CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA GENERALE - parere 22 ottobre 2007 n. 145 – Pres. Schinaia, Est. D’Agostino - Oggetto: Ministero dell’economia e delle finanze - Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dalla Sig.ra Maria Letizia Caretti avverso il provvedimento di recupero di un credito erariale di € 792,02. 1. Pubblico impiego - Stipendi, assegni ed indennità - Termine di prescrizione - E’ quinquennale. 2. Pubblico impiego - Recupero di somme non dovute - Termine di prescrizione - E’ decennale. 3. Atto amministrativo - Generalità - Indicazione del termine e dell’autorità cui proporre ricorso - Ex art. 3 della L. n. 241 del 1990 - Omissione - Conseguenze Individuazione. 4. Pubblico impiego - Stipendi, assegni ed indennità - Anticipazioni sui miglioramenti contrattuali - Recupero disposto perchè dette anticipazioni non erano in parte non dovute - Buona fede del percipiente - Irrilevanza - Ragioni. 5. Pubblico impiego - Recupero di somme non dovute - Specifica motivazione - Non occorre. 6. Pubblico impiego - Stipendi, assegni ed indennità - Anticipazioni sui miglioramenti contrattuali - Recupero disposto perchè dette anticipazioni non erano in parte non dovute - Termine decennale di prescrizione - Decorrenza - Dalla data in cui le anticipazioni sono state corrisposte. 7. Pubblico impiego - Stipendi, assegni ed indennità - Termine di prescrizione Decorrenza - Regola secondo cui contra non valentem agere non currit praescriptio Casi in cui si applica - Individuazione. 8. Pubblico impiego - Stipendi, assegni ed indennità - Termine di prescrizione Interruzione - Nel caso di recupero di somme non dovute - Determinazione dell’ammontare del credito - Necessità - Sussiste. 1. Ai sensi dell’articolo 2948 codice civile e dell’articolo 2, 1° comma, del decreto legge 19 gennaio 1939, n. 295, convertito nella legge 2 giugno 1939, n. 739, nel testo introdotto dall’art. 2 della legge 7 agosto 1985, n. 428, i diritti relativi alla retribuzione sia del pubblico dipendente che del lavoratore privato si prescrivono nel termine di cinque anni (1); il termine quinquennale di prescrizione riguarda evidentemente i diritti del dipendente, così come qualificati dalla prestazione lavorativa e non si estende fuori da tale ambito. 2. Il termine quinquennale di prescrizione dei crediti vantati dai pubblici dipendenti non si applica nel caso di pagamento di somme non dovute a titolo retributivo. Per tali somme, invece, in mancanza di diversa ed espressa previsione, si applica il termine decennale previsto per la prescrizione ordinaria dall’art. 2946 c.c. (2). 3. L’omessa indicazione del termine e dell’autorità cui proporre ricorso, prevista dall’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, integra una mera irregolarità che – ai sensi dell’art. 1, 3° comma, d.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199 e dell’art. 3, 4° comma, della legge 7 agosto 1990 n. 241 – comporta la rimessione in termini, ove l’interessato si sia rivolto a giudice privo del potere di cognizione, entro sessanta giorni dalla pubblicazione della pronuncia sulla giurisdizione (3). 4. La eventuale buona fede del dipendente nel ricevere somme pagate a titolo di anticipi sui miglioramenti economici non può impedire il recupero, atteso che, in linea generale l’eventuale sussistenza del richiamato profilo psicologico non incide Libero Sindacato Ufficiali Giudiziari - www.lisug.it – sulla doverosità del recupero ma semmai sulle modalità di attuazione e che, in ogni caso, la corresponsione del trattamento economico, nell’ipotesi prospettata, è avvenuta in via provvisoria e salvo conguaglio sulla base della comunicazione Mod. A, sottoscritta dal dipendente "per presa visione e a titolo di incondizionata autorizzazione per eventuali recuperi di somme indebitamente corrisposte", con espresso richiamo all’art. 172 della legge n. 312 del 1980. 5. Nell’adozione di atti di recupero di somme indebitamente corrisposte, l’Amministrazione non è tenuta a fornire un diffuso discorso giustificativo, essendo sufficiente che vengano chiarite le ragioni per le quali il percipiente non aveva diritto a quella determinata somma corrispostagli per errore. 6. Nel caso di recupero di somme indebitamente corrisposte a titolo di anticipi su miglioramenti contrattuali, il termine decennale di prescrizione decorre dalla corresponsione di quanto non dovuto. Rispetto a tale vicenda, solo un atto recante una esplicita richiesta restitutoria può determinare l’effetto interruttivo (alla stregua del principio nella specie l’Adunanza Generale del Consiglio di Stato ha ritenuto prescritta la richiesta di restituzione delle somme pagate a titolo di anticipo alla ricorrente, essendo ormai trascorso il termine decennale di prescrizione che decorreva, nell’ipotesi considerata, dalla data di corresponsione degli anticipi). 7. La regola generale desumibile dall’art. 2935 c.c., secondo cui il termine di prescrizione non può decorrere nel caso di impedimento legale all’esercizio del diritto (contra non valentem agere non currit praescriptio) trova applicazione solo in caso di impossibilità legale all’esercizio del diritto e non certo per le difficoltà o anche le impossibilità di fatto nelle quali si trovi il titolare della relativa posizione soggettiva. 