Innovazione, flessibilità e competenza

Notiziario di informazione legale e fiscale internazionale
ottobre 2016 – n. 51
In questo numero:
Svizzera: Protocollo di modifica
della Convenzione contro
le doppie imposizioni
tra Svizzera e Italia
Svizzera: Fiscalità dei frontalieri
Italia:Aggiornato l'elenco
dei paesi White list
Lussemburgo: Riforma
del diritto societario
Asia: Le conseguenze di Brexit
per gli investitori cinesi
ed il ruolo chiave della consulenza
Innovazione , flessibilità
e competenza
SVIZZERA: PROTOCOLLO
DI MODIFICA
DELLA CONVENZIONE
CONTRO LE DOPPIE
IMPOSIZIONI
TRA SVIZZERA E ITALIA
Dopo che le procedure di ratifica sono terminate in entrambi i Paesi, il 13 luglio 2016 è
entrato in vigore il Protocollo che modifica
l’art.27 della Convenzione (CDI) in materia di
doppia imposizione tra la Svizzera e l’Italia del
1976, sottoscritto in data 23 febbraio 2015, e
che accoglie le più recenti disposizioni vigenti
così come contenute all’art. 26 del Modello
dell’Organizzazione per la cooperazione e lo
sviluppo economico (OCSE) in tema di scambio reciproco di informazioni su domanda,ponendo le condizioni per una più ampia ed efficace cooperazione in materia fiscale tra i due
Stati atta a contrastare il fenomeno dell’evasione fiscale. Questa nuova disposizione sullo scambio di informazione su domanda, per
effetto della quale la Svizzera sarà eliminata
dalla Black list italiana dei paradisi fiscali per essere equiparata ai Paesi della White list italiana,viene applicata dal giorno dell’entrata in vigore del Protocollo (13 luglio 2016) per fatti
avvenuti a partire dal giorno della firma (23
febbraio 2015) con tuttavia alcuni limiti importanti. L’assistenza riguarderà solo singoli
contribuenti o anche gruppi di contribuenti
purché identificati attraverso chiari parametri oggettivi, mentre resteranno ancora vietate le fishing expeditions (la richiesta collettiva
di presunti evasori).
Per ulteriori informazioni rivolgersi a:
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SVIZZERA: FISCALITÀ
DEI FRONTALIERI
L’accordo riguardante la fiscalità dei frontalieri è stato trattato a parte e le negoziazioni era-
no sostanzialmente terminate lo scorso dicembre con la modifica dello statuto di questa
categoria di lavoratori. Oggi il Ticino (come
Grigioni e Vallese) preleva da questi lavoratori
le imposte alla fonte, ne conserva il 61,2% per
ristornare il rimanente 38,8% all’Italia.
Secondo i termini dell’intesa raggiunta invece
il Cantone preleverà un massimo pari al 70%
dell’imposta dovuta secondo i propri parametri mentre l’Italia dal canto suo applicherà
a questi lavoratori le imposte ordinarie secondo il proprio tariffario per poi riconoscere quale credito di imposta italiana quanto i
frontalieri hanno già pagato in Svizzera per
evitare una doppia imposizione. Questo nuovo metodo della limitazione della base impositiva non comporterà più pertanto il ristorno delle imposte alla fonte svizzere all’Italia
entro il 30 giugno poiché ogni Stato godrà
della propria sovranità fiscale.
Questo problema non è però ancora risolto
completamente poiché l’Italia si è riservata il
diritto di interrompere l’applicazione dell’ac-
cordo in materia di imposizione dei lavoratori frontalieri qualora la Svizzera introduca
delle misure contrarie all’Accordo sulla libera circolazione delle persone in applicazione
all’iniziativa contro l’immigrazione di massa.
Per evitare abusi, il testo dell’accordo definisce in modo preciso e rigoroso il lavoratore
indicato quale frontaliere: trattasi di persone
che vivono nei comuni di frontiera i cui territori ricadono, per intero o parzialmente, in
una fascia di 20 chilometri dal confine italosvizzero (l’accordo si fonda infatti sul principio
della reciprocità e sarà sottoposto a riesame
ogni cinque anni) e che, in via di principio, ritornano quotidianamente nel proprio Stato di
residenza.
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ITALIA: AGGIORNATO
L’ELENCO
DEI PAESI WHITE LIST
Con il decreto 9 agosto 2016 del Ministero
dell’Economia e delle finanze, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 195 del 22 agosto 2016,
è stata aggiornato l’elenco del Paesi cosiddetti White list, ovvero l’elenco degli Stati e territori collaborativi con i quali l’Italia attua un
adeguato scambio di informazioni.
