The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1990
A. van Eyck, Restaurant, Library and Conference Building,
Noordwijk, Olanda
P. Eisenman, Extension to University Columbus, Ohio, USA
tratto dal numero di febbraio
tratto dal numero di luglio
J. Koskinen, Science Centre
Heureka, Tikkurila, Vantaa,
Finlandia
tratto dal numero di marzo
K. Gullichsen, Civic Centre
Pieksamaki, Finalandia
tratto dal numero di marzo
A. Sipinen, Cultural Centre
Tipiola, Finalandia
tratto dal numero di marzo
J. Leiviska, Cultural Centre
Kajaani, Finalandia
tratto dal numero di marzo
J. Navarro Baldeweg, Cultural
Centre and Museum Murcia,
Spagna
tratto dal numero di giugno
S. Fehn, Museum Vangsnes,
Norvegia
tratto dal numero di giugno
Snohetta, Library Alexandria,
Egitto
tratto dal numero di giugno
a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini
The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1991
A. van Eyck, New Amsterdam
School, Amsterdam, Olanda
R. Moneo, Museum Merida,
Spagna
tratto dal numero di gennaio
tratto dal numero di novembre
M. Bhigas & Mackay, Library
Conversions, Catalogna, Spagna
R. Meier, Crafts Museum, Frankfurt, Germania
tratto dal numero di febbraio
tratto dal numero di novembre
Property Services Agency
Project Architects, National
Gallery of Modern Art, Edinburgh, UK
Colquhoun & Miller, Art Gallery Extension, Whitechapel,
London, UK
tratto dal numero di febbraio
tratto dal numero di novembre
Esherick, Homsey, Dodge &
Davis, Aquarium and Museum,
Monterey, California, USA
L. Nield, High School near
Canberra, Australia
tratto dal numero di marzo
tratto dal numero di dicembre
N. Foster, Mediatheque, Nimes,
Francia
tratto dal numero di maggio
H. Scharoun, Musical Research
Institute and Museum, Berlin,
Germania
tratto dal numero di giugno
E. Cullinan Architects, Training
and Conference Centre, High
Wycombe, Bucks, UK
tratto dal numero di luglio
Martin, Richards, Calouste
Gulbenkian Cultural Centre,
Lisbona, Portogallo
tratto dal numero di settembre
a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini
The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1992
H. Fehling, D. Gogel, Meteorological Institute Berlin, Germania
tratto dal numero di febbraio
S. Soeters, Social and Cultural
Centre Diemen, Olanda
tratto dal numero di marzo
R. Piano, Cultural Centre Noumes, New Caledonia
tratto dal numero di marzo
J. Stirling, M. Wilford & Associates, Braun Factory Complex,
Melsungen, Germany
tratto dal numero di dicembre
J. Stirling, M. Wilford & Associates, Neue Staatsgarlerie,
Stuttgart, Germania
tratto dal numero di dicembre
a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini
The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1993
Architecture Studio, European
Parlament, Strasbourg, Francia
tratto dal numero di gennaio
G. Peichl, A. Schultes, Two Art
Gallery, Bonn, Germania
tratto dal numero di gennaio
A. J. Diamond, D. Schmitt &
Company, Student Centre York
University, Toronto, Canada
tratto dal numero di maggio
N. Foster, Library and Art Gallery Nimes, Francia
tratto dal numero di luglio
De Blacam & Meagher, Student
Theatre Dublin, Irlanda
tratto dal numero di agosto
a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini
The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1994
J. Coenen, National Architecture Institute, Rotterdam, Olanda
tratto dal numero di febbraio
Pei Cobb Freed & Partners,
Holocaust Memorial Museum,
Washington DC, USA
tratto dal numero di febbraio
W. Lim Associates, Community
Centre, Singapore
tratto dal numero di settembre
A. Tenggara, Educational Institute Bishan, Singapore
tratto dal numero di settembre
Maedebach & Redeleit, Deaf
Persons’ Cultural Centre and
Housing, Berlin, Germania
tratto dal numero di settembre
a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini
The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1995
Behnisch & Partners, School,
Frankfurt, Germania
Foster & Partners Art Gallery,
Omaha, USA
tratto dal numero di aprile
tratto dal numero di agosto
Behnisch & Partners, School,
Ohringen, Germania
C. Correa, Craft Mseum, Delhi,
India
tratto dal numero di aprile
tratto dal numero di agosto
L. Kroll, School, Parigi, Francia
R. Piano, Laboratory Workshop, Vesina, Italia
tratto dal numero di aprile
tratto dal numero di agosto
A. C. Baeza, School, Codiz,
Spagna
tratto dal numero di aprile
C. de Portzampark, Music Centre, La Villette, Parigi, Francia
tratto dal numero di luglio
von Gerkon, Morg & Partners,
Congress and Concert Hall,