8. Perché un diritto possa essere fatto valere (senza considerare l’impossibilità giuridica o di fatto nella quale versa il relativo titolare) occorre che la situazione soggettiva abbia una consistenza e una determinazione (o una determinabilità evidentemente percepibile dalla controparte) tale da costituire oggetto di una precisa individuazione. In mancanza, la posizione del soggetto passivo sfumerebbe in mera soggezione all’esercizio di un diritto potestativo privo di contenuti determinati, ben diversa cioè da quella debitoria. ninolaganàdocuents----------------------------(1) V. per i pubblici impiegati, da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 27 dicembre 2006, n. 7880; Sez. V, 17 febbraio 2006, n. 621. (2) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 14 aprile 2006, n. 2150; Sez. VI, 27 novembre 2002, n. 6500. (3) Giurisprudenza costante: cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 30 marzo 2000, n. 1814; Sez. VI, 18 ottobre2000, n. 5605. ----------------------------Documenti correlati: CONSIGLIO DI STATO SEZ. VI, sentenza 14-10-2004, n. 6654, pag. http://www.lexitalia.it/p/cds/cds6_2004-10-14-5.htm (sulla necessità o meno dell’avviso di inizio del procedimento nel caso di provvedimenti di recupero di emolumenti non dovuti, sulla rilevanza o meno della buona fede dell’accipiens e sul termine di prescrizione applicabile in materia). CONSIGLIO DI STATO SEZ. III, Parere 29-4-2003, n. 1075, pag. http://www.lexitalia.it/private/cds/cds3_2003-04-29.htm (sulla irrilevanza ex se della buona fede nel caso di percezione di emolumenti non dovuti e sulla necessità di inviare all’interessato apposito avviso di inizio del procedimento di recupero). Libero Sindacato Ufficiali Giudiziari - www.lisug.it – CONSIGLIO DI STATO SEZ. IV, sentenza 14-4-2006, n. 2176, pag. http://www.lexitalia.it/p/61/cds4_2006-04-14-4.htm (sul giudice competente a decidere una controversia relativa al recupero di somme effettuato sui ratei della pensione, sulla rilevanza o meno della buona fede del percipiente e sulla necessità o meno di una motivazione sull’interesse pubblico). CONSIGLIO DI STATO SEZ. VI, sentenza 9-9-2002, n. 5579, pag. http://www.lexitalia.it/private/cds/cds6_2002-09-9-5.htm (sul carattere doveroso del recupero di somme indebitamente erogate dalla p.a. ai propri dipendenti e sulla rilevanza della buona fede dei percipienti). CONSIGLIO DI STATO SEZ. IV, sentenza 6-5-2002, n. 2434, pag. http://www.lexitalia.it/private/cds/cds4_2002-05-06_1.htm (il termine quinquennale di prescrizione dei diritti di natura patrimoniale spettanti ai pubblici dipendenti inizia a decorrere dal momento in cui essi sorgono, anche nell'ipotesi in cui esista una norma incostituzionale che li disconosce; eguale principio si applica agli interessi ed alla rivalutazione). TAR LAZIO - ROMA SEZ. II TER, sentenza 1-9-2005, n. 6497, pag. http://www.lexitalia.it/p/52/tarlazio2ter_2005-09-01.htm (sulla natura paritetica dell’atto di recupero di emolumenti non dovuti, sulla necessità o meno dell’avviso di inizio del procedimento per la sua adozione e sulla rilevanza o meno della buona fede dell’accipiens). TAR SICILIA - CATANIA SEZ. III, sentenza 5-1-2005, n. 9, pag. http://www.lexitalia.it/p/51/tarsiciliact3_2005-01-05.htm (sul recupero dei maggiori importi pagati agli assessori di un comune a titolo di indennità di carica e sulla rilevanza o meno delle buona fede dei percipienti). Consiglio di Stato Adunanza Generale del 22 ottobre 2007 n. prot. 145/07 Commissione speciale pubblico impiego Gab. n. 3/07 Oggetto: Ministero dell’economia e delle finanze: Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dalla Sig.ra Maria Letizia Caretti avverso il provvedimento di recupero di un credito erariale di € 792,02. Il Consiglio Vista la relazione del 29 maggio 2006, trasmessa con nota n. 1116-7 del 9 gennaio 2007, con la quale il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento dell’Amministrazione generale del personale e dei servizi del Tesoro – Direzione centrale degli uffici locali e dei servizi del Tesoro, chiede il parere del Consiglio di Stato in ordine al ricorso in oggetto; Visto il decreto 21 marzo 2007 del Presidente del Consiglio di Stato che deferisce l’affare alla Commissione speciale del pubblico impiego; Rilevato che nell’adunanza del 13 giugno 2007 la Commissione speciale ha rimesso l’esame dell’affare all’Adunanza generale del Consiglio di Stato; Libero Sindacato Ufficiali Giudiziari - www.lisug.it – Esaminati gli atti e udito il relatore estensore Consigliere Filoreto D’Agostino; Ritenuto in fatto quanto esposto nel ricorso e nella relazione dell’Amministrazione; Premesso La prof.ssa Maria Letizia Caretti, insegnante di scuola magistrale in congedo, con atto del 10 novembre 2005, ha proposto ricorso straordinario avverso il provvedimento del Dipartimento del Ministero dell’economia e delle finanze, Direzione Provinciale dei servizi vari di Roma, prot. n. 109963 del 23 giugno 2005, con il quale è stato disposto il recupero di un credito erariale pari ad € 792,02, accertato per il periodo 1.7.1988/31.12.1995 in applicazione del decreto di ricostruzione della carriera adottato dal Provveditorato agli studi di Roma del 2 luglio 1997 e registrato dalla Ragioneria Generale dello Stato in data 8 maggio 1998. A sostegno