Vincenza Garofalo
Unbuilt
Quattro progetti di Alberto Sartoris.
Ridisegno e lettura grafica
Prefazione di Francesco Maggio
Introduzione di Giuseppe Di Benedetto
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ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
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via Raffaele Garofalo, 133/A–B
00173 Roma
(06) 93781065
isbn 978–88–548–6856–4
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con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
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I edizione: gennaio 2014
L’opera d’arte è un gioco… il disegno,
lui, è il testimone.
Testimone imparziale e motore delle
opere del creatore.
Le Corbusier, Dessins Aux
Indice
9
Prefazione
di Francesco Maggio
13
Introduzione
di Giuseppe Di Benedetto
17
Premessa
25
Capitolo I
Alberto Sartoris e il disegno dell’architettura
33
Capitolo II
Casa per il pittore Jean Saladin van Berchem a Auteuil
61
Capitolo III
Casa per lo sciatore Gentinetta a Chexbres
83
Capitolo IV
La mia casa ideale a Firenze
105
Capitolo V
Casa per il contrabbandiere A.C.F. sull’isola di Tenerife
127
Note biografiche
131
Bibliografia
Desidero ringraziare i Professori Francesco Maggio e Giuseppe Di Benedetto, Docenti del Dipartimento di Architettura dell’Università di Palermo, per la Prefazione e per l’Introduzione al volume e per il sostegno a questa ricerca. Grazie a
Maria Badalamenti per la sua positività incoraggiante.
Dedico questo libro a mia madre e a Mario che mi sostengono costantemente.
Questo lavoro si inserisce in una ricerca più ampia condotta all’interno del Dipartimento di Architettura di Palermo, già confluita nei volumi Architettura demolita
e Eileen Gray. Interpretazioni grafiche.
I modelli tridimensionali della casa per il pittore, della casa ideale e della casa del
contrabbandiere sono stati rielaborati dall’autrice sulla base degli analoghi realizzati dall’Arch. Rosalinda Attardo. I rendering delle viste assonometriche e prospettiche sono stati elaborati dall’Arch. Maria Antonietta Badalamenti.
Ove non altrimenti specificato, disegni ed elaborazioni grafiche sono dell’autrice.
Prefazione
di Francesco Maggio
Da molti anni, ormai, la “rivoluzione” digitale ha trasformato i processi di comunicazione dell’architettura che da sempre sono stati ambiti
della rappresentazione e della critica.
I modelli virtuali, come sostiene Riccardo Migliari, «sono utilissimi
per almeno tre buoni motivi che riguardano lo studio dell’architettura:
il primo riguarda la simulazione di una visita di un’architettura da realizzare, il secondo la “costruzione” di progetti mai realizzati, il terzo la
simulazione di una visita a un monumento che il tempo ha profondamente alterato al fine di innescare corretti procedimenti restaurativi»1.
I modelli digitali e le rappresentazioni in proiezione ortogonale di
questo lavoro, che si collocano nel secondo dei tre buoni motivi indicati
da Migliari, esito di un corretto approccio metodologico ai temi del disegno, della storia dell’architettura e della storia della rappresentazione, inducono ad alcune riflessioni.
L’architettura può essere “raccontata” con testi e con nuove e inedite rappresentazioni percorrendo i luoghi della feconda interazione
tra produzione teorica ed elaborazione digitale. Il disegno è, infatti,
uno dei necessari strumenti della critica e, quando esso esplora architetture “assenti”, è un vero e proprio atto ermeneutico; questa
considerazione permette di scacciare quell’antico fraintendimento
_______________________________
1
R. MIGLIARI, V.I.A. Virtual Interactive Architecture, in M. UNALI (a cura di), Lo spazio di-
gitale dell’architettura italiana, Edizioni Kappa, Roma 2006, p. 198.
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Prefazione
per il quale il disegno di architettura è uno strumento inteso come
semplice mezzo e non come qualcosa adoperata per conseguire un
preciso scopo.
