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I N D I C E
1 - Cenni storici sulla malattia
pag. 3
2 - Struttura e attività dell'agente patogeno
dell'A.I.D.S. (HIV)
" 11
3 – Sistemi di individuazione del virus
“ 19
4 - Conseguenze dell'infezione da HIV
" 21
5 - Modi di trasmissione della malattia
"
6 - Diffusione della malattia
" 30
7 – Diffusione della malattia in Italia
“ 35
8 – Diffusione dell’AIDS fra le categorie a rischio
“ 41
9 – I casi pediatrici
“ 43
10 – Diffusione dell’AIDS nelle carceri
“ 45
11- Mezzi per evitare il contagio
" 47
25
2
12 - Studi e scoperte epidemiologiche
" 49
13- Problemi giuridici riguardanti la malattia
" 65
Glossario
" 71
Elenco delle sostanze Anti-AIDS
“ 79
Tavole Statistiche
pagg.81- 98
3
1 - Cenni storici sulla individuazione della malattia.
Connesso con il problema delle tossicodipendenze, specialmente
da eroina, è quello dell'A.I.D.S. (Acquired Immunodeficiency
Syndrome ovvero Sindrome da immunodeficienza acquisita), giacché
rispetto a tale stato morboso i tossicodipendenti rappresentano una delle
categorie a grande rischio insieme con quella degli omosessuali.
Nel luglio l981 furono segnalati negli Stati Uniti alcuni casi di
polmonite da pneumocystis carinii(PCP) e 26 casi di sarcoma di
Kaposi(KS) in maschi omosessuali, che presentavano altri vari sintomi
di eziologia incerta, ma con in comune una deficienza immunitaria
cellulare, da cui la definizione della sindrome.
Più tardi questa acquistò uno spettro più ampio attraverso la
inclusione di neoplasie come il linfoma cerebrale e di varie infezioni
opportunistiche causate da virus, batteri e protozoi, riscontrate sempre
in soggetti con diminuita difesa immunitaria acquisita.
Soltanto
nel
1983
fu
possibile
individuare,
quasi
contemporaneamente da parte delle equipes di Luc Montagnier, dello
Istituto Pasteur di Parigi e di Robert Gallo dell'Università di Bethesda,
l'agente
eziologico
dell'A.I.D.S.
in
un
retrovirus
denominato
inizialmente HTLVIII/LAV (Human T-cell Lymphotropic Virus Type
III-Lymphoadenopaty Associated Virus) e poi più semplicemente HIV
(Human Immunodeficiency Virus), il quale, da uno stato di letargo o di
riposo nel soggetto ospite, può entrare improvvisamente in una intensa
attivita' nei confronti dei linfociti di tipo T, distruggendoli o
4
paralizzandone l'attivita' immunitaria, con conseguente collasso
dell'organismo, esposto in tal modo a manifestazioni morbose di varia
gravità.
Al 3.o Simposio Internazionale sull'A.I.D.S. tenutosi a Washington
nei primi giorni del giugno 1987 mentre il prof. R.Gallo annunciava di
avere isolato un nuovo virus imparentato con quello dell'A.I.D.S.,
precisando però che lo stesso, come i cugini africani dell'HTLV-III in
precedenza scoperti (HTLV-I, HTLV-II e HTLV-IV), anche se
attaccano il sistema immunitario, non hanno la stessa capacità di
contagio e gli stessi effetti dell'HIV, a sua volta Luc Montagnier
dichiarava di avere isolato un secondo virus dell'A.I.D.S. diffuso in
Europa e più insidioso del primo (HIV-2).
Secondo una comunicazione fatta all'Organizzazione Mondiale
per la Sanità nel marzo del 1989, nel Camerun sarebbe stato isolato con
il metodo "Westernblood" (WB) un virus di peso molecolare diverso
dall' HIV-1 e dall'HIV-2 e con sequenze differenti.
Inoltre, nella rivista "Nature" del giugno 1990 è stato pubblicato
un lavoro di ricerca delle Università Emory, Harvard e Stanford,
secondo cui sarebbe stata individuata una varietà del virus dell'A.I.D.S.,
portata da scimmie, che provocherebbe la morte in sei giorni.
Quanto all'origine del virus dell'A.I.D.S., anche se alcuni avevano
affacciato l'ipotesi di una sua costruzione in un laboratorio di biogenetica statunitense e della sua diffusione per rottura di una provetta
nelle mani di un addetto con conseguente contatto sanguigno, la quasi
totalità degli studiosi del problema riteneva fino a qualche anno fa che il
virus si fosse trasmesso all'uomo, a seguito di morso, da parte di una
scimmia catarrina esistente in Africa (il cercopiteco verde dello Zaire),
portatrice dello stesso, divenuto estremamente pericoloso per l'uomo
negli ultimi tempi a seguito di mutazioni, che nei virus avvengono a
brevissima distanza di tempo, come sarebbe dimostrato dalla scoperta
5
dei cugini africani meno pericolosi.
Senonché, alla Quarta Conferenza mondiale sull'A.I.D.S.,
apertasi a Stoccolma il 12 giugno l988 il giapponese Masashi Fukasawa
sostenne, sulla base di un studio pubblicato sulla rivista "Nature", che il
virus dell'A.I.D.S. non discenderebbe dalle scimmie, ma sarebbe
patrimonio umano da migliaia di anni in quanto geneticamente diverso
da quelli trasmessi dal macaco, dal mandrillo e dalla scimmia verde; e
con lui si trovò d'accordo Luc Montagnier per quanto riguarda l'HIV-1,
ma non per quanto riguarda l'HIV-2, mentre Robert Gallo dichiarava
che il virus HIV-1 poteva essere vecchio di secoli o anche molto di più
e non escludeva che esso potesse essere stato trasmesso da scimmia
all' uomo anticamente.
Nello stesso Congresso William Haseltine dell'Università di
Harvard, ritenuto il maggiore studioso dell'A.I.D.S. nel campo della
biologia molecolare, annunciava che il virus, già allora molto più
subdolo
e
pericoloso
del
previsto,
avrebbe
potuto
diventare
maggiormente virulento nel tempo ed ha aggiungeva che esso si
nasconde anche in particolari cellule dell'organismo, le quale
impediscono totalmente la sua identificazione.
L'11 gennaio 1989 Robert Gallo rendeva noto a Venezia, nel corso
della seconda giornata del Congresso internazionale sulla ricerca per il
cancro e l'AIDS, che una analisi del sangue congelato di un marinaio
deceduto a Manchester nel 1959 per pneumocistis Carinii, il quale
presentava segni di immunodeficienza inspiegabile, aveva rivelato
infezione da virus dell'AIDS. Il prof. Gerald Corbitt, il dott. Andrew
Bailey e il dott. George Williams della Scuola di Medicina della
Università di Manchester, che avevano proceduto all'analisi del tessuto
risultato sieropositivo, confermavano la notizia sulla rivista "Lancet"
pubblicata nei primi giorni del giugno 1990. Secondo il prov. Corbitt, il
marinaio avrebbe contratto l'infezione alla fine degli anni '40, dal che
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dovrebbe dedursi che la epidemia ha avuto un periodo di incubazione di
diverse generazioni.
In precedenza si riteneva che la prima persona deceduta per AIDS
fosse uno steward canadese morto nel 1979 e che aveva viaggiato a
lungo in Africa.
Sia pure a titolo di curiosità va fatto cenno di un articolo apparso in
Inghilterra sul "Times" del 12 luglio 1990 , nel quale fu data notizia
che iI ricercatore Leo Svante Paabo e i virologi olandesi Jacop
Gondsmit e Rutger Perizionices stavano applicando una modernissima
tecnica diagnostica denominata PCR (reazione polimerasica a catena),
che consente di esaminare agevolmente tratti del DNA (acido
desossiribonucleico) costituente il materiale genetico fondamentale di
ogni cellula, a frammenti di tessuto prelevati da una mummia egiziana
conservata nel British Museum e da resti di scimmie del VI secolo a.C.
al fine di accertare la presenza o meno del virus dell'A.I.D.S. e di verificare la tesi sulle origini della sindrome.
La teoria secondo cui l'infezione da HIV, il virus responsabile della
sindrome da immunodeficienza acquisita, o Aids, avrebbe un decorso
articolato in tre fasi ben distinte: una prima, acuta, seguita da un lungo
periodo di latenza destinato fatalmente a evolvere nella malattia
conclamata è stata messa in discussione nel marzo 1995 da studi del
gruppo di Xiping Wei, della Divisione di ematologia-oncologia e
malattie infettive dell'Università dell'Alabama a Birmingham, e
di
quello diretto da David Ho dell'Aaron Diamond Aids Research Center
di New York condotti anche su soggetti sieropositivi sani conviventi da
15 anni con l’HIV.
Le nuove ricerche dei due gruppi sembrano dimostrare che il
virus dell'Aids è molto più attivo di quanto si pensasse, in quanto
infetterebbe continuamente non solo le cellule del sistema immunitario
(soprattutto i linfociti Cd4+), ma anche un «pool» consistente di altre
7
cellule, riproducendosi continuamente, a un ritmo impressionante, in
modo tale da generare in media ogni due giorni circa 200 milioni di
virioni (pre-virus) e da costringere la popolazione dei Cd4+
a
rinnovarsi per circa il 5 per cento (4 miliardi di cellule).
Inoltre, all'inizio, il sistema immunitario riuscirebbe a sostituire
le cellule morte con altre sane e in questa fase il vìrus si
moltiplicherebbe a a velocità crescente, imponendo all'organismo un
super lavoro, la produzione di 1-2 miliardi di cellule sane ogni giorno
per rimpiazzare quelle morte. Poi, lentamente, le difese immunitarie si
indebolirebbero rendendo possibile l’aggressione del malato da parte
batteri e altri germi e la sua morte in breve tempo, anche perché il pool
di cellule così prodotto e di cui ancora non si conosce la localizzazione,
ma che sicuramente non fa parte del sistema immunitario, partorirebbe
un virus di tipo «selvaggio» molto incline a mutazioni, che lo
renderebbero ben presto resistente ai farmaci, rendendo vana ogní
terapia.
In buona sostanza il virus, come la cellula che lo genera, nascerebbe
e morirebbe in breve tempo. «C'è una rapida, e virtualmente completa,
sostituzione dei virus negli organismi malati» ha scritto Wei su Nature.
Due gruppi di ricercatori americani guidati da Yunzhen Cao,
dell'Aaron Diamond Aids Research center di New York, e Giuseppe
Pantaleo di Bethesda hanno accertato che se è vero che gran parte dei
sieropositivi manifesta i sintomi dell'immunodefìcienza anche dopo
dieci anni dal contagio, è anche vero che il 5 per cento arriva a questa
scadenza, e anche oltre, perfettamente sano, con un sistema immunitario
normale pur essendo portatore del virus.
Cao
ha
raccolto
dieci
sieropositivi
sani,
tutti
dell'area
metropolitana di New York, asintomatici da 12-15 anni, con un
conteggio dei linfocíti Cd4+ costante e nell'ambito della normalità.
Pantalco ne ha riuniti 15, e li ha messi a confronto con 18 malati
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dichiarati di Aids. In ambedue i casi gli esami di laboratorio hanno
dimostrato che la replicazione del virus, pur presente e quotidiana, era
ben controllata, e il carico virale molto inferiore nei sani che nei malati.
In tutti è stata trovata una risposta immunitaria vigorosa.
Pantaleo si è dedicato in particolare allo studio dei linfonodi,
scoprendo che quelli dei sieropositivi sani, al contrario di quelli dei
malati, non perdono la capacità di intrappolare i virus.
<Forse il segreto dell'AIDS» ha osservato Davíd Baltimore,
virologo del Massachussetts Institute of Technology (MIT) di Boston
«sta tutto nel fatto che i sieropositivi sani che, come tutti, subito dopo
l'infezione hanno una forte risposta immunitaria, semplicemente
riescono a conservarla per tutta la vita». E di qui, con ogni evidenza, è
destinata a partire ogni nuova ricerca per farmaci e vaccini efficaci.
L'ipotesi
che l’AIDS
venga dalle scimmie avrebbe trovato
conferma in uno studio condotto da Paul Sharp, genetista dell'università
di Nottingham, il quale nei primi mesi del 1995 ha accertato che virus
simili a quello dell'AIDS sono passati, in Tanzania, da specie a specie
di scimmie e che, quasi contemporaneamente, sempre in Tanzania, si
sarebbero verificati i primi casi di Aids nell'uomo.
La trasmissione del virus da animale a uomo
costituirebbe
l’ipotesi più attendibile anche secondo Robert Sliope, epidemiologo di
Yale, che nelle stesso periodo ha dimostrato che il virus Oropouche, che
nel 1960 colpì, provocando febbre alta, 11mila persone a Belem, in
Brasile, fu una conseguenza del taglio della foresta realizzato per
costruire la strada Belem-Brasilia e del contatto tra lavoratori e animali
della foresta, mentre secondo Max Essex, dell’Harvard Medical School
di Boston, anche l'htlv-2, un retrovirus responsabile di un tumore
nell’uomo, verrebbe dalle scimmie ragno delle foreste del Nuovo
Mondo. L'origine del virus Sibià, che nel 1990 infettò una giovane
agronoma brasiliana, morta poi per emorragia intestinale sembra abbia
9
seguito la stessa strada. «Nella
foresta equatoriale brasiliana
conosciamo almeno 50 virus diversi in grado di infettare l'uomo» ha
aggiunto Shope «ma ce ne sono altre migliaia ancora sconosciuti». E
l'Amazzonia non è un'eccezione. Un altro retrovirus umano, l'htìv-1,
associato a un tipo di leucemia e a una paraparesi spastica, è, secondo
Essex, strettissimo parente del virus stlv delle scimmie africane.
Oltre al virus Marburg, di cui viene indicata l'origine in una caverna
africana, anche un altro virus africano, l'Ebola, per fortuna meno
pericoloso, è arrivato in Occidente con un carico di scimmie importate
dalle Filippine nel 1989.
Negli anni Cìnquanta fu considerato non patogeno per l'uomo il
virus sv40, trovato nelle cellule di scimmia su cui veniva coltivato il
poliovirus Salk destinato alle vaccinazioni.
Ma 40 anni dopo si è
accertato che questo virus provoca il mesotelioma, un tumore della
membrana che avvolge i polmoni, il che sconsiglia il trapianto di
organi dagli animali all'uomo, tanto più dopo la scoperta che tra le
scimmie della Southwest Foundation di San Antonio, da cui era stato
prelevato il babbuino usato per il primo trapianto di fegato animaleuomo, è ora diffusa una sconosciuta follia di encefalite virale.
All’inizio del 1995 è stato annunciato l’arrivo anche in Europa dal
Sud-est asiatico del virus dell'Aids di tipo E, con cui precedentemente
rischiavano d'infettarsi soltanto i turisti del sesso in Thailandia. Questo
ceppo ha un particolare tropismo per le cellule di Langherans, più
frequenti nelle zone genitali maschili e femminili, che invece di fungere
da prima barriera contro il virus, offrono una scorciatoia e amplificano
l'infezione attraverso i rapporti sessuali. L'hiv, il virus dell'Aids, del
tipo E utilizza solo una strada diversa, rispetto a quella del sangue, per
penetrare nell'organismo, ma non è dimostrato che sia più virulento.
Il dottor Toufu Zhu dell'università di Washington ha dato
comunicazione nel corso della . quinta conferenza sui «Retrovirus»
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tenuta a Chicago nei primi giorni del febbraio 1998 che il primo caso
di Aids risale non, come si credeva, all'inizio degli anni Ottanta, ma al
1959. La malattia, secondo i ricercatori statunitensi, accompagnerebbe
l'umanità da almeno quarant'anni e si sarebbe inizialmente sviluppata
nell'ex Congo Belga, dove avrebbe colpito un cittadino bantù di
Leopoldville, l'attuale Kinshasa.
Fino ad allora si ritenevai che l'Aids fosse stata introdotta in America
da un assistente di volo canadese nel 1981 o 1982.
Il dott Toufou non ha escluso, inoltre, che la malattia sia apparsa
ancora prima, negli anni Quaranta. «Ma le analisi di laboratorio sulle
possibili precedenti vittime sono molto difficili» ha spiegato «Questo è
il massimo a cui siamo riusciti a risalire».
Nella stessa Conferenza un altro scienziato, il dottor David Ho
dell'università Rockefeller di New York, ha aggiunto che il virus
dell'HIV varia da continente a continente, tanto che in Europa e negli
Stato Uniti è di tipo B; mentre in Africa è di tipo D, ed ha ipotizzato che
il virus dal luogo di origine si sia propagato altrove dopo il 1959
attraverso i viaggi della gente e la prostituzione e sia stato scoperto solo
quando arrivò negli Stati Uniti.
.
11
2 - Struttura e attività dell'agente patogeno
dell'A.I.D.S. (HIV).
E' allo stato universalmente dato per certo che l'agente
dell'A.I.D.S. è un virus composto essenzialmente di acido ribonucleico
(RNA), appartenente alla famiglia dei retrovirus, la cui caratteristica
fondamentale è quella di dare informazioni attraverso l'RNA (acido
ribonucleico) al DNA (Acido desossiribonucleico) con flusso inverso
(retro) rispetto a quello della maggior parte dei messaggi genetici.
I retrovirus furono individuati all'inizio di questo secolo come
agenti che provocano numerose malattie in diversi animali. Essi sono
stati distinti in Oncovirus, quali agenti causali di leucemie e linfomi in
gatti, mucche, uccelli, gibboni e topi; in Spumivirus, caratterizzati dalla
fusione di più nuclei (sinciziali), e che sono generalmente portati da
bovini e felini senza provocare apparenti disturbi, pur resistendo alle
reazioni immunitarie; e in Lentivirus, responsabili nei mammiferi
ungulati di malattie neurologiche, ematologiche, nonché degli apparati
respiratorio e muscolo-scheletrico, le quali si manifestano dopo un
lungo periodo di incubazione ma senza carattere di malignità.
Solo nel 1980 si riuscì ad isolare in una malattia dell'uomo, una
forma aggressiva di leucemia poco diffusa, un retrovirus linfotropico
dei linfociti T, denominato HTLV-I. Nel 1982 fu individuato un altro
retrovirus correlato, seppure distinto, in un individuo affetto da una
forma di leucemia meno aggressiva (leucemia a cellule capellute),
contraddistinto con la sigla HTLV-II.
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Il terzo retrovirus umano ad essere isolato è stato quello dell' A.I.D.S.
(HTLV-III o più semplicemente HIV), che ha in comune con i
Lentivirus molte affinità genetiche, strutturali e biologiche, anche se
nessuno di questi attacca direttamente il sistema immunitario
dell'organismo ospite.
L'HIV, date le sue minime dimensioni (con lunghezza di 2-3
centesimi di micron, ossia centesimi di millesimi di millimetro, e con
diametro inferiore), ha la capacità di infiltrarsi nei pori della superficie
permeabile di quel particolare tipo di globuli bianchi denominati
linfociti T-Helper, che hanno dimensioni enormemente più grandi (7-8
micron di diametro e volume 20.000 volte più grande di quello del
virus).
Secondo i risultati di recenti ricerche il virus à trascinato
nell'interno dei linfociti da piccole molecole situate sulla superficie
degli stessi, denominate CD4-recettori, nelle quali la glicoproteina GP
120, facente parte della sua struttura, si incastra perfettamente.
L'HIV contiene le informazioni genetiche sotto forma di acido
ribonucleico (RNA), che normalmente ha nelle cellule la funzione di
trasmettere le informazioni genetiche contenute nel DNA (acido
desossiribonucleico).
Più precisamente i linfociti che vengono ad essere infettati sono
quelli del tipo T4 (così denominati perché presentano in superficie la
molecola CD4) e T8; ma non è escluso che siano attaccati anche quelli
di altro tipo e persino leucociti macrofagi.
L'attività dei linfociti T4, non è solo quella di produrre
direttamente anticorpi (gammaglobuline in parte associate con la
frazione delle globuline denominata T), ma anche di guidare la
produzione di anticorpi di altro tipo attraverso indicazioni fornite ai
linfociti di tipo B da particolari proteine da essi prodotte denominate
linfochine, che, riconoscendo l'antigene, secernono anticorpi specifici
13
per neutralizzare od eliminare i batteri ed i virus. Altri globuli bianchi
denominati T8 per la presenza in loro di molecole CD8,a seguito del
riconoscimento dell'antigene da parte dei linfociti B e di messaggi
provenienti dai linfociti T4 si attivano in parte (T8-citotossici) sia per
regolare le funzioni di alcune cellule del sistema immunitario
denominate "natural killer" e dei macrofagi, sia per eliminare le cellule
infettate dall'agente patogeno, ed in parte (T8-soppressori) per
deprimere la reazione immunitaria.
In condizioni normali nell'uomo il rapporto tra i linfociti T4 e T8 è
pari ad 1,5-2, mentre nei malati di AIDS il rapporto è invertito,
divenendo inferiore ad 1, e cio' per la diminuzione dei linfociti di tipo
T4, che sono normalmente 800 per millimetro cubo e scendono a 100200. I linfociti T-helper CD4 o T4 sono, infatti, in grado di fornire al
virus HTLV-III materiale chimico per la sua riproduzione, che non
avviene per scissione o duplicazione bensì attraverso sintesi di sostanze
identiche a quelle che lo compongono e, ove il virus si attivi in tal
senso, uscendo da uno stato di controllo da parte del sistema
immunitario che può protrarsi per anni, si moltiplica nel linfocita invaso
dalle 10mila alle 20.000 volte, distruggendolo e diffondendosi negli
altri linfociti T, che subiscono la stessa sorte, con conseguente paralisi
della risposta immunitaria.
Il prof. Luc Montagnier nel corso del 5.o Congresso Mondiale
sull'A.I.D.S., tenutosi a Montreal dal 4 al 13 giugno 1989, ebbe ad
affermare che il virus non agirebbe in un primo momento distruggendo
le cellule del sistema immunitario, ma si limiterebbe inizialmente a
stimolare il sistema stesso per colpire le cellule sane, facendogliele
apparire come un falso bersaglio. Solo in un secondo momento, dopo
avere indebolito il sistema immunitario, il virus attaccherebbe
direttamente le cellule del sistema immunitario, distruggendole. Lo
stesso Montagnier, in una nota pubblicata sulla rivista americana
14
"Virology" nel maggio 1990 ha prospettò l'ipotesi che causa dell'AIDS
sia un microrganismo complice, probabilmente un micoplasma
contenente materiale genetico, che si moltiplicherebbe per divisione,
mentre l'HIV eserciterebbe soltanto funzioni di "pilotaggio".