del gravame l’interessata deduce: intervenuta prescrizione quinquennale del credito fatto valere dall’Amministrazione che si riferisce ad importi percepiti negli anni 1988-1995; - opponibilità della buona fede del percipiente; - violazione della legge n. 241 del 1990, mancando l’indicazione del termine e dell’autorità per la proposizione di una eventuale impugnativa; - carenza assoluta di motivazione. A conclusione l’interessata chiede, previa concessione della misura cautelare, l’annullamento del provvedimento impugnato. L’Amministrazione contesta quanto affermato in ricorso sul rilievo che il dies a quo per la decorrenza della eccepita prescrizione, ai sensi dell’art. 2935 c.c., va individuato alla data (2 giugno 1998) di intervenuta efficacia del decreto dal quale sarebbe emerso il credito ora contestato. Il termine decennale invocato non è pertanto, decorso. Si rammenta ancora che gli importi in questione erano stati liquidati all’interessata ai sensi dell’art. 172 della legge n. 312 del 1980. Tale circostanza, rende irrilevante la dedotta buona fede. L’Amministrazione conclude per la reiezione del ricorso. Considerato 1. Il recupero qui contestato attiene ad importi indebitamente corrisposti nel periodo tra il 1 settembre 1988 ed il 31 dicembre 1995. La determinazione impugnata trae origine dalla definizione del trattamento economico previsto dalla legge 11 luglio 1980, n. 312. Fuoriesce pertanto dal contesto in esame ogni questione inerente la fase pensionistica. Il trattamento fu assentito in via provvisoria ai sensi dell’art. 172 della stessa legge (espressamente richiamato dall’art. 7 del d.l. n. 255 del 1981 che concerne la copertura finanziaria del d.P.R. n. 271 del 1981, dall’art. 11 del d.P.R. n. 345 del 1983, dall’art. 41 del d.P.R. n. 209 del 1987 e dall’art. 5, comma 3, del d.P.R. n. 399 del 1988) sulla base delle comunicazioni delle scuole presso le quali la ricorrente prestava servizio. 2. Con il primo motivo di doglianza la ricorrente eccepisce, in via principale, l’intervenuta prescrizione quinquennale e, in via subordinata, quella decennale. Libero Sindacato Ufficiali Giudiziari - www.lisug.it – Applicando quest’ultima il credito risulterebbe parzialmente estinto, riducendosi la somma legittimamente ripetibile a euro 102,80. 2. 1 Non è invocabile dall’esponente la prescrizione quinquennale, ai sensi dell’articolo 2948 codice civile ovvero del comma 1 dell’articolo 2 del decreto legge 19 gennaio 1939, n. 295 convertito nella legge 2 giugno 1939, n. 739, nel testo introdotto dall’art. 2 della legge 7 agosto 1985, n. 428. Entrambe le previsioni normative appena richiamate riguardano i diritti relativi alla retribuzione del lavoratore, che, a seguito della perequazione normativa introdotta con la legge n. 428 del 1985, si prescrivono per il pubblico e per il privato dipendente nel termine di cinque anni (per i pubblici impiegati, da ultimo, C.d.S., IV, 27 dicembre 2006, n. 7880; C.d.S., V, 17 febbraio 2006, n. 621). 2.2. Il termine quinquennale riguarda evidentemente i diritti del dipendente così come qualificati dalla prestazione lavorativa e non si estende fuori da tale ambito. La prescrizione quinquennale, quali che siano le norme e le discipline di riferimento, è pur sempre una causa di estinzione dei diritti derivanti dai rapporti indicati nelle relative fattispecie e non dedotti da altre fonti. 2.3. Il pagamento di somme non dovute a titolo retributivo fuoriesce anche logicamente dall’ambito delle situazioni che ricevono una peculiare disciplina in virtù della ritenuta esistenza ed operatività di un rapporto di lavoro: il pagamento di tali somme non può essere regolato da precetti relativi ad altra e speciale fattispecie. In mancanza di diversa ed espressa previsione deve valere, per gli stessi, la prescrizione ordinaria prevista dall’art. 2946 c.c. (conformi sul punto da ultimo: C.d.S., IV, 14 aprile 2006, n. 2150; C.d.S., VI, 27 novembre 2002, n. 6500). 3. Tanto premesso, si ritiene opportuno chiarire come esorbitino totalmente da ogni ipotesi prescrizionale i pagamenti successivi al 15 luglio 1995, rispetto ai quali non sarebbe opponibile la inutile decorrenza del tempo, inferiore ai dieci anni dalla comunicazione dell’atto di recupero. 3.1 La conclusione non è scalfita dalle argomentazioni svolte in ricorso. 3.2 Non è invero di ostacolo a quanto osservato la dizione "conguaglio da non recuperare" contenuta negli allegati al provvedimento impugnata. A tale proposito si rammenta, come correttamente rilevato dall’Amministrazione, che, con quella espressione, il sistema informatico aveva solamente segnalato l’impossibilità di operare una trattenuta su una partita di spesa fissa non più vigente essendo stata l’interessata collocata in quiescenza. 4. Non trova riscontro nella documentazione in atti la dedotta violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 per asserita omessa indicazione del termine e dell’autorità cui proporre ricorso. I detti elementi appaiono espressamente indicati nella seconda pagina del provvedimento qui contestato. La giurisprudenza è costante nell’affermare che l’omissione integra una mera irregolarità che – ai sensi dell’art. 1, 3° comma, d.