1 I N D I C E 1 - Cenni storici sulla malattia pag. 3 2 - Struttura e attività dell'agente patogeno dell'A.I.D.S. (HIV) " 11 3 – Sistemi di individuazione del virus “ 19 4 - Conseguenze dell'infezione da HIV " 21 5 - Modi di trasmissione della malattia " 6 - Diffusione della malattia " 30 7 – Diffusione della malattia in Italia “ 35 8 – Diffusione dell’AIDS fra le categorie a rischio “ 41 9 – I casi pediatrici “ 43 10 – Diffusione dell’AIDS nelle carceri “ 45 11- Mezzi per evitare il contagio " 47 25 2 12 - Studi e scoperte epidemiologiche " 49 13- Problemi giuridici riguardanti la malattia " 65 Glossario " 71 Elenco delle sostanze Anti-AIDS “ 79 Tavole Statistiche pagg.81- 98 3 1 - Cenni storici sulla individuazione della malattia. Connesso con il problema delle tossicodipendenze, specialmente da eroina, è quello dell'A.I.D.S. (Acquired Immunodeficiency Syndrome ovvero Sindrome da immunodeficienza acquisita), giacché rispetto a tale stato morboso i tossicodipendenti rappresentano una delle categorie a grande rischio insieme con quella degli omosessuali. Nel luglio l981 furono segnalati negli Stati Uniti alcuni casi di polmonite da pneumocystis carinii(PCP) e 26 casi di sarcoma di Kaposi(KS) in maschi omosessuali, che presentavano altri vari sintomi di eziologia incerta, ma con in comune una deficienza immunitaria cellulare, da cui la definizione della sindrome. Più tardi questa acquistò uno spettro più ampio attraverso la inclusione di neoplasie come il linfoma cerebrale e di varie infezioni opportunistiche causate da virus, batteri e protozoi, riscontrate sempre in soggetti con diminuita difesa immunitaria acquisita. Soltanto nel 1983 fu possibile individuare, quasi contemporaneamente da parte delle equipes di Luc Montagnier, dello Istituto Pasteur di Parigi e di Robert Gallo dell'Università di Bethesda, l'agente eziologico dell'A.I.D.S. in un retrovirus denominato inizialmente HTLVIII/LAV (Human T-cell Lymphotropic Virus Type III-Lymphoadenopaty Associated Virus) e poi più semplicemente HIV (Human Immunodeficiency Virus), il quale, da uno stato di letargo o di riposo nel soggetto ospite, può entrare improvvisamente in una intensa attivita' nei confronti dei linfociti di tipo T, distruggendoli o 4 paralizzandone l'attivita' immunitaria, con conseguente collasso dell'organismo, esposto in tal modo a manifestazioni morbose di varia gravità. Al 3.o Simposio Internazionale sull'A.I.D.S. tenutosi a Washington nei primi giorni del giugno 1987 mentre il prof. R.Gallo annunciava di avere isolato un nuovo virus imparentato con quello dell'A.I.D.S., precisando però che lo stesso, come i cugini africani dell'HTLV-III in precedenza scoperti (HTLV-I, HTLV-II e HTLV-IV), anche se attaccano il sistema immunitario, non hanno la stessa capacità di contagio e gli stessi effetti dell'HIV, a sua volta Luc Montagnier dichiarava di avere isolato un secondo virus dell'A.I.D.S. diffuso in Europa e più insidioso del primo (HIV-2). Secondo una comunicazione fatta all'Organizzazione Mondiale per la Sanità nel marzo del 1989, nel Camerun sarebbe stato isolato con il metodo "Westernblood" (WB) un virus di peso molecolare diverso dall' HIV-1 e dall'HIV-2 e con sequenze differenti. Inoltre, nella rivista "Nature" del giugno 1990 è stato pubblicato un lavoro di ricerca delle Università Emory, Harvard e Stanford, secondo cui sarebbe stata individuata una varietà del virus dell'A.I.D.S., portata da scimmie, che provocherebbe la morte in sei giorni. Quanto all'origine del virus dell'A.I.D.S., anche se alcuni avevano affacciato l'ipotesi di una sua costruzione in un laboratorio di biogenetica statunitense e della sua diffusione per rottura di una provetta nelle mani di un addetto con conseguente contatto sanguigno, la quasi totalità degli studiosi del problema riteneva fino a qualche anno fa che il virus si fosse trasmesso all'uomo, a seguito di morso, da parte di una scimmia catarrina esistente in Africa (il cercopiteco verde dello Zaire), portatrice dello stesso, divenuto estremamente pericoloso per l'uomo negli ultimi tempi a seguito di mutazioni, che nei virus avvengono a brevissima distanza di tempo, come sarebbe dimostrato dalla scoperta 5 dei cugini africani meno pericolosi. Senonché, alla Quarta Conferenza mondiale sull'A.I.D.S., apertasi a Stoccolma il 12 giugno l988 il giapponese Masashi Fukasawa sostenne, sulla base di un studio pubblicato sulla rivista "Nature", che il virus dell'A.I.D.S. non discenderebbe dalle scimmie, ma sarebbe patrimonio umano da migliaia di anni in quanto geneticamente diverso da quelli trasmessi dal macaco, dal mandrillo e dalla scimmia verde; e con lui si trovò d'accordo Luc Montagnier per quanto riguarda l'HIV-1, ma non per quanto riguarda l'HIV-2, mentre Robert Gallo dichiarava che il virus HIV-1 poteva essere vecchio di secoli o anche molto di più e non escludeva che esso potesse essere stato trasmesso da scimmia all' uomo anticamente. Nello stesso Congresso William Haseltine dell'Università di Harvard, ritenuto il maggiore studioso dell'A.I.D.S. nel campo della biologia molecolare, annunciava che il virus, già allora molto più subdolo e pericoloso del previsto, avrebbe potuto diventare maggiormente virulento nel tempo ed ha aggiungeva che esso si nasconde anche in particolari cellule dell'organismo, le quale impediscono totalmente la sua identificazione. L'11 gennaio 1989 Robert Gallo rendeva noto a Venezia, nel corso della seconda giornata del Congresso internazionale sulla ricerca per il cancro e l'AIDS, che una analisi del sangue congelato di un marinaio deceduto a Manchester nel 1959 per pneumocistis Carinii, il quale presentava segni di immunodeficienza inspiegabile, aveva rivelato infezione da virus dell'AIDS. Il prof. Gerald Corbitt, il dott. Andrew Bailey e il dott. George Williams della Scuola di Medicina della Università di Manchester, che avevano proceduto all'analisi del tessuto risultato sieropositivo, confermavano la notizia sulla rivista "Lancet" pubblicata nei primi giorni del giugno 1990. Secondo il prov. Corbitt, il marinaio avrebbe contratto l'infezione alla fine degli anni '40, dal che 6 dovrebbe dedursi che la epidemia ha avuto un periodo di incubazione di diverse generazioni. In precedenza si riteneva che la prima persona deceduta per AIDS fosse uno steward canadese morto nel 1979 e che aveva viaggiato a lungo in Africa. Sia pure a titolo di curiosità va fatto cenno di un articolo apparso in Inghilterra sul "Times" del 12 luglio 1990 , nel quale fu data notizia che iI ricercatore Leo Svante Paabo e i virologi olandesi Jacop Gondsmit e Rutger Perizionices stavano applicando una modernissima tecnica diagnostica denominata PCR (reazione polimerasica a catena), che consente di esaminare agevolmente tratti del DNA (acido desossiribonucleico) costituente il materiale genetico fondamentale di ogni cellula, a frammenti di tessuto prelevati da una mummia egiziana conservata nel British Museum e da resti di scimmie del VI secolo a.C. al fine di accertare la presenza o meno del virus dell'A.I.D.S. e di verificare la tesi sulle origini della sindrome. La teoria secondo cui l'infezione da HIV, il virus responsabile della sindrome da immunodeficienza acquisita, o Aids, avrebbe un decorso articolato in tre fasi ben distinte: una prima, acuta, seguita da un lungo periodo di latenza destinato fatalmente a evolvere nella malattia conclamata è stata messa in discussione nel marzo 1995 da studi del gruppo di Xiping Wei, della Divisione di ematologia-oncologia e malattie infettive dell'Università dell'Alabama a Birmingham, e di quello diretto da David Ho dell'Aaron Diamond Aids Research Center di New York condotti anche su soggetti sieropositivi sani conviventi da 15 anni con l’HIV. Le nuove ricerche dei due gruppi sembrano dimostrare che il virus dell'Aids è molto più attivo di quanto si pensasse, in quanto infetterebbe continuamente non solo le cellule del sistema immunitario (soprattutto i linfociti Cd4+), ma anche un «pool» consistente di altre 7 cellule, riproducendosi continuamente, a un ritmo impressionante, in modo tale da generare in media ogni due giorni circa 200 milioni di virioni (pre-virus) e da costringere la popolazione dei Cd4+ a rinnovarsi per circa il 5 per cento (4 miliardi di cellule). Inoltre, all'inizio, il sistema immunitario riuscirebbe a sostituire le cellule morte con altre sane e in questa fase il vìrus si moltiplicherebbe a a velocità crescente, imponendo all'organismo un super lavoro, la produzione di 1-2 miliardi di cellule sane ogni giorno per rimpiazzare quelle morte. Poi, lentamente, le difese immunitarie si indebolirebbero rendendo possibile l’aggressione del malato da parte batteri e altri germi e la sua morte in breve tempo, anche perché il pool di cellule così prodotto e di cui ancora non si conosce la localizzazione, ma che sicuramente non fa parte del sistema immunitario, partorirebbe un virus di tipo «selvaggio» molto incline a mutazioni, che lo renderebbero ben presto resistente ai farmaci, rendendo vana ogní terapia. In buona sostanza il virus, come la cellula che lo genera, nascerebbe e morirebbe in breve tempo. «C'è una rapida, e virtualmente completa, sostituzione dei virus negli organismi malati» ha scritto Wei su Nature. Due gruppi di ricercatori americani guidati da Yunzhen Cao, dell'Aaron Diamond Aids Research center di New York, e Giuseppe Pantaleo di Bethesda hanno accertato che se è vero che gran parte dei sieropositivi manifesta i sintomi dell'immunodefìcienza anche dopo dieci anni dal contagio, è anche vero che il 5 per cento arriva a questa scadenza, e anche oltre, perfettamente sano, con un sistema immunitario normale pur essendo portatore del virus. Cao ha raccolto dieci sieropositivi sani, tutti dell'area metropolitana di New York, asintomatici da 12-15 anni, con un conteggio dei linfocíti Cd4+ costante e nell'ambito della normalità. Pantalco ne ha riuniti 15, e li ha messi a confronto con 18 malati 8 dichiarati di Aids. In ambedue i casi gli esami di laboratorio hanno dimostrato che la replicazione del virus, pur presente e quotidiana, era ben controllata, e il carico virale molto inferiore nei sani che nei malati. In tutti è stata trovata una risposta immunitaria vigorosa. Pantaleo si è dedicato in particolare allo studio dei linfonodi, scoprendo che quelli dei sieropositivi sani, al contrario di quelli dei malati, non perdono la capacità di intrappolare i virus. <Forse il segreto dell'AIDS» ha osservato Davíd Baltimore, virologo del Massachussetts Institute of Technology (MIT) di Boston «sta tutto nel fatto che i sieropositivi sani che, come tutti, subito dopo l'infezione hanno una forte risposta immunitaria, semplicemente riescono a conservarla per tutta la vita». E di qui, con ogni evidenza, è destinata a partire ogni nuova ricerca per farmaci e vaccini efficaci. L'ipotesi che l’AIDS venga dalle scimmie avrebbe trovato conferma in uno studio condotto da Paul Sharp, genetista dell'università di Nottingham, il quale nei primi mesi del 1995 ha accertato che virus simili a quello dell'AIDS sono passati, in Tanzania, da specie a specie di scimmie e che, quasi contemporaneamente, sempre in Tanzania, si sarebbero verificati i primi casi di Aids nell'uomo. La trasmissione del virus da animale a uomo costituirebbe l’ipotesi più attendibile anche secondo Robert Sliope, epidemiologo di Yale, che nelle stesso periodo ha dimostrato che il virus Oropouche, che nel 1960 colpì, provocando febbre alta, 11mila persone a Belem, in Brasile, fu una conseguenza del taglio della foresta realizzato per costruire la strada Belem-Brasilia e del contatto tra lavoratori e animali della foresta, mentre secondo Max Essex, dell’Harvard Medical School di Boston, anche l'htlv-2, un retrovirus responsabile di un tumore nell’uomo, verrebbe dalle scimmie ragno delle foreste del Nuovo Mondo. L'origine del virus Sibià, che nel 1990 infettò una giovane agronoma brasiliana, morta poi per emorragia intestinale sembra abbia 9 seguito la stessa strada. «Nella foresta equatoriale brasiliana conosciamo almeno 50 virus diversi in grado di infettare l'uomo» ha aggiunto Shope «ma ce ne sono altre migliaia ancora sconosciuti». E l'Amazzonia non è un'eccezione. Un altro retrovirus umano, l'htìv-1, associato a un tipo di leucemia e a una paraparesi spastica, è, secondo Essex, strettissimo parente del virus stlv delle scimmie africane. Oltre al virus Marburg, di cui viene indicata l'origine in una caverna africana, anche un altro virus africano, l'Ebola, per fortuna meno pericoloso, è arrivato in Occidente con un carico di scimmie importate dalle Filippine nel 1989. Negli anni Cìnquanta fu considerato non patogeno per l'uomo il virus sv40, trovato nelle cellule di scimmia su cui veniva coltivato il poliovirus Salk destinato alle vaccinazioni. Ma 40 anni dopo si è accertato che questo virus provoca il mesotelioma, un tumore della membrana che avvolge i polmoni, il che sconsiglia il trapianto di organi dagli animali all'uomo, tanto più dopo la scoperta che tra le scimmie della Southwest Foundation di San Antonio, da cui era stato prelevato il babbuino usato per il primo trapianto di fegato animaleuomo, è ora diffusa una sconosciuta follia di encefalite virale. All’inizio del 1995 è stato annunciato l’arrivo anche in Europa dal Sud-est asiatico del virus dell'Aids di tipo E, con cui precedentemente rischiavano d'infettarsi soltanto i turisti del sesso in Thailandia. Questo ceppo ha un particolare tropismo per le cellule di Langherans, più frequenti nelle zone genitali maschili e femminili, che invece di fungere da prima barriera contro il virus, offrono una scorciatoia e amplificano l'infezione attraverso i rapporti sessuali. L'hiv, il virus dell'Aids, del tipo E utilizza solo una strada diversa, rispetto a quella del sangue, per penetrare nell'organismo, ma non è dimostrato che sia più virulento. Il dottor Toufu Zhu dell'università di Washington ha dato comunicazione nel corso della . quinta conferenza sui «Retrovirus» 10 tenuta a Chicago nei primi giorni del febbraio 1998 che il primo caso di Aids risale non, come si credeva, all'inizio degli anni Ottanta, ma al 1959. La malattia, secondo i ricercatori statunitensi, accompagnerebbe l'umanità da almeno quarant'anni e si sarebbe inizialmente sviluppata nell'ex Congo Belga, dove avrebbe colpito un cittadino bantù di Leopoldville, l'attuale Kinshasa. Fino ad allora si ritenevai che l'Aids fosse stata introdotta in America da un assistente di volo canadese nel 1981 o 1982. Il dott Toufou non ha escluso, inoltre, che la malattia sia apparsa ancora prima, negli anni Quaranta. «Ma le analisi di laboratorio sulle possibili precedenti vittime sono molto difficili» ha spiegato «Questo è il massimo a cui siamo riusciti a risalire». Nella stessa Conferenza un altro scienziato, il dottor David Ho dell'università Rockefeller di New York, ha aggiunto che il virus dell'HIV varia da continente a continente, tanto che in Europa e negli Stato Uniti è di tipo B; mentre in Africa è di tipo D, ed ha ipotizzato che il virus dal luogo di origine si sia propagato altrove dopo il 1959 attraverso i viaggi della gente e la prostituzione e sia stato scoperto solo quando arrivò negli Stati Uniti. . 11 2 - Struttura e attività dell'agente patogeno dell'A.I.D.S. (HIV). E' allo stato universalmente dato per certo che l'agente dell'A.I.D.S. è un virus composto essenzialmente di acido ribonucleico (RNA), appartenente alla famiglia dei retrovirus, la cui caratteristica fondamentale è quella di dare informazioni attraverso l'RNA (acido ribonucleico) al DNA (Acido desossiribonucleico) con flusso inverso (retro) rispetto a quello della maggior parte dei messaggi genetici. I retrovirus furono individuati all'inizio di questo secolo come agenti che provocano numerose malattie in diversi animali. Essi sono stati distinti in Oncovirus, quali agenti causali di leucemie e linfomi in gatti, mucche, uccelli, gibboni e topi; in Spumivirus, caratterizzati dalla fusione di più nuclei (sinciziali), e che sono generalmente portati da bovini e felini senza provocare apparenti disturbi, pur resistendo alle reazioni immunitarie; e in Lentivirus, responsabili nei mammiferi ungulati di malattie neurologiche, ematologiche, nonché degli apparati respiratorio e muscolo-scheletrico, le quali si manifestano dopo un lungo periodo di incubazione ma senza carattere di malignità. Solo nel 1980 si riuscì ad isolare in una malattia dell'uomo, una forma aggressiva di leucemia poco diffusa, un retrovirus linfotropico dei linfociti T, denominato HTLV-I. Nel 1982 fu individuato un altro retrovirus correlato, seppure distinto, in un individuo affetto da una forma di leucemia meno aggressiva (leucemia a cellule capellute), contraddistinto con la sigla HTLV-II. 12 Il terzo retrovirus umano ad essere isolato è stato quello dell' A.I.D.S. (HTLV-III o più semplicemente HIV), che ha in comune con i Lentivirus molte affinità genetiche, strutturali e biologiche, anche se nessuno di questi attacca direttamente il sistema immunitario dell'organismo ospite. L'HIV, date le sue minime dimensioni (con lunghezza di 2-3 centesimi di micron, ossia centesimi di millesimi di millimetro, e con diametro inferiore), ha la capacità di infiltrarsi nei pori della superficie permeabile di quel particolare tipo di globuli bianchi denominati linfociti T-Helper, che hanno dimensioni enormemente più grandi (7-8 micron di diametro e volume 20.000 volte più grande di quello del virus). Secondo i risultati di recenti ricerche il virus à trascinato nell'interno dei linfociti da piccole molecole situate sulla superficie degli stessi, denominate CD4-recettori, nelle quali la glicoproteina GP 120, facente parte della sua struttura, si incastra perfettamente. L'HIV contiene le informazioni genetiche sotto forma di acido ribonucleico (RNA), che normalmente ha nelle cellule la funzione di trasmettere le informazioni genetiche contenute nel DNA (acido desossiribonucleico). Più precisamente i linfociti che vengono ad essere infettati sono quelli del tipo T4 (così denominati perché presentano in superficie la molecola CD4) e T8; ma non è escluso che siano attaccati anche quelli di altro tipo e persino leucociti macrofagi. L'attività dei linfociti T4, non è solo quella di produrre direttamente anticorpi (gammaglobuline in parte associate con la frazione delle globuline denominata T), ma anche di guidare la produzione di anticorpi di altro tipo attraverso indicazioni fornite ai linfociti di tipo B da particolari proteine da essi prodotte denominate linfochine, che, riconoscendo l'antigene, secernono anticorpi specifici 13 per neutralizzare od eliminare i batteri ed i virus. Altri globuli bianchi denominati T8 per la presenza in loro di molecole CD8,a seguito del riconoscimento dell'antigene da parte dei linfociti B e di messaggi provenienti dai linfociti T4 si attivano in parte (T8-citotossici) sia per regolare le funzioni di alcune cellule del sistema immunitario denominate "natural killer" e dei macrofagi, sia per eliminare le cellule infettate dall'agente patogeno, ed