A seguito del progressivo ampliarsi delle procedure di scambio di informazioni ai fini fiscali
che hanno caratterizzato questi ultimi anni,
l’originario elenco di cui all’articolo 1 del DM
4 settembre 1996 è stato modificando inserendo 50 nuovi Paesi considerati ora “collaborativi”, tra i quali la Svizzera, Hong Kong e
il Liechtenstein.
Gli effetti dell’inclusione di un determinato
Stato nella White list italiana riguardano principalmente i redditi di natura finanziaria in
quanto gli intermediari finanziari possono
esentare da ritenuta o da imposta sostitutiva
italiana alcuni specifici proventi finanziari ed
in particolare gli interessi delle obbligazioni
dei “grandi emittenti”, i redditi di capitale
menzionati dall’art. 26-bis comma 1 del DPR
600/73, i proventi degli OICR italiani ed i proventi dei fondi immobiliari italiani.
La norma in esame interessa sia i residenti nei
Paesi esteri inclusi nella lista, i quali possono
far valere l’esenzione sui redditi di fonte italiana, sia i residenti in Italia che possono evitare regimi specifici di penalizzazione nel momento in cui le attività da cui si generano
taluni redditi siano localizzate negli Stati “collaborativi” di cui alla White list.
L’inclusione consente inoltre di beneficiare
della medesima esenzione sul capital gain derivante dalle plusvalenze “non qualificate” e sui
redditi ad esse assimilati, sempre che il Paese
estero non abbia una Convenzione che assicura allo Stato di residenza il potere esclusivo
di tassazione delle plusvalenze.
Tra le disposizioni legislative italiane che menzionano la White list, possiamo inoltre richiamare quelle per la presunzione di residenza dei
trust, per la deducibilità delle perdite su crediti nel contesto delle procedure concorsuali,
per il consolidato fiscale e per il trasferimento
della sede all’estero o in Italia.
Altri benefici derivanti dall’inclusione del Paese estero nella White list riguardano il quadro
RW della dichiarazione dei redditi delle persone fisiche in quanto per le partecipazioni nei
Paesi inclusi va indicato solo il valore della partecipazione nella società mentre per le partecipazioni nei Paesi non inclusi nella lista vanno
indicate le attività finanziarie e gli investimenti detenuti dalla società medesima.
È inoltre da indicare nel quadro RW anche
l’ammontare massimo dei conti correnti e/o
dei libretti di risparmio se detenuti presso
banche localizzate in Paesi non collaborativi
ai sensi di tale lista.
Con riferimento alla presunzione di residenza in Italia delle persone cancellate dall’anagrafe della popolazione residente ed emigrate in Stati o territori menzionati nella Black
list di cui al DM 4 maggio 1999, va invece considerato che questa è costruita tenendo conto dei parametri concorrenti del livello di fiscalità dello Stato estero e della sussistenza
di strumenti per lo scambio di informazioni
tra quest’ultimo e l’Italia.Visto che alcuni Paesi inclusi nella Black list sono contenuti anche
nella nuova White list (e.g. Svizzera) è possibile ed auspicabile che il legislatore italiano
possa presto rivedere tale lista escludendo
quei Paesi che permettono lo scambio di dati con l’Italia, sempre che il loro livello di tassazione risulti congruo.
Da ultimo si sottolinea che il recente decreto ha introdotto una novità in tema di Paesi
collaborativi in quanto con il novello articolo
1bis è stata prevista la possibilità di eliminare
dall’elenco i Paesi con i quali, in ragione di reiterate violazioni dell’obbligo di cooperazione
amministrativa, non risulti più assicurata l’adeguatezza dello scambio di informazioni.
