ESERCITAZIONI DI ECONOMIA POLITICA (programma di MICROECONOMIA) anno accademico 2012 – 2013 1 Per domande, dubbi o chiarimenti scrivere a: [email protected] 1. EQUAZIONE DELLA RETTA Nello studio delle decisioni dei singoli soggetti, così come nell’analisi dei principali fenomeni macroeconomici, l’economista fa uso di modelli economici. Il modello economico è la rappresentazione semplificata della realtà (del fenomeno) oggetto d’indagine, in cui sono trascurati gli elementi ritenuti meno importanti al fine di concentrarsi su quelli più importanti. La singola equazione può essere vista come il più semplice dei modelli economici. Nello specifico, si farà riferimento a delle rette, cioè equazioni lineari del tipo: y=α+β∙x dove la y è la nostra variabile dipendente, il cui valore ‘dipende’ da quello assunto dalla variabile indipendente x, mentre α è l’intercetta e β la pendenza. L’intercetta è il valore assunto dalla variabile dipendente (y) quando la variabile indipendente (x) è pari a zero. Tale valore, quindi, è (sempre) un parametro, una costante. La pendenza è il rapporto tra la distanza verticale e quella orizzontale calcolata in due punti qualsiasi. Si consideri il seguente esempio: Y y x 10 0 6 2 2 4 0 5 10 A 6 B 2 2 4 X 5 Considerando il passaggio dal punto A al punto B, la distanza verticale è (2 – 6) = – 4 (poiché y si riduce), mentre la distanza orizzontale è (4 – 2) = 2 (x aumenta). La pendenza, ovviamente negativa, è pari a – 2. Nello specifico, quindi, l’equazione della retta è: y = 10 – 2 ∙ x Il risultato non cambia se si considerano altri punti o il mutamento inverso: dal punto B al punto A (in quel caso, infatti, y aumenta ma x si riduce). Data la pendenza ed un generico punto, è possibile confermare che l’intercetta è pari a 10. Ad esempio, si consideri il punto y = 2 e x = 4. Si ricava che: 2 2=α–2∙4 → α = 2 + 8 = 10 È immediato notare che in caso di funzioni lineari/rette – e solo per quelle – la pendenza è costante (per le altre funzioni, invece, la pendenza è funzione della variabile indipendente x).1 2. DOMANDA E OFFERTA Solitamente, per quanto riguarda le curve di DOMANDA e di OFFERTA di un bene, sull’asse delle ordinate è riportato il prezzo (che è quindi la nostra variabile dipendente y) e su quello delle ascisse la quantità (la nostra variabile indipendente x): P (prezzo) Q (quantità) Esempio: CURVA DI OFFERTA → P= 2+Q [1] (spiegazione relazione positiva P/Q: costi opportunità crescenti).2 CURVA DI DOMANDA → Q = 10 – P [2] (spiegazione relazione negativa P/Q: effetto sostituzione e/o effetto reddito).3 CURVA DI DOMANDA “INVERSA” → P = 10 – Q [2B] (si ricava dalla [2]: il prezzo è espresso come funzione della quantità domandata). 1 Al fine di calcolare la pendenza, si può ricordare la semplice regola di derivazione di funzioni lineari. Infatti, la pendenza β è la derivata di y = α + β ∙ x rispetto a x. 2 Il costo opportunità è il valore della migliore alternativa a cui bisogna rinunciare per poter svolgere una determinata attività. Un produttore/venditore, generalmente, sostiene costi opportunità crescenti per produrre (sottraendo tempo e risorse per fare altro), per questo è necessario praticare un prezzo maggiore al fine di invogliarlo ad incrementare la produzione. 3 Se il prezzo di un bene aumenta, la quantità domandata può ridursi perché il compratore decide di acquistare un altro bene divenuto più conveniente (effetto sostituzione), oppure perché dato lo stesso reddito può acquistare solo una quantità inferiore del bene (effetto reddito). 