in parte (T8-soppressori) per deprimere la reazione immunitaria. In condizioni normali nell'uomo il rapporto tra i linfociti T4 e T8 è pari ad 1,5-2, mentre nei malati di AIDS il rapporto è invertito, divenendo inferiore ad 1, e cio' per la diminuzione dei linfociti di tipo T4, che sono normalmente 800 per millimetro cubo e scendono a 100200. I linfociti T-helper CD4 o T4 sono, infatti, in grado di fornire al virus HTLV-III materiale chimico per la sua riproduzione, che non avviene per scissione o duplicazione bensì attraverso sintesi di sostanze identiche a quelle che lo compongono e, ove il virus si attivi in tal senso, uscendo da uno stato di controllo da parte del sistema immunitario che può protrarsi per anni, si moltiplica nel linfocita invaso dalle 10mila alle 20.000 volte, distruggendolo e diffondendosi negli altri linfociti T, che subiscono la stessa sorte, con conseguente paralisi della risposta immunitaria. Il prof. Luc Montagnier nel corso del 5.o Congresso Mondiale sull'A.I.D.S., tenutosi a Montreal dal 4 al 13 giugno 1989, ebbe ad affermare che il virus non agirebbe in un primo momento distruggendo le cellule del sistema immunitario, ma si limiterebbe inizialmente a stimolare il sistema stesso per colpire le cellule sane, facendogliele apparire come un falso bersaglio. Solo in un secondo momento, dopo avere indebolito il sistema immunitario, il virus attaccherebbe direttamente le cellule del sistema immunitario, distruggendole. Lo stesso Montagnier, in una nota pubblicata sulla rivista americana 14 "Virology" nel maggio 1990 ha prospettò l'ipotesi che causa dell'AIDS sia un microrganismo complice, probabilmente un micoplasma contenente materiale genetico, che si moltiplicherebbe per divisione, mentre l'HIV eserciterebbe soltanto funzioni di "pilotaggio". Al VII congresso mondiale sull’AIDS apertosi a Firenze il 17 giugno 1991 Luc Montagnier mise, poi, in evidenza che, pur essendo l’AIDS caratterizzato da una profonda e irreversibile alterazione del sistema immunitario, in realtà sono pochissime le cellule colpite e inoltre i linfociti T, che rappresentano la difesa del nostro organismo, vengono colpiti da un fenomeno chiamato apoptosi, ossia la autodistruzione non causata direttamente dal virus, come se fosse stato loro impartito un segnale dall’esterno. Nello stesso Congresso il gruppo di studio facente capo a Boston al prof. William Haseltine comunicò di avere localizzato al di sotto delle mucose un gruppo di cellule, le cellule dendritiche, che rappresentano una percentuale minima del sistema immunitario (l’1%) ma molto attive con il virus dall’AIDS, che al loro interno si riproduce con grandissima facilità’, passando poi ai linfonodi ed ai linfociti T4 sulla cui membrana esiste la proteina CD4 che costituisce per il virus la chiave d’ingresso nella cellula. Alla Sesta Conferenza internazionale sull’AIDS in Africa, tenuta a Dakar nella seconda metà del dicembre 1991, il prof. Souleymane Mboup , scopritore dell’HIV-2 nel 1985, rese noti i risultati di uno studio condotto su 353 prostitute senegalesi, che aveva consentito di accertare che il virus africano da lui scoperto si diffonde più lentamente ed è meno virulento dell’HIV.1, tanto che sieropositivi contagiati da quest’ultimo molto tempo dopo sieropositivi contagiati dall’HIV-2 avevano subito un deterioramento più rapido delle loro condizioni fisiche rispetto a costoro e sono morti prima. Il dott. Mboup ha aggiunse che l’HIV-1 si trasmette più facilmente e rapidamente del virus africano 15 attraverso rapporti sessuali e che l’HIV-2 solo in casi rari si trasmette da madre a figlio, a differenza del primo che contagia nel 30% dei casi i figli di madri sieropositive. Luc Montagnier nell’aprile del 1993 affermò che in dieci anni si era ammalato di AIDS solo il 50% dei sieropositivi e che nei malati di AIDS, non solo avviene la modificazione del rapporto CD4/CD8 , che in base ad un sistema di omeostasi vede corrispondere ad una diminuzione dei linfociti CD4 un aumento dei linfociti CD8, ma si verificano anche molti altri cambiamenti del sistema immunitario, varianti da individuo a individuo e, nell’evoluzione della malattia, anche nello stesso individuo. Due équipes di ricercatori americani, la prima dell’Università di California a Los Angeles e la seconda dell’Università dell’Alabama, riuscì a dimostrare, secondo i rispettivi studi pubblicati indipendentemente sul «New England Journal of Medicine» all’inizio del 1991, che l’organismo umano nella fase immediatamente successiva alla infezione da HIV sferra un attacco tanto massiccio quanto efficace contro il virus. In sette omosessuali nella primissima fase di infezione da HIV le due équipes avevano rilevato la presenza di dieci milioni di virus per ogni litro di sangue, una quantità presente solo in malati di AIDS in fase avanzata Subito dopo i ricercatori accertarono un repentino aumento degli anticorpi HIV, costituiti da frammenti di proteina a forma di Y, e nella maggior parte dei casi due o tre settimane dopo una scarsissima quantità di HIV presente nel sangue. Secondo i ricercatori restava da scoprire come faccia l’organismo a mettere insieme una così agguerrita difesa all’inizio e come possa il virus, anni dopo, eluderla. Una riproduzione della prima potente risposta immunitaria potrebbe, secondo i predetti studi, prevenire o quanto meno rinviare nel tempo gli stadi più debilitanti della malattia. Il dott. Anthomy Fauci, coordinatore negli Stati Uniti della lotta 16 all’AIDS, negà nel luglio 1992 l’esistenza di un terzo virus HIV, come adombrato da alcuni scienziati americani in relazione al fatto che in 11 malati di AIDS non si era riusciti a trovare nel sangue il virus. Il dott.Fauci ha prospettò invece la possibilità che potesse trattarsi di una nuova malattia. La tesi del dottor Fauci fu stata confermata nel corso dell’VIII Conferenza Mondiale sull’AIDS apertasi ad Amsterdam il 19 luglio 1992 dal dott, Luc Montagnier, il quale ascrisse il difetto di virus nei pazienti predetti al fatto che l’AIDS si sviluppa grazie a dei cofattori aspecifici sinora non identificati. Il prof. Massimo Galli, della Clinica malattie infettive dell’Università di Milano, nel corso del IV convegno europeo sugli aspetti clinici e il trattamento dell’infezione da HIV aperto a Milano il 28 Marzo 1994, dichiarò che l’HIV ha la capacità di cambiare frequentemente le caratteristiche delle proteine del suo nucleo esterno, il che costituisce la principale difficoltà per la preparazione di un vaccino. Nell’aprile 1994 fu sottoscritto da 450 virologhi, capitanati dal dott Peter Duesberg, direttore del laboratorio di biologia molecolare dell’Università di Bekeley, che già nel 1986 aveva pubblicato su «Cancer Research» un articolo di contestazione della teoria ufficiale sull’AIDS, un appello alle autorità nazionali e internazionali per un ripensamento sulle cause, sulle caratteristiche, sulla consistenza epidemiologica e sulla pericolosità reale della malattia. Fra gli assertori della insostenibilità della teoria ufficiale sulle cause dell’AIDS figuravano il prof. Kay Mulls, inventore di un test sull’AIDS estesamente usato e premio Nobel, il prof.Harry Rubin, docente di biologia molecolare all’Università di California, il prof. Bernard Forscher, già direttore dell’Accademia americana delle Scienze e il virologo italiano Fabio Franchi. Verso la metà del 1994 fu isolato negli Stati Uniti, in Germania e in 17 Brasile il sottotipo E del virus HIV-1. . Stando a una valutazione di fonte americana le probabilità di contrarre l'infezione sono, nel caso della variante E, cinquecento volte più numerose rispetto al sottotipo B. Secondo cifre fornite da uno specialista dell'università di Monaco, Frank Goebe, le infezioni del tipo E nei Paesi del sud-est asiatico e precisamente nell'area in cui si trovano le principali destinazioni del cosiddetto turismo erotico (soprattutto Thailandia, Shri Lanka e Filippine), meta di circa 150.000 tedeschi ogni anno, mentre ancora nel 1987 rappresentavano non più del due per cento del totale, nel 1995 avevano superato il 50 per cento. Da un seminario relativo ai Paesi-meta del turismo erotico sono emerse cifre impressionanti: ogni anno cinquemila bambini (persone sotto i 16 anni) subiscono abusi sessuali da parte dei soli turisti tedeschi. Nel giugno 1996, come annunciato da Science e Nature, ricercatori americani hanno scoperto un altro recettore. La nuova serratura biochimica si chiama Cc-CkR-5 e sua caratteristica è il legame con le chemochine, sostanze della famiglia delle citochine, secrete dalle cellule del sistema immunitario, che agiscono come messaggeri molecolari per richiamare i globuli bianchi sul luogo dell'infezione. L'anno precedente Robert Gallo aveva dimostrato che le chemochine bloccano la riproduzione del virus in vitro. Ora William Paxton, della Rockfeller università, ha scoperto livelli elevati di queste chemochine in un gruppo di gay rimasti sieronegativi, nonostante i comportamenti a rischio. L'ipotesi formulata è che, legandosi al recettore Cc-CkR-5, le chemochine blocchino l'accesso dell'hiv, come se occupassero l'ultimo posto in un parcheggio, costringendo chi arriva ad andarsene. Chi possiede molte chemochine resta immune dall'AIDS e l'industria farmaceutica sta indirizzando in questo senso le sue ricerche. 18 Anthony Fauci, che a Bethesda dirige il National Institute of Allergy and Infectious Diseases ha affermato nel Convegno di Vancouver del luglio 1996 che, contrariamente a quanto si era fino ad allora ritenuto e cioè che dopo l'esplosione iniziale l'hiv restasse dormiente, nascosto da qualche parte nel corpo, per poi risvegliarsi e tornare a replicarsi, il virus continua a moltiplicarsi, ma è tenuto sotto controllo dal sistema immunitario. Un compito immane, visto che una persona infetta può generare fino a 10 miliardi di particelle virali in un giorno. Ciò significa che una mutazione dei 9 geni del virus può avvenire grosso modo una volta al giorno. Questi ceppi di virus mutanti nel conflitto col sistema immunitario subiscono una selezione naturale: alla fine emerge quello che uccide le cellule più in fretta di quanto esse possano rigenerarsi. 19 3- SISTEMI DI INDIVIDUAZIONE DEL VIRUS Sino al 1992 esistevano due metodi per individuare indirettamente la presenza di virus HIV nel sangue umano e quindi la sieropositività. Il primo, denominato ELISA, di tipo immunoenzimatico, rivela la presenza di anticorpi totali contro il virus. Il secondo, denominato Western Blot, studia in dettaglio gli anticorpi rivolti contro i singoli determinanti antigenici del virus, quali le proteine GP 160, GP 120, P 64 ed altre. La ricerca diretta del virus offriva serie difficoltà dal momento che esso è presente in circolo in quantità estremamente basse e non era quindi possibile riconoscerlo con le comuni tecniche di laboratorio. Nei primi mesi del 1992 K.B.Mullis ha messo a punto la Polymerase Chain Reaction (Pcr), un metodo in vitro finalizzato alla sintesi enzimatica di sequenze specifiche di acido nucleico. Partendo da una quantità esigua di acido nucleico, al limite anche un solo filamento, di cui non si conosce la composizione, il metodo può generare in poche ore 100 miliardi di copie perfettamente identiche all’originale, consentendo così di disporre di una quantità di campioni più che sufficiente per l’analisi. Se frammenti di essi, infatti, messi a contatto con una «sonda», costituita da un frammento di acido nucleico di composizione nota, «ibridizzano» ciò significa che sono 20 complementari a quest’ultimo e, quindi, consentono la identificazione dell’acido nucleico di cui fanno parte. Nel marzo 1994 il Prof. Jean Marie Andrieu, responsabile di un gruppo di ricercatori del laboratorio di immunologia dell’ospedale Laennec di Parigi, ha comunicò che il gruppo da lui diretto stava sperimentando una tecnica basata sulla ricerca del virus nel sangue, che consentirebbe di diagnosticare la sieropositività già durante il periodo di latenza di tre mesi che passa tra la contaminazione da virus e la formazione dei primi anticorpi. 21 4- Conseguenze dell'infezione da HIV. La paralisi della risposta immunitaria della persona aggredita dal virus HIV espone la stessa, come si è detto, a manifestazioni morbose di varia gravità, in genere infezioni opportunistiche, causate cioè da germi normalmente tollerati senza conseguenze dall'organismo umano con difese immunitarie intatte, ma divenuti aggressivi in difetto di idonea capacità immunitaria (di cui appunto colgono la "opportunità"), le quali conducono rapidamente al decesso, perché' non contrastate. Tra tali infezioni le più frequenti, oltre alla Pneumocystis Carinii, che attacca i polmoni, sono la candidosi provocata da un piccolo fungo che lede i tessuti epiteliali, la toxoplasmosi dovuta ad un protozoo che infetta l'encefalo, la meningite da criptococco, il linfoma maligno del cervello e quelle intestinali causate dalle amebe e da altri germi parassiti. Nel 35% dei casi insorge una particolare forma cancerosa della pelle denominata sarcoma di Kaposi. Peraltro il virus in questione, come altri simili, attraverso un meccanismo di sopravvivenza che è rimasto per anni oscuro e che attualmente sembra essere stato individuato dai gruppi di studio statunitensi guidati da Xiping Wei a Birmingham e da Davd Ho a New York nella sua riproduzione continua che mette a dura prova il sistema immunitario, può rimanere in uno stato di apparente latenza, che in 22 sostanza coincide con la resistenza dell’organismo alla sua aggressione, per lunghi periodi di tempo, 10 anni o anche 15 secondo le ultime stime, dopo i quali, per alcuni, perderebbe la possibilità di attivarsi e riprodursi e, invece, secondo altri, continuerebbe ad agire lentamente sul sistema nervoso centrale. Allo stato soltanto il 5-10% dei portatori del virus cade ogni anno in uno stato morboso, che tuttavia non rappresenta la più grave conseguenza dell'agente patogeno e che viene denominato A.R.C. (AIDS Related Complex), quando appare prodromico rispetto alla forma più grave (A.I.D.S.), consistente nella completa paralisi della risposta immunitaria, ovvero L.A.S. (Lymphoadenopatic Syndrome) quando è considerato esaustivo dell'attività del virus. I sintomi principali delle due forme predette sono sostanzialmente gli stessi e consistono in diarrea cronica, febbricola (37,5 gradi), astenia intensa, sudorazione notturna, manifestazioni cutanee, perdita di peso, linfoadenopatia generalizzata e candidosi oro-faringea. L'1 o il 2% dei portatori del virus in questione passa, invece, ogni anno all'A.I.D.S., sicché si stima che per ogni persona affetta da tale complesso morboso vi siano 50-100 portatori del virus e in definitiva il rischio di questi ultimi di rimanere vittime dell'A.R.C. o della L.A.S. è valutato intorno al 70% e di incorrere nell'A.I.D.S. intorno al 20% nel corso di un decennio. Va aggiunto che quando l'A.I.D.S. si risolve in infezioni opportunistiche conduce al decesso nel 100% dei casi entro il periodo massimo di 24 mesi o poco più e, ove si concretizza nel sarcoma di Kaposi, segna una sopravvivenza nel 58% dei casi dopo tale periodo. Il 1^ dicembre 1988, in occasione della giornata mondiale contro l'AIDS il Ministro italiano della Sanità ebbe a dichiarare che la sopravvivenza in Italia rispetto alla insorgenza della malattia era all'epoca mediamente di sette mesi e mezzo con degenza ospedaliera di circa 4 mesi, contro i 36 giorni degli Stati Uniti. 23 Ancor oggi l’osservazione della malattia iniziata solo nel 1983-84 è limitata rispetto a al periodo massimo di apparente latenza del virus (15 anni secondo l’orientamento prevalente), per cui ogni previsione è allo stato suscettibile di correzioni. Secondo una previsione prudente del Public Health Service degli Stati Uniti riportata sulla rivista Nature del 6 novembre 1986 il 20-30% dei sieropositivi (di coloro cioè che appaiono portatori del virus attraverso tecniche immunoistochimiche rivelatrici di specifici anticorpi, la più diffusa delle quali e' denominata ELISA) avrebbe dovuto sviluppare un'A.I.D.S. conclamata entro il periodo di cinque anni. Jonathan Mann, direttore del programma anti-AIDS della Organizzazione Mondiale della Sanità, ha sostenuto che l'attacco al sistema nervoso centrale (S.N.C.) costituirebbe il più distruttivo effetto dell'infezione da HIV, il quale in tale attività si comporterebbe come "virus lento", provocando una varietà di sindromi neurologiche varianti da una acuta infiammazione del cervello alla demenza cronica, che nella loro effettiva entità potranno essere valutate solo fra alcuni decenni, dato il limitato periodo di osservazione delle persone sino ad oggi riscontrate infette (v. in merito "A.I.D.S. A global challenge",World Health, Novembre 1986). Va aggiunto che, secondo il prof. Ferdinando Aiuti, immunologo dell'Università di Roma, i soggetti sieropositivi, anche quando sembrano asintomatici, ossia privi di manifestazioni morbose, presentano nella maggior parte dei casi (60-70%) alterazioni immunologiche e del sangue, nonché deficit del sistema nervoso di lieve entità durante la incubazione, il cui periodo medio, come si è detto, sarebbe di 15 anni. Al Congresso di Montreal del giugno 1989 lo stesso prof. Aiuti ebbe a dichiarare che esistono individui che, pur apparendo 24 sieronegativi (privi cioè di anticorpi specifici nel sangue), tuttavia sarebbero portatori del virus e che di costoro il 13% si ammalerebbe di A.I.D.S. in un periodo da 1 a 3 anni. La percentuale dei falsi negativi oscillerebbe dall'8% dell'Italia, al 12% della Francia e della Svizzera sino al 23% degli Stati Uniti rispetto al numero dei sieropositivi conclamati. In Italia fra essi va inclusa la predetta quota percentuale dei 50.000 tossicodipendenti risultati negativi rispetto al totale di 200.000 esaminati. Tra le infezioni opportunistiche attualmente le più frequenti sono la diarrea da criptosporico, la localizzazione nel sistema nervoso di criptococco, l’herpes zoster, la cecità causata di citomegalovirus. Una équipe di medici dell’Istituto San Gallicano di Roma, diretta dal prof. Ferdinando Ippolito e fra cui il dott. Siro Passi, ha messo in evidenza che che un deficit di vitamina E, di acidi grassi polinsaturi dei fosfolipidi e di glutatone perossidasi può rappresentare un fattore di insorgenza dell’AIDS nei soggetti già’ infettati dal virus HIV. Il prof. Antonio Pezzano, primario del dipartimento cardiologico presso l’Ospedale «Ca’ Grande» di Niguarda a Milano rese noto nel dicembre 1991 che presso l’ospedale stesso si stava conducendo dal 1988 una ricerca per vedere come l’AIDS interferisce sul cuore. Su 400 casi esaminati, circa la metà aveva evidenziato l’aggravamento della malattia di cuore con il progredire dell’AIDS, nel 18% dei casi si era notato versamento del pericardio, il 16% dei casi aveva mostrato interessamento del miocardio con alterazione della funzione del ventricolo sinistro, nell’11% dei casi si era riscontrata una insufficienza delle valvole tricuspide e mitrale ed inoltre in 3 casi vi era stata infiammazione dell’endocardio ed in uno il tumore di Kaposi. 