcontrol
E
t1
t
vAN
t
VBN
t
vo=vAN-vBN
Vd
t
Consideriamo a questo punto un periodo Ts
e indichiamo con t1 il tempo di conduzione
della prima coppia di switch allora il tempo
in cui conduce la seconda coppia è
(Ts 2) − 2t1 . Per similitudine fra i triangoli
ABC e ADE troviamo la relazione tra vtri e
vcontrol. Quindi:
(vtri − vcontrol ) : vtri = (Ts 2 − 2t1 ) : Ts
da cui
v
T
t1 = control s
vtri 4
osserviamo dalla forma d’onda in uscita
che facendo l’area mediata nel periodo Ts
ricaviamo il valore medio in uscita Vo che
risulta:
1
T
T
 
Vo =  2t1Vd + s Vd −  s − 2t1 Vd 
Ts 
2
2
 
da cui
V
V
Vo = ∧d vcontrol = kvcontrol con k = ∧d
Vtri
Vtri
Per calcolare il duty cicle della 1° coppia
D1 dobbiamo considerare il ton, cioè il
tempo di accensione della coppia TA+-TB-.
Questo tempo risulta:
ton = 2t1 + Ts 2
Il duty della seconda coppia risulta:
D2 = 1 − D1
trovo quindi che:
D1 =

ton 2t1 + Ts 2 1  Vo
=
=  + 1
Ts
Ts
2  Vd

Ricavo dunque che:
Vo
= 2 D1 − 1
Vd
Andando a graficare l’andamento della Vo/Vd in funzione di D risulta quindi:
Vo/Vd
1
0.5
1
D
35
Autore Angelo Guardo
Strategia unipolare:
Nella strategia unipolare le due gambe si controllano separatamente. Questo controllo viene
realizzato confrontando non una ma due tensioni di controllo vcontrol e –vcontrol. Questo procedimento
fa si che si possano ricavare due onde quadre distinte che andranno a controllare autonomamente le
due gambe. Graficamente risulta:
come prima osservazione possiamo
dire che rispetto al caso bipolare si ha
in uscita una tensione con un ripple
vtri
esattamente la metà e un contenuto
armonico più basso.
vcontrol
Il valore medio della tensione Vo,
considerando come sempre l’area
della tensione mediata nel periodo,
t
risulta:
-vcontrol
4t
Vo = 1 Vd
Ts
vAN
Ottengo ancora:
Vo
= 2 D1 − 1
Vd
Questa espressione è identica al caso
t
bipolare.
V
BN
t
vo=vAN-vBN
Vd
t
Ripple in uscita:
Il ripple è dato dal valore efficace di vo meno il valore medio Vo.
Nel caso bipolare abbiamo trovato Vo = Vd (2 D1 − 1) . Il valore efficace vale invece:
Ts
1 Ts 2
1  t1 2
v
dt
V
dt
=
+
o
d
∫t1
Ts ∫0
Ts  ∫0
Quindi il valore efficace del ripple di tensione è
Vrms =
Vripple ,rms = V
2
o ,rms
2−t1
Ts 2−t1
− V = V − V = Vd
2
o
2
d
Ts
Vd2 dt + ∫
2
o
Vd2 dt  = Vd

V
1 −  o
 Vd



2
Essendo inoltre
Vo
= 2 D1 − 1
Vd
Otteniamo
Vripple ,rms = 2Vd D1 (1 − D1 )
36
Autore Angelo Guardo
Volendo graficare l’andamento della tensione di ripple in funzione di Vo Vd risulta:
Vr,rms
Vd
Vo/Vd
-1
0
1
Nel caso unipolare invece abbiamo:
Ts
1 Ts 2
1  t1 2
Vrms =
vo dt =
Vd dt + ∫
∫
∫
t1
Ts 0
Ts  0
2−t1
Ts 2+t1
Ts
Ts 2−t1
Ts
Vd2 dt + ∫
Vd2 dt + ∫
Vd2 dt  = Vd

2+t1
4t1
v
= Vd control
=Vd 2 D1 − 1
∧
Ts
V tri
Quindi, facendo le opportune sostituzioni otteniamo
Vripple ,rms = Vo2,rms − Vo2 = Vd2 (2 D1 − 1) − Vd2 (2 D1 − 1) = Vd − 4 D1 + 6 D1 − 2
2
Essendo

1  Vo
 + 1
2  Vd

possiamo esprimere tutto in funzione di Vo Vd e otteniamo:
D1 =
V

V V 2 
V  V
Vripple ,rms = Vo2,rms − Vo2 = Vd2 (2 D1 − 1) − Vo2 = Vd2  o + 1 − 1 − Vo2 = Vd2  o − o2  = Vd o 1 − o
Vd  Vd
 Vd

 Vd Vd 
Anche nel caso unipolare possiamo tracciare l’andamento della tensione di ripple:
Vr,rms
Vd/2
-1
-0.5
0
0.5
1
Vo/Vd
In definitiva notiamo che per quanto riguarda il ripple la strategia unipolare è sempre più
conveniente di quella bipolare a parità di fs.
37



Autore Angelo Guardo
Vediamo a questo punto un’altra famiglia di convertitori DC-DC: I convertitori DC-DC con
isolamento elettrico. L’esigenza dei convertitori isolati nasce dal fatto che potrebbe essere richiesto
o comunque necessario un isolamento galvanico fra la rete di alimentazione ed il carico. Altra
esigenza nasce dalla sicurezza di determinate apparecchiature, quali ed esempio quelle mediche, per
cui è obbligatorio la separazione dalla rete affinché l’utente non possa in nessun modo venire a
contatto con essa. Un esempio tipico di queste applicazioni è il trasformatore in continua: Per
trasformatore in continua si intende un circuito il cui ingresso è in c.c. Passando attraverso un
sistema di switch la corrente viene resa alternata ad alta frequenza, trasformata da un trasformatore
ad alta frequenza (quindi di piccole di dimensioni) e poi raddrizzata da un sistema di diodi per dare
quindi una tensione in uscita continua. Questo tipo di trasformatore lavora con un duty cicle del
50%. Il vantaggio di questi alimentatori switching è il buon rendimento. Il problema invece è
l’introduzione di disturbi: disturbi di tipo condotto e disturbi di tipo irradiato. Le interferenze di
tipo condotto sono dovute alle interruzioni delle correnti nei circuiti e danno luogo a picchi di
corrente e a deformazioni di corrente, compresa la deformazione di spike di tensione. I disturbi di
tipo irradiato sono quelli che interessano le apparecchiature vicine al nostro sistema in quanto le
commutazioni degli switch ad alta frequenza danno luogo ad emissioni di onde elettromagnetiche
con disturbi che alterano il funzionamento dei circuiti circostanti. Per limitare questi disturbi i
convertitori richiedono l’utilizzo di particolari filtri detti EMI sia in ingresso che in uscita oltre ai
fili schermati. Come condizioni di lavoro dobbiamo avere una tensione di ingresso che vari da un
10% ad un –15% ed inoltre la temperatura deve mantenersi entro dei limiti ammissibili per
l’apparecchiatura. Si deve tenere presente anche che il dispositivo deve essere tollerante alla
variazione dinamica del carico. Per fare questo si stabilisce una variazione della tensione di uscita
del 5%.
Nucleo centrale dei convertitori isolati è il trasformatore ad alta frequenza. Esso risulta essere molto
più leggero di quello a bassa frequenza ed avere inoltre meno perdite.
Gli alimentatori switching si possono suddividere in due categorie:
- Nuclei ad eccitazione bipolare: essi lavorano nel primo e nel terzo quadrante del
ciclo di isteresi per cui tensioni e correnti si possono invertire. Nel caso di nuclei
con eccitazione bipolare si ha un problema di equalizzazione dei flussi cioè non
si può avere un flusso positivo più grande di quello negativo e viceversa. Questo
causerebbe una instabilità del sistema in quanto restando il ciclo di isteresi
identico man mano i punti si spostano sulla caratteristica di magnetizzazione e
ciò fa erogare in un avvolgimento del trasformatore correnti maggiori rispetto
all’altro. Poiché il trasformatore lavora a stretto contatto con gli switch questi, a
causa delle correnti elevate, potrebbero fallire. L’equalizzazione di questi flussi
può essere fatta attraverso un controllo di corrente sul convertitore.
- Nuclei ad eccitazione unipolare: lavorano solo nel 1° quadrante del ciclo di
isteresi per cui correnti e tensioni non si invertono mai. Il problema dei nuclei a
flusso unidirezionale sta nel fatto che si ha un ciclo di isteresi minore in cui la
corrente non va del tutto a zero ma assume un certo valore massimo. In questo
caso il problema è quello di evitare che il punto di lavoro di sposti fino a
raggiungere la zona di saturazione che porta alla distruzione dei dispositivi a
semiconduttore. Nasce quindi un problema di smagnetizzazione del nucleo a
causa dell’induzione residua che resta anche quando i convertitori a flusso
direzionale non conducono più corrente, cioè quando il primario del
trasformatore resta non alimentato.
Come alimentatori ad eccitazione bipolare troviamo:
- Schema a ponte intero;
- Schema a mezzo ponte;
- Schema a Push-Pull.
38
Autore Angelo Guardo
Mentre per quanto riguarda gli alimentatori ad eccitazione unipolare troviamo:
- Flyback converter;
- Forward converter.
Convertitore Push-Pull:
Vediamo intanto lo schema circuitale del push-pull converter:
Se T2 è chiuso mezzo primario sarà alimentato
dalla Vd per cui la corrente id uscirà dal pallino
delle N1 spire inferiori che creerà un flusso
magnetico nel nucleo. Questo indurrà al secondario
due tensioni di polarità tale che il diodo D1 verrà
contropolarizzato mentre D2 condurrà. La iD2 sarà
quindi entrante dal pallino delle N2 spire inferiori,
circolerà attraverso D2 e si richiuderà attraverso il
carico. A questo punto apriamo T2 lasciando aperto
anche T1 per un intervallo ∆. Successivamente
chiudiamo T1 per un tempo uguale a quello di T2.
La corrente id entra quindi dal pallino delle N1
spire superiori e circola attraverso D1 che risulta
polarizzato in diretta mentre D2 in inversa, essendoci i pallini al contrario fra primario e secondario.
Successivamente durante il tempo ∆ in cui entrambi gli switch rimangono aperti il primario non
viene alimentato da Vd per cui le due f.m.m. N1I1 e N2I2 saranno nulle e quindi anche il flusso perciò
la corrente al secondario si dovrà dividere in egual misura nei due avvolgimenti creando due flussi
in opposizione con risultante nulla.
In questo schema il duty cicle può raggiungere al massimo il 50% dato che i due interruttori T1 e T2
non devono mai essere chiusi simultaneamente (D=0.5 quando ∆=0).
Vediamo le correnti sull’induttanza iL, sui diodi iD1 e ID2 e la corrente al primario id:
La corrente che circola nel
iL
secondario
svolge
una
duplice
funzione:
da
un
lato
D1D2
T2D2
D1D2
T1D1
rappresenta la corrente che
alimenta il carico e che ha
ton
∆
una
controparte
nella
corrente di primario. Nel
t
iD1
momento in cui al primario
id=0
la
corrente
del
secondario
comprenderà
iL/2-im
pure
la
corrente
magnetizzante
che
prima
era
t
sostenuta
dal
primario.
iD2
Questo perché per la
continuità
del
flusso
magnetico, se quando era
iL/2+im
chiuso T1 la id entrava dal
pallino delle N1 spire
t
id
superiori e quindi nel nucleo
c’era un flusso positivo,
quando apriamo T1 la
t
39
Autore Angelo Guardo
corrente al secondario deve essere magnetizzante generando ancora un flusso positivo che tenderà
ad esaurirsi nel tempo ∆. La im interessa quindi il transitorio magnetico del nucleo ed è tale che si
somma alla corrente che attraversa le N2 spire inferiori e si sottrae alla corrente che attraversa le N2
spire superiori. Quindi:
iL