In tal senso il disegno digitale, per la sua straordinaria “elasticità”,
è molto utile per l’analisi grafica di quei progetti di “architetture nel
cassetto” che, per il loro essere pura espressione di un’idea “incontaminata”, possiedono una espressività maggiore dei progetti realizzati
che sono spesso sviliti da compromessi dovuti a fattori esterni quali la
committenza o l’aspetto economico.
Espressione di un’idea di architettura sono le assonometrie di Alberto Sartoris, vere e proprie icone del Movimento Moderno, che in questo volume diventano un racconto con nuove immagini che esplorano i
rapporti volumetrici, le interconnessioni tra pieni e vuoti e le relazioni
tra luce e ombra tanto care a Le Corbusier.
Ma c’è di più. Le illustrazioni a corredo delle descrizioni testuali dei
progetti indagati fanno uso dei corretti modi della “Scienza della Rappresentazione” piuttosto che allontanarsi da essi attraverso funamboliche rappresentazioni dovute a inutili frenesie prodotte dallo stupore
della capacità di una “macchina” di poter possedere infiniti “punti di
vista”. L’Autrice ha il merito di possedere, invece, un solido punto di
vista: quello dell’architettura. Questa considerazione, nella sua apparente banalità, è cosa non da poco se si fa appunto riferimento a tutte
quelle immagini “computerizzate” che abbandonano il progetto (perché
evidentemente poco conosciuto per incapacità di essere letto nelle sue
valenze) per lasciarsi andare al fascino dell’immagine stessa.
L’analisi delle architetture di Alberto Sartoris presenta l’esigenza di
un’altra riflessione: non solo la verifica dell’articolazione spaziale e delle
connotazioni qualitative dei progetti del Maestro razionalista, ma anche
il controllo percettivo di quegli spazi se fossero stati realmente realizzati.
Il lavoro di Vincenza Garofalo, come scrive l’Autrice in Premessa,
non consiste tanto nella “costruzione” di efficaci illusioni tridimensionali, quanto nella trasformazione dell’immagine a sistema meramente conoscitivo.
Vittorio Ugo, in alcuni suoi illuminanti scritti, indica la rappresentazione come scrittura tecnica e concettuale che regola e gestisce il com-
Prefazione
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Prefazione11
plesso rapporto tra gli ambiti eterogenei della teoria, della critica, dell’estetica, della storia e delle “cose” dell’architettura. «D’altra parte,
la polisemia del termine rappresentazione è fonte di non poche ambiguità: se ne hanno almeno due diversi significati, che invece il tedesco
distingue accuratamente: il primo, Darstellung, limita la rappresentazione al campo grafico-visivo, certamente riduttivo rispetto alla tensione progettuale dello stesso termine “disegno”; il secondo,
Vorstellung, contiene invece una dimensione concettuale e teoretica, denota una rappresentazione in quanto esito della elaborazione culturale
e dell’interpretazione del dato percettivo, quindi forma autentica di conoscenza. In sintesi, si può forse dire che la prima riguarda l’immagine,
mentre la seconda coglie la forma nella sua strutturazione profonda,
nel suo essere costruita e nella sua dimensione storica»2.
Le nuove rappresentazioni, prospettive, sezioni e sezioni prospettiche, prodotte dagli elaborati grafici pubblicati su alcuni volumi riguardanti la fervida attività di Sartoris, non solo forniscono nuove
immagini inedite dei progetti che, pur se esiti di un processo interpretativo soggettivo, sono utili a nuove letture, ma ci indicano un’azione
progettuale costituita dalla coesistenza di teoria e prassi nel processo
compositivo dell’architetto razionalista.
Il modello digitale è il “punto di partenza” per l’analisi grafica dell’architettura e non esito finale; ad esso, infatti, si associano altri grafici, talvolta non ricavati dal modello, utili alla comprensione/traduzione
dell’architettura. I modelli prodotti dall’Autrice sono l’esito ermeneutico e critico del disegno, tendente sostanzialmente all’analisi della
forma, il vero oggetto dell’imitazione.