25 5- Modi di trasmissione del virus HIV. I modi più frequenti di trasmissione del virus sono stati individuati nei contatti sessuali, in particolare quelli omosessuali e bisessuali, ma anche nei contatti eterosessuali, che in Africa e nei Paesi del centro America dominano la scena epidemiologica; nell'uso di aghi, siringhe ed altri strumenti acuminati già venuti a contatto con sangue di individui infetti; nelle trasfusioni di sangue e comunque nel contatto con il sangue altrui; nei fattori coagulanti usati nel trattamento dell'emofilia; ed infine nella gravidanza (il 25-50% delle donne infette trasmette il virus ai propri figli). Per quanto riguarda tale ultimo modo di trasmissione del virus l'Italia già nel marzo 1990 appariva purtroppo ai primi posti nel mondo e al secondo posto in Europa dopo la Francia con 1.219 bambini infetti dalla madre su un totale di 1.318, di cui 64 deceduti e 274 con i sintomi dell'AIDS (la differenza di 99 era rappresentata da bambini infettati da trasfusioni di sangue o di plasma). Alla fine del primo semestre 1996 il numero dei bambini infettati dalla madre con i sintomi dell’AIDS è salito a 533. Nel dicembre 1987 un turista americano rimase coinvolto in un incidente stradale verificatosi in Ruanda. Era a bordo di un minibus, quando questo usci' di strada ed egli rimase ferito, unitamente con altri passeggeri, da schegge di vetri infrantisi. Nella circostanza rimase cosparso dal sangue dei suoi vicini di posto e contrasse il virus 26 dall'A.I.D.S., penetrato attraverso le ferite riportate, come fu accertato tre mesi dopo al rientro in patria. Nei primi giorni del gennaio 1989 i proff. Bach e Videcocq dell'ospedale Necker di Parigi hanno reso noto il caso di un ragazzo che ha contratto il virus dell'AIDS durante un trattamento per agopuntura di una tendinite. Per quanto concerne la diffusione per contatto sessuale, va precisato che il virus contenuto nello sperma si trasmette nell'altro soggetto attraverso ulcerazioni o piccole lesioni del tessuto vaginale, uterino od anale. L'uso di pillole antifecondative, secondo un ricercatore del Kenia intervenuto al Terzo Congresso Internazionale sull'A.I.D.S. tenutosi a Washington nel giugno del 1987, favorirebbe la diffusione del contagio, in quanto a lungo andare provocherebbe ulcerazioni a carico dell'apparato genitale femminile con conseguenti maggiori possibilità di infiltrazione del virus. In un rapporto presentato al congresso annuale della Federazione di studi di biologia sperimentale, tenutosi a Las Vegas nei primi giorni del luglio 1988, il microbiologo Omar Bagasra della Scuola di medicina del New Jersey ha dichiarato che i leucociti risultano tanto più resistenti al virus, quanto minore è la percentuale di alcool presente nel sangue e ciò sulla base di esperimenti i quali avevano dimostrato una diffusione da 25 a 250 volte più rapida del virus nel sangue di persone che nel giro di 17 ore avevano consumato da 4 a 9 birre ciascuno rispetto alla diffusione nel sangue di astemi. Come si è' visto, dai dati sinora disponibili emerge che la trasmissione dell' HIV è limitata alle vie sessuali, parenterali e tra madre e figlio e che i veicoli accertati di trasmissione sono il sangue e lo sperma; ma non si esclude l'ipotesi che possa avvenire per altre vie e con altri veicoli, dal momento che il virus è stato isolato, sia pure in 27 piccole quantità nella saliva e nelle lacrime. Nel gennaio 1989 negli Stati Uniti un uomo impotente dichiarò di avere contratto l'AIDS due anni dopo avere avuto rapporto orale con una prostituta tossicomane. Molte perplessità sul caso sono state manifestate da gran parte degli esperti americani, trattandosi di caso unico denunziato, anche se il prof. Robert Edelman dell'Università del Maryland ha ammesso in via teorica la rischiosità anche del bacio. Alla VI Conferenza Internazionale sull'AIDS tenutasi a S.Francisco tra il 20 e il 24 giugno 1990 responsabili del servizio epidemiologico del Ministero russo della Sanità comunicarono che microlesioni presenti sul capezzolo di 12 madri hanno permesso il passaggio del virus al neonato. Al VII Congresso Internazionale sull’AIDS apertosi a Firenze il 17 Giugno 1991 il dott. Massimo Musicco del Consiglio Nazionale delle Ricerche illustrò uno studio condotto su 368 coppie, secondo cui la probabilità di infezione da rapporto eterosessuale e’ una su 200. Secondo lo studio la probabilità di trasmissione dall’uomo alla donna cresceva dallo 0,2-0,5% al 2,8% nel caso di rapporti anali, al 3,1% quando erano usati sistemi anticoncezionali introuterini e al 4,9% per le donne con infezioni vaginali. Secondo una teoria attribuita ad Haseltine e a Montagnier il virus dell’AIDS passerebbe attraverso le mucose anche intatte e in tutti i liquidi biologici, donde la trasmissione del virus anche attraverso il bacio. Il prof. Marcello Piazza di Napoli, che fu il primo a sostenere la pericolosità del bacio, tuttavia riteneva che la possibilità di trasmissione attraverso il bacio richiedeva la presenza di mucose orali indebolite da microlesioni. Nel 1991 in Francia fu accertato che oltre 6.000 persone erano state contagiate dal virus HIV nel 1985 in seguito a trasfusioni di 28 sangue infetto e che duecento di esse avevano già contratto l’AIDS. Responsabile dell’infezione fu ritenuto il Ministero della Sanità perché non aveva impartito le istruzioni necessarie per evitare il contagio, benché sin dal 1984 fosse stata messa a punto, da numerose imprese farmaceutiche straniere (Travenol-Hiland, Armour, Immuno, Bayer), una tecnica di riscaldamento dei prodotti antiemofilici (contenenti il fattore VIII, una proteina anticoagulante) che inattiva il virus dell’AIDS. E’ stata da alcuni prospettata l’ipotesi di una trasmissione del virus HIV attraverso la puntura di zanzare, ma essa è stata scartata in quanto tali insetti possono iniettare quantità talmente esigue di sangue da non consentire la trasmissione del virus. Secondo Jonathan Mann, responsabile dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la lotta all’A.I.D.S. verso la fine del 1992 nell’80% dei casi sino ad allora accertati la trasmissione del virus era avvenuta per via sessuale. Nell’Aprile del 1994 due scienziati italiani, Giovanni Rovera e Claudio Basilico, sono stati incaricati di coordinare i lavori di una commissione che dovrà stabilire la fondatezza o meno dell’ipotesi formulata dal giornalista scientifico Tom Curtis, secondo cui l’AIDS sarebbe stato originato dalla contaminazione di un vaccino antipolio sviluppato da Hilary Koprowsky nel Wistar Institute di Philadelphia negli anni ‘50 mediante coltivazione su reni di scimmie africane, vaccino somministrato a 300.000 africani nel Ruanda Burundi e nel Congo Belga tra il 1957 e il 1960. Il Prof. Giuseppe Visco, primario dell’Istituto Spallanzani di Roma ha ritenuto suggestiva e poco credibile l’ipotesi predetta, dal momento che il vaccino antipolio viene somministrato per bocca e che il virus dell’AIDS non attecchisce se ingerito. Infine una curiosità: allo scopo valutare l'estensione 29 dell'epidemia di Aids con testi anonimi, alcuni medici svizzeri hanno chiesto a otto prostitute di conservare i preservativi usati dei loro clienti, con tutto il loro contenuto di sperma. Ciascun preservativo usato è stato pagato 5 franchi svizzeri, cioè circa 7.000 lìre. I medici, diretti dal dottor Pietro Vernazza dell'Ospedale cantonale di San Gallo, hanno constatato con sorpresa che nessun test è risultato positivo, mentre il tasso di contaminazione in questa categoria è valutato tra lo 0,1 e lo 0,25 per cento Quando una mamma è sieropositiva e non è sottoposta a terapia, ha circa una probabilità su 4 di trasmettere il virus al bambino: può succedere durante la gravidanza o al momento del parto, oppure con l'allattamento. La probabilità è tanto maggiore quanto più è elevata la quantità di virus presente nel sangue, ma può dipendere anche dagli anticorpi che la madre riesce a fabbricare contro l'Hiv. Sia la quantità di virus sia il numero di anticorpi varia nel tempo: ecco perché la mamma può trasmettere il virus al primo figlio e non al successivo. Per i gemelli si può invece ipotizzare un rischio di contagio diverso al momento del parto. La somnúnistrazione di AZT sia alla mamma durante la gravìdanza e il travaglio, sia al bambino per 6 mesi dopo la nascita, riduce peraltro il rischio di trasmissione a circa l'8%. 30 6 - Diffusione della malattia nel mondo. In base ai dati diffusi dall'Organizzazione Mondiale per la Sanità i casi di A.I.D.S. riscontrati in 85 Paesi alla data del 30 settembre 1988 erano 108.176, di cui 69.085 nei soli Stati Uniti (San Francisco ne contava 5.000 con una previsione di 15.000 nel 1993) e 13.214 in Europa, fra i quali ultimi i 2.855 casi italiani. All'epoca in tutto il mondo i contagiati (sieropositivi) erano stimati fra i 5 e i 10 milioni. In Africa alla fine del 1988, secondo il prof. Souleymane Mboup dell'Università di Dakar, i sieropositivi erano stimati in 2 milioni soltanto in Uganda, Malawi, Ruanda, Burundi, Tanzania e Zaire, e cioè su una popolazione di poco più di 90 milioni rispetto a quella totale africana di oltre 600 milioni. Lo studioso anzidetto ebbe ad aggiungere che l' A.I.D.S., avrebbe potuto condurre alla scomparsa totale della popolazione a sud del Sahara, tenuto presente che all’epoca nella regione di Kagera, sulla sponda occidentale del lago Vittoria il 41% della popolazione sessualmente attiva sarebbe stata sieropositiva. La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ammise che le cifre pubblicate per l'Africa rappresentavano il 10% della realtà patologica riguardante l'A.I.D.S.. Alla 5.a Conferenza sull'AIDS del giugno 1989 il direttore generale dell'O.M.S. Jonathan Mann dichiarò che alla fine del maggio 1989 erano stati segnalati all'Organizzazione 157.191 casi di A.I.D.S. e 5 milioni di sieropositivi. Lo stesso aggiunse che i casi effettivi si aggiravano sui 480.000 e che agli inizi degli anni '90 i casi conclamati avrebbero dovuto essere circa 1.200.000. Il dott. Robert Gallo da parte sua nella stessa Conferenza previde in 6 milioni gli affetti dalla malattia nel 2000, se non si fosse trovato un vaccino in grado di impedire lo svi- 31 luppo del virus HIV. Avuto riguardo a gruppi di l00.000 abitanti i Paesi a maggior diffusione di A.I.D.S. alla data del 31 Marzo 1990, secondo i dati comunicati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, erano nell'ordine, dopo l'Uganda (73,2 persone affette da A.I.D.S. ogni 100.000 abitanti) e gli Stati Uniti (53,2), lo Zaire (33,6), la Svizzera (17,6), la Francia (17,3), il Canada (14,2), la Spagna (13,5), l'Italia (10,5), la Danimarca (10,2), la Germania (7,8), l'Olanda (7,21), il Brasile (7,1)), il Belgio (6,2) e il Messico (4,9) (v.Tav.n.1). I portatori asintomatici del virus, cioè privi ancora di manifestazioni morbose, furono stimati al Convegno di S.Francisco del giugno 1990 in circa 6-8 milioni e ciò sulla base di un numero effettivo stimato di 700.000 persone affette da A.I.D.S. rispetto ai 263.031 casi denunziati sino al 31 marzo 1990, nonché della proporzione di 30 sieropositivi per ogni malato di A.I.D.S. denunciato. Nello stesso Convegno furono previsti per il 2000 in tutto il mondo, avuto riguardo alla rapidità di propagazione del virus all’epoca, 15-20 milioni di sieropositivi con probabile sviluppo di AIDS in 6 milioni di essi, fra cui 1.700.000 donne. La realtà, come vedremo, ha superato le previsioni.. Va, comunque, messo in evidenza che la reale precisa consistenza del fenomeno sfuggiva e sfugge ancora all'Organizzazione Mondiale della Sanità in quanto non tutti i Paesi del Mondo sono in condizioni di eseguire accertamenti precisi sulla sieropositività e in ogni Paese gran parte dei sieropositivi resta incognita. A dimostrazione di ciò basti considerare che alla VI Conferenza sull'AIDS tenutasi a San Francisco alla fine del giugno 1990 Eunice Muringo Kiereini, delegato keniota, ebbe ad affermare che nella sola Africa, dove secondo i dati ufficiali i casi di AIDS sarebbero stati pari al 25% del totale, i sieropositivi erano all'epoca 3 milioni e mezzo, di cui 600.000 bambini sotto i 5 anni, pari ad oltre il 50% di quelli stimati 32 dall'O.M.S., e gli affetti da AIDS 400.000, ossia 140.000 in più rispetto ai casi denunziati in tutto il mondo. Infatti in quella Conferenza l'Organizzazione Mondiale della Sanità aveva reso noto che alla data del 31 Marzo 1990 erano stati denunciati in 156 Paesi del mondo 263.031 casi di AIDS, di cui ben 132.436 negli Stati Uniti e 63.842 in Africa (vedi Tavola n.1), con circa 300.000 decessi, di cui 80.000 negli Stati Uniti. . Nel gennaio 1992 l’O.M.S. comunicava che il 60% degli adulti infetti da HIV si erano ammalati entro i 12-13 anni seguiti alla infezione. Oltre tale periodo non vi erano dati, ma riteneva che entro un certo termine la stragrande maggioranza dei sieropositivi sarebbe andata soggetta alla infezione. Al congresso nazionale dell'Aids, tenutosi nei primi giorni del dicembre 1995 il professor Essex presidente dell'Harvard Aids Institute annunciava che entro la fine del 1996, più di 17 milioni di uomini, dodici milioni e seicentomila donne e tre milioni di ragazzi avrebbero contratto l'Aids. La massima diffusione dell'Aids avrebbe dovuto essere raggiunta nell'Africa subsahariana dove domina la variante B dell'HIV. Nello stesso convegno si è continuato a parlare della variante E dell'HIV sviluppatasi nei bordelli di Bangkok e di un nuovo sottotipo, identificato dal professor Essex, ad altissima diffusione sessuale e il rappresentante dell'Organizzazione mondiale della Sanità lanciava un nuovo grido di allarme, annunciando che ogni giorno in tutto il mondo si infettavano dalle 6 mila alle 10 mila persone. Secondo i dati diffusi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità dall’inizio della diffusione dell’infezione (1982) alla data del 31 dicembre 1997 i sieropositivi erano stati in tutto il mondo 42.000.000, di cui 3.800.000 avevano riguardato bambini fino ai 3 anni, e i casi di AIDS sviluppatisi erano stati 14.200.000, di cui 3.200.000 relativi a 33 bambini, mentre le persone decedute erano state 11.700.000, fra cui 2.700.000 bambini. La percentuale delle donne rispetto al totale degli adulti era stata stimata nel 31,15% relativamente ai soggetti sieropositivi, nel 41,8% delle persone affette da AIDS e nel 44,4% di quelle decedute a seguito di tale malattia, ed i nuovi casi di sieropositività denunciasti nel 1997 erano indicati per gli adulti in 5.200.000, di cui 2.100.000 pari al 40,38% riguardanti donne, e per i bambini fino a 3 anni in 590.000, mentre i decessi nell’anno stesso erano stati 2.300.000, di cui 840.000 donne e 460.000 bambini (vedi Tav.1). La distribuzione geografica degli infetti dal virus HIV e dei malati di AIDS verificatisi dal 1970 alla fine del 1997 registrava al primo posto l’Africa subsahariana con 29.700.000i casi, di cui 20.800.000 esistenti alla fine del periodo; al secondo posto il sud e il sud-est asiatico con 7 milioni e 130.000 casi, di cui 6.000.000 ancora esistenti; al terzo posto l’America Latina con 2.2.65.000 casi, di cui 1.650.000 esistenti; e solo al quinto posto l’Europa occidentale ((00.000 casi) dopo l’America del Nord con 1.360.000 casi (vedi Tab. 3). Per stabilire la rapidità di diffusione del morbo è opportuno fare riferimento ai dati relativi agli Stati Uniti, trattandosi del Paese in cui furono accertati i primi casi e che ne conta il maggior numero fra i Paesi industrializzati, sicché è da presumere che abbia l'osservatorio migliore. Ora, i nuovi casi di AIDS segnalati annualmente in quel Paese erano 8.160 nel l985, 33.643 nel l989 e 102.412 nel 1993, per cui nell’arco di 8 anni9 si erano moltiplicati 12 volte. Solo negli anni successivi vi è stata una diminuzione dei nuovi casi, scesi a 67.388 nel 1994, leggermente aumentati a 71.293 nel 1995 e scesi nuovamente a 69.151 nel 1996 (vedi Tav.n.8).. La diminuzione dei casi di AIDS va ascritta al diffondersi progressivo dei sistemi di prevenzione in quel Paese. 34 Va rilevato che i casi verificatisi fra gli uomini omosessuali sono discesi dal 71,4% del 1985 al 50% del 1996, mentre i casi maschili fra tossico dipendenti sono aumentati dal 14.6 al 22,6%. Nel 1996 poi si è verificato un aumento rispetto ai due anni precedenti dei casi fra eterosessuali (da 7.900-8.000 ad oltre 8.800) , con una maggiore incidenza dei casi femminili (5.522) rispetto a quelli dei maschi (3.299), il che denota, da un lato il diffondersi dello specifico tipo di trasmissione (nel 1990 i casi denunciati erano solo 2.255 con incidenza del 68% di quelli femminili) e, dall’altro, la maggiore permeabilità al virus dell’organo genitale femminile rispetto a quello maschile (vedi Tav.n.11). Anche i decessi negli Stato Uniti, dopo aver raggiunto una punta massima di 47.388 nel 1994, sono discesi a 45.763 nel 1995 ed hanno avuto nel 1996 una drastica riduzione (25.971 persone decedute), dovuto all’introduzione di nuove più efficaci terapie. La graduatoria dei Paesi con maggior numero di casi di AIDS ogni 100.000 abitanti (vedi Tab.n.5) vedeva ai primi posti nel giugno 1994, fra tutti i Paesi del mondo, la Namibia (349,14 casi), il Malawi (348,76, lo Zambia (332,74), il Congo (261,699, lo Zimbawe (259,85) e gli Stati Uniti (159,51). Nella stessa epoca la graduatoria dei Paesi europeo vedeva al primo posto la Spagna (61,83 casi ogni 100.000 abitanti),seguita dalla Svizzera (52,78), dalla Francia (52,29), dall’Italia (38,06, dalla Danimarca (27,19) e dal Belgio (16,01.) e tale graduatoria rimaneva immutata alla fine del 1995, in quanto registrava per la Spagna 88,44, per la Svizzera 69,11, per la Francia 66,87, per l’Italia 53,23, per la Danimarca 34,32 e per il Belgio 19,28 casi ogni 100.000 abitanti (vdi Tav. n.6). 