Educational Alimentare

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Qualità
Sicurezza
Garanzia
www.centrosurgelati.it
Articoli scritti da:
Chef Alfio Visalli
Dott.ssa Controllo Qualità Margherita Seminara
Creative designer : Valentina Duca
Stampa: Galatea Editrice
Gli articoli riportati in questa rivista sono stati elaborati
dalla Dott.ssa Margherita Seminara, Controllo Qualità, e
dallo Chef Alfio Visalli dell’azienda Centro Surgelati di
Acireale. Forniscono informazioni rivolte ad un pubblico
specifico, al fine di comprendere e saper riconoscere la
qualità dei prodotti e le caratteristiche che li
contraddistinguono.
Indice:
Il termine Qualità può racchiudere in sè tanti aspetti che vanno dalla
semplice “convenienza” economica al momento dell’acquisto, ai concetti
di salubrità, sicurezza e garanzia.
Le figure professionali che intervengono lungo la filiera alimentare si
pongono di fronte ad essa con diversi punti di vista e si prefiggono
aspettative e obiettivi diversi.
Per un’azienda di trasformazione, la qualità può essere intesa come
costo equilibrato della materia prima, una buona attitudine alla
lavorazione, ma anche come adeguatezza del packaging per uno
stoccaggio idoneo. Importanza rilevante assume anche la shelf-life di un
prodotto che garantisce la possibilità di una logistica ben organizzata.
Per un cuoco, la qualità si manifesta nell’efficiente resa di un prodotto,
nella riduzione degli scarti, nella versatilità delle preparazioni, nella
facilità d’impiego e nel risparmio di risorse e di tempo che il prodotto può
offrire. A ciò si aggiunge la costanza del prodotto sul mercato e il rapporto
di trasparenza e dialogo con il proprio fornitore.
Per un commerciante invece è la possibilità che il prodotto offre di avere
un giusto margine di guadagno e una logistica facilmente gestibile.
Per un consumatore assume un significato ricco di sfumature. Un
prodotto deve essere prima di tutto sicuro, deve avere un giusto prezzo e
contemporaneamente possedere una serie di attributi importanti quali la
shelf-life, il giusto contenuto di informazioni presenti sull’etichetta che lo
accompagna, un packaging adatto alle proprie esigenze (formato famiglia
o piccole porzioni, confezione richiudibile, facile da smaltire, etc.). Un
consumatore più attento ricerca anche un giusto apporto di nutrienti,
l’assenza di allergeni, conservanti e una serie di qualità di “servizio” che
sempre più spesso accompagnano i cibi (surgelati, prodotti pronti da
cuocere, prodotti precotti da rinvenire e condire, etc.).
Insomma, non è possibile definire in senso assoluto la Qualità perché essa
dipende spesso da ciò che ci aspettiamo da un prodotto e non sempre da
ciò che in realtà è!
Si tratta quindi di osservare “i mille volti della qualità” che non si
può svendere ma che alcune aziende offrono con grande impegno e
professionalità.
Il Surgelato
pag. 1
Pesce d’allevamento
pag. 2
Le ostriche
pag. 3
Il tonno
pag. 4
Il Salmone
pag. 5
L’affumicatura
pag. 6
Controlli
Igienico-sanitari
pag. 7
Acqua di mare
pag. 8
La Pasta
pag. 9
Confezionamento
Sottovuoto
La Bottarga
pag. 10
pag. 11-13
Educational Alimentare
Come parlare del surgelato
Negli ultimi anni il consumo di alimenti surgelati è notevolmente cresciuto.
Nonostante ciò, tra i consumatori prevalgono ancora convinzioni e falsi miti che
andrebbero sfatati.
Prima fra tutte c’è l’abitudine diffusa di omettere e nascondere la vera natura del
prodotto utilizzato in un piatto: continuiamo a mettere in luce, al nostro commensale o
al nostro cliente, che si trova di fronte ad un prodotto “freschissimo” quando invece
dovremmo fregiarci di servire un buon surgelato.
Prendiamo l’esempio molto discusso del famoso asterisco sul menu
che sta ad indicare l’impiego di materie prime ed ingredienti surgelati.
La consuetudine di apporre questo simbolo si diffuse conseguentemente a diverse
sentenze della Cassazione, con lo scopo di evidenziare la presenza di un prodotto
surgelato. In quegli anni surgelare serviva a conservare delle materie prime che
abbondavano nei mercati del fresco solo in determinati periodi dell’anno, in modo da
gestire le eccedenze, spesso senza aver cura del loro livello qualitativo.
Successivamente, col passare degli anni, ci si è accorti che la surgelazione offriva
diversi vantaggi tanto che, con il tempo ed il progredire delle tecnologie, si è passati a
coltivare e pescare per surgelare. Abbiamo assistito in sostanza ad un’inversione delle
tendenze del mercato.
Surgelare non è più un semplice ripiego ma è un’indispensabile sistema di
conservazione. Ancora oggi l’interpretazione comune associa all’asterisco un
significato prevalentemente negativo e induce a pensare: “Peccato! Qui usano prodotti
surgelati!” Così il ristoratore per non deludere il proprio cliente, è indotto a commettere
la cosiddetta “frode” che consiste nel “vendere una cosa spacciandola per un’altra”.
Dovremmo renderci conto che non esiste nessuna ragione logica di omettere o trarre in
inganno il nostro cliente, dato che non gli stiamo proponendo un alimento con un
difetto ma stiamo offrendo “un’eccellenza” del mercato, un “surplus di qualità”.
Pertanto l’asterisco dovrebbe suscitare nella mente di un consumatore bene informato
una serie di peculiarità che solo il surgelato possiede.