iD1 = 2 − im

i = iL + i
D2
m
2

Determiniamo adesso la relazione ingresso-uscita. Grafichiamo la tensione vL:
vL
(N2/N1)Vd-Vo
ton
t
∆
Ts/2
Vo
quando T1 è chiuso la tensione
al primario è Vd che riportata al
secondario diventa
N
Vd 2
N1
quindi la tensione ai capi di L
vale:
N
vL = Vd 2 − Vo
N1
Quando sia T1 che T2 sono
spenti la tensione al secondario
è nulla per cui si ha
vL = −Vo
Per la legge delle aree risulta:

 N2
N
Vd
− Vo ton − Vo ∆ = 0 ⇒ Vd 2 ton − Vo (ton + ∆ ) = 0
N1

 N1
essendo quindi ton = DTs e ton + ∆ = Ts 2 risulta:
N
T
Vd 2 DTs − Vo s = 0
N1
2
da cui segue:
Vo
N
=2 2D
Vd
N1
Il convertitore push-pull segue una relazione d’uscita simile allo step-down a patto che D<0.5. Per
quanto riguarda gli switch la corrente si può calcolare imponendo l’uguaglianza tra potenza in
ingresso e quella in uscita; si trova una rampa crescente per il tempo di conduzione di T1, zero per il
tempo di conduzione ∆ e di nuovo la rampa per il tempo di conduzione T2.
Notiamo ancora che la tensione ai capi di ogni switch quando l’altro è aperto è 2Vd.
Vediamo ancora che qui si possono introdurre due diodi in antiparallelo sugli switch. Questi, a
differenza del push-pull inverter in cui i diodi fanno circolare la corrente reattiva, i diodi danno un
percorso alla corrente dovuta ai flussi dispersi.
Osserviamo infine che lo schema del push-pull può essere modificato ulteriormente. Lasciando
inalterato il primario possiamo sostituire il trasformatore con un trasformatore senza presa centrale
al secondario e mettere un ponte di diodi al posto della soluzione a 2 diodi.
40
Autore Angelo Guardo
Convertitore a mezzo ponte:
Vediamo subito lo schema circuitale del convertitore a mezzo ponte.
N1I1 = N 2 I 2
Questo convertitore è costituito da due switch
comandati con la stessa legge di controllo del
push-pull in modo che D<0.5; al primario si
utilizza una batteria di condensatori il cui punto
centrale è connesso all’unico primario; il
secondario invece rimane inalterato. La tensione
Vd si divide in due parti uguali sui condensatori
C1 e C2 quindi quando chiudiamo T1 oppure T2 la
tensione applicata al trasformatore vale Vd/2
anziché Vd come nel caso del push-pull. Ciò
comporta che se si vuole lasciare inalterato il
flusso nel trasformatore al primario si può
mettere un numero di spire pari alla metà, infatti
N
⇒ I 2 = 1 I1
N2
Essendo ancora
N1
N
I1 ⇒ V2 = 2 V1
N2
N1
Se vogliamo che V2=Vd, dato che V1=Vd/2, si deve imporre:
N2
vL
= 2 da cui segue N 2 = 2 N1
N
1
T1
T2
ciò comporta che a parità di corrente al
secondario la potenza che transita attraverso il
t
solo primario è il doppio rispetto a quella dello
schema a push-pull in quanto se alimentiamo le
N1/2 spire primarie con la Vd/2 mantenendo la
stessa potenza sia in ingresso che in uscita vuol
D1D2
D1D2
dire che al primario occorrerà una corrente
doppia rispetto al push-pull. Quindi sarà in
iL
questo tipo di circuito necessario mettere degli
switch con una portata in corrente maggiore. I
vantaggi di questo convertitore stanno nel fatto di
avere un trasformatore a singolo avvolgimento
primario che semplifica sia il circuito che il
t
id1
trasformatore stesso ed inoltre che la tensione ai
capi degli switch è la metà dello schema a pushpull. Un altro svantaggio, oltre alla elevata
corrente sugli interruttori, è quello di avere una
batteria di condensatori all’ingresso. Questo fa si
che si creino delle correnti di carica e scarica nel
t
id2
circuito.
Vediamo adesso il funzionamento del circuito.
La figura a sinistra ci da gli andamenti delle varie
grandezze coinvolte.
V1I1 = V2 I 2 = V2
t
41
Autore Angelo Guardo
Chiudendo T1 la corrente al primario entra dal pallino delle N1 spire e quindi al secondario uscirà
dal pallino delle N2 spire superiori, attraverserà L e si chiuderà sul carico. Quando chiudiamo T2 la
id esce dal pallino delle N1 spire per cui al secondario la corrente entrerà dal pallino delle N2 spire
inferiori. I condensatori C1 e C2 una volta si caricano e una volta si scaricano e stanno alla tensione
Vd/2 con piccole oscillazioni. Precisamente chiudendo T1 la corrente al primario si richiude
attraverso C2 che quindi di carica mentre C1 si scarica.
Quando chiudiamo T2 la id passa attraverso C1 che quindi si carica, circola nel primario nel verso
opposto a prima mentre C2 si scarica.
Ricaviamo la relazione ingresso-uscita.
Quando T1 è chiuso al primario è applicata la tensione Vd/2 che riportata al secondario diventa
Vd N 2
per cui la tensione sull’induttanza vale:
2 N1
V N
vL = d 2 − Vo
2 N1
Durante il tempo di riposo ∆ in cui sia T1 che T2 sono spenti il primario non è alimentato per cui
risulta vL = −Vo . Per la legge delle aree otteniamo:
 Vd N 2


− Vo ton − Vo ∆ = 0
 2 N1

A regime le forme d’onda delle tensioni e delle correnti si ripetono con periodo Ts/2 quindi:
ton + ∆ = Ts 2 . Allora:
Vd N 2
T
DTs − Vo s = 0
2 N1
2
da cui deriva la relazione ingresso-uscita:
Vo N 2
=
D
Vd N1
Anche in questo caso la relazione è simile al caso dello step-down e del push-pull (a meno di un 2).
Anche in questo caso deve essere soddisfatta la condizione D<0.5 per evitare che entrambi gli
interruttori siano chiusi contemporaneamente. Le correnti che circolano al primario e al secondario
sono gli stessi di quelli visti per il push-pull.
Convertitore a ponte intero:
Vediamo lo schema circuitale di questo convertitore:
La struttura di questo convertitore
risulta essere identica agli altri due
convertitori per quanto riguarda il
secondario. Per quanto riguarda il
primario possiamo vederlo come un
inverter applicato su un trasformatore
ad alta frequenza che diventa quindi il
carico.
Poiché tale circuito viene usato come
convertitore DC-DC gli switch
devono essere controllarti con un duty
cicle D≠0.5. Qui gli switch T1-T2 e
T3-T4 vengono fatti commutare
alternativamente
accoppiati
alla
42
Autore Angelo Guardo
frequenza di switching assegnata. Essi rimangono chiusi per un tempo ton<50%(1/fs). Vi è poi un
tempo ∆ in cui tutti e quattro gli switch rimangono spenti. Questo controllo viene fatto tramite il
confronto fra un’onda a dente di sega vst di periodo Ts/2 e una tensione costante vcontrol. I diodi in
antiparallelo agli switch hanno una funzione diversa da quella scelta nell’inverter: mentre in un
inverter consentono la circolazione della corrente reattiva in questo caso servono per smaltire
all’apertura degli switch l’energia accumulata nelle induttanze di dispersione (del trasformatore) e
funzionano con correnti deboli e per tempi limitati. Le induttanze di dispersione del trasformatore,
quelle di spianamento e quelle parassite dei fili di collegamento sollecitano gli switch con forti
spike di tensione. Quando gli switch si aprono le induttanze scaricano l’energia accumulata sugli
switch.
Vediamo adesso come funziona il circuito.
Quando la coppia T1-T2 o T3-T4 è chiusa al primario si ha Vd che riporta al secondario diventa:
N
N
Vd 2 e quindi vl = 2 Vd − Vo .
N1
N1
Durante il tempo ∆ in cui tutti gli switch sono spenti la iL si divide in due parti uguali nelle N2 spire
e risulta: vL=-Vo. Per la legge delle aree risulta