35 7 - La diffusione dell’AIDS in Italia- L'Italia, che fino all'agosto l983 non aveva registrato alcun caso (vedi Circolare del Ministero della Sanità n.65/83), alla fine del 1986, quando in tutta l'Europa si erano già accertati circa 4.000 casi di A.I.D.S., ne contava 683, 1.771 alla fine del 1987 e 3.778 alla fine del 1988, con raddoppio dei casi ogni 10-11 mesi. Al 31 dicembre 1989 i casi denunziati in totale assommavano a 5.307. Di tali casi il 23,4% (1.006) riguardavano donne, che appena 18 mesi prima, nel giugno 1988, rappresentavano il 18% dei malati di AIDS, il che denota un coinvolgimento progressivo delle donne in relazione alla maggiore incidenza della infezione per contatto eterossesuale passata dall'1,3% dei casi (3 su 228) della fine del 1985, al 4,2% alla fine del 1987 (74 su 1772) e al 6,9% alla fine del 1989 (368 casi su 5.307) e alla minore incidenza dei casi riguardanti omosessuali maschi, passati dal 28,9% della fine del 1985, al 17,9% alla fine del 1987 e, infine, al 15,39% alla fine del 1989 (vedi Tavole n.2 e 4). Alla iniziale rapidissima diffusione è seguito un progressivo rallentamento, giacché i nuovi casi denunciati, dopo l’aumento del 100% registrato sia nel 1986, sia nel 1987, hanno avuto un incremento di circa il 50% nel 1988 rispetto al 1987 e solo del 20% nel 1989 rispetto all'anno precedente; ma nel 1^ semestre del 1990 i nuovi casi denunciati (1.394) erano aumentati del 45% rispetto al corrispondente semestre del 1989, il che portava a ritenere che i dati relativi al 1989 non erano rispondenti alla realtà. Del resto il senatore Condorelli, nella sua relazione al disegno di legge sull'AIDS approvato dal Parlamento nel maggio 1990 (L.5-6- 36 1990 n.135), sulla base del modello di crescita dal 1982 al 1989 (5.307 casi con 2.513 decessi pari al 47,4%) ebbe a prevedere 39.349 casi complessivi per la fine del 1992 con 24.095 nuovi casi in tale anno. Tale previsione appariva eccessiva, avuto riguardo al rallentamento verificatosi nella diffusione della malattia negli ultimi tempi (+50% di nuovi casi ogni anno), che portava a prevedere alla fine del 1992 un totale di 19.044 casi, di cui 6.507 nuovi in tale anno e e cio' anche sulla base della crescita negli Stati Uniti (raddoppio del totale dei casi ogni 18 mesi), conducente pressappoco alla medesima previsione (5.307 casi nel 1989, 10.414 alla fine del giugno 1991 e 20.828 casi alla fine del 1992). Alla data del 31 Agosto 1990 i malati noti di A.I.D.S. in Italia, secondo i dati comunicati dal Ministero della Sanità, erano 7.126 e fra le regioni ai primi posti per numero di casi figuravano nell'ordine la Lombardia (2.415 casi), il Lazio (965), l'Emilia-Romagna (715), il Piemonte (583) e la Toscana (457). Per quanto concerne i tossicodipendenti, essi rappresentavano in Italia la categoria a maggior rischio, giacché la percentuale dei malati di AIDS rispetto al totale, che era del 46,9% nel 1985, era passata al 64,1% nel 1987 e al 65,8% alla fine del 1989, mentre nella maggior parte degli altri Paesi (Stati Uniti, Inghilterra, Olanda, Finlandia, Danimarca, Germania, ecc.) la categoria maggiormente investita dall'infezione era quella degli omo-bisessuali (vedi Tavola n.2). Secondo una recente indagine del Labos fra i tossicodipendenti in cura presso strutture pubbliche l'1,1% era stato riscontrato affetto da AIDS conclamato, il 10,4% in fase di ARC-LAS ed il 41,7% in stato di sieropositività. I dati regionali riferiti alla fine del 1989 indicavano al primo posto la Lombardia (19,79 casi di A.I.D.S. ogni 100.000 abitanti),seguita dalla Liguria (18,12), dall'Emilia-Romagna (13,67), dal Lazio (13,17), 37 dalla Sardegna (10,32) e dalla Toscana (9,15) e dal Piemonte (8,49), mentre agli ultimi posti figuravano nell'ordine la Campania, l'Abruzzo, la Basilicata e il Molise (vedi Tav.n.4). Nella sola Milano, la cui popolazione rappresentava il 16,4% di quella della Lombardia e dove i tossicodipendenti, secondo alcune stime erano nell'ottobre del 1988 almeno 15.000 in prevalenza cocainomani, risultavano denunziati alla fine del marzo 1990 ben 595 casi di A.I.D.S., pari a circa il 28,4% dell'intera Lombardia, che alla fine del giugno 1990 arrivava a registrare 2.204 casi di AIDS su 6.701 in sede nazionale e cioè un terzo dei casi, benché la popolazione fosse di poco superiore al 15% di quella nazionale. Nel Lazio un abitante su mille era stato riscontrato sieropositivo. I casi di AIDS conclamata erano a fine aprile 1989 468, di cui 450 a Roma, 17 a Latina, 5 a Viterbo, 5 a Frosinone e 1 a Rieti, di fronte a 5.181 casi di sieropositività denunciati nella Regione. Mentre nel 1985 per ogni donna infetta vi erano 4 uomini, nel 1989 il rapporto era dimezzato, essendo aumentato il numero delle sieropositive con calo dell'età di manifestazione della infezione. La progressiva maggiore incidenza delle donne trova spiegazione nel diffondersi del contagio da rapporto eterosessuale. I 5.181 casi di sieropositività del Lazio risultavano distribuiti come segue per fasce di età: da 0 a 1 anno: 150 casi, di cui 60 riguardanti femmine da 1 a 14 anni: 306 casi da 15 a 24 anni: 1.500 casi, di cui 900 riguardanti maschi tutti tossicodipendenti e 600 donne da 24 a 34 anni: 2.650 casi, di cui 2.000 uomini, in massiparte drogati e 650 donne da 35 a 44 anni: 425 casi, di cui 350 uomini in gran 38 parte omosessuali e 75 donne da 35 a 45 anni: 100 casi oltre: 50 casi. Ma oltre ai malati di AIDS esistevano in Italia all’epoca persone affette dalla forme minori di A.R.C. e L.A.S.. Il senatore Condorelli della Commissione Igiene e Sanità del Senato, nella relazione del maggio del 1990 sopra citata ebbe ad affermare che in quell’anno per ogni caso conclamato di AIDS si registravano 2 casi di A.R.C, 12 di L.A.S. e 16 di sieropositivi, cosicché di fronte ai 6.701 casi conclamati di AIDS del giugno 1990 deve ritenersi che esistevano 13.402 casi di A.R.C., 80.412 casi di L.A.S., 107.216 casi di sieropositività e quindi in totale oltre 200.000 persone infettate dal virus HIV. Nel primo semestre del 1995, l'Italia presentava il maggior numero di casi di AIDS in Europa, mentre in precedenza era stata sempre superata dalla Francia e della Spagna. avendo registrato, secondo i dati diffusi dal ministero della Sanità, circa 95 mila sieropositivi e ottomila malati di Aids. Dai dati emergeva la diminuzione della trasmissione della malattia tra i tossicodipendenti, anche se rimaneva la categoria che resta di gran lunga la più colpita. Su cento casi di Aids, 65 erano stati trasmessi attraverso l'uso promiscuo di siringhe, 18 con un rapporto omosessuale e 7,8 attraverso uno eterosessuale. I rimanenti casi si erano avuti per trasfusione di sangue infetto o per cause non determinate. Era cresciuto poi il numero le donne colpite dall'Aids: nel 1989 su cento casi solo 18 riguardavano le donne, mentre nel '95 la .percentuale delle malate era salita al 24,6 per cento. Secondo lo studio del ministero, nel 1990 il 30,8 per cento dei tossicodipendenti in cura nel Servizio sanitario nazionale era sieroposdtivo. Una percentuale che si era abbassata al 28,8 nel 1991 e 39 al 23,6 nel 1992. . Dal 1983, anno in cui si registrò il primo caso in Italia, alla fine del 1996 i casi di Aids conclamato denunciati in Italia erano stati 37.170 con 25.274 decessi, per cui le persone affette dalla malattia ammontavano all’epoca ad oltre 12.000 (vedi Tav.n.12). Il tasso di letalità rispetto ai nuovi casi era ridotto al 21,30, mentre sino al 1991 si era mantenuto al di sopra dell’84% . La Regione di gran lunga più colpita dalla malattia (v.Tav.n.13) era la Lombardia, con 11.646 casi dal 1982, seguita dal Lazio (4.713), dall'Emilia Romagna (3.581), dal Piemonte (2.540), dalla Toscana (2.270) dal Veneto (2.216) e dalla Liguria (1.901). In cinque regiorú italiane, l'Aids era divenuta tra le giovani donne la prima causa di morte, secondo uno studio dell’Istituto superiore di Sanità, presentato al congresso sull’AIDS tenuto nel luglio 1996: la Liguria era primo posto, con 40 donne morte su 100, seguita dalla Lombardia, con una mortalità del 36% sul totale. Nel 1996, secondo i dati forniti dal Ministero della Sanità, le donne rappresentavano il 24,46% delle persone affette da AIDS denunciate in quell’anno contro il 18,4% del 1989 e l'aumento del contagio eterosessuale esponeva al rischio dì Aids anche gli anziani: il 2% di tutti casi notificati, infatti, era rappresentato da ultrasessantenni, a causa sopra tutto di attività sessuale promiscua. Il maggior numero di casi si era verificato alla fine del 1996 (vedi tav.n.14) tra gli uomini fra i 30 e i 34 anni (9.599 pari al 32.91% dei casi maschili) e fra le donne fra i 25 e i 29 anni (2.534 casi pari al 31,67% dei casi femminili) ed anche se in assoluto i tossicodipendenti rappresentavano la categoria più esposta al rischio di infezione (61% di tutti i casi denunciati) un aumento consistente si era verificato per le infezioni dovute a contatti eterosessuali (dall’8% del periodo 82-90 al 15,9% del 1996), con una prevalente incidenza per le donne, che 40 registravano il 29,2% di tutti i casi ad esse relativo di fronte all’8,2% degli uomini rispetto al totale dei casi maschili (vedi Tav.n.15). Per i casi da contatto etero-sessuale va precisato che il 40% dei casi era da ascrivere a partner tossicodipendente (vedi Tav.n.16). Per quanto riguarda le patologie conseguenti all’A.I.D.S. quelle predominanti arano rappresentate alla fine del 1996 (Tav.n.17) dalla candidosi polmonare o esofagea (circa il 22%) e dalla pneumocistis Carinii (20% circa). 41 9 - Diffusione dell’AIDS tra le categorie a rischio. Dopo la constatazione della diffusione del virus anche a seguito di contatti eterosessuali, oggi non si parla piu' di specifiche categorie a rischio, bensi di categorie a maggiore o minore rischio rispetto ad altre, varianti da Paese a Paese secondo le caratteristiche della popolazione (vedi Tav.n.7) Così negli Stati Uniti d'America, dove predominano di gran lunga i cocainomani rispetto agli eroinomani e si calcola che dal 6 al 10% della popolazione maschile sia omosessuale (nella sola San Francisco gli omosessuali sono stimati in 80.000 su 700.000 abitanti e l'82% dei sieropositivi era rappresentata nel giugno 1990 da omosessuali bianchi) la categoria a maggior rischio è rappresentata dagli omo-bisessuali maschi, incidenti per il 55,4% sul totale (vedi Tav.n.11), nonostante la rilevante diminuzione della percentuale negli ultimi anni (nel 1985 era del 71,4%), mentre in Italia la categoria a maggior rischio è stata sempre quella dei tossicodipendenti, che costituiscono attualmente il 58,9% dei malati, in quanto fra essi prevalgono nettamente gli eroinomani esposti in modo particolare all'infezione per l'uso comune di aghi e siringhe, mentre gli omosessuali sono il 14,7% (vedi Tav.n.15). Medici dell'Ospedale "L.Spallanzani" di Roma hanno accertato rispetto a 446 persone ricoverate per AIDS o pre-AIDS tra il 1984 e il 1988 che oltre il 74,7% degli uomini e il 64,6% delle donne era tossicodipendente o partner di drogati. Sia negli Stati Uniti, sia in Italia gli infetti da contatto eterosessuale costituivano circa il 4% di tutti i malati di A.I.D.S. nel 1986 e alla fine del 1996 erano aumentati ad altre il 12% in ambedue i Paesi con netta 42 prevalenza delle donne negli Stati Uniti (veci Tav.11 e 15). Per quanto concerne la diffusione dell'A.I.D.S. tra i tossicodipendenti assuntori di eroina è emerso da appositi studi (Ortona, Lugli ed altri,"Immunità ed infezioni nel tossicodipendente", Boll. Tossicod.ed Alcool. VIII nn.4-5,1985) che tali soggetti presentano una alterazione numerica e funzionale dei T-linfociti e della funzionalita' granulocitoria e, quindi, della risposta immunitaria, probabilmente provocata dalla continua immissione di droga e di sostanze da taglio, nonché da ripetute stimolazioni antigeniche da parte di numerosi agenti infettivi soprattutto virali, alterazione tale da favorire l'impianto anche dell'agente responsabile dell'A.I.D.S.. Nel maggio 1987 su 48.720 persone esaminate, nella maggior parte tossicodipendenti, 16.000 risultarono sieropositivi e di essi 8.500 asintomatici, 6.054 affetti da sindrome linfoadenopatica (L.A.S.) e 1.500 dalla forma pre-AIDS denominata A.R.C..In base a tali risultati, comparati con altri precedenti (all'inizio del l984 soltanto il l0% dei tossicodipendenti risultò sieropositivo, mentre due anni dopo la percentuale era salita al 40%), si stimò che il 99% degli eroinomani, che erano all’epoca non meno di 250.000, sarebbero rimasti infetti, il che non si è verificato per le precauzioni poste in essere dalla categoria a seguito di ripetute informazioni da parte delle autorità sanitarie sui mezzi di trasmissione e sui pericoli dell’infezione L'incidenza delle donne sul totale degli affetti da A.I.D.S. è allo stato attuale molto contenuta, in quanto si aggira generalmente intorno al 20-25% in tutti i Paesi del mondo, tranne in quelli dell’Africa subsahariana dove arriva al 50% (vedi Tav.n. 3). 43 9 - I casi pediatrici- La trasmissione del virus HIV da madre a figlio (trasmissione verticale) può verificarsi sia «in utero», ossia nella fase di gravidanza, sia al momento del parto, quando il bambino viene a contatto diretto con le mucose dell’apparato genitale della madre, ovvero durante l’allattamento. La trasmissione attraverso l’allattamento al seno del neonato è abbastanza rara, ma è stata riscontrata clinicamente in diversi casi. Per quanto riguarda la trasmissione durante la gravidanza si era inizialmente ipotizzato che essa avvenisse attraverso il recettore CD4 ritenuto presente sulle cellule del citotrofoblasto, ossia del tessuto aderente alla placenta, che consente la nutrizione dell’embrione. Recentemente la maggior parte degli studiosi ha escluso la presenza sulle cellule predette del recettore CD4, che avrebbe reso molto più agevole di quanto si verifica la trasmissione del virus, e ritiene che questa avvenga meno facilmente attraverso le cellule moonocitomacrofagiche dei villi coriali della placente infettate dal virus. Ciò spiegherebbe perché la trasmissione per via placentare da madre infetta avvenga soltanto mediamente nel 25-30% dei casi. Va tenuto presente tuttavia che tutti i figli di madre sieropositiva presentano al momento della nascita anticorpi anti HIV trasmessi dalla madre e risultano essi stessi sieropositivi. Peraltro, poiché il bambino dopo i primi sei mesi di vita perde gli anticorpi trasmessi dalla madre, soltanto uno su tre dei sieropositivi nella prima settimana di vita resta realmente infetto. Va aggiunto che i bambini infetti vanno incontro ad una grave 44 forme di AIDS, che si sviluppa rapidamente, tanto che essi muoiono generalmente prima del terzo anno di età. Al 31 dicembre 1997 risultavano denunciati nel mondo dal 1982 in poi 3.800.000 casi di infezione da HIV riguardanti bambini fino a 3 anni di età con 2.700.000 decessi, sicché a quella data erano presenti 1.100.000 casi di sieropositività pediatrica, di cui 590.000 insorti nel corso del 1997 (vedi Tav.1). I casi predetti comprendevano oltre a quelli dovuti a trasmissione verticale (da madre a figlio) anche gli altri verificatisi per trasfusione di sangue o di plasma, incidenti in misura minima (dal 2 al 4% dei casi). In Italia sino al 31 dicembre 1996 si erano verificati 556 casi di trasmissione verticale, di cui 265 riguardanti maschi (47,8%) e 289 femmine (52,2%). La patologie seguite all’infezione più frequentemente riscontrate (vedi Tav.20) erano nell’ordine erano), l’encefalopatia (19% circa dei casi), la polmonite da pneumocistis Carinii (il 17% circa dei casi), la polmonite interstiziale linfoide (17% circa dei casi) e la candidosi (12%). Nel 1996 per la prima volta si è verificata una diminuzione dei casi pediatrici di AIDS, negli anni precedenti sempre in progressivo aumento. Negli Stati Uniti d’America, secondo un rapporto del Centro per il controllo delle malattie infettive pubblicato nel marzo 1987, fra i minori degli anni 13 vi erano 460 malati di AIDS, di cui due terzi avevano contratto il virus dalla madre sieropositiva prima di nascere. Nel 1992 i casi pediatrici denunciati dall’inizio dell’infezione erano saluti ad oltre 3.000 e alla fine del 1996 ammontavano a 7.629, di cui 875 verificatisi nel 1994, 745 nel 1995 e 678 nel 1996. 45 10 - La diffusione dell’AIDS nelle carceri. L'ambiente carcerario costituisce il luogo di maggior diffusione dell'A.I.D.S.. Negli Stati Uniti, secondo uno studio del dott. Perry Smith, su 450 donne imprigionate sottoposte a test il 19% erano sieropositive e di esse il 24% tra i 30 e i 39 anni. A San Francisco una inchiesta condotta tra 184 criminali di 16 anni di età evidenziò che, pur conoscendo la maggior parte di essi la riduzione di rischio tramite l'adozione di preservativo, solo il 14% lo usava. Un terzo di essi ammise di avere avuto rapporti omosessuali in cambio di stupefacenti. Nella Svezia su 1.069 tossicomani detenuti tra il gennaio 1987 e l'ottobre 1988 il dott. Robert Olin riscontrò che il 13% erano sieropositivi, distribuiti nella stessa misura tra uomini e donne. Solo il 6% di essi facevano uso di amfetamine iniettabili, mentre il 47% erano eroinomani. In Francia a Lione, secondo una inchiesta condotta su 500 soggetti detenuti, più del 50% di essi confessò di avere avuto in una forma o nell'altra rapporti omosessuali e il tasso medio di sieropositività fra i detenuti nelle prigioni francesi fu valutato dal dott. Pierre Espinoza nel 6%, come da lui riferito nel Convegno di Montreal del giugno 1989. Nello Zambia il 16% dei detenuti da almeno tre mesi in cinque stabilimenti carcerari si sono rivelati sieropositivi e il 12% ha ammesso di avere avuto relazioni omosessuali in carcere. In Italia il fenomeno della diffusione del contagio nelle carceri è preoccupante, sia perché oltre il 30% dei detenuti sono tossicodipendenti, sia perché nelle carceri, tra l'altro sovraffollate, sono frequenti episodi di violenza omosessuale. Tuttavia il miglioramento 46 dei servizi sanitari delle carceri e l’adozione di misure idonee ad evitare il contagio, hanno ridotto la diffusione dell’infezione. Infatti, mentre nel 1990 su un totale di 7.299 tossicodipendenti detenuti 2.378, pari al 32,6%, risultarono sieropositivi, tale percentuale discese al 22,8% nel 1992 (3.377 su 14.818) e nel 1995 è stata del 14,5% (1.962 su 13.466).. La percentuale dei sieropositivi tra detenuti varia da regione a regione con punte massime nelle Carceri dell'Ispettorato di Torino e e le minori percentuali in quelle siciliane. In aumento sono invece casi di A.I.D.S. accertati fra i detenuti, essendo passati dai 2 del 1985 e dai 9 del 1986, a 36 nel 1988, a 84 nel 1991 a 86 nel 1993 ed a 62, pari al 2,8% dei sieropositivi, nel 1995. . La percentuale dei tossicodipendenti fra i detenuti è passata dal 10% del 1985 al 25,43% nel 1989, al 30,1% nel 1993 e al 31,6% nel 1995 (vedi Tav.n.23). L'incidenza delle donne sul totale e' stato valutato intorno al 7,5% (nel 1988 su 7.500 tossicodipendenti detenuti, di cui 6.661 eroinomani, fra questi soltanto 498 erano donne). Su 2.721 detenuti, riscontrati positivi alla data del 31 marzo 1988, 39 (1,4 su 100) erano affetti da A.I.D.S. conclamato, 145 (5,3 su 100) da A.R.C.(AIDS Related Complex ovvero stadio pre-AIDS) e 728 (26,75%) da L.A.S.(Sindrome Adeno-Linfopatica). La gravità della situazione carceraria per quanto riguarda la diffusione della malattia indusse nel 1989 il Direttore Generale degli Istituti di Prevenzione e di Pena a proporre l'istituzione di un esame obbligatorio (test o screening) al fine di accertare la sieropositività o meno delle persone detenute, ma la proposta non ha trovato consenso da parte del Parlamento all'atto dell'approvazione della legge 5 giugno 1990 n.135. 