La liberalizzazione dei servizi sanitari

La liberalizzazione
dei servizi sanitari
di Gianfelice Rocca
INTRODURRE PRINCIPI E REGOLE ISPIRATE ALLA SUSSIDIARIETÀ PUÒ ESSERE DI GRANDE AIUTO
NELL’AFFRONTARE LA COMPLESSITÀ ECONOMICA, POLITICA E SOCIALE DELLA GESTIONE DEL
“BENE PUBBLICO SALUTE”. LA LIBERALIZZAZIONE DEL SISTEMA SANITARIO, INFATTI, CONSENTE DI
RAGGIUNGERE UN PUNTO DI EQUILIBRIO EFFICIENTE NEL DILEMMA TRA RISORSE PUBBLICHE
LIMITATE E DOMANDA CRESCENTE DI PRESTAZIONI SANITARIE DA PARTE DEI CITTADINI.
LA PARTECIPAZIONE DEI PRIVATI AL GOVERNO DELLA SPESA SANITARIA PUÒ AVVENIRE SUL FRONTE DELL’OFFERTA, SECONDO UN MODELLO CHE VEDE COMPETERE FORNITORI PUBBLICI E PRIVATI
DI PRESTAZIONI SANITARIE, IN UN AMBIENTE CAPACE DI PREMIARE LE ENERGIE MIGLIORI E IN
UNA CORNICE DI REGOLE DEFINITE DA UN UNICO ACQUIRENTE PUBBLICO (IL SERVIZIO SANITARIO
NAZIONALE).
LA PARTECIPAZIONE DEI PRIVATI, INOLTRE, PUÒ AVVENIRE ANCHE SUL FRONTE DEL CONSUMO. IN
QUESTO SENSO, NELLA MISURA IN CUI I CITTADINI SONO CHIAMATI A FARSI CARICO DI PARTE
DELLA SPESA SANITARIA, INSERENDO MECCANISMI DI TUTELA DELLE FASCE SOCIALI PIÙ DEBOLI,
IL SISTEMA È IN GRADO DI RAGGIUNGERE UN’ALLOCAZIONE EFFICIENTE DELLE RISORSE.
GIANFELICE ROCCA È PRESIDENTE DI TECHINT E VICEPRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA.
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di Gianfelice Rocca
C
Cosa significa liberalizzare il sistema sanitario?
I servizi sanitari rappresentano oggi una delle sfide più complesse dal punto di vista
manageriale, economico, sociale e politico. La sanità si configura a tutti gli effetti come un
bene pubblico, e la sua gestione coinvolge, tra l’altro, delicati assetti di contabilità pubblica
ed esigenze di protezione sociale. In tutti i Paesi occidentali lo scenario appare infatti caratterizzato da due elementi distintivi: da un lato, risorse pubbliche che continuano ad assottigliarsi; dall’altro, una generalizzata sensibilità sociale che domanda una sempre maggiore
disponibilità di moderni sistemi di cura.
In questo scenario, la liberalizzazione del sistema sanitario può rappresentare un contributo in termini di efficienza per perseguire gli obiettivi principali delle politiche pubbliche:
contenere i costi a carico del bilancio statale e degli enti locali e garantire l’accesso alla sanità
anche alle fasce sociali meno protette. In particolare, la liberalizzazione può essere intesa
come compartecipazione tra pubblico e privato sul versante dell’offerta e del consumo. Sul
versante dell’offerta, ciò significa dunque la partecipazione degli operatori privati alla produzione dei servizi sanitari. Sul versante del consumo, invece, la partecipazione dei cittadini al
governo della spesa sanitaria.
Analizzando le caratteristiche dei sistemi sanitari dei principali Paesi occidentali, appare evidente che l’esistenza di un servizio sanitario nazionale consente di promuovere una maggiore protezione sociale e di minimizzare i costi di transazione nei rapporti con i fornitori dei
servizi sanitari. Fatta questa premessa, nella cornice di un unico servizio sanitario nazionale,
il coinvolgimento di operatori privati nella produzione delle prestazioni sanitarie può migliorare l’efficienza, la qualità dei servizi erogati e la quantità dei capitali impiegati.
Consentire libertà d’accesso agli operatori privati, in linea di principio, implica l’introduzione di maggiore concorrenzialità nel settore, con potenziali riflessi positivi sulla produttività dell’offerta. Questo può avvenire in particolare nell’ambito delle grandi strutture ospedaliere, che si caratterizzano per l’estrema complessità gestionale e rispetto alle quali gli operatori privati appaiono in grado di introdurre nuovi modelli gestionali nel campo della programmazione delle risorse umane e strumentali, dello studio dei flussi e dei tempi di percorrenza, dell’integrazione tra area clinica e amministrativa, del controllo di gestione e della qualità dell’assistenza.