Da queste prime constatazioni comprendiamo che concetti che in alcune aziende sono
da tempo consolidati, risultano ancora ignoti al consumatore e a tanti ristoratori. Tanto
per iniziare potrei partire affermando che oggi la differenza tra prodotto surgelato e
prodotto congelato è molto sottile, tanto che anche la normativa vigente non riporta
più la dicitura di un tempo: "il prodotto deve essere portato a temperatura entro 24
ore", ma si esprime così: "nel minor tempo possibile".
Ciò è reso possibile grazie alle moderne e sofisticate attrezzature che le aziende hanno
a disposizione. Inoltre sappiamo bene che qualunque sia il metodo e la durata del
processo, se si parte da materie prime di buona qualità (nel settore ittico possiamo dire
di pesci pescati nel periodo ideale del loro ciclo biologico) si possono ottenere surgelati
d’eccellenza.
Le uniche differenze che si possono trovare tra un “vero” surgelato e un congelato sono
apprezzabili solo valutando la composizione di quell’alimento a livello microscopico,
cioè misurando la dimensione dei micro-cristalli di ghiaccio che inevitabilmente si
formano e che possono essere ridotti con un accurato monitoraggio dei processi volto
a ridurre la conseguente fuoriuscita di liquidi dalle membrane cellulari che avviene al
momento dello scongelamento.
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Se partiamo da prodotti di scarsa qualità, qualunque sia il metodo con cui questi
vengono portati a -18°C/-20°C, in molti casi anche a – 40°C, otterremo comunque un
risultato deludente e prodotti di scarso pregio!
Partire sempre da materie prime di elevata qualità ci dà la certezza di ottenere un
prodotto finale d’eccellenza.
Chiarito il primo aspetto riguardante il significato dei termini “Surgelato” e
“Congelato”, possiamo valutare le caratteristiche che ci spingono a scegliere un
prodotto surgelato al posto dell’analogo fresco.
Linea “Selezione Gelo”
Prodotti ittici selezionati
e surgelati al servizio
dell’alta ristorazione.
I surgelati possiedono un elevato contenuto di innovazione e servizio poiché
consentono di garantire continuità costante dei prodotti, ridurre gli sprechi e il tempo
impiegato dagli operatori del settore (chef e ristoratori) per la pulizia, il lavaggio e la
cernita di alcuni prodotti. Tutto ciò al fine di ottenere le dovute garanzie igienico
sanitarie e la costanza di approvvigionamento delle materie prime.
I prodotti surgelati si presentano sicuri perché privi di conservanti.
Spesso messi sotto accusa e guardati con sospetto dagli occhi dei consumatori poco
informati, i surgelati sono diventati, grazie alla moderna tecnologia, garanzia di
salubrità e di freschezza, perché permettono di portare sulle tavole, in qualsiasi
periodo dell’anno, delle selezioni gelo che rivelano pienamente le caratteristiche
nutrizionali e organolettiche originarie.
Pesce d’allevamento… perché?
La richiesta di alcune certezze quali quantità, qualità e pezzatura del
pesce e l’incostanza del pescato ha reso indispensabile l’avvento
dell’acquacoltura, in maniera analoga a quanto è accaduto in
precedenza per gli allevamenti nel comparto delle carni.
Oggi ci chiediamo se stiamo accettando positivamente o subendo la
presenza costante di un pesce allevato nella nostra alimentazione. La
domanda che sorge spontanea è: “Ma è meglio un pesce allevato o
un pesce “pescato “?
A questa domanda cercheremo di rispondere spiegando le
caratteristiche del pesce e dei luoghi in cui questo viene allevato.
Ovviamente l’allevamento di provenienza incide notevolmente sulla
qualità del pesce, basti pensare già alle normative di settore che
possono cambiare da un Paese all’altro.
Gli allevamenti italiani, ad esempio, sono soggetti a normative
molto restrittive per ciò che concerne l’alimentazione fin dalle prime
fasi di vita.
Un fattore che può “fare la differenza” riguarda la collocazione
dell’impianto. Questa infatti deve assicurare una gestione razionale
dell’allevamento e la possibilità di seguire e gestire tutte le fasi di
crescita, dalla nascita al pesce di taglia commerciale, garantendo allo
stesso tempo una buona gestione della tracciabilità di tutti i lotti
prodotti e dei mangimi utilizzati. L’alimentazione, in uno
stabilimento che opera a regola d’arte, viene curata sin dalle prime
fasi di vita del pesce. Gli avannotti (stadio vitale successivo a quello
larvale) si nutrono di alghe e piccoli invertebrati.
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Allevamento a mare.
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Dopo lo svezzamento, nell’alimentazione vengono inseriti i mangimi composti esclusivamente da farine e derivati di pesce,
derivati vegetali ed integratori alimentari. I mangimi vengono periodicamente sottoposti ai controlli da parte delle Autorità
Competenti, della Grande Distribuzione Organizzata e da costanti controlli interni. In generale, quindi, l’alimentazione è
studiata appositamente per garantire ai pesci le migliori condizioni di vita in modo da farli crescere in modo naturale, sano
e sicuro. Gli stabilimenti hanno l’obbligo di seguire dei disciplinari di qualità che implicano verifiche periodiche sui mangimi
utilizzati, sull’acqua e sul prodotto finito. L’utilizzo del pesce d’acquacoltura riduce il rischio di approvvigionarsi di pesce
pescato in un momento diverso dalla sua naturale “stagionalità”. Pertanto l’allevamento può rappresentare una soluzione
poiché ha lo scopo di creare le condizioni ideali per un ottimale sviluppo del pesce.
Ciò va incontro anche al principio di eco sostenibilità, riducendo il fenomeno di una pesca “incisiva” con conseguente
impoverimento delle risorse del mare nei periodi di riproduzione e di crescita del pesce. Si parla quindi di un consumo
“responsabile” quando sappiamo scegliere quando, come, se e da chi acquistare il pesce allevato.
A questo punto non ha più senso dichiarare al nostro cliente che davanti ai suoi occhi c’è un pesce pescato quando in realtà
ha di fronte un pesce proveniente da un “buon allevamento”, evitando così di commettere una frode.
