BERNARD MARIS
HOUELLEBECQ ECONOMISTA
Traduzione di Alberto Cristofori
Maris, Bernard, Houellebecq économiste
Copyright © Editions Flammarion, Paris, 2014
© 2015 Bompiani / RCS Libri S.p.A.
Via Angelo Rizzoli, 8 – 20132 Milano
ISBN 978-88-452-7957-7
Prima edizione Bompiani febbraio 2015
Noi dobbiamo lottare per la tutela
dell’economia e per la sua subordinazione a certi criteri che oserei chiamare
etici.
“Ultimo baluardo contro
il liberalismo”, in Il senso della lotta
Così dunque l’autore di questi saggi
continua a sperare e a credere che non
sia lontano il giorno in cui il Problema
Economico sarà rimesso al posto che
gli spetta: sullo sfondo.
John Maynard Keynes,
Esortazioni e profezie,
Milano, Garzanti, 1975
PROLOGO
Chi si ricorderà degli economisti?
Di economia non ci ho mai capito niente
Piattaforma
Considerando la straordinaria, vergognosa mediocrità delle “scienze umane”nel
XX secolo...
Uscire dal XX secolo, Lanzarote
La “setta” si diceva dai tempi di Luigi XV per prendere in giro gli economisti1 e i loro ragionamenti complicati. Il termine è straordinariamente esatto: si tratta fin
dall’inizio di una setta che ripete un discorso ermetico e
fumoso. Li si rispetta perché non ci si capisce niente. La
setta adora le parole astruse, l’astrazione e le cifre. Si
discute sulle sue contraddizioni.
La nostra epoca è più che mai gonfia di economia. E
se fugge il silenzio, drogata dalla musica dei supermercati e dal rumore delle auto che girano su se stesse, non può
più fare a meno neanche del ritornello della crescita, della
disoccupazione, della competitività, della globalizzazione.
Al canto gregoriano della borsa, questo sale, quello scende, risponde il coro degli esperti, lavoro, crisi, crescita,
lavoro. Dismal science, diceva oltremanica Carlyle.2
1
All’epoca, i fsiocratici: Quesnay, medico della marchesa di
Pompadour, Dupont de Nemours, l’abate Baudeau...
2
Thomas Carlyle (1795-1881), storico iconoclasta e satirico
scozzese.
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Lugubre scienza. Diabolica e sinistra, l’economia è la
cenere con cui il nostro tempo ricopre la sua triste faccia.
Chi si ricorderà dell’economia e dei suoi preti, gli
economisti?
Fra qualche decennio, un secolo, forse prima, sembrerà inverosimile che una civiltà abbia potuto accordare
tanta importanza a una disciplina non solo vuota ma
terribilmente noiosa, come ai suoi propagandisti, esperti
e giornalisti, graficomani, cani da guardia, baroni e polemisti del pro e del contro (benché l’inverso sia possibilissimo). L’economista è colui che è sempre capace di spiegare ex post perché si sia, ancora una volta, ingannato.
Disciplina che della scienza ha solo il nome e della
razionalità solo le contraddizioni, l’economia si rivelerà
un’incredibile ciarlataneria ideologica, come la morale di
un tempo. Non ci capite niente? Rassicuratevi: non c’è
niente da capire, come non c’erano vesti sontuose da
vedere sul corpo nudo del re. Che un premio internazionale, battezzato “Nobel” da coloro che ne usurpano il
nome – banchieri autopromossisi donatori del premio
eponimo –, sia stato attribuito per delle chiacchiere
condite di equazioni a dei ricercatori di chimere3 sembrerà un giorno altrettanto strano, o almeno sullo stesso
3
Si potrebbe immaginare un premio Nobel della parruccheria,
del salto con l’elastico... E perché non della psicologia?!
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piano, dell’iscrizione in un libro tradotto in duecento
lingue del record di chi ha aperto il maggior numero di
lattine di birra con i denti. E i libri di economia non meriteranno più neanche la critica corrosiva dei sorrisi.
Ma nessuno ha dimenticato i casuisti. Se Pascal non
avesse scritto le sue briose e violente Provinciali, chi si
ricorderebbe dei casuisti? Lungi da noi l’idea di paragonare ai gesuiti raziocinanti gli economisti – sant’Ignazio
di Loyola ha tutt’un’altra statura che Walras! – ma, senza
l’opera di Houellebecq, nessuno si ricorderà più dell’economia e di quegli strani casuisti che saranno stati gli
economisti.
Per Houellebecq economista ci sono due ragioni e
un’origine.
La ragione minore: come Pascal per un’altra genia
nociva e ragionatrice, Houellebecq salva gli economisti
dal loro nulla e dona loro il tempo che durerà la sua
opera. Egli crede nella propria durata. Ha ragione. La
sua fama porterà con sé l’ideologia della concorrenza
come quella di Omero porta ancora con sé il clamore
della battaglia davanti alle porte Scee di Troia. Egli evoca
Marx, Malthus, Schumpeter, Smith, Marshall, Keynes e
altri. Parla di concorrenza, di distruzione creatrice, di
produttività, di lavoro parassitario e di lavoro utile, di
denaro e di molte altre cose, e ne parla meglio degli
economisti, perché è uno scrittore.
Tutti gli scrittori degni di questo nome faranno psico13
logia meglio di Freud, che sapeva scrivere, e sociologia
meglio del caro Bourdieu, che non sapeva farlo. Non
parliamo di filosofia: nessun filosofo può aspirare a un
centesimo della verità contenuta in un grande romanzo
– e del resto nessun filosofo onesto direbbe il contrario
neanche per scherzo. Pensate, fra mille esempi, alle giravolte del sovrabbondante Deleuze intorno a Kafka.
D’Artagnan, mediocre poliziotto, esisterà quanto I tre
moschettieri, il Grande Inquisitore quanto I fratelli
Karamazov e Joseph Alois Schumpeter, scadente ministro delle finanze e vago teorico dell’innovazione, quanto La carta e il territorio.
La ragione maggiore è più nobile. Noi cercheremo
sempre negli scrittori, e particolarmente nei romanzieri,
un frammento della verità di questo mondo in cui siamo
gettati e che ci angoscia. Loro sanno parlare della morte,
dell’amore e dell’infelicità – più raramente della felicità,
di cui gli economisti propongono una quantificazione
mediante il pil e gli altri-economisti un’altra-quantificazione.4
Ciò che degli economisti e degli psicosociologi astrusi
cercano invano di trarre dalla nostra vita per restituircelo
a grandi palate di teorie e di cifre, facendoci masticare a
4
Gli altromondialisti utilizzano indici di sviluppo economico, di
sviluppo umano, di sviluppo durevole ecc.
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