 N2
N
Vd
− Vo ton − Vo ∆ = 0 ⇒ Vd 2 ton − Vo (ton + ∆ ) = 0
N1

 N1
da cui:
N
T
Vd 2 DTs − Vo s = 0
N1
2
da cui segue:
Vo
N
=2 2D
Vd
N1
A parità di tensione d’ingresso e di tensione di uscita e a parità di potenze di ingresso e di uscita si
trova che:
 N2 
N 

 = 2 2 
 N1  HB
 N1  FB
dato che lo schema a mezzo ponte funziona a Vd/2. Le correnti che attraversano gli switch,
supponendo im del trasformatore trascurabile in entrambi i convertitori e il ripple di corrente
nell’induttanza L trascurabile, sono date da:
(I SW )HB = 2(I SW )FB
dato che il semiponte, funzionando con metà tensione, per dare una potenza uguale a quella del
ponte intero deve fare scorrere attraverso gli switch una corrente doppia.
Teniamo presente anche il problema della smagnetizzazione del nucleo. Questa può essere fatta in
due modi:
- utilizzare nuclei con induzione residua piccola in modo che il ciclo di isteresi
risulti molto basso;
- Nel nucleo si può predisporre un dispositivo ausiliario che riporti a zero Br nel
momento opportuno oppure inserire dei diodi in modo che la corrente continui a
circolare quando il primario non è più alimentato per estinguere solo l’energia del
campo magnetico.
Convertitori DC-DC current source:
Vi sono anche dei convertitori DC-DC che utilizzano in ingresso uno schema a sorgente di corrente.
In tale tipo di convertitore, oltre ad avere un controllo della tensione in uscita, si controlla anche il
43
Autore Angelo Guardo
valore della corrente che il convertitore deve erogare sul carico. Si impone cioè un limite al valore
massimo della corrente che il convertitore può erogare.
In un current source si sostituisce al generatore di tensione in ingresso un generatore di corrente
introducendo una grossa induttanza in serie all’ingresso. Questo ci porta a dire che tutti gli schemi
finora visti possono funzionare come convertitori current source.
Come esempio consideriamo il push-pull converter mettendo in ingresso un grossa induttanza
eliminando quella in uscita in quanto il volano di corrente è ora in ingresso. Vediamo lo schema
circuitale:
In questo caso gli switch rimangono chiusi
per un tempo superiore a metà periodo Ts,
cioè D>0.5. Questo perché aprendo T1 o T2
la corrente decresce perché la tensione
d’ingresso e l’energia immagazzinata da Ld
nella fase precedente vengono trasferite dal
primario al secondario e quindi al carico.
Ciò significa che ci sarà un tempo di
sovrapposizione t1 durante il quale i due
switch sono entrambi chiusi. Notiamo
inoltre che non ci sarà mai un intervallo di
tempo in cui entrambi gli switch sono
aperti. Quando gli switch sono entrambi
chiusi i morsetti dei due avvolgimenti di N1
spire risultano cortocircuitati e quindi i due
avvolgimenti primari risultano in parallelo. In tali condizioni il trasformatore non è più alimentato
dalla Vd ma risulta un induttore in parallelo con un altro avente lo stesso numero di spire ed
attraversato ciascuno da una corrente id/2. Avendo lo stesso numero di spire avvolte nello stesso
senso, un primario produrrà un Φ>0 mentre l’altro un Φ uguale ma di segno opposto. Pertanto il
flusso totale sarà nullo. Non essendoci alcun flusso che interessa il circuito magnetico, il secondario
non risulta alimentato per cui la id è limitata soltanto dall’induttanza Ld e quindi crescerà con legge
V
lineare essendo vL=Vd da cui segue id = d t con 0<t<t1.
Ld
La caratteristica del generatore di corrente in ingresso è che la corrente cresce molto velocemente
nel tempo t1.
Ricaviamo la relazione ingresso-uscita e determiniamo vL. Consideriamo le tensioni di comando dei
due interruttori
sia t1 il tempo durante il quale si ha il corto circuito
vT1
dei due avvolgimento primari. Definiamo i tempi:
Ts

ton = 2 + t1

t = Ts − t
t
1
 off
2
vT1
durante t1 la tensione al primario è nulla per cui
vL=Vd. Quando invece apriamo T2 e si chiude T1
nella maglia d’ingresso occorre considerare, oltre a
t
Vd e vL, pure la v1 al primario ovvero la Vo riportata
vo
al primario; per cui si ha:
N
N
Vd − vL − v1 = 0 ⇒ Vd − vL − 1 Vo = 0 ⇒ vL = Vd − 1 Vo
N2
N2
t
Tale convertitore è del tipo innalzatore quindi si
44
Autore Angelo Guardo
trova che vL è negativa durante il toff dello switch T2 dopodiché, esaurito metà periodo, il fenomeno
si ripete in modo identico; quindi il periodo di ripetizione effettivo della vL è uguale a Ts/2. Per
l’uguaglianza delle aree si ha:
 T

N
T
N T


Vd t1 + Vd − 1 Vo  s − t1  = 0 ⇒ Vd t1 + Vd s − Vd t1 − 1 Vo  s − t1  = 0
2
N 2  2
N2  2



Da cui:
1
N
Vd Ts − 1 Vo (1 − D )Ts = 0
2
N2
otteniamo infine:
Vo N 2
1
=
con
D > 0.5
Vd N1 2(1 − D )
si trova quindi una relazione ingresso-uscita simile a quella di uno step-up. Rispetto agli equivalenti
convertitori Voltage source, i current suorce hanno lo svantaggio di avere un basso rapporto potenza
peso a causa delle grosse induttanze al primario.
Flyback converter:
Questo convertitore deriva dal buck-boost in cui al posto dell’induttore si mette un trasformatore in
alta frequenza in modo tale che più che un trasformatore diventa un induttore con due induttanze
accoppiate. Vediamo intanto lo schema circuitale:
Quando chiudiamo lo switch S la id tende ad entrare dal
pallino superiore nel primario mentre al secondario
tenderebbe ad uscire dal pallino ma ciò è impedito dal
diodo. Quindi, in questi istanti di tempo, la id cresce
linearmente mentre al secondario la corrente è nulla
anche se sul carico circola la corrente dovuta al
condensatore. Quando S viene aperto nel nucleo del
trasformatore c’è il flusso magnetico; anche se id si
annulla, la corrente introdotta prima nel primario viene
mantenuta dal flusso nel secondario ma cambia valore
perché passando
Φ
dal primario al
secondario si deve tener conto del rapporto spire. La corrente
quindi scorre come una rampa crescente nel primario e una
rampa decrescente nel secondario. In tutti questi schemi visti
ton
toff
t
in precedenza, per determinare la relazione ingresso-uscita
abbiamo applicato la legge delle aree alle induttanze. Nel v1
caso del flyback ciò non si può fare perché abbiamo due
circuiti separati. Per trovare la relazione ingresso-uscita
t
consideriamo il flusso che è l’unica grandezza continua nel
circuito. Vediamo in figura l’andamento del flusso nel
periodo Ts. Da 0 a ton la corrente id entra dal pallino positivo
iS
per cui il flusso cresce linearmente a partire da suo valore
iniziale Φ(0) e la tensione v1 al primario coincide con la
tensione d’ingresso Vd:
t
Vd

iD
t
(
)
(
0
)
t
Φ
=
Φ
+

N1

v = V
d
1
t
45
Autore Angelo Guardo
Durante toff la id=0 per cui Φ(t) decresce linearmente fino a raggiungere il minimo di Φ. Quindi:
∧
V
Φ (t ) = Φ − o (t − ton )
per
ton < t < toff
N2
N
La tensione ai capi del primario vale v1 = − 1 Vo .
N2
Calcoliamo quindi la relazione ingresso-uscita per la v1 applicata al primario. Per la legge delle aree
otteniamo:
N
Vd ton − Vo 1 toff = 0
N2
da cui segue
Vo ton N 2
DTs N 2
D N2
=
=
=
Vd toff N1 (1 − D )Ts N1 1 − D N1
si trova una relazione simile a quella del buck boost. Calcoliamo ora i valori massimo e minimo
delle correnti di primario e secondario.
Riportiamo le due correnti in un unico grafico considerando che la rampa crescente rappresenta
effettivamente la corrente al primario mentre la rampa decrescente è l’equivalente del secondario
riportato al primario ma non circola nel primario:
Considerando il circuito equivalente del trasformatore
im
risulta:
v
i
N
v1i1 = v2i2 da cui 1 = 2 = 1
v2 i1 N 2
ID=Io
Inoltre al primario abbiamo una induttanza di
ton
toff
magnetizzazione che rappresenta la im che scorre nel
trasformatore. Quando il circuito funziona da
t
trasformatore le tre correnti i1, i2 e im sono tutte e tre
presenti; in questo caso il circuito funziona da induttore e si ha solo la corrente magnetizzante im.
Durante ton la corrente i2=iD=0 perché il diodo D è contropolarizzato e quindi id=im=iSW per 0<t<ton.
Durante toff al secondario circola solamente i2=iD in quanto i1=-im. Segue quindi iSW=0. integrando
di
l’equazione vL = Lm m , ove vL=Vd (tensione applicata al primario per 0<t<ton) si trova:
dt
∨
∧
∨
V
V
im (t ) = im + d t e quindi im = im (ton ) = im + d ton
Lm
Lm
Durante toff iSW=0 e al secondario si ha una tensione pari a –Vo che riportata al primario diventa:
N
v1 = −Vo 1
N2
ai capi di Lm e si ha una corrente fittizia di magnetizzazione
∧
V N N
im (t ) = im − o 1 2 (t − ton )
Lm
Dall’uguaglianza delle f.m.m. N1im=N2iD si trova che la corrente nel diodo vale:

N
N ∧ V N
iD (t ) = 1 im (t ) = 1 im − o 1 (t − ton ) per ton < t < toff
N2
N2 
Lm N 2

Questa corrente assume un valore minimo per t=Ts e si ha
∨

N ∧ V N
i D (t ) = 1 im − o 1 (Ts − ton )
N2 
Lm N 2

e un valore massimo per t=ton:
46
Autore Angelo Guardo

N 1  ∨ Vd
t on 
 im −
N2 
Lm

calcoliamo il valore medio della corrente sul carico Io. La corrente sul carico è dovuta sia alla
corrente iD nel diodo che al condensatore ma in media si ha che Io=ID in quanto la corrente nel
condensatore ha valore medio nullo, per cui si ha:
∧
i D (t ) =
∧
∨
 T s − t on 


 Ts 
sostituendo ai valori massimo e minimo della corrente sul diodo i valori trovati precedentemente si
ottiene
 N ∨ V N
  T − t 
1N ∨ V
I o =  1 im − d ton  + 1 im − o 1 (Ts − ton )  s on  =
Lm  N 2 
Lm N 2
2  N2 
  Ts 
Io = ID
iD+ iD
=
2
 T − t  N  ∨ V

N1  ∨ Vd
V N
V N1
(1 − D )Ts  (1 − D )Ts
ton − o 1 (Ts − ton ) s on  = 1 im + d DTs − o
2 im +
Lm
Lm N 2
Lm
2N2 
2 Lm N 2
 Ts  N 2 
 Ts
da cui si ricava:
∨
N I
V
V N1
(1 − D )Ts
im = 2 o − d DTs + o
N1 1 − D Lm
2 Lm N 2
Dalla relazione ingresso-uscita si ricava:
Vo N 2 D
N 1− D
=
⇒ Vd = 1
Vo
Vd N1 1 − D
N2 D
Sostituendo si ottiene
Vo N1
 ∨ N2 1
im = N 1 − D I o − 2 L N (1 − D )Ts

1
2
m
∧
i = N 2 1 I + Vo N1 (1 − D )T
s
 m N1 1 − D o 2 Lm N 2
Da queste relazioni troviamo i valori massimo e minimo di im. Il valore massimo ci permette
determinare le sollecitazioni sullo switch mentre il valore minimo le sollecitazioni sul diodo.
Calcoliamo infine la tensione che sollecita lo switch all’apertura: in questo caso la tensione
applicata ai suoi capi è uguale a:

 N
N
vSW = Vd − v1 = Vd −  − 2 Vo  = Vd + 1 Vo
N2
 N1 
Dalla relazione ingresso-uscita si ricava Vo in funzione di Vd:
N N D
D 
V

vSW = Vd + 1 2
Vd = 1 +
Vd = d
N 2 N1 1 − D
1− D
 1− D 
Si trova che quando D≈1 la vSW cresce molto più rapidamente di quanto sia possibile. Per evitare ciò
in ingresso si mettono due switch in modo da ripartire la massima tensione che si presenta ai capi
dello switch primario. Si fa poi un’altra modifica a causa delle induttanze parassite nei due
avvolgimenti le quali, nel momento in cui cessa la circolazione di corrente nell’avvolgimento
corrispondente, danno luogo a flussi dispersi in aria. Per evitare che tali flussi dispersi introducano
sovratensioni negli switch si stabilisce allora un percorso in modo che la corrente nel primario si
possa richiudere sulla linea esterna attraverso dei diodi di riciclo che entrano in funzione solo
quando gli switch sono aperti. Una variante di questo schema è quella di mettere un diodo messo in
modo da essere contropolarizzato quando lo switch è chiuso e un diodo Zener in contrapposizione
in modo che la corrente parassita nel primario scorra solo quando la tensione applicata supera un
valore prestabilito.
=
47
Autore Angelo Guardo
Vediamo quindi le due soluzioni circuitali alternative:
Forward converter:
Questo convertitore non è altro che lo step down con l’aggiunta di un trasformatore d’isolamento.
Vediamo intanto lo schema circuitale:
In questo caso l’elemento di accoppiamento
funziona da trasformatore. Ciò significa che
connettiamo i terminali del trasformatore in
modo che le polarità positive delle tensioni al
primario e al secondario siano tali che quando
S è chiuso il circuito al secondario consente la
circolazione della corrente (D1 conduce mentre
D2 è contropolarizzato) come se Vd fosse
applicata al secondario. Quando si apre S D1
non conduce più e la corrente circola attraverso
D2 ed L. Risulta quindi:
Vd per 0 < t < ton
v1 = 
0 per t on < t < Ts
quando apriamo S il diodo D2 cortocircuita il secondario per cui v2=0.
Calcoliamo la relazione ingresso-uscita. Quando S è chiuso si ha:
N
vL = v2 − Vo = 2 Vd − Vo
N1
Quindi la vL>0 e la iL cresce.
Quando S è aperto la corrente circola nell’induttanza e nel diodo D2 e poi si ha:
vL = −Vo
Quindi la vL<0 e la iL decresce.
Per la legge di uguaglianza delle aree ricaviamo:
 N2

N
N
 Vd − Vo ton − Votoff = 0 ⇒ 2 Vd ton − Vo (ton + toff ) = 0 ⇒ 2 Vd DTs − VoTs = 0
N1
N1
 N1

Da cui segue:
Vo N 2
=
D
Vd N1
48
Autore Angelo Guardo
Tale relazione è simile a quella dello step down. In realtà tale funzionamento non può avvenire così
com’è perché quando apriamo lo switch il trasformatore, in teoria, non dovrebbe funzionare; in
pratica il flusso che avevo nella fase precedente continua ad esserci per cui la im deve circolare per
esaurire l’energia magnetica associata. Se ciò non si verifica si possono avere sovratensioni che
sollecitano fortemente lo switch. L’avvolgimento di N3 spire deve essere inserito in modo da
consentire il recupero dell’energia quando gli altri due avvolgimenti non sono in funzione. Lo
schema considerato quindi viene modificato per consentire la smagnetizzazione del nucleo
introducendo un terzo avvolgimento di N3 spire che funziona solo durante il toff e che ha lo scopo di
smaltire l’energia dovuta al flusso magnetico sostenuto dalla im.
Vediamo come risulta lo schema circuitale tenendo conto del modello del trasformatore:
La corrente i3 circola nell’unico verso
consentito da D3 quindi entra dal basso e si
richiude nel circuito esterno; il diodo
impedisce cioè che durante ton l’avvolgimento
di N3 spire sia alimentato. Introduciamo il
modello equivalente del trasformatore.
Quando il trasformatore funziona come tale
vi sono i1, i2 e im, per cui quando:
S è ON ⇒ i1 + im = id ⇒ i1 = id − im
S è OFF ⇒ i1 + im = 0 ⇒ i1 = −im
In realtà negli avvolgimenti primari non
esistono ne i1 ne im però è come se durante
ton, la i1 cresca linearmente da zero sino al
suo valore massimo e lo stesso vale per la im
che è più piccola di i1; la somma delle due correnti ci da la corrente id.
Quando lo switch è acceso v1 = Vd per 0<t<ton e im cresce linearmente da zero ad un valore massimo
Im. Quando lo switch è spento nascerà una corrente i1=-im dovuta alla continuità del flusso nel
trasformatore. Nell’intervallo di tempo dopo ton, essendo lo switch spento, non ci sarà passaggio di
corrente ne tensione applicata sul primario. Questo comporterà l’assenza di tensione indotta al
secondario e quindi la contropolarizzazione di D1. Facendo una LKT per le f.m.m. ricaviamo che
N1i1+N3i3=N2i2. Essendo D1 contropolarizzato, i2=0 da cui segue che:
N
i3 = 1 im
N3
la quale scorre attraverso D3 verso l’ingresso. Durante l’intervallo di tempo tm (tempo in cui il
nucleo si smagnetizza) quando i3 sta scorrendo, la tensione ai capi del primario come quella su Lm
risulta
N
v1 = − 1 Vd per ton < t < ton + tm
N3
Questo semplicemente avviene perché questa volta sono gli avvolgimenti N1 ed N3 a funzionare da
trasformatore e quindi essendo N3 percorso da corrente induce su N1 una tensione nell’intervallo tm
e cioè fin quando il trasformatore non si smagnetizza. Appena il trasformatore si sarà
smagnetizzato, im=0 e v1=0. L’intervallo di tempo tm può essere ottenuto considerando che
l’integrale nel tempo della tensione v1 ai capi di Lm deve essere zero nel periodo. Quindi
ton +tm

t
t
N
t
1  ton
N1
N t 
Vd dt  = 0 ⇒ Vd  on − 1 m  = 0 ⇒ m = 3 D essendo on = D
 ∫0 Vd dt + ∫ton −
Ts 
N3
Ts N1
Ts