Al VII congresso mondiale sull’AIDS apertosi a Firenze il 17
giugno 1991 Luc Montagnier mise, poi, in evidenza che, pur essendo
l’AIDS caratterizzato da una profonda e irreversibile alterazione del
sistema immunitario, in realtà sono pochissime le cellule colpite e
inoltre i linfociti T, che rappresentano la difesa del nostro organismo,
vengono colpiti da un fenomeno chiamato apoptosi, ossia la
autodistruzione non causata direttamente dal virus, come se fosse stato
loro impartito un segnale dall’esterno.
Nello stesso Congresso il gruppo di studio facente capo a Boston
al prof. William Haseltine comunicò di avere localizzato al di sotto
delle mucose un gruppo di cellule, le cellule dendritiche, che
rappresentano una percentuale minima del sistema immunitario (l’1%)
ma molto attive con il virus dall’AIDS, che al loro interno si riproduce
con grandissima facilità’, passando poi ai linfonodi ed ai linfociti T4
sulla cui membrana esiste la proteina CD4 che costituisce per il virus la
chiave d’ingresso nella cellula.
Alla Sesta Conferenza internazionale sull’AIDS in Africa, tenuta
a Dakar nella seconda metà del dicembre 1991, il prof. Souleymane
Mboup , scopritore dell’HIV-2 nel 1985, rese noti i risultati di uno
studio condotto su 353 prostitute senegalesi, che aveva consentito di
accertare che il virus africano da lui scoperto si diffonde più lentamente
ed è meno virulento dell’HIV.1, tanto che sieropositivi contagiati da
quest’ultimo molto tempo dopo sieropositivi contagiati dall’HIV-2
avevano subito un deterioramento più rapido delle loro condizioni
fisiche rispetto a costoro e sono morti prima. Il dott. Mboup ha aggiunse
che l’HIV-1 si trasmette più facilmente e rapidamente del virus africano
15
attraverso rapporti sessuali e che l’HIV-2 solo in casi rari si trasmette da
madre a figlio, a differenza del primo che contagia nel 30% dei casi i
figli di madri sieropositive.
Luc Montagnier nell’aprile del 1993 affermò che in dieci anni si
era ammalato di AIDS solo il 50% dei sieropositivi e che nei malati di
AIDS, non solo avviene la modificazione del rapporto CD4/CD8 , che
in base ad un sistema di omeostasi vede corrispondere ad una
diminuzione dei linfociti CD4 un aumento dei linfociti CD8, ma si
verificano anche molti altri cambiamenti del sistema immunitario,
varianti da individuo a individuo e, nell’evoluzione della malattia,
anche nello stesso individuo.
Due équipes di ricercatori americani, la prima dell’Università di
California a Los Angeles e la seconda dell’Università dell’Alabama,
riuscì
a
dimostrare,
secondo
i
rispettivi
studi
pubblicati
indipendentemente sul «New England Journal of Medicine» all’inizio
del 1991, che l’organismo umano nella fase immediatamente successiva
alla infezione da HIV sferra un attacco tanto massiccio quanto efficace
contro il virus. In sette omosessuali nella primissima fase di infezione
da HIV le due équipes avevano rilevato la presenza di dieci milioni di
virus per ogni litro di sangue, una quantità presente solo in malati di
AIDS in fase avanzata
Subito dopo i ricercatori accertarono un
repentino aumento degli anticorpi HIV, costituiti da frammenti di
proteina a forma di Y, e nella maggior parte dei casi due o tre settimane
dopo una scarsissima quantità di HIV presente nel sangue. Secondo i
ricercatori restava da scoprire come faccia l’organismo a mettere
insieme una così agguerrita difesa all’inizio e come possa il virus, anni
dopo, eluderla. Una riproduzione della prima potente risposta
immunitaria potrebbe, secondo i predetti studi, prevenire o quanto meno
rinviare nel tempo gli stadi più debilitanti della malattia.
Il dott. Anthomy Fauci, coordinatore negli Stati Uniti della lotta
16
all’AIDS, negà nel luglio 1992 l’esistenza di un terzo virus HIV, come
adombrato da alcuni scienziati americani in relazione al fatto che in 11
malati di AIDS non si era riusciti a trovare nel sangue il virus. Il
dott.Fauci ha prospettò invece la possibilità che potesse trattarsi di una
nuova malattia. La tesi del dottor Fauci fu stata confermata nel corso
dell’VIII Conferenza Mondiale sull’AIDS apertasi ad Amsterdam il 19
luglio 1992 dal dott, Luc Montagnier, il quale ascrisse il difetto di virus
nei pazienti predetti al fatto che l’AIDS si sviluppa grazie a dei cofattori
aspecifici sinora non identificati.
Il
prof.
Massimo
Galli,
della
Clinica
malattie
infettive
dell’Università di Milano, nel corso del IV convegno europeo sugli
aspetti clinici e il trattamento dell’infezione da HIV aperto a Milano il
28 Marzo 1994, dichiarò che l’HIV ha la capacità di cambiare
frequentemente le caratteristiche delle proteine del suo nucleo esterno,
il che costituisce la principale difficoltà per la preparazione di un
vaccino.
Nell’aprile 1994 fu sottoscritto da 450 virologhi, capitanati dal
dott Peter Duesberg, direttore del laboratorio di biologia molecolare
dell’Università di Bekeley, che già nel 1986 aveva pubblicato su
«Cancer Research» un articolo di contestazione della teoria ufficiale
sull’AIDS, un appello alle autorità nazionali e internazionali per un
ripensamento sulle cause, sulle caratteristiche, sulla consistenza
epidemiologica e sulla pericolosità reale della malattia. Fra gli assertori
della insostenibilità della teoria ufficiale sulle cause dell’AIDS
figuravano il prof. Kay Mulls, inventore di un test sull’AIDS
estesamente usato e premio Nobel, il prof.Harry Rubin, docente di
biologia molecolare all’Università di California, il prof. Bernard
Forscher, già direttore dell’Accademia americana delle Scienze e il
virologo italiano Fabio Franchi.
Verso la metà del 1994 fu isolato negli Stati Uniti, in Germania e in
17
Brasile il sottotipo E del virus HIV-1.
. Stando a una valutazione di fonte americana le probabilità di
contrarre l'infezione sono, nel caso della variante E, cinquecento volte
più numerose rispetto al sottotipo B. Secondo cifre fornite da uno
specialista dell'università di Monaco, Frank Goebe, le infezioni del tipo
E
nei Paesi del sud-est asiatico e precisamente nell'area in cui si
trovano le principali destinazioni del cosiddetto turismo erotico
(soprattutto Thailandia, Shri Lanka e Filippine), meta di circa 150.000
tedeschi ogni anno, mentre ancora nel 1987 rappresentavano non più
del due per cento del totale, nel 1995 avevano superato il 50 per cento.
Da un seminario relativo ai Paesi-meta del turismo erotico sono
emerse cifre impressionanti: ogni anno cinquemila bambini (persone
sotto i 16 anni) subiscono abusi sessuali da parte dei soli turisti
tedeschi.
Nel giugno 1996, come annunciato da Science e Nature, ricercatori
americani hanno scoperto un altro recettore.
La nuova serratura
biochimica si chiama Cc-CkR-5 e sua caratteristica è il legame con le
chemochine, sostanze della famiglia delle citochine, secrete dalle
cellule del sistema immunitario, che agiscono come messaggeri
molecolari per richiamare i globuli bianchi sul luogo dell'infezione.
L'anno precedente Robert Gallo aveva dimostrato che le
chemochine bloccano la riproduzione del virus in vitro. Ora William
Paxton, della Rockfeller università, ha scoperto livelli elevati di queste
chemochine in un gruppo di gay rimasti sieronegativi, nonostante i
comportamenti a rischio.
L'ipotesi formulata è che, legandosi al
recettore Cc-CkR-5, le chemochine blocchino l'accesso dell'hiv, come
se occupassero l'ultimo posto in un parcheggio, costringendo chi arriva
ad andarsene. Chi possiede molte chemochine resta immune dall'AIDS
e l'industria farmaceutica sta indirizzando in questo senso le sue
ricerche.
18
Anthony Fauci, che a Bethesda dirige il National Institute of Allergy
and Infectious Diseases ha affermato nel Convegno di Vancouver del
luglio 1996 che, contrariamente a quanto si era fino ad allora ritenuto e
cioè che dopo l'esplosione iniziale l'hiv restasse dormiente, nascosto da
qualche parte nel corpo, per poi risvegliarsi e tornare a replicarsi, il
virus continua a moltiplicarsi, ma è tenuto sotto controllo dal sistema
immunitario. Un compito immane, visto che una persona infetta può
generare fino a 10 miliardi di particelle virali in un giorno. Ciò significa
che una mutazione dei 9 geni del virus può avvenire grosso modo una
volta al giorno. Questi ceppi di virus mutanti nel conflitto col sistema
immunitario subiscono una selezione naturale: alla fine emerge quello
che uccide le cellule più in fretta di quanto esse possano rigenerarsi.
19
3- SISTEMI DI INDIVIDUAZIONE DEL VIRUS
Sino
al
1992
esistevano
due
metodi
per
individuare
indirettamente la presenza di virus HIV nel sangue umano e quindi la
sieropositività.
Il
primo,
denominato
ELISA,
di
tipo
immunoenzimatico, rivela la presenza di anticorpi totali contro il virus.
Il secondo, denominato Western Blot, studia in dettaglio gli anticorpi
rivolti contro i singoli determinanti antigenici del virus, quali le
proteine GP 160, GP 120, P 64 ed altre. La ricerca diretta del virus
offriva serie difficoltà dal momento che esso è presente in circolo in
quantità estremamente basse e non era quindi possibile riconoscerlo con
le comuni tecniche di laboratorio.
Nei primi mesi del 1992 K.B.Mullis ha messo a punto la
Polymerase Chain Reaction (Pcr), un metodo in vitro finalizzato alla
sintesi enzimatica di sequenze specifiche di acido nucleico. Partendo da
una quantità esigua di acido nucleico, al limite anche un solo filamento,
di cui non si conosce la composizione, il metodo può generare in poche
ore 100 miliardi di copie perfettamente identiche all’originale,
consentendo così di disporre di una quantità di campioni più che
sufficiente per l’analisi. Se frammenti di essi, infatti, messi a contatto
con una «sonda», costituita da un frammento di acido nucleico di
composizione
nota,
«ibridizzano»
ciò
significa
che
sono
20
complementari a quest’ultimo e, quindi, consentono la identificazione
dell’acido nucleico di cui fanno parte.
Nel marzo 1994 il Prof. Jean Marie Andrieu, responsabile di un
gruppo di ricercatori del laboratorio di immunologia dell’ospedale
Laennec di Parigi, ha comunicò che il gruppo da lui diretto stava
sperimentando una tecnica basata sulla ricerca del virus nel sangue, che
consentirebbe di diagnosticare la sieropositività già durante il periodo di
latenza di tre mesi che passa tra la contaminazione da virus e la
formazione dei primi anticorpi.
21
4- Conseguenze dell'infezione da HIV.
La paralisi della risposta immunitaria della persona aggredita dal
virus HIV espone la stessa, come si è detto, a manifestazioni morbose
di varia gravità, in genere infezioni opportunistiche, causate cioè da
germi normalmente tollerati senza conseguenze dall'organismo umano
con difese immunitarie intatte, ma divenuti aggressivi in difetto di
idonea capacità immunitaria (di cui appunto colgono la "opportunità"),
le quali conducono rapidamente al decesso, perché' non contrastate. Tra
tali infezioni le più frequenti, oltre alla Pneumocystis Carinii, che
attacca i polmoni, sono la candidosi provocata da un piccolo fungo che
lede i tessuti epiteliali, la toxoplasmosi dovuta ad un protozoo che
infetta l'encefalo, la meningite da criptococco, il linfoma maligno del
cervello e quelle intestinali causate dalle amebe e da altri germi
parassiti.
Nel 35% dei casi insorge una particolare forma cancerosa della
pelle denominata sarcoma di Kaposi.
Peraltro il virus in questione, come altri simili, attraverso un
meccanismo di sopravvivenza che è rimasto per anni oscuro e che
attualmente sembra essere stato individuato dai gruppi di studio
statunitensi guidati da Xiping Wei a Birmingham e da Davd Ho a New
York nella sua riproduzione continua che mette a dura prova il sistema
immunitario, può rimanere in uno stato di apparente latenza, che in
22
sostanza coincide con la resistenza dell’organismo alla sua aggressione,
per lunghi periodi di tempo, 10 anni o anche 15 secondo le ultime
stime, dopo i quali, per alcuni, perderebbe la possibilità di attivarsi e
riprodursi e, invece, secondo altri, continuerebbe ad agire lentamente
sul sistema nervoso centrale.
Allo stato soltanto il 5-10% dei portatori del virus cade ogni
anno in uno stato morboso, che tuttavia non rappresenta la più grave
conseguenza dell'agente patogeno e che viene denominato A.R.C.
(AIDS Related Complex), quando appare prodromico rispetto alla
forma più grave (A.I.D.S.), consistente nella completa paralisi della
risposta immunitaria, ovvero L.A.S. (Lymphoadenopatic Syndrome)
quando è considerato esaustivo dell'attività del virus.
I sintomi principali delle due forme predette sono sostanzialmente
gli stessi e consistono in diarrea cronica, febbricola (37,5 gradi), astenia
intensa, sudorazione notturna, manifestazioni cutanee, perdita di peso,
linfoadenopatia generalizzata e candidosi oro-faringea.
L'1 o il 2% dei portatori del virus in questione passa, invece,
ogni anno all'A.I.D.S., sicché si stima che per ogni persona affetta da
tale complesso morboso vi siano 50-100 portatori del virus e in
definitiva il rischio di questi ultimi di rimanere vittime dell'A.R.C. o
della L.A.S. è valutato intorno al 70% e di incorrere nell'A.I.D.S.
intorno al 20% nel corso di un decennio. Va aggiunto che quando
l'A.I.D.S. si risolve in infezioni opportunistiche conduce al decesso nel
100% dei casi entro il periodo massimo di 24 mesi o poco più e, ove si
concretizza nel sarcoma di Kaposi, segna una sopravvivenza nel 58%
dei casi dopo tale periodo. Il 1^ dicembre 1988, in occasione della giornata mondiale contro l'AIDS il Ministro italiano della Sanità ebbe a
dichiarare che la sopravvivenza in Italia rispetto alla insorgenza della
malattia era all'epoca mediamente di sette mesi e mezzo con degenza
ospedaliera di circa 4 mesi, contro i 36 giorni degli Stati Uniti.
23
Ancor oggi l’osservazione della malattia iniziata solo nel 1983-84
è limitata rispetto a al periodo massimo di apparente latenza del virus
(15 anni secondo l’orientamento prevalente), per cui ogni previsione è
allo stato suscettibile di correzioni.
Secondo una previsione prudente del Public Health Service degli
Stati Uniti riportata sulla rivista Nature del 6 novembre 1986 il 20-30%
dei sieropositivi (di coloro cioè che appaiono portatori del virus
attraverso
tecniche
immunoistochimiche
rivelatrici
di
specifici
anticorpi, la più diffusa delle quali e' denominata ELISA) avrebbe
dovuto sviluppare un'A.I.D.S. conclamata entro il periodo di cinque
anni.
Jonathan
Mann,
direttore
del
programma
anti-AIDS
della
Organizzazione Mondiale della Sanità, ha sostenuto che l'attacco al
sistema nervoso centrale (S.N.C.) costituirebbe il più distruttivo effetto
dell'infezione da HIV, il quale in tale attività si comporterebbe come
"virus lento", provocando una varietà di sindromi neurologiche varianti
da una acuta infiammazione del cervello alla demenza cronica, che
nella loro effettiva entità potranno essere valutate solo fra alcuni
decenni, dato il limitato periodo di osservazione delle persone sino ad
oggi
riscontrate
infette
(v.
in
merito
"A.I.D.S.
A
global
challenge",World Health, Novembre 1986).
Va
aggiunto che, secondo il
prof.
Ferdinando
Aiuti,
immunologo dell'Università di Roma, i soggetti sieropositivi, anche
quando sembrano asintomatici, ossia privi di manifestazioni morbose,
presentano nella maggior parte dei casi (60-70%) alterazioni
immunologiche e del sangue, nonché deficit del sistema nervoso di
lieve entità durante la incubazione, il cui periodo medio, come si è
detto, sarebbe di 15 anni.
Al Congresso di Montreal del giugno 1989 lo stesso prof. Aiuti
ebbe a dichiarare
che esistono individui che, pur apparendo
24
sieronegativi (privi cioè di anticorpi specifici nel sangue), tuttavia
sarebbero portatori del virus e che di costoro il 13% si ammalerebbe di
A.I.D.S. in un periodo da 1 a 3 anni. La percentuale dei falsi negativi
oscillerebbe dall'8% dell'Italia, al 12% della Francia e della Svizzera
sino al 23% degli Stati Uniti rispetto al numero dei sieropositivi
conclamati. In Italia fra essi va inclusa la predetta quota percentuale dei
50.000 tossicodipendenti risultati negativi rispetto al totale di 200.000
esaminati.
Tra le infezioni opportunistiche attualmente le più frequenti sono
la diarrea da criptosporico, la localizzazione nel sistema nervoso di
criptococco, l’herpes zoster, la cecità causata di citomegalovirus.
Una équipe di medici dell’Istituto San Gallicano di Roma, diretta
dal prof. Ferdinando Ippolito e fra cui il dott. Siro Passi, ha messo in
evidenza che che un deficit di vitamina E, di acidi grassi polinsaturi dei
fosfolipidi e di glutatone perossidasi può rappresentare un fattore di
insorgenza dell’AIDS nei soggetti già’ infettati dal virus HIV.
Il prof. Antonio Pezzano, primario del dipartimento cardiologico
presso l’Ospedale «Ca’ Grande» di Niguarda a Milano rese noto nel
dicembre 1991 che presso l’ospedale stesso si stava conducendo dal
1988 una ricerca per vedere come l’AIDS interferisce sul cuore. Su 400
casi esaminati, circa la metà aveva evidenziato l’aggravamento della
malattia di cuore con il progredire dell’AIDS, nel 18% dei casi si era
notato versamento del pericardio, il 16% dei casi aveva mostrato
interessamento del miocardio con alterazione della funzione del
ventricolo sinistro, nell’11% dei casi si era riscontrata una insufficienza
delle valvole tricuspide e mitrale ed inoltre in 3 casi vi era stata
infiammazione dell’endocardio ed in uno il tumore di Kaposi.
25
5- Modi di trasmissione del virus HIV.
I modi più frequenti di trasmissione del virus sono stati
individuati nei contatti sessuali, in particolare quelli omosessuali e
bisessuali, ma anche nei contatti eterosessuali, che in Africa e nei Paesi
del centro America dominano la scena epidemiologica; nell'uso di aghi,
siringhe ed altri strumenti acuminati già venuti a contatto con sangue di
individui infetti; nelle trasfusioni di sangue e comunque nel contatto
con il sangue altrui; nei fattori coagulanti usati nel trattamento
dell'emofilia; ed infine nella gravidanza (il 25-50% delle donne infette
trasmette il virus ai propri figli).
Per quanto riguarda tale ultimo modo di trasmissione del virus
l'Italia già nel marzo 1990 appariva purtroppo ai primi posti nel mondo
e al secondo posto in Europa dopo la Francia con 1.219 bambini infetti
dalla madre su un totale di 1.318, di cui 64 deceduti e 274 con i sintomi
dell'AIDS (la differenza di 99 era rappresentata da bambini infettati da
trasfusioni di sangue o di plasma).
Alla fine del primo semestre 1996 il numero dei bambini infettati
dalla madre con i sintomi dell’AIDS è salito a 533.
Nel dicembre 1987 un turista americano rimase coinvolto in un
incidente stradale verificatosi in Ruanda. Era a bordo di un minibus,
quando questo usci' di strada ed egli rimase ferito, unitamente con altri
passeggeri, da schegge di vetri infrantisi. Nella circostanza rimase
cosparso dal sangue dei suoi vicini di posto e contrasse il virus
26
dall'A.I.D.S., penetrato attraverso le ferite riportate, come fu accertato
tre mesi dopo al rientro in patria.
Nei primi giorni del gennaio 1989 i proff. Bach e Videcocq
dell'ospedale Necker di Parigi hanno reso noto il caso di un ragazzo che
ha contratto il virus dell'AIDS durante un trattamento per agopuntura di
una tendinite.
Per quanto concerne la diffusione per contatto sessuale, va
precisato che il virus contenuto nello sperma si trasmette nell'altro
soggetto attraverso ulcerazioni o piccole lesioni del tessuto vaginale,
uterino od anale.
L'uso di pillole antifecondative, secondo un ricercatore del Kenia
intervenuto al Terzo Congresso Internazionale sull'A.I.D.S. tenutosi a
Washington nel giugno del 1987, favorirebbe la diffusione del contagio,
in quanto a lungo andare provocherebbe ulcerazioni a carico
dell'apparato genitale femminile con conseguenti maggiori possibilità di
infiltrazione del virus.
In un rapporto presentato al congresso annuale della Federazione di
studi di biologia sperimentale, tenutosi a Las Vegas nei primi giorni del
luglio 1988, il microbiologo Omar Bagasra della Scuola di medicina del
New Jersey ha dichiarato che i leucociti risultano tanto più resistenti al
virus, quanto minore è la percentuale di alcool presente nel sangue e ciò
sulla base di esperimenti i quali avevano dimostrato una diffusione da
25 a 250 volte più rapida del virus nel sangue di persone che nel giro di
17 ore avevano consumato da 4 a 9 birre ciascuno rispetto alla
diffusione nel sangue di astemi.
Come si è' visto, dai dati sinora disponibili emerge che la
trasmissione dell' HIV è limitata alle vie sessuali, parenterali e tra
madre e figlio e che i veicoli accertati di trasmissione sono il sangue e
lo sperma; ma non si esclude l'ipotesi che possa avvenire per altre vie e
con altri veicoli, dal momento che il virus è stato isolato, sia pure in
27
piccole quantità nella saliva e nelle lacrime.
Nel gennaio 1989 negli Stati Uniti un uomo impotente dichiarò di
avere contratto l'AIDS due anni dopo avere avuto rapporto orale con
una prostituta tossicomane.