Partendo da questi presupposti non rimane altro che chiedersi “Quali sono le caratteristiche da ricercare in un pesce
d’allevamento?”
Le Ostriche
Mi presento! Sono lo Chef Alfio Visalli e desidero farvi partecipe della mia esperienza
attraverso un breve intervento in cui argomenterò quanto c'è da sapere sulle ostriche.
L'idea di base è la ricerca di una qualità certificata, che dia certezza all'ospite di trovarsi
nel luogo giusto, dove la degustazione di un’ eccellenza dà risposta a chi predilige le
abbuffate ottuse. Offrire un alimento, proporlo sempre allo stesso modo, nel tempo,
banalizza il piatto, ad eccezione ovviamente dei grandi classici.
Altro aspetto da evidenziare: i crudi spesso, avendo la stessa consistenza al palato,
risultano monotoni e rischiano di annoiare. Ecco l'esigenza di diverse varianti, a tutto
gusto, piacevoli e insolite. La filosofia di questo mio intervento sta proprio nella volontà
di diversificare le possibilità di impiego che l'ostrica può concedere con semplici
accorgimenti.
Il mio segreto è subito svelato: saper riconoscere la qualità delle ostriche fa la differenza!
Impariamo a conoscerle. Da sempre ritengo che le ostriche siano i molluschi marini più
nobili; delle molteplici specie esistenti le più pregiate sono tre: Ostrea edulis,
Crassostrea angulata e Crassostrea gigas. L'Ostrea edulis, detta Ostrica piatta, è
senz'altro la più rinomata e conosciuta come la migliore e la più costosa, in quanto cresce
sui fondali sabbiosi e si riproduce 10 volte meno rispetto alle altre due specie, che invece
vengono allevate in sospensione. Le diverse fasi che si susseguono per la cura delle
ostriche avvengono in speciali bacini marini, sopra appositi sostegni e sfruttando
l'alternarsi delle grandi maree. Nel corso del loro periodo di accrescimento vengono
spostate in bacini con caratteristiche diverse così da completare la crescita e l'affinamento.
La loro più o meno accentuata sapidità, la loro croccantezza e il retrogusto mediamente
dolce dipende soprattutto dal luogo di crescita, infatti spesso il loro nome riporta il nome
del bacino di allevamento (es. Belon Plates de Cancale, proveniente da Cancale, Baia di
Mont Saint Michel). L'intero percorso dura circa 4 anni.
I francesi hanno inoltre classificato la qualità in base al tipo di allevamento e li
suddividono in “speciales de claire” e “fines de claire”.
Per quanto riguarda le dimensioni, vengono identificate attraverso un codice riportante
00 (per le più grandi) fino a 0000 (per le più piccole).
La longevità delle ostriche fuori dal loro habitat è di 10/12 giorni. Vengono consumate
tutto l'anno, sebbene il periodo migliore risulta sempre la stagione fredda. Nei periodi
caldi è necessario selezionare le qualità che meno risentono del caldo, ad esempio le
ostriche concave perché hanno all'interno più acqua di governo.
Raccolta delle ostriche
“Fine de Claire Verte”
Si affina in bacini argillosi (claires)
di Marennes Oleron per minimo
28 giorni. Il fondo dei bacini di
allevamento può talvolta essere
ricoperto da una micro alga
“navicule bleu”, la navicula, che
penetra nelle branchie delle ostriche
conferendo loro un gradevole
colore verde.
Le ostriche “Fines de Claire Vertes”
hanno un gusto intensamente
iodato e sono molto apprezzate
dagli estimatori delle ostriche poco
carnose.
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A Tutto Tonno
Valori nutrizionali per 100 gr
di parte edibile di tonno fresco:
Parte edibile
Acqua
Proteine
Lipidi
Colesterolo
Carboidrati
Energia
Sodio
Ferro
Calcio
90,0%
61,5 g
21,5 g
8,1 g
70,0 mg
0,1
159 kcal
43,0 mg
1,3 mg
38,0 mg
Il Tonno, essendo un pesce dalle caratteristiche organolettiche e gustative eccellenti, si
presta a numerosissime preparazioni culinarie. In virtù delle notevoli dimensioni, dal
tonno si ottengono diversi “tagli” che trovano impiego in diversi tipi di lavorazione.
Se consideriamo il genere Thunnus, la specie più pregiata è il Thunnus Thynnus o
“tonno rosso”. Predatore a sangue caldo, presente in branchi nel Mar Mediterraneo in
alcuni periodi dell’anno, può superare i quattro metri di lunghezza e i 600 kg di peso.
È una specie a rischio di estinzione a causa della pesca a cui è stato sottoposto negli
ultimi decenni. Per tale ragione oggi la pesca è regolamentata in modo da arginarne la
riduzione della popolazione stabilendo delle quote massime per ogni barca con la
licenza di pesca per il tonno.
Il colore rosso intenso della carne del tonno viene considerato un parametro per valutare
la qualità e la freschezza di questo pesce. Tale colorazione è dovuta alla presenza di
un pigmento presente nelle cellule muscolari. Si tratta di una proteina chiamata
mioglobina che agisce da deposito di ossigeno da fornire ai muscoli in movimento.
Nel tonno la grande quantità di mioglobina permette ai muscoli di lavorare per molto
tempo e fa si che i pesci possano percorrere fino a 200 km in un giorno. Grazie al legame
dell’ossigeno con la mioglobina si forma l’ossimioglobina di colore rosso brillante. Ciò
spiega
l’intensa
colorazione
rossa
caratteristica
del
tonno.
Dopo aver parlato della parte tecnica passiamo in cucina dove la chimica continua a
fare da padrona dettando le regole che ci permettono di apprezzare il tonno al gusto e
alla vista.