Intorno al 1960 Vincenzo Fasolo proponeva per primo, avvalendosi
anche degli studi e della ricerca di Salvatore Caronia Roberti, gli indirizzi per l’Analisi grafica dei valori architettonici3 attraverso l’uso della
_______________________________
2
V. UGO, μίμησιϛ mímēsis. Sulla critica della rappresentazione dell’architettura, Libreria
Clup, Milano 2004, p. 7. Cfr. anche V. UGO, Fondamenti della rappresentazione architettonica,
Società Editrice Esculapio, Bologna 2002 (ristampa corretta), pp. 9-14.
3
Cfr. V. FASOLO, Analisi grafica dei valori architettonici, Università di Roma, Facoltà di Architettura, Istituto di Storia dell’Architettura, Roma s.d.
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Prefazione
grafite e delle tecniche di rappresentazione, validi sia per la didattica
che per la ricerca; queste direzioni oggi si avvalgono del digitale.
In tal senso il pregevole lavoro di Vincenza Garofalo, connotandosi
con una precisa e corretta metodologia di ricerca, assume un valore didattico non indifferente.
Introduzione
di Giuseppe Di Benedetto
L’opera di Vincenza Garofalo, Unbuilt. Quattro progetti di Alberto
Sartoris, assume la forma di una ricerca fondata su un dispositivo metodologico e culturale ampio che penetra in profondità nei territori dell’analisi filologica, dell’estetica, della critica architettonica e,
naturalmente, della “Scienza della Rappresentazione”. Il campo di indagine è quello degli esiti di una sperimentazione progettuale che non
si traduce in concreta forma fisica, per mezzo dell’atto del costruire, e
che per questo necessita di pratiche esperienziali estese che implicano
maggiori livelli di approfondimento critico-relazionali e specificità disciplinari in grado di fare avanzare la “percezione” in direzione di una
vera “conoscenza”. E se l’interpretazione implica l’assunzione di un
punto di vista personale, esso appare rigorosamente fondato nei principi e nello statuto della disciplina del disegno, senza concessioni a distrazioni e a virtuosismi grafici fine a se stessi.
�ella Premessa l’Autrice spiega: «Il percorso di conoscenza, finalizzato alla comprensione degli organismi architettonici nel loro insieme
e nelle relazioni tra le parti, compiuto attraverso il ridisegno e l’analisi
delle case, ha comportato un processo di astrazione, di sintesi, di scelta
del segno, di gerarchia degli elementi da rappresentare».
Sulla base di tali premesse, Vincenza Garofalo riconnette, per mezzo
del ridisegno, l’universo discorsivo della teoria, del commento critico a
quello delle architetture nella virtualità della loro esistenza di opere non
edificate. Il ridisegno diviene rappresentazione, interpretazione filolo-
13
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Introduzione
gica, ma soprattutto disvelamento; è un trarre fuori dall’oblio riconducendo le opere ad un hic et nunc che non vi è mai stato.
Anche le architetture di “carta” di Sartoris, come le definisce Vincenza Garofalo, acquisiscono un tempo (nunc) e uno spazio (hic) esatti,
e allo stesso modo non hanno né tempo, né spazio, ma cercano di attraversarli entrambi per mezzo della loro raffigurazione. In tal senso le
assonometrie di Sartoris, forma esclusiva di rappresentazione tridimensionale, divengono “simboliche”, alla stregua della prospettiva di
panofskyana memoria, non perché il disegno interpreti la realtà, bensì
perché nella forma stessa della rappresentazione è possibile comprendere il rispecchiamento dei modi propri del pensiero - quelli dell’autore
- e delle sue concezioni spaziali e culturali, sui quali la forma stessa si
fonda. E lo spazio, nelle quattro case di Sartoris, non è un vero e proprio fuori rispetto alla sua rappresentazione, né è propriamente interno
ad essa: è piuttosto sul suo limitare, sul confine, sulla soglia. �on c’è rimando referenziale ad altro, nulla deve o può ricondurre alla realtà fenomenica; case in absentia di tòpoi.
