Qualità Sicurezza Garanzia www.centrosurgelati.it Articoli scritti da: Chef Alfio Visalli Dott.ssa Controllo Qualità Margherita Seminara Creative designer : Valentina Duca Stampa: Galatea Editrice Gli articoli riportati in questa rivista sono stati elaborati dalla Dott.ssa Margherita Seminara, Controllo Qualità, e dallo Chef Alfio Visalli dell’azienda Centro Surgelati di Acireale. Forniscono informazioni rivolte ad un pubblico specifico, al fine di comprendere e saper riconoscere la qualità dei prodotti e le caratteristiche che li contraddistinguono. Indice: Il termine Qualità può racchiudere in sè tanti aspetti che vanno dalla semplice “convenienza” economica al momento dell’acquisto, ai concetti di salubrità, sicurezza e garanzia. Le figure professionali che intervengono lungo la filiera alimentare si pongono di fronte ad essa con diversi punti di vista e si prefiggono aspettative e obiettivi diversi. Per un’azienda di trasformazione, la qualità può essere intesa come costo equilibrato della materia prima, una buona attitudine alla lavorazione, ma anche come adeguatezza del packaging per uno stoccaggio idoneo. Importanza rilevante assume anche la shelf-life di un prodotto che garantisce la possibilità di una logistica ben organizzata. Per un cuoco, la qualità si manifesta nell’efficiente resa di un prodotto, nella riduzione degli scarti, nella versatilità delle preparazioni, nella facilità d’impiego e nel risparmio di risorse e di tempo che il prodotto può offrire. A ciò si aggiunge la costanza del prodotto sul mercato e il rapporto di trasparenza e dialogo con il proprio fornitore. Per un commerciante invece è la possibilità che il prodotto offre di avere un giusto margine di guadagno e una logistica facilmente gestibile. Per un consumatore assume un significato ricco di sfumature. Un prodotto deve essere prima di tutto sicuro, deve avere un giusto prezzo e contemporaneamente possedere una serie di attributi importanti quali la shelf-life, il giusto contenuto di informazioni presenti sull’etichetta che lo accompagna, un packaging adatto alle proprie esigenze (formato famiglia o piccole porzioni, confezione richiudibile, facile da smaltire, etc.). Un consumatore più attento ricerca anche un giusto apporto di nutrienti, l’assenza di allergeni, conservanti e una serie di qualità di “servizio” che sempre più spesso accompagnano i cibi (surgelati, prodotti pronti da cuocere, prodotti precotti da rinvenire e condire, etc.). Insomma, non è possibile definire in senso assoluto la Qualità perché essa dipende spesso da ciò che ci aspettiamo da un prodotto e non sempre da ciò che in realtà è! Si tratta quindi di osservare “i mille volti della qualità” che non si può svendere ma che alcune aziende offrono con grande impegno e professionalità. Il Surgelato pag. 1 Pesce d’allevamento pag. 2 Le ostriche pag. 3 Il tonno pag. 4 Il Salmone pag. 5 L’affumicatura pag. 6 Controlli Igienico-sanitari pag. 7 Acqua di mare pag. 8 La Pasta pag. 9 Confezionamento Sottovuoto La Bottarga pag. 10 pag. 11-13 Educational Alimentare Come parlare del surgelato Negli ultimi anni il consumo di alimenti surgelati è notevolmente cresciuto. Nonostante ciò, tra i consumatori prevalgono ancora convinzioni e falsi miti che andrebbero sfatati. Prima fra tutte c’è l’abitudine diffusa di omettere e nascondere la vera natura del prodotto utilizzato in un piatto: continuiamo a mettere in luce, al nostro commensale o al nostro cliente, che si trova di fronte ad un prodotto “freschissimo” quando invece dovremmo fregiarci di servire un buon surgelato. Prendiamo l’esempio molto discusso del famoso asterisco sul menu che sta ad indicare l’impiego di materie prime ed ingredienti surgelati. La consuetudine di apporre questo simbolo si diffuse conseguentemente a diverse sentenze della Cassazione, con lo scopo di evidenziare la presenza di un prodotto surgelato. In quegli anni surgelare serviva a conservare delle materie prime che abbondavano nei mercati del fresco solo in determinati periodi dell’anno, in modo da gestire le eccedenze, spesso senza aver cura del loro livello qualitativo. Successivamente, col passare degli anni, ci si è accorti che la surgelazione offriva diversi vantaggi tanto che, con il tempo ed il progredire delle tecnologie, si è passati a coltivare e pescare per surgelare. Abbiamo assistito in sostanza ad un’inversione delle tendenze del mercato. Surgelare non è più un semplice ripiego ma è un’indispensabile sistema di conservazione. Ancora oggi l’interpretazione comune associa all’asterisco un significato prevalentemente negativo e induce a pensare: “Peccato! Qui usano prodotti surgelati!” Così il ristoratore per non deludere il proprio cliente, è indotto a commettere la cosiddetta “frode” che consiste nel “vendere una cosa spacciandola per un’altra”. Dovremmo renderci conto che non esiste nessuna ragione logica di omettere o trarre in inganno il nostro cliente, dato che non gli stiamo proponendo un alimento con un difetto ma stiamo offrendo “un’eccellenza” del mercato, un “surplus di qualità”. Pertanto l’asterisco dovrebbe suscitare nella mente di un consumatore bene informato una serie di peculiarità che solo il surgelato possiede. Da queste prime constatazioni comprendiamo che concetti che in alcune aziende sono da tempo consolidati, risultano ancora ignoti al consumatore e a tanti ristoratori. Tanto per iniziare potrei partire affermando che oggi la differenza tra prodotto surgelato e prodotto congelato è molto sottile, tanto che anche la normativa vigente non riporta più la dicitura di un tempo: "il prodotto