Il tonno, come molti pesci, ha bisogno di cotture brevi per evitare la fuoriuscita dei
liquidi dai tessuti e con essi delle sostanze nutritive. Nei suoi muscoli vi sono varie
proteine termolabili. In particolare, il collagene, la miosina e l’actina quando vengono
sottoposte ad una certa temperatura si accorciano modificando la loro struttura
tridimensionale. In tal modo strizzano fuori l’acqua dai tessuti rendendo la carne
asciutta e poco gradevole al palato. Il primo restringimento inizia intorno ai 45°C.
Denaturandosi, la mioglobina passa dal rosso ad un colore grigiastro. Attenzione,
quindi, al colore che è indice da seguire per evitare di raggiungere temperature troppo
elevate con conseguente perdita irreversibile di acqua. Per tale ragione è opportuno non
superare i 45/50 °C durante la cottura di un trancio di tonno se si vuole mantenere la
carne morbida e succosa.
Tagliata di tonno
Anche il periodo di pesca assume un’importanza rilevante poiché la composizione in
grasso del tonno può variare durante la stagione. Dopo il periodo della riproduzione
infatti, le carni si presentano molto più magre perché i pesci hanno percorso lunghe
distanze dall’Oceano Atlantico verso il Mar Mediterraneo, perdendo così le riserve di
grasso accumulate precedentemente. Questo particolare va preso in seria
considerazione infatti si sconsiglia l’uso di questa nobile carne durante i mesi di luglioagosto in modo da dare la possibilità ai tonni di riprendere la loro forma ottimale.
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Il Salmone e le sue proprietà
Il Salmone è uno dei pesci più ricchi di nutrienti che da tempo è entrato a far parte della
dieta mediterranea. La sua carne morbida lo rende uno dei cibi più pregiati ed è per
questo che è uno dei pesci più allevati negli impianti di itticoltura. La sua più alta
produzione si trova soprattutto in Norvegia, Canada e in Scozia. Il salmone fresco che si
trova in Italia è della specie "Salmo Salar", un prodotto d'allevamento, che arriva sui
banchi di consumazione già eviscerato, come previsto dalla Legge.
E’ un alimento lipidico-proteico, noto perché è paragonabile alla carne rossa per il suo
alto contenuto di proteine che varia dal 16 al 23%, a seconda dell'età e delle condizioni
in cui viene mangiato, se fresco o affumicato.
Le caratteristiche nutritive variano secondo la pesca (se è avvenuta in fiume o in mare),
se è fresco o trasformato (processi di affumicatura o salagione). Il pesce giovane ha un
contenuto di grasso abbastanza ridotto (6-8%), se invece è "adulto" o trasformato può
arrivare al 13%. Il contenuto proteico varia, da 16-17% per il pesce giovane fino a 1920% per un pesce adulto e 22-23% per il salmone affumicato, poiché è inferiore la
quantità di acqua. Le calorie si equivalgono, ma il salmone vince nettamente per
l'eccellente qualità dei suoi grassi polinsaturi.
Gli omega 3 e i grassi polinsaturi del salmone contribuiscono ad:





abbassare il livello del colesterolo totale, ma ad alzare i livelli del colesterolo
cosiddetto "buono" per la sua azione protettiva sul sistema cardiovascolare.
consentono anche di contrastare la riduzione delle capacità cognitive tipiche
dell’invecchiamento.
riducono il fenomeno dell'osteoporosi, grazie alla vitamina D che promuove
l'assorbimento del calcio e favorisce la mineralizzazione dello scheletro.
hanno un potenziale ruolo antidepressivo.
Secondo recenti studi, gli omega 3 sembrano contribuire anche alla prevenzione
di alcuni tumori ed essere utili nel trattamento dell'artrite reumatoide.
Il salmone è un’ottima fonte di vitamine del gruppo B, di vitamina A e D.
Per queste ragioni spesso entra a far parte di molti principi attivi di vari formulati
farmaceutici.
Insomma, nel caso del Salmone, le calorie in più (185 kcal per etto per salmone fresco,
147 kcal per etto per quello affumicato) trovano ampie giustificazioni.
Tutte queste caratteristiche nutrizionali per potersi rivelare pienamente nelle nostre
pietanze devono servirsi della cultura e la sapienza di chi manipola, trasforma e cucina il
prodotto che, con le opportune cure, può mantenere ed esaltare al meglio tutti i suoi
principi nutritivi.
Per saperne di più
Ma come vengono allevati i salmoni? Come vengono nutriti?
In autunno, gli allevatori si preparano per la fecondazione. Vengono scelte le uova delle femmine
più sane e fecondate con il seme dei maschi migliori. Le uova vengono quindi controllate fino alla
schiusa. Ci vorranno però almeno 10-18 mesi perché i piccoli salmoni siano pronti per il mare.
Quando saranno pronti, i salmoni verranno posti in speciali vasche in mare, dove trascorreranno
circa 2 anni, controllati e nutriti.
Il cibo dato ai salmoni è formato da speciali mangimi; in essi è contenuta anche l'astaxantina,
che è un colorante naturale che dona il tipico colore rosa alla carne del salmone. Questa sostanza
fa parte della famiglia dei carotenoidi, essenziali alla maturazione, alla riproduzione e al sistema
immunitario del salmone.
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L’affumicatura del salmone
L'affumicatura si ottiene esponendo i cibi al fumo generato dalla combustione lenta della
segatura di legni aromatici, ed è una tecnica di conservazione degli alimenti utilizzata
dall'uomo sin dalla preistoria.
Per l’affumicatura del salmone si utilizzano come materia prima salmoni (Salmo salar)
allevati provenienti dal nord Europa. Di solito si parte da salmoni congelati e poi scongelati
per essere utilizzati nel processo di affumicatura ma alcune aziende scelgono di utilizzare
salmoni freschi e mai congelati poiché i pesci provengono da allevamenti che certificano
l’assenza dell’endoparassita anisakis. Distinguiamo due tipi di affumicatura:


Affumicatura a freddo: il salmone viene filettato e messo sotto sale, con una piccola
aggiunta di zucchero, in contenitori lignei; successivamente viene affumicato per 12 ore
con temperatura non superiore ai 20 °C.