D’altronde Sartoris pone al riparo la sua architettura e le idee che
la sostanziano dalle contaminazioni del contingente, dalle inevitabili
concessioni al mondo fisico. Come afferma Francesco Maggio, lo studio che si occupa del ridisegno di architetture demolite o soltanto progettate ha «un valore più alto perché “l’architettura nel cassetto”,
essendo quella che non è stata svilita da compromessi, contiene un pensiero limpido, un modo di procedere privo di quegli ostacoli inevitabili
nella fase costruttiva»1. La temporalità del progetto e quella della sua
costruzione non soltanto appaiono ben distinte, ma è possibile affermare che il progetto è, per certi versi, qualcosa più dell’opera, poiché
in esso è ancora integra la sintesi di cui è capace la rappresentazione.
Utilizzando la formula che August Boeckh adopera come titolo per
una raccolta di studi ermeneutici, si potrebbe dire che Vincenza Garo_______________________________
1
F. MAGGIO, Triennale 1993. I tipi collettivi alla V Triennale di Milano. Ridisegno e analisi
grafica, Itinera Lab, Marsala 2012, pp.11-12.
Introduzione
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Introduzione15
falo propone, senza ambiguità, una “conoscenza del conosciuto”2. Ma
non si tratta di un mero actum agere e nessuna delle descrizioni dei progetti di Sartoris, anche quelle necessariamente assiomatico-intuitive, si
risolvono in una tautologia; piuttosto, alla luce delle nuove rappresentazioni, soprattutto quelle di ricostruzione digitale tridimensionale, che
scandagliano le forme spaziali, i significati delle quattro opere si ordinano in una comprensione completa che mette in luce situazioni e valori
inaspettati.
Il lavoro compiuto appare, quindi, come una explicata nell’ambito
della riscrittura grafica tutta interna alla dimensione del logos, poiché
la rappresentazione ancor prima di essere espressione del visibile è riflessione concettuale.
Il concetto del logos non rimanda, tuttavia, soltanto all’ordine, alla
struttura e alla coerenza dell’espressione, in forma concreta e oggettiva, di un pensiero architettonico, ma alla loro funzione principale del
renderlo evidente.
Perseguire questa idea significa interpretare le possibilità di un tema,
come quello dell’esplorazione di architetture “assenti”, in un interrotto
transitare dal generale al particolare, perlustrando i progetti analizzati
in ogni direzione. Questo continuo trascorrere si traduce in un processo
cognitivo ermeneutico i cui principi vengono formulati in forma teoretica, in modo tale da far corrispondere ad ogni proposizione una interpretazione capace di rimettere in gioco l’intero sistema, per quanto
certo, per mezzo di variabili presenti, percepite, evocate.
_______________________________
2
Cfr. R. FRITJHOF, “Conoscenza del conosciuto”. Sull’ermeneutica del XIX e del XX secolo,
Franco Angeli, Milano 1996.
Premessa
Alberto Sartoris è stato un architetto molto produttivo, sia nella
progettazione che nella produzione di libri e saggi critici. I suoi progetti, tuttavia, rimangono, nella maggior parte dei casi “di carta” perché non realizzati.
Architetture non contaminate dalla realtà o da questioni accidentali
connesse alla realizzazione del progetto e perciò più “pure”. Architetture senza riferimenti contingenti, fluttuanti in uno spazio indefinito,
prive di rapporto con l’ambiente circostante. Architetture di carta, che
mantengono la distanza fra ideale e reale. Architetture non realizzate
che si manifestano attraverso il disegno che ha un suo valore autonomo
a prescindere dalla sua attuabilità1.