Lubeck, Germania
tratto dal numero di luglio
Kaira, Lahdelma, Mahlamaki,
National Forest Museum, Punkaharju, Finlandia
tratto dal numero di agosto
T. Ando, Historical Museum,
La Villette, Osaka, Giappone
tratto dal numero di agosto
a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini
The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1996
N. Hare Architects, Islamic
Arts Centre & Brunei Gallery,
SOAS, London, Uk
Soren Robert Lund, Art Gallery, Copenhagen, Danimarca
tratto dal numero di giugno
tratto dal numero di dicembre
S. Takamatsu, Community Centre, Gostu, Giappone
Korshagen Arkitekter, Art
Society Building, Copenhagen,
Danimarca
tratto dal numero di luglio
tratto dal numero di dicembre
Bjerk & Bjorge, Civic Centre,
Karasjok, Norvegia
tratto dal numero di agosto
Knudsen Arkitektkontor, Selberg Arkitekter & Voll Arkitekter, Research Centre, Rotvoll, Norvegia
tratto dal numero di agosto
Kiessuer & Partner, Svience
Park Gelsenkirchen, Gelsenkirchen, Germania
tratto dal numero di settembre
R. Vinoly Architects, International \Forum, Tokyo, Giappone
tratto dal numero di novembre
G. Burgess Architects, Uluru
National Park Cultural Centre,
Ayers rock, Australia
tratto dal numero di novembre
Lucien Crool, Maison de L’Environnement, Belfort, Francia
tratto dal numero di novembre
a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini
The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1997
Tadasu & Plantec , Institute of
Enviromenttal Sciences, Shiga,
Giappone
tratto dal numero di marzo
Kuniaki Ito, Station and Civic
Centre, Hanawa, Giappone
tratto dal numero di giugno
Polshek & Partners, Law School
Extension, New ork, USA
tratto dal numero di agosto
T. Williams, B. Tsien & Associates, Art Mseum and Theatre,
Phoenix, |Arizona, USA
tratto dal numero di novembre
F. Gehry, Art Gallery, Bilbao,
Spagna
tratto dal numero di dicembre
Nilsen, Nilsen & Nilesen,
Museum of Cinematography,
Copenhagen, Danimarca
tratto dal numero di dicembre
a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini
The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1998
V. Gregotti & Associati, Cultural centre, Belen, Portogallo
K. Sejima, Art Museum, Nakaechi, Giappone
tratto dal numero di gennaio
tratto dal numero di maggio
R. Meier, Getty Centre, Los
Angeles, USA
Koira, Landelma, Mahlamaki,
Folk Art Centre, Koustinen
tratto dal numero di febbraio
tratto dal numero di luglio
I. M. Pei, Museum, Shigoraki,
Giappone
J. Nouvel, Cultural Centre,
Lucerna, Svizzera
tratto dal numero di febbraio
tratto dal numero di ottobre
M. Fuksas, Maison des Arts,
Bordeaux, Francia
R. Moneo, Art Museum,
Stockhol, Svezia
tratto dal numero di febbraio
tratto dal numero di novembre
T. Ando, Art Museum, Fort
Worth, Texas, USA
tratto dal numero di febbraio
Rasem Badran, Museum of
Islamic Arts, Qatar
tratto dal numero di marzo
Hoge ang Grov, Hgeltues, Egg,
Nordic Artists Centre, Dalsasen,
Fjales, Norvgia
tratto dal numero di aprile
Armstrung Associates, Cultural
Centre, Parigi, Francia
tratto dal numero di maggio
a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini
The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1999
P. Hubner, School, Cologne,
Germania
R. Murphy Architects, Art Centre, Dundee, Scozia
tratto dal numero di febbraio
tratto dal numero di agosto
OMA, R. Koolhass, Educatorium, Utrecht, Olanda
Aver & Weber, Centre & Theatre, Recklinghausen, Germania
tratto dal numero di febbraio
tratto dal numero di agosto
D. Liebeskind, Jewish Museum,
Berlino, Germania
tratto dal numero di aprile
D. Liebeskind, Museum Osnabruck, Osnabruck, Germania
tratto dal numero di aprile
O. Niemeyer, Art Museum, Rio
de Janeiro, Brasile
tratto dal numero di aprile
R. Moneo, Cultural Centre Don
Benito, Badajoz, Spagna
tratto dal numero di aprile
M. Roca, Community Centre,
Cordoba, Portogallo
tratto dal numero di luglio
A. Siza de Vieira, Museum of
Contemporary Art, Oporto
tratto dal numero di agosto
a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini
Jo Coenen, National Architecture Institute, Rotterdam, Olanda, 1994
Il Netherlands National Architecture Institute è un’organizzazione esemplare,
che non è inteso solo come un forum di
discussione professionale e di ricerca, ma
anche come mezzo di relativa professione
e pubblico. Il sostegno politico per l’arte ha
una storia fertile in Olanda, e l’architettura
è uno dei beneficiari della sponsorizzazione da parte del Ministero della Cultura, creando un clima favorevole alla avanguardie.