Per ulteriori informazioni rivolgersi a:
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Elenco dei 123 Paesi collaborativi
Albania
Alderney
Algeria
Anguilla
Arabia Saudita
Argentina
Armenia
Aruba
Australia
Austria
Azerbaijan
Bangladesh
Belgio
Belize
Bermuda
Bielorussia
Bosnia Erzegovina
Brasile
Bulgaria
Camerun
Canada
Cina
Cipro
Colombia
Congo
Corea del Sud
Costa d'Avorio
Costa Rica
Croazia
Curacao
Danimarca
Ecuador
Egitto
Emirati Arabi Uniti
Estonia
Etiopia
Federazione Russa
Filippine
Finlandia
Francia
Georgia
Germania
Ghana
Giappone
Gibilterra
Giordania
Grecia
Groenlandia
Guernsey
Herm
Hong Kong
India
Indonesia
Irlanda
Islanda
Isola di Man
Isole Cayman
Isole Cook
Isole Faroe
Isole Turks e Caicos
IsoleVergini
Britanniche
Israele
Jersey
Kazakistan
Kirghizistan
Kuwait
Lettonia
Libano
Liechtenstein
Lituania
Lussemburgo
Macedonia
Malaysia
Malta
Marocco
Mauritius
Messico
Moldova
Montenegro
Montserrat
Mozambico
Nigeria
Norvegia
Nuova Zelanda
Oman
Paesi Bassi
Pakistan
Polonia
Portogallo
Qatar
Regno Unito
Repubblica Ceca
Repubblica Slovacca
Romania
San Marino
Senegal
Serbia
Seychelles
Singapore
Sint Maarten
Siria
Slovenia
Spagna
Sri Lanka
Stati Uniti d'America
Sud Africa
Svezia
Svizzera
Tagikistan
Taiwan
Tanzania
Thailandia
Trinitad e Tobago
Tunisia
Turchia
Turkmenistan
Ucraina
Uganda
Ungheria
Uzbekistan
Venezuela
Vietnam
Zambia
ottobre 2016 – n. 51
LUSSEMBURGO:
RIFORMA DEL DIRITTO
SOCIETARIO
Il 13 luglio 2016 la Camera lussemburghese
dei deputati ha approvato la Legge n. 5730
avente lo scopo di modernizzare la Legge sulle società del 1915 e di modificare alcuni articoli del codice civile e della Legge del 19 dicembre 2002 sul Registro di Commercio e
sulla contabilità e bilancio delle società.
Tale Legge è stata pubblicata sulla Gazzetta
Ufficiale lussemburghese (Mémorial A) il 19
agosto ed è entrata in vigore a partire dal 23
agosto 2016. Le società esistenti prima di
questa data avranno 24 mesi di tempo per
modificare i propri Statuti o altri documenti
costitutivi al fine di recepire i cambiamenti ed
ottemperare alle nuove disposizioni introdotte dalla Legge n. 5730. Sino a quando tali
società non avranno aggiornato i propri Statuti la vecchia Legge del 1915 rimarrà valida
per tutte quelle clausole che dovessero essere in contraddizione con la nuova normativa,
mentre le nuove disposizioni appena introdotte saranno già applicabili a quegli aspetti
non espressamente regolati negli Statuti. Per
quanto riguarda le società costituite successivamente alla data del 23 agosto 2016 dovranno invece rispettare sin da subito la nuova Legge.
Con l’introduzione di questa nuova legge il
Lussemburgo ha cercato di rendere maggiormente flessibile il proprio diritto societario,
introducendo diverse novità. Di seguito si
evidenziano le più rilevanti:
Société par actions simplifiée (SAS) È stata introdotta una nuova forma societaria, la
Società semplice per azioni, che pur essendo
governata dalle stesse regole della Société
Anonyme (SA) consentirà un’importante libertà contrattuale tra gli azionisti. La SAS può
essere costituita da uno o più azionisti che rispondono delle passività della SAS nei limiti
dei loro conferimenti. Il capitale sociale minimo deve essere pari ad EUR 30’000 e le azioni non possono essere quotate in Borsa. La
caratteristica distintiva è la piena flessibilità
nel redigere gli Statuti e nei diritti ed obblighi
attribuiti alle azioni: i soci infatti possono decidere in merito agli aumenti di capitale sociale della SAS, in materia di fusione, scissione o liquidazione, di distribuzione degli utili,
di approvazione del bilancio annuo e di cambio della forma giuridica senza dover rispettare alcun quorum.
Société anonyme (SA) Le pricipali novità
per le Società anonime sono: la riduzione del
capitale sociale minimo a EUR 30’000; la pos-
sibilità di emettere azioni con valori nominali differenti, con valori inferiori al valore nominale di azioni già esistenti, azioni gratuite,
azioni senza diritto di voto rappresentanti più
della metà del capitale sociale, di emettere
warrants e obbligazioni al pubblico;i titoli convertibili sono ora considerati come conferimenti in contanti e di conseguenza non è più
necessario ottenere una perizia di valutazione da un perito indipendente; il trasferimento di sede all’estero della SA può essere deciso da una maggioranza di due terzi degli
azionisti e non è più necessaria l’unanimità; il
Consiglio d’Amministrazione può delegare i
poteri gestionali ad un direttore generale o
ad un comitato direttivo; l’Assemblea degli
azionisti può essere validamente convocata
da azionisti che rappresentano almeno il 10%
del capitale sociale (prima invece era necessario il 20%).