Molte perplessità sul caso sono state manifestate da gran parte
degli esperti americani, trattandosi di caso unico denunziato, anche se il
prof. Robert Edelman dell'Università del Maryland ha ammesso in via
teorica la rischiosità anche del bacio.
Alla
VI Conferenza
Internazionale
sull'AIDS
tenutasi
a
S.Francisco tra il 20 e il 24 giugno 1990 responsabili del servizio
epidemiologico del Ministero russo della Sanità comunicarono che
microlesioni presenti sul capezzolo di 12 madri hanno permesso il
passaggio del virus al neonato.
Al VII Congresso Internazionale sull’AIDS apertosi a Firenze
il 17 Giugno 1991 il dott. Massimo Musicco del Consiglio Nazionale
delle Ricerche illustrò uno studio condotto su 368 coppie, secondo cui
la probabilità di infezione da rapporto eterosessuale e’ una su 200.
Secondo lo studio la probabilità di trasmissione dall’uomo alla donna
cresceva dallo 0,2-0,5% al 2,8% nel caso di rapporti anali, al 3,1%
quando erano usati sistemi anticoncezionali introuterini e al 4,9% per le
donne con infezioni vaginali.
Secondo una teoria attribuita ad Haseltine e a Montagnier il
virus dell’AIDS passerebbe attraverso le mucose anche intatte e in tutti
i liquidi biologici, donde la trasmissione del virus anche attraverso il
bacio. Il prof. Marcello Piazza di Napoli, che fu il primo a sostenere la
pericolosità del bacio, tuttavia riteneva che la possibilità di trasmissione
attraverso il bacio richiedeva la presenza di mucose orali indebolite da
microlesioni.
Nel 1991 in Francia fu accertato che oltre 6.000 persone
erano state contagiate dal virus HIV nel 1985 in seguito a trasfusioni di
28
sangue infetto e che duecento di esse avevano già contratto l’AIDS.
Responsabile dell’infezione fu ritenuto il Ministero della Sanità perché
non aveva impartito le istruzioni necessarie per evitare il contagio,
benché sin dal 1984 fosse stata messa a punto, da numerose imprese
farmaceutiche straniere (Travenol-Hiland, Armour, Immuno, Bayer),
una tecnica di riscaldamento dei prodotti antiemofilici (contenenti il
fattore VIII, una proteina anticoagulante) che inattiva il virus
dell’AIDS.
E’ stata da alcuni prospettata l’ipotesi di una trasmissione del
virus HIV attraverso la puntura di zanzare, ma essa è stata scartata in
quanto tali insetti possono iniettare quantità talmente esigue di sangue
da non consentire la trasmissione del virus.
Secondo
Jonathan
Mann,
responsabile
dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità per la lotta all’A.I.D.S. verso la fine del 1992
nell’80% dei casi sino ad allora accertati la trasmissione del virus era
avvenuta per via sessuale.
Nell’Aprile del 1994 due scienziati italiani, Giovanni Rovera e
Claudio Basilico, sono stati incaricati di coordinare i lavori di una
commissione che dovrà stabilire la fondatezza o meno dell’ipotesi
formulata dal giornalista scientifico Tom Curtis, secondo cui l’AIDS
sarebbe stato originato dalla contaminazione di un vaccino antipolio
sviluppato da Hilary Koprowsky nel Wistar Institute di Philadelphia
negli anni
‘50 mediante coltivazione su reni di scimmie africane,
vaccino somministrato a 300.000 africani nel Ruanda Burundi e nel
Congo Belga tra il 1957 e il 1960. Il Prof. Giuseppe Visco, primario
dell’Istituto Spallanzani di Roma ha ritenuto suggestiva e poco credibile
l’ipotesi predetta, dal momento che il vaccino antipolio viene
somministrato per bocca e che il virus dell’AIDS non attecchisce se
ingerito.
Infine
una
curiosità:
allo
scopo
valutare
l'estensione
29
dell'epidemia di Aids con testi anonimi, alcuni medici svizzeri hanno
chiesto a otto prostitute di conservare i preservativi usati dei loro clienti,
con tutto il loro contenuto di sperma. Ciascun preservativo usato è stato
pagato 5 franchi svizzeri, cioè circa 7.000 lìre. I medici, diretti dal
dottor Pietro Vernazza dell'Ospedale cantonale di San Gallo, hanno
constatato con sorpresa che nessun test è risultato positivo, mentre il
tasso di contaminazione in questa categoria è valutato tra lo 0,1 e lo
0,25 per cento
Quando una mamma è sieropositiva e non è sottoposta a terapia, ha
circa una probabilità su 4 di trasmettere il virus al bambino: può
succedere durante la gravidanza o al momento del parto, oppure con
l'allattamento. La probabilità è tanto maggiore quanto più è elevata la
quantità di virus presente nel sangue, ma può dipendere anche dagli
anticorpi che la madre riesce a fabbricare contro l'Hiv.
Sia la quantità di virus sia il numero di anticorpi varia nel
tempo: ecco perché la mamma può trasmettere il virus al primo figlio e
non al successivo. Per i gemelli si può invece ipotizzare un rischio di
contagio diverso al momento del parto.
La somnúnistrazione di AZT
sia alla mamma durante la gravìdanza e il travaglio, sia al bambino per
6 mesi dopo la nascita, riduce peraltro il rischio di trasmissione a circa
l'8%.
30
6 - Diffusione della malattia nel mondo.
In base ai dati diffusi dall'Organizzazione Mondiale per la
Sanità i casi di A.I.D.S. riscontrati in 85 Paesi alla data del 30 settembre
1988 erano 108.176, di cui 69.085 nei soli Stati Uniti (San Francisco ne
contava 5.000 con una previsione di 15.000 nel 1993) e 13.214 in
Europa, fra i quali ultimi i 2.855 casi italiani. All'epoca in tutto il
mondo i contagiati (sieropositivi) erano stimati fra i 5 e i 10 milioni.
In Africa alla fine del 1988, secondo il prof. Souleymane Mboup
dell'Università di Dakar, i sieropositivi erano stimati in 2 milioni
soltanto in Uganda, Malawi, Ruanda, Burundi, Tanzania e Zaire, e cioè
su una popolazione di poco più di 90 milioni rispetto a quella totale
africana di oltre 600 milioni. Lo studioso anzidetto ebbe ad aggiungere
che l' A.I.D.S., avrebbe potuto condurre alla scomparsa totale della
popolazione a sud del Sahara, tenuto presente che all’epoca nella
regione di Kagera, sulla sponda occidentale del lago Vittoria il 41%
della popolazione sessualmente attiva sarebbe stata sieropositiva. La
stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ammise che le cifre
pubblicate per l'Africa rappresentavano il 10% della realtà patologica
riguardante l'A.I.D.S..
Alla 5.a Conferenza sull'AIDS del giugno 1989 il direttore
generale dell'O.M.S. Jonathan Mann dichiarò che alla fine del maggio
1989 erano stati segnalati all'Organizzazione 157.191 casi di A.I.D.S. e
5 milioni di sieropositivi. Lo stesso aggiunse che i casi effettivi si
aggiravano sui 480.000 e che agli inizi degli anni '90 i casi conclamati
avrebbero dovuto essere circa 1.200.000. Il dott. Robert Gallo da parte
sua nella stessa Conferenza previde in 6 milioni gli affetti dalla malattia
nel 2000, se non si fosse trovato un vaccino in grado di impedire lo svi-
31
luppo del virus HIV.
Avuto riguardo a gruppi di l00.000 abitanti i Paesi a maggior
diffusione di A.I.D.S. alla data del 31 Marzo 1990, secondo i dati
comunicati
dall'Organizzazione
Mondiale
della
Sanità,
erano
nell'ordine, dopo l'Uganda (73,2 persone affette da A.I.D.S. ogni
100.000 abitanti) e gli Stati Uniti (53,2), lo Zaire (33,6), la Svizzera
(17,6), la Francia (17,3), il Canada (14,2), la Spagna (13,5), l'Italia
(10,5), la Danimarca (10,2),
la Germania (7,8), l'Olanda (7,21), il
Brasile (7,1)), il Belgio (6,2) e il Messico (4,9) (v.Tav.n.1).
I portatori
asintomatici
del
virus,
cioè
privi
ancora
di
manifestazioni morbose, furono stimati al Convegno di S.Francisco del
giugno 1990 in circa 6-8 milioni e ciò sulla base di un numero effettivo
stimato di 700.000 persone affette da A.I.D.S. rispetto ai 263.031 casi
denunziati sino al 31 marzo 1990, nonché della proporzione di 30
sieropositivi per ogni malato di A.I.D.S. denunciato. Nello stesso
Convegno furono previsti per il 2000 in tutto il mondo, avuto riguardo
alla
rapidità di propagazione del virus all’epoca, 15-20 milioni di
sieropositivi con probabile sviluppo di AIDS in 6 milioni di essi, fra cui
1.700.000 donne. La realtà, come vedremo, ha superato le previsioni..
Va, comunque, messo in evidenza che la reale precisa consistenza
del fenomeno sfuggiva e sfugge ancora all'Organizzazione Mondiale
della Sanità in quanto non tutti i Paesi del Mondo sono in condizioni di
eseguire accertamenti precisi sulla sieropositività e in ogni Paese gran
parte dei sieropositivi resta incognita.
A dimostrazione di ciò basti considerare che alla VI Conferenza
sull'AIDS tenutasi a San Francisco alla fine del giugno 1990 Eunice
Muringo Kiereini, delegato keniota, ebbe ad affermare che nella sola
Africa, dove secondo i dati ufficiali i casi di AIDS sarebbero stati pari
al 25% del totale, i sieropositivi erano all'epoca 3 milioni e mezzo, di
cui 600.000 bambini sotto i 5 anni, pari ad oltre il 50% di quelli stimati
32
dall'O.M.S., e gli affetti da AIDS 400.000, ossia 140.000 in più rispetto
ai casi denunziati in tutto il mondo.
Infatti in quella Conferenza l'Organizzazione Mondiale della
Sanità aveva reso noto che alla data del 31 Marzo 1990 erano stati
denunciati in 156 Paesi del mondo 263.031 casi di AIDS, di cui ben
132.436 negli Stati Uniti e 63.842 in Africa (vedi Tavola n.1), con circa
300.000 decessi, di cui 80.000 negli Stati Uniti.
. Nel gennaio 1992 l’O.M.S. comunicava che il 60% degli adulti
infetti da HIV si erano ammalati entro i 12-13 anni seguiti alla
infezione. Oltre tale periodo non vi erano dati, ma riteneva che entro un
certo termine la stragrande maggioranza dei sieropositivi sarebbe andata
soggetta alla infezione.
Al congresso nazionale dell'Aids, tenutosi nei primi giorni del
dicembre 1995 il professor Essex presidente dell'Harvard Aids Institute
annunciava che entro la fine del 1996, più di 17 milioni di uomini,
dodici milioni e seicentomila donne e tre milioni di ragazzi avrebbero
contratto l'Aids.
La massima diffusione dell'Aids avrebbe dovuto essere raggiunta
nell'Africa subsahariana dove domina la variante B dell'HIV.
Nello stesso convegno si è continuato a parlare della variante E
dell'HIV sviluppatasi nei bordelli di Bangkok e di un nuovo sottotipo,
identificato dal professor Essex, ad altissima diffusione sessuale e il
rappresentante dell'Organizzazione mondiale della Sanità lanciava un
nuovo grido di allarme, annunciando che ogni giorno in tutto il mondo
si infettavano dalle 6 mila alle 10 mila persone.
Secondo i dati diffusi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità
dall’inizio della diffusione dell’infezione (1982) alla data del 31
dicembre 1997 i sieropositivi erano stati in tutto il mondo 42.000.000,
di cui 3.800.000 avevano riguardato bambini fino ai 3 anni, e i casi di
AIDS sviluppatisi erano stati 14.200.000, di cui 3.200.000 relativi a
33
bambini, mentre le persone decedute erano state 11.700.000, fra cui
2.700.000 bambini. La percentuale delle donne rispetto al totale degli
adulti era stata stimata nel 31,15% relativamente ai soggetti
sieropositivi, nel 41,8% delle persone affette da AIDS e nel 44,4% di
quelle decedute a seguito di tale malattia, ed i nuovi casi di
sieropositività denunciasti nel 1997 erano indicati per gli adulti in
5.200.000, di cui 2.100.000 pari al 40,38% riguardanti donne, e per i
bambini fino a 3 anni in 590.000, mentre i decessi nell’anno stesso
erano stati 2.300.000, di cui 840.000 donne e 460.000 bambini (vedi
Tav.1).
La distribuzione geografica degli infetti dal virus HIV e dei
malati di AIDS verificatisi dal 1970 alla fine del 1997 registrava al
primo posto l’Africa subsahariana con 29.700.000i casi, di cui
20.800.000 esistenti alla fine del periodo; al secondo posto il sud e il
sud-est asiatico con 7 milioni e 130.000 casi, di cui 6.000.000 ancora
esistenti; al terzo posto l’America Latina con 2.2.65.000 casi, di cui
1.650.000 esistenti; e solo al quinto posto l’Europa occidentale ((00.000
casi) dopo l’America del Nord con 1.360.000 casi (vedi Tab. 3).
Per stabilire la rapidità di diffusione del morbo è opportuno fare
riferimento ai dati relativi agli Stati Uniti, trattandosi del Paese in cui
furono accertati i primi casi e che ne conta il maggior numero fra i Paesi
industrializzati, sicché è da presumere che abbia l'osservatorio migliore.
Ora, i nuovi casi di AIDS segnalati annualmente in quel Paese erano
8.160 nel l985, 33.643 nel l989 e 102.412 nel 1993, per cui nell’arco di
8 anni9 si erano moltiplicati 12 volte. Solo negli anni successivi vi è
stata una diminuzione dei nuovi casi, scesi a 67.388 nel 1994,
leggermente aumentati a 71.293 nel 1995 e scesi nuovamente a 69.151
nel 1996 (vedi Tav.n.8)..
La diminuzione dei casi di AIDS va ascritta al diffondersi
progressivo dei sistemi di prevenzione in quel Paese.
34
Va rilevato che i casi verificatisi fra gli uomini omosessuali sono
discesi dal 71,4% del 1985 al 50% del 1996, mentre i casi maschili fra
tossico dipendenti sono aumentati dal 14.6 al 22,6%.
Nel 1996 poi si è verificato un aumento rispetto ai due anni
precedenti dei casi fra eterosessuali (da 7.900-8.000 ad oltre 8.800) ,
con una maggiore incidenza dei casi femminili (5.522) rispetto a quelli
dei maschi
(3.299), il che denota, da un lato il diffondersi dello
specifico tipo di trasmissione (nel 1990 i casi denunciati erano solo
2.255 con incidenza del 68% di quelli femminili) e, dall’altro, la
maggiore permeabilità al virus dell’organo genitale femminile rispetto a
quello maschile (vedi Tav.n.11).
Anche i decessi negli Stato Uniti, dopo aver raggiunto una punta
massima di 47.388 nel 1994, sono discesi a 45.763 nel 1995 ed hanno
avuto nel 1996 una drastica riduzione (25.971 persone decedute),
dovuto all’introduzione di nuove più efficaci terapie.
La graduatoria dei Paesi con maggior numero di casi di AIDS ogni
100.000 abitanti (vedi Tab.n.5) vedeva ai primi posti nel giugno 1994,
fra tutti i Paesi del mondo, la Namibia (349,14 casi), il Malawi (348,76,
lo Zambia (332,74), il Congo (261,699, lo Zimbawe (259,85) e gli Stati
Uniti (159,51).
Nella stessa epoca la graduatoria dei Paesi europeo vedeva al
primo posto la Spagna (61,83 casi ogni 100.000 abitanti),seguita dalla
Svizzera (52,78), dalla Francia (52,29), dall’Italia (38,06, dalla
Danimarca (27,19) e dal Belgio (16,01.) e tale graduatoria rimaneva
immutata alla fine del 1995, in quanto registrava per la Spagna 88,44,
per la Svizzera 69,11, per la Francia 66,87, per l’Italia 53,23, per la
Danimarca 34,32 e per il Belgio 19,28 casi ogni 100.000 abitanti (vdi
Tav. n.6).
35
7 - La diffusione dell’AIDS in Italia-
L'Italia, che fino all'agosto l983 non aveva registrato alcun caso
(vedi Circolare del Ministero della Sanità n.65/83), alla fine del 1986,
quando in tutta l'Europa si erano già accertati circa 4.000 casi di
A.I.D.S., ne contava 683, 1.771 alla fine del 1987 e 3.778 alla fine del
1988, con raddoppio dei casi ogni 10-11 mesi. Al 31 dicembre 1989 i
casi denunziati in totale assommavano a 5.307.
Di tali casi il 23,4% (1.006) riguardavano donne, che appena 18
mesi prima, nel giugno 1988, rappresentavano il 18% dei malati di
AIDS, il che denota un coinvolgimento progressivo delle donne in
relazione alla maggiore incidenza della infezione per contatto
eterossesuale passata dall'1,3% dei casi (3 su 228) della fine del 1985,
al 4,2% alla fine del 1987 (74 su 1772) e al 6,9% alla fine del 1989 (368
casi su 5.307) e alla minore incidenza dei casi riguardanti omosessuali
maschi, passati dal 28,9% della fine del 1985, al 17,9% alla fine del
1987 e, infine, al 15,39% alla fine del 1989 (vedi Tavole n.2 e 4).
Alla iniziale rapidissima diffusione è seguito un progressivo
rallentamento, giacché i nuovi casi denunciati, dopo l’aumento del
100% registrato sia nel 1986, sia nel 1987, hanno avuto un incremento
di circa il 50% nel 1988 rispetto al 1987 e solo del 20% nel 1989
rispetto all'anno precedente; ma nel 1^ semestre del 1990 i nuovi casi
denunciati (1.394) erano aumentati del 45% rispetto al corrispondente
semestre del 1989, il che portava a ritenere che i dati relativi al 1989
non erano rispondenti alla realtà.
Del resto il senatore Condorelli, nella sua relazione al disegno di
legge sull'AIDS approvato dal Parlamento nel maggio 1990 (L.5-6-
36
1990 n.135), sulla base del modello di crescita dal 1982 al 1989 (5.307
casi con 2.513 decessi pari al 47,4%) ebbe a prevedere 39.349 casi
complessivi per la fine del 1992 con 24.095 nuovi casi in tale anno.
Tale previsione appariva eccessiva, avuto riguardo al rallentamento
verificatosi nella diffusione della malattia negli ultimi tempi (+50% di
nuovi casi ogni anno), che portava a prevedere alla fine del 1992 un
totale di 19.044 casi, di cui 6.507 nuovi in tale anno e e cio' anche sulla
base della crescita negli Stati Uniti (raddoppio del totale dei casi ogni
18 mesi), conducente pressappoco alla medesima previsione (5.307 casi
nel 1989, 10.414 alla fine del giugno 1991 e 20.828 casi alla fine del
1992).
Alla data del 31 Agosto 1990 i malati noti di A.I.D.S. in Italia,
secondo i dati comunicati dal Ministero della Sanità, erano 7.126 e fra
le regioni ai primi posti per numero di casi figuravano nell'ordine la
Lombardia (2.415 casi), il Lazio (965), l'Emilia-Romagna (715), il
Piemonte (583) e la Toscana (457).
Per quanto concerne i tossicodipendenti, essi rappresentavano in
Italia la categoria a maggior rischio, giacché la percentuale dei malati di
AIDS rispetto al totale, che era del 46,9% nel 1985, era passata al
64,1% nel 1987 e al 65,8% alla fine del 1989, mentre nella maggior
parte degli altri Paesi (Stati Uniti, Inghilterra, Olanda, Finlandia,
Danimarca, Germania, ecc.) la categoria maggiormente investita
dall'infezione era quella degli omo-bisessuali (vedi Tavola n.2).
Secondo una recente indagine del Labos fra i tossicodipendenti in
cura presso strutture pubbliche l'1,1% era stato riscontrato affetto da
AIDS conclamato, il 10,4% in fase di ARC-LAS ed il 41,7% in stato di
sieropositività.
I dati regionali riferiti alla fine del 1989 indicavano al primo posto
la Lombardia (19,79 casi di A.I.D.S. ogni 100.000 abitanti),seguita
dalla Liguria (18,12), dall'Emilia-Romagna (13,67), dal Lazio (13,17),
37
dalla Sardegna (10,32) e dalla Toscana (9,15) e dal Piemonte (8,49),
mentre agli ultimi posti figuravano nell'ordine la Campania, l'Abruzzo,
la Basilicata e il Molise (vedi Tav.n.4).
Nella sola Milano, la cui popolazione rappresentava il 16,4% di
quella della Lombardia e dove i tossicodipendenti, secondo alcune
stime erano nell'ottobre del 1988 almeno 15.000 in prevalenza
cocainomani, risultavano denunziati alla fine del marzo 1990 ben 595
casi di A.I.D.S., pari a circa il 28,4% dell'intera Lombardia, che alla
fine del giugno 1990 arrivava a registrare 2.204 casi di AIDS su 6.701
in sede nazionale e cioè un terzo dei casi, benché la popolazione fosse
di poco superiore al 15% di quella nazionale.
Nel Lazio un abitante su mille era stato riscontrato sieropositivo. I
casi di AIDS conclamata erano a fine aprile 1989 468, di cui 450 a
Roma, 17 a Latina, 5 a Viterbo, 5 a Frosinone e 1 a Rieti, di fronte a
5.181 casi di sieropositività denunciati nella Regione. Mentre nel 1985
per ogni donna infetta vi erano 4 uomini, nel 1989 il rapporto era
dimezzato, essendo aumentato il numero delle sieropositive con calo
dell'età di manifestazione della infezione. La progressiva maggiore
incidenza delle donne trova spiegazione nel diffondersi del contagio da
rapporto eterosessuale.
I 5.181 casi di sieropositività del Lazio risultavano distribuiti
come segue per fasce di età:
da 0 a 1 anno:
150 casi, di cui 60 riguardanti femmine
da 1 a 14 anni:
306 casi
da 15 a 24 anni: 1.500 casi, di cui 900 riguardanti maschi
tutti tossicodipendenti e 600 donne
da 24 a 34 anni: 2.650 casi, di cui 2.000 uomini, in massiparte drogati e 650 donne
da 35 a 44 anni: 425 casi, di cui 350 uomini in gran
38
parte omosessuali e 75 donne
da 35 a 45 anni: 100 casi
oltre:
50 casi.