Il sito di Rotterdam si trova alla fine settentrionale del Parco Museo, che ospita tre
altri musei, tra cui Rem Koolhaas’Kunsthal
che ha aperto l’anno scorso.Questo settore sta beneficiando di investimenti pubblici
destinati a produrre un patrimonio culturale
degno di una città internazionale, e forse
ancora più importante, in grado di competere con Amsterdam, come cuore culturale
del paese. Quattro sono le funzioni principali: mostra - museo, archivio, auditorium,
e l’amministrazione che sono fatti in quattro forme distinte. Ogni modulo è inoltre
caratterizzato da un materiale diverso: la
sala espositiva è finita in mattoni, gli uffici
in vetro e l’auditorium in calcestruzzo. Questi elementi distinti sono disposti all’interno
di una vasca di recente formazione che
riflette la loro geometria rigorosa. L’entrata
all’edificio dal parco consiste in un’avventura piacevole, con una stretta passerella
in legno che attraversa la piscina alla quale
si riflettente.
1. 2. 3. Viste esterne
4. Auditorium
5. Vista dalla strada
6. Vista dal cortile interno
7. Vista dalla strada
bibliografia
The Architectural Review,
numero di gennaio 1994
a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini
Jo Coenen, National Architecture Institute, Rotterdam, Olanda, 1994
1. Aerofotogrammetrico
2. Planimetria
3. Assonometria
4. Sezione
5. Sezione
6. Prospetto
7. 8. 9. Piante
a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini
Mario Botta, Cultural Centre, Chambéry, Francia, 1987
Costruito nel 1987 sulle rive del Carré Curial e simbolicamente chiamato “Espace
Malraux”, l’ultima delle Case della Cultura
appare grazie alla magnifica architettura
dell’architetto ticinese Mario Botta. È un
elemento essenziale del paesaggio culturale della regione Rhône-Alpes, un’architettura è audace cheoffre agli artisti e
al pubblico l’eccellenza del paesaggio di
Chambery.
Per ospitare i più grandi spettacoli teatrali
europei, di musica e danza, l’Espace Malraux è un elemento essenziale del paesaggio culturale della regione Rhône-Alpes.
L’edificio combina un estetica molto pulita (cemento grezzo e marmo grigio) con
eccezionali qualità tecniche e un occhio
al comfort. Ha una grande sala con 950
posti a sedere l’immagine dei teatri antichi,
una scena di 450 mq e una sala prove. Un
cinema, « Art et Essai », da 150 posti a sedere, un anello espositivo e altre due sale
espositive, tutte contraddistinte da una
particolare attenzione per l’immagine e un
caffè; il tutto contribuisce a rendere questo edificio, un luogo di incontri, scambi e
confronti, piena di vita e di energia.
Gestito da un’associazione, SMAC, e finanziato dallo Stato e degli enti locali,
l’Espace Malraux è uno dei 70 teatri nazionali.
1. Planivolumetrico
2. Schizzo di studio
3. Fotografia da nord
4. Fotografia del modello
5. Fotografia da sud
6. Schizzo prospettico
7. Sezione trasversale
8. Sezione longitudinale
9. 10. Piante
bibliografia
The Architectural Review,
numero di maggio 1983
a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini
Renzo Piano, Cultural Centre, Noumèa, Nuova Caledonia, 1991-98
Il centro culturale di Noumèa, in Nuova
Caledonia, è stato finanziato dal governo
francese per celebrare la memoria del leader indipendentista della comunità kanak,
Jean-Marie Tjibaou, morto in seguito a
un attentato nel 1989. L’anno successivo
Francois Mitterand decise di riconoscere il
movimento nazionale che chiedeva l’autonomia statale e amministrativa, celebrandola con la nuova realizzazione, inaugurata
da Jacques Chirac nel 1998. Il complesso
architettonico è formato da dieci “capanne” di diversa dimensione, rivolte verso
la baia di Noumèa e collegate da un percorso pedonale che si snoda tra i giardini,
l’ungo l’asse attrezzato dei servizi.
L’interpretazione dei procedimenti costruttivi locali e l’attenta analisi delle abitudini
e dei costumi delle popolazioni indigene
hanno garantito un esito progettuale che
rispecchia la tradizione del luogo, sia in
termini simbolico-formali che nell’uso dei
materiali, senza invasivi impieghi delle
tecnologie occidentali. Il centro culturale è
diviso in tre zone monotematiche. L’area
espositiva ospita la collezione permanetne sulla cultura e la storia della comunità
kanak, con opere di artisti caledoniani,
papuasi e maori. Una seconda zona è riservata ad uffici, alla biblioteca e all’auditorium. La terza parte è destinata alle attività
promosse dal centro, con corsi di musica,
danza, pittura, scultura e una scuola d’infanzia.