Affumicatura a caldo: il salmone viene filettato e messo sotto sale, affumicato con legno
di betulla ad una temperatura di 120 °C nei primi 20 minuti, poi a 80 °C per 3 ore.
I pesci vengono fatti passare in un tunnel dove dapprima vengono incisi ed infine
eviscerati anche mediante l'utilizzo di un apposito aspiratore. La successiva fase
della filettatura vera e propria è completamente automatizzata, mentre la rimozione
della colonna vertebrale viene eseguita sia meccanicamente che a mano.
La fase successiva è la salatura, che aumenta la disidratazione, inattiva i
microrganismi e conferisce maggior sapore.
Essa può avvenire a secco (utilizzando sale marino che viene cosparso sulla
superficie di taglio dei filetti), oppure per iniezione o per immersione in salamoia.
L'affumicatura tradizionale maggiormente effettuata in Italia viene fatta in celle
apposite mediante l'utilizzo di generatori per la produzione di fumo. Il fumo viene
prodotto dalla combustione, senza fiamma, di legna (faggio, quercia, noce).
I filetti possono essere collocati in posizione orizzontale su graticci od appesi verticalmente su appositi carrelli
(affumicatura per impiccagione).
L'affumicatura ha proprietà antisettiche, antiossidanti e antimicrobiche. L'aspetto e il gusto degli alimenti affumicati ne
risultano modificati in senso tutto particolare.
La fase successiva è rappresentata dal taglio e ricostruzione del filetto affumicato. Quest’ultimo viene tagliato a fette e
spellato mediante l'utilizzo di lame ad alta velocità e ricostruito recuperando anche la pelle. E' evidente anche la fase di
rifinitura dello stesso attraverso l'asportazione manuale di spine e parti residue non desiderate.
Infine, nel caso sia di fette di salmone pre-affettate che di filetti interi, questi vengono inseriti in apposite vaschette con
immissione di particolari miscele di gas (confezionamento in atmosfera modificata), oppure, in buste di pellicola
plastica, vengono fatti passare in una macchina per la sottrazione dell'aria (confezionamento sottovuoto).
Non dimentichiamo che il salmone affumicato è un prodotto non stabilizzato e quindi necessario tenerlo costantemente
refrigerato a temperature comprese fra 0 e + 2 ° C. Il periodo di conservazione può variare dalle 4-5 settimane ai 3 mesi
a seconda delle specie impiegate e delle misure igienico-sanitarie osservate durante il processo di lavorazione.
Gli affumicati, poiché risultano più asciutti, hanno principi nutritivi più concentrati dei cibi freschi: a parità di peso,
100 grammi di salmone affumicato forniscono 25,4 grammi di proteine contro i 18,5 grammi del fresco.
Prospettive
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L'affumicatura è un trattamento oggi abbastanza discusso per l'azione delle sostanze presenti nel fumo
(fenolo e sostanze volatili). In certi casi, se il trattamento non è svolto in maniera adeguata, si possono
sviluppare sostanze dannose come il benzopirene, considerato cancerogeno.
Pertanto, l'industria alimentare sta sviluppando metodi alternativi che consistono nell' uso di
aromatizzanti di affumicatura o di fumo liquido, ottenuto condensando in acqua i fumi che si liberano dalla
combustione del legno, e sottoponendoli successivamente a filtrazione.
L’utilizzo del fumo liquido comporta l'assenza di composti cancerogeni, una maggiore uniformità dei
sapori e degli aromi, e soprattutto tempi di produzione più rapidi.
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I controlli igienico-sanitari
Secondo le recenti statistiche l'Italia rappresenta un mercato molto importante ed il Paese al primo posto in graduatoria
per importazione di salmone affumicato dalla Norvegia. Questo è quello che emerge dai dati norvegesi sull'esportazione,
indipendentemente dal fatto che l'origine, la reale provenienza della materia prima, spesso "sparisca" durante il trasporto
per l'Italia e nella formulazione delle statistiche non viene registrato come prodotto di esportazione norvegese ma
acquisisce le provenienze di uno dei Paesi in cui è passato il prodotto (dati riportati su un dossier di Eurofish Market).
L’incremento dei consumi nel settore degli “affumicato” porta inevitabilmente ad un aumento dei controlli da effettuare
lungo la filiera produttiva. Analizziamo le varie fasi che possono rappresentare dei punti critici durante la produzione
del salmone affumicato.
Come primo punto bisogna porre molta attenzione alle temperature di refrigerazione,
mantenute con l’utilizzo di ghiaccio in scaglie sulla superficie dei pesci posti in contenitori
forati per favorire il drenaggio dell’acqua, che si forma in seguito alla fusione del ghiaccio.
I contenitori in polistirolo contenenti il pesce vengono posti in celle alla temperatura di 0°C/3°C.
Nel caso di pesce congelato e poi scongelato per essere pronto per successive lavorazioni,
lo scongelamento deve avvenire a temperature di refrigerazione in modo da prevenire
la proliferazione microbica. Tutto ciò va accompagnato dalle adeguate condizioni
durante le lavorazioni che devono avvenire in opportuni ambienti climatizzati alla
temperatura di circa 12°C e sottoposti ad un piano di lavaggio e disinfezione.
La fase di salagione rappresenta anche un punto da non sottovalutare poiché la giusta dose di sale consente di evitare da
una parte di compromettere il sapore del prodotto (quando si eccede con la quantità di sale) e dall’altra di mettere a
rischio la conservabilità del prodotto (quando la dose di sale è insufficiente). Il trattamento di salagione oltre a conferire
al prodotto finale la giusta sapidità, previene la decolorazione dei tessuti. Purtroppo però la sola salagione non basta per
inibire i batteri in modo duraturo.