deve essere portato a temperatura entro 24 ore", ma si esprime così: "nel minor tempo possibile". Ciò è reso possibile grazie alle moderne e sofisticate attrezzature che le aziende hanno a disposizione. Inoltre sappiamo bene che qualunque sia il metodo e la durata del processo, se si parte da materie prime di buona qualità (nel settore ittico possiamo dire di pesci pescati nel periodo ideale del loro ciclo biologico) si possono ottenere surgelati d’eccellenza. Le uniche differenze che si possono trovare tra un “vero” surgelato e un congelato sono apprezzabili solo valutando la composizione di quell’alimento a livello microscopico, cioè misurando la dimensione dei micro-cristalli di ghiaccio che inevitabilmente si formano e che possono essere ridotti con un accurato monitoraggio dei processi volto a ridurre la conseguente fuoriuscita di liquidi dalle membrane cellulari che avviene al momento dello scongelamento. 1 Se partiamo da prodotti di scarsa qualità, qualunque sia il metodo con cui questi vengono portati a -18°C/-20°C, in molti casi anche a – 40°C, otterremo comunque un risultato deludente e prodotti di scarso pregio! Partire sempre da materie prime di elevata qualità ci dà la certezza di ottenere un prodotto finale d’eccellenza. Chiarito il primo aspetto riguardante il significato dei termini “Surgelato” e “Congelato”, possiamo valutare le caratteristiche che ci spingono a scegliere un prodotto surgelato al posto dell’analogo fresco. Linea “Selezione Gelo” Prodotti ittici selezionati e surgelati al servizio dell’alta ristorazione. I surgelati possiedono un elevato contenuto di innovazione e servizio poiché consentono di garantire continuità costante dei prodotti, ridurre gli sprechi e il tempo impiegato dagli operatori del settore (chef e ristoratori) per la pulizia, il lavaggio e la cernita di alcuni prodotti. Tutto ciò al fine di ottenere le dovute garanzie igienico sanitarie e la costanza di approvvigionamento delle materie prime. I prodotti surgelati si presentano sicuri perché privi di conservanti. Spesso messi sotto accusa e guardati con sospetto dagli occhi dei consumatori poco informati, i surgelati sono diventati, grazie alla moderna tecnologia, garanzia di salubrità e di freschezza, perché permettono di portare sulle tavole, in qualsiasi periodo dell’anno, delle selezioni gelo che rivelano pienamente le caratteristiche nutrizionali e organolettiche originarie. Pesce d’allevamento… perché? La richiesta di alcune certezze quali quantità, qualità e pezzatura del pesce e l’incostanza del pescato ha reso indispensabile l’avvento dell’acquacoltura, in maniera analoga a quanto è accaduto in precedenza per gli allevamenti nel comparto delle carni. Oggi ci chiediamo se stiamo accettando positivamente o subendo la presenza costante di un pesce allevato nella nostra alimentazione. La domanda che sorge spontanea è: “Ma è meglio un pesce allevato o un pesce “pescato “? A questa domanda cercheremo di rispondere spiegando le caratteristiche del pesce e dei luoghi in cui questo viene allevato. Ovviamente l’allevamento di provenienza incide notevolmente sulla qualità del pesce, basti pensare già alle normative di settore che possono cambiare da un Paese all’altro. Gli allevamenti italiani, ad esempio, sono soggetti a normative molto restrittive per ciò che concerne l’alimentazione fin dalle prime fasi di vita. Un fattore che può “fare la differenza” riguarda la collocazione dell’impianto. Questa infatti deve assicurare una gestione razionale dell’allevamento e la possibilità di seguire e gestire tutte le fasi di crescita, dalla nascita al pesce di taglia commerciale, garantendo allo stesso tempo una buona gestione della tracciabilità di tutti i lotti prodotti e dei mangimi utilizzati. L’alimentazione, in uno stabilimento che opera a regola d’arte, viene curata sin dalle prime fasi di vita del pesce. Gli avannotti (stadio vitale successivo a quello larvale) si nutrono di alghe e piccoli invertebrati. 2 Allevamento a mare. Educational Alimentare Dopo lo svezzamento, nell’alimentazione vengono inseriti i mangimi composti esclusivamente da farine e derivati di pesce, derivati vegetali ed integratori alimentari. I mangimi vengono periodicamente sottoposti ai controlli da parte delle Autorità Competenti, della Grande Distribuzione Organizzata e da costanti controlli interni. In generale, quindi, l’alimentazione è studiata appositamente per garantire ai pesci le migliori condizioni di vita in modo da farli crescere in modo naturale, sano e sicuro. Gli stabilimenti hanno l’obbligo di seguire dei disciplinari di qualità che implicano verifiche periodiche sui mangimi utilizzati, sull’acqua e sul prodotto finito. L’utilizzo del pesce d’acquacoltura riduce il rischio di approvvigionarsi di pesce pescato in un momento diverso dalla sua naturale “stagionalità”. Pertanto l’allevamento può rappresentare una soluzione poiché ha lo scopo di creare le condizioni ideali per un ottimale sviluppo del pesce. Ciò va incontro anche al principio di eco sostenibilità, riducendo il fenomeno di una pesca “incisiva” con conseguente impoverimento delle risorse del mare nei periodi di riproduzione e di crescita del pesce. Si parla quindi di un consumo “responsabile” quando sappiamo scegliere quando, come, se e da chi acquistare il pesce allevato. A questo punto non ha più senso dichiarare al nostro cliente che davanti ai suoi occhi c’è un pesce pescato quando in realtà ha di fronte un pesce proveniente da un “buon allevamento”, evitando così di commettere una frode. Partendo da questi presupposti non rimane altro