47 11- Mezzi per evitare il contagio. Al fine di contenere la diffusione del virus in via di prevenzione sono state pubblicizzate in ogni Paese misure fondamentali, consistenti nell'evitare rapporti con partners occasionali; nell'uso in ogni caso di profilattico (altrimenti denominato "condom" ovvero contraccettivo domestico); nel non uso di spazzolini da denti, rasoi, aghi, siringhe ed altri oggetti di tipo acuminato e persino di effetti personali, allorche' adoperati da altri; nella disinfezione o sostituzione di lamette e rasoi usati da barbieri e da parrucchieri, nonché di pinze, mole, aghi ed altri strumenti usati dai dentisti; e ciò perché anche minime lesioni della pelle o delle mucose consentono la infiltrazione del virus. Al terzo Simposio Internazionale sull'A.I.D.S. tenutosi nel giugno 1987 fu annunciata la scoperta di una sostanza chimica denominata "peptide T", che sarebbe efficace nel prevenire il contagio da A.I.D.S., ma di essa non si sono avute altre notizie. Nella conferenza sull'A.I.D.S. del giugno 1990 a S.Francisco due case farmaceutiche americane presentarono dei profilattici rosa per signore idonei a rivestire una ampia zona della mucosa vaginale. Inoltre, sono stati indicati come disinfettanti attivi per l'HIV, tra l'altro, l'ipoclorito di sodio in soluzione 0,5-1%(varechina) per i pavimenti e i piani di lavoro; il bagno in alcool al 30% per almeno 5 minuti relativamente agli strumenti idonei alla trasmissione del virus (aghi, bisturi ed altri oggetti acuminati o da taglio); la cloramina in soluzione al 2,5-5% (Cloretina) per oggetti d'uso ed il calore a 56 gradi centigradi per almeno 30 minuti per i prodotti organici. Fondamentale rimane, peraltro, l'esame o test del sangue al fine di 48 accertare la presenza degli anticorpi anti-HIV e quindi la sieropositività, giacche' la prevenzione più efficace consiste nell'adozione da parte delle persone infette di precauzioni atte ad evitare il contagio, ossia la trasmissione del virus. Il test obbligatorio è, però, tuttora avversato dalla maggioranza dei cittadini in quasi tutti gli Stati sia perché è visto come una violazione di un principio di libertà per quanto concerne la cura della salute individuale, sia per ragioni che attengono alle preoccupazioni e allo stato d'animo dei sieropositivi, che talvolta si sono indotti ingiustificatamente ad atti irrazionali contro se stessi e anche contro altri, sia infine a causa dell'emarginazione conseguente all'accertamento della sieropositività, che, essendo nella maggior parte dei casi collegata a tossicodipendenza o ad omosessualità, viene vista come condizione infamante dalla collettività'. In Italia la legge n.135 del 5 giugno 1990 ha vietato qualsiasi accertamento sulla sieropositività senza consenso dell'interessato, se non per motivi di necessita' clinica nel suo interesse (art.5, comma 3) ed ha previsto le pena dell'ammenda e dell'arresto per il datore di lavoro che non rispetti il divieto. Negli Stati Unti Christopher Elias del Population Council, al fine di prevenire la trasmissione sessuale del virus dell’AIDS, ha proposto Condom femminili, creme vaginali antivirus e ovuli a base di lactobacilli, cioè di batteri in grado di opporsi all'Hiv, da usare anche ad insaputa del partner.. Tali mezzi appaiono tuttavia di difficile utilizzo. Giuseppe Ippolito, dell'ospedale Spallanzani di Roma, recentemente no minato dal governo americano esperto dei rischi professionali, ha suggerito, in caso di incidente, quale la puntura con un ago infetto, la somministrazione entro due ore dall'esposizione, e per le 4 settimane successive di due farmaci, il 3-Te e l'Azt, come profilassi, che potrebbe essere adottata anche dalla donna in caso di stupro. 49 12- Studi e scoperte epidemiologiche. Per quanto concerne la cura delle persone infettate, al Convegno sull'A.I.D.S. di Stoccolma del 1988 gli studiosi si dimostrarono scettici circa la possibilit della preparazione di un vaccino a breve termine e cio' dopo che farmaci preannunciati risolutori, come l'"MM-1", di formula sconosciuta, dichiarato efficace nell'80% dei casi nel novembre l987 dai suoi preparatori proff. Lurhuma Zirimewabago dell'Università di Kinshasa e Ahmed Shafik dell'Università del Cairo o il "DDC" messo a punto dal dottor Samuel Broder dell'Istituto nazionale statunitense per il cancro, avevano dato risultati deludenti o addirittura dannosi. Per anni l'unica sostanza producente effetto certo sulla evoluzione dell'A.I.D.S., peraltro soltanto ritardante rispetto all'esito fatale, è stata l'A.Z.T. (azido-timidina o zidovudina). La sua validità fu concordemente ribadita alla Conferenza di S.Francisco del giugno 1990, con precisazione che essa dava i migliori risultati quando era usata a bassi dosaggi su sieropositivi asintomatici. L'A.Z.T. blocca l'attività' enzimatica della trascrittasi inversa (produzione di antigeni da parte del virus) senza incidere sull'analoga attività delle cellule umane e ciò in quanto fornisce al virus una sostanza, che ad esso appare idonea per costruire la sua catena di DNA, ma che, essendo priva di punti di attacco per il successivo anello della 50 catena, impedisce il completamento di questa. L'uso del farmaco fu autorizzato dapprima negli Stati Uniti dalla Food and Drug Administration e poi anche in Italia nell'agosto del 1987, dopo sperimentazione durata sei mesi, limitatamente ai centri clinici ospedalieri ed universitari, in quanto il prodotto è fortemente tossico ed è dannoso ai portatori del virus abbiano o non abbiano manifestazioni morbose. Negli Stati Uniti fu fortemente osteggiato perché circa la metà di tutti i malati di AIDS conclamato erano stati costretti a smetterne l'uso a causa di gravi anemie, disturbi al fegato ed altri effetti analoghi. In un secondo tempo iniziò a farsi molto affidamento su composti simili all' AZT (DD1, D4T, AZDU), che all’inizio degli anni ’90 erano in corso di sperimentazione per verificarne gli effetti e la minore tossicità. Scienziati del National Cancer Institute di Bethesda avevano, infatti, riferito che persone infette dal virus dell'AIDS avevano mostrato un miglioramento del sistema immunitario dopo avere usato uno dei farmaci sperimentali predetti, il DDI (dideossinosina), meno tossico dell'AZT. All’epoca un altro farmaco, la difluorometilornitina (D.F.M.O.), apparve in grado di combattere efficacemente una grave complicazione polmonare da cui sono colpiti gli affetti da A.I.D.S., la pneumocisti (ben 240 guarigioni su 300 casi). Gli studi si incentrarono, poi, principalmente su una sostanza sintetica, il CD4-solubile, liberamente fluttuante diversamente dal corrispondente CD4-recettore esistente sulla superficie dei linfociti. Essa doveva agire in modo da adescare il virus, ingannandolo, incastrandosi in esso ed immobilizzandolo, prima che avesse la possibilità di fissarsi sul CD4-recettore delle cellule. Si cercava anche di studiare la possibilità di usare il CD4-solubile per attirare fuori delle cellule infette il virus in esse penetrato. Ricercatori del National 51 Institute of Health del Texas, basandosi sul fatto che il virus dell'AIDS, una volta penetrato nel Linfocita T lascia sulla superficie del medesimo un segno costituito dalla proteina GP120, che era servita per agganciarlo al CD4-recettore, sono riusciti a legare il CD4-solubile con una sostanza letale per l'HIV e stanno cercando di usare il composto in modo che esso si indirizzi verso le cellule infette, penetri in esse e distrugga il virus dell'AIDS. Un composto simile allo zucchero, denominato "Dextran sulfate" sembra che possa impedire all'HIV - almeno in laboratorio sinora - di aggredire le cellule. Si tratta di un farmaco importato negli Stati Uniti dal Giappone, di cui non si conosce esattamente come operi. Si sa soltanto che ha un forte carica negativa e si pensa che essa funzioni come scudo elettronico per respingere il virus, anch'esso carico negativamente; ma la sua azione non è stata ancora sperimentata sull'uomo. Inoltre, si sta studiando la possibilità di impiegare con esito positivo negli stadi iniziali dell'A.R.C. o della L.A.S. un nuovo farmaco: l'Interferone del tipo Alfa-2, già impiegato in una particolare forma tumorale, la tricoleucemia, con il risultato della riduzione alla normalità delle cellule tumorali. L'Interferone viene prodotto attraverso operazioni di ingegneria genetica ed agisce mediante particolari segnali biologici alle cellule malate, come annunciato nel Convegno medico tenuto a S.Margherita Ligure il l5 giugno 1987(vedi Tav. n.7). Più recentemente gli esperimenti effettuati hanno fatto ritenere che una combinazione dell'Interferone Alfa e dell'AZT abbia migliori effetti e comunque minore tossicità rispetto all'uso di uno soltanto dei due farmaci, ma non tutti i ricercatori condividono la opinione che la combinazione dei due farmaci costituisca il rimedio auspicabile. Secondo il prof. Aiuti l'obiettivo primario resta pur sempre il vaccino e la sperimentazione delle proteine GP160 (glicoproteina) , 52 GP125 e HGP a suo parere sembra dare risultati promettenbti. Già al Convegno sulla ricerca per il cancro e l'AIDS tenuto a Venezia nella metà del gennaio 1989 il prof. Robert Gallo aveva preannunciato che il vaccino allo studio per la malattia sarebbe stato probabilmente una combinazione di due agenti diversi: uno per creare anticorpi, ottenuto attraverso un frammento innocuo del virus, e l'altro per proteggere le cellule dell'organismo, ottenuto mediante inserimento di una parte del virus in un veicolo come il batterio della salmonella. Alla Conferenza mondiale di Montreal del giugno 1989 i proff. Salk e Gibbs dell'Istituto Salk di La Jolla in California avevano annunciato da parte loro la messa a punto di un vaccino che ha dato risultati positivi su alcuni scimpanzé. Sino ad oggi, però, i tentativi per la preparazione di un vaccino idoneo a prevenire l’infezione non hanno avuto esito. Il National Institute of Health degli Stati Uniti ha dette il via nel 1986 per la messa a punto di un vaccino preventivo e dieci industrie americane sono impegnate in tale ricerca, imperniata sull’uso di parti del virus, in funzione di antigene e principalmente di una proteina di superficie, la glicoproteina GP 160), per provocare risposte difensive dell’organismo. Tale proteina, infatti, permette al virus di agganciare i linfociti T-CD4 e di penetrare in essi, sopprimendoli. Si prevede che non si possa avere le prime risposte sull’efficacia di un vaccino prima del 2000. Paul Ewald, professore di biologia evoluzionistica nell’Ambers College del Massachusetts, ha sostenuto che la malattia non potrà essere debellata con formaci e nemmeno con vaccini, in quanto suscettibili di favorire l’evoluzione dell’HIV in forme ancor più potenti e imbattibili. La sua teoria si basa sulla esistenza del virus in Africa da secoli e nell’acquisto recente da parte di esso di particolare virulenza a seguito dello sviluppo della urbanizzazione e della emigrazione dalla 53 campagna, che ha sviluppato la prostituzione, spingendo il virus a divenire più offensivo ed a ridurre il periodo di latenza, necessariamente lungo in caso di unico partner, onde evitare la propria estinzione. Al VII Congresso mondiale sull’AIDS tenuto a Firenze il 17 giugno 1991 il prof. Luc Montagnier indicò in una mistura di citochine contenenti interleukine IL2 e IL6 e fattori di morte tumorali, o TNF, il farmaco capace di prevenire l’autodistruzione dei linfociti T in un organismo infettato dal virus dell’AIDS. Nel novembre 1993 furono sono usati per fermare l’azione distruttiva dell’HIV tre antivirali estremamente tossici e con effetti collaterali devastanti: l’AZT, la Ddi e il Ddc. Il Brtitish Medical Council aveva annunciato nell’aprile del 1993 che l’AZT sarebbe inefficace per il trattamento precoce dei sintomi nei sieropositivi, mentre.Yung-Kang Chow, ricercatore del Massachusetts General Hospital, dichiarava che era riuscito ad eliminare il virus dalle cellule del sangue infettate dall’HIV mediante una combinazione dei farmaci AZR, Ddi e nevirapina-piridinina. In una intervista rilasciata al settimanale l’Europeo nello stesso periodo il prof. Paul Ewald dell’Ambers College del Massachusetts affermò che l’AZT dopo circa 6 mesi di uso aumenta il livello di resistenza del virus. Secondo studi del gruppo di Xiping Wei, della Divisione di ematologia-oncologia e malattie infettive dell'Università dell'Alabama a Birmingham, e quello diretto da David Ho dell'Aaron Diamond Aids Research Center di New York condotti su soggetti portatori del virus dell'AIDS con lívelli di linfociti Cd4+ molto bassi (sintomo di una fase avanzata della malattia) e resi noti nel marzo 1995, una terapia basata su farmacì sperimentali (Nvp, Abt-538, L735, 524) riuscirebbe bloccare, ma solo temporaneamente, ogni nuova infezione delle cellule. 54 David Ho dell'Aaron Diamond Aids Research Center di New York comunicò nello stesso tempo che, somministrando solo l'Abt-538 oralmente, era riuscito a ottenere un rapido declino (fino a 66 volte) del virus nel plasma in sole due settimane, con un rapido e parallelo aumento dei Cd4+: Aggiunse che, trasformandosi l’HIV continuamente, il che spiegherebbe perché le terapie farmacologiche sono destinate al fallimento, ogni cura di tale tipo, per essere efficace, deve iniziare molto precocemente, quando il virus non si è ancora trasformato». Al convegno dell’ANLAIDS, che tenutosi in Roma all’inizio del marzo 1995, in occasione della giornata mondiale dell’AIDS si diffuse la notizia che il virologo americano Robert Gallo e il tedesco Reinhard Kurth avrebbero trovato il modo di bloccare il virus attraverso particolari proteine. Il primo ad avere ipotizzato tale mezzo era stato Jay Levy che aveva pubblicato un articolo su Science nel 1986. Pochi giorni dopo su Nature usciva, anticipando addirittura di qualche giorno la pubblicazione dell'articolo su Science, una lettera firmata da Kurth in cui il virologo parlava del suo inibitore, Il-16, un'interleuchina che bloccherebbe l'azione del virus. Successivamente Fiorenza Cocchi, che aveva condotto gli esperimenti nel laboratorio di Robert Gallo, pubblicava su Science gli esiti della ricerca, precisando che il gruppo di ricercatori di cui faceva parte si era procurato una linea di cellule Cd8 del sistema immunitario (capaci di uccidere altre cellule infettate da virus e anche di produrre fattori che sopprimono la crescita dell'HIV nelle cellule infette) e l’avevano immortalizzata per disporne di grandi quantità in modo da poter a isolare prima uno, poi altri due fattori inibitori. A metà maggio era arrivata la prima delle sequenze: una chemiochina, proteina di una classe più piccola delle interleuchine. Quella di Reinhard Kurth, l'interleuchina-16, di cui si conosceva la capacità di legarsi al Cd4, la 55 molecola che funge da recettore per l'HIV, avrebbe una funzione analoga: inibire la crescita del virus. Trattasi però di risultati ottenuti in vitro, e, al di là di un lontano uso terapeutico, potrebbero essere usati per un eventuale test biologico che misuri questi fattori nel siero per stabilire una prognosi della malattia e mettere a punto una terapia. Al convegno ANLAIDS tenutosi a Roma nei primi giorni del dicembre 1995 il professor Aiuti e il professor Anthony Fauci di origine crotonese, anche se nato in America, annunciarono nuove possibilità terapeutiche. Secondo le ricerche compiute dal professor Fauci al National Institute di Bethesda, alcune citochine, le quali stimolano la nostra risposta immunitaria, potrebbero essere impiegate in terapia combinata contro il virus. Si tratta della interleuchina 2 e dell'interleuchina 12 insieme con i Cd8, cellule del nostro sistema immunitario, le quali potrebbero ottenere risultati positivi contro l'Aids. Nello stesso convegno Flossy Wong Staal, la virologa molecolare cino-americana rivelò l'arrivo di una terapia genica per la cura dei bambini: a San Diego si erano accorti che cellule staminali estratte dai cordoni ombelicali dei neonati e corrette con un gene diventano resistenti al virus HIV, sicché potrebbero rappresentare una cura efficace per i bambini. Il 7 marzo 1996 in Francia il Comitato nazionale di etica ha dette il suo consenso all'idea di utilizzare il criterio del sorteggio per scegliere tra i 18.000 malati di Aids i pochi a cui applicare il costosissimo trattamento messo a punto dal gruppo americano Abbott e consistente in una molecola che potrebbe avere un effetto inibitore sul virus dell'Aids. Il prodotto, denominato Ritonavir, aveva ottenuto il primo marzo l'autorizzazione al commercio da parte delle competenti autorità statunitensi. Alla XI conferenza sull'Aids, tenuta nei primi giorni del luglio 1996 56 a Vancouver, Yvonne Bryson, pediatra di Los Angeles, ebbe a dichiarare che la somministrazione di più farmaci combinati. anziché dalla sola Azt sia alla mamma durante la gravidanza e il travaglio, sia al bambino per 6 mesi dopo la nascita, può ridurre enormemente il rischio di trasmissione senza particolari effetti collaterali e una donna americana riferì che, dopo aver appreso attraverso Internet l'esistenza del Compound Q, estratto di cetriolo cinese, aveva deciso di unirlo all'Azt, traendo da ciò beneficio, tanto che area peggiorata appena aveva smesso di assumere i due farmaci. Attualmente un terzo dell'umanità è colpito dalla tubercolosi e ogni anno ne muoiono tre milioni di persone. E' la malattia che provoca il più alto numero di morti tra gli adulti e, dall'apparizione dell'AIDS, molti Paesi hanno visto i loro casi di tubercolosì aumentare in maniera consistente. Un’associazione di Tbc e Aids ha complicato di molto le cose: la prima, secondo gli esperti, è divenuta una delle principali cause di morte tra i malati di Aids e l'infezione di Hiv ha reso più difficile diagnosticare la tubercolosi accelerando la diffusione nella popolazione in generale e complicando il trattamento dei malati di tbc colpiti da altre infezioni legate all'Hiv. Chi soffre di tutte e due le patologie è colpito da un tipo di tubercolosi evolutiva 30 volte più spesso di quelli infettati da un solo bacillo. Secondo un rapporto presentato in Canada, 5 anni di vita guadagnati, grazie ai programmi di chemioterapia e di prevenzione dell'Aids, costano tra ì 3 e i 5 dollari a persona nei Paesi in via di sviluppo. Nel luglio 1996 più di venti i vaccini di tipo preventivo, miranti cioè a prevenire l'infezione; erano allo studio e di questi più della metà avevano superato le fasi precliníche sugli animali di laboratorio e sulle scimmie ed erano passati alla fase 1 e 2 su piccoli gruppi di volontari per dimostrasse l'assenza di tossicità, ma nessuno aveva intrapreso la fase tre, quella considerata decisiva per dimostrare 57 l'efficacia nell'impedire l'infezione. La rivista «Nature» ha rivelato nell’agosto 1996 che due gruppi di ricercatori, uno dell'Aaron Diamond Rescarch Center di New York e l'altro dell'università di Bruxelles, hanno scoperto l'esistenza di una mutazione genetica che induce la resistenza al virus dell'Aids. Le ricerche sono partite dai lavori dello scienziato scozzese Bill Paxton, che nei mesi precedenti aveva dichiarato che un gruppo di 15 pazienti, pur essendo esposti al virus, ne erano rimasti completamente immuni e che in alcuni dei 15 pazienti, da ulteriori tests era emersa un'irregolarità nella coppia di geni Ccr-5 (noti anche come ckr-5). Questi ultimi, scoperti nel giugno precedente, hanno un'importanza cruciale nell'infezione poiché costituiscono le «chiavi» indispensabili al virus Hiv per penetrare all'interno della cellula. Infatti, mentre il gene normale aiuta