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199 e dell’art. 3, 4° comma, della legge 7 agosto 1990 n. 241 – comporta la riammissione in termini, ove l’interessato si sia rivolto a giudice privo del potere di cognizione, entro sessanta giorni dalla pubblicazione della pronuncia sulla giurisdizione (Cons. St., IV, 30 marzo 2000, n. 1814; Cons. St., sez. VI, 18 ottobre-2000, n. 5605.) 5. Analogamente infondato deve ritenersi il richiamo all’asserita buona fede nella percezione della parte del trattamento economico, per il quale non può opporsi la prescrizione decennale. Ciò per due ordini di considerazioni: Libero Sindacato Ufficiali Giudiziari - www.lisug.it – - in primo luogo, l’eventuale sussistenza dell’invocato profilo psicologico non incide sulla doverosità del recupero ma semmai sulle modalità di attuazione, atteso che viene qui in rilievo un atto dovuto e privo di valenza provvedimentale; - la corresponsione di quel trattamento economico era avvenuta in via provvisoria e salvo conguaglio sulla base della comunicazione Mod. A, depositata in atti e sottoscritta alla ricorrente "per presa visione e a titolo di incondizionata autorizzazione per eventuali recuperi di somme indebitamente corrisposte", con espresso richiamo all’art. 172 della legge n. 312 del 1980. 6. In relazione alla situazione emergente all’applicazione della citata normativa, e puntualmente richiamata nel provvedimento, quella dizione non può essere considerata mera "clausola di stile". Essa risponde ad una precisa esigenza atta a configurare, nella accipiens, la consapevolezza della provvisorietà delle somme erogate. 7. Ciò consente, anche, di ritenere infondata la denunciata carenza motivazionale perché, nell’adozione di atti di recupero, l’Amministrazione non è tenuta a fornire un diffuso discorso giustificativo, essendo sufficiente che vengano chiarite le ragioni per le quali il percipiente non aveva diritto a quella determinata somma corrispostagli per errore. Nel provvedimento impugnato e nell’allegato prospetto contabile sono stati puntualmente indicati gli elementi fattuali di riferimento e la disciplina di cui si è fatta applicazione, sufficienti a dar conto dell’iter logico seguito dall’Amministrazione per giustificare la scelta poi adottata. 8. Così delimitato il thema decidendum, resta da esaminare l’eccezione relativa all’invocata prescrizione ordinaria a decorrere dalla data dei singoli pagamenti. La questione verte sulla durata e sulla decorrenza della prescrizione opponibile avverso il provvedimento di recupero del credito erariale relativo a differenze stipendiali corrisposte nel periodo luglio 1988 – luglio 1995, conseguenti alla determinazione del trattamento economico definitivo rispetto a quanto versato in via provvisoria ai sensi dell’art. 172 della legge 11 luglio 1980, n. 312. 8.1 L’Amministrazione sostiene che il termine decennale di prescrizione era pendente alla data del provvedimento di recupero qui impugnato: il dies a quo coinciderebbe, in questa ricostruzione, con la data di acquisizione degli atti da parte della Direzione provinciale dei Servizi vari (giugno 1998), che costituirebbe la definitiva chiusura del procedimento. Solo in presenza di un atto che definisse l’effettiva portata degli aumenti retributivi dovuti poteva esercitarsi il recupero rispetto a quanto percepito sine titulo dalla dipendente. La situazione rientrerebbe così nella fattispecie prevista dall’art. 2935 c.c., posto che, solo in esito a quella procedura, era dato far valere i relativi diritti, con evidente riflesso anche sui termini di decorrenza della prescrizione. 8.2 L’Amministrazione contesta peraltro l’ulteriore eccezione della buona fede del percipiens per l’applicabilità dell’articolo 172 della legge n. 312 del 1980, che qualifica come provvisori i pagamenti intervenuti antecedentemente agli atti che sanciscono, in modo non più revocabile, l’effettiva ricostruzione della carriera. 8.3 Osserva l’Adunanza generale come la questione relativa alla buona fede non possa essere dedotta nei profili fin qui considerati. Quando si invoca la prescrizione, cioè l’estinzione del diritto del richiedente, non assume rilievo o incidenza la buona fede del percipiente perché gli stati soggettivi del medesimo sono assolutamente neutrali rispetto alla circostanza che il diritto in questione non può essere comunque fatto valere. Diversa conclusione sulla rilevanza della buona fede è stata raggiunta, quasi a controprova di quanto qui osservato, rispetto alla percezione della residua parte del credito sulla quale non opera la prescrizione. Libero Sindacato Ufficiali Giudiziari - www.lisug.it – 8.4. Tanto premesso, la disamina della proposta eccezione viene condotta secondo un percorso argomentativo che stabilisca: se effettivamente la data di acquisizione degli atti da parte della Direzione provinciale dei Servizi vari costituisca dies a quo ai sensi e per gli effetti previsti dall’articolo 2935 c.c.; se l’articolo 172 della legge n. 312 del 1980 determini una provvisorietà dei versamenti che preclude il decorso dei termini di prescrizione. 9. La tesi dell’Amministrazione non può essere condivisa per ragioni sia di ordine generale sia peculiari alla specifica vicenda. 