La fase del taglio e successiva ricostruzione del filetto richiede le massima osservanza delle misure igienico-sanitarie da
parte del personale addetto alla lavorazione, per non compromettere e vanificare le attenzioni prestate nelle fasi
precedenti. Risulta quindi essenziale lavorare con attrezzature e su superfici sanificate per evitare contaminazioni
microbiche che possano inficiare la qualità e la sicurezza del prodotto finale.
Tra i microrganismi potenzialmente pericolosi ricordiamo il Clostridium botulinum che può svilupparsi nelle confezioni
sottovuoto. Si è visto però che le temperature di conservazione inferiori a 3°C ne inibiscono la germinazione delle spore.
Inoltre consideriamo che il salmone affumicato viene consumato senza preventiva cottura e ciò lo rende suscettibile a
successive contaminazioni durante la fase di confezionamento, ad opera di patogeni come Salmonella spp. e Listeria
Monocytogenes che rappresentano un pericolo di rilevanza sanitaria non indifferente.
Il sale e la refrigerazione riescono a ridurre il rischio dello sviluppo microbico; ma sappiamo bene che un’eccessiva
presenza di sale può alterare il gusto e comprometterlo per cui l’unica cosa da fare è mantenere durante tutta la “vita”
del prodotto temperature inferiori a 3°C. Questo dato di fatto dovrebbe entrare in circolo soprattutto nella mente del
consumatore, che dovrebbe abituarsi a modificare anche il proprio modo di fare la spesa, scegliendo ad esempio di
acquistare determinati prodotti in punti vendita specializzati che possano fornire le dovute garanzie, distribuire borse
termiche e fornire le giuste informazioni per il consumo.
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Acqua di Mare: una risorsa alimentare
Dal mare nasce la vita e dal mare arriva un grande contributo per la nostra quotidianità: acqua di mare ad uso
alimentare da usare in cucina e per tutte le preparazioni dove si usa comunemente il sale. Il sale marino e la salgemma
sono sbiancati chimicamente e questo comporta che una parte degli agenti chimici resta residuato nel classico sale da
cucina, che usiamo tutti i giorni e dunque nei cibi e nelle preparazioni in cui viene utilizzato. A differenza dell’acqua
marina, il sale raffinato viene privato di moltissimi minerali come calcio, magnesio, potassio e ferro che
nell’organismo umano svolgono importanti funzioni.
L’acqua marina, opportunamente depurata dalle sostanze organiche contaminanti e priva di inquinanti chimici, oltre
al sodio, contiene preziosi minerali e oligoelementi che lavorano in sinergia tra loro e con altri minerali e vitamine
presenti nel nostro corpo. Per l’utilizzo dello iodio da parte della ghiandola tiroidea, per esempio, abbiamo bisogno
del rame, mentre il magnesio, il manganese e il potassio aiutano il silicio a livello di ossa e tessuto connettivo.
Questi elementi sono più importanti delle stesse vitamine nella prevenzione delle malattie.
Un elemento assente dal sale da cucina raffinato, ma presente nell’acqua di mare e quindi nel sale organico, che è
importante per la salute umana, è il magnesio. La carenza di magnesio è la causa di molte condizioni patologiche.
I sali di magnesio sono necessari per stimolare l’attività dei globuli bianchi del sangue, per promuovere l’azione delle
vitamine, e per migliorare l’effetto di numerosi enzimi come le diastasi tra cui la fosfatasi alcalina. Hanno anche un
ruolo importante nel metabolismo del glucosio e nel metabolismo fosfocalcico. Il sale e l’acqua regolano il contenuto
di acqua nel corpo. L’acqua stessa regola il suo contenuto all’interno della cellula facendosi strada in tutte le celle che
raggiunge. Una volta all’interno delle cellule svolge un’azione di detergenza rimuovendo i rifiuti tossici del
metabolismo cellulare. Il sale equilibra la quantità di acqua che rimane all’esterno delle cellule. Un buono stato di
salute dipende da un delicato equilibrio tra il volume di acqua all’interno e il volume di acqua all’esterno delle cellule.
L’acqua di mare “Riservadimare” svolge molte altre funzioni vitali nell’organismo:
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regola la pressione sanguigna;
estrae l’eccesso di acidità dalle cellule del corpo, specialmente da quelle celebrali;
bilancia i livelli di zucchero nel sangue, fattore indispensabile nei diabetici;
genera energia idroelettrica nelle cellule;
permette l’assorbimento di particelle di cibo attraverso la parete intestinale;
pulisce i polmoni dal catarro mucose e appiccicoso;
è particolarmente importante per le persone con asma e fibrosi cistica;
è un forte antistaminico naturale;
permette alle cellule nervose di comunicare ed elaborare le informazioni per tutto il
tempo in cui le cellule del cervello sono attive, dal momento del concepimento fino alla morte;
previene i crampi muscolari;
l’osteoporosi è una conseguenza della carenza di acqua e sale nel corpo. Il 27% del sale del corpo è nelle ossa;
previene gotta e artrite gottosa.
Riservadimare, prima di essere imbottigliata, è ottenuta attraverso un procedimento produttivo chemical free, quindi
completamente privo di agenti chimici e pertanto si configura come prodotto utilizzabile anche nelle diete biologiche
e vegane.
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Educational Alimentare
L’acqua di mare a uso alimentare Steralmar è frutto dell’impiego di tecnologie avanzate e di ricerca costante.
Gli impianti modernissimi e la collaborazione con il Consiglio nazionale delle ricerche e Istituto per l’ambiente marino
costiero consentono di proporre un prodotto salubre e affidabile, un output controllato e parametrizzato con qualità
organolettiche stabili grazie al contenuto di minerali benefici e al tenore di cloruro di sodio più adatto per l’utilizzo in cucina.