3 Una volta ottenuta la curva di domanda “inversa”, è possibile procedere alla rappresentazione grafica delle due curve, in cui viene rispettato l’ordinamento degli assi. P (prezzo) 10 2 10 Q (quantità) È immediato calcolare la pendenza di ogni curva. Si consideri l’intercetta di ogni equazione (cioè il valore di P quando Q = 0) e il punto Q = 1 (si tratta quindi dei due punti necessari per il calcolo). La distanza orizzontale è (sempre) pari a 1. Di conseguenza, la pendenza: per la curva di domanda “inversa” è: per la curva di offerta, invece, è: 2.1 (9 – 10) / 1 = – 1 (3 – 2) / 1 = + 1 EQUILIBRIO Le equazioni che descrivono le curve di domanda e di offerta, 4 P= 2+Q [1] Q = 10 – P [2] compongono un sistema di due equazioni (la [1] e la [2] appunto) in due incognite (P e Q). In sostanza, ciò significa che è possibile ricavare i valori di equilibrio di P e Q (nel grafico successivo indicati con P* e Q*).4 Sostituendo la [2] nella [1], si ottiene: P = 2 + (10 – P), quindi P* = 12 / 2 = 6. Di conseguenza, Q* = 10 – 6 = 4. P (prezzo) 10 P*=6 2 Q*=4 10 Q (quantità) Si noti che lo stesso risultato è ottenuto sostituendo la [1] nella [2] oppure usando la [2B] al posto della [2]. 3. SURPLUS Dall’analisi appena effettuata è immediato ricavare il surplus totale (il guadagno complessivo realizzato dalle parti attraverso lo scambio). Il surplus totale diventa, ovviamente, massimo nel punto di equilibrio: per quantità inferiori a quella di equilibrio (cioè inferiori a Q* = 4), infatti, il compratore sarebbe disposto a pagare un prezzo più alto di quello di equilibrio, mentre il venditore sarebbe disposto a ricevere un prezzo più basso. Ad esempio, sapendo che in equilibrio P* = 6, nel caso in cui Q = 3, il prezzo che il compratore sarebbe disposto a pagare è pari a 7 (si veda l’equazione 2B), mentre il prezzo che il venditore sarebbe disposto a ricevere è pari a 5. 4 L’equilibrio è quella situazione in cui entrambe le parti sono soddisfatte dall’esito dello scambio. Di conseguenza, tale situazione è stabile poiché le parti non hanno interesse a modificarla. 5 Il surplus totale è pari alla somma del surplus del consumatore (Prc – P*) e del surplus del venditore (P* – Prv), per tutti i livelli di Q compreso tra 0 e il suo valore di equilibrio, dove Prc e Prv sono, rispettivamente, il prezzo di riserva del compratore e quello del venditore.5 In sostanza, il surplus “identifica” un’area e non un singolo punto. Ovviamente, per quantità superiori a quella di equilibrio lo scambio non si realizza (il prezzo massimo offerto dal compratore è inferiore al prezzo minimo che il venditore è disposto a ricevere). Trattandosi nello specifico di triangoli, è immediato calcolare il surplus del compratore (area di colore verde) e del venditore (area di colore rosso) ricorrendo alla formula: Surplus = (cateto orizzontale ∙ cateto verticale) / 2 Nello specifico, il surplus è uguale per entrambe le parti: COMPRATORE = 4 ∙ (10 – 6) / 2 = 8 VENDITORE = 4 ∙ (6 – 2) / 2 = 8 Il surplus totale è dunque pari a 8 + 8 = 16. È, ovviamente, possibile calcolare direttamente il surplus totale ricorrendo alla stessa formula: 4 ∙ (10 – 2) / 2 = 16. Tale schema grafico sarà molto utile per determinare la perdita di surplus in presenza di una qualche inefficienza del mercato (monopolio) o di tassazione. 5 Il surplus del venditore è la differenza tra il prezzo praticato (riscosso) e il suo prezzo di riserva, mentre il surplus del compratore è la differenza tra il suo prezzo di riserva e il prezzo effettivamente pagato. Il prezzo di riserva del venditore (Prv) è l’importo monetario minimo al quale il venditore è disposto a vendere il bene, mentre il prezzo di riserva del compratore (Prc) è l’importo monetario massimo che il compratore è disposto a pagare per acquistare il bene. 6 4. SPOSTAMENTI “LUNGO” LA CURVA E SPOSTAMENTI “DALLA” CURVA Nel descrivere i mutamenti che avvengono nel mercato, occorre avere chiara la distinzione tra variazione della quantità domandata e variazione della domanda. La variazione della quantità domandata è uno spostamento “lungo” la curva di domanda che descrive come varia la quantità del bene che i compratori sono disposti ad acquistare al variare del relativo prezzo. Aumento del prezzo del bene considerato Riduzione del prezzo del bene considerato P P D D Q Q La variazione