 Ts N 3 Ts 
Se il trasformatore deve essere totalmente smagnetizzato prima che inizi il prossimo ciclo, il
massimo valore tm/Ts che si può ottenere è 1-D. Segue quindi che il massimo duty cicle Dmax con un
dato rapporto spire N3/N1 è:
49
Autore Angelo Guardo
(1 − Dmax ) = N 3 Dmax
1
N1
1 + N 3 N1
L’analisi appena fatta mostra che con un valore uguale di spire per il primario e l’avvolgimento di
smagnetizzazione (N1=N3) il massimo duty cicle in tali converter è limitato a 0.5.
Notiamo che non essendo necessario un grosso isolamento tra primario e avvolgimento di
smagnetizzazione, questi posso essere bifilari in modo da minimizzare le induttanze di dispersione
tra gli avvolgimenti. Inoltre l’ avvolgimento di smagnetizzazione richiede un numero piccolo di
spire poiché è tenuto a portare soltanto la corrente di smagnetizzazione.
da cui segue Dmax =
Classificazione dei chopper:
I chopper sono dei convertitori utilizzati nell’alimentazione di motori in continua. Essi si
distinguono in varie classi, a seconda del quadrante di lavoro che occupano.
Classe A: Alimentano motori che non possono rigenerare frenate ne invertire la rotazione. Lo
schema risulta:
V
I
Classe B: Servono a variare la tensione di uscita da una dinamo, fissato il verso di rotazione della
dinamo, fissata la corrente e la tensione di uscita. Lo schema risulta:
V
I
50
Autore Angelo Guardo
Classe C: sono chopper che permettono il funzionamento da motore o da generatore di una
macchina in corrente continua con verso di rotazione fissato. Sono l’unione di un A e di un B:
Vediamo lo schema circuitale:
V
I
Classe D: Permettono il funzionamento di un motore in c.c. anche da generatore però per il
funzionamento da generatore occorre invertire il verso di rotazione. Vediamo lo schema circuitale:
V
I
Classe E: Questi chopper funzionano i tutti e quattro i quadranti. Variando la configurazione degli
switches, chiudendoli e/o aprendone altri, si ottengono tutte le altre categorie di chopper; inoltre si
ha il funzionamento da motore con inversione della rotazione: Vediamo lo schema circuitale:
V
I
51
Autore Angelo Guardo
INVERTER
Il funzionamento da inverter in base stabile (secondi o minuti) è consentito soltanto se a monte si ha
una batteria o una sorgente di f.e.m. mentre se si ha un'induttanza tale funzionamento è possibile
solo per poche frazioni di secondo (dipende dall’energia accumulata nell’induttore). L’inverter
viene inserito a valle del convertitore.
E’
necessario
interporre
tra
Raddrizzato
Circuito
Inverter
Carico
raddrizzatore
e
re
intermedio
inverter un circuito
intermedio
costituito in genere da componenti passivi e attivi. Dopo l’inverter generalmente vi è un filtro per le
componenti armoniche a frequenza più alta in modo da avere sul carico una forma d’onda quanto
più possibile sinusoidale. Un circuito intermedio può essere costituito da una batteria di
accumulatori: in questo caso l’inverter svolge la funzione di alimentazione di emergenza quando
manca la rete. Infatti il raddrizzatore tiene in tampone la batteria (cioè costantemente sotto carica);
quando manca l’energia con soluzione di continuità le batterie alimentano l’inverter il quale
continua ad alimentare il carico. Tali sistemi vengono chiamati UPS (Unterruptible power sistem) o
sistemi di continuità assoluta. Gli UPS devono assomigliare quanto più possibile ad una rete di
potenza e cioè:
- devono avere in uscita forme d’onda quanto più possibile sinusoidali (distorsioni
armoniche piccole);
- devono lavorare a frequenza fissa (50 Hz);
- devono avere alta stabilità alle variazioni del carico cioè se il carico varia da 0 a 100% la
c.d.t. deve essere < del 2-5%.
Il circuito intermedio può essere costituito da un grosso induttore
e da una batteria di condensatori piccola o del tutto assente che
alimenta poi l’inverter. In questo caso si parla di inverter CSI
(current source inverter) in quanto l’induttanza L molto grande
contiene le variazioni di carico e riesce a mantenere la corrente
costante. Diciamo che il circuito intermedio può essere
considerato un generatore di corrente costante. Se il circuito
intermedio è composto da una piccola o nulla induttanza e da una
grossa batteria di condensatori si parla di inverter VSI in quanto il
circuito intermedio si comporta come un generatore di tensione.
All’interno della famiglia VSI abbiamo gli inverter PWM (modulazione a larghezza d’impulso) in
quanto la modulazione a larghezza d’impulso in corrente è complicata poiché non si riesce ad
interrompere le correnti con facilità. Vediamo in che cosa consistono i PWM. Generalmente a valle
del sistema (inverter) c’è un carico che non risente molto del fatto che all’uscita vi sia un segnale
non del tutto sinusoidale. Però, in uscita può esserci una forma d’onda quadra nella quale si hanno
armoniche dispari di ampiezza 1/h della fondamentale. Soltanto la prima armonica produce potenza
attiva utile, le altre sono invece elementi di disturbo; si cerca quindi di limitare tale armoniche a
valori più piccoli possibili. La modulazione a larghezza d’impulso limita proprio le armoniche a
frequenza più alta. Abbiamo visto che nel caso di raddrizzatore controllato la tensione in ingresso,
che è alternata, viene inviata al circuito intermedio con un valore medio variabile; nel caso invece di
ponte a diodi non controllati si invia un valore pressoché costante. In quest’ultimo caso, si inserisce
a valle del raddrizzatore un dispositivo che fa variare il valore costante della tensione raddrizzata.
Tali dispositivi vengono chiamati circuiti chopper (tagliatori) i quali lavorano sul principio ON-OFF
variando il valore medio di una quantità costante in ingresso.
52
Autore Angelo Guardo
Se a valle abbiamo dei circuiti che lavorano a frequenza fissa e le grandezze di uscita devono essere
quanto più possibile paragonabili a quelle d’ingresso (sistemi UPS) allora il circuito intermedio può
essere costituito da batterie e filtri opportuni. Se invece a valle abbiamo circuiti che lavorano a
tensione e frequenza variabili (applicazioni elettromeccaniche) si agisce sull’inverter per variare la
frequenza aprendo e chiudendo gli interruttori; più si accelerano le aperture e le chiusure, più alta
sarà la frequenza della grandezza in uscita. Per variare (abbassare o innalzare) il livello della
tensione in uscita si può agire o direttamente sul ponte raddrizzatore o adoperando come circuito
intermedio un circuito chopper. La tendenza attuale è quella di utilizzare i chopper i quali, operando
ad altissima frequenza, danno un basso contenuto armonico riuscendo a variare il livello della
tensione. Raramente viene utilizzato, per tale operazione, il ponte raddrizzatore in quanto opera con
dispositivi lenti (i tiristori). In conclusione un circuito intermedio può essere
- Convertitore DC-DC (chopper);
- Un circuito passivo del tipo VSI o CSI;
- Un sorgente di tensione (gruppi di continuità).
Consideriamo in inverter monofase, un circuito intermedio e un raddrizzatore. Siano vo e io le
grandezze in uscita e supponiamo di avere inserito sull’uscita un filtro LC in modo da drenare le
componenti ad alta frequenza; in uscita avremo una tensione e una corrente sinusoidale.
Se il carico è ohmico-induttivo, vo e io (che abbiamo supposto sinusoidali) saranno sfasate di un
certo angolo ϕ. Si può vedere che in un periodo T, nel suo funzionamento, l’inverter assume per due
volte il funzionamento da raddrizzatore e per due volte quello da inverter. Si ha infatti:
vo > 0
1° zona 
⇒ inverter
io < 0
vo > 0
2° zona 
⇒ raddrizzatore
io > 0
vo < 0
3° zona 
io > 0
⇒
inverter
vo < 0
4° zona 
⇒ raddrizzatore
io < 0
In un diagramma V-I, ciò vuol dire che l’inverter funziona nei quattro quadranti. Negli schemi visti
in precedenza il funzionamento nei quattro quadranti poteva essere effettuato solo con il dual
converter (back to back). In questo caso, tale funzionamento si può ottenere semplicemente con
quattro switch in una direzione e quattro diodi nell’altra (caso monofase).
Nel caso di carico resistivo è sufficiente un semplice ponte perché tensione e corrente sono
entrambe positive o entrambe negative e quindi la potenza istantanea è diretta sempre nello stesso
verso.
Inverter PWM a sorgente di tensione VSI:
E’ detto così perché in uscita moduliamo la durata degli impulsi di tensione in modo da ottenere una
forma d’uscita quanto più sinusoidale possibile. Un primo tipo di strategia che analizzeremo è la
PWM di tipo sinusoidale o con sotto oscillazioni sinusoidali in cui viene stabilita mediante un
confronto tra una forma d’onda triangolare (portante) ad una frequenza di switching molto più
elevata della fondamentale ed una forma d’onda sinusoidale (modulante).
Da tale confronto otteniamo in uscita mediante una serie di sequenze ON-OFF un segnale con la
prima armonica a 50 Hz con una serie infinita di armoniche a frequenze superiori.
53
Autore Angelo Guardo
Inverter a mezzo ponte:
Consideriamo intanto lo schema circuitale dell’inverter:
Consideriamo inizialmente solo un ramo del ponte. I
diodi in antiparallelo consentono la circolazione della
corrente quando essa è diretta nel verso negativo a
prescindere dal segno della tensione. Il comando degli
interruttori avviene tramite circuiti di pilotaggio
(driver) che sono comandati in tensione mediante
un’opportuna sequenza di impulsi positivi e negativi
ottenuta da una forma d’onda triangolare confrontata
con una sinusoide a frequenza più bassa.
Indichiamo con:
fs=frequenza portante
f1=frequenza modulante
V
Portante
Modulante
Quando vcontrol>vtri all’uscita del comparatore si ha un impulso positivo che fa chiudere TA+ per cui
tra i punti A ed O avremo una tensione
V
v AO = d > 0
2
Quando invece vcontrol<vtri == > TA+ si apre e TA- si chiude per cui
V
v AO = − d < 0
2
Si nota che durante la semionda positiva di vcontrol il tratto di tensioni positive di vAO è superiore al
tratto di tensioni negative, per cui sviluppo in serie di Fourier di vAO nel tratto considerato da luogo
ad una prima armonica positiva. La prima armonica del segnale in uscita ha una frequenza uguale a
quella della modulante: fs1=f1.
Si definisce rapporto di modulazione di ampiezza ma:
∧
ma =
V control
∧
V triangolare
Se ma≤1 si parla di regime di modulazione lineare in quanto si può dimostrare che in questa zona
risulta:
∧
V
 ∧  V control Vd
= ma d
V AO  = ∧
2
1