Société à responsbilité limitée (SARL) Le
principali novità concernenti le SARL sono: la
riduzione del capitale sociale minimo a EUR
12’000; il numero massimo di azionisti è stato
elevato da 40 a 100; la possibilità di emettere
azioni in contropartita di lavoro o servizi prestati alla SARL e quindi non sono più obbligatori i conferimenti in denaro o in natura; la
possibilità di emettere titoli non rappresentativi del capitale (parts bénéficiaires) e azioni
rimborsabili, di emettere obbligazioni al pubblico e deliberare dividendi intermedi; è inoltre possibile avere un Consiglio d’Amministrazione delegando nel contempo l’attività di
gestione giornaliera ad un terzo; il trasferimento di azioni ad un nuovo azionista deve essere approvato da altri azionisti rappresentanti almeno il 75% del capitale sociale; gli
Statuti possono prevedere di ridurre tale soglia al 50% del capitale ma anche d’introdurre
restrizioni sul trasferimento di azioni; sono
state semplificate le regole per modificare gli
Statuti stabilendo nel 75% del capitale sociale
la maggioranza qualificata necessaria (non è
più quindi necessario che vi sia anche la maggioranza del numero di azionisti).
Trasformazione di una “SARL” in una
“SA” Per quanto concerne invece la procedura di trasformazione di una “SARL” in una
“SA” si devono rispettare i seguenti requisiti:
gli amministratori devono predisporre un bilancio aggiornato della SARL; è possibile derogare a tale requisito nel caso in cui sia d’accordo l’unanimità degli azionisti, a patto però
che nei due esercizi precedenti non vi siano
stati conferimenti in natura non convalidati da
un revisore indipendente; un auditor indipendente deve redigere una perizia concernente
le attività e passività della SARL; gli amministratori della società devono predisporre una
relazione che illustri le ragioni di questa trasformazione.
Per ulteriori informazioni rivolgersi a:
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ASIA: LE CONSEGUENZE
DI BREXIT PER
GLI INVESTITORI CINESI
ED IL RUOLO CHIAVE
DELLA CONSULENZA
Il referendum inglese del 23 giugno scorso ha
sancito la decisione della Gran Bretagna di lasciare l’Unione Europea ed intraprendere un
nuovo e diverso percorso per prosperità e crescita. Il remain invocato dall’ex-Primo Ministro
David Cameron, dalla comunità finanziaria inglese e da numerosi Stati terzi è stato sconfitto, inaspettatamente rispetto ai sondaggi dei
giorni immediatamente precedenti la consultazione, con uno scarto di poche migliaia di voti. Il leave ha prevalso con il 51.9% raccogliendo 17’410’742 voti.
La reazione della comunità internazionale, dei
mercati finanziari e degli operatori economici
non si è fatta attendere gettando nel panico le
borse che il venerdì successivo hanno segnato
risultati fortemente negativi.Le Borse europee
hanno bruciato 637 miliardi di euro di capitalizzazione segnando il peggior crollo dall’estate del 1981, peggio di Lehman Brothers e
dell’11 settembre. La Borsa di Tokyo ha lasciato sul terreno circa l’8%, Shanghai ed Hong
Kong hanno fatto registrare risultati ampiamente negativi, così come New York. Gli effetti del voto hanno oltrepassato i confini nazionali ed europei riecheggiando in numerosi
paesi del Mondo.
A distanza di alcuni mesi dalla votazione di giugno, possiamo affermare che il Brexit ha aggiunto un ulteriore elemento di incertezza ed
instabilità al panorama politico ed economico
di cui governi ed operatori non potranno non
tenerne conto nell’assunzione delle rispettive
decisioni.
Tralasciando volutamente gli aspetti politici di
tale crescente incertezza e concentrando la
nostra analisi su un mercato particolarmente
caro al Gruppo Fidinam, ci soffermiamo sulle
conseguenze che Brexit potrebbe avere per
gli operatori economici cinesi con particolare
attenzione al mondo degli investitori.
Secondo le stime più recenti, l’Unione Europea è il maggior partner commerciale della Cina prima ancora degli Stati Uniti e l’Inghilterra, paese importante all’interno dell’Unione
fino allo scorso 23 giugno, gioca un ruolo fondamentale rappresentando il 15% del com-
mercio totale con l’Europa. Sul fronte degli investimenti le cifre mostrano che tra il 2000 ed
il 2015 gli investimenti totali diretti al Regno
Unito provenienti dalla Cina hanno raggiunto
un ammontare pari a 15.1 miliardi di euro e
rappresentano il 25% di tutti gli investimenti
effettuati dalla Cina in Europa. Oltre a ciò, occorre sottolineare come l’Inghilterra rappresenti spesso la porta di ingresso degli investitori cinesi in Europa.