della domanda, invece, è uno spostamento “dell’intera” curva di domanda e deriva da eventi esterni allo specifico mercato considerato (ad esempio, in seguito alla variazione del prezzo dei beni complementari o dei beni sostituti).6 Una distinzione analoga si applica al lato dell’offerta. In particolare, considerando il mercato di un generico bene i: Una riduzione (un aumento) del prezzo di un bene complementare sposta verso destra (verso sinistra) la curva di domanda del bene i, di conseguendo aumentando (riducendo) la quantità domandata del bene i; Una riduzione (un aumento) del prezzo di un bene sostituto sposta verso sinistra (verso destra) la curva di domanda del bene i, di conseguenza riducendo (aumentando) la quantità domandata del bene i; Un aumento (una riduzione) dei prezzi degli input utilizzati nella produzione (fattori produttivi) sposta verso sinistra (verso destra) la curva di offerta del bene i, di conseguenza riducendo (aumentando) la quantità offerta del bene i. 6 I beni complementari sono beni che assumono più valore se consumati insieme, mentre i beni sostituti sono beni che svolgono funzioni simili o che appagano gli stessi bisogni. 7 Si consideri il seguente equilibrio nel mercato del bene i (dove D e O sono, rispettivamente, la domanda e l’offerta di mercato del bene i):7 P O P* D Q Q* Determinare cosa accade al prezzo e alla quantità di equilibrio (P* e Q*), spiegandone il significato economico, nel caso in cui: a) si riduce il prezzo di un bene complementare al bene i; b) si riduce il prezzo di un bene sostituto al bene i; a) P O P* D’ D Q* Q 7 La curva di domanda di mercato è pari alla somma orizzontale delle curve di domanda individuali, cioè si ottiene sommando le quantità domandate dai singoli consumatori in corrispondenza di tutti i possibili livelli di prezzo. In modo analogo, la curva di offerta di mercato si ottiene come somma orizzontale delle curve di offerta delle singole imprese. 8 Data la definizione di bene complementare, una riduzione del suo prezzo stimolerà positivamente anche la domanda del bene i (il cui consumo ha più valore se effettuato insieme a quello del bene complementare); di conseguenza, la domanda di mercato del bene i si sposterà verso destra determinando un aumento sia del prezzo che della quantità di equilibrio. b) P O P* D’ Q* D Q Data la definizione di bene sostituto, una riduzione del suo prezzo avrà un effetto negativo sulla domanda del bene i (tra il bene i ed un suo sostituto-rivale, il consumatore sceglierà quello con il prezzo più conveniente); di conseguenza, la domanda di mercato del bene i si sposterà verso sinistra determinando una riduzione sia del prezzo che della quantità di equilibrio. Nota: una variazione del prezzo del bene considerato (il bene i) determinerà uno spostamento “lungo” la curva di domanda e NON uno spostamento “dell’intera” curva di domanda. 5. ELASTICITÀ Si consideri nuovamente la generica equazione di una retta: y=α+β∙x L’elasticità di y rispetto a x è un indicatore della sensibilità, reattività di y rispetto a variazioni di x, che ha lo scopo di fornire previsioni più precise circa gli effetti di x su y. In sostanza, è un modo più accurato di esprimere la variazione di y al variare di x. Infatti, in termini più formali, l’elasticità di y rispetto a x è definita come la variazione % (percentuale) di y derivante da una variazione di x pari all’1%. Indicando con ε (epsilon) l’elasticità, la formula da ricordare è la seguente: 9 ε = (∆y / y) / (∆x / x) l’elasticità è il rapporto tra la variazione percentuale di y (∆y/y) rispetto alla variazione percentuale di x (∆x /x). Un semplice passaggio algebrico, ci consente di riscrivere la formula nel modo seguente: ε = (∆y / ∆x) / (x / y) il primo rapporto altro non è che la variazione di y rispetto alla variazione di x (cioè la derivata di y rispetto a x). In pratica, il calcolo dell’elasticità consente di depurare la variazione di y rispetto alla variazione di x (la pendenza) dall’effetto unità di misura, cioè l’elasticità tiene conto del fatto che prezzo e quantità sono misurati in modo differente. Questo è il motivo per cui è ampiamente utilizzata in economia. Si noti che al fine di calcolare l’elasticità, è necessario precisare il punto in cui determinare il rapporto (x / y). In altri termini, anche nel caso di rette, l’elasticità è diversa a seconda del punto considerato per il calcolo. 