La particolare conformazione a guscio
traforato delle “capanne”, costruite in centine e listelli di legno distanziati, si armonizza con il paesaggio di pini colonnari,
cercando un radicamento nell’ambiente
circostante. La struttura ricurva è realizzata
con doghe in legno di iroko che attraversate dai monsoni oceanici provenienti dal
Pacifico creano leggere vibrazioni, producendo un suono simile a quello degli alberi
mossi dal vento. Senza impiegare modelli
precostituiti, l’incontro tra l’identità kanak e
l’esperienza costruttiva di Piano si è risolto
in maniera altamente suggestiva, integrando le specifiche condizioni di quest’isola
con gli aspetti più scientifici del costruire.
1. Pianta prospetto e sezione bibliografia
2. Sezione e disegni di dettaglio
The Architectural Review,
3. Fotografia di una “capan- numero di marzo 1992
na”
4. Vista del complesso
5. Disegno di suggestione
6. Vista aerea
7. Schizzo di studio
a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini
C. de Portzamparc, A. Fainsilber, La Villette, Parigi, Francia, 1985-95
Gli edifici che caratterizzano la Villette appartengono a quel movimento architettonico che può essere definito con il termine
High Tech, il cui presupposto fondamentale è l’utilizzo di materiali e tecniche costruttivi di ultima generazione. Un esempio
sono le vetrate della Città delle Scienze, o il
Geoide, dalla forma perfettamente sferica.
L’High-Tech è forse il linguaggio che più
si addice alla rappresentazione di quello
che prende vita all’interno della Villette. Si
tratta di edifici manifesto, che forse basterebbero essi stessi come testimonianza di
una volontà propositiva in campo scientifico e tecnologico. Un po’ come accade a
Valencia, dove il contenitore calatraviano è
sicuramente più apprezzato del contenuto
tanto effimero quanto poco istruttivo.
Il Museo delle scienze e dell’Industria è un
edificio progettato da Adrien Fainsilber, è
coronato da due lucernai rivestiti di specchi mobili ad inclinazione variabile secondo l’intensità della luce solare, sede di
uno dei più interessanti musei dedicati alla
scienza.
Il cuore del museo è Explora, un insieme di
esposizioni permanenti e temporanee, che
permette un viaggio interattivo nel mondo
della scienza e della tecnica.
Immagini del Museo della Scienza e della Tecnica
1. 2. Piante
3. 4. Sezioni trasversale e longitudinale
5. Assonometria generale dell’edificio
6. 7. Viste esterne
8. Vista interna
9. Particolare costruttivo della struttura per la vetrata
a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini
C. de Portzamparc, A. Fainsilber, La Villette, Parigi, Francia, 1985-95
All’esterno dell’edificio si trovano tre attrazioni che fanno parte del museo: la Geode,
il Cinaxe e l’Argonaute.
La Geoide è una sfera di 36 m di diametro,
ricoperta da triangoli di acciaio inossidabile che rendono riflettente la superficie. Nel
Cinaxe vengono proiettati film. L’Aargonaure è un sottomarino disarmato nel 1982.
La Cité de la Musique è progettata dall’architetto Christian de Portzamparc e ultimata nel 1995, ospita il Conservatorio, il
Museo della Musica e una sala di concerti
ellittica circondata da un foyer a spirale e
coperto da un’ampia vetrata.
È una vera e propria città della cultura
musicale, dove scoprire le più recenti innovazioni tecnologiche in tema di musica, e il
Musée de la Musique, che custodisce, tra
l’altro, il pianoforte di Chopin e una chitarra
appartenuta a Paganini.
I vari edifici sono inseriti in un contesto
verde sul sito dove un tempo sorgeva il
mattatoio cittadino. Si tratta di una delle
principali testimonianze di parco tecnologico: infatti, l’atmosfera che si respira non
è quella dell’armonia e della natura incontaminata, ma quella del contrasto e della
frammentazione tipici della realtà metropolitana.
Immagini della Citè de la
Musique
1. Pianta Citè Musique
2. Assonometria
3. Prospettiva
4. Vista auditorium
5. Prospetto auditorium
6. Vista esterna
7. Planimetria generale
8. Vista aerea
9. Prospettiva
bibliografia
The Architectural Review,
numero di marzo 1986
The Architectural Review,
numero di dicembre 1986
a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini
Norman Foster, Carrè d’Art, Nimes, Francia, 1984-93
L’opera è esito di un concorso vinto nel
1684. Il programma prevedeva la realizzazione, su una superficie di 6.000 mq, di un
sistema che riunisse, secondo un principio
all’epoca innovativo, mediateca e strutture
museali a creare un luogo polifunzionale,
di integrazione tra differenti soggetti sociali, tema caro a Foster si dal Salsbury Centre for Visual Arts (1974-1978).
Il nuovo edificio fronteggia il tempio romano denominato “Maison Carrè”, risalente
al I secolo a.C. ma giunto a noi in perfetto
stato di conservazione, e raccoglie dunque, inevitabilmente, le suggestioni dettate
dalla straordinarietà del luogo, prendendo
“forma - nelle parole del progettista – dalla
storia stessa di Nimes” e della regione che
la circonda.