il virus ad infettare la cellula sana, la sua predetta mutazione l’ingresso, giacché il gene alterato non produce più la proteina di superficie alla quale il virus si lega per entrare nella cellula e l'Hiv finisce per usare delle chiavi sbagliate nel tentativo di aprire una porta.. Questa irregolarità nel gene Ccr-5, secondo i ricercatori che ritenevano necessarie ulteriori ricerche essaendo stato compiuto l’esame su poche centinaia di persone, è presente in un europeo bianco su 100 e in nessuno degli africani ed asiatici esaminati. Per il momento nessuno è ancora riuscito a spiegare la causa dell'irregolarità del gene e, secondo i dati raccolti a Bruxelles, non è ancora chiaro ciò che accade quando un solo gene della coppia è alterato, ma si ritiene che comunque ciò renda l'organismo meno vulnerabile al virus. Alla vigilia del Congresso di Vancouver del 6-l2 luglio 1996 Max Essex, immunologo e virologo alla facoltà di medicina di Harvard, aveva affermato che con gli antiproteasi, aggiunti agli altri farmaci, si allunga la vita dei malati di aids fino a 5-6 anni e si riducono le 58 complicazioni delle infezioni opportunistiche che man mano si presentano. Il nuovo cocktail da lui proposto si basa su una tripla terapia che utilizza i vecchi antivirali, come l'AZT, assieme a nuovi inibitori della proteasi, che bloccano l'enzima essenziale per la riproduzione del virus all'inizio del suo ciclo vitale nei linfociti, ed esso per un anno di cura costa tra i 10 e i 15 milioni di lire. Nel novembre 1996 il Ministero della Sanità, dopo avere premesso che i risultati di alcuni importanti studi clinici controllati (l’ europeo Delta, il nordamericano ACTG 175 e lo studio Caesar) avevano dimostrato la superiorità delle polichemioterapie antiretrovirali rispetto alla monoterapia e l’opportunità di effettuare la cura dell’infezione durante la fase asintomatica, in quanto era stata ridotta in modo significativo la replicazione di HIV mediante l’uso di una nuova classe di farmaci antiretrovirali, quali gli inibitori della proteasi (PI ) associati ad uno o due inibitori della transcriptasi inversa (RTI), come l’AZT, il DDL, il DDC, il 3TC e il d4T, indicava come obiettivo finale della terapia antiretrovirale quello di ridurre quanto più possibile e per tempi prolungati la replicazione del virus e a tale scopo riteneva necessario chiarire attraverso studi clinici controllati .quale fosse il momento ottimale per l'inizio della terapia, quale fosse la strategia terapeutica migliore (iniziare con le combinazioni più potenti per tutti i pazienti, indipendentemente dalla carica virale di partenza, o modulare l'uso della terapie combinate e riservare l'uso di quelle più "potenti" per le fasi più avanzate ) e quali fossero le combinazioni di farmaci da utilizzare nelle diverse fasi della malattia.. Con successiva circolare del 23 dicembre 1996 n.1865 indicava che gli inibitori della transcriptasi inversa disponibili erano la Zidovudina (AZT con nome commerciale Retrovir), la Didanosina (DDL con nome commerciale Videx), la ZalcitabinA (ddC con nome commerciale Hivid), la Lamivudina (3TC con nome commerciale 59 Epivir) e la Stavudina (d4T con nome commerciale Zerit). Indicava, altresì, come inibitori della proteasi disponibili l’Indinavir (nome commerciale Crixivan), il Ritonavir (nome commerciale Norvir) e il Saquinavir (nome commerciale Invirase). Per tutti gli inibitori predetti specificava gli effetti collaterali negativi come indicati nella tabella in appendice. Nel marzo 1977 è stato registrato negli Stati Uniti il quarto farmaco per l'Aids appartenente alla famiglia degli ínibitori della proteasi, il "nelfinavir". Il farmaco è ora all'esame dell'Emea per la sua registrazione in Europa. Secondo l'azienda produttrice Aguron, il farmaco stesso, somministrato in combinazione con altri due farmaci (l'Azt e 3Tc), aveva determinato dopo sei mesi di trattamento una riduzione del 98 per cento della carica del virus nel sangue. Dopo 1"'indinavir", il "saquinavir" e il "ritonavir", anche il "nelfinavir", a seguito della registrazione, può ora essere usato negli Usa in combinazione con altre sostanze. Il professor Davíd Weiner, docente dì patologia all'Università della Pennsylvania, ha annunciato nell’aprile del 1997 sulla rivista americana Nature Medicine che un gruppo di lavoro da lui diretto aveva ottenuto un vaccino contro l’Aids che, iniettato in due scimpanzé, pur provocando segni di sieropositività, non aveva poi portato allo sviluppo della sindrome. Ogni scimmia aveva ricevuto due versioni del vaccino, ottenuto da geni del virus, che rappresentano circa il 75 per cento delle proteine presenti nelle parte sia interna che esterna dell'Hiv, opportunamente indeboliti per bloccarne le funzioni molecolari. Il vaccino, secondo i ricercatori, aveva apparentemente stimolato la risposta immunitaria completa nell'organismo dei primati attivando la reazione sia degli anticorpi che dei linfociti. Agli animali erano state effettuate sei iniezioni nell'arco di 15 settimane seguite da due dosi di rinforzo: ma nel caso il vaccino 60 dovesse rivelarsi efficace anche nell'uomo, in esito a sperimentazioni in corso e che, secondo Luc Montagnier, dovrebbero durare dai tre a cinque anni, il numero delle somministrazioni, stando a quanto affermato dal dottor Weiner, dovrebbe essere inferiore. Nel settembre 1997 un gruppo di dottori e scienziati americani si sono offerti come cavie per diventare i primi esseri umani iniettati con un vaccino sperimentale contenente il virus vivo, ma notevolmente indebolito, dell'Aids, Sì tratta della Intemational Association of Physicians in Aids Care di Chicago, che ha già reclutato 50 volontari, disposti a rischiare la propria vita in nome della scienza, per condurre al più presto il test, i quali hanno chiesto l'approvazione ufficiale della Food and Drug Admínistration, ma hanno dichiarato che se essa non dovesse venire, porteranno avanti il loro studio «in Europa o in uno Stato americano» che dia loro il lasciapassare. Contro il gruppo si è già dichiarato Mark Grabowsky, dell'autorevole National Institute of Allergy and In fectious Diseases ewd ha manifestato perplessità anche l'immunologo italiano Fernando Aiuti, che ha invitato i colleghi americani alla «cautela». Contemporaneamente un gruppo di ricercatori inglesi e danesi ha annunciato sulle pagine della rivista «Science» che: una sostanza naturale, che appartiene alla famiglia delle chemiochine normalmente prodotte dalle cellule del sistema di difesa immunitario, si è rivelata in grado di bloccare tutte le porte d'entrata del virus Hiv nelle cellule dell'organismo, impedendo così l'infezione. Le chemiochine sono un gruppo di sostanze note da tempo e attivano le cellule del sistema immunitario, stimolando appositi recettori che si trovano sulla loro superficie. Anche il virus dell'Aids per entrare nei linfociti (cellule del sistema immunitario) utilizza come porta di ingresso, oltre che i suoi recettori specifici, anche i recettori delle chemiochine. Altrimenti non riesce entrare. 61 La nuova superchemiochina è in grado di «occupare» i recettori e impedisce al virus di agganciarsi: è come se una persona si mettesse davanti a porta e impedisse l’ingresso di un altro. I ricercatori l'hanno individuata in un virus della famiglia degli herpes, chiamato HHV8, che è responsabile del sarcoma di Kaposi, una forma di tumore che compare in alcuni malati di Aids, e pensano di riuscire a produrre in laboratorio una o più sostanze artificiali che funzionino come la superchemiochina. Le chemiochine naturali, secondo il dottor Stefano Vella dell'Istituto Superiore di Sanità, sono tossiche e non possono essere somministrate così come sono, per cui è necessario costruire dei prodotti sintetici simili che abbiano soltanto quelle caratteristiche utili a fermare il virus Hiv e ciò senza tener conto che l’efficacia di queste sostanze è stata dimostrata soltanto in provetta». Nel corso della «Conferenza Americana sull'Aìds» di Miami tenuta nel settembre 1997 il noto ricercatore David Ho ha annunciato la messa a punto di una medicina anti-Aids che verrà ingerita una sola volta al giorno, in sostituzione del cocktail di oltre una dozzina di pillole somministrate oggi ai malati di Aids. Il nuovo «regíme» potrebbe iniziare a essere testato sui pazienti entro i primi mesi del 1998. Secondo gli ultimi dati raccolti dall’Istituto superiore di sanità, aggiornati al 30 settembre del '97, per la prima volta i casi di Aids segnalati dai centri di cura italiani sono inferiori a ottocento, vale a dire il 30 per cento in meno rispetto agli ultimi dodici mesi. Tutti i centri italiani dispongono ormai della triplice terapia che ha costi altissimi, sebbene siano aumentati i prodotti disponibili sul mercato. Un malato costa in soli farmaci circa diciotto milioni al mese (e sono in 30 mila ad averne bisogno) ai quali si aggiungono le spese dì tutti gli esami che servono a controllare l'andamento 62 dell'infezione (ad esempio il test della carica virale). L’ospedale «Spallanzani» di Roma investe per l'acquisto delle terapie di ultima generazione dagli 8 Ai 10 miliardi all'anno, il 15% del bilancio, vale a lire quanto spende per gli stipendi del personale medico. Uno studioso italiano dell'Istituto Pascale di Napoli, il professor Gaetano Giraldi, ha annunciato, a margine del Congresso di Amburgo tenuto nell’Ottobre 1997, di essere riuscito a costruire in laboratorio un sosia del virus Hiv che potrebbe rappresentare il vaccino anti-Aids del futuro. Il lavoro è stato condotto in collaborazione con un gruppo tedesco dell'Istituto di microbiologia di Regensburg. L'idea di partenza dei ricercatori era quella di costruire soltanto il vestito del virus, senza niente sotto: senza cioè il materiale genetico che lo rende pericoloso per l'uomo. Ciò è stato ottenuto inserendo in un virus degli insetti, chiamato baculo-virus, i geni che servono per costruire la capsula esterna del virus dell'Aids ed infettando con il virus stesso una cellula di insetto, che è riuscita a produrre l'involucro esterno completo del virus dell'Aids. Il «sinto» virus è già stato sperimentato, in Germania, su topi, conigli e scimmie e nel giro di uno o due anni verrà provato sull'uomo. Esso, secondo il professor Giraldo, funzionare contro quei virus Hiv che circolano soprattutto in Europa, Stati Uniti e Australia, ma non contro i virus africani, di cui si conoscono nove tipi diversi, sicché combatterli tutti occorrerà un cocktail di finti virus, analogamente a quanto si fa oggi con il vaccino contro l'influenza. Non va dimenticato che la malattia comporta, oltre alla grave perdita di vite umane, un grave dispendio dal punto di vista economico. Il costo medio delle cure interne e fuori dell'ambiente ospedaliero ha raggiunse nel 1989 per ogni paziente affetto da A.I.D.S. l'importo 63 annuo variante dai 74.000 ai 147.000 dollari, pari mediamente a 120 milioni di lire negli Stati Uniti; di 27.000 sterline, pari a 60 milioni di lire in Inghilterra; di 182.500 franchi, pari a poco meno di 40 milioni di lire in Francia; e di 150.000 franchi, pari a 125 milioni di lire, in Svizzera. Il ricovero dei malati di AIDS in ospedale nel periodo dal 1984 al 1987 costò negli Stati Uniti più di un miliardo di dollari, pari ad oltre 1.700 miliardi di lire attuali e per il quadriennio 1988-1992 era prevista prevede una spesa di 25 miliardi di dollari, pari ad oltre 44.000 miliardi di lire attuali. Nel solo Stato di New York furono stanziati per il quinquennio 1988-1993 miliardi di dollari per ricoveri, medicinali, nonché per assistenza medica ed infermieristica relativa a malati di AIDS -95 7 miliardi di dollari. Nel complesso si può affermare che la risposta degli Stati interessati dal morbo e' stata pronta ed adeguata. Basti considerare che il servizio sanitario britannico spese nel 1987 circa 8 miliardi di lire per le procedure per eliminare i rischi di contrarre l'A.I.D.S. nelle trasfusioni e ha sostenuto nel 1988 una spesa di 98 miliardi di lire per combattere i virus HIV. Inoltre l'Inghilterra per il solo biennio 1987-1988 conferì al programma anti-AIDS dell'Organizzazione Mondiale per la Sanità (O.M.S.) un importo pari ad oltre 2 miliardi di lire italiane, mentre la Svezia mise a disposizione della stessa Organizzazione 60 milioni di corone, pari a quasi 13 miliardi di lire dell’epoca da spendere in 3 anni e molte altre nazioni hanno compiuto passi simili. Per quanto riguarda l'Italia, il Ministro della Sanità varò all'inizio del l988 un programma biennale prevedente una spesa di 380 miliardi, per cure, ricerca e campagne di informazione. Per la sola campagna pubblicitaria furono impegnati venti miliardi di lire. Poi con la legge 5 giugno 1990 n.135 furono stanziati 2.100 miliardi di lire per costruzione o ristrutturazione di ospedali, reparti di 64 malattie infettive e relativi servizi proprio con riferimento alla cura dell'AIDS. Allo stato, nonostante tutto, solo il 50% dei malati di A.I.D.S. sopravvive dopo il primo anno e soltanto il 20% dopo il secondo anno; nessuno è riuscito a superare il terzo anno. Ad evitare ingiustificati e pericolosi allarmismi è bene, però, tenere presente che l'umanità ha affrontato e superato nel passato flagelli epidemici ben più gravi, per lo meno sino ad oggi, come le pestilenze del 1300 e del 1600, che in alcune regioni dell'Europa condussero a morte due terzi della popolazione, la tubercolosi che causò nell'800 e nei primi decenni del nostro secolo milioni di vittime, l'influenza virale del 1918-1919 (cosiddetta "spagnola") che in poco tempo provocò 15 milioni di decessi, come non bisogna dimenticare che vi sono cause patologiche di morte del tutto prevalenti, quali le affezioni cardiocircolatorie incidenti per il 43,83% sul totale dei decessi (243.821 su 556.325 morti nel 1994) o i tumori incidenti per il 28,19% (156.192 nel 1994); e che, nonostante tutto, la vita media in Italia, dai 35 anni e mezzo di cento anni fa e dagli appena 50 anni del 1920 è salita oggi in Italia a circa 77 anni (74,06 per gli uomini e 80,53 anni per le donne nel 1993). 65 13- Problemi giuridici riguardanti l'A.I.D.S.. La diffusione galoppante dell'A.I.D.S. ha già' posto dei problemi di ordine giuridico e prima o poi richiederà l'intervento del legislatore. In Svezia una legge del 19-3-1985 (regolamento n.4) e in Ungheria una particolare istruzione dello stesso periodo prevedono la ospedalizzazione coatta delle persone affette da A.I.D.S., ove dimostrino di non attenersi alle prescrizioni dettate per evitare la diffusione della malattia e negli Stati Uniti una legge dell'Idaho del 243-1986 ha incluso l'A.I.D.S. fra le malattie veneree con possibilità di imposizione di misure coattive (vedi F. Introna,C. Scorretti,"L'AIDSAspetti medico-legali" in Quaderni degli Incontri dell'Istituto Italiano di Medicina Sociale (27-4-1987). All'inizio del 1988 una direttiva del Comitato Esecutivo della Comunità Economica Europea (C.E.E.) ha sostanzialmente imposto il test anti-AIDS per l'assunzione presso organismi della Comunità, in quanto, anche se il test à volontario, in caso di rifiuto il medico "constata ufficialmente l'impossibilità di valutare un elemento indispensabile per pronunciarsi sulla idoneità del candidato". Per quanto riguarda l'Italia, dopo circolari del Ministero della Sanità che impartivano istruzioni al personale sanitario per evitare forme di contatto diretto con il sangue di persone infette da A.I.D.S., come l'uso di guanti e di abbigliamento protettivo (Circ. n.65 del 25-8- 66 84), segnalavano la opportunità di una verifica della sieropositività fra i detenuti,previo consenso degli stessi (circ.n.3127/5577 del 27 giugno 1985) e si prescriveva l'impiego di apposita scheda di rilevamento ai fini della sorveglianza dell'infezione (circ.n.47 del 16-7-86), un decreto ministeriale del 26 novembre 1986 inseriva l'A.I.D.S. nell'elenco delle malattie infettive e diffusive sottoposte a notifica obbligatoria. Quest'ultima andava effettuata, secondo successiva circolare 13-21987 n.5 attraverso apposita scheda da compilarsi in triplice copia, di cui una da rimanere in possesso del medico notificatore, la seconda doveva essere inviata all'Assessorato Regionale della Sanità e soltanto la terza, da inviarsi in busta chiusa al Centro Operativo AIDS (C.O.A.) del Ministero della Sanità doveva contenere il nome e cognome del paziente, il che rendeva evidente la finalità statistico-epidemiologica della denunzia anziché quella di prevenire la diffusione della malattia. Tali disposizioni debbono ritenersi tuttora in vigore, giacché la legge n.135 del 5 giugno 1990 si è limitata a stabilire che la rilevazione statistica della infezione da HIV deve essere comunque effettuata con modalità stabilite con decreto del Ministro della Sanità, differenziate per i casi di AIDS e i casi di sieropositività, tali da non consentire l'identificazione della persona (art.5, comma 2) ed il decreto non e' stato ancora emanato. Dal punto di vista penale, mentre è indubbio che sia l'AIDS, sia le due forme attenuate denominate A.R.C. e L.A.S. costituiscano malattie certamente o probabilmente insanabili, almeno allo stato, per cui, ove siano state effetto di contagio doloso, ossia voluto, o comunque colposo per avere il contagiante, conscio del proprio stato di portatore del virus, omesso di informare il partner e di adottare qualsiasi precauzione al fine di evitarlo, nel primo caso è ravvisabile il delitto lesioni volontarie gravissime punite con la pena della reclusione da 6 a 12 anni a norma dell'art.583 cpv. n.1 e nel secondo caso quello corrispondente colposo 67 punito con la reclusione da 3 mesi a 2 anni o con la multa da 1 a 4 milioni di lire dall'art.590, 1° cpv. C.P., Nel caso in cui all’infezione contratta segua la morte, se è certo che debba rispondere di omicidio colposo, punito con la pena da 6 amesi a 5 anni dall’art.589 C.P., il partner che abbia colposamente trasmesso il virus dell’AIDS, dovrà stabilirsi in base alle concrete modalità della trasmissione voluta e ai particolari rapporti esistenti fra il soggetto contagiato e quello contagiante, se quest’ultimo dovrà rispondere di omicidio volontario o preterintenzionale. E’ controverso se costituisca malattia la sola sieropositività. Peraltro, ove si consideri che la semplice presenza del virus allo stato latente nell'organismo umano costituisce di per sé un indebolimento del sistema immunitario, dovrebbe pervenirsi a soluzione positiva indipendentemente dalle lievi alterazioni neurologiche riscontrate nei cosiddetti "portatori asintomatici" del virus HIV. Ove il medico curante accerti l'esistenza della malattia per effetto di contagio da considerarsi voluto non v'ha dubbio che debba farne denunzia all'autorità giudiziaria, mediante referto medico, in base al disposto dell'art.362 C.P., che sanziona penalmente l'omissione. Specifiche informazioni, sia a fine terapeutico, sia al fine di evitare il contagio ad altre persone, è tenuto, poi, a dare il medico curante al proprio paziente secondo le tutte le circolari emanate in materia