9.1 E’ opportuno premettere che il ritardo nell’accertamento dell’indebito (dai primi pagamenti effettuati nel 1988 alla acquisizione del decreto provveditoriale sopra richiamato intervenuta nel 1998) è probabilmente frutto della difficoltà in cui versava l’Amministrazione nel liquidare, dopo molti anni, trattamenti definitivi. Le modifiche ordinamentali introdotte dalla citata legge n. 312 del 1980 hanno determinato, invero, una serie di provvedimenti e di adeguamenti di varia specie riguardanti un numero elevatissimo di pubblici dipendenti, con aggravamento di adempimenti e di competenze e con difficoltà operative per tutte le Amministrazioni interessate. 9.2 Le difficoltà nelle quali si è trovata ad operare la pubblica Amministrazione sono, tuttavia, ostacoli di mero fatto, dipendenti dai sovraccarichi di adempimenti e di incombenti derivanti dalle innovazioni organizzative e dall’emersione dei conseguenti problemi di adeguamento operativo. Le citate difficoltà, in altre parole, non derivano da alcun titolo giuridico, in base al quale sarebbe stata impedita una più celere ricostruzione di carriera dell’odierna ricorrente. 9.3 La situazione esposta, infatti, non era originata da cause giuridiche che ostacolassero l’esercizio del diritto, ma semplicemente da impedimenti di fatto, per dir così, ad una più celere azione amministrativa. 9.4. Quando non si versi nel caso di un impedimento legale all’esercizio del diritto, non è invocabile l’art. 2935 c.c. per ritardare la decorrenza della prescrizione (Cass. III, 7 novembre 2005, nn. 21500 e 21495; III, 28 luglio 2004, n. 14249; Lav., 7 maggio 2004, n. 8720; II, 28 gennaio 2004, n. 1547; IIII, 23 luglio 2003, n. 11451; III, 27 febbraio 2002, n. 2913; Lav, 11 dicembre 2001, n. 15622; I, 3 maggio 1999, n. 43891). In sintesi: la regola contra non valentem agere non currit praescriptio trova applicazione solo in caso di impossibilità legale all’esercizio del diritto e non certo per le difficoltà o anche le impossibilità di fatto nelle quali si trovi il titolare della relativa posizione soggettiva 10. Accanto all’argomento di ordine generale, può prospettarsi una ulteriore ragione connessa alla tesi secondo la quale ufficio del decreto provveditoriale era, tra l’altro, la determinazione del credito erariale azionato con il provvedimento di recupero. 10.1 Basta, tuttavia, la lettura del decreto per smentire l’assunto. Il credito (cioè la complessiva somma di euro qui richiesta ed allora commisurata nella moneta corrente) non è affatto determinato e non vi è neppure un riferimento ai versamenti già effettuati. 10. 2 Il decreto di ricostruzione giuridica ed economica della carriera della professoressa Caretti è composto di ben nove pagine, nelle quali sono determinate le successive decorrenze delle retribuzioni dal 1° ottobre 1986 (di cui ben quattro collocate tra il primo gennaio e il primo ottobre 1988) fino all’incremento del 1° luglio 1997. In quelle nove pagine non vi è un solo accenno agli aumenti retributivi anticipati e non è neppure prevista la richiesta di restituzione. Si legge a pagina 8 del provvedimento che anche il presente decreto viene "emanato in via provvisoria" e che "le somme liquidate in esecuzione del presente atto sono soggette ad eventuali conguagli o recuperi ove il provvedimento definitivo risulti difforme". Libero Sindacato Ufficiali Giudiziari - www.lisug.it – 10. 3 La formula è, in realtà, piuttosto anodina. Essa sembra riferirsi a pagamenti futuri (e non certo a quelli passati, data l’impossibilità per questi ultimi di essere liquidati in base ad un atto allora inesistente) e rinvia ad un successivo provvedimento definitivo, anch’esso incerto quanto meno nel "quando". Nel frattempo, è bene soggiungere, l’odierna ricorrente è stata collocata in quiescenza. 10. 4 La provvisorietà, già prevista dall’articolo 172 della legge 11 luglio 1980, n. 312, si comunicherebbe così al decreto provveditoriale che ha invece, secondo deduce l’Amministrazione, valore di consolidamento del diritto che si intenderebbe far valere. 10. 5 A prescindere dalla carenza di qualsiasi dichiarata volontà di esercitare il recupero per le situazioni pregresse, è certo che, dalla lettura dell’atto, non è dato in alcun modo individuare l’an e il quantum delle somme da recuperare. 10. 6 Perché un diritto possa essere fatto valere (senza considerare l’impossibilità giuridica o di fatto nella quale versa il relativo titolare) occorre che la situazione soggettiva abbia una consistenza e una determinazione (o una determinabilità evidentemente percepibile dalla controparte) tale da costituire oggetto di una precisa individuazione. In mancanza, la posizione del soggetto passivo sfumerebbe in mera soggezione all’esercizio di un diritto potestativo privo di contenuti determinati, ben diversa cioè da quella debitoria. L’assoggettabilità ad un recupero di incerta misura non equivale, pertanto, a determinazione del relativo credito. 10. 7 Il provvedimento del Provveditore agli studi, in definitiva, né assume, in difetto di ogni espressa formulazione, carattere di elemento individuante e legittimante il diritto e il relativo esercizio né produce un effetto interruttivo proprio. Tanto meno l’effetto si sarebbe verificato attraverso la piena evidenza che scaturiva dall’essere stata la notizia conformemente portata a conoscenza dell’accipiens, in posizione quasi di possessore di buona fede ex art. 1148 c.c. (Cass. I, 2 agosto 2006, n. 17538). 10. 