V tri 2
cioè in regime di modulazione lineare il valore di picco della prima armonica della tensione vAO in
uscita è proporzionale alla tensione applicata tramite ma.
Se ma>1 si parla di regime di sovramodulazione e in questo caso la prima armonica della tensione
in uscita non è più proporzionale alla tensione d’ingresso ma varia in modo non lineare.
54
Autore Angelo Guardo
Si definisce coefficiente di modulazione di frequenza il rapporto tra la frequenza della portante e
la frequenza della modulante:
f
mf = s
f1
Dal grafico si vede che fs≥f1 == > mf≥1.
mf deve essere possibilmente intero, dispari:
- Intero perché confrontando portante e modulante, se riusciamo in un semiperiodo ad
ottenere un numero esatto di semiperiodi della portante rispetto alla modulante, nello
sviluppo in serie Fourier in uscita non avremo la presenza di subarmoniche (componenti
a frequenze più basse di quella della fondamentale) molto fastidiose.
- Dispari perché in tal modo la forma d’onda della tensione in uscita sarà una funzione
con alcune simmetrie che si garantiscono in merito allo sviluppo in serie di Fourier.
Infatti la funzione d’uscita sarà del tipo:

 T
 f (t ) = − f  t + 
 2

 f (t ) = − f (− t )

cioè la funzione d’uscita ha una simmetria ad una semionda (cioè la semionda positiva è speculare
rispetto a quella negativa). Allora, con queste proprietà, l’uscita è una serie infinita di seni (solo
termini dispari) che oltre alla prima armonica f1 hanno armoniche fh date da
h = jm f ± k
L’ordine delle armoniche viene dato da tutti i valori che si ottengono facendo variare j e k in modo
che se j è pari, k è dispari e viceversa. Ad esempio, per j=1 si ha:
k = 0 ⇒ h = mf
k = 2 ⇒ h = mf ± 2
k = 4 ⇒ h = mf ± 4
Si ha cioè una prima serie di armoniche centrate intorno alla frequenza mf e di ampiezza sempre più
piccola. Si vede infatti:
Analogamente, per j=2 si ha
k = 1 ⇒ h = 2m f ± 1
k = 3 ⇒ h = 2m f ± 3
k = 5 ⇒ h = 2m f ± 5
In corrispondenza, si ha una
serie infinita di armoniche
centrate
attorno
alla
f1
mf
2mf
f
frequenza 2mf e di ampiezza
via via decrescente. In generale mf è un numero grande (varia da circa 15 a 200) perché in tal modo
effettuiamo commutazioni frequenti nel periodo anche se ciò comporta perdite di energia; questo
perché in tal modo comprimiamo le armoniche tutte verso la zona delle alte frequenze che poi
possono essere facilmente filtrate con circuiti LC piccoli. Si è visto sperimentalmente inoltre che se
mf≥9 le ampiezze delle armoniche non dipendono più da mf. Tuttavia le ampiezze delle armoniche
variano a seconda del valore del coefficiente ma.
Scelta di ma e mf:
ma si sceglie in base a ciò che serve in uscita.
La scelta di mf è più complessa: abbiamo già detto che se mf≥9 le ampiezze delle armoniche sono
indipendenti da mf per cui un primo criterio è quello di scegliere sempre mf≥9. D’altra parte
55
Autore Angelo Guardo
scegliere mf molto grande significa avere in un periodo molte commutazioni e quindi molte perdite.
La scelta di mf dipende anche dai componenti utilizzati nel convertitore. Inoltre, per evitare rumori
fastidiosi, bisogna operare al di fuori delle frequenze udibili (o a frequenze maggiori di quelle
udibili, 20KHz, o a frequenze minori di quelle udibili, 6KHz). Si vede che volendo lavorare al di
sotto delle frequenze udibili, avendo 200Hz come necessità in uscita, il numero 21 separa un valore
basso da un valore alto di mf essendo già stato posto il limite inferiore a 9. Quindi avremo:
BASSI VALORI
9≤mf≤21
ALTI VALORI
mf>21
Con mf>21 al crescere di mf si mantiene costante la frequenza di switching (fs = costante) e si lavora
in funzionamento asincrono cioè con mf non intero. Con mf≤21 il funzionamento è solo sincrono;
(quello asincrono diventa troppo oneroso) si mantiene mf =costante e varia, se necessario, solo fs per
limitare le subarmoniche . Noi considereremo solo i casi con mf >21 e dispari. Vediamo ora meglio
cosa succede per ma>1.
In tal caso ci sarà una zona interna alla sinusoide in cui si perdono commutazioni finché ci sarà un
momento in cui tutta la forma d’onda triangolare resta confinata all’interno della sinusoide. Esiste
cioè un valore limite da ma oltre il quale non si hanno più commutazioni. Questo valore di ma
dipende però da mf; man mano che mf cresce, deve aumentare pure ma. Notiamo che
1
è detto LIMITE DI ONDA QUADRA
ma =
sin (1.5π / m f )
Nel caso, ad esempio, di mf =15 otteniamo che per
(VAO)1/Vd/2
ma≤1 siamo in modulazione lineare, per 1≤ma≤3.24
siamo in sovramodulazione. Si va spesso in regime
4/π
di sovramodulazione per ottenere una prima
armonica con un picco in valore efficace.
1
Infatti:
 ∧  Vd
V AO  >
1 2

Questo a spese però del fatto che le ampiezze delle
1
ma
3.24
varie armoniche dipenderanno da mf, anche per
mf>9. Sempre per mf =15 e ma>3.24 si ha funzionamento ad onda quadra. In questo caso il rapporto
tra il valore di picco della prima armonica di vAO è indifferente all’eventuale aumento di ma:
4 Vd
∧ 
V AO  =
1 π 2

Spettri:
Abbiamo visto che nella zona lineare, lo spettro è con bande laterali di ampiezze opportune; invece
nella zona di sovramodulazione, per un fissato mf, solo l’armonica a frequenza mf è predominante
mentre le altre sono più attenuate (sono presenti tutte le armoniche dispari).
Onda quadra
Sovramodulazione
f1
mf
h
f1
h
56
Autore Angelo Guardo
Infine nel funzionamento ad onda quadra lo sviluppo in serie di Fourier da luogo ad una prima
armonica più tutte le armoniche dispari le cui ampiezze valgono 1/h della fondamentale
∧ 
V AO 
∧ 

