INTERVISTA AD ANNA DELLA ROSA, TRA “LA GRANDE BELLEZZA” DI SORRENTINO E “PEPERONI DIFFICILI” DI LISMA. Insidemag a cura di Giuseppina Biondo A pochi giorni dall’86ª premiazione degli Oscar 2014, che si terrà a Los Angeles sotto la conduzione di Ellen DeGeneres, ho pescato dal mazzo del cinema italiano l’attrice Anna Della Rosa, la non-fidanzata di Verdone ne “La grande bellezza”, opera cinematografica candidata, come ben saprete, a Miglior film straniero. Dal 5 al 23 marzo la nostra Anna si esibirà, inoltre, al Teatro Franco Parenti di Milano nello spettacolo “Peperoni difficili”. Cara Anna, questo marzo 2014 la vede divisa tra due eventi. Da una parte c’è l’Oscar, dall’altra la commedia “Peperoni difficili” a Milano. Non poteva essere un periodo più intenso per contattarla. Come si vive nell’attesa di un Premio Oscar e come l’inizio di uno spettacolo in teatro post-candidatura? Per quanto riguarda la candidatura agli Oscar sono felicissima per Sorrentino e ancora più emozionata per Servillo, perché lo conosco bene avendo avuto l’immensa fortuna di lavorare con lui nella Trilogia della villeggiatura. Poi sono orgogliosa, ma soprattutto come “Italiana” più che come interprete del film, nel senso che la mia partecipazione nella pellicola è piccola… anche se devo ammettere che mi diverte pensare che la mia faccia venga vista da Di Caprio, De Niro… insomma per me gli attori americani sono un po’ come gli dei dell’Olimpo. Ben più concreta è l’imminenza del debutto del nostro spettacolo, che mi entusiasma e coinvolge pienamente! So che lei ha studiato a Milano. Ci racconta il suo percorso artistico-culturale? Da dove parte la sua istruzione? E quale esperienza le è stata più formativa? Mi sono diplomata all’accademia d’arte drammatica Paolo Grassi e più o meno contemporaneamente ho studiato lettere moderne all’Università Statale, poi ho iniziato a lavorare e la laurea è arrivata diversi anni dopo in Storia del Teatro… tutte e tre gli ambiti sono stati e sono formativi, l’esercizio a scuola, la pratica in teatro e lo studio sono strumenti che si intrecciano e arricchiscono vicendevolmente. Lavorare con maestri come Stein, Castri o Servillo permette di esperire come pratica e teoria si coniughino ricreando in scena la vita. Bisogna parlare ancora un po’ de “La grande bellezza”. Com’è stato lavorare con Paolo Sorrentino? C’è una caratteristica del suo modo di fare cinema che l’ha colpita? È stato innanzitutto molto molto divertente, Sorrentino mi ha colpito fin dai provini per la sua ironia e grande calma. Sul set poi c’era un’organizzazione straordinaria, il primo giorno che ho girato la mia sensazione è stata quella di essere un’ospite nuova a casa di amici che si conoscono invece da una vita, e che mentre ti accolgono con semplicità, stanno cucinando prelibatezze complicatissime con la disinvoltura di chi fa due spaghetti al pomodoro. E poi è straordinaria la cura e l’attenzione che Sorrentino rivolge agli attori, senza alcuna ansia ma al contrario con un sorriso: anche durante le riprese delle scene più complesse e corali ascoltava ogni piccolo dialogo e poi magari suggeriva di provare a sostituire una parola con un sinonimo, o a dare una sfumatura leggermente diversa a una battuta. Certo lavorare con grandi personalità, con grandi volti, certe volte può essere ingombrante, altre volte al contrario può dare parecchia luce. Da quest’opera d’ambientazione romana, quanto è cambiata la sua carriera? Nel mio caso non è stato ingombrante ma solo molto bello, Verdone per esempio è stato da subito molto gentile, disponibile, ha fatto in modo di mettermi a mio agio con delicatezza e l’irresistibile ironia che conoscevo dai suoi film! Nei fatti fino ad ora la mia carriera non è cambiata, ma è stata un’esperienza bellissima e gioiosa, che senz’altro mi ha lasciato l’acquolina in bocca. Adesso vorrei concentrarmi su “Peperoni difficili”. Che ruolo interpreta nella commedia e cos’ha in comune con il suo personaggio? Una missionaria in Africa che a causa di un grave attentato nel campo in cui lavora è costretta dall’ambasciata a tornare in Italia, nella piccola parrocchia in cui vive il suo amato fratello, padre Giovanni. Una donna animata da una fortissima fede e dall’amore per il prossimo, una donna luminosa, spiritosa, sincera… che tuttavia nasconde ombre piuttosto sorprendenti, e afflitta da una strana forma di cecità (metaforica), che forse le deriva dalla troppa luce negli occhi… Nel caso di questo personaggio, Maria, mi intriga quello che non ho in comune, ovvero una fede forte: la sfida che mi propone Maria è dare credibilità a parole profonde su Dio e la Verità. Rosario Lisma è il regista e lo sceneggiatore dell’opera che andrà in scena a Milano, e nella vita è suo marito. Ho avuto modo di intervistarlo e mi ha parlato di lei. Lei che mi dice di lui? Quale crede che sia la sua peculiarità? La sua sensibilità nei sentimenti, la sua ironia e la sua autoironia, doti che a mio avviso sono assai apprezzabili in un artista e in un marito! Cosa significa essere un’artista secondo lei? Quale deve essere la caratteristica che non può mancare e qual è quella che più la rappresenta? Provo a rispondere: un artista è un alchimista che cerca per tutta la sua vita di ricreare la vita, che cerca il modo di far scaturire la verità, intesa come qualcosa che nella sua opera tocchi veramente la testa e il cuore degli spettatori. Io mi auguro di riuscire talvolta a riuscire a far scaturire questa fiammella, seppure fugacemente! Quando ha capito di voler diventare un’attrice? C’è un film, un testo o un personaggio che l’ha indirizzata ispirandola? Ho voluto farlo fin da piccola: tutte le estati dal 3 ai 14 anni sono andata in un kinderheim in Trentino che per me è stato l’Eden, dove facevamo fra le altre cose, recite, balletti… e lì è nato l’amore. Politica e arte. Com’è la situazione oggi? Chi sono i Mecenate in Italia? Ne esistono nel mondo del cinema e del teatro? Direi che la situazione è disperante, non credo ci siano Mecenati, ma forse mi sbaglio. Cosa crede che debba essere la politica e come si può migliorare il nostro Paese? C’è qualcosa che vorrebbe dire ai politici? Credo che la politica debba essere un lavoro continuo svolto per il bene delle persone. L’Italia potrebbe migliorare con la meritocrazia e la severità, ma forse questo sembra il motto di un insegnante degli anni ’50?! La ringrazio per la gentilissima disponibilità a concludere quest’intervista e spero di poterla vedere nelle prossime settimane al Teatro Parenti di Milano. Nel frattempo in bocca al lupo per domenica 2/ lunedì 3. Le chiedo ora un saluto per i lettori… Ci lasci anche con un consiglio per chi la volesse seguire come modello. Di non seguirmi ma di seguirsi… di ascoltare, di osservare, di vivere! Ma ora temo di non sembrare più un insegnate ma una guru da quattro soldi.. chiedo scusa e vi saluto!