Foster racchiude tutte le funzioni previste
entro un parallelepipedo che, in esplicito
rapporto volumetrico con il tempio, colloca
su un basamento. L’accesso avviene mediante una scala coperta da pergolato e la
grande vetrata che caratterizza il prospetto
principale è protetta da frangisole; la trasparenza dell’edificio mantiene il visitatore in costante rapporto visivo con la città
storica e, in particolare, con il monumento
romano.
“Luce” e “cultura” sono i termini chiave del
progetto. Un’ampia corte interna – spazio
complesso composto da terrazzamenti
vetrati, scale e passerelle a richiamare progetti come la non realizzata piazza vetrata
della Banca di Hong Kong e le contemporanee Sackler Galleries -, distribuisce i
piani fuori terra e interrati, portando la luce
naturale sino agli spazi più profondi. I livelli
superiori ospitano le collezioni d’arte permanenti che godono in tal modo di una più
favorevole esposizione alla luce naturale;
scendendo si trovano le sale per le mostre
temporanee e, al piano terra, una biblioteca.
I locali interrati sono dedicati alle sale per
conferenze, ai cinema e ai magazzini.
L’edificio è concepito come propulsore di
un processo di rivitalizzazione della piazza,
la cui effettiva riprogettazione viene successivamente affidata allo stesso Foster.
1. Piante e sezioni
bibliografia
2. Fotografia aerea
3. 4. 5. 6. Fotografie di ester- The Architectural Review,
ni ed interni
numero di luglio 1993
a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini
G. Burgess, Uluru National Park Cultural Centre, Ayes Rock, Australia, 1996
L’edificio, situato nel Parco Nazionale Uluru-Kata nel Territorio del Nord in Australia,
si trova in un ambiente delicate, sia ecologicamente che politicamente. L’edificio
è stato progettato come un’espressione
della cultura aborigena, con temi interpretativi degli usi di questa popolazione. Aperto nell’ottobre del 1995, questo complesso
è visitasto quotidianamente da migliaia di
australiani e turisti da ogni parte del mondo. Grazie alla movimentata relazione con
la forza del paesaggio circostante, all’uso
quasi totale di materiali sostenibili, ai bassi
consumi e al riguardo verso le persone e
l’ambiente, l’edificio celebra lo spirito della cultura Angangu. Il complesso è stato
progettato in collaborazione con la comunità aborigena ed è suddiviso in aree funzionali, vi sono presenti aule per l’arte e la
creatività, aule speciali dedicate all’istruzione, una biblioteca, la cucina e degli uffici
amministrativi.
Dove possibile sono stati utilizzati dei materiali naturali come il legno. Vivendo l’edificio si ha la netta percezione di essere a
contatto con il paesaggio circostante, di
capire l’atmosfera di quelle terre, oltre a
scoprire le varie attività pratiche e di studio
presenti nel centro.
1. Pianta
2. Vista aerea
3. Vista del tetto
4. Sezioni
5. Planimetria generale
6. 7. 8. 9. Viste d
bibliografia
The Architectural Review,
numero di novembre 1996
a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini
Vittorio Gregotti, Centro Culturale, Belem, Portogallo, 1988-93
Il centro culturale di Bélem, sede nel 1992
delle manifestazioni organizzate in occasione del semestre di presidenza della Comunità Europea da parte del Portogallo, si
estende in senso longitudinale per 400 m
e connette la zona monumentale e la torre
omonima sul fiume Tejo, per una superficie
complessiva di 110.000 mq.
Il tema progettuale affrontato è quello della
collocazione di un nuovo sistema architettonico di dimensioni considerevoli, collocato tra un edificio monumentale (il convento
di Los Jerenimos) e il tessuto urbano preesistente. Un percorso pedonale assiale
su più livelli definisce una nuova struttura
spaziale che ricompone la complessità urbana nel rispetto di una sequenza di spazi
aperti, caratteristica prevalente sul fronte
del fiume. Il ritmo e la successione di queste “stanze all’aperto” e dei padiglioni che
vi si affiancano, determinano prospettive
che si intersecano con gli scorci laterali
sulle strade di servizio e caratterizzano il
percorso pedonale principale.
Nel volume principale a est, rivestito con
pietra a spacco, si trovano i locali a suo
tempo destinati al Consiglio della Cee, ai
gabinetti dei primi ministri e dei commissari, le sale riunioni, tutti i servizi necessari,
il grande auditorium, un teatro lirico e un
centro esposizioni. Fulcro del percorso
pedonale è la grande piazza pubblica del
museo sopraelevata, con la tipica calcada
(pavimentazione in pietra a due colori);
un giardino, ottenuto dal parziale riallineamento della piazza alla quota del terreno,
garantisce maggiore illuminazione alle
sale destinate alle esposizioni temporanee
(circa 8000 mq), estremamente flessibili e
funzionali. Le sale del museo permanente
sono invece collocate nei volumi che perimetrano in quota la piazza sopraelevata,
mentre le terrazze-giardino, affacciate sul
fiume e sulla città, ospitano le esposizioni all’aperto. All’estremità occidentale gli
alberghi e le attrezzature complementari
inglobano un edificio del XVIII secolo.