8 Il percettore non era, in base a quel documento, in grado di individuare in modo autonomo l’esistenza e la quantificazione di un debito: si tenga conto che la richiesta di circa ottocento euro riguarda modeste maggiorazioni di retribuzioni mensili di oltre sette anni così che la relativa ricostruzione poteva essere effettuata solo da un esperto contabile munito dell’intera documentazione e di supporti informatici o di straordinaria abilità. 10. 9 L’atto di ricostruzione della carriera della dipendente non sembra assumere, nelle sue espresse formulazioni, effetti qualificanti rispetto al pagamento di maggiori somme in anni precedenti : a) per la carenza di una manifesta volontà di tale senso; b) per l’inidoneità dello stesso atto a fornire una diversa connotazione ai fatti a suo tempo realizzatisi. 10. 10 Dovrebbe, peraltro, gravare sull’Amministrazione la consapevolezza della necessità, nelle procedure di recupero, del passaggio intermedio, cioè della espressa e specifica indicazione dell’ammontare della somma della quale si richiede la restituzione. Nei relativi procedimenti, infatti, l’articolo 3 del regio decreto legge 19 gennaio 1939, n. 295 (convertito con legge 2 giugno 1939, n. 739) prescrive la previa comunicazione scritta del "relativo provvedimento amministrativo". Per tale si deve intendere l’atto con il quale l’Amministrazione assume di aver pagato somme prescritte o non dovute a titolo di stipendi o di assegni equivalenti, ne quantifica l’ammontare e ne dispone il recupero. 10. 11 Il "relativo provvedimento amministrativo" ha il compito di quantificare il credito, di indicarne la causa e il metodo eventualmente prescelto per il soddisfacimento della pretesa. Libero Sindacato Ufficiali Giudiziari - www.lisug.it – L’Amministrazione non è conseguentemente legittimata al recupero in carenza dei prescritti elementi giustificativi che, in quanto portati a conoscenza dell’ingiunto, determinano anche la ragione dell’obbligo al coerente adempimento da parte del medesimo. 10. 12 Alla stregua di tali rilievi, l’affermazione secondo la quale il decreto più volte citato assumerebbe valore di elemento determinante la decorrenza del termine a quo è frutto di una considerazione non sufficientemente corredata da elementi concreti. 10. 13 Nella presente vicenda, invero, l’elencazione delle ragioni di dare e avere e la formulazione della relativa richiesta di recupero vanno datate al giugno 2005, giusta il prospetto riassuntivo allegato all’atto impugnato. 10. 14 Basta scorrere le tredici pagine di tabulati allegati al provvedimento per rendersi conto che il primo ed unico atto di esatta indicazione delle somme e di loro richiesta è quello che, in virtù della ricostruzione contabile, promuove il recupero. 10. 15 Eliminata ai fini dell’applicazione dell’art. 2935 c.c. la rilevanza dell’atto di ricostruzione della carriera, il primo atto di esercizio del diritto coincide con quello nel quale lo stesso può essere fatto valere. 10. 16 Il primo atto interruttivo e di esercizio del diritto è, in definitiva, quello impugnato così che la decorrenza della prescrizione non può essere riportata indietro ad altro atto privo di quei requisiti. 11. Va respinta altresì la tesi che la provvisorietà insita nel pagamento costituisca una causa di impedimento alla decorrenza dei termini. Si tratta di stabilire i limiti di operatività dell’articolo 172 della legge 11 luglio 1980, n. 312. Recita la disposizione: "Gli uffici che liquidano gli stipendi sono autorizzati a provvedere al pagamento dei nuovi trattamenti economici, in via provvisoria e fino al perfezionamento dei provvedimenti formali, fatti salvi comunque i successivi conguagli, sulla base dei dati in possesso o delle comunicazioni degli uffici presso cui presta servizio il personale interessato relative agli elementi necessari per la determinazione del trattamento stesso." 11.1 Occorre, in proposito, tenere conto del contesto di grande trasformazione dell’Amministrazione pubblica e di revisione e rivalutazione delle posizioni di lavoro dei pubblici dipendenti nel quale la norma si colloca. Il precetto qui trascritto è preordinato a contemperare due opposte esigenze: da un lato, agevolare il rapido conseguimento dei migliori trattamenti economici da parte dei dipendenti e, dall’altro, rendere doveroso l’eventuale recupero o conguaglio da parte degli uffici, confinando nell’irrilevanza (o meglio: negando in radice) la buona fede dell’accipiens. 11.2 Giova rammentare, infatti, che quasi trenta anni fa, la giurisprudenza amministrativa era più propensa ad ammettere, nelle vertenze relative ai recuperi di somme indebitamente versate a pubblici dipendenti, l’opponibilità della buona fede del percettore. La disposizione recata nell’articolo 172 è, in questa prospettiva, particolarmente chiara: essa inibisce vicende oppositive in ragione della buona fede e la conseguente soluti retentio di trattamenti economici talora non esenti da errore perché conseguiti in base a faticose ricostruzioni di carriera. In mancanza di tale disposizione, era ben difficile che potessero accelerarsi le operazioni di pagamento dei nuovi trattamenti economici. 