The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1990 A. van Eyck, Restaurant, Library and Conference Building, Noordwijk, Olanda P. Eisenman, Extension to University Columbus, Ohio, USA tratto dal numero di febbraio tratto dal numero di luglio J. Koskinen, Science Centre Heureka, Tikkurila, Vantaa, Finlandia tratto dal numero di marzo K. Gullichsen, Civic Centre Pieksamaki, Finalandia tratto dal numero di marzo A. Sipinen, Cultural Centre Tipiola, Finalandia tratto dal numero di marzo J. Leiviska, Cultural Centre Kajaani, Finalandia tratto dal numero di marzo J. Navarro Baldeweg, Cultural Centre and Museum Murcia, Spagna tratto dal numero di giugno S. Fehn, Museum Vangsnes, Norvegia tratto dal numero di giugno Snohetta, Library Alexandria, Egitto tratto dal numero di giugno a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1991 A. van Eyck, New Amsterdam School, Amsterdam, Olanda R. Moneo, Museum Merida, Spagna tratto dal numero di gennaio tratto dal numero di novembre M. Bhigas & Mackay, Library Conversions, Catalogna, Spagna R. Meier, Crafts Museum, Frankfurt, Germania tratto dal numero di febbraio tratto dal numero di novembre Property Services Agency Project Architects, National Gallery of Modern Art, Edinburgh, UK Colquhoun & Miller, Art Gallery Extension, Whitechapel, London, UK tratto dal numero di febbraio tratto dal numero di novembre Esherick, Homsey, Dodge & Davis, Aquarium and Museum, Monterey, California, USA L. Nield, High School near Canberra, Australia tratto dal numero di marzo tratto dal numero di dicembre N. Foster, Mediatheque, Nimes, Francia tratto dal numero di maggio H. Scharoun, Musical Research Institute and Museum, Berlin, Germania tratto dal numero di giugno E. Cullinan Architects, Training and Conference Centre, High Wycombe, Bucks, UK tratto dal numero di luglio Martin, Richards, Calouste Gulbenkian Cultural Centre, Lisbona, Portogallo tratto dal numero di settembre a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1992 H. Fehling, D. Gogel, Meteorological Institute Berlin, Germania tratto dal numero di febbraio S. Soeters, Social and Cultural Centre Diemen, Olanda tratto dal numero di marzo R. Piano, Cultural Centre Noumes, New Caledonia tratto dal numero di marzo J. Stirling, M. Wilford & Associates, Braun Factory Complex, Melsungen, Germany tratto dal numero di dicembre J. Stirling, M. Wilford & Associates, Neue Staatsgarlerie, Stuttgart, Germania tratto dal numero di dicembre a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1993 Architecture Studio, European Parlament, Strasbourg, Francia tratto dal numero di gennaio G. Peichl, A. Schultes, Two Art Gallery, Bonn, Germania tratto dal numero di gennaio A. J. Diamond, D. Schmitt & Company, Student Centre York University, Toronto, Canada tratto dal numero di maggio N. Foster, Library and Art Gallery Nimes, Francia tratto dal numero di luglio De Blacam & Meagher, Student Theatre Dublin, Irlanda tratto dal numero di agosto a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1994 J. Coenen, National Architecture Institute, Rotterdam, Olanda tratto dal numero di febbraio Pei Cobb Freed & Partners, Holocaust Memorial Museum, Washington DC, USA tratto dal numero di febbraio W. Lim Associates, Community Centre, Singapore tratto dal numero di settembre A. Tenggara, Educational Institute Bishan, Singapore tratto dal numero di settembre Maedebach & Redeleit, Deaf Persons’ Cultural Centre and Housing, Berlin, Germania tratto dal numero di settembre a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1995 Behnisch & Partners, School, Frankfurt, Germania Foster & Partners Art Gallery, Omaha, USA tratto dal numero di aprile tratto dal numero di agosto Behnisch & Partners, School, Ohringen, Germania C. Correa, Craft Mseum, Delhi, India tratto dal numero di aprile tratto dal numero di agosto L. Kroll, School, Parigi, Francia R. Piano, Laboratory Workshop, Vesina, Italia tratto dal numero di aprile tratto dal numero di