5.1 PENDENZA ED ELASTICITÀ Data la seguente tabella: P (prezzo) Q (quantità) 10 0 8 1 6 2 4 3 2 4 0 5 Si ricavi: 1) La pendenza; 2) La relativa equazione; 3) L’elasticità nel punto (6,2). 4) S’interpreti economicamente il risultato ottenuto nel punto precedente; 5) La curva/retta è elastica, anelastica o a elasticità unitaria? 6) Si mostri che nel punto medio l’elasticità è unitaria. Innanzitutto, per risolvere correttamente l’esercizio, può essere utile rappresentare graficamente la relazione tra P e Q: 10 P (prezzo) 10 A 6 B 4 0 2 3 5 Q (quantità) 1) Essendo una retta, la pendenza è la stessa a prescindere dai punti scelti, cioè pari a – 2 (quando la quantità aumenta di 1, infatti il prezzo si riduce di 2 e viceversa). 2) Data la relazione negativa, siamo di fronte ad una curva di domanda anziché di offerta. Quindi, la curva di domanda inversa è P = 10 – 2 ∙ Q e la curva di domanda è Q = 5 – (1/2) ∙ P. 3) la formula dell’elasticità della domanda è la seguente: ΔQ ΔQ P ΔQ P ε Q ε ε ΔP QΔP ΔP Q P L’elasticità della domanda rispetto al prezzo è il rapporto tra la variazione percentuale della domanda e la variazione percentuale del prezzo. In altri termini, possiamo esprimerla come il prodotto tra la variazione (la derivata) di Q rispetto a P e il rapporto prezzo/quantità. AVVERTIMENTO ! : Dato che il grafico è costruito con P sull’asse delle ordinate e Q su quello delle ascisse, – 2 = ∆P / ∆Q, mentre il suo reciproco – (1/2) = ∆Q / ∆P. Poiché nel calcolo dell’elasticità della domanda si è interessati a come varia Q al variare di P, il valore da usare per la pendenza è – (1/2). Di conseguenza, se stiamo usando la curva di domanda inversa, occorrerà fare attenzione e usare nel calcolo dell’elasticità il reciproco della pendenza (che è sempre pari a – 1/2), poiché – 2 individua la variazione di P al variare di Q: – (1/2) ∙ (6/2) = – 3/2 = – 1,5 % 4) un aumento del prezzo pari all’1% determinerà una riduzione della quantità domandata pari all’1,5%. 11 5) poiché l’elasticità in valore assoluto è pari a 1,5 la curva di domanda in questione è elastica, cioè è sensibile, reattiva a variazioni del prezzo (a piccoli aumenti del prezzo corrisponderanno sensibili riduzioni della quantità domandata).8 6) Semplicemente calcolando la media dei valori riportati nella colonna del prezzo e nella colonna della quantità, considerando anche il valore zero, si ricava che il punto medio è (5 ; 2,5). È immediato verificare che: – (1/2) ∙ (5/2,5) = – 1%, quindi in valore assoluto ε = 1 Poiché la pendenza di una retta è costante e il rapporto P/Q decresce man mano che ci si sposta verso il basso lungo la curva di domanda, si avrà che al di sopra del punto medio la domanda è elastica (come già verificato), mentre al di sotto è anelastica (come si può facilmente verificare). In sostanza, sebbene la pendenza sia costante, l’elasticità varia al variare dei prezzi e della quantità. Per questo motivo nel calcolo dell’elasticità, occorre far riferimento ad un punto preciso della curva. 5.2 ELASTICITÀ E SURPLUS Come detto, in caso di curva di domanda inversa (in cui il prezzo è funzione della quantità domandata), la formula dell’elasticità della domanda è (1 / pendenza) ∙ (P / Q). Si considerino i seguenti casi: (1) P Distanza verticale = 0 Domanda Q 8 Si parla di domanda anelastica se l’elasticità in valore assoluto è inferiore a 1, e di domanda ad elasticità unitaria se l’elasticità in valore assoluto è pari a 1. 