che chiedersi “Quali sono le caratteristiche da ricercare in un pesce d’allevamento?” Le Ostriche Mi presento! Sono lo Chef Alfio Visalli e desidero farvi partecipe della mia esperienza attraverso un breve intervento in cui argomenterò quanto c'è da sapere sulle ostriche. L'idea di base è la ricerca di una qualità certificata, che dia certezza all'ospite di trovarsi nel luogo giusto, dove la degustazione di un’ eccellenza dà risposta a chi predilige le abbuffate ottuse. Offrire un alimento, proporlo sempre allo stesso modo, nel tempo, banalizza il piatto, ad eccezione ovviamente dei grandi classici. Altro aspetto da evidenziare: i crudi spesso, avendo la stessa consistenza al palato, risultano monotoni e rischiano di annoiare. Ecco l'esigenza di diverse varianti, a tutto gusto, piacevoli e insolite. La filosofia di questo mio intervento sta proprio nella volontà di diversificare le possibilità di impiego che l'ostrica può concedere con semplici accorgimenti. Il mio segreto è subito svelato: saper riconoscere la qualità delle ostriche fa la differenza! Impariamo a conoscerle. Da sempre ritengo che le ostriche siano i molluschi marini più nobili; delle molteplici specie esistenti le più pregiate sono tre: Ostrea edulis, Crassostrea angulata e Crassostrea gigas. L'Ostrea edulis, detta Ostrica piatta, è senz'altro la più rinomata e conosciuta come la migliore e la più costosa, in quanto cresce sui fondali sabbiosi e si riproduce 10 volte meno rispetto alle altre due specie, che invece vengono allevate in sospensione. Le diverse fasi che si susseguono per la cura delle ostriche avvengono in speciali bacini marini, sopra appositi sostegni e sfruttando l'alternarsi delle grandi maree. Nel corso del loro periodo di accrescimento vengono spostate in bacini con caratteristiche diverse così da completare la crescita e l'affinamento. La loro più o meno accentuata sapidità, la loro croccantezza e il retrogusto mediamente dolce dipende soprattutto dal luogo di crescita, infatti spesso il loro nome riporta il nome del bacino di allevamento (es. Belon Plates de Cancale, proveniente da Cancale, Baia di Mont Saint Michel). L'intero percorso dura circa 4 anni. I francesi hanno inoltre classificato la qualità in base al tipo di allevamento e li suddividono in “speciales de claire” e “fines de claire”. Per quanto riguarda le dimensioni, vengono identificate attraverso un codice riportante 00 (per le più grandi) fino a 0000 (per le più piccole). La longevità delle ostriche fuori dal loro habitat è di 10/12 giorni. Vengono consumate tutto l'anno, sebbene il periodo migliore risulta sempre la stagione fredda. Nei periodi caldi è necessario selezionare le qualità che meno risentono del caldo, ad esempio le ostriche concave perché hanno all'interno più acqua di governo. Raccolta delle ostriche “Fine de Claire Verte” Si affina in bacini argillosi (claires) di Marennes Oleron per minimo 28 giorni. Il fondo dei bacini di allevamento può talvolta essere ricoperto da una micro alga “navicule bleu”, la navicula, che penetra nelle branchie delle ostriche conferendo loro un gradevole colore verde. Le ostriche “Fines de Claire Vertes” hanno un gusto intensamente iodato e sono molto apprezzate dagli estimatori delle ostriche poco carnose. 3 A Tutto Tonno Valori nutrizionali per 100 gr di parte edibile di tonno fresco: Parte edibile Acqua Proteine Lipidi Colesterolo Carboidrati Energia Sodio Ferro Calcio 90,0% 61,5 g 21,5 g 8,1 g 70,0 mg 0,1 159 kcal 43,0 mg 1,3 mg 38,0 mg Il Tonno, essendo un pesce dalle caratteristiche organolettiche e gustative eccellenti, si presta a numerosissime preparazioni culinarie. In virtù delle notevoli dimensioni, dal tonno si ottengono diversi “tagli” che trovano impiego in diversi tipi di lavorazione. Se consideriamo il genere Thunnus, la specie più pregiata è il Thunnus Thynnus o “tonno rosso”. Predatore a sangue caldo, presente in branchi nel Mar Mediterraneo in alcuni periodi dell’anno, può superare i quattro metri di lunghezza e i 600 kg di peso. È una specie a rischio di estinzione a causa della pesca a cui è stato sottoposto negli ultimi decenni. Per tale ragione oggi la pesca è regolamentata in modo da arginarne la riduzione della popolazione stabilendo delle quote massime per ogni barca con la licenza di pesca per il tonno. Il colore rosso intenso della carne del tonno viene considerato un parametro per valutare la qualità e la freschezza di questo pesce. Tale colorazione è dovuta alla presenza di un pigmento presente nelle cellule muscolari. Si tratta di una proteina chiamata mioglobina che agisce da deposito di ossigeno da fornire ai muscoli in movimento. Nel tonno la grande quantità di mioglobina permette ai muscoli di lavorare per molto tempo e fa si che i pesci possano percorrere fino a 200 km in un giorno. Grazie al legame dell’ossigeno con la mioglobina si forma l’ossimioglobina di colore rosso brillante. Ciò spiega l’intensa colorazione rossa caratteristica del tonno. Dopo aver parlato della parte tecnica passiamo in cucina dove la chimica continua a fare da padrona dettando le regole che ci permettono di apprezzare il tonno al gusto e alla vista. Il tonno, come molti pesci, ha bisogno di cotture brevi per evitare la fuoriuscita dei liquidi dai tessuti e con essi delle sostanze nutritive. Nei suoi muscoli vi sono varie proteine termolabili. In particolare, il collagene, la miosina e l’actina quando vengono sottoposte ad una certa temperatura si accorciano modificando la loro struttura tridimensionale. In tal modo strizzano fuori l’acqua dai tessuti rendendo la carne