agosto A. C. Baeza, School, Codiz, Spagna tratto dal numero di aprile C. de Portzampark, Music Centre, La Villette, Parigi, Francia tratto dal numero di luglio von Gerkon, Morg & Partners, Congress and Concert Hall, Lubeck, Germania tratto dal numero di luglio Kaira, Lahdelma, Mahlamaki, National Forest Museum, Punkaharju, Finlandia tratto dal numero di agosto T. Ando, Historical Museum, La Villette, Osaka, Giappone tratto dal numero di agosto a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1996 N. Hare Architects, Islamic Arts Centre & Brunei Gallery, SOAS, London, Uk Soren Robert Lund, Art Gallery, Copenhagen, Danimarca tratto dal numero di giugno tratto dal numero di dicembre S. Takamatsu, Community Centre, Gostu, Giappone Korshagen Arkitekter, Art Society Building, Copenhagen, Danimarca tratto dal numero di luglio tratto dal numero di dicembre Bjerk & Bjorge, Civic Centre, Karasjok, Norvegia tratto dal numero di agosto Knudsen Arkitektkontor, Selberg Arkitekter & Voll Arkitekter, Research Centre, Rotvoll, Norvegia tratto dal numero di agosto Kiessuer & Partner, Svience Park Gelsenkirchen, Gelsenkirchen, Germania tratto dal numero di settembre R. Vinoly Architects, International \Forum, Tokyo, Giappone tratto dal numero di novembre G. Burgess Architects, Uluru National Park Cultural Centre, Ayers rock, Australia tratto dal numero di novembre Lucien Crool, Maison de L’Environnement, Belfort, Francia tratto dal numero di novembre a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1997 Tadasu & Plantec , Institute of Enviromenttal Sciences, Shiga, Giappone tratto dal numero di marzo Kuniaki Ito, Station and Civic Centre, Hanawa, Giappone tratto dal numero di giugno Polshek & Partners, Law School Extension, New ork, USA tratto dal numero di agosto T. Williams, B. Tsien & Associates, Art Mseum and Theatre, Phoenix, |Arizona, USA tratto dal numero di novembre F. Gehry, Art Gallery, Bilbao, Spagna tratto dal numero di dicembre Nilsen, Nilsen & Nilesen, Museum of Cinematography, Copenhagen, Danimarca tratto dal numero di dicembre a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1998 V. Gregotti & Associati, Cultural centre, Belen, Portogallo K. Sejima, Art Museum, Nakaechi, Giappone tratto dal numero di gennaio tratto dal numero di maggio R. Meier, Getty Centre, Los Angeles, USA Koira, Landelma, Mahlamaki, Folk Art Centre, Koustinen tratto dal numero di febbraio tratto dal numero di luglio I. M. Pei, Museum, Shigoraki, Giappone J. Nouvel, Cultural Centre, Lucerna, Svizzera tratto dal numero di febbraio tratto dal numero di ottobre M. Fuksas, Maison des Arts, Bordeaux, Francia R. Moneo, Art Museum, Stockhol, Svezia tratto dal numero di febbraio tratto dal numero di novembre T. Ando, Art Museum, Fort Worth, Texas, USA tratto dal numero di febbraio Rasem Badran, Museum of Islamic Arts, Qatar tratto dal numero di marzo Hoge ang Grov, Hgeltues, Egg, Nordic Artists Centre, Dalsasen, Fjales, Norvgia tratto dal numero di aprile Armstrung Associates, Cultural Centre, Parigi, Francia tratto dal numero di maggio a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1999 P. Hubner, School, Cologne, Germania R. Murphy Architects, Art Centre, Dundee, Scozia tratto dal numero di febbraio tratto dal numero di agosto OMA, R. Koolhass, Educatorium, Utrecht, Olanda Aver & Weber, Centre & Theatre, Recklinghausen, Germania tratto dal numero di febbraio tratto dal numero di agosto D. Liebeskind, Jewish Museum, Berlino, Germania tratto dal numero di aprile D. Liebeskind, Museum Osnabruck, Osnabruck, Germania tratto dal numero di aprile O. Niemeyer, Art Museum, Rio de Janeiro, Brasile tratto dal numero di aprile R. Moneo, Cultural Centre Don Benito, Badajoz, Spagna tratto dal numero di aprile M. Roca, Community Centre, Cordoba, Portogallo tratto dal numero di luglio A. Siza de Vieira, Museum of Contemporary Art, Oporto tratto dal numero di agosto a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini Jo Coenen, National