Quando la liberalizzazione porta vantaggi
Nel definire questo modello di liberalizzazione applicata alla produzione di servizi sanitari è importante sottolineare che non si tratta di difendere l’utilità di un’apertura indiscriminata agli operatori privati, ma di incentivare l’applicazione del principio di sussidiarietà. In
particolare, efficienza e produttività possono essere incrementate se si mantiene separato il
mondo dell’acquirente (il servizio sanitario nazionale) dal mondo dei fornitori di servizi (gli
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operatori pubblici e privati). In base a questo modello, compito dell’acquirente è individuare
e accreditare i fornitori in grado di produrre servizi di qualità, a prescindere da elementi quali
proprietà o ragione sociale. Quindi i cittadini si rivolgono ai fornitori di servizi sanitari che
ritengono migliori e l’acquirente interviene remunerando le prestazioni erogate dai fornitori. In
questo modo, operatori pubblici e privati si confrontano in regime di par condicio e si innesca un processo di competizione virtuosa che conduce alla riduzione degli sprechi, al miglioramento della qualità delle prestazioni e all’incremento degli investimenti per l’aggiornamento delle tecnologie, dei medici e degli infermieri.
Affinché la concorrenza tra operatori pubblici e privati generi la massima efficienza,
occorre che l’ambiente competitivo sia strutturato in modo da premiare il successo, vale a dire
le procedure più innovative e le pratiche migliori. Questo avviene, in particolare, se si applicano alcuni principi. Il primo è quello della trasparenza, in base al quale gli indici di qualità
medica e di qualità del servizio andrebbero pubblicizzati,
così da trasformare le aziende del settore in vere e proprie
Nel definire questo
“case di vetro”, conoscibili e valutabili da tutti i potenziamodello di liberalizzazione
li utenti. Il secondo è quello dei controlli, che devono interessare sia gli atti amministrativi che gli atti medici ed
applicata alla produzione
essere curati da enti indipendenti in grado di analizzare
di servizi sanitari è
dati statistici, efficienza e qualità di tutti gli ospedali (pubimportante sottolineare
blici e privati). Il terzo, infine, è quello del prezzo delle
che non si tratta di
prestazioni, che dovrebbe essere usato come un elemento
regolatore della politica sanitaria nazionale o regionale, in
difendere l’utilità di
modo che la remunerazione versata agli operatori pubblici
un’apertura indiscriminata
o privati che forniscono le prestazioni sia correlata alla
agli operatori privati, ma
qualità del servizio, all’entità dell’investimento e all’equidi incentivare
librio tra domanda e offerta sul territorio.
Purtroppo, quando si affronta il tema della partecil’applicazione del principio
pazione dei privati alla produzione dei servizi sanitari, non
di sussidiarietà.
è infrequente imbattersi in prese di posizione ideologiche,
che risentono di barriere culturali e linguistiche, e tendono a raffigurare una sorta di scontro tra pubblico e privato. In realtà, occorre analizzare il tema
senza il filtro dell’ideologia, tenendo sempre presente che l’obiettivo di fondo di ogni autentica liberalizzazione è mettere in moto tutte le risorse possibili, anche quelle private, per
migliorare il livello dell’assistenza. Può essere utile perciò soffermarsi brevemente su alcuni
pregiudizi ideologici che, seguendo un approccio pragmatico, risultano privi di fondamento.
Talvolta per esempio si afferma che gli ospedali privati riescono a essere più efficienti di quelli pubblici, perché rinunciano a curare alcune patologie, non hanno reparti di rianimazione e
non sono dotati di strutture di pronto soccorso. Un altro elemento di matrice ideologica è la
presunta minore appropriatezza degli ospedali privati. O ancora, si riscontra talora il timore
che l’attività e gli standard qualitativi applicati dagli operatori privati siano impossibili da con-
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trollare. In realtà, se si analizzano queste ultime tre affermazioni con metodo scientifico,
all’interno di un dibattito sostenuto da elementi fattuali, non è difficile constatare che non
corrispondono a verità, e si può aggiungere che le tecnologie informatiche esistenti consentono di raggiungere una trasparenza assoluta su tutti i punti oggetto di controversia.
A margine delle ultime considerazioni, si può osservare che la liberalizzazione dei servizi sanitari avrebbe effetti positivi anche sulla competitività del sistema Paese italiano. In
generale, la sanità influenza i sistemi competitivi in due modi diversi. In primo luogo, il costo
della salute risulta essere una componente determinante del costo del lavoro, e uno dei fattori che determinano le decisioni di investimento delle imprese. A titolo esemplificativo, si
può citare il caso delle numerose imprese statunitensi che trasferiscono i propri stabilimenti
in Messico per risparmiare sulla spesa sanitaria dei dipendenti, oppure si può fare riferimento al caso delle automobili prodotte dalla General Motors, nella realizzazione delle quali il
costo attribuibile al piano salute dei lavoratori è superiore a quello della lamiera. In secondo
luogo, la filiera della salute è uno dei settori dell’economia che offrono le maggiori prospettive di espansione. In Italia, per esempio, è la terza industria nazionale e incide per l’11,1%
sul Prodotto Interno Lordo del Paese, dando lavoro al 6% degli occupati e registrando il più
alto valore aggiunto alla produzione, pari a 138.000 euro per occupato, contro i 106.000 euro
di media dell’economia nazionale. Promuovere la competitività delle imprese che operano
nella filiera della salute significa, quindi, difendere un sistema produttivo capace di investire
in ricerca e sviluppo, di attrarre e remunerare capitali e di creare occupazione e opportunità
di esportazione in settori come quello degli apparecchi medicali e nell’area farmaceutica.
Una spesa sanitaria più efficiente
La liberalizzazione del sistema sanitario, come si è osservato in precedenza, non è limitata al versante dell’offerta, ma interessa anche quello del consumo. In questo senso, va intesa come compartecipazione dei soggetti privati alla spesa sanitaria, ed è dettata dalla necessità di introdurre meccanismi di autoregolazione capaci di contenere e rendere più efficiente
la spesa sanitaria delle famiglie, che è in crescita e nei prossimi anni tenderà inevitabilmente ad aumentare ancora.
Alla radice dell’incremento della spesa sanitaria ci sono, oltre il progressivo invecchiamento della popolazione e l’estendersi della vita, il progresso scientifico e l’evoluzione dei
consumi. Sotto il primo profilo, la ricerca e il progresso tecnologico ampliano costantemente
le possibilità di intervento medico, in special modo nel settore della terapia e della diagnosi,
mettendo a disposizione degli utenti prestazioni mediche in grado di trattare nuove patologie.
Sotto il profilo dei consumi, si assiste a una crescita della domanda di prestazioni sanitarie
da parte dei cittadini, che si estende fino a includere una serie di prestazioni e servizi di carattere non strettamente medico, suggerendo così di parlare di una “domanda di salute”, anziché di una “domanda di sanità”.
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Premono dunque nella direzione di un aumento della spesa sanitaria la sensibilità
sociale prevalente (che chiede una sempre maggiore disponibilità di moderni sistemi di cura)
e le nuove tecnologie (che offrono un campionario sempre più vasto di terapie, cure e servizi
sanitari). A fronte di questo scenario, è importante sottolineare che l’integrazione della spesa
pubblica e della spesa privata, in modo complementare ed efficiente, può risultare fondamentale per contenere la crescita della spesa sanitaria. In altri termini, fare in modo che i cittadini siano chiamati a finanziare in prima persona parte delle prestazioni sanitarie, direttamente o attraverso assicurazioni integrative in concorrenza tra loro, stimola un’allocazione
efficiente delle risorse private e riduce gli sprechi del sistema nel suo complesso. I modelli
applicabili in concreto sono numerosi (ticket sulle prestazioni, assicurazioni sanitarie integrative o individuazione di livelli essenziali di assistenza cui hanno diritto tutti i cittadini, etc.)
e, se opportunamente modulati, consentono di salvaguardare le esigenze di protezione delle fasce sociali più deboSotto il profilo dei
li senza compromettere la ricerca di una maggiore efficonsumi, si assiste a una
cienza.
crescita della domanda di
In conclusione, si può affermare che una concorprestazioni sanitarie da
renza “gestita” nel settore sanitario sul versante della produzione e della spesa consente di sfruttare pienamente le
parte dei cittadini, che si
esperienze di eccellenza, di cui un Paese come l’Italia è
estende fino a includere
ricchissimo. D’altra parte, bisogna rilevare che l’ingresso
una serie di prestazioni e
dei privati nel settore della produzione sanitaria dovrebbe
servizi di carattere non
andare di pari passo con la creazione di un ambiente competitivo, capace di premiare le energie migliori e di prostrettamente medico,
muovere l’adeguamento di tutti gli operatori agli standard
suggerendo così di parlare
più elevati presenti sul mercato. Allo stesso modo, la pardi una “domanda di
tecipazione dei privati alla spesa dovrebbe avvenire con
l’introduzione di meccanismi tali da non pregiudicare la
salute”, anziché di una
tutela delle fasce sociali svantaggiate e promuovere un’au“domanda di sanità”.
toregolazione dei livelli di spesa sanitaria. In ultima analisi, l’apertura ai privati, accanto alla presenza di soggetti pubblici, sembra essere la soluzione
corretta per creare efficienza e aumentare la produttività, condizione necessaria per assicurare al maggior numero possibile di cittadini l’accesso a servizi sanitari di qualità.
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