Steralmar viene usata con successo nei seguenti casi:
 Lavaggio e trattamento preliminare a consumo e cottura di prodotti ittici, molluschi bivalvi,
crostacei, echinodermi, con mantenimento delle loro caratteristiche organolettiche di
freschezza per riduzione dello shock osmotico;
 Lavaggio in fase di decongelamento con frequenti ricambi di acqua di porzioni di filetti di
pesce, carpacci, calamari, seppiette, gamberi e scampi, preliminari a consumo e cottura;
 Rivitalizzazione in cucina di molluschi bivalvi vivi (temperatura consigliata 4/6 °C)
con frequenti ricambi;
 Preparazione sushi e sashimi;
 Componente quale sostituto del sale in altri prodotti pronti al consumo: cottura pasta, riso, cereali, ortaggi e verdure;
preparazione impasti prodotti da forno (pane, pizza, pasticceria salata).
La Pasta, un irrinunciabile piacere quotidiano
La pasta è una presenza costante sulle nostre tavole e sarebbe auspicabile
conoscerne di più. Sorprende che proprio noi italiani, inventori ed esportatori in
Europa e nel mondo, abbiamo delle difficoltà a riconoscere le basi della qualità del
prodotto che sono strettamente legate alla sua composizione e a quella del grano di
partenza.
Le proteine della semola di grano duro, infatti, a contatto con l’acqua durante la
fase di formazione dell’impasto, creano un reticolo proteico assai compatto, il
glutine, che conferisce alla pasta cotta consistenza ed elasticità e trattiene l’amido,
evitando la callosità che è il difetto peggiore della pasta e il meno tollerato dal
consumatore.
Un elevato contenuto proteico consente di avere una pasta che dopo la cottura è consistente ed elastica, prende
facilmente il condimento, non si sfalda e, una volta scolata, sarà priva di quella indesiderata patina callosa che la fa
ammassare sul piatto.
L’ideale è un contenuto proteico che si avvicina o supera il 14%, informazione chiaramente leggibile sulle confezioni
di pasta disponibili in commercio.
Se fino ad oggi le informazioni più gettonate sono state la data di scadenza e il luogo di produzione, è bene che anche
le indicazioni nutrizionali e la composizione del prodotto inizino ad entrare tra le priorità dei consumatori.
Curiosità: Quando sono nati gli spaghetti?
Si dice che i primi spaghetti giunsero in Occidente nel lontano 1292,
quando Marco Polo rientrò dal suo viaggio in Cina. Tuttavia, alcuni studi
confermano la presenza in Italia di questa tipologia di pasta già intorno
all’anno 1000. In un documento risalente al 1154, infatti, il geografo
arabo Al-Idrin, descrive il tryha, un cibo prodotto a Palermo, come un
particolare alimento in forma di fili a base di farina. É dunque probabile
che i primi spaghetti siano stati introdotti in Italia dagli arabi, più di due
secoli prima del viaggio intrapreso da Marco Polo verso l’Oriente!
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Il Confezionamento Sottovuoto
Confezionare sottovuoto un prodotto alimentare immediatamente dopo il suo
processo di produzione è uno dei mezzi migliori per proteggere la sua qualità
per tempi più lunghi.
In assenza di un adeguato confezionamento, l’aria deteriora il prodotto
alimentare direttamente (essiccando, ossidando, variando il profumo) o
indirettamente (favorendo lo sviluppo di batteri, lieviti, muffe ed i loro
metaboliti) tramite l’azione ossidante dell’ossigeno.
Quest’ultimo infatti è un elemento indispensabile per l’esistenza umana ma,
essendo un gas molto reattivo, è in grado di combinarsi con diverse sostanze
contenute nei prodotti alimentari. Quando reagisce con gli ingredienti
dell’alimento esso può causare cambiamenti negativi a livello di colore, gusto,
odore e consistenza, compromettendo qualità ed accettabilità del prodotto.
Molti dei microrganismi che si possono moltiplicare nel cibo sono di tipo aerobico, cioè necessitano di un’adeguata
quantità d’aria per vivere. Senza di essa la loro proliferazione è bloccata ed è fortemente inibita la loro attività di
fermentazione e di degenerazione del prodotto alimentare.
In condizioni di sottovuoto e a bassa temperatura si possono sviluppare solo poche specie microbiche ed esse, ad
eccezione di qualcuna, non provocano alterazioni.
Alle alterazioni microbiche si aggiungono quelle dovute alla composizione chimica dell’alimento. (Per esempio un
alimento grasso va incontro all’irrancidimento).
Per limitare questi fenomeni di deterioramento degli alimenti si può procedere al confezionamento sottovuoto,
sottraendo, attraverso specifiche attrezzature, l’aria contenuta all’interno di una confezione. In commercio esistono
ormai varie soluzioni per avere un packaging innovativo adatto ad ogni tipo di esigenza: buste, vaschette
termoformate,etc..
Sottraendo l’aria viene inibita l’attività dei microrganismi aerobi che in tal modo non possono più moltiplicarsi e non
sono più in grado di attivare quei processi che pregiudicano la qualità organolettica e le caratteristiche chimico-fisiche
di un alimento.
La confezione sottovuoto viene sigillata ed impedisce l’ingresso a nuovi microrganismi, essendo impermeabile all’aria,
all’acqua e agli agenti esterni. Essa rappresenta un valido aiuto alla normale refrigerazione perché consente di prolungare
la normale shelf-life di un prodotto, con notevoli ripercussioni positive a vantaggio delle varie figure che intervengono
lungo la filiera alimentare.
Il produttore può garantire un tempo di conservazione maggiore e gestire meglio i tempi di distribuzione, il punto
vendita non è costretto a rifornirsi tutti i giorni ma può gestire le forniture su tempi più lunghi ed il consumatore acquista
un prodotto in ottime condizioni di conservazione.