L’Inghilterra potrebbe perdere in breve tempo
il fascino esercitato su tali investitori e l’Europa soffrirne di conseguenza. Per scongiurare
tale rischio, occorre che la comunità internazionale, Inghilterra ed Europa forniscano risposte chiare su temi fondamentali quali il
prossimo status di Londra come centro finanziario globale, le future relazioni commerciali
e finanziarie tra Regno Unito ed Europa, la capacità dell’Europa di evitare l’effetto domino
dove altri paesi, seguendo l’esempio inglese,
decidano di uscire dall’Unione.
Fonti del Governo cinese fanno sapere che l’interesse per gli investimenti all’estero rimane
molto alto nonostante Brexit ma che i paesi
target potrebbero cambiare in funzione dei diversi gradi di incertezza. Un dato significativo
mostra un incremento degli investimenti cinesi all’estero nel corso del 2016 di oltre il 60%
ma nello stesso periodo gli investimenti diretti in Europa sono diminuiti di circa il 15%.
Altri paesi al di fuori dell’Europa potrebbero
beneficiare della diversa destinazione dei capitali cinesi.
Le motivazioni principali che spronano gli investitori cinesi ad investire all’estero sono legati ad un diverso e più maturo approccio alle
scelte di allocazione del portafoglio; diversificazione degli investimenti, ricerca di rendi-
menti in linea con le aspettative e soprattutto
gestione del rischio appaiono sempre più gli
aspetti rilevanti che guidano le scelte di investimento.
Questa tendenza è confermata da numerosi
fattori che analizzano il comportamento degli
investitori. Giova ricordare che dal 2011 in poi
sono cresciuti gli investimenti privati all’estero
e non solo gli investimenti statali normalmente alimentati da logiche diverse. Gli investimenti in progetti immobiliari hanno raggiunto
nel 2015 il livello record di 18 miliardi di euro.
Hong Kong, Stati Uniti, Australia e Singapore
rappresentano le destinazioni numericamente
più importanti. A vario titolo e per ragioni diverse, questi paesi offrono un livello di rischio
molto contenuto e rendimenti in linea con le
aspettative degli investitori.
Gli investitori cinesi hanno altresì mostrato un
interesse crescente per l’insediamento di
aziende produttive o commerciali negli Stati
Uniti legando, in molti casi, tali flussi di investimento a programmi che prevedono la possibilità da parte dell’imprenditore e dei suoi familiari di acquisirvi la residenza.
In linea con le ultime tendenze rilevate, anche
l’investitore cinese risulta maggiormente incline alla possibilità di trasferire il centro dei propri interessi all’estero. Mete preferite risultano Stati Uniti, Canada ed Australia. In Europa,
a farla da padrone, troviamo l’Inghilterra la cui
appetibilità potrebbe essere scalfita da Brexit
e dalla mancata adozione di risposte chiare alle problematiche sopra evidenziate.
Assistiamo, come avvenuto in passato per altri paesi, ad un’apertura dell’investitore cinese
al mercato internazionale. Tale apertura, determinata dalla ricerca di condizioni macroeconomiche favorevoli ed opportunità di inve-
stimento non più disponibile nel mercato
domestico, non potrà che giovare agli investitori stessi ed ai mercati di destinazione
dei relativi capitali.
Il Gruppo Fidinam, impegnato da oltre cinquant’anni nella consulenza fiscale internazionale, societaria e successoria ha accompagnato clienti provenienti da numerosi
paesi nel processo di internazionalizzazione. Sappiamo, per esperienza vissuta al fianco dei nostri clienti, che tali progetti legati
ad investimenti, ad operazioni di acquisizione, all’insediamento di attività produttive, alla commercializzazione di prodotti o servizi, al trasferimento di persone all’estero,
non potranno completarsi con successo se
non pianificati minuziosamente e seguiti nelle diverse fasi di implementazione da professionisti preparati.
In un contesto caratterizzato da un grado di
incertezza sempre maggiore e da continui
cambiamenti sistemici, i servizi di consulenza nei vari ambiti di attività rappresentano
un fattore di successo di crescente importanza ed in grado di incidere profondamente sull’esito di ogni operazione.
L’investitore cinese, un tempo restio ad affidarsi a consulenti par la pianificazione fiscale internazionale, societaria e successoria ha
imparato ad apprezzarne il valore e con
maggior frequenza si rivolge agli operatori
del settore come strumento di ottimizzazione del proprio patrimonio.
Balen Paolo
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