GLOSSARIO Advertainment: nasce dall’unione dei termini di marketing “advertisement”(pubblicità) e “entertainment” (intrattenimento) e sta a definire tutte quelle forme ibride di comunicazione che sono costruite come prodotti culturali di intrattenimento, ma che contengono al contempo dei messaggi pubblicitari. Advertising: insieme dei mezzi paratestuali di cui si compone la campagna pubblicitaria di un prodotto audiovisivo (trailer, locandina,…) Blind bidding: vendita di un film senza permetterne la visione preliminare all’esercente Block booking: unione di un block buster e di un film di minore appeal commerciale che vengono però obbligatoriamente venduti insieme, obbligando l’esercente ad acquistarli entrambi Brand: è la marca di un prodotto/oggetto Brandizzare: appore un brand su un oggetto, un luogo, una persona, uno spazio virtuale. Buoni di doppiaggio: nel 1933 lo stato fascista approva un decreto legge che obbliga i distributori di pellicole a far doppiare in italia i film stranieri importati, fissando una tassa di 25.000 lire per ciascuno di essi, e assicura un premio pari a tre buoni di doppiaggio da assegnare a ogni produzione nazionale. I buoni di doppiaggio danno pertanto il diritto all’esonero del pagamento della tassa sull’importazione. Celebrity endorsement: personaggi famosi che usano specifici brands nei loro show/film/vita reale Clutter: definisce, nel marketing, l’enorme quantità di messaggi pubblicitari e di prodotti con cui entra in contatto il consumatore. Co-marketing: strategia di affiancamento tra azienda e produzione cinematografica, nell’ambito della promozione integrata e congiunta di un film e di un determinato prodotto/brand, fatta attraverso campagne di advertising e publicity. Core target: è il target primario di un prodotto e costituisce pertanto il suo mercato obiettivo. Director’s cut: montaggio del film realizzato dal regista, non è detto che venga approvato dal produttore Final cut: montaggio finale del film, approvato dal produttore Hybrid message: messaggio ibrido che nasce con l’obiettivo di influenzare il pubblico per ottenere profitti commerciali utilizzando comunicazioni a carattere non commerciale, rendendo pertanto meno netti i confini tra contenuto di entertainment e messaggio pubblicitario. Limited run: distribuzione di un film fatta nei soli mercati metropolitani. Love mark: è un valore emotivo e culturale collegato al brand e capace di ispirare sensazioni positive e persistenti nel tempo. (secondo la recente definizione di Kevin Roberts, CEO Worldwide di Saatchi & Saatchi, contenuta in Lovemarks: the future beyond brands) Low clutter: presenza esclusiva, tramite la pratica del product placement, di una sola azienda per ognuna delle categorie merceologiche usate all’interno del film (Cfr. Ho voglia di te di Prieto contiene solo auto del Gruppo Fiat) Majors: le grandi case di produzione americane che fino al 1948 hanno dominato il mercato dell’entertainment: PARAMOUNT, RKO, MGM, WARNER, FOX cui si aggiungono le semi majors: UNIVERSAL, COLUMBIA e UNITED ARTISTS. Master: è la prima copia di un film e viene realizzata alla fine del processo produttivo. Media conglomerate: grande compagnia nata dall’unione tra diversi settori dell’entertainment (ma non solo) che ha come obiettivo quello di creare partnerships e collaborazioni sinergiche tra tutti i membri del conglomerate stesso. Ne sono esempi la Disney, la AOL TIME WARNER e la VIACOM-PARAMOUNT. Media plan: suddivisione del budget pubblicitario complessivo tra mezzi diversi in un determinato arco di tempo. Prodotti “ethically charged”: prodotti dotati di un “carico etico”, come sigarette, alcolici, medicinali e armi. Product oriented: tipologia produttiva orientata al prodotto, che non prende in considerazione le esigenze del mercato (il contrario delle strategie market oriented, che invece hanno i consumers al centro del processo ideativo e produttivo). Product placement: consiste nel posizionamento di un prodotto/brand all’interno di un contest narrativo precostruito. In Italia è stato ri-legalizzato nel 2004. Promotion: azioni di ulteriore rafforzamento alla promozione di un film (viene dopo l’advertising e la publicity) attraverso merchandising, tie-ins, anteprime,… Publicity: pubblicità del prodotto audiovisivo fatta attraverso una massiccia operazione di copertura mediatica fatta di interviste, programmi speciali, ospitate, press kits. Saturation selling: distribuzione strategica e massiccia di poche pellicole di valore, fatta su schermi di qualità e limitata nel tempo. Screening test: test di gradimento del film, viene effettuato prima del lancio ufficiale della pellicola in modo da testare la reazione del pubblico. Selling elements: letteralmente “elementi che vendono”, una sorta di lista di tutto ciò che rende un film un prodotto appetibile, a seconda dei diversi target di riferimento: cast artistico e tecnico, premi, partecipazione a festivals, recensioni,… Studio system: sistema di produzione integrato e basato sul modello fordista, è quello applicato dalle Majors americane tra il 1915 e il 1948, anno in cui la Sentenza Paramount stabilisce nuove regole per le case di produzione, a favore di una maggiore flessibilità e concorrenza. Tie-ins: accordi di cooperazione tra azienda e produzione Top of mind: catalogo di tutti quei brand che godono di un elevato livello di notorietà (per esempio la Coca Cola è sicuramente più nota della Virgin Cola) User generated content: contenuti sviluppati dai consumatori/utenti del web, come, ad esempio, i video su You Tube. Wide release: distribuzione capillare di un film in sale e aree geografiche diversificate, con l’obiettivo di saturare il mercato (di norma viene applicato per i block busters). Word of mouth: passaparola relativo ad un film o ad un contenuto di intrattenimento. Può essere positivo o negativo e si può fare sia verbalmente che virtualmente (viralmente) attraverso l’uso del web (email marketing, commenti in forum, social networks)