11.3 L’inquadramento del precetto nell’alveo di un processo di trasformazione con finalità di salvaguardia dei comportamenti degli uffici erogatori dei nuovi trattamenti economici costituisce implicitamente anche il limite di operatività dello stesso. Libero Sindacato Ufficiali Giudiziari - www.lisug.it – Si tratta di norma con prevalente ma non esclusivo carattere d’azione, che legittima l’esercizio successivo del conguaglio a fronte di una attività peculiarmente spedita in ragione delle esigenze dei pubblici dipendenti. 11.4 La provvisorietà del pagamento non significa, pertanto, esclusione della fattispecie dal novero di quelle regolate, per ogni altro aspetto, dalla disciplina e dal diritto comune, ma semplicemente quello che è reso palese dalle parole nella loro accezione letterale. La fattispecie precaria è priva di effetti sulla regolamentazione generale al di fuori degli ambiti espressamente salvaguardati o derogati. 11.5 La norma, infatti, non sembra prevedere una sempiterna provvisorietà che solo l’atto di conguaglio, in esito al perfezionamento del provvedimento formale, potrebbe modificare così da rendere le relative fattispecie esenti dall’applicazione degli articoli 2934 e seguenti del codice civile. 11.6 Per poter predicare ciò occorrerebbe che la disposizione fosse esplicita sulle vicende alle quali espone le situazioni soggettive, precisando la loro inidoneità a consolidamento di sorta e la non operatività, sulle stesse, degli ordinari fattori decadenziali o prescrizionali. L’articolo 2934 c. 2 c.c., infatti, impone l’esplicita indicazione legislativa dei diritti non soggetti a prescrizione: il solo riferimento alla provvisorietà del pagamento non comporta che alla fattispecie non debbano essere applicate, nei rispettivi ambiti, le discipline per le quali non sia prevista una esplicita causa di esclusione. 11.7 Si tratta di vicende che si collocano in diversi livelli. La provvisorietà delimita le modalità del pagamento in funzione dell’eventuale conguaglio; la prescrizione opera indipendentemente dalla qualificazione della provvisorietà, posto che quest’ultima non concerne il titolo, ma solo le modalità della prestazione. Diversamente opinando, si correrebbe il serio rischio di poter escludere, anche per via pattizia, l’applicazione di un istituto preordinato alla sicurezza dei rapporti giuridici. 11.8 Tra una pluralità di interpretazioni, peraltro, va sempre data preminenza a quella coerente con i valori costituzionali e con i principi generali del diritto. Una norma che, attraverso il mero riferimento alle modalità del pagamento (per certi versi in modo obliquo), intendesse sottrarre all’istituto generale della prescrizione talune situazioni si porrebbe in contrasto con i canoni: della ragionevolezza (poiché consentirebbe una non giustificata disparità di trattamento rispetto a quanto avviene nei rapporti privatistici senza neppure enunciare la ragione della specialità della previsione), dell’utilità sociale (in virtù del quale l’esercizio dei diritti corrisponde alle esigenze della intera collettività e alla propulsione delle attività economiche) e della certezza dei rapporti giuridici, che è l’habitat naturale di ogni ordinato sviluppo sociale. 12. L’Adunanza generale ritiene pertanto più coerente, anche sotto un profilo sistematico, l’interpretazione propugnata da parte ricorrente, secondo la quale i termini decorrono dalla corresponsione di quanto non dovuto. Rispetto a tale vicenda solo un atto recante una esplicita richiesta restitutoria può determinare l’effetto interruttivo. Tale vicenda si sarebbe verificata, secondo quanto sin qui osservato, per le mensilità maturate e corrisposte dopo il 15 luglio 1995 (essendo stato notificata la richiesta di restituzione il 15 luglio 2005). 12.1 Le conclusioni qui raggiunte muovono da considerazioni per dir così strutturali della ripetizione d’indebito oggettivo, nella quale va inquadrata la vicenda in esame. 12.2 L’istituto ha subito una notevole evoluzione concettuale dalla originaria configurazione di spostamento di beni e diritti patrimoniali in carenza di un titolo. Dopo aver incentrato l’attenzione sull’inapplicabilità di strumenti omologanti a figure contrattuali, la dottrina ha Libero Sindacato Ufficiali Giudiziari - www.lisug.it – progressivamente accentuato i caratteri di sicura connessione alla struttura del fatto, nel quale si sostanzierebbe la prestazione dell’indebito. Alla radice di quest’ultimo vi sarebbe un fatto che connota una fattispecie solutoria sine titulo. 12.3 L’art. 2033 c.c., infatti, configura i presupposti della condictio nel pagamento, cioè in un atto che, per mancanza della legittimazione connessa alla doverosità o quanto meno alla obbligatorietà, diviene per ciò stesso un fatto che espone immediatamente una originaria incongruenza con l’ordinamento giuridico. Ciò è evidente nel raffronto con il successivo art. 2034 c.c., che presuppone, per contro, l’esistenza di doveri morali e sociali i quali divengono, a loro volta, causa legittimante l’irripetibilità. La totale mancanza di causa e di qualsivoglia obbligazione morale e sociale rende privo di ogni qualificazione il pagamento e ne determina la sua riduzione a mero fatto, nel quale assume rilievo la mera esecuzione della solutio. 