1. Pianta
2. 3. Interno del teatro
4. Sezioni
5. 6. 7. 8. 9. 10. Fotografie
bibliografia
The Architectural Review,
numero di gennaio 1998
a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini
Richard Meier, The Getty Centre, Los Angeles, California, USA, 1984-97
1. Planivolumetrico
2. Schemi progettuali
3. Sezioni e prospetti
Il Getty Center è uno dei più grandi lavori
realizzati da Richard Meier & Partners. L’incarico è stato affidato nel 1984 e l’opera è
stata inaugurata nel 1997.
Localizzato sulla cima di una collina lungo
l’autostrada di San Diego, il complesso,
raggiungibile via tram, domina le viste
prospettiche del bacino di Los Angeles,
le montagne di Santa Monica e l’Oceano
Pacifico. L’ampia vista panoramica del
Centro si estende senza fine: da un lato si
perde verso l’Oceano, dall’altro sul Sierras,
coperto di neve.
Il complesso comprende sei edifici principali che ospitano il J. Paul Getty Museum,
il Getty Trust Offices, l’Auditorium, il Getty
Conservation Institute, il Getty Research
Institute (a pianta circolare) per la storia
dell’arte e dell’umanità, il Getty Education
Institute per le Arti, il Getty Information
Institute, il Getty Grant Program e una serie
di bar e ristoranti.
Meier ha concepito la sua opera in perfetta
sintonia con il luogo.
Le forme eleganti dell’intero complesso
assecondano ed esaltano la topografia del
terreno e i percorsi creano scorci prospettici dall’effetto sorprendente.
Il travertino, una pietra che richiama alla
tradizione e alla durata, è usato estesamente al Getty Center. Per la sua posizione, in cima ad una collina, e per l’uso
sapiente del travertino come materiale di
rivestimento, il complesso è stato comparato all’Acropoli di Atene.
La struttura dei suoi edifici, le piazze alberate, i vasti giardini, le vasche e i corsi
d’acqua costituiscono un ambiente sereno
perfettamente integrato col luogo e con
la luce brillante ed unica della California
meridionale. Si esalta, così, il confronto tra
spazio interno e spazio esterno e si crea
una forte relazione tra architettura e panorama.
Richard Meier ha previsto, per i visitatori,
anche la possibilità di fare del giardinaggio, creando un’opportunità singolare di
vivere lo spazio verde in assoluta libertà e
pienezza.
Il percorso di accesso alla piazza di ingresso del Paul Getty Museum consente ai visitatori di scegliere, con varie diramazioni, di
entrare nell’edificio per guardare le opere
d’arte o di visitare i giardini.
L’Atrio del Museo è costituito da un alto
spazio cilindrico aperto sul cortile del Museo che conduce ad una serie di cinque
padiglioni espositivi. La continuità del Museo è interrotta da questi piccoli padiglioni
che, ognuno col proprio cortile interno, si
articolano in percorsi facilmente comprensibili. I dipinti, i manoscritti, le sculture, i
disegni e le fotografie, illuminati con luce
a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini
Richard Meier, The Getty Centre, Los Angeles, California, USA, 1984-97
naturale controllata, sono esposti in sale
che, ubicate al pianterreno del Museo,
sono organizzate secondo un ritmo che
permette piacevoli soste sui frequenti terrazzamenti all’aperto.
Adiacente al Getty Trust Offices, l’Auditorium, della capienza di 450 posti, segna la
fine dell’estensione verso est del complesso.
Il Getty Center non ha una singola immagine forte, memorabile. Non c’è un punto di
vista privilegiato da dove si può mettere a
fuoco l’intero Centro: il Getty è un insieme
di grandi momenti.
Diversamente dall’aspetto stupefacente del Guggenheim Museum di Gehry a
Bilbao, il Getty Center, a prima vista, può
sembrare quasi monastico o ospedaliero:
la sua forza è, più che negli edifici in sé,
nel modo in cui questi si relazionano l’uno
con l’altro e col panorama. La composizione architettonica è l’unione tra il senso
europeo e tradizionale di permanenza e
l’irregolarità ariosa della California. È un
superbo esempio di creazione di un luogo
non autoritario, una tregua nel caos di Los
Angeles, che offre al visitatore la possibilità
di concentrarsi sull’arte e di godere, nel
contempo, delle migliori viste panoramiche
della città: è una villa democratica, sulla
cima di una collina.