dal Ministero della Sanità. Numerosi altri problemi di ordine giuridico ha posto la diffusione rapida dell'A.I.D.S. anche dal punto di vista civilistico e amministrativo, come ad esempio quelli del risarcimento del danno da contagio, dell' annullamento del matrimonio in caso di consenso dato nella ignoranza della condizione di infetto dell'altro coniuge, della possibilità o meno di adozione o di avere in affidamento minori da parte di persona infetta dal virus, del riconoscimento di invalidità 68 pensionabile o di invalidità civile a favore del malato di A.I.D.S. e delle forme morbose iniziali o intermedie, della possibilità di interruzione volontaria della gravidanza per la donna portatrice del virus,ecc.. Il problema della obbligatorietà del test per l'assunzione a particolari occupazioni che espongono al contagio gli utenti del servizio, ad esempio quelle di operatore chirurgico ed odontaiatrico, è stato risolto dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.218 del 2 giugno 1994. La Corte ha preso in esame sia l'art. 5 della legge n. 135 del 1990, il quale stabiliva che nessuno poteva essere sottoposto, senza il proprio consenso, ad analisi tendenti ad accertare l'infezione da HIV, se non per motivi di necessità clinica nel suo interesse (terzo conuna), e che l'accertata infezione da HIV non poteva costituire motivo di discriminazione in particolare, tra l'altro, per l'accesso a posti di lavoro o per il mantenimento di essi (quinto comma); sia.l'art. 6, che vieta ai datori di lavoro di svolgere indagini dirette ad accertare, nei dipendenti o per l'instaurazione di un rapporto di lavoro, l'esistenza di uno stato di sieropositività, e dopo avere rilevato che la salute è un bene primario protetto dall’art.32 della Costituzione in modo da assurgere a diritto fondamentale della persona da tutelare in maniera piena ed esaustiva e che la stessa legge n. 135 del 1990 aveva previsto, all'art. 7, norme di protezione dal contagio professionale nelle strutture sanitarie ed assistenziali pubbliche e private, dettate poi con il decreto ministeriale 28 settembre 1990, che aveva stabilito precauzioni per il personale nei confronti della generalità delle persone assistite, ha dichiarato .l'illegittimità costituzionale dell'art.5, terzo e quinto comma, della legge 5 giugno 1990, n. 135 (Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS), nella parte in cui non prevede accertamenti sanitari dell'assenza di sieropositività all'infezione da HIV come condizione per l'espletamento di attività che comportano rischi 69 per la salute dei terzi. Altri problemi di natura giuridica che la diffusione dell’AIDS certamente ha posto dovranno trovare soluzione in sede legislativa nel rispetto del duplice dettato dell'art.32 della nostra Costituzione: 1) la tutela della salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività; 2) il rispetto in ogni caso della persona umana da parte della legge. Per ora una speciale Commissione del Ministero di Grazia e Giustizia sta studiando la possibilità di rendere obbligatorio il test anche per i drogati, oltreché per i detenuti. Il prof. Ferdinando Aiuti, da parte sua, ha proposto il test per chi si sposa o si accinge a vivere una vita di coppia e la proposta ha trovato larghi consensi purché test non sia obbligatorio. 70 APPENDICE 71 GLOSSARIO A.I.D.S.-Acquired Immune Deficiency Syndrome. Malattia provocata dal virus denominato HIV, che paralizza le difese immunitarie dell'organismo, rendendolo preda di infezioni conducenti a morte entro breve tempo. A.R.C.- Aids Related Complex. Processo morboso meno grave dell'A.I.D.S., ma prodromico rispetto a quest'ultimo nel senso che in molti casi lo precede- ANTICORPI. Sostanze proteiche prodotte dai linfociti per rendere innocui gli antigeni, ossia altre particelle proteiche, fra cui i virus, quando penetrano nell'organismo. ANTIGENI. 72 Sostanze di varia natura, fra cui i virus, che penetrando nell'organismo lo aggrediscono e producono processi morbosi. A.Z.T.- AzidoTimidina. Sostanza prodatta in laboratorio dimostratasi efficace riguardo all'AIDS, non gia' ai fini della guarigione, ma per ritardarne l'esito letale. BATTERIO. Microorganismo formato da una sola cellula, che si riproduce per scissione, il quale, penetrato nell'organismo umano, puo' provocare una malattia. CANCRO. Tumore maligno, provocato dalla riproduzione disordinata delle cellule di origine tuttora ignota, che mette in crisi l'organismo umano, conducendolo nella maggior parte dei casi a morte. CANDIDOSI. Infezione della mucosa della cavita' orale ed in genere dell'epitelio provocata da un fungo (candida albicans), da cui rimangono sovente affetti i malati di AIDS. 73 CONDOM. Preservativo o profilattico del coito umano, come indicato nel linguaggio internazionale. DNA - DesossiriboNucleico Acido. Componente della cellula umana ed in particolare dei cromosomi in cui è contenuto il codice genetico, ossia la informazione che consente la riproduzione della cellula e la trasmissione ereditaria dei caratteri. ELISA - Enzyme Linked Immuno-Sorbent Assay. Metodo semplice per accertare la presenza nel sangue degli anticorpi anti-AIDS e quindi del virus dell'AIDS. EMOFILIA. Malattia a carattere ereditario, consistente in difettosa coagulazione del sangue e di conseguenti emorragie a causa della mancanza del fattore plasmatico denominato fattore VIII, che colpisce solo gli uomini, anche se trasmessa dalla madre. EPIDEMIOLOGIA. Studio delle cause di una malattia e della diffusione di essa. 74 GLOBULI BIANCHI. Vedi Leucociti. HIV - Human Immunodeficiency Virus. Virus che provoca l'A.I.D.S., estremamente piccolo (misura 20-30 milionesimi di millimetro. Ne sono state individuate due specie contraddistinte rispettivamente come HIV-1 e HIV-2 (questa seconda specie proviene dall'Africa Occidentale ed è stato più recentemente isolato presso l'Istituto Pasteur di Parigi. IMMUNITARIO (Sistema). Il sistema immunitario dell'organismo umano e' composto da numerose ghiandole (tiroide, milza, ghiandole linfatiche) che producono sostanze antitossiche e soprattutto leucociti, il cui compito principale è quello di distruggere i microorganismi penetrati nel corpo e di neutralizzare le tossine. Azione complementare immunitaria e' esercitata da un particolare componente del siero del sangue, denominato «alessina», che ha la proprietà di distruggere i batteri. INCUBAZIONE. Periodo piu' o meno lungo prima dell'insorgenza della malattia rispetto al momento di penetrazione di un batterio, 75 microbo o virus nell'organismo umano. Il virus dell’AIDS può rimanere inattivo (stato latente), ovvero in condizioni di non poter prevalere sul sistema immunitario, anche per dieci o quindici anni. INFEZIONE OPPORTUNISTICA. Infezione causata da un germe in genere non offensivo per l'organismo umano in presenza della normale difesa immunitaria, ma che genera malattia quando quest'ultima viene meno. INTERFERON o INTERFERONE. Sostanza di natura proteica, scoperta da Isaacs e Lindemann, che in piccole quantità si riscontra in cellule imfettate da virus e che trasferita in apprezzabile quantità in cellule normali impedisce che esse vengano infettate da parecchi virus. E' attualmente in fase di sperimentazione per la lotta contro il virus dell'AIDS. INTERLEUKINA. Sostanza prodotta da alcuni leucociti, che incentiva la attività dei linfociti T, fondamentali per la difesa immunitaria dell'organismo umano. L'interleukina è una delle sostanze allo studio per la lotta contro l'AIDS. LEUCOCITI o GLOBULI BIANCHI. 76 Globuli presenti nel sangue in numero da 4.000 a 8.000 per millimetro cubico, che si distinguono in due grandi gruppi: i mononucleati (con un solo nucleo), fra cui i linfociti, e i polinucleati (con più nuclei). Essi hanno enorme importanza nella difesa dell'organismo umano, in quanto alcuni di essi (i polinucleati) assorbono e digeriscono batteri (fagocitosi) ed altri (monociti o macrofagi) i corpi estranei e i residui cellulari. LINFOCITI. I linfociti costituiscono una varietà dei globuli bianchi o leucociti. Essi sono prodotti principalmente dai linfonodi, dalla milza e dal timo. Quelli prodotti dal timo (ghiandola interna situata all'altezza dello sterno) sono contraddistinti con la lettera T e in particolare i linfociti T4 sono preposti alla produzione delle gammaglobuline, che partecipano alla formazione degli anticorpi. Gli altri linfociti sono contraddistinti con la lettera B. PORTATORE ASINTOMATICO. Così viene definito colui che ha contratto il virus dell'AIDS quando non presenta alcun sintomo di malattia, perché, a differenza del portatore sano, il quale può trasmettere germi e virus senza contrarre malattia, in quanto immunizzato rispetto ad essi, è soggetto prima o poi nella maggior parte dei casi ad ammalarsi. 77 PROTEASI O PEPTIDASI Emzimi digestivi del succo gastrico che scindono per idrolisi le proteine degli amminoacidi che lo costituiscono. RETROVIRUS. Virus contenente acido ribonucleico (RNA) capace di dare informazioni e disposizioni al codice genetico contenuto nella cellula (DNA), in modo da sintetizzare altri virus simili con le sostanze proteiche cellulari, mentre di norma il DNA sintetizza e si serve dell'RNA per trasmettere infor-mazioni e sintetizzare proteine, donde la denominazione dinominazione di trascrittasi inversa alla azione dei retrovi-rus. Il virus dell'AIDS (HIV) è un retrovirus. RNA - Acido RiboNucleico. Acido formato essenzialmente da uno zucchero (ribosio) e da quattro basi principali: adenina, guanina, citosina e uracile (questo sostituisce la timina componente, quale quarta base, del DNA o acido desossiribonucleico, nel quale è presente come unico zucchero il desossiribosio). SARCOMA DI KAPOSI. Tumore di natura maligna che si manifesta attraverso 78 rigonfiamenti diffusi e lesioni della pelle di colore rossoviolaceo particolarmente a carico degli arti e che rappresenta, con esito mortale, una delle più diffuse forme di evoluzione dell’infezione da virus dell’AIDS. SIEROPOSITIVO. Persona portatrice del virus dell'AIDS (HIV), come tale individuata attraverso test del sangue (generalmente quello denominato ELISA) rivelante la presenza di specifici anticorpi, anche se privo di sintomi propri della malattia in questione. SINDROME. Insieme dei sintomi che caratterizzano una determinata malattia. VIRUS. A gente infettivo estremamente piccolo con diametro tra i 10 e i 150 millimicron (milionesimi di millimetro. Può contenere sia acido ribonucleico (RNA), sia acido desossiribonucleico(DNA) e si riproduce, non già per divisione binaria come avviene per le cellule e per i batteri, né per duplicazione o fissione, bensì per sintesi di nuove particelle virali identiche, con possibilità rara di mutazioni o variazioni. I virus sono generalmente inattivati dal riscaldamento a 60 gradi centigradi per 30 minuti e possono essere conservati mediante congelamento a basse temperature. 79 ELENCO DELLE SOSTANZE IN FASE DI SPERIMENTAZIONE PER COMBATTERE IL VIRUS DLL’A.I.D.S. Denominazione Sostanza Laboratorio e ricercatore A.Z.T. DIDEOXICITIDINA Azidotimina (1) (2) Versione potenziata dell’ A.Z.T. (3) Istituto Naz.le Malattie Infattive-Bethesda(USA) INRTERFERONE Stimolante immunitario Università ALFA e antivirale (4) California (U.S.A.) DDA (2) Dideossiadenosina INTERLEUKINA 2 Stimolante Immunitario Università (5) California (U.S.A.) Antivirale (3) Istituto RIBAVIRIN Naz. della della Malattie Infettive-Bethesda (USA) GP 160 Glicoproteina Istituto Immuitario di Vienna- Prof.Martha Eibl GM –CSF Fattore stimolante di granulociti e monociti DEXTRAN (3) Anticoagulante Istituto antivirale Inmfettive Naz. Bethesda(U.S.A) (1) gia’ largamente in uso anche in Italia con effetti ritardanti sull’esito della malattia. (2) trattasi di sostanze tossiche in quanto riducono i globuli bianchi e producono anemia. (3) in fase di sperimentazione presso 36 Ospedali degli Stati Uniti. (4) si e’ dimostrato efficace nei riguardi del sarcoma di Kaposi. (5) viene somministrato insieme con l’A.Z.T.. Malattie 80 ALLEGATO ALLA CIRCOLARE :MINISTERIALE :23-12-1996 n-1865 SOMMARIO DI ALCUNE CARATTERISTICHE DEI FARMACI ANTIRETROVIRALI DISPONfl3lLl A) Inibitori della transcriptasi inversa Zidovudina Abbreviazione Nome commerciale Posologia abituale Effetti collaterali più frequenti Didanosina Zalcitabina Lamivudina Stavudina AZT Retrovir ddl Videx ddC Hivid 3TC Epivir d4T Zerit 2x25Omg 3x20Omg Anemia, neutropenia 2x20Omg 3x0.75mg 2x I 5Omg 2x40mg Diarrea, pancreatite Neuropatia, lulcere orali Cefalea, lnausea Neuropatie I B) Inibitori della proteasi Indinavir Ritonavir Saquinavir Nome commerícale Posologia Crixivan 3x80Omg Norvir 2x60Omg Effetti collaterali più frequenti Iperbilirubinemia Nefrolitiasi . Naucea, diarrea, Disturbi neuropatia circumorale gastrointestinali e periferica Invirase 3x60Omg, 81 Tav.n.1 CASI DI SIEROPOSITIVITA’ E DI A.I.D.S. NEL MONDO Casi dal 1982 al 31-12-1997 Infezioni HIV A.I.D.S. Decessi ADULTI: di cui maschi femmine BAMBINI (*) TOTALE Nuovi Casi nel 1997 Decessi Al 31-12-97 nel 1997 HIV+AIDS 38.500.000 26.480.000 12.920.000 11.000.000 6.400.000 4.600.000 9.000.000 5.000.000 4.000.000 5.210.000 3.110.000 2.100.000 1.840.000 980.000 860.000 29.500.000 17.400.000 12.100.000 3.800.000 3.200.000 2.700.000 590.000 460.000 1.100.000 42.300.000 14.200.000 11.700.000 5.800.000 2.300.000 30.600.000 (*) Fino a 3 anni di età Fonte O.M.S.-UNAIDS Tav.n.2 CASI DI A.I.D.S. DENUNCIATI NEI VARI CONTINENTI Continente fino al 1981 fino al 1984 fino al 1987 fino al 1990 fino al 30-6-94 Africa America Asia Europa Oceania 1.813 7.466 38 4.193 114 1.922 18.649 51 5.287 170 12.557 85.728 271 7.644 958 92.922 217.729 1.088 51.914 2.802 331.376 523.777 8.968 115.668 5.330 TOTALE 13.631 26.079 122.158 366.455 985.119 82 Tav.n.3 CASI DI SIEROPOSITIVITA’ NELLE VARIE AREE GEOGRAFICHE Regioni AMERICA di cui America del Nord America Centrale America del Sud EUROPA OCCIDENTALE EUROPA ORIENTALE-ASIA CENTRALE NORD AFRICA-MEDIO ORIENTE AFRICA SUBSAHARIANA ASIA SUD-SUD ORIENTALE ASIA ORIENTALE E PACIFICO AUSTRALASIA TOTALE MONDIALE Fonte UNAIDS Casi verificatisi dal 1970 3.725.000 1.460.000 425.000 1.840.000 800.000 175.000 260.000 29.700.000 7.130.000 510.000 20.000 42.300.000 Casi esistenti al 31-12-97 di cui donne Totale 521.000 2.360.000 860.000 172.000 310.000 102.000 1.300.000 247.000 530.000 106.000 150.000 37.500 210.000 20.800.000 6.000.000 440.000 12.000 30.600.000 42.000 10.400.000 1.500.000 48.400 600 12.655.500 83 Tav.n.4 CASI DI A.I.D.S. DENUNCIATI IN ALCUNI PAESI DEL MONDO DALL’INIZIO DELL’INEZIONE DA HIV AL 31-12-1993 PAESE STATI UNITI FRANCIA BRASILE GERMANIA ITALIA GRAN BRETAGNA SPAGNA OLANDA SVIZZERA BELGIO DANIMARCA UGANDA ZAIRE MESSICO CANADA Numero al Numero al 31-12-87 31-12-88 Numero al Numero al 31/12/89 31.12.90 64.847 3.915 3.599 2.093 1.672 1.409 95.403 5.655 6.872 2.779 3.008 1.982 125.898 8.833 10.360 4.306 5.307 2.830 132.436 9.718 1.503 490 497 349 242 3.597 2.423 1.814 1.974 2.165 694 864 424 358 7.219 5.544 3.184 2.864 4.633 1.074 1.159 596 518 12.444 11.732 4.234 3.702 5.295 1.243 1.255 651 589 4.749 6.069 3.173 Numero al Aumento % 31-12-93 dall'87 al '92 242.146 21.457 31.364 8.893 14.783 6.310 273% 448% 771% 325% 784% 348% 14.991 897% 1.691 1.224 1072 34.611 18.186 240% 251% 343% 862% 650% 6.889 249% 84 Tav.n.5 CASI DI A.I.D.S. DENUNCIATI NEI PAESI CON MAGGIORE INCIDENZA PAESE EUROPA Austria Belgio Danimarca Francia Germania Grecia Inghilterra Irlanda Islanda Italia Iugoslavia Lussemburgo Norvegia Paesi Bassi Polonia Portogallo Romania Russia Spagna Svezia Svizzera Ungheria AMERICA: Argentina Brasile Canada Cile Colombia Costa Rica Cuba Haiti Honduras Mexico Panama Peru Repub.Domenicana El Salvador Stati Uniti Trinidad and Tobago Uruguay Venezuela POPOLAZIONE 726.000.000 7.988.000 10.010.000 5.189.000 57.379.000 80.624.000 10.305.000 58.191.000 5.563.000 263.000 57.203.000 10.485.000 380.000 4.312.000 15.298.000 38.505.000 9.684.000 22.755.000 148.366.000 39.141.000 8.712.000 6.938.000 10.294.000 752.000.000 33.778.000 151.534.000 28.755.000 13.813.000 33.951.000 3.199.000 10.905.000 6.903.000 5.595.000 91.261.000 2.563.000 22.454.000 7.608.000 5.517.000 258.233.000 1.260.000 2.149.000 20.712.000 N° DEI CASI Ogni N° DEI OGNI Aumento AL 31.12.92 100.000 ab. CASI 100.000 ab. percentuale AL 30-6-1994 115.668 15,93 828 10,37 1.150 14,40 38,89 1224 12,23 1.603 16,01 30,96 1.072 20,66 1.411 27,19 31,62 21.457 37,40 30.003 52,29 39,83 8.893 11,03 11.179 13,87 25,71 916 8,89 6.310 10,84 9.025 15,51 43,03 392 7,05 22 8,37 -100,00 14.783 25,84 21.770 38,06 47,26 334 3,19 55 14,47 -100,00 375 8,70 1.072 7,01 3.055 19,97 184,98 201 0,52 1.007 10,40 1.811 18,70 79,84 2.736 12,02 136 0,09 14.991 38,30 24.202 61,83 61,44 743 8,53 1.001 11,49 34,72 2.691 38,79 3.662 52,78 36,08 149 1,45 523.777 69,65 1.820 5,39 3.904 11,56 114,51 31.364 20,70 49.312 32,54 57,22 6.889 23,96 9.511 33,08 38,06 831 6,02 2.957 8,71 4.583 13,50 54,99 587 18,35 245 2,25 3.086 44,71 4.967 71,95 60,95 1.976 35,32 3.473 62,07 75,76 18.353 20,11 644 25,13 1.068 4,76 1.809 23,78 2.353 30,93 30,07 630 11,42 242.146 93,77 411.907 159,51 70,11 1.545 122,62 469 21,82 2.173 10,49 3.511 16,95 61,57 85 Tav.5 (segue) PAESE AFRICA: Algeria Angola Benin Botswana Burkina Faso Burundi Camerun Capo Verde Rep.Centro-Africana. Chad Congo Costa d'Avorio Eritrea Etiopia Ghana Gabon Gambia Guinea Gibuti Guinea-Bissau Kenia Lesotho Liberia Malawi Mali Morocco Mozambico Namibia Niger Nigeria Nigeria Ruanda Senegal Sud Africa Sudan Swaziland Tanzania Togo Tunisia Uganda Zai re Zambia Zimbabwe POPOLAZIONE 689.000.000 26.722.000 10.276.000 5.215.000 1.443.000 9.682.000 5.958.000 12.522.000 370.000 3.156.000 6.198.000 2.443.000 13.316.000 3.345.000 51.859.000 16.448.000 1.248.000 1.042.000 6.306.000 557.000 6.306.000 28.113.000 1.943.000 2.640.000 9.135.000 10.135.000 26.069.000 15.583.000 1.461.000 8.361.000 106.264.000 105.264.000 7.554.000 7.902.000 39.659.000 28.129.000 809.000 28.019.000 3.885.000 8.570.000 19.940.000 41.231.000 8.936.000 10.739.000 N° DEI CASI Ogni N° DEI CASI OGNI Aumento AL 31.12.92 100.000 ab. AL 30-6-1994 100.000 ab. percentuale 331.376 48,10 138 0,52 703 6,84 742 14,23 1.415 98,06 4.193 43,31 6.052 101,58 7.225 121,27 19,38 3.072 24,53 143 38,65 3.730 118,19 1.523 24,57 3.482 142,53 6.393 261,69 83,60 10.792 81,05 18.670 140,21 73,00 372 11,12 12.958 24,99 3.612 21,96 11.629 70,70 221,95 472 37,82 277 26,58 976 15,48 490 87,97 380 6,03 21.185 75,36 30.126 107,16 42,20 479 24,65 191 7,23 22.571 247,08 31.857 348,74 41,14 1.111 10,96 1.874 18,49 68,68 196 0,75 826 5,30 5.101 349,14 921 11,02 1.148 1,08 1.148 1,09 8.483 112,30 10.706 141,73 26,21 911 11,53 1.316 3,32 3.210 8,09 143,92 904 3,21 413 51,05 34.605 123,51 38.719 138,19 11,89 3.472 89,37 136 1,59 34.611 173,58 43.875 220,04 26,77 18.186 44,11 22.747 55,17 25,08 6.566 73,48 29.734 332,74 352,85 12.514 116,53 27.905 259,85 122,99 86 Tav.5 (segue) PAESE A S I A: India Israele Giappone Malaysia Myanmar Filipppine Tailandia Turchia Vietnam OCEANIA Australia Nuova Zelanda POPOLAZIONE 3.350.000.000 901.459.000 