12 La distanza verticale è nulla, di conseguenza, la pendenza (il rapporto tra distanza verticale e distanza orizzontale) è zero e l’elasticità infinità. In tal caso, la curva di domanda è detta perfettamente elastica, cioè per uno stesso prezzo il consumatore è disposto a domandare qualsiasi quantità del bene. (2) P Domanda Distanza orizzontale = 0 Q Ora è la distanza orizzontale a essere nulla, di conseguenza, la pendenza è infinità e l’elasticità pari a zero. In tal caso, la curva di domanda è detta perfettamente anelastica, ciò vuol dire che a prescindere dal prezzo, il consumatore domanderà sempre la stessa quantità di bene. Un ragionamento analogo vale, ovviamente per la curva di offerta. Si consideri ora il seguente esercizio. Data la curva di offerta: P=2+Q Nel mercato vi sono due diversi consumatori che hanno due diverse curve di domanda (inversa), D1 e D2: D1 → P = 10 – Q quindi la curva di domanda è Q = 10 – P D2 → P = 10 – 3Q quindi la curva di domanda è Q = (10/3) – (1/3)P Perché non è necessario procedere al calcolo del surplus per dimostrare che è il consumatore con la curva di domanda inversa D1 ad avere un surplus maggiore ? 13 P 10 O 2 D2 10 3 D1 10 Q Il consumatore con la curva di domanda inversa più piatta (cioè la D1) è più reattivo, più sensibile a variazioni di prezzo rispetto al consumatore con la curva di domanda più ripida D2, poiché più la curva di domanda inversa è piatta, maggiore è la sua elasticità (si è visto il caso estremo in cui una curva di domanda orizzontale ha un’elasticità infinita). Al fine di dimostrare ciò, si procede al calcolo dei due surplus. Per D1 si ha che la condizione di equilibrio è: 2 + Q = 10 – Q, quindi la quantità di equilibrio è Q* = 4 e il prezzo di equilibrio è P* = 6. Il surplus del consumatore è quindi pari a: (4 ∙ (10 – 6)) / 2 = 8. Per D2 si ha, invece, che la condizione di equilibrio è: 2 + Q = 10 – 3Q, quindi la quantità di equilibrio è Q* = 2 e il prezzo di equilibrio è P* = 4. Il surplus del consumatore è quindi pari a (2 ∙ (10 – 4)) / 2 = 6. 6. Utilità L’utilità è il grado di soddisfazione che gli individui traggono dal consumo di beni e servizi. Si domandano beni e servizi, attraverso l’uso di risorse (monetarie) limitate, al fine di soddisfare i propri (illimitati) bisogni. L’utilità consente al consumatore di valutare/misurare l’efficacia dei diversi beni nel soddisfare i propri bisogni e di porre in essere, quindi, scelte di consumo ottimali (cosa domandare, cosa consumare). Intuitivamente e realisticamente, l’utilità cresce al crescere del consumo di un bene ma in modo sempre minore. Detto in termini più formali, l’utilità totale è crescente nel consumo di un bene 14 (“più è meglio”) ma la sua variazione rispetto a quella del consumo – l’utilità marginale – cresce a tassi decrescenti (legge dell’utilità marginale decrescente). In sostanza, se raddoppiamo il consumo di un bene, la nostra utilità aumenterà ma non raddoppierà (si pensi al tempo libero: se ne abbiamo poco, un’ora in più vale tanto; se ne abbiamo già tanto, un’ora in più vale pochissimo o niente). Si consideri la seguente tabella: Quantità del bene i consumata (C) Utilità totale (U) Utilità marginale MU = ∆U / ∆C 0 0 - 1 50 +50 2 90 +40 3 120 +30 4 140 +20 5 150 +10 6 140 -10 Dato il consumo del bene (colonna 1) e la relativa utilità totale (colonna 2), l’utilità marginale è la differenza tra l’utilità attuale e quella precedente, rapportata alla differenza tra il consumo attuale e quello precedente (che nell’esempio è sempre pari a 1). Quale è la quantità del bene i che massimizza l’utilità derivante dal consumo ? Quella per cui l’utilità totale è massima e l’utilità marginale è positiva o nulla (nello specifico C = 5). Se si fermasse a C = 4, infatti, il consumatore rinuncerebbe a una quota di soddisfazione maggiore derivante dal consumo di un’altra unità del bene. Per C = 6, invece, l’utilità marginale è negativa. 