1
V AO  =
h

h
Dal confronto tra i tre spettri emerge il vantaggio della modulazione lineare o sottoscillazione
sinusoidale (ma<1); infatti questo metodo ha un minor contenuto armonico ed ha la possibilità di
poter variare l’ampiezza della tensione di uscita agendo sulla modulazione.
Infine si fa in modo che l’onda triangolare inizi da un valore negativo in quanto punto d’incrocio tra
sinusoide e onda triangolare crea una zona in cui la commutazione risulta incerta.
Considerazioni conclusive sullo schema a mezzo ponte:
Nello schema a mezzo ponte i condensatori C1 e C2 hanno una duplice funzione:
- servono a dare un punto centrale al carico in quanto altrimenti si avrebbe soltanto una
gamba senza punto di ritorno;
- mantengono una tensione costante sull’uscita del ponte e la ripartiscono in Vd/2 e –Vd/2.
Abbiamo visto che la sequenza delle commutazioni è: TA+ chiuso, TA- aperto e viceversa ma mai
entrambi in conduzione poiché si verrebbe a generare un cortocircuito. Se io è la corrente sul carico
sottoposto alla tensione vo=vAO che è diretta una volta in un senso e una volta nell’altro, si dimostra
che io può fluire in un verso o nell’altro a prescindere dal valore positivo o negativo della vo in virtù
della presenza dei diodi di ritorno.
Quando si chiude TA+ la corrente io scorre attraverso TA+, carico, punto centrale dei condensatori,
condensatore C2, linea di alimentazione. Di conseguenza C2 si carica mentre C1 tenderà a scaricarsi;
per la LKC si ha:
io = id + iC+
nodo P
per vo>0  −
iC = id
nodo N
Non appena cambia la polarità di vo, cioè apriamo TA+ e chiudiamo TA-, la corrente io fluisce in
direzione opposta alla precedente (lo stesso vale per le due correnti iC); C2 che prima si era caricato
ora si scarica mentre C1 si carica e si ha:
−
nodo N
io = id + iC
per vo<0  +
iC = id
nodo P
In definitiva il condensatore che si carica stabilisce tutta la corrente id che viene dal ponte.
Nel momento in cui ci sono sfasamenti tra tensione e corrente, la corrente non passa più attraverso
TA+ TA-, ma attraverso i diodi per cui le possibili zone di sfasamento sono quattro: le due già viste
(vo e io entrambe positive o entrambe negative) e quelle miste in cui si creano maglie interne che
non interessano più l’alimentazione a monte.
Inverter a ponte intero:
Rispetto al mezzo ponte ha la possibilità di essere controllabile in PWM con due strategie differenti:
unipolare e bipolare.
Bipolare in quanto in uscita, a seguito della commutazione, si ottengono le due polarità +Vd e –Vd
in un semiperiodo.
Unipolare in quanto in uscita, in un semiperiodo, la tensione è o positiva o nulla o negativa o nulla.
Quindi:
57
Autore Angelo Guardo
Vd
Vd
t
-Vd
t
-Vd
Strategia bipolare:
Vediamo intanto lo schema circuitale:
Nel ponte intero la tensione di uscita è doppia
rispetto a quella del ponte ad una sola gamba In
questo caso non è più necessario inserire la
gamba con i due condensatori (che devono
essere molto grandi per mantenere constate la
tensione). Non mettere i condensatori è una
soluzione migliore in quanto sono poco
affidabili poiché l’isolante, se sottoposto a
tensioni elevate, si può perforare. Inoltre i
condensatori assorbono un ripple di tensione in
alternata cioè assorbono una corrente alternata
che transita attraverso essi; se questa risulta
elevata può perforare l’isolante.
Allora, supponiamo di essere in regime di modulazione lineare ma≤1. La strategia di controllo è con
gli interruttori chiusi in maniera incrociata, cioè:
+
TA- aperto
TA chiuso
se vcontrol>vtri
 +
TB aperto
TB- chiuso
TA+ aperto
TA- chiuso
se vcontrol<vtri
 +
TB chiuso
TB- aperto
Se consideriamo un punto O fittizio, la tensione vAO ha un andamento identico a quello del ponte ad
una gamba; la tensione vBO sarà un’immagine speculare di vAO.
La tensione sul carico vo=vAB si ricava come differenza:
vo = v AB = v AO − vBO
Dato che le due tensioni sono sfasate fra di loro di 180° quando si fa la differenza tra tensione
positiva e tensione negativa si ottiene una tensione positiva di ampiezza doppia. Vediamo ora tutti i
percorsi possibili della corrente, vediamo cioè se:
per tensione positiva == > corrente positiva e negativa
per tensione negativa == > corrente positiva e negativa
Se vo=vAB>0 nel punto A allora il percorso della corrente è:
se io>0
TA+, carico, TB-, rete di alimentazione
58
Autore Angelo Guardo
se io<0
DA+, carico, DB-, rete di alimentazione
Vediamo meglio, graficamente, l’andamento della corrente sia sul carico che sul circuito
intermedio. Per fare ciò consideriamo il caso in cui la tensione di uscita sia un’onda quadra e
supponiamo che il carico sia di tipo RL.
La corrente id del circuito intermedio, tranne nel caso di alimentazione con batteria, non è
esattamente costante. La corrente ha un andamento che ha tratti, alternativamente esponenziali e
decrescenti.
L’andamento risulta quindi:
Osservando la forma d’onda della io ci
vAB
accorgiamo che vi sono dei tratti in cui
vAB>0 e io>0 e tratti in cui vAB>0 e io<0
(quindi in tali tratti i diodi di ricircolo
entrano in funzione). Quindi nell’arco
del periodo T1 sono entrati in funzione i
t
quattro quadranti di funzionamento con
diodi e switch.
L’andamento della corrente nella
coppia di switch TA+, TB- è
caratterizzato da valori positivi o nulli
io
con un periodo T1 pari a quello della
prima armonica.
Per i diodi, dato che sono inseriti con
polarità rovesciata, la loro corrente è
positiva (sono polarizzati direttamente)
t
e quindi la idiodo sarà il complemento al
tempo degli spicchi della io e con lo
stesso periodo T1.
Per trovare la corrente nel circuito
intermedio si noti che quando
idiodo
conducono i due interruttori TA+ e TB-,
la corrente che scorre nel circuito
intermedio è diretta nello stesso verso
di quella negli interruttori e quindi ha la
stessa forma della iT. Quando invece
t
conducono TA- e TB+ alimentiamo il
iT
carico dal lato della 2° gamba ma la id è
diretta sempre nello stesso verso per cui
la corrente negativa nel carico diventa
positiva nel circuito intermedio.
t
Quando la corrente scorre nei diodi essa
id inter
rientra in linea dal morsetto P per cui la
id è negativa.
Sul carico si ha una corrente in cui aree
positive=aree negative. La corrente nel
t
circuito intermedio ha invece aree
positive>aree negative. Sul carico si ha
una corrente di periodo T1 mentre sul
circuito intermedio una corrente di periodo T1/2. Nel circuito intermedio troviamo una componente
continua Id e una serie infinita di armoniche del tipo 2f1, 4f1, 6f1, 8f1 (se scomposta in serie di
Fourier). Sul carico si trova una serie infinita di armoniche del tipo f1, 3f1, 5f1, 7f1. Questo
59
Autore Angelo Guardo
ragionamento fatto per via grafica si può fare anche stabilendo una equivalenza tra la potenza che si
ottiene in uscita e la potenza fornita in ingresso.
Se consideriamo soltanto la prima armonica della tensione e della corrente sul carico, la potenza
apparente sul carico sarà data da Po=VoIo dove Vo e Io sono le due fondamentali. La potenza fornita
al circuito intermedio è invece data da Pd=VdId dove Vd=costante e Id è il valore medio della
corrente variabile che lo attraversa.
Poiché l’inverter è ideale, la potenza in ingresso deve essere uguale a quella in uscita.
voio = Vd id
∧
∧
se vo = V o sin ωt e io = I o sin (ωt − ϕ1 ) si ottiene
∧
∧
vi
V o sin ω1t I o sin (ω1t − ϕ1 )
id = o o =
Vd
Vd
Possiamo a questo punto applicare direttamente la formula di Werner per il prodotto dei seni per
cui:
1
sin α sin β = [cos(α − β ) − cos(α + β )]
2
ed ottenere direttamente il risultato. Possiamo anche procedere come segue e quindi dimostrare la
formula di Werner arrivando al risultato tramite altre considerazioni trigonometriche.
Quindi avremo che
sin ω1t sin (ω1t − ϕ1 ) = sin ω1t (sin ω1t cos ϕ1 − sin ϕ1 cos ω1t ) =
sin 2 ω1t cos ϕ1 − sin ω1t sin ϕ1 cos ω1t
ed essendo
sin 2 ω1t =
1 − cos 2ω1t
2
sin ω1t cos ω1t =
sin 2ω1t
2
sostituendo si ottiene:
1 − cos 2ω1t
sin 2ω1t
1
cos ϕ1 −
sin ϕ1 = (cos ϕ1 − cos ϕ1 cos 2ω1t − sin 2ω1t sin ϕ1 ) =
2
2
2
1
= [cos ϕ1 − cos(2ω1t − ϕ1 )]
2
e quindi
∧
∧
Vo Io
id =
[cos ϕ1 − cos(2ω1t − ϕ1 )]
2Vo
o anche
Vo I o
cos(2ω1t − ϕ1 )
2Vd
cioè si trova che nel circuito intermedio scorre una componente Id=costante ed una componente
alternata a frequenza doppia della fondamentale. Si noti che la componente in continua è legata al
DPF del carico:
VI
I d = o o cos ϕ1 con DPF = cos ϕ1
2Vd
e quindi a VoIocosϕ1 che è la potenza attiva del carico.
id = I d −
60
Autore Angelo Guardo
Strategia unipolare:
Nel caso di inverter monofase con strategia unipolare generalmente si adotta un mf pari. In questo
caso, partendo sempre da una vtri, si ha una vcontrol che pilota una gamba e una –vcontrol che pilota
l’altra.
La strategia di controllo è la seguente:
vcontrol comanda la gamba A in modo che
se
vcontrol > vtri
TA+ chiuso
TA- aperto
vcontrol < vtri
TA+ aperto
TA- chiuso
-vcontrol comanda la gamba B in modo che
se
-vcontrol > vtri
TB+ chiuso
TB- aperto
-vcontrol < vtri
TB+ aperto
TB- chiuso
La tensione sul carico è data dalla differenza tra le due forme d’onda vAO e vBO così ottenute:
vo = v AB = v AO − vBO
Si ottiene così una sequenza di impulsi tutti positivi di ampiezza Vd nel primo semiperiodo e nel
semiperiodo successivo tutti impulsi negativi di ampiezza Vd.
In questo caso le commutazioni su una gamba e sull’altra non sono sincrone ma avvengono con uno
sfasamento rispetto a quelle dell’altra gamba; la frequenza di switching del segnale d’uscita è il
doppio di quella degli interruttori. Questo implica che le componenti armoniche in uscita sono
ridotte rispetto all’equivalente in strategia bipolare per qualsiasi valore di mf. In questo caso i diodi
in antiparallelo svolgono la funzione di ritorno per il carico nel momento in cui i tiristori non
possono farsi attraversare da corrente diretta.
Vediamo cosa succede per quanto riguarda le armoniche. Se scegliamo mf pari essendo lo
sfasamento dei due spettri di vAO e vBO di 180°, lo sfasamento fra la componente a frequenza mf
della vAO e la stessa della vBO è tale che
180° × 2m f = 360°m f
cioè le armoniche dei due segnali vengono ad essere in fase tra di loro. Quando ne facciamo la
differenza le componenti armoniche che sono in fase si annullano: data cioè la frequenza f1 sullo
spettro del segnale di uscita non troviamo ne le armoniche a frequenza mf, 2mf, 3mf ne quelle
attorno a mf, 3mf, 5mf ma sono presenti solo le armoniche delle bande laterali attorno alle frequenze
2mf, 4mf, 6mf. L’ordine armonico è dato quindi da
h = j (2m f ) ± k
Quindi scegliendo mf pari e per il fatto che i due segnali hanno uno sfasamento di 180°, eliminiamo
altre armoniche rispetto al caso bipolare.
Graficamente risulta:
1
2mf
4mf
h
61
Autore Angelo Guardo
Strategia di controllo a cancellazione di tensione in uscita:
Partendo da un inverter monofase a due gambe, secondo una strategia unipolare, con formazione di
due forme d’onda quadra vAN e vBN, traslando di un certo angolo α la vBN si fa in modo che per brevi
intervalli di tempo ci sia l’annullamento della tensione vo in uscita. Infatti, quando si effettua la
differenza, nella zona di sovrapposizione delle due tensioni, vAN e vBN, si elimina una parte del
segnale in uscita. Il segnale in uscita vo è composto da un valore positivo per un angolo 180°-α, un
tratto nullo di ampiezza α e da un valore negativo di 180°-α. Se aumentiamo α le quantità positive
e negative di vo si riducono e quindi questo tipo di strategia incide sia sulle frequenze delle
grandezze in uscita sia sulle ampiezze della fondamentale e delle armoniche. In particolare, la
frequenza della fondamentale e quelle delle componenti armoniche rimangono le stesse perché vo è
simmetrico a quarto d’onda; quindi o mancano i termini con i seni o mancano i coseni. Quelle che
variano solo le ampiezze della varie componenti armoniche che sono funzione dell’angolo α. Si
nota che per alcuni valori di α, alcune armoniche si azzerano. Le armoniche si annullano quando:
360°
360°
+n
α=
h
2h
Infatti:
2 π −α
4V
 α
ah = ∫α 2 Vd sin(hωt )dωt = d cos h  = 0
π 2
hπ
 2
Graficamente, il fenomeno della cancellazione risulta essere il seguente
vAN
t
vBN
t
vo
t
Per tracciare il grafico si attribuisce ad h il numero dell’armonica che si sta considerando; n è un
numero intero tale che l’annullamento dell’armonica h ricada tra 0° e 180° e non oltre.
Ad esempio, per h=1
360°
α=
+ n360° ⇒ n = 0 ⇒ α = 180°
2
Per h=3
62
Autore Angelo Guardo
α=
n = 0 ⇒ α = 60°
360°
360°
+n
⇒
2⋅3
3
n = 1 ⇒ α = 180°
Per h=5
n = 0 ⇒ α = 36°
360°
360°