asciutta e poco gradevole al palato. Il primo restringimento inizia intorno ai 45°C. Denaturandosi, la mioglobina passa dal rosso ad un colore grigiastro. Attenzione, quindi, al colore che è indice da seguire per evitare di raggiungere temperature troppo elevate con conseguente perdita irreversibile di acqua. Per tale ragione è opportuno non superare i 45/50 °C durante la cottura di un trancio di tonno se si vuole mantenere la carne morbida e succosa. Tagliata di tonno Anche il periodo di pesca assume un’importanza rilevante poiché la composizione in grasso del tonno può variare durante la stagione. Dopo il periodo della riproduzione infatti, le carni si presentano molto più magre perché i pesci hanno percorso lunghe distanze dall’Oceano Atlantico verso il Mar Mediterraneo, perdendo così le riserve di grasso accumulate precedentemente. Questo particolare va preso in seria considerazione infatti si sconsiglia l’uso di questa nobile carne durante i mesi di luglioagosto in modo da dare la possibilità ai tonni di riprendere la loro forma ottimale. 4 Educational Alimentare Il Salmone e le sue proprietà Il Salmone è uno dei pesci più ricchi di nutrienti che da tempo è entrato a far parte della dieta mediterranea. La sua carne morbida lo rende uno dei cibi più pregiati ed è per questo che è uno dei pesci più allevati negli impianti di itticoltura. La sua più alta produzione si trova soprattutto in Norvegia, Canada e in Scozia. Il salmone fresco che si trova in Italia è della specie "Salmo Salar", un prodotto d'allevamento, che arriva sui banchi di consumazione già eviscerato, come previsto dalla Legge. E’ un alimento lipidico-proteico, noto perché è paragonabile alla carne rossa per il suo alto contenuto di proteine che varia dal 16 al 23%, a seconda dell'età e delle condizioni in cui viene mangiato, se fresco o affumicato. Le caratteristiche nutritive variano secondo la pesca (se è avvenuta in fiume o in mare), se è fresco o trasformato (processi di affumicatura o salagione). Il pesce giovane ha un contenuto di grasso abbastanza ridotto (6-8%), se invece è "adulto" o trasformato può arrivare al 13%. Il contenuto proteico varia, da 16-17% per il pesce giovane fino a 1920% per un pesce adulto e 22-23% per il salmone affumicato, poiché è inferiore la quantità di acqua. Le calorie si equivalgono, ma il salmone vince nettamente per l'eccellente qualità dei suoi grassi polinsaturi. Gli omega 3 e i grassi polinsaturi del salmone contribuiscono ad: abbassare il livello del colesterolo totale, ma ad alzare i livelli del colesterolo cosiddetto "buono" per la sua azione protettiva sul sistema cardiovascolare. consentono anche di contrastare la riduzione delle capacità cognitive tipiche dell’invecchiamento. riducono il fenomeno dell'osteoporosi, grazie alla vitamina D che promuove l'assorbimento del calcio e favorisce la mineralizzazione dello scheletro. hanno un potenziale ruolo antidepressivo. Secondo recenti studi, gli omega 3 sembrano contribuire anche alla prevenzione di alcuni tumori ed essere utili nel trattamento dell'artrite reumatoide. Il salmone è un’ottima fonte di vitamine del gruppo B, di vitamina A e D. Per queste ragioni spesso entra a far parte di molti principi attivi di vari formulati farmaceutici. Insomma, nel caso del Salmone, le calorie in più (185 kcal per etto per salmone fresco, 147 kcal per etto per quello affumicato) trovano ampie giustificazioni. Tutte queste caratteristiche nutrizionali per potersi rivelare pienamente nelle nostre pietanze devono servirsi della cultura e la sapienza di chi manipola, trasforma e cucina il prodotto che, con le opportune cure, può mantenere ed esaltare al meglio tutti i suoi principi nutritivi. Per saperne di più Ma come vengono allevati i salmoni? Come vengono nutriti? In autunno, gli allevatori si preparano per la fecondazione. Vengono scelte le uova delle femmine più sane e fecondate con il seme dei maschi migliori. Le uova vengono quindi controllate fino alla schiusa. Ci vorranno però almeno 10-18 mesi perché i piccoli salmoni siano pronti per il mare. Quando saranno pronti, i salmoni verranno posti in speciali vasche in mare, dove trascorreranno circa 2 anni, controllati e nutriti. Il cibo dato ai salmoni è formato da speciali mangimi; in essi è contenuta anche l'astaxantina, che è un colorante naturale che dona il tipico colore rosa alla carne del salmone. Questa sostanza fa parte della famiglia dei carotenoidi, essenziali alla maturazione, alla riproduzione e al sistema immunitario del salmone. 5 L’affumicatura del salmone L'affumicatura si ottiene esponendo i cibi al fumo generato dalla combustione lenta della segatura di legni aromatici, ed è una tecnica di conservazione degli alimenti utilizzata dall'uomo sin dalla preistoria. Per l’affumicatura del salmone si utilizzano come materia prima salmoni (Salmo salar) allevati provenienti dal nord Europa. Di solito si parte da salmoni congelati e poi scongelati per essere utilizzati nel processo di affumicatura ma alcune aziende scelgono di utilizzare salmoni freschi e mai congelati poiché i pesci provengono da allevamenti che certificano l’assenza dell’endoparassita anisakis. Distinguiamo due tipi di affumicatura: Affumicatura a freddo: il salmone viene filettato e messo sotto sale, con una piccola aggiunta di zucchero, in contenitori lignei; successivamente viene affumicato per 12 ore con temperatura non superiore ai 20 °C. Affumicatura a caldo: il salmone viene filettato e messo sotto sale, affumicato con legno di betulla ad una temperatura di 120 °C nei primi 20 minuti, poi a 80 °C per 3 