6.1 LA SCELTA DI CONSUMO OTTIMA: LA MASSIMIZZAZIONE DELL’UTILITÀ Nel precedente esempio si assumeva l’esistenza di un solo bene e che il consumo dello stesso non aveva costi. Inoltre, non si davano indicazioni circa il reddito a disposizione del consumatore. Poiché le risorse disponibili sono limitate e il consumo di un bene implica dei costi (il prezzo da pagare), il consumatore è chiamato a effettuare la migliore tra le scelte possibili. Supponendo che esistano due soli beni, il bene A (il cui prezzo unitario è pari a 10) e il bene B (il cui prezzo unitario è pari a 20) e che il reddito del consumatore sia pari a 100, deve valere la seguente condizione, definita come vincolo di bilancio: 100 = 10 ∙ A + 20 ∙ B [1] 15 Il consumatore, infatti, non può spendere più di 100; potrebbe spendere meno, ma per semplicità si trascura la possibilità di risparmiare parte delle risorse e si assume che l’intero reddito a disposizione del consumatore sia speso. La condizione [1] non ci permette da sola di determinare l’allocazione ottima del reddito tra i beni A e B, cioè la scelta di consumo ottima (si noti che è una sola equazione in due incognite). Insieme al vincolo di bilancio, infatti, occorre usare la nota regola della spesa razionale: MU(A) / 10 = MU(B) / 20 [2] Dove MU è l’utilità marginale derivante dal consumo del bene considerato. La regola della spesa razionale afferma che, al fine di massimizzare l’utilità, il reddito deve essere allocato tra i diversi beni in modo tale che il rapporto tra utilità marginale e prezzo (l’utilità marginale per unità monetaria) è uguale per ciascun bene. Infatti, se MU(A) / 10 > MU(B) / 20, al consumatore converrà trasferire parte delle risorse dal bene B al bene A che presenta un’utilità marginale per unità monetaria più alta (cioè, in sostanza, un miglior rapporto utilità goduta e prezzo speso). Ora le condizioni [1] e [2] formano un sistema di 2 equazioni in 2 incognite che può essere facilmente risolto per conoscere le quantità di consumo ottime di A e B. Ad esempio, se MU(A) = 1/A e MU(B) = 1/B, cioè utilità marginali decrescenti, si ricava che: [1] 100 = 10 ∙ A + 20 ∙ B [2] (1/A) / 10 = (1/B) / 20 → A=2*B Di conseguenza, sostituendo nel vincolo di bilancio, si ottiene: 100 = 10 ∙ 2 * B + 20 ∙ B → B = 2,5 A=5 È facile verificare che tali valori rispettano il vincolo di bilancio. 6.2 DERIVAZIONE DELLA REGOLA DELLA SPESA RAZIONALE (ARGOMENTO FACOLTATIVO) La regola della spesa razionale può essere derivata in modo relativamente semplice attraverso la massimizzazione dell’utilità soggetta al vincolo di bilancio. A solo titolo informativo, viene presentata la sua derivazione. Si supponga che la nostra utilità totale (che vogliamo massimizzare) derivante dal consumo del bene A e del bene B sia data dalla somma delle singole utilità: U(A) + U(B) soggetta al vincolo di bilancio in precedenza incontrato: 100 = pA ∙ A + pB ∙ B 16 La funzione obiettivo da massimizzare diventa: U(A) + U(B) + ∙ (100 – pA ∙ A + pB ∙ B) dove il parametro serve per “collegare” la funzione di utilità (da massimizzare) con il vincolo di bilancio (da rispettare). La condizione di massimizzazione dell’utilità prevede che la derivata prima della funzione obiettivo rispetto al consumo di ciascun bene sia uguale a zero: 9 MU(A) – ∙ pA = 0 MU(B) – ∙ pB = 0 dove MU è l’utilità marginale, cioè la derivata di U rispetto al consumo del bene considerato; il secondo termine a sinistra del segno di uguaglianza è ottenuto attraverso la conoscenza della elementare regola di derivazione di funzioni lineari: infatti, la derivata di ∙ (100 – pA ∙ A + pB ∙ B) rispetto ad A e B è pari, rispettivamente a – ∙ pA e – ∙ pB. Risolvendo entrambe le espressioni per ed eguagliando i termini si ottiene la regola della spesa razionale: MU(A) / pA = MU(B) / pB 9 Nel punto in cui la derivata prima della funzione rispetto alla(e) variabile(i) di scelta si annulla, infatti, esiste il punto di massimo della funzione stessa. 17