Salendo verso il Getty Center e camminando fra i suoi edifici, si percepisce la sua
unità organica, la sua natura articolata. La
sensazione è di essere in una cittadella, in
un luogo ideale, in una posizione dominante che accoglie, cordialmente, chiunque vi
entri. Il visitatore, portato sui terrazzi della
“piccola città di Meier”, ha la sensazione di
“possedere” la città sparsa sotto, e provare, forse, quanto descritto da un personaggio di Jean Paul Sartre ne Il muro: “Gli
uomini, bisogna vederli dall’alto... sul balcone di un sesto piano: è qui che avrei dovuto passare tutta la vita. Bisogna puntellare le superiorità morali mediante simboli
materiali, se no quelle si afflosciano. Ora,
di preciso, qual è la mia superiorità sugli
uomini? Nient’altro che una superiorità di
posizione: io mi sono piazzato al di sopra
dell’umano che è in me e lo contemplo.
Ecco perché mi piacevano le torri di Notre
Dame, le piattaforme della Torre Eiffel, il
Sacro Cuore, il mio sesto piano di via Delambre. Sono simboli eccellenti”.
1. Aerofotogrammetrico
2. 3. Viste esterne
4. Assonometria
5. 6. Il Verde progettatoù
5. 6. Viste esterne
bibliografia
The Architectural Review,
numero di febbraio 1998
a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini
Juha Leiviska, Cultural Centre, Kaiaani, Finlandia, 1990
Gli architetti finlandesi hanno un notevole
talento nel prendere influenze internazionali
e reinterpretarle nel contesto del loro paesaggio, clima, tradizioni culturali, per produrre un’architettura regionale, escludendo
tuttavia qualsiasi provincialismo. L’esempio più famoso è quello di Alvar Aalto, ma
ci sono molti altri architetti finlandesi che
hanno tale caratteristica: per esempio Ervi,
Pietila, the Sirens. Juhna Leiviska è uno di
questi, ed è l’autore di un’opera straordinaria: il Kajaani Cultural Centre.
Questo centro culturale è stato costruito in
accordo con una planimetria progettata da
Kuovo e Partanen, vincitori del concorso. Il
progetto prevedeva un teatro e sala conferenze, un istituto educativo e un piccolo
museo d’arte. Il sito del progetto si trova
sul fiume Kajaanoki , dall’altra parte del
centro cittadino; la planimetria prevedeva la disposizione del complesso attorno
ad una piazza pubblica, il progetto pur
relazionandosi con il fiume si presentava
centripeto rispetto alla piazza. Leiviska ha
concepito diversamente il museo rispetto
al progetto originario, creando un bordo
costruito al terreno inclinato della collina:
predispone una serie di aule espositive
che guardano il fiume e seguono la morfologia dell’area. Importante nel progetto è lo
studio della luce che illumina la galleria in
maniera indiretta sfruttando l’azione zenitale.
1. Planivolumetrico
2. Modello
3. Prospetti
4. Schizzi
5. 6. Piante
7. 8. Sezioni
9. 10. Foto degli interni
bibliografia
The Architectural Review,
numero di marzo 1990
a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini
Arto Sipinien, Cultural Centre, Tapiola, Finlandia, 1980
A metà degli anni 60 Tapiola era la Città
Nuova. Era visitata da migliaia di architetti
stranieri e da critici, tutti ansiosi di vedere il
connubio tra edifici moderni in una strategia urbana moderna, con la divisione delle
funzioni. Questa strategia man mano è andata perduta ma si può intravedere nell’assetto della città la volontà originaria. Arto
Sipinien vinse nel 1980 il concorso per un
centro culturale che venne completato nel
1990. Il progetto consiste in un alto blocco
al nord che contiene gli auditorium e un
basamento più baso irregolare che contiene la biblioteca locale, un’area ristoro e
altre numerose funzioni. L’edificio è stato
progettato proprio per creare un suggestivo affaccio sul lago vicino, in contrasto
con un altro edificio che vi è nella zona, un
hotel razionalista. Era però importante che
non si sovrastasse la torre dell’architetto
Ervi, simbolo centrale di Tapiola.
Le scatole contengono uno spazio continuo su livelli differenti che salgono dall’entrata e diventano leggeri man mano che si
alza la quota. Le aperture giocano un ruolo
fondamentale per creare dei giochi di luce,
soprattutto al livello superiore che ricordano la maestria di Aalto.
1. 2. Piante
3. 4. Sezioni
5. 6. 7. 8. Viste esterne
9. 10. 11. 12. Viste interne
bibliografia
The Architectural Review,
numero di marzo 1990
a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini
Leslie Martin, Cultural Centre, Lisbona, Portogallo, 1983
L’antica idea che l’architettura è la regina
delle arti deve essere oggi un concetto bizzarro per molte persone. Qui al Gulbenkian
è semplicemente così: è sia emozionante
che sereno, e un gioco istruttivo vedere
l’architettura praticata al più alto livello, creando lo spazio per tutte le altre arti.