Architecture Institute, Rotterdam, Olanda, 1994 Il Netherlands National Architecture Institute è un’organizzazione esemplare, che non è inteso solo come un forum di discussione professionale e di ricerca, ma anche come mezzo di relativa professione e pubblico. Il sostegno politico per l’arte ha una storia fertile in Olanda, e l’architettura è uno dei beneficiari della sponsorizzazione da parte del Ministero della Cultura, creando un clima favorevole alla avanguardie. Il sito di Rotterdam si trova alla fine settentrionale del Parco Museo, che ospita tre altri musei, tra cui Rem Koolhaas’Kunsthal che ha aperto l’anno scorso.Questo settore sta beneficiando di investimenti pubblici destinati a produrre un patrimonio culturale degno di una città internazionale, e forse ancora più importante, in grado di competere con Amsterdam, come cuore culturale del paese. Quattro sono le funzioni principali: mostra - museo, archivio, auditorium, e l’amministrazione che sono fatti in quattro forme distinte. Ogni modulo è inoltre caratterizzato da un materiale diverso: la sala espositiva è finita in mattoni, gli uffici in vetro e l’auditorium in calcestruzzo. Questi elementi distinti sono disposti all’interno di una vasca di recente formazione che riflette la loro geometria rigorosa. L’entrata all’edificio dal parco consiste in un’avventura piacevole, con una stretta passerella in legno che attraversa la piscina alla quale si riflettente. 1. 2. 3. Viste esterne 4. Auditorium 5. Vista dalla strada 6. Vista dal cortile interno 7. Vista dalla strada bibliografia The Architectural Review, numero di gennaio 1994 a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini Jo Coenen, National Architecture Institute, Rotterdam, Olanda, 1994 1. Aerofotogrammetrico 2. Planimetria 3. Assonometria 4. Sezione 5. Sezione 6. Prospetto 7. 8. 9. Piante a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini Mario Botta, Cultural Centre, Chambéry, Francia, 1987 Costruito nel 1987 sulle rive del Carré Curial e simbolicamente chiamato “Espace Malraux”, l’ultima delle Case della Cultura appare grazie alla magnifica architettura dell’architetto ticinese Mario Botta. È un elemento essenziale del paesaggio culturale della regione Rhône-Alpes, un’architettura è audace cheoffre agli artisti e al pubblico l’eccellenza del paesaggio di Chambery. Per ospitare i più grandi spettacoli teatrali europei, di musica e danza, l’Espace Malraux è un elemento essenziale del paesaggio culturale della regione Rhône-Alpes. L’edificio combina un estetica molto pulita (cemento grezzo e marmo grigio) con eccezionali qualità tecniche e un occhio al comfort. Ha una grande sala con 950 posti a sedere l’immagine dei teatri antichi, una scena di 450 mq e una sala prove. Un cinema, « Art et Essai », da 150 posti a sedere, un anello espositivo e altre due sale espositive, tutte contraddistinte da una particolare attenzione per l’immagine e un caffè; il tutto contribuisce a rendere questo edificio, un luogo di incontri, scambi e confronti, piena di vita e di energia. Gestito da un’associazione, SMAC, e finanziato dallo Stato e degli enti locali, l’Espace Malraux è uno dei 70 teatri nazionali. 1. Planivolumetrico 2. Schizzo di studio 3. Fotografia da nord 4. Fotografia del modello 5. Fotografia da sud 6. Schizzo prospettico 7. Sezione trasversale 8. Sezione longitudinale 9. 10. Piante bibliografia The Architectural Review, numero di maggio 1983 a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini Renzo Piano, Cultural Centre, Noumèa, Nuova Caledonia, 1991-98 Il centro culturale di Noumèa, in Nuova Caledonia, è stato finanziato dal governo francese per celebrare la memoria del leader indipendentista della comunità kanak, Jean-Marie Tjibaou, morto in seguito a un attentato nel 1989. L’anno successivo Francois Mitterand decise di riconoscere il movimento nazionale che chiedeva l’autonomia statale e amministrativa, celebrandola con la nuova realizzazione, inaugurata da