ore. I pesci vengono fatti passare in un tunnel dove dapprima vengono incisi ed infine eviscerati anche mediante l'utilizzo di un apposito aspiratore. La successiva fase della filettatura vera e propria è completamente automatizzata, mentre la rimozione della colonna vertebrale viene eseguita sia meccanicamente che a mano. La fase successiva è la salatura, che aumenta la disidratazione, inattiva i microrganismi e conferisce maggior sapore. Essa può avvenire a secco (utilizzando sale marino che viene cosparso sulla superficie di taglio dei filetti), oppure per iniezione o per immersione in salamoia. L'affumicatura tradizionale maggiormente effettuata in Italia viene fatta in celle apposite mediante l'utilizzo di generatori per la produzione di fumo. Il fumo viene prodotto dalla combustione, senza fiamma, di legna (faggio, quercia, noce). I filetti possono essere collocati in posizione orizzontale su graticci od appesi verticalmente su appositi carrelli (affumicatura per impiccagione). L'affumicatura ha proprietà antisettiche, antiossidanti e antimicrobiche. L'aspetto e il gusto degli alimenti affumicati ne risultano modificati in senso tutto particolare. La fase successiva è rappresentata dal taglio e ricostruzione del filetto affumicato. Quest’ultimo viene tagliato a fette e spellato mediante l'utilizzo di lame ad alta velocità e ricostruito recuperando anche la pelle. E' evidente anche la fase di rifinitura dello stesso attraverso l'asportazione manuale di spine e parti residue non desiderate. Infine, nel caso sia di fette di salmone pre-affettate che di filetti interi, questi vengono inseriti in apposite vaschette con immissione di particolari miscele di gas (confezionamento in atmosfera modificata), oppure, in buste di pellicola plastica, vengono fatti passare in una macchina per la sottrazione dell'aria (confezionamento sottovuoto). Non dimentichiamo che il salmone affumicato è un prodotto non stabilizzato e quindi necessario tenerlo costantemente refrigerato a temperature comprese fra 0 e + 2 ° C. Il periodo di conservazione può variare dalle 4-5 settimane ai 3 mesi a seconda delle specie impiegate e delle misure igienico-sanitarie osservate durante il processo di lavorazione. Gli affumicati, poiché risultano più asciutti, hanno principi nutritivi più concentrati dei cibi freschi: a parità di peso, 100 grammi di salmone affumicato forniscono 25,4 grammi di proteine contro i 18,5 grammi del fresco. Prospettive 6 L'affumicatura è un trattamento oggi abbastanza discusso per l'azione delle sostanze presenti nel fumo (fenolo e sostanze volatili). In certi casi, se il trattamento non è svolto in maniera adeguata, si possono sviluppare sostanze dannose come il benzopirene, considerato cancerogeno. Pertanto, l'industria alimentare sta sviluppando metodi alternativi che consistono nell' uso di aromatizzanti di affumicatura o di fumo liquido, ottenuto condensando in acqua i fumi che si liberano dalla combustione del legno, e sottoponendoli successivamente a filtrazione. L’utilizzo del fumo liquido comporta l'assenza di composti cancerogeni, una maggiore uniformità dei sapori e degli aromi, e soprattutto tempi di produzione più rapidi. Educational Alimentare I controlli igienico-sanitari Secondo le recenti statistiche l'Italia rappresenta un mercato molto importante ed il Paese al primo posto in graduatoria per importazione di salmone affumicato dalla Norvegia. Questo è quello che emerge dai dati norvegesi sull'esportazione, indipendentemente dal fatto che l'origine, la reale provenienza della materia prima, spesso "sparisca" durante il trasporto per l'Italia e nella formulazione delle statistiche non viene registrato come prodotto di esportazione norvegese ma acquisisce le provenienze di uno dei Paesi in cui è passato il prodotto (dati riportati su un dossier di Eurofish Market). L’incremento dei consumi nel settore degli “affumicato” porta inevitabilmente ad un aumento dei controlli da effettuare lungo la filiera produttiva. Analizziamo le varie fasi che possono rappresentare dei punti critici durante la produzione del salmone affumicato. Come primo punto bisogna porre molta attenzione alle temperature di refrigerazione, mantenute con l’utilizzo di ghiaccio in scaglie sulla superficie dei pesci posti in contenitori forati per favorire il drenaggio dell’acqua, che si forma in seguito alla fusione del ghiaccio. I contenitori in polistirolo contenenti il pesce vengono posti in celle alla temperatura di 0°C/3°C. Nel caso di pesce congelato e poi scongelato per essere pronto per successive lavorazioni, lo scongelamento deve avvenire a temperature di refrigerazione in modo da prevenire la proliferazione microbica. Tutto ciò va accompagnato dalle adeguate condizioni durante le lavorazioni che devono avvenire in opportuni ambienti climatizzati alla temperatura di circa 12°C e sottoposti ad un piano di lavaggio e disinfezione. La fase di salagione rappresenta anche un punto da non sottovalutare poiché la giusta dose di sale consente di evitare da una parte di compromettere il sapore del prodotto (quando si eccede con la quantità di sale) e dall’altra di mettere a rischio la conservabilità del prodotto (quando la dose di sale è insufficiente). Il trattamento di salagione oltre a conferire al prodotto finale la giusta sapidità, previene la decolorazione dei tessuti. Purtroppo però la sola salagione non basta per inibire i batteri in modo duraturo. La fase del taglio e successiva ricostruzione del filetto richiede le massima osservanza delle misure igienico-sanitarie da parte del personale addetto alla lavorazione, per non compromettere e vanificare le attenzioni prestate nelle fasi precedenti. Risulta quindi essenziale lavorare con attrezzature e su superfici sanificate per evitare contaminazioni microbiche che possano inficiare la qualità e la sicurezza del prodotto finale. Tra i microrganismi potenzialmente pericolosi ricordiamo il Clostridium botulinum che può svilupparsi nelle confezioni sottovuoto. Si è visto però che le temperature di conservazione inferiori a 3°C ne inibiscono la germinazione delle spore. Inoltre consideriamo che il salmone affumicato viene consumato senza preventiva cottura e ciò lo rende suscettibile a successive contaminazioni durante la fase di confezionamento, ad opera di patogeni come Salmonella spp. e Listeria Monocytogenes che rappresentano un pericolo di rilevanza sanitaria non indifferente. Il sale e la refrigerazione riescono a ridurre il rischio dello sviluppo microbico; ma sappiamo bene che un’eccessiva presenza di sale può alterare il gusto e comprometterlo per cui l’unica cosa da fare è mantenere durante tutta la “vita” del prodotto temperature inferiori a 3°C. Questo dato di fatto dovrebbe entrare in circolo soprattutto nella mente del consumatore, che dovrebbe abituarsi a modificare anche il proprio modo di fare la spesa, scegliendo ad esempio di acquistare determinati prodotti in punti vendita specializzati che possano fornire le dovute garanzie, distribuire borse termiche e fornire le giuste informazioni per il consumo. 7 Acqua di Mare: una risorsa alimentare Dal mare nasce la vita e dal mare arriva un grande contributo per la nostra quotidianità: acqua di mare ad uso alimentare da usare in cucina e per tutte le preparazioni dove si usa comunemente il sale. Il sale marino e la salgemma sono sbiancati chimicamente e questo comporta che una parte degli agenti chimici resta residuato nel classico sale da cucina, che usiamo tutti i giorni e dunque nei cibi e nelle preparazioni in cui viene utilizzato. A differenza dell’acqua marina, il sale raffinato viene privato di moltissimi minerali come calcio, magnesio, potassio e ferro che nell’organismo umano svolgono importanti funzioni. L’acqua marina, opportunamente depurata dalle sostanze organiche contaminanti e priva di inquinanti chimici, oltre al sodio, contiene preziosi minerali e oligoelementi che lavorano in sinergia tra loro e con altri minerali e vitamine presenti nel nostro corpo. Per l’utilizzo dello iodio da parte della ghiandola tiroidea, per esempio, abbiamo bisogno del rame, mentre il magnesio, il manganese e il potassio aiutano il silicio a livello di ossa e tessuto connettivo. Questi elementi sono più importanti delle stesse vitamine nella prevenzione delle malattie. Un elemento assente dal sale da cucina raffinato, ma presente nell’acqua di mare e quindi nel sale organico, che è importante per la salute umana, è il magnesio. La carenza di magnesio è la causa di molte condizioni patologiche. I sali di magnesio sono necessari per stimolare l’attività dei globuli bianchi del sangue, per promuovere l’azione delle vitamine, e per migliorare l’effetto di numerosi enzimi come le diastasi tra cui la fosfatasi alcalina. Hanno anche un ruolo importante nel metabolismo del glucosio e nel metabolismo fosfocalcico. Il sale e l’acqua regolano il contenuto di acqua nel corpo. L’acqua stessa regola il suo contenuto all’interno della cellula facendosi strada in tutte le celle che raggiunge. Una volta all’interno delle cellule svolge un’azione di detergenza rimuovendo i rifiuti tossici del metabolismo cellulare. Il sale equilibra la quantità di acqua che rimane all’esterno delle cellule. Un buono stato di salute dipende da un delicato equilibrio tra il volume di acqua all’interno e il volume di acqua all’esterno delle cellule. L’acqua di mare “Riservadimare” svolge molte altre funzioni vitali nell’organismo: regola la pressione sanguigna; estrae l’eccesso di acidità dalle cellule del corpo, specialmente da quelle celebrali; bilancia i livelli di zucchero nel sangue, fattore indispensabile nei diabetici; genera energia idroelettrica nelle cellule; permette l’assorbimento di particelle di cibo attraverso la parete intestinale; pulisce i polmoni dal catarro mucose e appiccicoso; è particolarmente importante per le persone con asma e fibrosi cistica; è un forte antistaminico naturale; permette alle cellule nervose di comunicare ed elaborare le informazioni per tutto il tempo in cui le cellule del cervello sono attive, dal momento del concepimento fino alla morte; previene i crampi muscolari; l’osteoporosi è una conseguenza della carenza di acqua e sale nel corpo. Il 27% del sale del corpo è nelle ossa; previene gotta e artrite gottosa. Riservadimare, prima di essere imbottigliata, è ottenuta attraverso un procedimento produttivo chemical free, quindi completamente privo di agenti chimici e pertanto si configura come prodotto utilizzabile anche nelle diete biologiche e vegane. 8 Educational Alimentare L’acqua di mare a uso alimentare Steralmar è frutto dell’impiego di tecnologie avanzate e di ricerca costante. Gli impianti modernissimi e la collaborazione con il Consiglio nazionale delle ricerche e Istituto per l’ambiente marino costiero consentono di proporre un prodotto salubre e affidabile, un output controllato e parametrizzato con qualità organolettiche stabili grazie al contenuto di minerali benefici e al tenore di cloruro di sodio più adatto per l’utilizzo in cucina. Steralmar viene usata con successo nei seguenti casi: Lavaggio e trattamento preliminare a consumo e cottura di prodotti ittici, molluschi bivalvi, crostacei, echinodermi, con mantenimento delle loro caratteristiche organolettiche di freschezza per riduzione dello shock osmotico; Lavaggio in fase di decongelamento con frequenti ricambi di acqua di porzioni di filetti di pesce, carpacci, calamari, seppiette, gamberi e scampi, preliminari a consumo e cottura; Rivitalizzazione in cucina di molluschi bivalvi vivi (temperatura consigliata 4/6 °C) con frequenti ricambi; Preparazione sushi e sashimi; Componente quale sostituto del sale in altri prodotti pronti al consumo: cottura pasta, riso, cereali, ortaggi e verdure; preparazione impasti prodotti da forno (pane, pizza, pasticceria salata). La Pasta, un irrinunciabile piacere quotidiano La pasta è una presenza costante sulle nostre tavole e sarebbe auspicabile conoscerne di più. Sorprende che proprio noi italiani, inventori ed esportatori in Europa e nel mondo, abbiamo delle difficoltà a riconoscere le basi della qualità del prodotto che sono strettamente legate alla sua composizione e a quella del grano di partenza. Le proteine della semola di grano duro, infatti, a contatto con l’acqua durante la fase di formazione dell’impasto, creano un reticolo proteico assai compatto, il glutine, che conferisce alla pasta cotta consistenza ed elasticità e trattiene l’amido, evitando la callosità che è il difetto peggiore della pasta e il meno tollerato dal consumatore. Un elevato contenuto proteico consente di avere una pasta che dopo la cottura è consistente ed elastica, prende facilmente il condimento, non si sfalda e, una volta scolata, sarà priva di quella indesiderata patina callosa che la fa ammassare sul piatto. L’ideale è un contenuto proteico che si avvicina o supera il 14%, informazione chiaramente leggibile sulle confezioni di pasta disponibili in commercio. Se fino ad oggi le informazioni più gettonate sono state la data di scadenza e il luogo di produzione, è bene che anche le indicazioni nutrizionali e la composizione del prodotto inizino ad entrare tra le priorità dei consumatori. Curiosità: Quando sono nati gli spaghetti? Si dice che i primi spaghetti giunsero in Occidente nel lontano 1292, quando Marco Polo rientrò dal suo viaggio in Cina. Tuttavia, alcuni studi confermano la presenza in Italia di questa tipologia di pasta già intorno all’anno 1000. In un documento risalente al 1154, infatti, il geografo arabo Al-Idrin, descrive il tryha, un cibo prodotto a Palermo, come un particolare alimento in forma di fili a base di farina. É dunque probabile che i primi spaghetti siano stati introdotti in Italia dagli arabi, più di due secoli prima del viaggio intrapreso da Marco Polo verso l’Oriente! 9 Il Confezionamento Sottovuoto Confezionare sottovuoto un prodotto alimentare immediatamente dopo il suo processo di produzione è uno dei mezzi migliori per proteggere la sua qualità per tempi più lunghi. In assenza di un adeguato confezionamento, l’aria deteriora il prodotto alimentare direttamente (essiccando, ossidando, variando il profumo) o indirettamente (favorendo lo sviluppo di batteri, lieviti, muffe ed i loro metaboliti) tramite l’azione ossidante dell’ossigeno. Quest’ultimo infatti è un elemento indispensabile per l’esistenza umana ma, essendo un gas molto reattivo, è in grado di combinarsi con diverse sostanze contenute nei prodotti alimentari. Quando reagisce con gli ingredienti dell’alimento esso può causare cambiamenti negativi a livello di colore, gusto, odore e consistenza, compromettendo qualità ed accettabilità del prodotto. Molti dei microrganismi che si possono moltiplicare nel cibo sono di tipo aerobico, cioè necessitano di un’adeguata quantità d’aria per vivere. Senza di essa la loro proliferazione è bloccata ed è fortemente inibita la loro attività di fermentazione e di degenerazione del prodotto alimentare. In condizioni di sottovuoto e a bassa temperatura si possono sviluppare solo poche specie microbiche ed esse, ad eccezione di qualcuna, non provocano alterazioni. Alle alterazioni microbiche si aggiungono quelle dovute alla composizione chimica dell’alimento. (Per esempio un alimento grasso va incontro all’irrancidimento). Per limitare questi fenomeni di deterioramento degli alimenti si può procedere al confezionamento sottovuoto, sottraendo, attraverso specifiche attrezzature, l’aria contenuta all’interno di una confezione. In commercio esistono ormai varie soluzioni per avere un packaging innovativo adatto ad ogni tipo di esigenza: buste, vaschette termoformate,etc.. Sottraendo l’aria viene inibita l’attività dei microrganismi aerobi che in tal modo non possono più moltiplicarsi e non sono più in grado di attivare quei processi che pregiudicano la qualità organolettica e le caratteristiche chimico-fisiche di un alimento. La confezione sottovuoto viene sigillata ed impedisce l’ingresso a nuovi microrganismi, essendo impermeabile all’aria, all’acqua e agli agenti esterni. Essa rappresenta un valido aiuto alla normale refrigerazione perché consente di prolungare la normale shelf-life di un prodotto, con notevoli ripercussioni positive a vantaggio delle varie figure che intervengono lungo la filiera alimentare. Il produttore può garantire un tempo di conservazione maggiore e gestire meglio i tempi di distribuzione, il punto vendita non è costretto a rifornirsi tutti i giorni ma può gestire le forniture su tempi più lunghi ed il consumatore acquista un prodotto in ottime condizioni di conservazione. Insomma, ogni step della filiera trae beneficio da questa tecnica semplice ma di grande utilità. Come in ogni metodo di conservazione però…attenzione a cosa c’è dentro la confezione! L’ingrediente o il prodotto di origine vegetale o animale, che poniamo all’interno del contenitore o della busta sottovuoto deve essere di buona qualità. Solo con questo essenziale presupposto è possibile ottenere il risultato desiderato. 10 Educational Alimentare La Bottarga: il Caviale del Mediteraneo Da qualche anno mi occupo del Controllo Qualità presso il Centro Surgelati di Acireale, un’azienda che investe notevolmente sulla qualità dei suoi prodotti e sulla ricerca di proposte innovative per i propri clienti. Ogni giorno passo tra gli ambienti di lavorazione per ritirare fogli di produzione, effettuare i controlli microbiologici, insomma “tutto ciò che il mestiere comporta”. Qualche volta però mi soffermo ad osservare al di là dei controlli di routine, e scopro il valore di certe lavorazioni che sembrano ripetersi meccanicamente ma che nascondono tutta la sapienza e la passione di chi le svolge. Tra queste lavorazioni mi è capitato di assistere alla produzione della bottarga di tonno. Chi non ha mai visto all’opera un vero Mastro Salatore non può immaginare quanta cura e con quale fervore le uova del tonno vengono portate al giusto grado di maturazione. Egli osserva i cambiamenti durante il corso della stagionatura, ne valuta le piccole trasformazioni, come un padre osserva i propri figli, accompagnandoli nel loro percorso di crescita. Con sguardo sempre attento, carpisce la graduale evoluzione delle sue creature, le cosparge di sale quando ne hanno bisogno, le bagna con acqua dolce per allontanare da esse le impurità. Regola con grande precisione la temperatura e l’umidità per assicurare loro un ambiente ideale in cui giungere a maturità nella forma migliore. Insomma, la tecnica non è mai abbastanza se non è affiancata dall’amore per ciò che si fa! Posso decisamente affermare che non tutti hanno avuto la fortuna e il piacere di constatare con i propri occhi l’impegno e la grande devozione ai quali non si può attribuire un giusto prezzo e che posseggono un valore inestimabile, come la bottarga di Don Alfio. 11 La storia delle conserve ha origini molto lontane. Fin dai tempi più remoti infatti l’uomo ha sviluppato svariati modi per conservare i cibi. La produzione della bottarga sfrutta uno dei metodi più antichi per ottenere un prodotto pregiato apprezzato dai consumatori alla ricerca di sapori unici. Il termine bottarga deriva dalla parola araba “butarkhah” che significa “uovo di pesce all’interno del suo sacco”. Il mercato offre varietà di bottarga ottenute da uova di diverse specie ittiche ma la più pregiata è quella ottenuta con uova di tonno rosso pescato nel Mar Mediterraneo. Produzione della bottarga Dai tonni eviscerati vengono estratte le uova da sottoporre alla lavorazione e si procede al dissanguamento attraverso la spremitura. Dopo si effettua l’immersione in salamoia, una soluzione costituita da acqua e sale. Si cosparge la superficie della bottarga con sale marino naturale, alternando diversi strati di bottarga e sale. Tutto viene pressato con una tavola di legno al fine di favorire l’eliminazione dell’acqua e la penetrazione del sale. Periodicamente il sale viene sostituito ad intervalli che sono a discrezione del mastro salatore. Infine si procede ad un lavaggio con acqua dolce per l’eliminazione del sale e delle impurità superficiali. A questo punto le uova vengono legate e poste ad asciugare ad una temperatura tra i 26°C e i 30°C per un periodo variabile dai 10 ai 45 giorni con un umidità del 50/60%, per favorire la giusta maturazione ed evitare un’eccessiva disidratazione. Il prodotto stagionato viene conservato ad una temperatura compresa tra 13°C e 14°C. 12 Educational Alimentare Caratteristiche della bottarga e importanza di un’adeguata lavorazione Lo scopo di tutto il processo è quello di prolungare la shelf-life della bottarga riducendo al minimo l’acqua libera per inibire la moltiplicazione di batteri patogeni e rendere stabile il prodotto. L’impiego del cloruro di sodio non permette la distruzione di tutti i microrganismi ma ne inibisce la crescita, pertanto ci troviamo di fronte ad una semiconserva ittica. Essa possiede una propria flora attiva caratteristica rappresentata da batteri alofili ed alotolleranti (che tollerano elevati livelli di salinità) che intervengono nella maturazione del prodotto. Talvolta però può svilupparsi una flora indesiderabile costituita da microrganismi capaci di provocare alterazioni del prodotto. L’abilità del mastro salatore sta nel limitare lo sviluppo di quest’ultima e favorire l’attività della flora attiva. La figura del Mastro Salatore Ogni procedura è volta al raggiungimento di una serie di equilibri che fanno della bottarga un prodotto di grande pregio. Il mastro salatore sa bene che per un lavoro a regola d’arte occorre selezionare con attenzione le uova fin dall’inizio, valutando le dimensioni, il colore e la turgidità. Egli controlla il rapporto tra acqua e sale nella salamoia e segue passo dopo passo i cambiamenti cui vanno incontro le uova durante le fasi di salagione ed essiccazione. In questo modo è possibile ridurre l’azione aggressiva del sale che, dopo aver superato il giusto grado di disidratazione, provoca conseguenze sul colore e sull’aspetto generale del prodotto. Con le giuste attenzioni, il mastro salatore si “prende cura” delle uova durante tutte le fasi di stagionatura, fino ad ottenere un equilibrio di dolce sapidità, che risulta gradito al consumatore di oggi che ricerca note di delicatezza ma che conserva ancora la memoria della tradizionale bottarga. 13