Chiesa Valdese di Torino Testamento biologico: le ragioni del nostro impegno L’evento della morte viene vissuto, nel nostro tempo, sempre più come una questione medica e sempre meno come un fatto naturale. La medicina ci dà infatti la possibilità di prolungare indefinitamente l‟esistenza di molti malati, così dalla paura della morte apparente, ampiamente diffusa nelle epoche passate, si è passati al timore della vita apparente: la vita di pazienti che, come nel caso di Eluana Englaro, sono biologicamente vivi, ma „prigionieri‟ di un‟esistenza che si stenta a definire umana, in quanto priva di quella qualità della vita che è anche pensiero, affetti, relazione. Ma se non è più la natura a decidere della nostra morte, la questione etica fondamentale diventa: chi può o deve farlo? Il medico? Il paziente? La famiglia? Le chiese? Il testamento biologico attesta la volontà personale circa eventuali trattamenti futuri, indicando anticipatamente ai medici i limiti del loro intervento qualora il paziente non fosse più in grado di farlo, difendendo così la sua libertà personale dal potere della tecnica. La scienza e la pratica medica possono offrire un contributo fondamentale all‟autodeterminazione del paziente: libertà di cura è sempre, contestualmente, libertà di rifiutare la cura, che è un diritto costituzionalmente garantito. Il testamento biologico pertanto non è uno strumento del paziente “contro” il medico, ma garantisce il rispetto dell‟alleanza terapeutica curante – curato che sempre deve fare da cornice alla cura. Ma perché una confessione cristiana dice ‘sì’ all'approvazione di una legge sul testamento biologico, che garantisca sul serio l’autodeterminazione dei cittadini? In primo luogo per una scelta di laicità. E‟ nostra intenzione rispettare sul serio il contesto pluralistico entro cui viviamo, senza pretendere che le nostre posizioni sui temi etici, legate ad una nostra scelta di fede, debbano essere imposte a tutti. Il ruolo della Chiesa non è quello di emanare leggi per impedire che gli individui pecchino, ma di favorire scelte consapevoli degli individui. In secondo luogo, siamo maggiormente preoccupati delle restrizioni della libertà, compresa la libertà di ricerca, che non dei suoi possibili abusi. Non crediamo esistano principi etici assoluti, come quello della sacralità della vita, fondati su una supposta legge naturale e identificati con la presunta volontà divina. Il nostro approccio ai problemi richiama piuttosto la centralità dell’individuo nelle scelte etiche, tipica del cristianesimo protestante sin dalle sue origini, che si traduce in una difesa della precedenza della libertà consapevole sul divieto, sapendoci collocati, come credenti e come cittadini, nel divenire del tempo e della storia, convinti che qualsiasi prospettiva etica astorica sia destinata a rivelarsi dispotica. Il terzo luogo, da un punto di vista cristiano cerchiamo di seguire la linea sottile, e sempre problematica, di un‟etica contestuale o della relazione, che si sforza di non intendere la vita solo nel suo aspetto corporeo, ma che fa riferimento a una dimensione di progettualità e di scelta, biografiche e non puramente biologiche. Se di “apertura” si può parlare, essa va intesa come apertura nei confronti dell‟autonomia individuale come conquista positiva e imprescindibile sul piano etico, e nei confronti della scienza come possibile realizzazione positiva dell’immagine di Dio nell’uomo. Infine, la nostra fede cristiana sdrammatizza l’idea della morte biologica, che non rappresenta la fine della nostra esistenza, liberandoci dal bisogno di prolungare indefinitamente, artificialmente e ad ogni costo la vita. Per info: tel. Segreteria 011.6692838 C.so V. Emanuele, 25 - Torino www.torinovaldese.org