Jacques Chirac nel 1998. Il complesso architettonico è formato da dieci “capanne” di diversa dimensione, rivolte verso la baia di Noumèa e collegate da un percorso pedonale che si snoda tra i giardini, l’ungo l’asse attrezzato dei servizi. L’interpretazione dei procedimenti costruttivi locali e l’attenta analisi delle abitudini e dei costumi delle popolazioni indigene hanno garantito un esito progettuale che rispecchia la tradizione del luogo, sia in termini simbolico-formali che nell’uso dei materiali, senza invasivi impieghi delle tecnologie occidentali. Il centro culturale è diviso in tre zone monotematiche. L’area espositiva ospita la collezione permanetne sulla cultura e la storia della comunità kanak, con opere di artisti caledoniani, papuasi e maori. Una seconda zona è riservata ad uffici, alla biblioteca e all’auditorium. La terza parte è destinata alle attività promosse dal centro, con corsi di musica, danza, pittura, scultura e una scuola d’infanzia. La particolare conformazione a guscio traforato delle “capanne”, costruite in centine e listelli di legno distanziati, si armonizza con il paesaggio di pini colonnari, cercando un radicamento nell’ambiente circostante. La struttura ricurva è realizzata con doghe in legno di iroko che attraversate dai monsoni oceanici provenienti dal Pacifico creano leggere vibrazioni, producendo un suono simile a quello degli alberi mossi dal vento. Senza impiegare modelli precostituiti, l’incontro tra l’identità kanak e l’esperienza costruttiva di Piano si è risolto in maniera altamente suggestiva, integrando le specifiche condizioni di quest’isola con gli aspetti più scientifici del costruire. 1. Pianta prospetto e sezione bibliografia 2. Sezione e disegni di dettaglio The Architectural Review, 3. Fotografia di una “capan- numero di marzo 1992 na” 4. Vista del complesso 5. Disegno di suggestione 6. Vista aerea 7. Schizzo di studio a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini C. de Portzamparc, A. Fainsilber, La Villette, Parigi, Francia, 1985-95 Gli edifici che caratterizzano la Villette appartengono a quel movimento architettonico che può essere definito con il termine High Tech, il cui presupposto fondamentale è l’utilizzo di materiali e tecniche costruttivi di ultima generazione. Un esempio sono le vetrate della Città delle Scienze, o il Geoide, dalla forma perfettamente sferica. L’High-Tech è forse il linguaggio che più si addice alla rappresentazione di quello che prende vita all’interno della Villette. Si tratta di edifici manifesto, che forse basterebbero essi stessi come testimonianza di una volontà propositiva in campo scientifico e tecnologico. Un po’ come accade a Valencia, dove il contenitore calatraviano è sicuramente più apprezzato del contenuto tanto effimero quanto poco istruttivo. Il Museo delle scienze e dell’Industria è un edificio progettato da Adrien Fainsilber, è coronato da due lucernai rivestiti di specchi mobili ad inclinazione variabile secondo l’intensità della luce solare, sede di uno dei più interessanti musei dedicati alla scienza. Il cuore del museo è Explora, un insieme di esposizioni permanenti e temporanee, che permette un viaggio interattivo nel mondo della scienza e della tecnica. Immagini del Museo della Scienza e della Tecnica 1. 2. Piante 3. 4. Sezioni trasversale e longitudinale 5. Assonometria generale dell’edificio 6. 7. Viste esterne 8. Vista interna 9. Particolare costruttivo della struttura per la vetrata a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini C. de Portzamparc, A. Fainsilber, La Villette, Parigi, Francia, 1985-95 All’esterno dell’edificio si trovano tre attrazioni che fanno parte del museo: la Geode, il Cinaxe e l’Argonaute. La Geoide è una sfera di 36 m di diametro, ricoperta da triangoli di acciaio inossidabile che rendono riflettente la superficie. Nel Cinaxe vengono proiettati film. L’Aargonaure è un sottomarino disarmato nel 1982. La Cité de la Musique è progettata dall’architetto