12.4 Il fatto, considerato nella sua essenziale struttura, non presenta elementi di qualificazione diversi da quelli propri del momento della esecuzione. Per ripristinare il riequilibrio connesso alla ripetizione occorre che il peculiare evento sia eliminato attraverso una specifica azione, la ripetizione d’indebito appunto, che presenta elementi di analogia con l’azione di nullità per difetto di causa (così Cass. 6 febbraio 1987, n. 1250). Ciò implica che sia vagliato e qualificato il contenuto del contegno del solvens, diversamente non ascrivibile ad archetipi valutativi ragionevoli. 12. 5 Ne discende come non possa darsi al fatto altra qualificazione di quella che lo stesso presenta per il suo essere in sé, con inevitabili conseguenze sulla decorrenza. Se tutti gli effetti del fatto si sono realizzati nel momento del suo porsi, non possono - in linea di principio - acquisire valore qualificativo elementi successivi e non coordinati con quello in un rapporto di stretta dipendenza. L’indebito è tale per l’immediato contrasto con la norma che regola l’obbligazione retributiva così che non acquista valore decisivo la circostanza che siano stati adottati atti illegittimi di pagamento. Se il contrasto è immediato e si realizza nel corrispondere il "non dovuto", ogni ulteriore considerazione e qualificazione del fatto può e deve essere inserita nell’ambito del consolidamento delle situazione soggettive e non al di fuori di ogni logica rispetto a quelle. 12.6 Si intende affermare come il decorso del tempo, senza che un effetto interruttivo proprio si sia verificato e sia stato conformemente portato a conoscenza dell’accipiens, operi a vantaggio della cristallizzazione del rapporto indipendentemente dalla doverosità o meno della solutio. 13. Accanto alla ragione per dir così strutturale altre possono essere evocate per identica conclusione. 13.1 Un argomento può desumersi proprio dalla comparazione e ponderazione tra due situazioni giuridiche che, ancorché diversamente qualificate, finiscono per confluire nel pagamento di somme a titolo (o con l’apparenza di un titolo) di retribuzione: da un lato, la diversa prescrizione relativa ai crediti retributivi del lavoratore (certamente quinquennale) e, dall’altro, quella decennale per ripetizione di somme corrisposte sine titulo nell’ambito del rapporto di lavoro. 13.2 Opera nel nostro ordinamento il già richiamato principio di ragionevolezza quale supremo canone di coesione interna del sistema, con l’ufficio di indirizzare l’interpretazione giuridica a soluzioni coerenti. In virtù di tale principio non potrebbe negarsi il carattere di evidente sproporzione in un rapporto sostanzialmente paritetico (quale quello retributivo) alla posizione del datore di lavoro legittimato, attraverso la formazione di propri atti, a utilizzare termini prescrizionali molto ampi (tali da variare, nella specie, dai diciannove ai dieci anni dal Libero Sindacato Ufficiali Giudiziari - www.lisug.it – momento del pagamento dell’indebito). La posizione non si rivelerebbe armonica con quella del prestatore d’opera, che vede spirare nel termine quinquennale ogni ragione per ottenere le retribuzioni spettantegli. 13.3 Se si colloca questa vicenda all’interno dell’articolo 36, c. 1 Costituzione, che assegna alla retribuzione il primario compito di assicurare al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa, non v’è dubbio che la prescrizione quinquennale operi in un contesto di situazioni ad alto tasso di rilevanza sociale e di coerenza con i supremi valori del nostro ordinamento (ribadendosi anche in questa sede come sulla dignità dell’uomo sono parametrati tutti i valori di rilievo costituzionale, anche se non in modo esplicito come nell’articolo 1 della GrundgGesetz germanica: sul punto C.d.S., II, 9 novembre 2005 n. 3389/2005). Con una valutazione evidentemente equitativa e tale da non compromettere il perseguimento di quei valori, il legislatore ha ritenuto lo spirare di un quinquennio come termine sufficiente per ritenere superate quelle istanze. 13 .4 Sarebbe illogico e contrario alla medesima ratio spostare ben oltre il pur lungo termine decennale l’assoggettabilità alla condictio di quanto ricevuto a titolo, seppure inesistente, di retribuzione. Si determinerebbe, infatti, una rilevante asimmetria nel sistema, che, mentre assegna una prescrizione breve per l’esercizio dei diritti connessi con la prestazione lavorativa, per altro verso, legittima ben oltre il decennio la ripetizione delle somme versate ancorché non dovute per il medesimo titolo retributivo e utilizzate - quasi per definizione – per soddisfare le primarie esigenze che l’articolo 36, c. 1 Cost. presidia. 13.5 Seguendo le tesi dell’Amministrazione, la vicenda esporrebbe la soggezione del dipendente con incerto termine finale, che potrebbe lambire quasi i venti anni dal primo parziale versamento sine titulo. 14 Ne consegue che le differenze stipendiali corrisposte fino al 15 luglio del 1995 devono ritenersi prescritte. 15. Per le suesposte considerazioni dinanzi espresse il ricorso, con la connessa istanza di sospensione, va accolto nei limiti di cui in motivazione. P.Q.M. L’Adunanza generale esprime il parere che il ricorso, unitamente alla richiesta misura cautelare contestualmente avanzata, debba essere accolto nei sensi di cui in motivazione. Visto: Il Presidente (Mario Egidio Schinaia) L’Estensore (Filoreto D’Agostino) Depositato il 22 ottobre 2007. Libero Sindacato Ufficiali Giudiziari - www.lisug.it –