I disegni architettonici possono senz’altro esprimere di più che non l’architettura costruita. Tecnica, stile di rappresentazione, taglio, formato, segno grafico,
ductus, tutto illustra l’intenzione intellettuale dell’autore. I disegni d’architettura divengono, perciò, altrettanto precise quanto convincenti professioni di
fede culturale, che acquistando un loro proprio valore artistico, possono a buon
diritto proporsi come opere autonome2.
Se è vero che, dal punto di vista culturale, tra rappresentazione e costruzione non vi sia una differenza sostanziale, è altresì corretto affer_______________________________
1
Cfr. R. FLORIO, Sul disegno. Riflessioni sul disegno di architettura, Officina Edizioni, Roma
2012, p. 24.
2
V. MAGNAGO LAMPUGNANI, La realtà dell’immagine. Disegni di architettura nel ventesimo
secolo, Edizioni di Comunità, Stoccarda 1982, p. 6.
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Premessa
mare che il disegno mantiene tuttavia una distanza dall’esito della realizzazione. Nelle architetture di Sartoris non realizzate manca il passaggio tra il programma di architettura, il progetto, e l’esito di quel
programma. Lo stesso Sartoris ama dire che i suoi principi, le sue idee,
espresse nella maggior parte dei casi attraverso disegni di architetture
che non saranno mai costruite, si potranno ritrovare in altre architetture,
anche non realizzate da lui stesso.
Questo saggio vuole fornire alcuni nuovi indizi utili alla conoscenza
di quattro case mai realizzate, note solo attraverso i disegni di progetto,
rappresentazioni che molto spesso sono diventate, come nel caso della
residenza per il pittore van Berchem, vere e proprie icone dell’architettura del Movimento Moderno.
I progetti, che Sartoris ha descritto in pochi disegni, sono qui raccontati attraverso la rappresentazione in proiezioni di Monge3 e mediante
la ricostruzione tridimensionale digitale. I disegni redatti per il presente
saggio trascrivono la documentazione grafica disponibile, ricavata dagli
elaborati originali degli Archives de la Donation A. Sartoris, Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna4. Le proiezioni assonometriche e prospettiche, ricavate dai modelli digitali, descrivono le architetture
disegnate da Sartoris e ne svelano le dinamiche spaziali, cercando di
non tradirne le qualità originali5. Esse, tuttavia, hanno, già in origine,
una loro autonomia rispetto alle architetture del Maestro. Esplorando
uno spazio architettonico che non esiste, non possono, infatti, esprimere
alcun rapporto mimetico con la realtà.
_______________________________
Nelle piante sono stati riportati, laddove indicati da Sartoris, i rivestimenti, le pavimentazioni e gli arredi, e sono stati disegnati, ad integrazione degli elaborati consultati, alcuni prospetti
e sezioni mancanti.
4
I disegni ai quali si fa riferimento sono elencati, a cura di Marina Sommella Grossi, e sono
pubblicati in A. ABRIANI, J. GUBLER (a cura di), Alberto Sartoris. �ovanta gioielli, Nuove Edizioni Gabriele Mazzotta, Milano 1992, pp. 251–252 e in M. SOMMELLA GROSSI (a cura di), Alberto Sartoris. L’immagine razionalista 1917–1943, Electa, Milano 1998, pp. 163–167.
5
Le viste assonometriche dei capitoli 2-5 del presente saggio sono proiezioni parallele ortogonali. Il software adoperato per la realizzazione dei modelli digitali non consente di generare
proiezioni parallele oblique come quelle elaborate da Sartoris.
3
Premessa
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Premessa19
Il modello digitale diventa l’espressione dell’idea che Sartoris manifesta attraverso l’assonometria e trasforma la «rappresentazione tridimensionale di un edificio da immagine a sistema conoscitivo, vale a
dire in una banca dati d’informazioni spaziali, dimensionali e relazionali
ben precise»6: rappresentazione come necessario strumento di conoscenza del progetto e di padronanza degli edifici, quindi, e non come
mera produzione di immagini.