Ma oltre ai malati di AIDS esistevano in Italia all’epoca persone
affette dalla forme minori di A.R.C. e L.A.S.. Il senatore Condorelli
della Commissione Igiene e Sanità del Senato, nella
relazione del
maggio del 1990 sopra citata ebbe ad affermare che in quell’anno per
ogni caso conclamato di AIDS si registravano 2 casi di A.R.C, 12 di
L.A.S. e 16 di sieropositivi, cosicché di fronte ai 6.701 casi conclamati
di AIDS del giugno 1990 deve ritenersi che esistevano 13.402 casi di
A.R.C., 80.412 casi di L.A.S., 107.216 casi di sieropositività e quindi in
totale oltre 200.000 persone infettate dal virus HIV.
Nel primo semestre del 1995, l'Italia presentava il maggior numero
di casi di AIDS in Europa, mentre in precedenza era stata sempre
superata dalla Francia e della Spagna. avendo registrato, secondo i dati
diffusi dal ministero della Sanità, circa 95 mila sieropositivi e ottomila
malati di Aids. Dai dati emergeva la diminuzione della trasmissione
della malattia tra i tossicodipendenti, anche se rimaneva la categoria che
resta di gran lunga la più colpita. Su cento casi di Aids, 65 erano stati
trasmessi attraverso l'uso promiscuo di siringhe, 18 con un rapporto
omosessuale e 7,8 attraverso uno eterosessuale. I rimanenti casi si
erano avuti per trasfusione di sangue infetto o per cause non
determinate. Era cresciuto poi il numero le donne colpite dall'Aids: nel
1989 su cento casi solo 18 riguardavano le donne, mentre nel '95 la
.percentuale delle malate era salita al 24,6 per cento.
Secondo lo studio del ministero, nel 1990 il 30,8 per cento dei
tossicodipendenti in cura nel Servizio sanitario nazionale era
sieroposdtivo. Una percentuale che si era abbassata al 28,8 nel 1991 e
39
al 23,6 nel 1992.
. Dal 1983, anno in cui si registrò il primo caso in Italia, alla fine del
1996 i casi di Aids conclamato denunciati in Italia erano stati 37.170
con 25.274 decessi, per cui le persone affette dalla malattia
ammontavano all’epoca ad oltre 12.000 (vedi Tav.n.12). Il tasso di
letalità rispetto ai nuovi casi era ridotto al 21,30, mentre sino al 1991 si
era mantenuto al di sopra dell’84% .
La Regione di gran lunga più colpita dalla malattia (v.Tav.n.13) era
la Lombardia, con 11.646 casi dal 1982, seguita dal Lazio (4.713),
dall'Emilia Romagna (3.581), dal Piemonte (2.540), dalla Toscana
(2.270) dal Veneto (2.216) e dalla Liguria (1.901).
In cinque regiorú italiane, l'Aids era divenuta tra le giovani donne
la prima causa di morte, secondo uno studio dell’Istituto superiore di
Sanità, presentato al congresso sull’AIDS tenuto nel luglio 1996: la
Liguria era primo posto, con 40 donne morte su 100, seguita dalla
Lombardia, con una mortalità del 36% sul totale.
Nel 1996, secondo i dati forniti dal Ministero della Sanità, le donne
rappresentavano il 24,46% delle persone affette da AIDS denunciate in
quell’anno contro il 18,4% del 1989 e l'aumento del contagio
eterosessuale esponeva al rischio dì Aids anche gli anziani: il 2% di tutti
casi notificati, infatti, era rappresentato da ultrasessantenni, a causa
sopra tutto di attività sessuale promiscua.
Il maggior numero di casi si era verificato alla fine del 1996
(vedi tav.n.14) tra gli uomini fra i 30 e i 34 anni (9.599 pari al 32.91%
dei casi maschili) e fra le donne fra i 25 e i 29 anni (2.534 casi pari al
31,67% dei casi femminili) ed anche se in assoluto i tossicodipendenti
rappresentavano la categoria più esposta al rischio di infezione (61% di
tutti i casi denunciati) un aumento consistente si era verificato per le
infezioni dovute a contatti eterosessuali (dall’8% del periodo 82-90 al
15,9% del 1996), con una prevalente incidenza per le donne, che
40
registravano il 29,2% di tutti i casi ad esse relativo di fronte all’8,2%
degli uomini rispetto al totale dei casi maschili (vedi Tav.n.15).
Per i casi da contatto etero-sessuale va precisato che il 40% dei casi
era da ascrivere a partner tossicodipendente (vedi Tav.n.16).
Per quanto riguarda le patologie conseguenti all’A.I.D.S. quelle
predominanti arano rappresentate alla fine del 1996 (Tav.n.17) dalla
candidosi polmonare o esofagea (circa il 22%) e dalla pneumocistis
Carinii (20% circa).
41
9 - Diffusione dell’AIDS tra le categorie a rischio.
Dopo la constatazione della diffusione del virus anche a
seguito di contatti eterosessuali, oggi non si parla piu' di specifiche
categorie a rischio, bensi di categorie a maggiore o minore rischio
rispetto ad altre, varianti da Paese a Paese secondo le caratteristiche
della popolazione (vedi Tav.n.7)
Così negli Stati Uniti d'America, dove predominano di gran lunga i
cocainomani rispetto agli eroinomani e si calcola che dal 6 al 10% della
popolazione maschile sia omosessuale (nella sola San Francisco gli
omosessuali sono stimati in 80.000 su 700.000 abitanti e l'82% dei
sieropositivi era rappresentata nel giugno 1990 da omosessuali bianchi)
la categoria a maggior rischio è rappresentata dagli omo-bisessuali
maschi, incidenti per il 55,4% sul totale (vedi Tav.n.11), nonostante la
rilevante diminuzione della percentuale negli ultimi anni (nel 1985 era
del 71,4%), mentre in Italia la categoria a maggior rischio è stata
sempre quella dei tossicodipendenti, che costituiscono attualmente il
58,9% dei malati, in quanto fra essi prevalgono nettamente gli
eroinomani esposti in modo particolare all'infezione per l'uso comune di
aghi e siringhe, mentre gli omosessuali sono il 14,7% (vedi Tav.n.15).
Medici dell'Ospedale "L.Spallanzani" di Roma hanno accertato
rispetto a 446 persone ricoverate per AIDS o pre-AIDS tra il 1984 e il
1988 che oltre il 74,7% degli uomini e il 64,6% delle donne era
tossicodipendente o partner di drogati.
Sia negli Stati Uniti, sia in Italia gli infetti da contatto eterosessuale
costituivano circa il 4% di tutti i malati di A.I.D.S. nel 1986 e alla fine
del 1996 erano aumentati ad altre il 12% in ambedue i Paesi con netta
42
prevalenza delle donne negli Stati Uniti (veci Tav.11 e 15).
Per
quanto
concerne
la
diffusione
dell'A.I.D.S.
tra
i
tossicodipendenti assuntori di eroina è emerso da appositi studi (Ortona,
Lugli ed altri,"Immunità ed infezioni nel tossicodipendente", Boll.
Tossicod.ed Alcool. VIII nn.4-5,1985) che tali soggetti presentano una
alterazione numerica e funzionale dei T-linfociti e della funzionalita'
granulocitoria e, quindi, della risposta immunitaria, probabilmente
provocata dalla continua immissione di droga e di sostanze da taglio,
nonché da ripetute stimolazioni antigeniche da parte di numerosi agenti
infettivi soprattutto virali, alterazione tale da favorire l'impianto anche
dell'agente responsabile dell'A.I.D.S..
Nel maggio 1987 su 48.720 persone esaminate, nella maggior
parte tossicodipendenti, 16.000 risultarono sieropositivi e di essi 8.500
asintomatici, 6.054 affetti da sindrome linfoadenopatica (L.A.S.) e
1.500 dalla forma pre-AIDS denominata A.R.C..In base a tali risultati,
comparati con altri precedenti (all'inizio del l984 soltanto il l0% dei
tossicodipendenti risultò sieropositivo, mentre due anni dopo la
percentuale era salita al 40%), si stimò che il 99% degli eroinomani, che
erano all’epoca non meno di 250.000, sarebbero rimasti infetti, il che
non si è verificato per le precauzioni poste in essere dalla categoria a
seguito di ripetute informazioni da parte delle autorità sanitarie sui
mezzi di trasmissione e sui pericoli dell’infezione
L'incidenza delle donne sul totale degli affetti da A.I.D.S. è allo
stato attuale molto contenuta, in quanto si aggira generalmente intorno
al 20-25% in tutti i Paesi del mondo, tranne in quelli dell’Africa subsahariana dove arriva al 50% (vedi Tav.n. 3).
43
9 - I casi pediatrici-
La trasmissione del virus HIV da madre a figlio (trasmissione
verticale) può verificarsi sia «in utero», ossia nella fase di gravidanza,
sia al momento del parto, quando il bambino viene a contatto diretto
con le mucose dell’apparato genitale della madre, ovvero durante
l’allattamento.
La trasmissione attraverso l’allattamento al seno del neonato è
abbastanza rara, ma è stata riscontrata clinicamente in diversi casi.
Per quanto riguarda la trasmissione durante la gravidanza si era
inizialmente ipotizzato che essa avvenisse attraverso il recettore CD4
ritenuto presente sulle cellule del citotrofoblasto, ossia del tessuto
aderente alla placenta, che consente la nutrizione dell’embrione.
Recentemente la maggior parte degli studiosi ha escluso la presenza
sulle cellule predette del recettore CD4, che avrebbe reso molto più
agevole di quanto si verifica la trasmissione del virus, e ritiene che
questa avvenga meno facilmente attraverso le cellule moonocitomacrofagiche dei villi coriali della placente infettate dal virus.
Ciò spiegherebbe perché la trasmissione per via placentare da
madre infetta avvenga soltanto mediamente nel 25-30% dei casi. Va
tenuto presente tuttavia che tutti i figli di madre sieropositiva
presentano al momento della nascita anticorpi anti HIV trasmessi dalla
madre e risultano essi stessi sieropositivi. Peraltro, poiché il bambino
dopo i primi sei mesi di vita perde gli anticorpi trasmessi dalla madre,
soltanto uno su tre dei sieropositivi nella prima settimana di vita resta
realmente infetto.
Va aggiunto che i bambini infetti vanno incontro ad una grave
44
forme di AIDS, che si sviluppa rapidamente, tanto che essi muoiono
generalmente prima del terzo anno di età.
Al 31 dicembre 1997 risultavano denunciati nel mondo dal 1982
in poi 3.800.000 casi di infezione da HIV riguardanti bambini fino a 3
anni di età con 2.700.000 decessi, sicché a quella data erano presenti
1.100.000 casi di sieropositività pediatrica, di cui 590.000 insorti nel
corso del 1997 (vedi Tav.1).
I casi predetti comprendevano oltre a quelli dovuti a
trasmissione verticale (da madre a figlio) anche gli altri verificatisi per
trasfusione di sangue o di plasma, incidenti in misura minima (dal 2 al
4% dei casi).
In Italia sino al 31 dicembre 1996 si erano verificati 556 casi di
trasmissione verticale, di cui 265 riguardanti maschi (47,8%) e 289
femmine
(52,2%).
La
patologie
seguite
all’infezione
più
frequentemente riscontrate (vedi Tav.20) erano nell’ordine erano),
l’encefalopatia (19% circa dei casi), la polmonite da pneumocistis
Carinii (il 17% circa dei casi), la polmonite interstiziale linfoide (17%
circa dei casi) e la candidosi (12%).
Nel 1996 per la prima volta si è verificata una diminuzione dei
casi pediatrici di AIDS, negli anni precedenti sempre in progressivo
aumento.
Negli Stati Uniti d’America, secondo un rapporto del Centro per il
controllo delle malattie infettive pubblicato nel marzo 1987, fra i minori
degli anni 13 vi erano 460 malati di AIDS, di cui due terzi avevano
contratto il virus dalla madre sieropositiva prima di nascere. Nel 1992 i
casi pediatrici denunciati dall’inizio dell’infezione erano saluti ad oltre
3.000 e alla fine del 1996 ammontavano a 7.629, di cui 875 verificatisi
nel 1994, 745 nel 1995 e 678 nel 1996.
45
10 - La diffusione dell’AIDS nelle carceri.
L'ambiente carcerario costituisce il luogo di maggior diffusione
dell'A.I.D.S..
Negli Stati Uniti, secondo uno studio del dott. Perry Smith, su 450
donne imprigionate sottoposte a test il 19% erano sieropositive e di esse
il 24% tra i 30 e i 39 anni.
A San Francisco una inchiesta condotta tra 184 criminali di 16
anni di età evidenziò che, pur conoscendo la maggior parte di essi la
riduzione di rischio tramite l'adozione di preservativo, solo il 14% lo
usava. Un terzo di essi ammise di avere avuto rapporti omosessuali in
cambio di stupefacenti.
Nella Svezia su 1.069 tossicomani detenuti tra il gennaio 1987 e
l'ottobre 1988 il dott. Robert Olin riscontrò che il 13% erano
sieropositivi, distribuiti nella stessa misura tra uomini e donne. Solo il
6% di essi facevano uso di amfetamine iniettabili, mentre il 47% erano
eroinomani.
In Francia a Lione, secondo una inchiesta condotta su 500 soggetti
detenuti, più del 50% di essi confessò di avere avuto in una forma o
nell'altra rapporti omosessuali e il tasso medio di sieropositività fra i
detenuti nelle prigioni francesi fu valutato dal dott. Pierre Espinoza nel
6%, come da lui riferito nel Convegno di Montreal del giugno 1989.
Nello Zambia il 16% dei detenuti da almeno tre mesi in cinque
stabilimenti carcerari si sono rivelati sieropositivi e il 12% ha ammesso
di avere avuto relazioni omosessuali in carcere.
In Italia il fenomeno della diffusione del contagio nelle carceri è
preoccupante, sia perché oltre il 30% dei detenuti sono tossicodipendenti, sia perché nelle carceri, tra l'altro sovraffollate, sono
frequenti episodi di violenza omosessuale. Tuttavia il miglioramento
46
dei servizi sanitari delle carceri e l’adozione di
misure idonee ad
evitare il contagio, hanno ridotto la diffusione dell’infezione. Infatti,
mentre nel 1990 su un totale di 7.299 tossicodipendenti detenuti 2.378,
pari al 32,6%, risultarono
sieropositivi, tale percentuale discese al
22,8% nel 1992 (3.377 su 14.818) e nel 1995 è stata del 14,5% (1.962
su 13.466)..
La percentuale dei sieropositivi tra detenuti varia da regione a
regione con punte massime nelle Carceri dell'Ispettorato di Torino e e le
minori percentuali in quelle siciliane.
In aumento sono invece casi di A.I.D.S. accertati fra i detenuti,
essendo passati dai 2 del 1985 e dai 9 del 1986, a 36 nel 1988, a 84 nel
1991 a 86 nel 1993 ed a 62, pari al 2,8% dei sieropositivi, nel 1995.
. La percentuale dei tossicodipendenti fra i detenuti è passata dal
10% del 1985 al 25,43% nel 1989, al 30,1% nel 1993 e al 31,6% nel
1995 (vedi Tav.n.23).
L'incidenza delle donne sul totale e' stato valutato intorno al 7,5%
(nel 1988 su 7.500 tossicodipendenti detenuti, di cui 6.661 eroinomani,
fra questi soltanto 498 erano donne).
Su 2.721 detenuti, riscontrati positivi alla data del 31 marzo
1988, 39 (1,4 su 100) erano affetti da A.I.D.S. conclamato, 145 (5,3 su
100) da A.R.C.(AIDS Related Complex ovvero stadio pre-AIDS) e 728
(26,75%) da L.A.S.(Sindrome Adeno-Linfopatica).
La gravità della situazione carceraria per quanto riguarda la
diffusione della malattia indusse nel 1989 il Direttore Generale degli
Istituti di Prevenzione e di Pena a proporre l'istituzione di un esame
obbligatorio (test o screening) al fine di accertare la sieropositività o
meno delle persone detenute, ma la proposta non ha trovato consenso da
parte del Parlamento all'atto dell'approvazione della legge 5 giugno
1990 n.135.
47
11- Mezzi per evitare il contagio.
Al fine di contenere la diffusione del virus in via di
prevenzione sono state pubblicizzate in ogni Paese misure fondamentali, consistenti nell'evitare rapporti con partners occasionali;
nell'uso in ogni caso di profilattico (altrimenti denominato "condom"
ovvero contraccettivo domestico); nel non uso di spazzolini da denti,
rasoi, aghi, siringhe ed altri oggetti di tipo acuminato e persino di effetti
personali, allorche' adoperati da altri; nella disinfezione o sostituzione
di lamette e rasoi usati da barbieri e da parrucchieri, nonché di pinze,
mole, aghi ed altri strumenti usati dai dentisti; e ciò perché anche minime lesioni della pelle o delle mucose consentono la infiltrazione del
virus.
Al terzo Simposio Internazionale sull'A.I.D.S. tenutosi nel giugno
1987 fu annunciata la scoperta di una sostanza chimica denominata
"peptide T", che sarebbe efficace nel prevenire il contagio da A.I.D.S.,
ma di essa non si sono avute altre notizie.
Nella conferenza sull'A.I.D.S. del giugno 1990 a S.Francisco due
case farmaceutiche americane presentarono dei profilattici rosa per
signore idonei a rivestire una ampia zona della mucosa vaginale.
Inoltre, sono stati indicati come disinfettanti attivi per l'HIV, tra
l'altro, l'ipoclorito di sodio in soluzione 0,5-1%(varechina) per i
pavimenti e i piani di lavoro; il bagno in alcool al 30% per almeno 5
minuti relativamente agli strumenti idonei alla trasmissione del virus
(aghi, bisturi ed altri oggetti acuminati o da taglio); la cloramina in
soluzione al 2,5-5% (Cloretina) per oggetti d'uso ed il calore a 56 gradi
centigradi per almeno 30 minuti per i prodotti organici.
Fondamentale rimane, peraltro, l'esame o test del sangue al fine di
48
accertare la presenza degli anticorpi anti-HIV e quindi la sieropositività,
giacche' la prevenzione più efficace consiste nell'adozione da parte delle
persone infette di precauzioni atte ad evitare il contagio, ossia la
trasmissione del virus. Il test obbligatorio è, però, tuttora avversato
dalla maggioranza dei cittadini in quasi tutti gli Stati sia perché è visto
come una violazione di un principio di libertà per quanto concerne la
cura della salute individuale, sia per ragioni che attengono alle
preoccupazioni e allo stato d'animo dei sieropositivi, che talvolta si
sono indotti ingiustificatamente ad atti irrazionali contro se stessi e
anche contro altri, sia infine a causa dell'emarginazione conseguente
all'accertamento della sieropositività, che, essendo nella maggior parte
dei casi collegata a tossicodipendenza o ad omosessualità, viene vista
come condizione infamante dalla collettività'.
In Italia la legge n.135 del 5 giugno 1990 ha vietato qualsiasi
accertamento sulla sieropositività senza consenso dell'interessato, se
non per motivi di necessita' clinica nel suo interesse (art.5, comma 3) ed
ha previsto le pena dell'ammenda e dell'arresto per il datore di lavoro
che non rispetti il divieto.
Negli Stati Unti Christopher Elias del Population Council, al fine
di prevenire la trasmissione sessuale del virus dell’AIDS, ha proposto
Condom femminili, creme vaginali antivirus e ovuli a base di
lactobacilli, cioè di batteri in grado di opporsi all'Hiv, da usare anche ad
insaputa del partner.. Tali mezzi appaiono tuttavia di difficile utilizzo.
Giuseppe Ippolito, dell'ospedale Spallanzani di Roma, recentemente
no minato dal governo americano esperto dei rischi professionali, ha
suggerito, in caso di incidente, quale la puntura con un ago infetto, la
somministrazione entro due ore dall'esposizione, e per le 4 settimane
successive di due farmaci, il 3-Te e l'Azt, come profilassi, che potrebbe
essere adottata anche dalla donna in caso di stupro.
49
12- Studi e scoperte epidemiologiche.
Per quanto concerne la cura delle persone infettate, al Convegno
sull'A.I.D.S. di Stoccolma del 1988 gli studiosi si dimostrarono scettici
circa la possibilit della preparazione di un vaccino a breve termine e cio'
dopo che farmaci preannunciati risolutori, come l'"MM-1", di formula
sconosciuta, dichiarato efficace nell'80% dei casi nel novembre l987 dai
suoi preparatori proff. Lurhuma Zirimewabago dell'Università di
Kinshasa e Ahmed Shafik dell'Università del Cairo o il "DDC" messo a
punto dal dottor Samuel Broder dell'Istituto nazionale statunitense per il
cancro, avevano dato risultati deludenti o addirittura dannosi.
Per anni l'unica sostanza producente effetto certo sulla evoluzione
dell'A.I.D.S., peraltro soltanto ritardante rispetto all'esito fatale, è stata
l'A.Z.T.
(azido-timidina
o
zidovudina).
La
sua
validità
fu
concordemente ribadita alla Conferenza di S.Francisco del giugno 1990,
con precisazione che essa dava i migliori risultati quando era usata a
bassi dosaggi su sieropositivi asintomatici.
L'A.Z.T. blocca l'attività' enzimatica della trascrittasi inversa
(produzione di antigeni da parte del virus) senza incidere sull'analoga
attività delle cellule umane e ciò in quanto fornisce al virus una
sostanza, che ad esso appare idonea per costruire la sua catena di DNA,
ma che, essendo priva di punti di attacco per il successivo anello della
50
catena, impedisce il completamento di questa.
L'uso del farmaco fu autorizzato dapprima negli Stati Uniti dalla
Food and Drug Administration e poi anche in Italia nell'agosto del
1987, dopo sperimentazione durata sei mesi, limitatamente ai centri
clinici ospedalieri ed universitari, in quanto il prodotto è fortemente
tossico ed è dannoso ai portatori del virus abbiano o non abbiano
manifestazioni morbose.
Negli Stati Uniti fu fortemente osteggiato perché circa la metà di
tutti i malati di AIDS conclamato erano stati costretti a smetterne l'uso a
causa di gravi anemie, disturbi al fegato ed altri effetti analoghi.
In un secondo tempo iniziò a farsi molto affidamento su composti
simili all' AZT (DD1, D4T, AZDU), che all’inizio degli anni ’90 erano
in corso di sperimentazione per verificarne gli effetti e la minore
tossicità. Scienziati del National Cancer Institute di Bethesda avevano,
infatti, riferito che persone infette dal virus dell'AIDS avevano mostrato
un miglioramento del sistema immunitario dopo avere usato uno dei
farmaci sperimentali predetti, il DDI (dideossinosina), meno tossico
dell'AZT.
