Il premio Nobel Wangari Maathai

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Il premio Nobel Wangari Maathai
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La donna albero
Nera e donna. Per la prima volta in assoluto un premio Nobel viene attribuito a
un'africana, "per il suo contributo allo sviluppo sostenibile, alla democrazia e alla
pace", ma anche per i 30 milioni di alberi piantati, per le battaglie legali avviate, per
la formazione ai giovani e alle donne.
Ma lei minimizza. «È un riconoscimento per tutte le donne africane».
di Clement
da Nairobi
Njoroge e Zachary Ochieng
Dopo trent'anni di lotte contro il sistema repressivo, lo scorso 10 dicembre l'ecologista Wangari Maathai ha
riunito amici provenienti da tutto il mondo per celebrare il suo successo nel ricevere il Nobel a Oslo.
L'eco-attivista entra a far parte del gruppo di Nelson Mandela, Kofi Annan, Desmond Tutu e Madre Teresa di
Calcutta, per le sue battaglie contro le minacce ambientali in Kenya e la sua lotta per i diritti delle donne.
Vice ministro dell'ambiente nel paese africano ha vinto anche altri premi internazionali: nell'84 il Right
Livehood Award (Alternative peace prize) e nel '91 l'Africa Prize Laureate, per aver fondato il Green Belt
Movement-Kenya (Gmb), uno dei programmi più efficaci a livello mondiale nell'unire lo sviluppo comunitario
e la protezione ambientale.
Il movimento ha piantato 30 milioni di alberi in tutta l'Africa, dimostrando di essere un metodo effettivo per lo
sviluppo rurale: «Il Green Belt Movement aiuta la gente a capire la connessione tra il degrado ambientale e
altre questioni ad esso collegate» sostiene Wangari. I suoi progetti sono rivolti al miglioramento della
condizione delle donne, da un lato attraverso l'aumento delle loro capacità come leader, e dall'altro
attraverso il miglioramento delle loro condizioni economiche. «Abbiamo una responsabilità speciale nei
confronti dell'ecosistema del pianeta. Garantendo la sopravvivenza di altre specie assicureremo la nostra
stessa sopravvivenza» ha detto il premio Nobel.
Piantare alberi funge da piattaforma di lancio per abbordare altri problemi; la produzione di cibo, il
combustibile, l'erosione del suolo e la desertificazione. Più di un milione di giovani sono stati reclutati per
riforestare intorno alle loro scuole.
Primo: salvare gli alberi
Ma Wangari, nata a Nyeri 64 anni fa, sarà certamente ricordata anche per le mega proteste del '92 contro il
degrado del patrimonio ambientale kenyota, in particolare per aver bloccato la costruzione di un complesso
multimilionario destinato a ospitare i media vicini al governo, che avrebbe cancellato gran parte dell'Uhuru
Park, uno dei luoghi pubblici di svago della città.
Una battaglia vinta, ma molte altre ancora in corso. «Dopo due decenni ci sono ancora le stesse minacce di
deforestazione che esistevano negli anni '80» dice Maathai. «I nostri governanti continuano a sistemare la
gente nelle terre boschive».
Per ironia, il governo del Kenya deve ancora pubblicare un documento sulle occupazioni illegali, noto come il
Ndung'u report. Il difficile compito di Wangari sarà quello di assicurare che tutte le terre boschive scomparse
o assegnate a esponenti importanti dell'attuale e del precedente regime siano restituite al pubblico, e far
approvare un disegno di legge che protegga le foreste vergini e le aree di approvvigionamento d'acqua.
Secondo Wangari, è del tutto inaccettabile che il Kenya abbia meno del 2% di foreste protetto, rispetto al
10% di territorio boschivo che si dovrebbe tutelare in ogni paese. «La maggior parte delle foreste vergini
sono state completamente tagliate, e successivamente rimpiazzate con pini ed eucalipti provenienti dal Nord
dell'emisfero» aggiunge.
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