La possibilità di elaborare infinite viste di uno stesso modello digitale
può indurre, tuttavia, al rischio di lasciarsi “prendere la mano” dal mezzo
informatico che invece è soltanto uno strumento. Una elaborazione di
prospettive da punti di vista innaturali genera, infatti, immagini che somigliano a fotogrammi di pellicole cinematografiche piuttosto che a rappresentazioni corrette, così come ci informa la “Scienza della
Rappresentazione”. Le viste prospettiche presentate in questo saggio adottano punti di vista posti ad “altezza di occhio umano”, cercando di fornire
ulteriori informazioni sulla percezione e sull’organizzazione spaziale delle
architetture disegnate da Sartoris anche se, come affermato nel capitolo
1, sono lontane dalla sua maniera di intendere il disegno di architettura.
Il fine delle ricostruzioni digitali vuole essere, come direbbe Klee,
«non rendere il visibile» ma «rendere visibile»7.
Il ridisegno delle quattro case è accompagnato dalla lettura critica in
absentia della realtà fenomenica delle opere, priva dell’esperienza diretta delle architetture e quindi basata soltanto sui disegni di Sartoris.
Nell’analisi qui presentata, sono stati adottati alcuni metodi di lettura
grafica per la conoscenza delle relazioni spaziali tra le parti8:
— scomposizione dell’edificio negli elementi costitutivi di tutti i suoi
livelli (piani orizzontali, piani verticali, scale);
_______________________________
6
M. GAIANI, Presentazione, in F. MAGGIO, Eileen Gray. Interpretazioni grafiche, Franco
Angeli, Milano 2011, p. 12.
7
Cfr. R. FLORIO, op. cit., p. 32.
8
Si fa riferimento al metodo di lettura critica presentato in G. PAGNANO, La lettura critica:
Analisi di cinque opere di Adolf Loos, in UNIVERSITÀ DI CATANIA, Supplemento al Quaderno
dell’Istituto Dipartimentale di Architettura ed Urbanistica Università di Catania, 7, Vito Cavallotto Editore, Catania-Caltanissetta 1975.
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Premessa
— scomposizione dell’edificio nei suoi strati orizzontali rappresentati
in successione (piani di calpestio, elementi di collegamento verticale);
— studio degli accessi e dei percorsi per l’individuazione delle relazioni tra gli ambienti e della successione delle esperienze di fruizione spaziale;
— individuazione dei piani di profondità dei prospetti.
Per la casa del contrabbandiere A.C.F., data la complessità dell’impianto volumetrico, è stata effettuata anche una lettura per scomposizione dell’edificio in volumi semplici.
Il percorso di conoscenza, finalizzato alla comprensione degli organismi architettonici nel loro insieme e nelle relazioni tra le parti, compiuto attraverso il ridisegno e l’analisi delle case, ha comportato un
processo di astrazione, di sintesi, di scelta del segno, di gerarchia degli
elementi da rappresentare.
«La metalingua grafica dell’architettura non può, in funzione critica,
seguire il verso naturale del processo progettuale poiché allora sarebbe
lo stesso metalinguaggio usato dal progettista per trascrivere le immagini architettoniche […] deve allora procedere a ritroso»9 per produrre
nuova conoscenza.
Questo saggio analizza le opere di Sartoris adottando anche metodi
differenti da quelli scelti dall’architetto per rappresentare la sua visione
dell’architettura come costruzione di un’immagine nello spazio. Lo fa
con la consapevolezza che, rendere visibili le idee di Sartoris attraverso
occhi della mente diversi dai suoi, equivale forse un po’ a violarne l’idea,
ma con la sincera volontà di rendere un umile e doveroso omaggio alla
straordinarietà della sua opera.
_______________________________
8
Ivi, p. 9.
Premessa
21
Premessa21
Figura 1. A. Sartoris, Casa per il pittore Jean Saladin van Berchem a Auteuil,1930.
Piante. China su cartoncino semiruvido leggero (M. SOMMELLA GROSSI, a cura di, Alberto Sartoris. L’immagine razionalista 1917–1943, Electa, Milano 1998, pp. 102, 108).