All’epoca un altro farmaco, la difluorometilornitina (D.F.M.O.),
apparve in grado di combattere efficacemente una grave complicazione
polmonare da cui sono colpiti gli affetti da A.I.D.S., la pneumocisti
(ben 240 guarigioni su 300 casi).
Gli studi si
incentrarono, poi, principalmente su una sostanza
sintetica, il CD4-solubile, liberamente fluttuante diversamente dal
corrispondente CD4-recettore esistente sulla superficie dei linfociti.
Essa doveva agire in modo da adescare il virus, ingannandolo,
incastrandosi in esso ed immobilizzandolo, prima che avesse la
possibilità di fissarsi sul CD4-recettore delle cellule. Si cercava anche
di studiare la possibilità di usare il CD4-solubile per attirare fuori delle
cellule infette il virus in esse penetrato. Ricercatori del National
51
Institute of Health del Texas, basandosi sul fatto che il virus dell'AIDS,
una volta penetrato nel Linfocita T lascia sulla superficie del medesimo
un segno costituito dalla proteina GP120, che era servita per
agganciarlo al CD4-recettore, sono riusciti a legare il CD4-solubile con
una sostanza letale per l'HIV e stanno cercando di usare il composto in
modo che esso si indirizzi verso le cellule infette, penetri in esse e
distrugga il virus dell'AIDS.
Un composto simile allo zucchero, denominato "Dextran sulfate"
sembra che possa impedire all'HIV - almeno in laboratorio sinora - di
aggredire le cellule. Si tratta di un farmaco importato negli Stati Uniti
dal Giappone, di cui non si conosce esattamente come operi. Si sa
soltanto che ha un forte carica negativa e si pensa che essa funzioni
come scudo elettronico per respingere il virus, anch'esso carico
negativamente; ma la sua azione non è stata ancora sperimentata
sull'uomo.
Inoltre, si sta studiando la possibilità di impiegare con esito
positivo negli stadi iniziali dell'A.R.C. o della L.A.S. un nuovo
farmaco: l'Interferone del tipo Alfa-2, già impiegato in una particolare
forma tumorale, la tricoleucemia, con il risultato della riduzione alla
normalità delle cellule tumorali. L'Interferone viene prodotto attraverso
operazioni di ingegneria genetica ed agisce mediante particolari segnali
biologici alle cellule malate, come annunciato nel Convegno medico
tenuto a S.Margherita Ligure il l5 giugno 1987(vedi Tav. n.7).
Più recentemente gli esperimenti effettuati hanno fatto ritenere che
una combinazione dell'Interferone Alfa e dell'AZT abbia migliori effetti
e comunque minore tossicità rispetto all'uso di uno soltanto dei due
farmaci, ma non tutti i ricercatori condividono la opinione che la
combinazione dei due farmaci costituisca il rimedio auspicabile.
Secondo il prof. Aiuti l'obiettivo primario resta pur sempre il
vaccino e la sperimentazione delle proteine GP160 (glicoproteina) ,
52
GP125 e HGP a suo parere sembra dare risultati promettenbti.
Già al Convegno sulla ricerca per il cancro e l'AIDS tenuto a
Venezia nella metà del gennaio 1989 il prof. Robert Gallo aveva
preannunciato che il vaccino allo studio per la malattia sarebbe stato
probabilmente una combinazione di due agenti diversi: uno per creare
anticorpi, ottenuto attraverso un frammento innocuo del virus, e l'altro
per proteggere le cellule dell'organismo, ottenuto mediante inserimento
di una parte del virus in un veicolo come il batterio della salmonella.
Alla Conferenza mondiale di Montreal del giugno 1989 i proff.
Salk e Gibbs dell'Istituto Salk di La Jolla in California avevano
annunciato da parte loro la messa a punto di un vaccino che ha dato
risultati positivi su alcuni scimpanzé.
Sino ad oggi, però, i tentativi per la preparazione di un vaccino
idoneo a prevenire l’infezione non hanno avuto esito.
Il National Institute of Health degli Stati Uniti ha dette il via nel
1986 per la messa a punto di un vaccino preventivo e dieci industrie
americane sono impegnate in tale ricerca, imperniata sull’uso di parti
del virus, in funzione di antigene e principalmente di una proteina di
superficie, la glicoproteina GP 160), per provocare risposte difensive
dell’organismo. Tale proteina, infatti, permette al virus di agganciare i
linfociti T-CD4 e di penetrare in essi, sopprimendoli. Si prevede che
non si possa avere le prime risposte sull’efficacia di un vaccino prima
del 2000.
Paul Ewald, professore di biologia evoluzionistica nell’Ambers
College del Massachusetts, ha sostenuto che la malattia non potrà essere
debellata con formaci e nemmeno con vaccini, in quanto suscettibili di
favorire l’evoluzione dell’HIV in forme ancor più potenti e imbattibili.
La sua teoria si basa sulla esistenza del virus in Africa da secoli e
nell’acquisto recente da parte di esso di particolare virulenza a seguito
dello sviluppo della urbanizzazione e della emigrazione dalla
53
campagna, che ha sviluppato la prostituzione, spingendo il virus a
divenire più
offensivo ed
a ridurre
il
periodo di
latenza,
necessariamente lungo in caso di unico partner, onde evitare la propria
estinzione.
Al VII Congresso mondiale sull’AIDS tenuto a
Firenze il 17 giugno 1991 il prof. Luc Montagnier indicò in una mistura
di citochine contenenti interleukine IL2 e IL6 e fattori di morte
tumorali, o TNF, il farmaco capace di prevenire l’autodistruzione dei
linfociti T in un organismo infettato dal virus dell’AIDS.
Nel novembre 1993 furono sono usati per fermare l’azione
distruttiva dell’HIV tre antivirali estremamente tossici e con effetti
collaterali devastanti: l’AZT, la Ddi e il Ddc.
Il Brtitish Medical Council aveva annunciato nell’aprile del 1993
che l’AZT sarebbe inefficace per il trattamento precoce dei sintomi nei
sieropositivi, mentre.Yung-Kang Chow, ricercatore del Massachusetts
General Hospital, dichiarava che era riuscito ad eliminare il virus dalle
cellule del sangue infettate dall’HIV mediante una combinazione dei
farmaci AZR, Ddi e nevirapina-piridinina.
In una intervista rilasciata al settimanale l’Europeo nello stesso
periodo il prof. Paul Ewald dell’Ambers College del Massachusetts
affermò che l’AZT dopo circa 6 mesi di uso aumenta il livello di
resistenza del virus.
Secondo studi del
gruppo di Xiping Wei, della Divisione di
ematologia-oncologia e malattie infettive dell'Università dell'Alabama a
Birmingham, e quello diretto da David Ho dell'Aaron Diamond Aids
Research Center di New York condotti su soggetti portatori del virus
dell'AIDS con lívelli di linfociti Cd4+ molto bassi (sintomo di una fase
avanzata della malattia) e resi noti nel marzo 1995, una terapia basata
su farmacì sperimentali (Nvp, Abt-538, L735, 524)
riuscirebbe
bloccare, ma solo temporaneamente, ogni nuova infezione delle cellule.
54
David Ho dell'Aaron Diamond Aids Research Center di New York
comunicò nello stesso tempo che, somministrando solo l'Abt-538
oralmente, era riuscito a ottenere un rapido declino (fino a 66 volte) del
virus nel plasma in sole due settimane, con un rapido e parallelo
aumento
dei
Cd4+:
Aggiunse
che,
trasformandosi
l’HIV
continuamente, il che spiegherebbe perché le terapie farmacologiche
sono destinate al fallimento, ogni cura di tale tipo, per essere efficace,
deve iniziare molto precocemente, quando il virus non si è ancora
trasformato».
Al convegno dell’ANLAIDS, che tenutosi in Roma all’inizio del
marzo 1995, in occasione della giornata mondiale dell’AIDS si diffuse
la notizia che il virologo americano Robert Gallo e il tedesco Reinhard
Kurth avrebbero trovato il modo di bloccare il virus attraverso
particolari proteine. Il primo ad avere ipotizzato tale mezzo era stato
Jay Levy che aveva pubblicato un articolo su Science nel 1986.
Pochi giorni dopo su Nature usciva, anticipando addirittura di
qualche giorno la pubblicazione dell'articolo su Science, una lettera
firmata da Kurth in cui il virologo parlava del suo inibitore, Il-16,
un'interleuchina che bloccherebbe l'azione del virus.
Successivamente
Fiorenza
Cocchi,
che
aveva
condotto
gli
esperimenti nel laboratorio di Robert Gallo, pubblicava su Science gli
esiti della ricerca, precisando che il gruppo di ricercatori di cui faceva
parte si era procurato una linea di cellule Cd8 del sistema immunitario
(capaci di uccidere altre cellule infettate da virus e anche di produrre
fattori che sopprimono la crescita dell'HIV nelle cellule infette) e
l’avevano immortalizzata per disporne di grandi quantità in modo da
poter a isolare prima uno, poi altri due fattori inibitori. A metà maggio
era arrivata la prima delle sequenze: una chemiochina, proteina di una
classe
più piccola delle interleuchine.
Quella di Reinhard Kurth,
l'interleuchina-16, di cui si conosceva la capacità di legarsi al Cd4, la
55
molecola che funge da recettore per l'HIV, avrebbe una funzione
analoga: inibire la crescita del virus.
Trattasi però di risultati ottenuti in vitro, e, al di là di un lontano
uso terapeutico, potrebbero essere usati per un eventuale test biologico
che misuri questi fattori nel siero per stabilire una prognosi della
malattia e mettere a punto una terapia.
Al convegno ANLAIDS tenutosi a Roma nei primi giorni del
dicembre 1995
il professor Aiuti e il professor Anthony Fauci di
origine crotonese, anche se nato in America, annunciarono nuove
possibilità terapeutiche. Secondo le ricerche compiute dal professor
Fauci al National Institute di Bethesda, alcune citochine, le quali
stimolano la nostra risposta immunitaria, potrebbero essere impiegate in
terapia combinata contro il virus.
Si tratta della interleuchina 2 e
dell'interleuchina 12 insieme con i Cd8, cellule del nostro sistema
immunitario, le quali potrebbero ottenere risultati positivi contro l'Aids.
Nello stesso convegno Flossy Wong Staal, la virologa molecolare
cino-americana rivelò l'arrivo di una terapia genica per la cura dei
bambini: a San Diego si erano accorti che cellule staminali estratte dai
cordoni ombelicali dei neonati e corrette con un gene diventano
resistenti al virus HIV, sicché potrebbero rappresentare una cura
efficace per i bambini.
Il 7 marzo 1996 in Francia il Comitato nazionale di etica ha dette il
suo consenso all'idea di utilizzare il criterio del sorteggio per scegliere
tra i 18.000 malati di Aids i pochi a cui applicare il costosissimo
trattamento messo a punto dal gruppo americano Abbott e consistente in
una molecola che potrebbe avere un effetto inibitore sul virus dell'Aids.
Il prodotto, denominato Ritonavir, aveva ottenuto il primo marzo
l'autorizzazione al commercio da parte delle competenti autorità
statunitensi.
Alla XI conferenza sull'Aids, tenuta nei primi giorni del luglio 1996
56
a Vancouver, Yvonne Bryson, pediatra di Los Angeles, ebbe a
dichiarare che la somministrazione di più farmaci combinati. anziché
dalla sola Azt sia alla mamma durante la gravidanza e il travaglio, sia al
bambino per 6 mesi dopo la nascita, può ridurre enormemente il rischio
di trasmissione senza particolari effetti collaterali e una donna
americana riferì che, dopo aver appreso attraverso Internet l'esistenza
del Compound Q, estratto di cetriolo cinese, aveva deciso di unirlo
all'Azt, traendo da ciò beneficio, tanto che area peggiorata appena aveva
smesso di assumere i due farmaci.
Attualmente un terzo dell'umanità è colpito dalla tubercolosi e
ogni anno ne muoiono tre milioni di persone. E' la malattia che provoca
il più alto numero di morti tra gli adulti e, dall'apparizione dell'AIDS,
molti Paesi hanno visto i loro casi di tubercolosì aumentare in maniera
consistente. Un’associazione di Tbc e Aids ha complicato di molto le
cose: la prima, secondo gli esperti, è divenuta una delle principali cause
di morte tra i malati di Aids e l'infezione di Hiv ha reso più difficile
diagnosticare la tubercolosi accelerando la diffusione nella popolazione
in generale e complicando il trattamento dei malati di tbc colpiti da altre
infezioni legate all'Hiv. Chi soffre di tutte e due le patologie è colpito
da un tipo di tubercolosi evolutiva 30 volte più spesso di quelli infettati
da un solo bacillo. Secondo un rapporto presentato in Canada, 5 anni di
vita guadagnati, grazie ai programmi di chemioterapia e di prevenzione
dell'Aids, costano tra ì 3 e i 5 dollari a persona nei Paesi in via di
sviluppo.
Nel luglio 1996 più di venti i vaccini di tipo preventivo,
miranti cioè a prevenire l'infezione; erano allo studio e di questi più
della metà avevano superato le fasi precliníche sugli animali di
laboratorio e sulle scimmie ed erano passati alla fase 1 e 2 su piccoli
gruppi di volontari per dimostrasse l'assenza di tossicità, ma nessuno
aveva intrapreso la fase tre, quella considerata decisiva per dimostrare
57
l'efficacia nell'impedire l'infezione.
La rivista «Nature» ha rivelato nell’agosto 1996 che due gruppi di
ricercatori, uno dell'Aaron Diamond Rescarch Center di New York e
l'altro dell'università di Bruxelles, hanno scoperto l'esistenza di una
mutazione genetica che induce la resistenza al virus dell'Aids. Le
ricerche sono partite dai lavori dello scienziato scozzese Bill Paxton,
che nei mesi precedenti aveva dichiarato che un gruppo di 15 pazienti,
pur essendo esposti al virus, ne erano rimasti completamente immuni e
che in alcuni dei 15 pazienti, da ulteriori tests era emersa un'irregolarità
nella coppia di geni Ccr-5 (noti anche come ckr-5). Questi ultimi,
scoperti
nel giugno precedente, hanno un'importanza cruciale
nell'infezione poiché costituiscono le «chiavi» indispensabili al virus
Hiv per penetrare all'interno della cellula.
Infatti, mentre il gene normale aiuta il virus ad infettare la cellula
sana, la sua predetta mutazione l’ingresso, giacché il gene alterato non
produce più la proteina di superficie alla quale il virus si lega per
entrare nella cellula e l'Hiv finisce per usare delle chiavi sbagliate nel
tentativo di aprire una porta.. Questa irregolarità nel gene Ccr-5,
secondo i ricercatori che ritenevano necessarie ulteriori ricerche
essaendo stato compiuto l’esame su poche centinaia di persone, è
presente in un europeo bianco su 100 e in nessuno degli africani ed
asiatici esaminati. Per il momento nessuno è ancora riuscito a spiegare
la causa dell'irregolarità del gene e, secondo i dati raccolti a Bruxelles,
non è ancora chiaro ciò che accade quando un solo gene della coppia è
alterato, ma si ritiene che comunque ciò renda l'organismo meno
vulnerabile al virus.
Alla vigilia del Congresso di Vancouver del 6-l2 luglio 1996 Max
Essex, immunologo e virologo alla facoltà di medicina di Harvard,
aveva affermato che con gli antiproteasi, aggiunti agli altri farmaci, si
allunga la vita dei malati di aids fino a 5-6 anni e si riducono le
58
complicazioni delle infezioni opportunistiche che man mano si
presentano. Il nuovo cocktail da lui proposto si basa su una tripla
terapia che utilizza i vecchi antivirali, come l'AZT, assieme a nuovi
inibitori della proteasi, che bloccano l'enzima essenziale per la
riproduzione del virus all'inizio del suo ciclo vitale nei linfociti, ed esso
per un anno di cura costa tra i 10 e i 15 milioni di lire.
Nel novembre 1996 il Ministero della Sanità, dopo avere
premesso che i risultati di alcuni importanti studi clinici controllati (l’
europeo Delta, il nordamericano ACTG 175 e lo studio Caesar)
avevano
dimostrato
la
superiorità
delle
polichemioterapie
antiretrovirali rispetto alla monoterapia e l’opportunità di effettuare la
cura dell’infezione durante la fase asintomatica, in quanto era stata
ridotta in modo significativo la replicazione di HIV mediante l’uso di
una nuova classe di farmaci antiretrovirali, quali gli inibitori della
proteasi (PI ) associati ad uno o due inibitori della transcriptasi inversa
(RTI), come l’AZT, il DDL, il DDC, il 3TC e il d4T, indicava come
obiettivo finale della terapia antiretrovirale quello di ridurre quanto
più possibile e per tempi prolungati la replicazione del virus e a tale
scopo riteneva necessario chiarire attraverso studi clinici controllati
.quale fosse il momento ottimale per l'inizio della terapia, quale fosse
la strategia terapeutica migliore (iniziare con le combinazioni più
potenti per tutti i pazienti, indipendentemente dalla carica virale di
partenza, o modulare l'uso della terapie combinate e riservare l'uso di
quelle più "potenti" per le fasi più avanzate ) e quali
fossero
le
combinazioni di farmaci da utilizzare nelle diverse fasi della malattia..
Con successiva circolare del 23 dicembre 1996 n.1865 indicava
che gli inibitori della transcriptasi inversa disponibili erano la
Zidovudina (AZT con nome commerciale Retrovir), la Didanosina
(DDL con nome commerciale Videx), la ZalcitabinA (ddC con nome
commerciale Hivid), la Lamivudina (3TC con nome commerciale
59
Epivir) e la Stavudina (d4T con nome commerciale Zerit).
Indicava, altresì, come inibitori della proteasi disponibili
l’Indinavir (nome commerciale Crixivan), il Ritonavir (nome
commerciale Norvir) e il Saquinavir (nome commerciale Invirase).
Per tutti gli inibitori predetti specificava gli effetti collaterali
negativi come indicati nella tabella in appendice.
Nel marzo 1977 è stato registrato negli Stati Uniti il quarto
farmaco per l'Aids appartenente alla famiglia degli ínibitori della
proteasi, il "nelfinavir". Il farmaco è ora all'esame dell'Emea per la
sua registrazione in Europa. Secondo l'azienda produttrice Aguron, il
farmaco stesso, somministrato in combinazione con altri due farmaci
(l'Azt e 3Tc), aveva determinato dopo sei mesi di trattamento una
riduzione del 98 per cento della carica del virus nel sangue. Dopo
1"'indinavir", il "saquinavir" e il "ritonavir", anche il "nelfinavir", a
seguito della registrazione, può ora essere usato negli Usa in
combinazione con altre sostanze.
Il professor Davíd Weiner, docente dì patologia all'Università della
Pennsylvania, ha annunciato nell’aprile del 1997 sulla
rivista
americana Nature Medicine che un gruppo di lavoro da lui diretto
aveva ottenuto un
vaccino contro l’Aids che, iniettato in due
scimpanzé, pur provocando segni di sieropositività, non aveva poi
portato allo sviluppo della sindrome. Ogni scimmia aveva ricevuto
due versioni del vaccino, ottenuto da geni
del virus, che
rappresentano circa il 75 per cento delle proteine presenti nelle parte
sia interna che esterna dell'Hiv, opportunamente indeboliti per
bloccarne le funzioni molecolari. Il vaccino, secondo i ricercatori,
aveva apparentemente stimolato la risposta immunitaria completa
nell'organismo dei primati attivando la reazione sia degli anticorpi che
dei linfociti. Agli animali erano state effettuate sei iniezioni nell'arco
di 15 settimane seguite da due dosi di rinforzo: ma nel caso il vaccino
60
dovesse rivelarsi efficace anche nell'uomo, in esito a sperimentazioni
in corso e che, secondo Luc Montagnier, dovrebbero durare dai tre a
cinque anni, il numero delle somministrazioni, stando a quanto
affermato dal dottor Weiner, dovrebbe essere inferiore.
Nel settembre 1997 un gruppo di dottori e scienziati americani si
sono offerti come cavie per diventare i primi esseri umani iniettati con
un vaccino sperimentale contenente il virus vivo, ma notevolmente
indebolito, dell'Aids, Sì tratta della Intemational Association of
Physicians in Aids Care di Chicago, che ha già reclutato 50 volontari,
disposti a rischiare la propria vita in nome della scienza, per condurre
al più presto il test, i quali hanno chiesto l'approvazione ufficiale della
Food and Drug Admínistration, ma hanno dichiarato che se essa non
dovesse venire, porteranno avanti il loro studio «in Europa o in uno
Stato americano» che dia loro il lasciapassare. Contro il gruppo si è
già dichiarato Mark Grabowsky, dell'autorevole National Institute of
Allergy and In fectious Diseases ewd ha manifestato perplessità anche
l'immunologo italiano Fernando Aiuti, che ha invitato i colleghi
americani alla «cautela».
Contemporaneamente un gruppo di ricercatori inglesi e danesi ha
annunciato sulle pagine della rivista «Science» che: una sostanza
naturale, che appartiene alla famiglia delle chemiochine normalmente
prodotte dalle cellule del sistema di difesa immunitario, si è rivelata in
grado di bloccare tutte le porte d'entrata del virus Hiv nelle cellule
dell'organismo, impedendo così l'infezione.
Le chemiochine sono un gruppo di sostanze note da tempo e
attivano le cellule del sistema immunitario, stimolando appositi
recettori che si trovano sulla loro superficie. Anche il virus dell'Aids
per entrare nei linfociti (cellule del sistema immunitario) utilizza come
porta di ingresso, oltre che i suoi recettori specifici, anche i recettori
delle chemiochine. Altrimenti non riesce entrare.
61
La nuova superchemiochina è in grado di «occupare» i recettori e
impedisce al virus di agganciarsi: è come se una persona si mettesse
davanti a porta e impedisse l’ingresso di un altro. I ricercatori l'hanno
individuata in un virus della famiglia degli herpes, chiamato HHV8,
che è responsabile del sarcoma di Kaposi, una forma di tumore che
compare in alcuni malati di Aids, e pensano di riuscire a produrre in
laboratorio una o più sostanze artificiali che funzionino come la
superchemiochina.
Le chemiochine naturali, secondo il dottor Stefano Vella
dell'Istituto Superiore di Sanità, sono tossiche e non possono essere
somministrate così come sono, per cui è necessario costruire dei
prodotti sintetici simili che abbiano soltanto quelle caratteristiche utili
a fermare il virus Hiv e ciò senza tener conto che l’efficacia di queste
sostanze è stata dimostrata soltanto in provetta».
Nel corso della «Conferenza Americana sull'Aìds» di Miami
tenuta nel settembre 1997 il noto ricercatore David Ho ha annunciato
la messa a punto di una medicina anti-Aids che verrà ingerita una sola
volta al giorno, in sostituzione del cocktail di oltre una dozzina di
pillole somministrate oggi ai malati di Aids.
Il nuovo «regíme»
potrebbe iniziare a essere testato sui pazienti entro i primi mesi del
1998.
Secondo gli ultimi dati raccolti dall’Istituto superiore di sanità,
aggiornati al 30 settembre del '97, per la prima volta i casi di Aids
segnalati dai centri di cura italiani sono inferiori a ottocento, vale a
dire il 30 per cento in meno rispetto agli ultimi dodici mesi.
Tutti i centri italiani dispongono ormai della triplice terapia che ha
costi altissimi, sebbene siano aumentati i prodotti disponibili sul
mercato. Un malato costa in soli farmaci circa diciotto milioni al
mese (e sono in 30 mila ad averne bisogno) ai quali si aggiungono le
spese dì tutti gli esami che servono a controllare l'andamento
62
dell'infezione (ad esempio il test della carica virale).
L’ospedale «Spallanzani» di Roma investe per l'acquisto delle
terapie di ultima generazione dagli 8 Ai 10 miliardi all'anno, il 15%
del bilancio, vale a lire quanto spende per gli stipendi del personale
medico.
Uno studioso italiano dell'Istituto Pascale di Napoli, il professor
Gaetano Giraldi, ha annunciato, a margine del Congresso di Amburgo
tenuto nell’Ottobre 1997, di essere riuscito a costruire in laboratorio
un sosia del virus Hiv che potrebbe rappresentare il vaccino anti-Aids
del futuro. Il lavoro è stato condotto in collaborazione con un gruppo
tedesco dell'Istituto di microbiologia di Regensburg.
L'idea di
partenza dei ricercatori era quella di costruire soltanto il vestito del
virus, senza niente sotto: senza cioè il materiale genetico che lo rende
pericoloso per l'uomo. Ciò è stato ottenuto inserendo in un virus degli
insetti, chiamato baculo-virus, i geni che servono per costruire la
capsula esterna del virus dell'Aids ed infettando con il virus stesso una
cellula di insetto, che è riuscita a produrre l'involucro esterno
completo del virus dell'Aids. Il «sinto» virus è già stato sperimentato,
in Germania, su topi, conigli e scimmie e nel giro di uno o due anni
verrà provato sull'uomo. Esso, secondo il professor Giraldo,
funzionare contro quei virus Hiv che circolano soprattutto in Europa,
Stati Uniti e Australia, ma non contro i virus africani, di cui si
conoscono nove tipi diversi, sicché combatterli tutti occorrerà un
cocktail di finti virus, analogamente a quanto si fa oggi con il vaccino
contro l'influenza.
Non va dimenticato che la malattia comporta, oltre alla
grave perdita di vite umane, un grave dispendio dal punto di vista
economico.
Il costo medio delle cure interne e fuori dell'ambiente ospedaliero
ha raggiunse nel 1989 per ogni paziente affetto da A.I.D.S. l'importo
63
annuo variante dai 74.000 ai 147.000 dollari, pari mediamente a 120
milioni di lire negli Stati Uniti; di 27.000 sterline, pari a 60 milioni di
lire in Inghilterra; di 182.500 franchi, pari a poco meno di 40 milioni di
lire in Francia; e di 150.000 franchi, pari a 125 milioni di lire, in
Svizzera. Il ricovero dei malati di AIDS in ospedale nel periodo dal
1984 al 1987 costò negli Stati Uniti più di un miliardo di dollari, pari
ad oltre 1.700 miliardi di lire attuali e per il quadriennio 1988-1992 era
prevista prevede una spesa di 25 miliardi di dollari, pari ad oltre 44.000
miliardi di lire attuali. Nel solo Stato di New York furono stanziati per
il quinquennio 1988-1993 miliardi di dollari per ricoveri, medicinali,
nonché per assistenza medica ed infermieristica relativa a malati di
AIDS -95 7 miliardi di dollari.
Nel complesso si può affermare che la risposta degli Stati
interessati dal morbo e' stata pronta ed adeguata.
Basti considerare che il servizio sanitario britannico spese nel
1987 circa 8 miliardi di lire per le procedure per eliminare i rischi di
contrarre l'A.I.D.S. nelle trasfusioni e ha sostenuto nel 1988 una spesa
di 98 miliardi di lire per combattere i virus HIV. Inoltre l'Inghilterra
per il solo biennio 1987-1988 conferì al programma anti-AIDS
dell'Organizzazione Mondiale per la Sanità (O.M.S.) un importo pari ad
oltre 2 miliardi di lire italiane, mentre la Svezia mise a disposizione
della stessa Organizzazione 60 milioni di corone, pari a quasi 13
miliardi di lire dell’epoca da spendere in 3 anni e molte altre nazioni
hanno compiuto passi simili.
Per quanto riguarda l'Italia, il Ministro della Sanità varò all'inizio
del l988 un programma biennale prevedente una spesa di 380 miliardi,
per cure, ricerca e campagne di informazione. Per la sola campagna
pubblicitaria furono impegnati venti miliardi di lire.
Poi con la legge 5 giugno 1990 n.135 furono stanziati 2.100
miliardi di lire per costruzione o ristrutturazione di ospedali, reparti di
64
malattie infettive e relativi servizi proprio con riferimento alla cura
dell'AIDS.
Allo stato, nonostante tutto, solo il 50% dei malati di A.I.D.S.
sopravvive dopo il primo anno e soltanto il 20% dopo il secondo anno;
nessuno è riuscito a superare il terzo anno.
Ad evitare ingiustificati e pericolosi allarmismi è bene, però,
tenere presente che l'umanità ha affrontato e superato nel passato
flagelli epidemici ben più gravi, per lo meno sino ad oggi, come le
pestilenze del 1300 e del 1600, che in alcune regioni dell'Europa
condussero a morte due terzi della popolazione, la tubercolosi che causò
nell'800 e nei primi decenni del nostro secolo milioni di vittime,
l'influenza virale del 1918-1919 (cosiddetta "spagnola") che in poco
tempo provocò 15 milioni di decessi, come non bisogna dimenticare
che vi sono cause patologiche di morte del tutto prevalenti, quali le
affezioni cardiocircolatorie incidenti per il 43,83% sul totale dei decessi
(243.821 su 556.325 morti nel 1994) o i tumori incidenti per il 28,19%
(156.192 nel 1994); e che, nonostante tutto, la vita media in Italia, dai
35 anni e mezzo di cento anni fa e dagli appena 50 anni del 1920 è
salita oggi in Italia a circa 77 anni (74,06 per gli uomini e 80,53 anni
per le donne nel 1993).
65
13- Problemi giuridici riguardanti l'A.I.D.S..
La diffusione galoppante dell'A.I.D.S. ha già' posto dei
problemi di ordine giuridico e prima o poi richiederà l'intervento del
legislatore.
In Svezia una legge del 19-3-1985 (regolamento n.4) e in
Ungheria una particolare istruzione dello stesso periodo prevedono la
ospedalizzazione coatta delle persone affette da A.I.D.S., ove
dimostrino di non attenersi alle prescrizioni dettate per evitare la
diffusione della malattia e negli Stati Uniti una legge dell'Idaho del 243-1986 ha incluso l'A.I.D.S. fra le malattie veneree con possibilità di
imposizione di misure coattive (vedi F. Introna,C. Scorretti,"L'AIDSAspetti medico-legali" in Quaderni degli Incontri dell'Istituto Italiano di
Medicina Sociale (27-4-1987).
All'inizio del 1988 una direttiva del Comitato Esecutivo della
Comunità Economica Europea (C.E.E.) ha sostanzialmente imposto il
test anti-AIDS per l'assunzione presso organismi della Comunità, in
quanto, anche se il test à volontario, in caso di rifiuto il medico
"constata ufficialmente l'impossibilità di valutare un elemento
indispensabile per pronunciarsi sulla idoneità del candidato".
Per quanto riguarda l'Italia, dopo circolari del Ministero della
Sanità che impartivano istruzioni al personale sanitario per evitare
forme di contatto diretto con il sangue di persone infette da A.I.D.S.,
come l'uso di guanti e di abbigliamento protettivo (Circ. n.65 del 25-8-
66
84), segnalavano la opportunità di una verifica della sieropositività fra i
detenuti,previo consenso degli stessi (circ.n.3127/5577 del 27 giugno
1985) e si prescriveva l'impiego di apposita scheda di rilevamento ai
fini della sorveglianza dell'infezione (circ.n.47 del 16-7-86), un decreto
ministeriale del 26 novembre 1986 inseriva l'A.I.D.S. nell'elenco delle
malattie infettive e diffusive sottoposte a notifica obbligatoria.
Quest'ultima andava effettuata, secondo successiva circolare 13-21987 n.5 attraverso apposita scheda da compilarsi in triplice copia, di
cui una da rimanere in possesso del medico notificatore, la seconda
doveva essere inviata all'Assessorato Regionale della Sanità e soltanto
la terza, da inviarsi in busta chiusa al Centro Operativo AIDS (C.O.A.)
del Ministero della Sanità doveva contenere il nome e cognome del
paziente, il che rendeva evidente la finalità statistico-epidemiologica
della denunzia anziché quella di prevenire la diffusione della malattia.
Tali disposizioni debbono ritenersi tuttora in vigore, giacché la
legge n.135 del 5 giugno 1990 si è limitata a stabilire che la rilevazione
statistica della infezione da HIV deve essere comunque effettuata con
modalità stabilite con decreto del Ministro della Sanità, differenziate
per i casi di AIDS e i casi di sieropositività, tali da non consentire
l'identificazione della persona (art.5, comma 2) ed il decreto non e' stato
ancora emanato.
Dal punto di vista penale, mentre è indubbio che sia l'AIDS, sia le
due forme attenuate denominate A.R.C. e L.A.S. costituiscano malattie
certamente o probabilmente insanabili, almeno allo stato, per cui, ove
siano state effetto di contagio doloso, ossia voluto, o comunque colposo
per avere il contagiante, conscio del proprio stato di portatore del virus,
omesso di informare il partner e di adottare qualsiasi precauzione al fine
di evitarlo, nel primo caso è ravvisabile il delitto lesioni volontarie
gravissime punite con la pena della reclusione da 6 a 12 anni a norma
dell'art.583 cpv. n.1 e nel secondo caso quello corrispondente colposo
67
punito con la reclusione da 3 mesi a 2 anni o con la multa da 1 a 4
milioni di lire dall'art.590, 1° cpv. C.P.,
Nel caso in cui all’infezione contratta segua la morte, se è certo
che debba rispondere di omicidio colposo, punito con la pena da 6
amesi a 5 anni dall’art.589 C.P., il partner che abbia colposamente
trasmesso il virus dell’AIDS, dovrà stabilirsi in base alle concrete
modalità della trasmissione voluta e ai particolari rapporti esistenti fra il
soggetto contagiato e quello contagiante,
se quest’ultimo dovrà
rispondere di omicidio volontario o preterintenzionale.
E’ controverso se costituisca malattia la sola sieropositività.
Peraltro, ove si consideri che la semplice presenza del virus allo stato
latente nell'organismo umano costituisce di per sé un indebolimento del
sistema immunitario, dovrebbe pervenirsi a soluzione positiva
indipendentemente dalle lievi alterazioni neurologiche riscontrate nei
cosiddetti "portatori asintomatici" del virus HIV.
Ove il medico curante accerti l'esistenza della malattia per effetto
di contagio da considerarsi voluto non v'ha dubbio che debba farne
denunzia all'autorità giudiziaria, mediante referto medico, in base al
disposto dell'art.362 C.P., che sanziona penalmente l'omissione.
Specifiche informazioni, sia a fine terapeutico, sia al fine di
evitare il contagio ad altre persone, è tenuto, poi, a dare il medico
curante al proprio paziente secondo le tutte le circolari emanate in
materia dal Ministero della Sanità.
Numerosi altri problemi di ordine giuridico ha posto la diffusione
rapida
dell'A.I.D.S.
anche
dal
punto
di
vista
civilistico
e
amministrativo, come ad esempio quelli del risarcimento del danno da
contagio, dell' annullamento del matrimonio in caso di consenso dato
nella ignoranza della condizione di infetto dell'altro coniuge, della
possibilità o meno di adozione o di avere in affidamento minori da parte
di persona infetta dal virus, del riconoscimento di invalidità
68
pensionabile o di invalidità civile a favore del malato di A.I.D.S. e delle
forme morbose iniziali o intermedie, della possibilità di interruzione volontaria della gravidanza per la donna portatrice del virus,ecc..
Il problema della obbligatorietà del test per l'assunzione a
particolari occupazioni che espongono al contagio gli utenti del
servizio, ad esempio quelle di operatore chirurgico ed odontaiatrico, è
stato risolto dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.218 del 2
giugno 1994.
La Corte ha preso in esame sia l'art. 5 della legge n. 135 del 1990,
il quale stabiliva che nessuno poteva essere sottoposto, senza il proprio
consenso, ad analisi tendenti ad accertare l'infezione da HIV, se non per
motivi di necessità clinica nel suo interesse (terzo conuna), e che
l'accertata infezione da HIV non poteva costituire motivo di
discriminazione in particolare, tra l'altro, per l'accesso a posti di lavoro
o per il mantenimento di essi (quinto comma); sia.l'art. 6, che vieta ai
datori di lavoro di svolgere indagini dirette ad accertare, nei dipendenti
o per l'instaurazione di un rapporto di lavoro, l'esistenza di uno stato di
sieropositività, e dopo avere rilevato che la salute è un bene primario
protetto dall’art.32 della Costituzione in modo da assurgere a diritto
fondamentale della persona da tutelare in maniera piena ed esaustiva e
che la stessa legge n. 135 del 1990 aveva previsto, all'art. 7, norme di
protezione dal contagio professionale nelle strutture sanitarie ed
assistenziali pubbliche e private, dettate poi con il decreto ministeriale
28 settembre 1990, che aveva stabilito precauzioni per il personale nei
confronti della generalità delle persone assistite, ha dichiarato
.l'illegittimità costituzionale dell'art.5, terzo e quinto comma, della
legge 5 giugno 1990, n. 135 (Programma di interventi urgenti per la
prevenzione e la lotta contro l'AIDS), nella parte in cui non prevede
accertamenti sanitari dell'assenza di sieropositività all'infezione da HIV
come condizione per l'espletamento di attività che comportano rischi
69
per la salute dei terzi.
Altri problemi di natura giuridica che la diffusione dell’AIDS
certamente ha posto dovranno trovare soluzione in sede legislativa nel
rispetto del duplice dettato dell'art.32 della nostra Costituzione: 1) la
tutela della salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse
della collettività; 2) il rispetto in ogni caso della persona umana da
parte della legge.
Per ora una speciale Commissione del Ministero di Grazia e
Giustizia sta studiando la possibilità di rendere obbligatorio il test anche
per i drogati, oltreché per i detenuti.
Il prof. Ferdinando Aiuti, da parte sua, ha proposto il test per chi
si sposa o si accinge a vivere una vita di coppia e la proposta ha trovato
larghi consensi purché test non sia obbligatorio.
70
APPENDICE
71
GLOSSARIO
A.I.D.S.-Acquired Immune Deficiency Syndrome.
Malattia provocata dal virus denominato HIV, che paralizza
le difese immunitarie dell'organismo, rendendolo preda di
infezioni conducenti a morte entro breve tempo.
A.R.C.- Aids Related Complex.
Processo morboso meno grave dell'A.I.D.S., ma prodromico
rispetto a quest'ultimo nel senso che in molti casi lo precede-
ANTICORPI.
Sostanze proteiche prodotte dai linfociti per rendere innocui gli antigeni, ossia altre particelle proteiche, fra
cui i virus, quando penetrano nell'organismo.
ANTIGENI.
72
Sostanze di varia natura, fra cui i virus, che penetrando
nell'organismo lo aggrediscono e producono processi morbosi.
A.Z.T.- AzidoTimidina.
Sostanza prodatta in laboratorio dimostratasi efficace
riguardo all'AIDS, non gia' ai fini della guarigione, ma
per ritardarne l'esito letale.
BATTERIO.
Microorganismo formato da una sola cellula, che si riproduce per scissione, il quale, penetrato nell'organismo umano, puo' provocare una malattia.
CANCRO.
Tumore maligno, provocato dalla riproduzione disordinata
delle cellule di origine tuttora ignota, che mette in crisi
l'organismo umano, conducendolo nella maggior parte dei
casi a morte.
CANDIDOSI.
Infezione della mucosa della cavita' orale ed in genere
dell'epitelio provocata da un fungo (candida albicans),
da cui rimangono sovente affetti i malati di AIDS.
73
CONDOM.
Preservativo o profilattico del coito umano, come indicato nel linguaggio internazionale.
DNA - DesossiriboNucleico Acido.
Componente della cellula umana ed in particolare dei cromosomi in cui è contenuto il codice genetico, ossia la
informazione che consente la riproduzione della cellula e
la trasmissione ereditaria dei caratteri.
ELISA - Enzyme Linked Immuno-Sorbent Assay.
Metodo semplice per accertare la presenza nel sangue degli anticorpi anti-AIDS e quindi del virus dell'AIDS.
EMOFILIA.
Malattia a carattere ereditario, consistente in difettosa
coagulazione del sangue e di conseguenti emorragie a causa della mancanza del fattore plasmatico denominato fattore VIII, che colpisce solo gli uomini, anche se trasmessa
dalla madre.
EPIDEMIOLOGIA.
Studio delle cause di una malattia e della diffusione di
essa.
74
GLOBULI BIANCHI.
Vedi Leucociti.
HIV - Human Immunodeficiency Virus.
Virus che provoca l'A.I.D.S., estremamente piccolo (misura
20-30 milionesimi di millimetro. Ne sono state individuate
due specie contraddistinte rispettivamente come HIV-1 e
HIV-2 (questa seconda specie proviene dall'Africa Occidentale ed è stato più recentemente isolato presso l'Istituto
Pasteur di Parigi.
IMMUNITARIO (Sistema).
Il sistema immunitario dell'organismo umano e' composto da
numerose ghiandole (tiroide, milza, ghiandole linfatiche) che
producono sostanze antitossiche e soprattutto leucociti, il cui
compito principale è quello di distruggere i microorganismi
penetrati nel corpo e di neutralizzare le tossine. Azione complementare immunitaria e' esercitata da un particolare componente del siero del sangue, denominato «alessina», che ha
la proprietà di distruggere i batteri.
INCUBAZIONE.
Periodo piu' o meno lungo prima dell'insorgenza della malattia rispetto al momento di penetrazione di un batterio,
75
microbo o virus nell'organismo umano. Il virus dell’AIDS
può rimanere inattivo (stato latente), ovvero in condizioni di
non poter prevalere sul sistema immunitario, anche per dieci o
quindici anni.
INFEZIONE OPPORTUNISTICA.
Infezione causata da un germe in genere non offensivo per
l'organismo umano in presenza della normale difesa immunitaria, ma che genera malattia quando quest'ultima viene
meno.
INTERFERON o INTERFERONE.
Sostanza di natura proteica, scoperta da Isaacs e Lindemann,
che in piccole quantità si riscontra in cellule imfettate da virus e
che trasferita in apprezzabile quantità in cellule normali impedisce
che esse vengano infettate da parecchi virus. E' attualmente in
fase di sperimentazione per la lotta contro il virus dell'AIDS.
INTERLEUKINA.
Sostanza prodotta da alcuni leucociti, che incentiva la
attività dei linfociti T, fondamentali per la difesa immunitaria dell'organismo umano. L'interleukina è una delle
sostanze allo studio per la lotta contro l'AIDS.
LEUCOCITI o GLOBULI BIANCHI.
76
Globuli presenti nel sangue in numero da 4.000 a 8.000
per millimetro cubico, che si distinguono in due grandi
gruppi: i mononucleati (con un solo nucleo), fra cui i
linfociti, e i polinucleati (con più nuclei). Essi hanno
enorme importanza nella difesa dell'organismo umano, in
quanto alcuni di essi (i polinucleati) assorbono e digeriscono batteri (fagocitosi) ed altri (monociti o macrofagi) i corpi estranei e i residui cellulari.
LINFOCITI.
I linfociti costituiscono una varietà dei globuli bianchi o leucociti. Essi sono prodotti principalmente dai
linfonodi, dalla milza e dal timo. Quelli prodotti dal timo (ghiandola interna situata all'altezza dello sterno)
sono contraddistinti con la lettera T e in particolare i
linfociti T4 sono preposti alla produzione delle gammaglobuline, che partecipano alla formazione degli anticorpi. Gli altri linfociti sono contraddistinti con la lettera B.
PORTATORE ASINTOMATICO.
Così viene definito colui che ha contratto il virus dell'AIDS quando non presenta alcun sintomo di malattia, perché, a differenza del portatore sano, il quale può trasmettere germi e virus senza contrarre malattia, in quanto
immunizzato rispetto ad essi, è soggetto prima o poi nella maggior parte dei casi ad ammalarsi.
77
PROTEASI O PEPTIDASI
Emzimi digestivi del succo gastrico
che scindono per
idrolisi le proteine degli amminoacidi che lo costituiscono.
RETROVIRUS.
Virus contenente acido ribonucleico (RNA) capace di dare
informazioni e disposizioni al codice genetico contenuto
nella cellula (DNA), in modo da sintetizzare altri virus
simili con le sostanze proteiche cellulari, mentre di norma
il DNA sintetizza e si serve dell'RNA per trasmettere infor-mazioni e sintetizzare proteine, donde la denominazione dinominazione di trascrittasi inversa alla azione dei retrovi-rus. Il virus dell'AIDS (HIV) è un retrovirus.
RNA - Acido RiboNucleico.
Acido formato essenzialmente da uno zucchero (ribosio) e
da quattro basi principali: adenina, guanina, citosina e
uracile (questo sostituisce la timina componente, quale
quarta base, del DNA o acido desossiribonucleico, nel quale è presente come unico zucchero il desossiribosio).
SARCOMA DI KAPOSI.
Tumore di natura maligna che si manifesta attraverso
78
rigonfiamenti diffusi e lesioni della pelle di colore rossoviolaceo particolarmente a carico degli arti e che rappresenta, con esito mortale, una delle più diffuse forme di evoluzione dell’infezione da virus dell’AIDS.
SIEROPOSITIVO.
Persona portatrice del virus dell'AIDS (HIV), come tale
individuata attraverso test del sangue (generalmente
quello denominato ELISA) rivelante la presenza di specifici anticorpi, anche se privo di sintomi propri della
malattia in questione.
SINDROME.
Insieme dei sintomi che caratterizzano una determinata
malattia.
VIRUS.
A gente infettivo estremamente piccolo con diametro
tra i 10 e i 150 millimicron (milionesimi di millimetro. Può contenere sia acido ribonucleico (RNA),
sia acido desossiribonucleico(DNA) e si riproduce, non
già per divisione binaria come avviene per le cellule
e per i batteri, né per duplicazione o fissione, bensì
per sintesi di nuove particelle virali identiche, con
possibilità rara di mutazioni o variazioni. I virus sono
generalmente inattivati dal riscaldamento a 60 gradi
centigradi per 30 minuti e possono essere conservati
mediante congelamento a basse temperature.
79
ELENCO DELLE SOSTANZE IN FASE DI SPERIMENTAZIONE
PER COMBATTERE IL VIRUS DLL’A.I.D.S.
Denominazione
Sostanza
Laboratorio
e
ricercatore
A.Z.T.
DIDEOXICITIDINA
Azidotimina (1) (2)
Versione
potenziata
dell’ A.Z.T. (3)
Istituto Naz.le Malattie
Infattive-Bethesda(USA)
INRTERFERONE
Stimolante immunitario
Università
ALFA
e antivirale (4)
California (U.S.A.)
DDA (2)
Dideossiadenosina
INTERLEUKINA 2
Stimolante Immunitario
Università
(5)
California (U.S.A.)
Antivirale (3)
Istituto
RIBAVIRIN
Naz.
della
della
Malattie
Infettive-Bethesda (USA)
GP 160
Glicoproteina
Istituto
Immuitario
di
Vienna- Prof.Martha Eibl
GM –CSF
Fattore
stimolante
di
granulociti e monociti
DEXTRAN (3)
Anticoagulante
Istituto
antivirale
Inmfettive
Naz.
Bethesda(U.S.A)
(1) gia’ largamente in uso anche in Italia con effetti ritardanti sull’esito della
malattia.
(2) trattasi di sostanze tossiche in quanto riducono i globuli bianchi e
producono anemia.
(3) in fase di sperimentazione presso 36 Ospedali degli Stati Uniti.
(4) si e’ dimostrato efficace nei riguardi del sarcoma di Kaposi.
(5) viene somministrato insieme con l’A.Z.T..
Malattie
80
ALLEGATO ALLA CIRCOLARE :MINISTERIALE :23-12-1996 n-1865
SOMMARIO DI ALCUNE CARATTERISTICHE DEI FARMACI
ANTIRETROVIRALI DISPONfl3lLl
A) Inibitori della transcriptasi inversa
Zidovudina
Abbreviazione
Nome
commerciale
Posologia
abituale
Effetti collaterali
più frequenti
Didanosina
Zalcitabina
Lamivudina
Stavudina
AZT
Retrovir
ddl
Videx
ddC
Hivid
3TC
Epivir
d4T
Zerit
2x25Omg
3x20Omg
Anemia,
neutropenia
2x20Omg
3x0.75mg
2x I 5Omg
2x40mg
Diarrea,
pancreatite
Neuropatia,
lulcere orali
Cefalea,
lnausea
Neuropatie
I
B) Inibitori della proteasi
Indinavir
Ritonavir
Saquinavir
Nome commerícale
Posologia
Crixivan
3x80Omg
Norvir
2x60Omg
Effetti collaterali
più frequenti
Iperbilirubinemia
Nefrolitiasi
. Naucea, diarrea,
Disturbi
neuropatia circumorale gastrointestinali
e periferica
Invirase
3x60Omg,
81
Tav.n.1
CASI DI SIEROPOSITIVITA’ E DI A.I.D.S. NEL MONDO
Casi dal 1982 al 31-12-1997
Infezioni HIV
A.I.D.S.
Decessi
ADULTI:
di cui maschi
femmine
BAMBINI (*)
TOTALE
Nuovi Casi
nel 1997
Decessi Al 31-12-97
nel 1997 HIV+AIDS
38.500.000
26.480.000
12.920.000
11.000.000
6.400.000
4.600.000
9.000.000
5.000.000
4.000.000
5.210.000
3.110.000
2.100.000
1.840.000
980.000
860.000
29.500.000
17.400.000
12.100.000
3.800.000
3.200.000
2.700.000
590.000
460.000
1.100.000
42.300.000
14.200.000
11.700.000
5.800.000
2.300.000
30.600.000
(*) Fino a 3 anni di età
Fonte O.M.S.-UNAIDS
Tav.n.2
CASI DI A.I.D.S. DENUNCIATI NEI VARI CONTINENTI
Continente
fino al 1981
fino al 1984
fino al 1987
fino al 1990
fino al 30-6-94
Africa
America
Asia
Europa
Oceania
1.813
7.466
38
4.193
114
1.922
18.649
51
5.287
170
12.557
85.728
271
7.644
958
92.922
217.729
1.088
51.914
2.802
331.376
523.777
8.968
115.668
5.330
TOTALE
13.631
26.079
122.158
366.455
985.119
82
Tav.n.3
CASI DI SIEROPOSITIVITA’ NELLE VARIE AREE GEOGRAFICHE
Regioni
AMERICA
di cui America del Nord
America Centrale
America del Sud
EUROPA OCCIDENTALE
EUROPA ORIENTALE-ASIA
CENTRALE
NORD AFRICA-MEDIO ORIENTE
AFRICA SUBSAHARIANA
ASIA SUD-SUD ORIENTALE
ASIA ORIENTALE E PACIFICO
AUSTRALASIA
TOTALE MONDIALE
Fonte UNAIDS
Casi verificatisi
dal 1970
3.725.000
1.460.000
425.000
1.840.000
800.000
175.000
260.000
29.700.000
7.130.000
510.000
20.000
42.300.000
Casi esistenti al 31-12-97
di cui donne
Totale
521.000
2.360.000
860.000
172.000
310.000
102.000
1.300.000
247.000
530.000
106.000
150.000
37.500
210.000
20.800.000
6.000.000
440.000
12.000
30.600.000
42.000
10.400.000
1.500.000
48.400
600
12.655.500
83
Tav.n.4
CASI DI A.I.D.S. DENUNCIATI IN ALCUNI PAESI DEL MONDO
DALL’INIZIO DELL’INEZIONE DA HIV AL 31-12-1993
PAESE
STATI UNITI
FRANCIA
BRASILE
GERMANIA
ITALIA
GRAN
BRETAGNA
SPAGNA
OLANDA
SVIZZERA
BELGIO
DANIMARCA
UGANDA
ZAIRE
MESSICO
CANADA
Numero al Numero al
31-12-87
31-12-88
Numero al Numero al
31/12/89 31.12.90
64.847
3.915
3.599
2.093
1.672
1.409
95.403
5.655
6.872
2.779
3.008
1.982
125.898
8.833
10.360
4.306
5.307
2.830
132.436
9.718
1.503
490
497
349
242
3.597
2.423
1.814
1.974
2.165
694
864
424
358
7.219
5.544
3.184
2.864
4.633
1.074
1.159
596
518
12.444
11.732
4.234
3.702
5.295
1.243
1.255
651
589
4.749
6.069
3.173
Numero al Aumento %
31-12-93
dall'87 al '92
242.146
21.457
31.364
8.893
14.783
6.310
273%
448%
771%
325%
784%
348%
14.991
897%
1.691
1.224
1072
34.611
18.186
240%
251%
343%
862%
650%
6.889
249%
84
Tav.n.5
CASI DI A.I.D.S. DENUNCIATI NEI PAESI CON MAGGIORE INCIDENZA
PAESE
EUROPA
Austria
Belgio
Danimarca
Francia
Germania
Grecia
Inghilterra
Irlanda
Islanda
Italia
Iugoslavia
Lussemburgo
Norvegia
Paesi Bassi
Polonia
Portogallo
Romania
Russia
Spagna
Svezia
Svizzera
Ungheria
AMERICA:
Argentina
Brasile
Canada
Cile
Colombia
Costa Rica
Cuba
Haiti
Honduras
Mexico
Panama
Peru
Repub.Domenicana
El Salvador
Stati Uniti
Trinidad and Tobago
Uruguay
Venezuela
POPOLAZIONE
726.000.000
7.988.000
10.010.000
5.189.000
57.379.000
80.624.000
10.305.000
58.191.000
5.563.000
263.000
57.203.000
10.485.000
380.000
4.312.000
15.298.000
38.505.000
9.684.000
22.755.000
148.366.000
39.141.000
8.712.000
6.938.000
10.294.000
752.000.000
33.778.000
151.534.000
28.755.000
13.813.000
33.951.000
3.199.000
10.905.000
6.903.000
5.595.000
91.261.000
2.563.000
22.454.000
7.608.000
5.517.000
258.233.000
1.260.000
2.149.000
20.712.000
N° DEI CASI Ogni
N° DEI
OGNI
Aumento
AL 31.12.92 100.000 ab. CASI
100.000 ab. percentuale
AL 30-6-1994
115.668
15,93
828
10,37
1.150
14,40
38,89
1224
12,23
1.603
16,01
30,96
1.072
20,66
1.411
27,19
31,62
21.457
37,40
30.003
52,29
39,83
8.893
11,03
11.179
13,87
25,71
916
8,89
6.310
10,84
9.025
15,51
43,03
392
7,05
22
8,37
-100,00
14.783
25,84
21.770
38,06
47,26
334
3,19
55
14,47
-100,00
375
8,70
1.072
7,01
3.055
19,97
184,98
201
0,52
1.007
10,40
1.811
18,70
79,84
2.736
12,02
136
0,09
14.991
38,30
24.202
61,83
61,44
743
8,53
1.001
11,49
34,72
2.691
38,79
3.662
52,78
36,08
149
1,45
523.777
69,65
1.820
5,39
3.904
11,56
114,51
31.364
20,70
49.312
32,54
57,22
6.889
23,96
9.511
33,08
38,06
831
6,02
2.957
8,71
4.583
13,50
54,99
587
18,35
245
2,25
3.086
44,71
4.967
71,95
60,95
1.976
35,32
3.473
62,07
75,76
18.353
20,11
644
25,13
1.068
4,76
1.809
23,78
2.353
30,93
30,07
630
11,42
242.146
93,77
411.907
159,51
70,11
1.545
122,62
469
21,82
2.173
10,49
3.511
16,95
61,57
85
Tav.5 (segue)
PAESE
AFRICA:
Algeria
Angola
Benin
Botswana
Burkina Faso
Burundi
Camerun
Capo Verde
Rep.Centro-Africana.
Chad
Congo
Costa d'Avorio
Eritrea
Etiopia
Ghana
Gabon
Gambia
Guinea
Gibuti
Guinea-Bissau
Kenia
Lesotho
Liberia
Malawi
Mali
Morocco
Mozambico
Namibia
Niger
Nigeria
Nigeria
Ruanda
Senegal
Sud Africa
Sudan
Swaziland
Tanzania
Togo
Tunisia
Uganda
Zai re
Zambia
Zimbabwe
POPOLAZIONE
689.000.000
26.722.000
10.276.000
5.215.000
1.443.000
9.682.000
5.958.000
12.522.000
370.000
3.156.000
6.198.000
2.443.000
13.316.000
3.345.000
51.859.000
16.448.000
1.248.000
1.042.000
6.306.000
557.000
6.306.000
28.113.000
1.943.000
2.640.000
9.135.000
10.135.000
26.069.000
15.583.000
1.461.000
8.361.000
106.264.000
105.264.000
7.554.000
7.902.000
39.659.000
28.129.000
809.000
28.019.000
3.885.000
8.570.000
19.940.000
41.231.000
8.936.000
10.739.000
N° DEI CASI Ogni
N° DEI CASI OGNI
Aumento
AL 31.12.92 100.000 ab. AL 30-6-1994 100.000 ab. percentuale
331.376
48,10
138
0,52
703
6,84
742
14,23
1.415
98,06
4.193
43,31
6.052
101,58
7.225
121,27
19,38
3.072
24,53
143
38,65
3.730
118,19
1.523
24,57
3.482
142,53
6.393
261,69
83,60
10.792
81,05
18.670
140,21
73,00
372
11,12
12.958
24,99
3.612
21,96
11.629
70,70
221,95
472
37,82
277
26,58
976
15,48
490
87,97
380
6,03
21.185
75,36
30.126
107,16
42,20
479
24,65
191
7,23
22.571
247,08
31.857
348,74
41,14
1.111
10,96
1.874
18,49
68,68
196
0,75
826
5,30
5.101
349,14
921
11,02
1.148
1,08
1.148
1,09
8.483
112,30
10.706
141,73
26,21
911
11,53
1.316
3,32
3.210
8,09
143,92
904
3,21
413
51,05
34.605
123,51
38.719
138,19
11,89
3.472
89,37
136
1,59
34.611
173,58
43.875
220,04
26,77
18.186
44,11
22.747
55,17
25,08
6.566
73,48
29.734
332,74
352,85
12.514
116,53
27.905
259,85
122,99
86
Tav.5 (segue)
PAESE
A S I A:
India
Israele
Giappone
Malaysia
Myanmar
Filipppine
Tailandia
Turchia
Vietnam
OCEANIA
Australia
Nuova Zelanda
POPOLAZIONE
3.350.000.000
901.459.000
5.256.000
123.653.000
19.239.000
44.596.000
65.649.000
58.584.000
60.227.000
71.324.000
27.000.000
17.661.000
3.451.000
N° DEI CASI
AL 31.12.92
242
508
3.615
348
Ogni
N° DEI
OGNI
Aumento
100.000 ab. CASI
100.000 ab. percentuale
AL 30-6-1994
8.968
0,27
0,03
713
0,08
194,63
279
5,31
0,41
713
0,58
40,35
107
0,56
261
0,59
136
0,21
5.654
9,65
130
0,22
107
0,15
5.330
19,74
20,47
4.727
26,77
30,76
10,08
431
12,49
23,85
87
Tav.n.6
CASI DI A.I.D.S. DENUNCIATI IN EUROPA SINO AL 30-9-95
PAESI
ALBANIA
ARMENIA
AUSTRIA
ADJERBAJAN
BELGIO
BIELORUSSIA
BULGARIA
CROAZIA
REP.CECA
DANIMARCA
GERMANIA
ESTONIA
FINLANDIA
FRANCIA
GEORGIA
GRECIA
UNGHERIA
ISLANDA
IRLANDA
ISRAELE
ITALIA
KAZAKISTAN
KIRKISTAN
LITUANIA
LUSSEMBURGO
LETTONIA
MALTA
MOLDAVIA
MONACO
OLANDA
NORVEGIA
POLONIA
PORTOGALLO
ROMANIA
RUSSIA
SAN MARINO
SPAGNA
SLOVACCHIA
SLOVENIA
SVEZIA
SVIZZERA
1979-1992
0
2
950
0
1.384
8
18
50
32
1.158
9.744
2
122
25.288
2
742
115
26
349
240
17.127
0
0
4
57
4
26
4
23
2.584
311
131
1.454
2.307
130
1
20.506
6
24
799
3.496
1993
0
0
224
0
244
2
6
10
15
239
1.737
1
25
5.347
0
195
33
6
69
49
4.741
2
0
1
20
3
3
0
7
459
63
68
493
430
13
0
5.123
1
7
179
588
Tasso ogni
100.00 abit.
0,0
0,0
3,0
0,0
2,4
0,0
0,1
0,2
0,2
4,7
2,9
0,1
0,5
9,4
0,0
1,9
0,2
3,3
1,8
1,0
8,2
0,0
0,0
0,0
5,4
0,1
0,8
0,0
25,9
3,1
1,5
0,2
4,8
1,8
0,0
0,0
12,9
0,0
0,4
2,1
9,0
1994
3
0
155
1
229
2
10
17
12
233
1.547
1
44
5.284
0
184
23
3
59
28
5.348
3
0
0
13
2
5
0
4
450
71
94
530
471
27
0
6.388
3
6
182
523
Tasso ogni
100.000 abit.
0,1
0,0
2,1
0,0
2,3
0,0
0,1
0,4
0,1
4,5
2,6
0,1
0,9
9,3
0,0
1,8
0,2
1,1
1,5
0,6
9,3
0,0
0,0
0,0
3,5
0,1
1,4
0,0
14,8
3,0
1,7
0,2
5,1
2,0
0,0
0,0
16,0
0,1
0,3
2,2
8,0
1995
2
0
113
1
73
2
1
12
10
151
637
2
25
2.453
0
115
24
2
14
23
3.231
0
0
1
10
0
1
2
3
241
37
53
249
393
21
0
2.901
2
10
116
188
TOTALE
5
*2
1.442
2
1.930
14
35
89
69
1.781
13.665
6
216
38.372
**2
1.236
195
37
491
340
30.447
5
**0
6
100
9
35
6
37
3.734
482
346
2.726
3.601
191
1
34.618
12
47
1.276
4.795
88
Tav.n.6 (segu e)
1979-1992
TAJIKISTAN
TURKMENISTAN
TURCHIA
UCRAINA
REGNO UNITO
USBEKISTAN
IUGOSLAVIA
TOTALE
1993
0
0
1
0
98
33
12
10
7.629 1.621
1
1
280
70
6.947 22.138
TassoPAESI
ogni
1994
Tasso ogni
1995 TOTALE
100.00 abit.
100.000 abit.
0
0,0
0
0,0
0
**1
0,0
0
0,0
0
172
0,1
33
0,1
8
48
0,0
10
0,0
16
11.494
2,8 1.526
2,7
718
2
0,0
0
0,0
0
509
0,3
82
0,3
77
23.606
11.938 154.679
*Totale al 30-9-93; ** Totale al 30-4-993
Tav.n.7
MEZZI DI TRASMISSIONE DELL’A.I.D.S. NOTIFICATI NEL
COMPLESSO NEI PAESI DELLA C.E.E.,NONCHE’ IN FINLANDIA,
NORVEGIA, SVEZIA E SVIZZERA ALLA DATA DEL 31-12-89
Gruppi
Omo-bisessuali (OM-B1)
Tossicodìpendentì (TD)
TD = OM-BI
Emofiiìaci
Trasfusi
Contatti eterosessuali
Non determinati
Pediatrici
TOTALE GEN.LE
Uomini
14.411
7.068
632
872
554
1.475
1.221
376
26.609
Donne
3
2.115
10
465
964
212
282
4.059
TOTALE
14,414
9,183
632
882
1,019
2,439
1,433
658
30,66
% sul totale
48,00%
30,60%
2,10%
2,90%
3,40%
8,10%
4,70%
2,10%
100%
89
Tav.n.8
MORTI E NUOVI CASI DI A.I.D.S. NEGLI STATI UNITI DALL’INIZIO DELL’INFEZIONE DA
HIV AL 1994
DECESSI
NUOVI CASI
Tutte le razze
UOMINI
uomini oltre 13 anni
Bianchi non ispanici
Neri non ispanici
Ispanici
Indiani americani
Asiatici e del Pacifico
13-19 anni
20-29 anni
30-39 anni
40-49 anni
50-59 anni
60 anni e oltre
DONNE
donne oltre 13 anni
Bianche non ispaniche
Nere non ispaniche
Ispaniche
Indiane americane
Asiatiche e del Pacifico
13-19 anni
20-29 anni
30-39 anni
40-49 anni
50-59 anni
60 anni e oltre
Tutti gli 1985 1988 1989 1990 1991 1992
anni
284.249 6.961 21.019 30.716 31.339 36.246 40.072
1993
1994
1995
1996
43.889 47.636 45.765 25.695
410.532 8.160 30.716 33.643 41.761 43.771 45.961 102.412 67.388 71.293 69.151
352.092
192.158
106.167
49.786
841
2.528
1.184
61.926
162.922
89.238
27.047
9.775
52.778
13.448
30.092
8.728
152
279
586
12.462
24.657
10.194
2.941
1.938
7.539 27.106 29.666 36.475 37.722 39.223
4.781 16.041 17.543 21.000 20.675 20.899
1.713 7.188 8.055 10.300 11.149 12.209
986 3.637 3.737 4.773 5.467 5.625
6
38
61
78
84
102
49
162
216
262
259
285
31
84
92
106
98
94
1.471
93 5.694 6.813 6.457 6.387
3.619 12.699 13.940 16.885 17.481 18.014
1.656 6.127 6.846 8.977 9.657 10.392
602 1.993 2.247 2.664 2.909 3.097
160
840
847 1.030 1.120 1.239
520
141
280
96
2
1
4
174
233
45
27
37
3.040
860
1.655
492
2
22
22
768
1.512
412
151
175
3.380
944
1.903
499
9
16
29
889
1.625
506
171
160
4.560
1.225
2.561
736
9
19
63
1.105
2.109
787
276
220
5.373
1.352
3.110
863
11
25
55
1.219
2.542
998
338
231
5.900
1.479
3.409
1.023
17
39
55
1.381
2.747
1.244
338
215
85.375
43.479
28.376
12.655
306
657
365
14.677
39.036
22.842
6.451
2.104
53.069
29.630
22.515
10.129
200
522
230
9.703
29.045
17
5.069
1.708
57.439
26.377
21.093
9.203
196
483
234
8.445
25.987
16.417
4.770
1.588
54.853
22.341
20.199
10.337
168
480
217
NP
NP
NP
NP
NP
15.969 13.344 13.109 13.820
4.058 3.105 3.075 2.888
9.109 7.865 7.671 8.147
2.627 2.279 2.236 2.629
58
40
39
41
99
49
74
81
196
176
154
186
3.728 2.948 2.681
NP
7.539 6.010 6.013
NP
3.218 3.090 3.107
NP
854
775
815
NP
432
345
339
NP
90
Tav.n.9
NUOVI CASI PEDIATRICI NEGLI STATI UNITI DALL’INIZIO DELLA INFEZIONE DA HIV
Tutti gli 1985 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995
Anni
BAMBINI
Tutti sotto i 13 anni
7.629
128
570
597
725
867
748
868
875
745
Bianchi non ispanici
1.369
26
148
114
160
143
129
150
142
115
Neri non ispanici
4.409
86
307
339
387
406
483
533
636
482
Ispanici
1.770
19
111
137
169
112
129
175
152
134
Indiani americani
25
2
5
2
3
3
2
2
Asiatici e del Pacifico
41
4
3
4
4
1
4
11
5
Sotto 1 anno
NP
56
192
241
318
267
328
348
352
269
Da 1 a 12 anni
NP
75
378
356
409
400
420
520
523
476
1996
678
98
429
145
3
1
NP
NP
Tav.n.10
DECESSI PER A.I.D.S. VERIFICATISI NEGLI STATI UNITI IN NUMERO ASSOLUTO,
DISTINTI PER ETA’ E RELATIVO TASSO OGNI 100.000
1987
Totale
Maschi
Femmine
1988
1990
Numero Tasso
Numero
Tasso
Numero Tasso
Numero
Tasso
13.130
5,4
16.210
6,6
21.360
8,6
24.120
9,6
1.880
1.250
10.00
1
Bianchi
Neri
Sotto i 15 anni15-24 anni
25-34 anni
35-45 anni
44-54 anni
Oltre
Eta' indeterm.