Con queste parole Michael Sheperd commenta il lavoro di Leslie Martin per il Gulbenkian Centre for Modern Art a Lisbona
durante l’innaugurazione nel 1983. Architettura come un luogo, più di un oggetto,
un’architettura che si contraddistingue
per la sua semplicità, per la dignità, come
atteggiamento per il progetto in un luogo
naturale come quello del parco in cui sorge questo complesso. Il centro vede la
presenza di molte funzioni tra cui un teatro
sperimentale, spazi espositivi, aule per
le proiezioni, uffici; il tutto è immerso nel
parco e si caratterizza per l’accurato studio degli spazi aperti e delle relazioni tra i
volumi.
1. Planimetria
2. Vista esterna
3. 4. 5. 6. Sezioni
7. 8. 9. Viste interne
10. Vista esterna
bibliografia
The Architectural Review,
numero di settembre 1985
a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini
Jean Nouvel, Cultural Centre, Lucerne, Svizzera, 1992-98
La struttura, fortemente voluta dalla municipalità, si fonde perfettamente con l’orizzonte, rispettando la struttura tradizionale
della città. L’enorme sporgenza del tetto,
le tre sezioni in cui si suddivide l’edificio
sottostante ed il lungolago chiuso al traffico sono visibili soltanto da vicino.
L’enorme tetto, con la sua sporgenza di
quarantacinque metri, rappresenta l’elemento architettonicamente più ardito
dell’edificio ma, nonostante ciò, aggetta
leggero ed elegante fra terra e cielo, valorizzato da lastre piatte in alluminio che ne
riflettono le linee decise in contrasto con le
marezzature del lago. Le funzioni all’interno
dell’edificio sono composte da una sala
concerti, un centro congressi e un museo.
All’esperienza visiva all’interno dell’edificio
contribuiscono varie aperture di tipo diverso. La terrazza sottostante il tetto circonda
la struttura ed offre una vista panoramica
del paesaggio. Le varie finestre, nella loro
diversità, offrono un’esperienza più controllata, catturando determinati momenti ed
immagini della vita cittadina ed incorniciandoli ad uso dei visitatori.
Nouvel ha creato effetti visivi utilizzando, in
diversi settori della facciata, griglie metalliche caratterizzate da diversi gradi di trasparenza. L’effetto è sia interno (le griglie
filtrano la luce ed occludono parzialmente
la visione) che esterno, in quanto i passanti
possono scorgere i movimenti dei visitatori
ed il mondo della cultura ospitato all’interno.
I tre elementi principali sono allineati perpendicolarmente al di sotto di un’enorme
struttura orizzontale. Come una grande pagoda, il tetto ricopre le tre masse architettoniche di cui si compone l’edificio: ideato
al fine di armonizzare il Centro con la distesa orizzontale del lago, invita i visitatori a
passare un po’ di tempo all’esterno.
Il Centro comprende una sala concerti da
milleottocentoquaranta posti, un salone
multifunzionale da novecento posti ed un
museo completo di sala conferenze da trecento posti. L’ambizione di promuovere la
città come centro turistico ed organizzatore
di conferenze hanno inoltre consentito al
Festival musicale di Lucerna, un’iniziativa
di fama internazionale, di trovare una nuova sede.
1. Piante
2. Sezioni
3. 4. 5. Viste esterne
bibliografia
The Architectural Review,
numero di ottobre 1998
a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini
Armstrong Associates, Cultural Centre, Parigi, Francia, 1989-98
Concepito come un simbolo della cooperazione Franco-Giapponese e fondato
dalla Japan Foundation, the Maison del la
Culture du Japon cerca di aiutare l’opinione pubblica europea a capire più profondamente la cultura giapponese. Nel 1989
fu fatta una competizione per architetti registrati in Francia o in Giappone. Il governo
francese approvò il progetto e l’arrotondamento dell’incrocio stradale preesistente.
Il progetto vincitore di Armstrong in collaborazione con Masayuki Yamanaka
presenta una facciata ricurva coperta per
la quasi totalità di vetro. Lo schema, soprattutto quello della disposizione interna è
stato cambiato molte volte dopo la vittoria
nel concorso, prima della stesura definitiva. La superficie netta dell’edificio è di
7500 mq disposti su 11 piani. Le funzioni
all’interno sono molteplici:spazi espositivi, teatro-auditorium, biblioteca, anche
un’area per il la cerimonia del tè all’ultimo
piano con vista sulla Senna. La qualità
dell’edificio e soprattutto gli interni sono
una reminescenza del lavoro di Foster,
soprattutto nella biblioteca, per quanto riguarda gli arredi, il riferimento a quelli nella
carrè d’art è esplicito.
1. Piante
2. Aerofotogrammetrico
3. Sezioni
4. 5. Viste esterne
5. Vista della terrazza
5. 6. Viste interne
bibliografia
The Architectural Review,
numero di maggio 1998
a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini