1 LICEO “PERTINI” 27.02.2014 Letture da Hannah Arendt 1) La convinzione che tutto quanto avviene sulla terra debba essere comprensibile all’uomo può condurre a interpretare la storia con luoghi comuni. Comprendere […] significa esaminare e portare coscientemente il fardello che il nostro secolo ci ha posto sulle spalle, non negarne l’esistenza, non sottomettersi supinamente al suo peso. Comprendere significa insomma affrontare spregiudicatamente, attentamente la realtà, qualunque essa sia. (Le origini del totalitarismo, p. lxxx) 2) Anche quando ce ne stiamo per i fatti nostri, anche allora, non appena articoliamo questo essersoli ci ritroviamo in compagnia, e per la precisione in compagnia di noi stessi. […] Da questo punto di vista, è vero allora che la mia condotta con gli altri dipende in larga misura dalla mia condotta con me stesso. E non si tratta di appellarsi a doveri o obbligazioni: si tratta invece di appellarsi alla nostra capacità di pensiero e di ricordo, una capacità che noi possiamo sempre perdere. (Alcune questioni di filosofia morale, p. 56) 3) Il criterio del giusto e dell’ingiusto, la risposta alla domanda “cosa devo fare?” […] dipende solo da ciò che io decido di fare guardando a me stesso. In altre parole, io non posso fare certe cose, poiché facendole so che non potrei più vivere con me stesso. Questo vivere-con–se-stessi è qualcosa di più della coscienza o dell’autocoscienza che sempre mi accompagna nel fare certe cose e nel dire che le sto facendo. Essere con se stessi e giudicare se stessi è qualcosa che concerne il pensiero, e ogni processo di pensiero è un’attività in cui io parlo con me stesso di tutto quanto accade e mi riguarda. (Ivi, p. 58) 4) Eichmann era convintissimo […] di non essere nel fondo dell’anima un individuo sordido e indegno; e quanto alla consapevolezza, disse che sicuramente non si sarebbe sentito la coscienza a posto se non avesse fatto ciò che gli veniva ordinato – trasportare milioni di uomini, donne e bambini verso la morte – con grande zelo e cronometrica precisione. Queste affermazioni lasciavano certo sbigottiti. Ma una mezza dozzina di psichiatri lo aveva dichiarato “normale” […] e in effetti Eichmann era normale nel senso che “non era una eccezione tra i tedeschi della Germania nazista”, ma sotto il Terzo Reich soltanto le “eccezioni” potevano comportarsi in maniera “normale”. (La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, pp. 33-35) 5) [L’imputato] disse sempre le stesse cose, adoperando sempre gli stessi termini. Quanto più lo si ascoltava, tanto più era evidente che la sua incapacità di esprimersi era strettamente legata a un’incapacità di pensare. (Ivi, p. 57) 6) Con il termine vita activa propongo di designare tre fondamentali attività umane: l’attività lavorativa [labor], l’operare [work] e l’agire [action]; esse sono fondamentali perché ognuna corrisponde a una delle condizioni di base in cui la vita sulla terra è stata data all’uomo. […] L’azione, la sola attività che metta in rapporto diretto gli uomini senza la mediazione di cose materiali, corrisponde alla condizione umana della pluralità, al fatto che gli uomini, e non l’Uomo, vivono sulla terra e abitano il mondo […] questa pluralità è specificamente la condizione […] di ogni vita politica. […] Tutte le attività umane sono condizionate dal fatto che gli uomini vivono insieme, ma solo l’azione non può essere nemmeno immaginata fuori della società degli uomini. (Vita activa. La condizione umana, pp. 7,18)