1989
210
570
5.040
4.560
1.900
850
10 --
0,4
12,5
1,6
13,3
8,2
1,2
4.300
1.910
1,9
1,5
19.060
2.300
5,8
1,8
1.540
2.980
17,3
2,3
10.720
5.300
5,3
17,5
14.730
6.470
7
1,1
16.580
7.320
7,9
23,5
360
680
5.700
6.090
2.260
1.090
10 --
0,7
1,8
13,1
17,3
9,4
3,1
250
500
7.400
8.620
2.990
1.570
20 --
0,5
1,4
16,9
23,6
12
3
390
580
8.460
9.130
3.240
1.690
20 --
0,7
1,6
19,3
25,7
12,7
3,2
91
Tav..n.11
NUOVI CASI DI AIDS NEGLI STATI UNITI DISTINTI PER MODI DI TRASMISSIONE
Categorie
Maschi sopra i 12 anni
di cui: omosessuali
tossicodipendenti(TD)
omosessuali-TD
emofilici
eterosessuali
eterosessuali-TD
trasfusi
indeterminati
Femmine sopra i 12 anni
tossicodipendenti(TD)
emofiliche
eterosessuali
eterosessuali-TD
trasfuse
indeterminate
1985
numero
7.517
5.370
1.101
650
68
31
25
104
193
522
285
3
119
82
63
52
1990
%
numero
100 36.350
71,4% 23.860
14,6%
6.958
8,6%
2.761
0,9%
231
0,4%
717
0,3%
458
1,4%
453
2,6%
1.250
1993
1994
1995
1996
%
numero numero numero numero
100 85.576 63.069 57.439 54.653
65,6% 49.716 35.283 30.721 27.316
19,1% 20.113 15.127 13.203 12.333
7,6%
7.001
4.242
3.503
2.967
0,6%
1.050
478
420
301
2,0%
3.016
2.767
2.710
3.299
1,3%
1.188
915
999
879
1,2%
613
385
354
281
3,4%
4.066
4.787
6.528
8.156
%
100
50,0%
22,6%
5,4%
0,6%
6,0%
1,6%
0,5%
14,9%
100
54,6%
0,6%
22,8%
15,7%
12,1%
10,0%
100
51,2%
0,3%
33,9%
22,8%
7,4%
11,6%
100
34,0%
0,1%
40,0%
13,8%
2,0%
24,0%
4.537
2.323
13
1.538
1.035
338
527
15.969
7.974
30
6.048
2.770
499
1.418
13.344
5.813
27
5.347
1.007
323
1.834
13.109
5.157
24
5.210
1.843
282
2.436
13.820
4.694
17
5.522
1.911
270
3.317
Tav.n12
DISITRIBUZIONE ANNUALE DEI CASI E DECESSI , TASSO DI LETALITA’
CASI CORRETTI PER RITARDO DI NOTIFICA E CASI PREVALENTI IN ITALIA
Anni di diagnosi
Casi
Deceduti Tasso di
Casi
Casi
segnalati
letalità
corretti
Prevalenti
1982
1983
1984
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
Totale
1
8
38
198
456
1028
1772
2472
3132
3813
4245
4783
5466
5398
4.151
37.170
0
7
38
185
420
938
1554
2145
2652
3236
3357
3270
3136
1834
884
25.274
0,00
87,50
100,00
93,40
92,10
91,20
87,70
86,80
84,70
84,90
79,10
68,40
57,40
34,00
21,30
68,00
1
8
38
198
456
1028
1772
2472
3132
3817
4276
4869
5658
5858
5.385
38.886 -----
1
7
29
138
326
792
1717
2861
4187
5536
6570
8017
9639
11126
11.896
*il numero dei deceduti indica quanti dei pazienti diagnosticati in un anno risultano morti al 31 dicembre di
ogni anno.
92
Tav.n.13
DISTRIBUZIONE DEI CASI DI A.I.D.S. PER ANNO DI DIAGNOSI E PER REGIONE DI
PROVENIENZA IN ITALIA.
Regioni
82-89
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996 Totale
2.001
967
Lombardia
775
405
Lazio
580
287
Emilia R.
411
198
Piemonte
361
211
Toscana
351
199
Veneto
345
173
Liguria
244
161
Sicilia
163
108
Puglia
186
95
Campania
193
114
Sardegna
93
42
Marche
49
37
Calabria
45
27
Friuli V. G.
36
24
Abruzzo
36
11
Umbria
30
14
Trento
15
7
Bolzano
10
9
Basilicata
1
7
ValieD'Aosta
1
3
Molise
8
17
Ignota
44
19
Estero
5.978 3.135
TOTALE
Fonte Ministero della Sanita’
1.223
461
377
293
218
232
211
160
143
109
111
61
36
26
25
27
21
18
10
9
3
24
22
3.820
1.244
542
426
289
252
268
236
182
169
174
144
65
40
34
24
38
31
24
9
5
2
42
16
4.256
1.504
626
434
308
278
299
231
222
190
150
172
67
43
40
37
30
38
16
19
6
4
67
29
4.810
1.732
645
567
372
336
328
278
238
171
197
172
80
53
36
40
39
32
18
12
5
4
112
32
5.499
1.646
727
525
357
363
304
264
215
216
207
182
90
57
37
47
47
37
25
18
7
5
111
34
5.521
1.229
532
385
312
251
235
163
131
205
164
121
74
51
43
39
41
23
22
15
9
3
89
14
4.151
11.546
4.713
3.581
2.540
2.270
2.216
1.901
1.553
1.365
1.282
1.209
572
366
288
272
269
226
145
102
49
25
470
210
37.170
% del
totale
31,06
12,68
9,63
6,83
6,11
5,96
5,11
4,18
3,67
3,45
3,25
1,54
0,98
0,77
0,73
0,72
0,61
0,39
0,27
0,13
0,07
1,26
0,56
100,00
93
Tav.n.14
DISTRIBUZIONE DEI CASI DI A.I.D.S. PER FASCE DI ETA’ E PER SESSO IN ITALIA
AL 31-12-96 E TASSI DI ETA’ SPECIFICI OGNI 100.000 PERSONE
Classi dì
età
N°
Maschi
%
Tassi età
specifici
N.
Femmine
%
Tassi età
specifici
Totale
%
N.
Tassi età
specifici
231
0,62%
41,10
0
108 0,37%
37,40 123
1,54%
44,70
219
0,59%
9,70
1-4
101 0,35%
8,70 118
1,47%
10,30
111
0,30%
3,60
5-9
62 0,21%
4,00
49
0,61%
3,00
30
0,08%
1,50
10-12
19 0,07%
2,1
11
0,14%
23
0,06%
13-14
20 0,07%
3
0,04%
0.7*
103
0,28%
*2,3
15-19
76 0,26%
*3,4
27
0,34%
1,20
2.034
5,47%
43,70
20-24
1.318 4,52%
55,60 716
8,95%
303
9.380 25,24%
202,90
25-29
6.846 23,47%
292,00 2.534 31,67%
119,10
295,70
30-34
9.599 32,91%
466,30 2.482 31,02%
118,80 12.081 32,50%
6.386 17,18%
167,80
35-39
5.314 18,22%
279,60 1.072 13,40%
47,20
4.286 11,53%
57,40
40-49
3.717 12,74%
100,30 569
7,11%
13,20
1.589
4,27%
22,30
50-59
1.412 4,84%
40,90 177
2,21%
4,30
686
1,85%
5,80
60 e oltre
575 1,97%
11,30 121
1,51%
1,60
1
0,00%
Indeter.
1 0,00%
0
0,00%
37170
100,00 -----Totale
29168 100,00 --------8002
100,00 -----Il tasso si riferisce alle fasce di età 10-12 e 12-14 (Fonte Ministero della Sanità)
Tav.n.15
CASI DI A.I.D.S. IN ITALIA DISTINTI PER ANNO DI DIAGNOSI E PER
CATEGORIA DI ESPOSIZIONE
Categoria di
Esposizione
82-90
1991
1992
1993
1994
1.430
547
Omosessuali
16,1% 14,6%
%
6.007 2.480
Tossicodipendenti
67,8% 66,1%
%
251
85
*TD-OMO
2,8%
2,3%
%
123
32
Emofilici
1,4%
0,9%
%
126
38
Trasfusi
1,4%
1,0%
%
707
401
Contatti etero
8,0% 10,7%
%
219
167
Altro non det.
2,5%
4,5%
%
8.863 3.750
Totale.
*Tossicodipendenti omosessuali
547
13,1%
2.764
66,0%
76
1,8%
39
0,9%
50
1,2%
501
12,0%
213
5,1%
4.190
648
13,5%
3.020
63,1%
92
1,9%
29
0,6%
46
1,0%
658
13,8%
262
5,5%
4.785
784
14,4%
3.359
61,7%
111
2,0%
26
0,5%
41
0,8%
773
14,2%
351
6,4%
5.445
1995 1996
712
13,1%
3.252
59,7%
90
1,7%
24
0,4%
55
1,0%
913
16,7%
405
7,4%
5.451
554
13,5%
2.373
57,7%
50
1,2%
17
0,4%
41
1,0%
655
15,9%
426
10,3%
4.116
Totale
5.222
14,3%
23.260
63,6%
757
2,1%
289
0,8%
398
1,1%
4.608
12,6%
2.044
5,6%
36.578
Maschi Femmine
5.222
18,1%
18.562
64,3%
757
2,6%
289
1,0%
230
0,8%
2.358
8,2%
1.459
5,1%
28.877
0
0,0%
4.698
61,0%
0
0,0%
0
0,0%
168
2,2%
2.250
29,2%
585
7,6%
7.701
94
Tav.n.16
DISTRIBUZIONE DEI CASI ADULTI DI A.I..D.S. CONTRATTA PER VIA ETEROSESSUALE
PER TIPO DI RISCHIO E SESSO IN ITALIA AL 31-12-1996
Tipo di rischio eterosessuale
Numero
Originario di zona endemica
MASCHI
%
Nunero
279 11,83%
128
FEMMINE
%
5,69%
N.
TOTALE
%
407
8,83%
27
0,59%
0 0,00%
27
1,20%
994
21,57%
368 15,61%
606
26,93%
836
18,14%
131 5,56%
705
31,33%
22
0,48%
8 0,34%
14
0,62%
237
5,14%
216 9,16%
19
0,84%
922
20,01%
297 12,60%
625
27,78%
1.163
25,24%
1.037 43,98%
506
22,49%
2.358
100 2.250
100
4.608
100
 Pazienti che hanno probabilmente contratto l’infezione per via eterosessuale (inclusi i partner di proStitute e le prostitue) - Fonte Ministero della Sanità
Partner bisessuale
Partner tossicodipendente (TD)
Partner TD HIV+
Partner emofilico/trasfuso
Partner zona endemica
Partner HIV positivo
Partner promiscuo*
TOTALE
Tav.n.17
FREQUENZA RELATIVA DELLE PATOLOGIE INDICATIVE DI A.I.D.S. IN ADULTI PER
ANNO DI DIAGNOSI IN ITALIA.
Patologie
82-91
n=15206
1992
n=4825
#1993
n=5434
(n=5245)
#l 994
n=6218
(n=5822)
#l 995
n=6139
(n=5628)
#1996
n=4623
(n=4242
Candidosi (poimonare e esofagea)
26,40
23,90 22,9(23,8) 21,4(22,8) 20,5(22,4) 20,8(22,6)
Polmonite da Pneum.s carinii
232
23,90 21,7(22,5) 19,6(20,9) 18,6(20,3) 18,1(19,7)
Toxopiasmosi cerebrale
7,50
10,20 10,0(10,4)
8,9(9,5)
7.9(8,6) 8.4 (9,1)
Micobatt. da avium o kansasiì0.9
1,40
2:24
2,1(2,1)
2,1(2,3)
2,5(2,7)
2,2(2,4)
Micobatteriosí3.2
3,30
4:48
3,2(3,3)
3,0(3,2)
2,6(2,8)
2,5(2,8)
Micobatteriosi da altre specie *
0,90
1,40
1,7(1,7)
2,0(2,1)
2,1(2,3)
2,1(2,3)
Altre infezioni opportunistiche **
13,60
15,20 15,9(16,5) 16,2(17,3) 16,1(17,6) 16,1(17,6)
Sarcoma di Kaposi (KS)
5,6
4,3
4,6(4,7)
4,6(4,9)
4,4(4,8)
4,5(4,9)
Linfomi
3,10
2,80
2,5(2,6)
2,9(3,1)
2,9(3,2)
3,1(3,4)
Encefalopatia da HIV
7,20
6,90
5,9(6,1)
6,7(7,1)
7,4(8,0)
7,2(7,9)
'Wasting Syndrome" da HIV
8,50
6,70
6,0(6,3)
6,2(6,7)
6,6(7,2)
6,7(7,3)
Definizione di caso dal 1993
Carcinoma inv. cervice uterina
0,30
0,40
0,30
0,40
Polmonite ricorrente
0,80
2,40
3,40
3,90
Tubercolosi poimonare
2,40
3,60
4,50
4,00
I valori in parentesi indicano il numero assoluto (e relative frequenze) secondo la vecchia definizione di caso
1987.
*Disseminata o extrapoimonare
**lnciude: Criptococcosi, Criptosporidiosi, Infezione da Cytomegaiovirus, Infezione da Herpes simplex,
lsosporidiosi,
Leucoencefaiopatia Multifocale; Salmoneliosi, Coccidioidomí
95
Tav.n.18
CASI DI A.I.D.S. PER REGIONE SECONDO IL TIPO DI TRASMISSIONE AL 31-12-1993
REGION I
PIEMONTE
VAL D'AOSTA
LOMBARDIA
TRENTINO AA
VENETO
FRIULI VEN.G.
LIGURIA
EMILIA-ROM.
TOSCANA
MARCHE
UMBRIA
LAZIO
ABRUZZO
MOLISE
CAMPANIA
PUGLIA
BASILICATA
CALABRIA
SICILIA
SARDEGNA
Estero e altri
TOTALE
Omosessualità
Tossico
dipendenza
Tossic.Dip.
e Omoses.
sualità
Emo- Trasfu- Contatto
filia sioni
eterosessuale
Pedia- Non
Totale
trico
DeterMinato
246
4
760
31
192
38
77
240
280
44
27
432
15
1
74
40
4
8
79
10
72
810
15
3.770
114
747
67
800
1.265
644
188
67
1484
70
6
391
487
36
102
552
515
88
28
1
108
3
18
1
17
41
54
6
3
39
2
0
40
23
0
9
32
8
7
12
0
25
10
6
2
5
14
22
1
2
31
4
0
27
12
1
15
11
5
1
22
1
25
3
11
2
12
17
14
14
2
24
3
0
23
22
4
9
22
8
4
101
1
362
15
94
18
78
147
67
27
11
245
15
2
60
44
5
18
63
50
34
20
0
98
5
18
1
15
34
19
3
1
70
5
0
12
15
0
4
10
15
4
104
4
330
14
69
16
58
113
82
27
11
193
10
2
44
28
2
14
72
29
22
1,344
26
5,478
195
1,155
146
1,062
1871
1,182
310
124
2,518
124
11
671
671
52
179
841
640
232
2.674
12.218
441
206
243
1.457
349
1.244
18,832
96
Tav.n.19
DISTRIBUZIONE DEI CASI PEDIATRICI IN ITALIA PER REGIONE DI
RESIDENZA
E ANNO DI DIAGNOSI
Regione
Lombardia
Lazio
Emilia Romagna
Toscana
Piemonte
Liguria
Campania
Veneto
Puglia
Sicilia
Sardegna
Calabria
Abruzzo
Trentino Alto Adiqe
Umbria
Marche
Friuli Venezia Giulia
Molise
Valle D'Aosta
Basilicata
Molise
Ignota
Estero
Totale
82-89
60
39
17
7
5
9
7
7
5
7
8
4
2
0
0
4
0
0
0
0
0
1
0
182
1990
12
8
5
4
5
5
0
3
4
1
5
3
0
3
1
0
0
0
0
0
0
1
0
60
1991
19
8
6
7
4
2
3
5
6
3
2
0
2
0
0
0
1
0
0
0
0
1
1
70
1992
17
11
10
4
5
1
4
3
1
3
0
0
1
3
1
0
0
0
0
0
0
2
0
66
1993
11
10
9
2
4
4
5
0
3
3
1
1
2
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
55
1994 1995
17
17
5
10
4
3
7
5
4
3
3
4
1
7
7
3
0
2
4
4
1
3
0
1
1
1
0
2
0
2
0
0
0
0
o
0
0
0
0
0
0
0
0
2
0
1
54
70
1996 Totale
9
162
6
97
3
57
0
36
2
32
1
29
1
28
2
30
1
22
0
25
0
20
1
10
1
10
0
8
1
5
1
5
0
1
0
0
0
0
1
1
0
0
4
11
1
3
34
592
Dei 503 (94%) casi pediatrici che hanno contratto dalla madre, 292 (pari al 54,8%) sono figli di madre
tossicodipendente, mentre 188 (35,3%) sono figli di madre che ha acquisito l’infezione sicuramente
per via sessuale.
97
Tav.n.20
DISTRIBUZIONE DEI CASI PEDIATRICI IN ITALIA PER ANNO DI DIAGNOSI E
TIPO DI ESPOSIZIONE
Categoria
Di esposizione
Emofilici
%
Trasfusi
%
Trasmissione vert.
%
Altri non determin..
%
Totale
%
82-89
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996 Totale
Maschi
9
4
1
1
0
0
0
0
15
4,9
6,7
1,4
1,5
0,0
0,0
0,0
0,0
2,6
12
Donne
15
100,0
4
0
0,0
8
5
1
1
0
1
3
0
1
2,7
1,7
1,4
0,0
1,8
5,8
0,0
2,9
2,0
33
67
166
55
68
62
53
50
69
17
554
265
289
91,2
91,7
97,1
93,9
96,4
92,6
98,6
0,0
93,6
47,8
52,2
2
0
O
3
1
1
1
3
11
7
4
1,1
0,0
0,0
4,5
1,8
1,9
1,5
8,6
1,9
63,6
36,4
182
60
70
66
55
54
70
35
592
291
301
31
10
12
11
9
9
12
6
100
49
51
Tav.n.21
DISITRIBUZIONE DEI CASI DI AIDS A TRASMISSIONE VERTICALE
IN ITALI A AL 31-12-96
Tipo di rischio
Madre HIV+ rischio non det.
Madre a rischio sessuale
Madre a rischio sessuale HIV+
Madre tossicodipendente
Madre tossicodipendente HIV+
Madre trasfusa HIV+
Totale
Maschi
N.
%
22
40
14
41,2
74
45,7
21
60
132
50
2
50
265
47,7
Femmine
N.
%
33
60
20
58,8
88
54,3
14
40
132
50
2
50
289
52,3
Totale
N.
%
55
34
162
35
264
4
9,9
6,1
29,2
6,3
47,6
0,7
554
100
98
Tav.n.22
CASI A TRASMISSIONE VERTICALE DI A.I.D.S. DISTINTI PER PATOLOGIE
82-91
1992
1993
1994
1995
Patologie
n=417
n=80
n=70
n=67
n=88
Candidosi (poimonare e esofagea)
10,8
17,5
10
11,9
7,9
Polmonite da Pneum.s carinii
17
11,2
22,9
14,9
17
Toxoplasmosi cerebrale
1,9
1,2
0
0
0
Infezione da Cytomegaiovirus
9,3
7,5
12,9
3
12,5
Micobatteriosi*
0,7
2,5
0
1,5
2,3
Infezioni batteriche ricorrenti
10,3
13,7
12,9
13,4
11,4
Polmonite interstiziale linfoide
21,6
15
11,4
6
7,9
Altre infezioni opportunistiche**
6,7
1,2
5,7
6
3,4
Tumori (KS e Linfomi)
2,2
1,2
0
3
3,4
Encefalopatia da HIV
12,9
16,2
15,7
22,4
21,6
'Wasting Syndrome" da HIV
6,5
12,5
8,6
17,9
12,5
*Disseminata o extrapoimonare
**include: Criptococcosi,Criptospondiosi, infezione da Herpes simplex, isospondiosi, Leucoencefalopatia
Multifocale, Salmonellosi.
Fonte Ministero della Sanità.
1996
n=41
14,6
12,2
2,4
12,2
2,4
4,9
12,2
4,9
4,9
21,9
7,3
Tav.n.23
CASI DI SIEROPOSITIVITA’ E DI AIDS ACCERTATI FRA DETENUTI NELLE CARCERI
D’ITALIA
ANNO
1985
1988
1991
1992
1993
1994
1995
Detenuti
presenti
42.738
31.077
35.485
47.588
50.212
51.231
47.759
TossicoDipendenti
4.301 (10,06%)
7.500 (24,13%)
11540 (32.52%)
14.818 (31,14%)
15.135 (30,14%)
14.742 (28,78%)
13.488 (28,24%)
Sieropositivi accertatati
Numero
4.727
6.679
3.030
3.377
3.170
2.383
1962
Casi di AIDS accertati
% casi fra
Numero
% casi fra
detenuti
tossicodipendenti
16,60%
2
0,00%
19,10%
36
0,54%
8,54%
84
2.77%
7,09%
60
1,78%
6,31%
86
2,71%
4,65%
30
1,26%
4,11%
62
3,16%