Christian de Portzamparc e ultimata nel 1995, ospita il Conservatorio, il Museo della Musica e una sala di concerti ellittica circondata da un foyer a spirale e coperto da un’ampia vetrata. È una vera e propria città della cultura musicale, dove scoprire le più recenti innovazioni tecnologiche in tema di musica, e il Musée de la Musique, che custodisce, tra l’altro, il pianoforte di Chopin e una chitarra appartenuta a Paganini. I vari edifici sono inseriti in un contesto verde sul sito dove un tempo sorgeva il mattatoio cittadino. Si tratta di una delle principali testimonianze di parco tecnologico: infatti, l’atmosfera che si respira non è quella dell’armonia e della natura incontaminata, ma quella del contrasto e della frammentazione tipici della realtà metropolitana. Immagini della Citè de la Musique 1. Pianta Citè Musique 2. Assonometria 3. Prospettiva 4. Vista auditorium 5. Prospetto auditorium 6. Vista esterna 7. Planimetria generale 8. Vista aerea 9. Prospettiva bibliografia The Architectural Review, numero di marzo 1986 The Architectural Review, numero di dicembre 1986 a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini Norman Foster, Carrè d’Art, Nimes, Francia, 1984-93 L’opera è esito di un concorso vinto nel 1684. Il programma prevedeva la realizzazione, su una superficie di 6.000 mq, di un sistema che riunisse, secondo un principio all’epoca innovativo, mediateca e strutture museali a creare un luogo polifunzionale, di integrazione tra differenti soggetti sociali, tema caro a Foster si dal Salsbury Centre for Visual Arts (1974-1978). Il nuovo edificio fronteggia il tempio romano denominato “Maison Carrè”, risalente al I secolo a.C. ma giunto a noi in perfetto stato di conservazione, e raccoglie dunque, inevitabilmente, le suggestioni dettate dalla straordinarietà del luogo, prendendo “forma - nelle parole del progettista – dalla storia stessa di Nimes” e della regione che la circonda. Foster racchiude tutte le funzioni previste entro un parallelepipedo che, in esplicito rapporto volumetrico con il tempio, colloca su un basamento. L’accesso avviene mediante una scala coperta da pergolato e la grande vetrata che caratterizza il prospetto principale è protetta da frangisole; la trasparenza dell’edificio mantiene il visitatore in costante rapporto visivo con la città storica e, in particolare, con il monumento romano. “Luce” e “cultura” sono i termini chiave del progetto. Un’ampia corte interna – spazio complesso composto da terrazzamenti vetrati, scale e passerelle a richiamare progetti come la non realizzata piazza vetrata della Banca di Hong Kong e le contemporanee Sackler Galleries -, distribuisce i piani fuori terra e interrati, portando la luce naturale sino agli spazi più profondi. I livelli superiori ospitano le collezioni d’arte permanenti che godono in tal modo di una più favorevole esposizione alla luce naturale; scendendo si trovano le sale per le mostre temporanee e, al piano terra, una biblioteca. I locali interrati sono dedicati alle sale per conferenze, ai cinema e ai magazzini. L’edificio è concepito come propulsore di un processo di rivitalizzazione della piazza, la cui effettiva riprogettazione viene successivamente affidata allo stesso Foster. 1. Piante e sezioni bibliografia 2. Fotografia aerea 3. 4. 5. 6. Fotografie di ester- The Architectural Review, ni ed interni numero di luglio 1993 a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini G. Burgess, Uluru National Park Cultural Centre, Ayes Rock, Australia, 1996 L’edificio, situato nel Parco Nazionale Uluru-Kata nel Territorio del Nord in Australia, si trova in un ambiente delicate, sia ecologicamente che politicamente. L’edificio è stato progettato come un’espressione della cultura aborigena, con temi interpretativi degli usi di questa popolazione. Aperto nell’ottobre del 1995, questo complesso è visitasto quotidianamente da migliaia di australiani e turisti da ogni parte del mondo. Grazie alla movimentata relazione