Insomma, ogni step della filiera trae beneficio da questa tecnica semplice ma di grande utilità.
Come in ogni metodo di conservazione però…attenzione a cosa c’è dentro la confezione!
L’ingrediente o il prodotto di origine vegetale o animale, che poniamo all’interno del contenitore o della busta sottovuoto
deve essere di buona qualità.
Solo con questo essenziale presupposto è possibile ottenere il risultato desiderato.
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Educational Alimentare
La Bottarga: il Caviale del Mediteraneo
Da qualche anno mi occupo del Controllo Qualità presso il Centro Surgelati di Acireale, un’azienda che investe
notevolmente sulla qualità dei suoi prodotti e sulla ricerca di proposte innovative per i propri clienti.
Ogni giorno passo tra gli ambienti di lavorazione per ritirare fogli di produzione, effettuare i controlli microbiologici,
insomma “tutto ciò che il mestiere comporta”.
Qualche volta però mi soffermo ad osservare al di là dei controlli di routine, e scopro il valore di certe lavorazioni
che sembrano ripetersi meccanicamente ma che nascondono tutta la sapienza e la passione di chi le svolge.
Tra queste lavorazioni mi è capitato di assistere alla produzione della bottarga di tonno.
Chi non ha mai visto all’opera un vero Mastro Salatore non può immaginare quanta cura e con quale fervore le
uova del tonno vengono portate al giusto grado di maturazione.
Egli osserva i cambiamenti durante il corso della stagionatura, ne valuta le piccole trasformazioni, come un padre
osserva i propri figli, accompagnandoli nel loro percorso di crescita.
Con sguardo sempre attento, carpisce la graduale evoluzione delle sue creature, le cosparge di sale quando ne hanno
bisogno, le bagna con acqua dolce per allontanare da esse le impurità.
Regola con grande precisione la temperatura e l’umidità per assicurare loro un ambiente ideale in cui giungere a
maturità nella forma migliore.
Insomma, la tecnica non è mai abbastanza se non è affiancata dall’amore per ciò che si fa! Posso decisamente
affermare che non tutti hanno avuto la fortuna e il piacere di constatare con i propri occhi l’impegno e la grande
devozione ai quali non si può attribuire un giusto prezzo e che posseggono un valore inestimabile, come la bottarga
di Don Alfio.
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La storia delle conserve ha origini molto lontane.
Fin dai tempi più remoti infatti l’uomo ha sviluppato svariati modi per conservare i cibi.
La produzione della bottarga sfrutta uno dei metodi più antichi per ottenere un prodotto pregiato apprezzato dai
consumatori alla ricerca di sapori unici.
Il termine bottarga deriva dalla parola araba “butarkhah” che significa “uovo di pesce all’interno del suo sacco”.
Il mercato offre varietà di bottarga ottenute da uova di diverse specie ittiche ma la più pregiata è quella ottenuta
con uova di tonno rosso pescato nel Mar Mediterraneo.
Produzione della bottarga
Dai tonni eviscerati vengono estratte le uova da sottoporre alla lavorazione e si procede al dissanguamento
attraverso la spremitura.
Dopo si effettua l’immersione in salamoia, una soluzione costituita da acqua e sale.
Si cosparge la superficie della bottarga con sale marino naturale, alternando diversi strati di bottarga e sale.
Tutto viene pressato con una tavola di legno al fine di favorire l’eliminazione dell’acqua e la penetrazione del sale.
Periodicamente il sale viene sostituito ad intervalli che sono a discrezione del mastro salatore. Infine si procede
ad un lavaggio con acqua dolce per l’eliminazione del sale e delle impurità superficiali.
A questo punto le uova vengono legate e poste ad asciugare ad una temperatura tra i 26°C e i 30°C per un periodo
variabile dai 10 ai 45 giorni con un umidità del 50/60%, per favorire la giusta maturazione ed evitare un’eccessiva
disidratazione.
Il prodotto stagionato viene conservato ad una temperatura compresa tra 13°C e 14°C.
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Educational Alimentare
Caratteristiche della bottarga e importanza di un’adeguata lavorazione
Lo scopo di tutto il processo è quello di prolungare la shelf-life della bottarga riducendo al minimo l’acqua
libera per inibire la moltiplicazione di batteri patogeni e rendere stabile il prodotto.
L’impiego del cloruro di sodio non permette la distruzione di tutti i microrganismi ma ne inibisce la crescita,
pertanto ci troviamo di fronte ad una semiconserva ittica.
Essa possiede una propria flora attiva caratteristica rappresentata da batteri alofili ed alotolleranti (che
tollerano elevati livelli di salinità) che intervengono nella maturazione del prodotto.
Talvolta però può svilupparsi una flora indesiderabile costituita da microrganismi capaci di provocare
alterazioni del prodotto.
L’abilità del mastro salatore sta nel limitare lo sviluppo di quest’ultima e favorire l’attività della flora attiva.
La figura del Mastro Salatore
Ogni procedura è volta al raggiungimento di una serie di equilibri
che fanno della bottarga un prodotto di grande pregio.
Il mastro salatore sa bene che per un lavoro a regola d’arte occorre selezionare con attenzione le uova fin
dall’inizio, valutando le dimensioni, il colore e la turgidità.
Egli controlla il rapporto tra acqua e sale nella salamoia e segue passo dopo passo i cambiamenti cui vanno
incontro le uova durante le fasi di salagione ed essiccazione.
In questo modo è possibile ridurre l’azione aggressiva del sale che, dopo aver superato il giusto grado di
disidratazione, provoca conseguenze sul colore e sull’aspetto generale del prodotto.
Con le giuste attenzioni, il mastro salatore si “prende cura” delle uova durante tutte le fasi di stagionatura, fino
ad ottenere un equilibrio di dolce sapidità, che risulta gradito al consumatore di oggi che ricerca note di
delicatezza ma che conserva ancora la memoria della tradizionale bottarga.
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