+n
⇒ n = 1 ⇒ α = 108°
α=
2⋅5
5
n = 2 ⇒ α = 180°

Il THD% varia in funzione di α in modo quasi parabolico: si trova che per α≈50° si ha il minor
contenuto armonico in uscita. Le ampiezze delle armoniche h della vo in funzione dell’angolo θ
possono essere calcolate analiticamente. Data la vo e considerato come l’asse di riferimento, l’asse
passante per metà del segnale utile e definito
180° − α
β=
2
vo
vo è presente solo nell’intervallo (-β,β) per
cui si ha:
π
2
∧ 
V o  = ∫−2π vo cos(hϑ )dϑ =
 h π 2
2 β
= ∫ Vd cos(hϑ )dϑ
β
α
θ
180°
π
−β
da cui
4
∧ 
V o  = Vd sin (hβ ) con h intero dispari
  h πh
180°-α
Inverter Push-Pull:
Lo schema di tale inverter presenta un trasformatore a presa centrale al primario. Inoltre, al primario
si hanno due interruttori che si aprono e si chiudono nel seguente modo
vcontrol>vtri
==> T1 chiuso
T2 aperto
Per
e per io>0 ==> conduce T1
io<0 ==> conduce D1
per
In tali condizioni al secondario risulta:
V
vo = d
n
dove n è il rapporto di trasformazione tra mezzo avvolgimento primario e l’avvolgimento
secondario.
vcontrol<vtri
==> T1 aperto
T2 chiuso
Per
E la tensione che si presenta ai morsetti del secondario vale:
V
vo = − d
n
63
Autore Angelo Guardo
Vediamo lo schema:
L’inverte push-pull può essere controllato con
strategia in PWM o ad onda quadra e le forme
d’onda sono identiche a quelle degli inverter a
mezzo ponte e a ponte intero a strategia bipolare.
Il valore di picco della 1° armonica della tensione
di uscita vale:
∧
V
V o1 = ma d
per ma ≤ 1
n
∧
V
V o1 = d
per ma = 1
n
Vd ∧
4 Vd
< V o1 <
per ma > 1
π n
n
I valori di picco di tensione e corrente negli
switch valgono
∧
V T = 2Vd
∧
IT =
io , picco
n
L’inverter push-pull viene utilizzato in quanto un minor numero di switch rispetto al ponte intero
procura un minor numero di perdite.
Tempo di ritardo di apertura e chiusura degli switches (blanking time):
Finora abbiamo supposto che gli switches si aprono e si chiudono istantaneamente. In realtà durante
il funzionamento dell’inverter si ha un certo tempo di ritardo t∆ per ongni gamba tra apertura e
chiusura degli interruttori. Questo ha delle ripercussioni sulla tensione di uscita. Infatti nel caso
ideale le forme d’onda sono perfettamente combacianti. In realtà a causa della fisica dei
semiconduttori c’è un tempo di ritardo t∆ nell’accensione dei due switch TA+ e TA-. In conseguenza
di ciò la zona in cui la tensione vAN è nulla si riduce e quindi su vAN si perde l’area tratteggiata. Tale
perdita di tensione è data dalla differenza tra la forma d’onda ideale della vAN quella che tiene conto
del tempo di ritardo t∆. Mediando questa quantità in un periodo di switching Ts e tenendo conto del
verso delle correnti:
Sulla gamba A
tV
Per ia>0
∆VAN = ∆ d > 0
perdita di tensione
Ts
tV
Per ia<0
∆VAN = − ∆ d < 0 aumento di tensione
Ts
Sulla gamba B
tV
Per ia>0
∆VBN = − ∆ d
perdita di tensione
Ts
tV
Per ia<0
∆VBN = ∆ d
aumento di tensione
Ts
La tensione vAB è data dalla differenza tra le due fasi vAN e vBN e quindi si ha la differenza tra le due
quantità ∆V:
 2t∆Vd
ia > 0
+ T

s
vo = v AB = v AN − vBN ⇒ ∆Vo = ∆VAN − ∆VBN = 
− 2t∆Vd i < 0
a
 Ts
64
Autore Angelo Guardo
Generalmente i carichi sono ohmico-induttivi per cui la corrente è in ritardo di un angolo ϕ rispetto
alla tensione, per cui nella zona in cui:
si ha un aumento di tensione vREALE>vIDEALE
vo>0 e io<0
si ha una diminuzione di tensione vREALE<vIDEALE
vo>0 e io>0
si ha una diminuzione di tensione vREALE<vIDEALE
vo<0 e io>0
si ha una aumento di tensione vREALE>vIDEALE
vo<0 e io<0
Inverter trifase:
Come per gli inverter monofase, l’obiettivo di un inverter trifase in PWM è quello di controllare le
tensioni trifase in uscita sia in ampiezza che in frequenza. In un inverter PWM trifase la stessa vtri
viene confrontata con tre vcontrol sinusoidali sfasate tra di loro di 120°; per il resto valgono le stesse
identiche considerazioni già studiate per l’inverter monofase.
Vediamo intanto lo schema circuitale:
Supponiamo che un inverter
trifase a sorgente di tensione
alimenti
un
carico
trifase
costituito da un motore ac
schematizzato come in figura.
Ripple in uscita:
vAN
vBN
t
VCN
t
vAB
t
t
vBC
t
Per valori sufficientemente grandi
di ma, il PWM degenera nel
funzionamento ad onda quadra in
cui vAN, vBN, vCN hanno
l’andamento di figura. In genere,
più che le tensioni ai morsetti vAN,
vBN, e vCN interessano le
concatenate
che
hanno
l’andamento di figura e sono
caratterizzate da assenza di 3°
armonica e multiple di 3.
Esse hanno in un semiperiodo
(180°), 60° gradi di tensione nulla
e 120° gradi di conduzione
positiva o negativa. Per trovare
queste tensioni consideriamo la
vNn tra il punto N e il centro stella.
v An = v AN + vNn

vBn = vBN + vNn
v = v + v
CN
Nn
 Cn
Sommando di ottiene:
v An + vBn + vCn = v AN + vBN +
+ vCN + 3vNn = 0
In quanto in un sistema trifase
simmetrico le tensioni di fase
danno somma nulla. Da tale
relazione si ricava:
65
Autore Angelo Guardo
vNn = −
1
(v AN + vBN + vCN )
3
che sostituita nella precedente ci da:
1
1
1
2
1
1
v An = v AN − v AN − vBN − vCN = v AN − vBN − vCN
3
3
3
3
3
3
Cioè
2
1
1

v An = 3 v AN − 3 vBN − 3 vCN

1
2
1

vBn = − v AN + vBN − vCN
3
3
3

1
1
2

vCn = − 3 v AN − 3 vBN + 3 vCN

si trova quindi che le tre tensioni di fase vAn, vBn, vCn sono tensioni a 6 gradini che è una forma
2
d’onda con assenza di 3° armonica e delle multiple di 3, ad ha un’ampiezza massima di Vd .
3
Graficamente risulta
Analiticamente, il ripple di
vAN
tensione e corrente,come nel caso
monofase, può essere calcolato
tramite:
vripple (t ) = vo − vo1
vBN
t
e
1 t
vripple (ξ )dξ + k
L ∫0
Nel caso della tensione di fase vAn,
essendo rappresentate in figura
tensione vAn e la sua componente
fondamentale vAn1 si può ricavare
la componente di ripple della
tensione e da questa la
componente di ripple della
corrente.
iripple (t ) =
VCN
t
t
vAn
vAn1
t
66