Da NEUROCHIRURGIA UNIPAVIA: I precetti impartiti dalla scuola di Ippocrate e dalle altre scuole mediche greche, nel III secolo a.C., vennero raccolti dai bibliotecari della più grande biblioteca allora conosciuta, la Biblioteca di Alessandria d'Egitto. Qui, a partire dal III secolo a.C., si sviluppa una delle più importanti scuole mediche del mondo ellenico ed ellenistico, la Scuola di Alessandria, che influenzerà abbondantemente la medicina greca del tempo e quella romana a venire. Merito della scuola alessandrina è di aver aperto le porte all'esperimento biologico, iniziando studi sistematici su sezioni anatomiche ottenute con la pratica della vivisezione su animali. Prima della scuola di Alessandria fu però il filosofo Aristotele, definito da molti come il fondatore dell'anatomia comparata, ad intraprendere questo genere di studi fondendo scienza e filosofia in ragionamenti basati sui suoi famosi sillogismi: studiò a fondo l'anatomia con particolare attenzione per il sistema nervoso e per il cuore. Ne fanno testo le numerose opere al riguardo: Storia degli animali, in 10 libri, seguita e completata da Sulle parti degli animali (4 libri), Sul movimento degli animali, Sull'andatura degli animali e l'ampio Sulla generazione degli animali (5 libri). Una serie di brevi opere è raccolta sotto il titolo latino di Parva Naturalia, ossia "piccoli scritti naturali", e comprende opuscoli sulla sensazione, sulla memoria, sui processi onirici, sulla respirazione e sulle fasi della vita. DALLA NASCITA DELL’URBE SINO AL II SEC. a.C Dalla nascita dell'Urbe (753 a.C.) fino al secondo secolo avanti Cristo, lo sviluppo della medicina presso i romani fu relativamente modesto. Trattavasi di una medicina prevalentemente autoctona, in buona parte mutuata dagli Etruschi, in cui agli ascendenti religiosi (presenza di una serie di divinità, ognuna protettrice di una parte del corpo o preposta a singoli aspetti, patologici e non, della vita fisiologica) si affiancano aspetti nettamente empirici (uso di erbe medicamentose, decotti, infusi, applicati secondo nozioni desunte dall'esperienza) ed anche magici. Questa medicina vide in Catone il Censore (234 a.C. - 149 a.C.) il suo massimo esponente. Il medico (curator) era la persona in grado di prestare occasionalmente una sorta di servizio sanitario, in condizioni di straordinaria emergenza come ad esempio guerre o pestilenze. In realtà, era il "pater familias" (capo famiglia), la figura più autorevole di ciascun nucleo familiare, a presiedere alla tutela della salute di tutti i componenti del nucleo famigliare, dei dipendenti e del bestiame. A partire dal III secolo a.C. Roma vede l'arrivo di molti medici greci, per lo più schiavi o liberti, dotati di scarsa abilità tecnica, e di conseguenza, poco considerati nella società romana. Tra essi si distinse Arcagato, emigrato a Roma da Sparta nel 219 a.C. Tuttavia, Arcagato inaugura la professione medica pubblica, esercitata in luoghi a metà strada tra ambulatori, farmacie e scuole, detti tabernae o tabernae medicinae, che ricordavano molto da vicino gli jatreia dell'antica medicina greca. L'epoca imperiale coincide con il momento di maggiore splendore della medicina a Roma. Essendo una scienza nuova per Roma, attirò molti tra i più famosi scrittori romani tra cui Cicerone, Marco Terenzio Varrone, Lucrezio, Plinio il Vecchio, Gellio e Seneca che, pur non essendo medici, se ne occuparono comunque in maniera abbastanza approfondita. Ma è anche l'epoca nella quale sorgono varie scuole mediche, latrici di insegnamenti spesso in aperta contraddizione tra loro e sotto l'influenza delle varie scuole, comincia a prendere forma un pensiero medico vero e proprio. Ma senza dubbio la figura più importante della prima parte dell'epoca imperiale è rappresentata da un medico originario proprio di Roma, Aulo Cornelio Celso (25 a.C. - 50 d.C.) Fu considerato l'Ippocrate Romano e, per le sue conoscenze enciclopediche, il Cicerone della medicina. Fu medico, ma soprattutto chirurgo. Nelle sue opere [a noi sono rimasti solo gli otto tomi del De Medicina, parte di una vasta opera enciclopedica, De artibus, dedicata ai problemi anche dell'agricoltura, dell'arte militare, dell'oratoria, della giurisprudenza e della filosofia] trattò approfonditamente di patologia, di clinica, di igiene, ma soprattutto di chirurgia, alla quale sono dedicati due libri: il VII e l' VIII: da ricordare, tra l'altro, la legatura dei vasi nelle emorragie più imponenti, la sutura delle ferite profonde, la toracotomia, le ernie inguinali, ombelicali e scrotali, l'intervento per l'eliminazione dei calcoli vescicali, la tecnica delle operazioni di emorroidi e varici, la chirurgia plastica e ben 24 tipi procedure chirurgiche in oculistica. Ampio spazio è dato anche alla chirurgia odontoiatrica (De Medicina, VII,12). Celso dimostra di aver letto Ippocrate (di cui è seguace) e di avere un'ottima conoscenza dell'anatomia, sicuramente dovuta alla conoscenza degli studi dei grandi anatomici alessandrini, come dimostra la descrizione del cranio con le suture ed i punti di maggiore o minore resistenza Se Ippocrate aveva sconsigliato l'intervento chirurgico in caso di fratture craniche infossate, Celso, al contrario, lo propone come mezzo terapeutico, anche se limitatamente a situazioni particolari. Il suo metodo di intervenire nelle lesioni traumatiche craniche, descritto con precisione ed accuratezza nel suo De Medicina, diventerà lo standard chirurgico fino al tardo Medio Evo. Rilevante anche l'esposizione del quadro sintomatologico e delle sue variazioni in rapporto all'evoluzione, favorevole o sfavorevole, della prognosi. Descrivendo il comportamento del medico in caso di trauma cranico (De Medicina VIII, 4, 1-22 - Celso afferma che è necessario, in primo luogo, che il medico raccolga una accurata anamnesi patologica prossima, con particolare riguardo ai sintomi manifestati dal paziente nell'immediatezza del trauma ed alle cause dello stesso. Proprio in quegli anni, Cesare Augusto, forte dell'esperienza dei quindici anni di guerra civile, seguita all'uccisione di Cesare alle Idi di Marzo e che lo aveva visto vittorioso, si era reso conto dell'importanza del medico al seguito della truppa. Decise, così, di formare un corpo di medici (chirurghi) militari, professionalmente qualificato. I medici militari, in cambio della loro opera, acquisivano benefici consistenti in titoli, terreni e una specie di pensione. Non potevano tuttavia diventare ufficiali, in quanto non partecipavano come combattenti alle battaglie, anche se vestivano la stessa uniforme degli altri legionari. _________________________________________________