5.256.000 123.653.000 19.239.000 44.596.000 65.649.000 58.584.000 60.227.000 71.324.000 27.000.000 17.661.000 3.451.000 N° DEI CASI AL 31.12.92 242 508 3.615 348 Ogni N° DEI OGNI Aumento 100.000 ab. CASI 100.000 ab. percentuale AL 30-6-1994 8.968 0,27 0,03 713 0,08 194,63 279 5,31 0,41 713 0,58 40,35 107 0,56 261 0,59 136 0,21 5.654 9,65 130 0,22 107 0,15 5.330 19,74 20,47 4.727 26,77 30,76 10,08 431 12,49 23,85 87 Tav.n.6 CASI DI A.I.D.S. DENUNCIATI IN EUROPA SINO AL 30-9-95 PAESI ALBANIA ARMENIA AUSTRIA ADJERBAJAN BELGIO BIELORUSSIA BULGARIA CROAZIA REP.CECA DANIMARCA GERMANIA ESTONIA FINLANDIA FRANCIA GEORGIA GRECIA UNGHERIA ISLANDA IRLANDA ISRAELE ITALIA KAZAKISTAN KIRKISTAN LITUANIA LUSSEMBURGO LETTONIA MALTA MOLDAVIA MONACO OLANDA NORVEGIA POLONIA PORTOGALLO ROMANIA RUSSIA SAN MARINO SPAGNA SLOVACCHIA SLOVENIA SVEZIA SVIZZERA 1979-1992 0 2 950 0 1.384 8 18 50 32 1.158 9.744 2 122 25.288 2 742 115 26 349 240 17.127 0 0 4 57 4 26 4 23 2.584 311 131 1.454 2.307 130 1 20.506 6 24 799 3.496 1993 0 0 224 0 244 2 6 10 15 239 1.737 1 25 5.347 0 195 33 6 69 49 4.741 2 0 1 20 3 3 0 7 459 63 68 493 430 13 0 5.123 1 7 179 588 Tasso ogni 100.00 abit. 0,0 0,0 3,0 0,0 2,4 0,0 0,1 0,2 0,2 4,7 2,9 0,1 0,5 9,4 0,0 1,9 0,2 3,3 1,8 1,0 8,2 0,0 0,0 0,0 5,4 0,1 0,8 0,0 25,9 3,1 1,5 0,2 4,8 1,8 0,0 0,0 12,9 0,0 0,4 2,1 9,0 1994 3 0 155 1 229 2 10 17 12 233 1.547 1 44 5.284 0 184 23 3 59 28 5.348 3 0 0 13 2 5 0 4 450 71 94 530 471 27 0 6.388 3 6 182 523 Tasso ogni 100.000 abit. 0,1 0,0 2,1 0,0 2,3 0,0 0,1 0,4 0,1 4,5 2,6 0,1 0,9 9,3 0,0 1,8 0,2 1,1 1,5 0,6 9,3 0,0 0,0 0,0 3,5 0,1 1,4 0,0 14,8 3,0 1,7 0,2 5,1 2,0 0,0 0,0 16,0 0,1 0,3 2,2 8,0 1995 2 0 113 1 73 2 1 12 10 151 637 2 25 2.453 0 115 24 2 14 23 3.231 0 0 1 10 0 1 2 3 241 37 53 249 393 21 0 2.901 2 10 116 188 TOTALE 5 *2 1.442 2 1.930 14 35 89 69 1.781 13.665 6 216 38.372 **2 1.236 195 37 491 340 30.447 5 **0 6 100 9 35 6 37 3.734 482 346 2.726 3.601 191 1 34.618 12 47 1.276 4.795 88 Tav.n.6 (segu e) 1979-1992 TAJIKISTAN TURKMENISTAN TURCHIA UCRAINA REGNO UNITO USBEKISTAN IUGOSLAVIA TOTALE 1993 0 0 1 0 98 33 12 10 7.629 1.621 1 1 280 70 6.947 22.138 TassoPAESI ogni 1994 Tasso ogni 1995 TOTALE 100.00 abit. 100.000 abit. 0 0,0 0 0,0 0 **1 0,0 0 0,0 0 172 0,1 33 0,1 8 48 0,0 10 0,0 16 11.494 2,8 1.526 2,7 718 2 0,0 0 0,0 0 509 0,3 82 0,3 77 23.606 11.938 154.679 *Totale al 30-9-93; ** Totale al 30-4-993 Tav.n.7 MEZZI DI TRASMISSIONE DELL’A.I.D.S. NOTIFICATI NEL COMPLESSO NEI PAESI DELLA C.E.E.,NONCHE’ IN FINLANDIA, NORVEGIA, SVEZIA E SVIZZERA ALLA DATA DEL 31-12-89 Gruppi Omo-bisessuali (OM-B1) Tossicodìpendentì (TD) TD = OM-BI Emofiiìaci Trasfusi Contatti eterosessuali Non determinati Pediatrici TOTALE GEN.LE Uomini 14.411 7.068 632 872 554 1.475 1.221 376 26.609 Donne 3 2.115 10 465 964 212 282 4.059 TOTALE 14,414 9,183 632 882 1,019 2,439 1,433 658 30,66 % sul totale 48,00% 30,60% 2,10% 2,90% 3,40% 8,10% 4,70% 2,10% 100% 89 Tav.n.8 MORTI E NUOVI CASI DI A.I.D.S. NEGLI STATI UNITI DALL’INIZIO DELL’INFEZIONE DA HIV AL 1994 DECESSI NUOVI CASI Tutte le razze UOMINI uomini oltre 13 anni Bianchi non ispanici Neri non ispanici Ispanici Indiani americani Asiatici e del Pacifico 13-19 anni 20-29 anni 30-39 anni 40-49 anni 50-59 anni 60 anni e oltre DONNE donne oltre 13 anni Bianche non ispaniche Nere non ispaniche Ispaniche Indiane americane Asiatiche e del Pacifico 13-19 anni 20-29 anni 30-39 anni 40-49 anni 50-59 anni 60 anni e oltre Tutti gli 1985 1988 1989 1990 1991 1992 anni 284.249 6.961 21.019 30.716 31.339 36.246 40.072 1993 1994 1995 1996 43.889 47.636 45.765 25.695 410.532 8.160 30.716 33.643 41.761 43.771 45.961 102.412 67.388 71.293 69.151 352.092 192.158 106.167 49.786 841 2.528 1.184 61.926 162.922 89.238 27.047 9.775 52.778 13.448 30.092 8.728 152 279 586 12.462 24.657 10.194 2.941 1.938 7.539 27.106 29.666 36.475 37.722 39.223 4.781 16.041 17.543 21.000 20.675 20.899 1.713 7.188 8.055 10.300 11.149 12.209 986 3.637 3.737 4.773 5.467 5.625 6 38 61 78 84 102 49 162 216 262 259 285 31 84 92 106 98 94 1.471 93 5.694 6.813 6.457 6.387 3.619 12.699 13.940 16.885 17.481 18.014 1.656 6.127 6.846 8.977 9.657 10.392 602 1.993 2.247 2.664 2.909 3.097 160 840 847 1.030 1.120 1.239 520 141 280 96 2 1 4 174 233 45 27 37 3.040 860 1.655 492 2 22 22 768 1.512 412 151 175 3.380 944 1.903 499 9 16 29 889 1.625 506 171 160 4.560 1.225 2.561 736 9 19 63 1.105 2.109 787 276 220 5.373 1.352 3.110 863 11 25 55 1.219 2.542 998 338 231 5.900 1.479 3.409 1.023 17 39 55 1.381 2.747 1.244 338 215 85.375 43.479 28.376 12.655 306 657 365 14.677 39.036 22.842 6.451 2.104 53.069 29.630 22.515 10.129 200 522 230 9.703 29.045 17 5.069 1.708 57.439 26.377 21.093 9.203 196 483 234 8.445 25.987 16.417 4.770 1.588 54.853 22.341 20.199 10.337 168 480 217 NP NP NP NP NP 15.969 13.344 13.109 13.820 4.058 3.105 3.075 2.888 9.109 7.865 7.671 8.147 2.627 2.279 2.236 2.629 58 40 39 41 99 49 74 81 196 176 154 186 3.728 2.948 2.681 NP 7.539 6.010 6.013 NP 3.218 3.090 3.107 NP 854 775 815 NP 432 345 339 NP 90 Tav.n.9 NUOVI CASI PEDIATRICI NEGLI STATI UNITI DALL’INIZIO DELLA INFEZIONE DA HIV Tutti gli 1985 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 Anni BAMBINI Tutti sotto i 13 anni 7.629 128 570 597 725 867 748 868 875 745 Bianchi non ispanici 1.369 26 148 114 160 143 129 150 142 115 Neri non ispanici 4.409 86 307 339 387 406 483 533 636 482 Ispanici 1.770 19 111 137 169 112 129 175 152 134 Indiani americani 25 2 5 2 3 3 2 2 Asiatici e del Pacifico 41 4 3 4 4 1 4 11 5 Sotto 1 anno NP 56 192 241 318 267 328 348 352 269 Da 1 a 12 anni NP 75 378 356 409 400 420 520 523 476 1996 678 98 429 145 3 1 NP NP Tav.n.10 DECESSI PER A.I.D.S. VERIFICATISI NEGLI STATI UNITI IN NUMERO ASSOLUTO, DISTINTI PER ETA’ E RELATIVO TASSO OGNI 100.000 1987 Totale Maschi Femmine 1988 1990 Numero Tasso Numero Tasso Numero Tasso Numero Tasso 13.130 5,4 16.210 6,6 21.360 8,6 24.120 9,6 1.880 1.250 10.00 1 Bianchi Neri Sotto i 15 anni15-24 anni 25-34 anni 35-45 anni 44-54 anni Oltre Eta' indeterm. 1989 210 570 5.040 4.560 1.900 850 10 -- 0,4 12,5 1,6 13,3 8,2 1,2 4.300 1.910 1,9 1,5 19.060 2.300 5,8 1,8 1.540 2.980 17,3 2,3 10.720 5.300 5,3 17,5 14.730 6.470 7 1,1 16.580 7.320 7,9 23,5 360 680 5.700 6.090 2.260 1.090 10 -- 0,7 1,8 13,1 17,3 9,4 3,1 250 500 7.400 8.620 2.990 1.570 20 -- 0,5 1,4 16,9 23,6 12 3 390 580 8.460 9.130 3.240 1.690 20 -- 0,7 1,6 19,3 25,7 12,7 3,2 91 Tav..n.11 NUOVI CASI DI AIDS NEGLI STATI UNITI DISTINTI PER MODI DI TRASMISSIONE Categorie Maschi sopra i 12 anni di cui: omosessuali tossicodipendenti(TD) omosessuali-TD emofilici eterosessuali eterosessuali-TD trasfusi indeterminati Femmine sopra i 12 anni tossicodipendenti(TD) emofiliche eterosessuali eterosessuali-TD trasfuse indeterminate 1985 numero 7.517 5.370 1.101 650 68 31 25 104 193 522 285 3 119 82 63 52 1990 % numero 100 36.350 71,4% 23.860 14,6% 6.958 8,6% 2.761 0,9% 231 0,4% 717 0,3% 458 1,4% 453 2,6% 1.250 1993 1994 1995 1996 % numero numero numero numero 100 85.576 63.069 57.439 54.653 65,6% 49.716 35.283 30.721 27.316 19,1% 20.113 15.127 13.203 12.333 7,6% 7.001 4.242 3.503 2.967 0,6% 1.050 478 420 301 2,0% 3.016 2.767 2.710 3.299 1,3% 1.188 915 999 879 1,2% 613 385 354 281 3,4% 4.066 4.787 6.528 8.156 % 100 50,0% 22,6% 5,4% 0,6% 6,0% 1,6% 0,5% 14,9% 100 54,6% 0,6% 22,8% 15,7% 12,1% 10,0% 100 51,2% 0,3% 33,9% 22,8% 7,4% 11,6% 100 34,0% 0,1% 40,0% 13,8% 2,0% 24,0% 4.537 2.323 13 1.538 1.035 338 527 15.969 7.974 30 6.048 2.770 499 1.418 13.344 5.813 27 5.347 1.007 323 1.834 13.109 5.157 24 5.210 1.843 282 2.436 13.820 4.694 17 5.522 1.911 270 3.317 Tav.n12 DISITRIBUZIONE ANNUALE DEI CASI E DECESSI , TASSO DI LETALITA’ CASI CORRETTI PER RITARDO DI NOTIFICA E CASI PREVALENTI IN ITALIA Anni di diagnosi Casi Deceduti Tasso di Casi Casi segnalati letalità corretti Prevalenti 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 Totale 1 8 38 198 456 1028 1772 2472 3132 3813 4245 4783 5466 5398 4.151 37.170 0 7 38 185 420 938 1554 2145 2652 3236 3357 3270 3136 1834 884 25.274 0,00 87,50 100,00 93,40 92,10 91,20 87,70 86,80 84,70 84,90 79,10 68,40 57,40 34,00 21,30 68,00 1 8 38 198 456 1028 1772 2472 3132 3817 4276 4869 5658 5858 5.385 38.886 ----- 1 7 29 138 326 792 1717 2861 4187 5536 6570 8017 9639 11126 11.896 *il numero dei deceduti indica quanti dei pazienti diagnosticati in un anno risultano morti al 31 dicembre di ogni anno. 92 Tav.n.13 DISTRIBUZIONE DEI CASI DI A.I.D.S. PER ANNO DI DIAGNOSI E PER REGIONE DI PROVENIENZA IN ITALIA. Regioni 82-89 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 Totale 2.001 967 Lombardia 775 405 Lazio 580 287 Emilia R. 411 198 Piemonte 361 211 Toscana 351 199 Veneto 345 173 Liguria 244 161 Sicilia 163 108 Puglia 186 95 Campania 193 114 Sardegna 93 42 Marche 49 37 Calabria 45 27 Friuli V. G. 36 24 Abruzzo 36 11 Umbria 30 14 Trento 15 7 Bolzano 10 9 Basilicata 1 7 ValieD'Aosta 1 3 Molise 8 17 Ignota 44 19 Estero 5.978 3.135 TOTALE Fonte Ministero della Sanita’ 1.223 461 377 293 218 232 211 160 143 109 111 61 36 26 25 27 21 18 10 9 3 24 22 3.820 1.244 542 426 289 252 268 236 182 169 174 144 65 40 34 24 38 31 24 9 5 2 42 16 4.256 1.504 626 434 308 278 299 231 222 190 150 172 67 43 40 37 30 38 16 19 6 4 67 29 4.810 1.732 645 567 372 336 328 278 238 171 197 172 80 53 36 40 39 32 18 12 5 4 112 32 5.499 1.646 727 525 357 363 304 264 215 216 207 182 90 57 37 47 47 37 25 18 7 5 111 34 5.521 1.229 532 385 312 251 235 163 131 205 164 121 74 51 43 39 41 23 22 15 9 3 89 14 4.151 11.546 4.713 3.581 2.540 2.270 2.216 1.901 1.553 1.365 1.282 1.209 572 366 288 272 269 226 145 102 49 25 470 210 37.170 % del totale 31,06 12,68 9,63 6,83 6,11 5,96 5,11 4,18 3,67 3,45 3,25 1,54 0,98 0,77 0,73 0,72 0,61 0,39 0,27 0,13 0,07 1,26 0,56 100,00 93 Tav.n.14 DISTRIBUZIONE DEI CASI DI A.I.D.S. PER FASCE DI ETA’ E PER SESSO IN ITALIA AL 31-12-96 E TASSI DI ETA’ SPECIFICI OGNI 100.000 PERSONE Classi dì età N° Maschi % Tassi età specifici N. Femmine % Tassi età specifici Totale % N. Tassi età specifici 231 0,62% 41,10 0 108 0,37% 37,40 123 1,54% 44,70 219 0,59% 9,70 1-4 101 0,35% 8,70 118 1,47% 10,30 111 0,30% 3,60 5-9 62 0,21% 4,00 49 0,61% 3,00 30 0,08% 1,50 10-12 19 0,07% 2,1 11 0,14% 23 0,06% 13-14 20 0,07% 3 0,04% 0.7* 103 0,28% *2,3 15-19 76 0,26% *3,4 27 0,34% 1,20 2.034 5,47% 43,70 20-24 1.318 4,52% 55,60 716 8,95% 303 9.380 25,24% 202,90 25-29 6.846 23,47% 292,00 2.534 31,67% 119,10 295,70 30-34 9.599 32,91% 466,30 2.482 31,02% 118,80 12.081 32,50% 6.386 17,18% 167,80 35-39 5.314 18,22% 279,60 1.072 13,40% 47,20 4.286 11,53% 57,40 40-49 3.717 12,74% 100,30 569 7,11% 13,20 1.589 4,27% 22,30 50-59 1.412 4,84% 40,90 177 2,21% 4,30 686 1,85% 5,80 60 e oltre 575 1,97% 11,30 121 1,51% 1,60 1 0,00% Indeter. 1 0,00% 0 0,00% 37170 100,00 -----Totale 29168 100,00 --------8002 100,00 -----Il tasso si riferisce alle fasce di età 10-12 e 12-14 (Fonte Ministero della Sanità) Tav.n.15 CASI DI A.I.D.S. IN ITALIA DISTINTI PER ANNO DI DIAGNOSI E PER CATEGORIA DI ESPOSIZIONE Categoria di Esposizione 82-90 1991 1992 1993 1994 1.430 547 Omosessuali 16,1% 14,6% % 6.007 2.480 Tossicodipendenti 67,8% 66,1% % 251 85 *TD-OMO 2,8% 2,3% % 123 32 Emofilici 1,4% 0,9% % 126 38 Trasfusi 1,4% 1,0% % 707 401 Contatti etero 8,0% 10,7% % 219 167 Altro non det. 2,5% 4,5% % 8.863 3.750 Totale. *Tossicodipendenti omosessuali 547 13,1% 2.764 66,0% 76 1,8% 39 0,9% 50 1,2% 501 12,0% 213 5,1% 4.190 648 13,5% 3.020 63,1% 92 1,9% 29 0,6% 46 1,0% 658 13,8% 262 5,5% 4.785 784 14,4% 3.359 61,7% 111 2,0% 26 0,5% 41 0,8% 773 14,2% 351 6,4% 5.445 1995 1996 712 13,1% 3.252 59,7% 90 1,7% 24 0,4% 55 1,0% 913 16,7% 405 7,4% 5.451 554 13,5% 2.373 57,7% 50 1,2% 17 0,4% 41 1,0% 655 15,9% 426 10,3% 4.116 Totale 5.222 14,3% 23.260 63,6% 757 2,1% 289 0,8% 398 1,1% 4.608 12,6% 2.044 5,6% 36.578 Maschi Femmine 5.222 18,1% 18.562 64,3% 757 2,6% 289 1,0% 230 0,8% 2.358 8,2% 1.459 5,1% 28.877 0 0,0% 4.698 61,0% 0 0,0% 0 0,0% 168 2,2% 2.250 29,2% 585 7,6% 7.701 94 Tav.n.16 DISTRIBUZIONE DEI CASI ADULTI DI A.I..D.S. CONTRATTA PER VIA ETEROSESSUALE PER TIPO DI RISCHIO E SESSO IN ITALIA AL 31-12-1996 Tipo di rischio eterosessuale Numero Originario di zona endemica MASCHI % Nunero 279 11,83% 128 FEMMINE % 5,69% N. TOTALE % 407 8,83% 27 0,59% 0 0,00% 27 1,20% 994 21,57% 368 15,61% 606 26,93% 836 18,14% 131 5,56% 705 31,33% 22 0,48% 8 0,34% 14 0,62% 237 5,14% 216 9,16% 19 0,84% 922 20,01% 297 12,60% 625 27,78% 1.163 25,24% 1.037 43,98% 506 22,49% 2.358 100 2.250 100 4.608 100 Pazienti che hanno probabilmente contratto l’infezione per via eterosessuale (inclusi i partner di proStitute e le prostitue) - Fonte Ministero della Sanità Partner bisessuale Partner tossicodipendente (TD) Partner TD HIV+ Partner emofilico/trasfuso Partner zona endemica Partner HIV positivo Partner promiscuo* TOTALE Tav.n.17 FREQUENZA RELATIVA DELLE PATOLOGIE INDICATIVE DI A.I.D.S. IN ADULTI PER ANNO DI DIAGNOSI IN ITALIA. Patologie 82-91 n=15206 1992 n=4825 #1993 n=5434 (n=5245) #l 994 n=6218 (n=5822) #l 995 n=6139 (n=5628) #1996 n=4623 (n=4242 Candidosi (poimonare e esofagea) 26,40 23,90 22,9(23,8) 21,4(22,8) 20,5(22,4) 20,8(22,6) Polmonite da Pneum.s carinii 232 23,90 21,7(22,5) 19,6(20,9) 18,6(20,3) 18,1(19,7) Toxopiasmosi cerebrale 7,50 10,20 10,0(10,4) 8,9(9,5) 7.9(8,6) 8.4 (9,1) Micobatt. da avium o kansasiì0.9 1,40 2:24 2,1(2,1) 2,1(2,3) 2,5(2,7) 2,2(2,4) Micobatteriosí3.2 3,30 4:48 3,2(3,3) 3,0(3,2) 2,6(2,8) 2,5(2,8) Micobatteriosi da altre specie * 0,90 1,40 1,7(1,7) 2,0(2,1) 2,1(2,3) 2,1(2,3) Altre infezioni opportunistiche ** 13,60 15,20 15,9(16,5) 16,2(17,3) 16,1(17,6) 16,1(17,6) Sarcoma di Kaposi (KS) 5,6 4,3 4,6(4,7) 4,6(4,9) 4,4(4,8) 4,5(4,9) Linfomi 3,10 2,80 2,5(2,6) 2,9(3,1) 2,9(3,2) 3,1(3,4) Encefalopatia da HIV 7,20 6,90 5,9(6,1) 6,7(7,1) 7,4(8,0) 7,2(7,9) 'Wasting Syndrome" da HIV 8,50 6,70 6,0(6,3) 6,2(6,7) 6,6(7,2) 6,7(7,3) Definizione di caso dal 1993 Carcinoma inv. cervice uterina 0,30 0,40 0,30 0,40 Polmonite ricorrente 0,80 2,40 3,40 3,90 Tubercolosi poimonare 2,40 3,60 4,50 4,00 I valori in parentesi indicano il numero assoluto (e relative frequenze) secondo la vecchia definizione di caso 1987. *Disseminata o extrapoimonare **lnciude: Criptococcosi, Criptosporidiosi, Infezione da Cytomegaiovirus, Infezione da Herpes simplex, lsosporidiosi, Leucoencefaiopatia Multifocale; Salmoneliosi, Coccidioidomí 95 Tav.n.18 CASI DI A.I.D.S. PER REGIONE SECONDO IL TIPO DI TRASMISSIONE AL 31-12-1993 REGION I PIEMONTE VAL D'AOSTA LOMBARDIA TRENTINO AA VENETO FRIULI VEN.G. LIGURIA EMILIA-ROM. TOSCANA MARCHE UMBRIA LAZIO ABRUZZO MOLISE CAMPANIA PUGLIA BASILICATA CALABRIA SICILIA SARDEGNA Estero e altri TOTALE Omosessualità Tossico dipendenza Tossic.Dip. e Omoses. sualità Emo- Trasfu- Contatto filia sioni eterosessuale Pedia- Non Totale trico DeterMinato 246 4 760 31 192 38 77 240 280 44 27 432 15 1 74 40 4 8 79 10 72 810 15 3.770 114 747 67 800 1.265 644 188 67 1484 70 6 391 487 36 102 552 515 88 28 1 108 3 18 1 17 41 54 6 3 39 2 0 40 23 0 9 32 8 7 12 0 25 10 6 2 5 14 22 1 2 31 4 0 27 12 1 15 11 5 1 22 1 25 3 11 2 12 17 14 14 2 24 3 0 23 22 4 9 22 8 4 101 1 362 15 94 18 78 147 67 27 11 245 15 2 60 44 5 18 63 50 34 20 0 98 5 18 1 15 34 19 3 1 70 5 0 12 15 0 4 10 15 4 104 4 330 14 69 16 58 113 82 27 11 193 10 2 44 28 2 14 72 29 22 1,344 26 5,478 195 1,155 146 1,062 1871 1,182 310 124 2,518 124 11 671 671 52 179 841 640 232 2.674 12.218 441 206 243 1.457 349 1.244 18,832 96 Tav.n.19 DISTRIBUZIONE DEI CASI PEDIATRICI IN ITALIA PER REGIONE DI RESIDENZA E ANNO DI DIAGNOSI Regione Lombardia Lazio Emilia Romagna Toscana Piemonte Liguria Campania Veneto Puglia Sicilia Sardegna Calabria Abruzzo Trentino Alto Adiqe Umbria Marche Friuli Venezia Giulia Molise Valle D'Aosta Basilicata Molise Ignota Estero Totale 82-89 60 39 17 7 5 9 7 7 5 7 8 4 2 0 0 4 0 0 0 0 0 1 0 182 1990 12 8 5 4 5 5 0 3 4 1 5 3 0 3 1 0 0 0 0 0 0 1 0 60 1991 19 8 6 7 4 2 3 5 6 3 2 0 2 0 0 0 1 0 0 0 0 1 1 70 1992 17 11 10 4 5 1 4 3 1 3 0 0 1 3 1 0 0 0 0 0 0 2 0 66 1993 11 10 9 2 4 4 5 0 3 3 1 1 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 55 1994 1995 17 17 5 10 4 3 7 5 4 3 3 4 1 7 7 3 0 2 4 4 1 3 0 1 1 1 0 2 0 2 0 0 0 0 o 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 1 54 70 1996 Totale 9 162 6 97 3 57 0 36 2 32 1 29 1 28 2 30 1 22 0 25 0 20 1 10 1 10 0 8 1 5 1 5 0 1 0 0 0 0 1 1 0 0 4 11 1 3 34 592 Dei 503 (94%) casi pediatrici che hanno contratto dalla madre, 292 (pari al 54,8%) sono figli di madre tossicodipendente, mentre 188 (35,3%) sono figli di madre che ha acquisito l’infezione sicuramente per via sessuale. 97 Tav.n.20 DISTRIBUZIONE DEI CASI PEDIATRICI IN ITALIA PER ANNO DI DIAGNOSI E TIPO DI ESPOSIZIONE Categoria Di esposizione Emofilici % Trasfusi % Trasmissione vert. % Altri non determin.. % Totale % 82-89 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 Totale Maschi 9 4 1 1 0 0 0 0 15 4,9 6,7 1,4 1,5 0,0 0,0 0,0 0,0 2,6 12 Donne 15 100,0 4 0 0,0 8 5 1 1 0 1 3 0 1 2,7 1,7 1,4 0,0 1,8 5,8 0,0 2,9 2,0 33 67 166 55 68 62 53 50 69 17 554 265 289 91,2 91,7 97,1 93,9 96,4 92,6 98,6 0,0 93,6 47,8 52,2 2 0 O 3 1 1 1 3 11 7 4 1,1 0,0 0,0 4,5 1,8 1,9 1,5 8,6 1,9 63,6 36,4 182 60 70 66 55 54 70 35 592 291 301 31 10 12 11 9 9 12 6 100 49 51 Tav.n.21 DISITRIBUZIONE DEI CASI DI AIDS A TRASMISSIONE VERTICALE IN ITALI A AL 31-12-96 Tipo di rischio Madre HIV+ rischio non det. Madre a rischio sessuale Madre a rischio sessuale HIV+ Madre tossicodipendente Madre tossicodipendente HIV+ Madre trasfusa HIV+ Totale Maschi N. % 22 40 14 41,2 74 45,7 21 60 132 50 2 50 265 47,7 Femmine N. % 33 60 20 58,8 88 54,3 14 40 132 50 2 50 289 52,3 Totale N. % 55 34 162 35 264 4 9,9 6,1 29,2 6,3 47,6 0,7 554 100 98 Tav.n.22 CASI A TRASMISSIONE VERTICALE DI A.I.D.S. DISTINTI PER PATOLOGIE 82-91 1992 1993 1994 1995 Patologie n=417 n=80 n=70 n=67 n=88 Candidosi (poimonare e esofagea) 10,8 17,5 10 11,9 7,9 Polmonite da Pneum.s carinii 17 11,2 22,9 14,9 17 Toxoplasmosi cerebrale 1,9 1,2 0 0 0 Infezione da Cytomegaiovirus 9,3 7,5 12,9 3 12,5 Micobatteriosi* 0,7 2,5 0 1,5 2,3 Infezioni batteriche ricorrenti 10,3 13,7 12,9 13,4 11,4 Polmonite interstiziale linfoide 21,6 15 11,4 6 7,9 Altre infezioni opportunistiche** 6,7 1,2 5,7 6 3,4 Tumori (KS e Linfomi) 2,2 1,2 0 3 3,4 Encefalopatia da HIV 12,9 16,2 15,7 22,4 21,6 'Wasting Syndrome" da HIV 6,5 12,5 8,6 17,9 12,5 *Disseminata o extrapoimonare **include: Criptococcosi,Criptospondiosi, infezione da Herpes simplex, isospondiosi, Leucoencefalopatia Multifocale, Salmonellosi. Fonte Ministero della Sanità. 1996 n=41 14,6 12,2 2,4 12,2 2,4 4,9 12,2 4,9 4,9 21,9 7,3 Tav.n.23 CASI DI SIEROPOSITIVITA’ E DI AIDS ACCERTATI FRA DETENUTI NELLE CARCERI D’ITALIA ANNO 1985 1988 1991 1992 1993 1994 1995 Detenuti presenti 42.738 31.077 35.485 47.588 50.212 51.231 47.759 TossicoDipendenti 4.301 (10,06%) 7.500 (24,13%) 11540 (32.52%) 14.818 (31,14%) 15.135 (30,14%) 14.742 (28,78%) 13.488 (28,24%) Sieropositivi accertatati Numero 4.727 6.679 3.030 3.377 3.170 2.383 1962 Casi di AIDS accertati % casi fra Numero % casi fra detenuti tossicodipendenti 16,60% 2 0,00% 19,10% 36 0,54% 8,54% 84 2.77% 7,09% 60 1,78% 6,31% 86 2,71% 4,65% 30 1,26% 4,11% 62 3,16%