con la forza del paesaggio circostante, all’uso quasi totale di materiali sostenibili, ai bassi consumi e al riguardo verso le persone e l’ambiente, l’edificio celebra lo spirito della cultura Angangu. Il complesso è stato progettato in collaborazione con la comunità aborigena ed è suddiviso in aree funzionali, vi sono presenti aule per l’arte e la creatività, aule speciali dedicate all’istruzione, una biblioteca, la cucina e degli uffici amministrativi. Dove possibile sono stati utilizzati dei materiali naturali come il legno. Vivendo l’edificio si ha la netta percezione di essere a contatto con il paesaggio circostante, di capire l’atmosfera di quelle terre, oltre a scoprire le varie attività pratiche e di studio presenti nel centro. 1. Pianta 2. Vista aerea 3. Vista del tetto 4. Sezioni 5. Planimetria generale 6. 7. 8. 9. Viste d bibliografia The Architectural Review, numero di novembre 1996 a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini Vittorio Gregotti, Centro Culturale, Belem, Portogallo, 1988-93 Il centro culturale di Bélem, sede nel 1992 delle manifestazioni organizzate in occasione del semestre di presidenza della Comunità Europea da parte del Portogallo, si estende in senso longitudinale per 400 m e connette la zona monumentale e la torre omonima sul fiume Tejo, per una superficie complessiva di 110.000 mq. Il tema progettuale affrontato è quello della collocazione di un nuovo sistema architettonico di dimensioni considerevoli, collocato tra un edificio monumentale (il convento di Los Jerenimos) e il tessuto urbano preesistente. Un percorso pedonale assiale su più livelli definisce una nuova struttura spaziale che ricompone la complessità urbana nel rispetto di una sequenza di spazi aperti, caratteristica prevalente sul fronte del fiume. Il ritmo e la successione di queste “stanze all’aperto” e dei padiglioni che vi si affiancano, determinano prospettive che si intersecano con gli scorci laterali sulle strade di servizio e caratterizzano il percorso pedonale principale. Nel volume principale a est, rivestito con pietra a spacco, si trovano i locali a suo tempo destinati al Consiglio della Cee, ai gabinetti dei primi ministri e dei commissari, le sale riunioni, tutti i servizi necessari, il grande auditorium, un teatro lirico e un centro esposizioni. Fulcro del percorso pedonale è la grande piazza pubblica del museo sopraelevata, con la tipica calcada (pavimentazione in pietra a due colori); un giardino, ottenuto dal parziale riallineamento della piazza alla quota del terreno, garantisce maggiore illuminazione alle sale destinate alle esposizioni temporanee (circa 8000 mq), estremamente flessibili e funzionali. Le sale del museo permanente sono invece collocate nei volumi che perimetrano in quota la piazza sopraelevata, mentre le terrazze-giardino, affacciate sul fiume e sulla città, ospitano le esposizioni all’aperto. All’estremità occidentale gli alberghi e le attrezzature complementari inglobano un edificio del XVIII secolo. 1. Pianta 2. 3. Interno del teatro 4. Sezioni 5. 6. 7. 8. 9. 10. Fotografie bibliografia The Architectural Review, numero di gennaio 1998 a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini Richard Meier, The Getty Centre, Los Angeles, California, USA, 1984-97 1. Planivolumetrico 2. Schemi progettuali 3. Sezioni e prospetti Il Getty Center è uno dei più grandi lavori realizzati da Richard Meier & Partners. L’incarico è stato affidato nel 1984 e l’opera è stata inaugurata nel 1997. Localizzato sulla cima di una collina lungo l’autostrada di San Diego, il complesso, raggiungibile via tram, domina le viste prospettiche del bacino di Los Angeles, le montagne di Santa Monica e l’Oceano Pacifico. L’ampia vista panoramica del Centro si estende senza fine: da un lato si perde verso l’Oceano, dall’altro sul Sierras, coperto di neve. Il complesso comprende sei edifici principali che ospitano il J. Paul Getty Museum, il Getty Trust Offices, l’Auditorium, il Getty Conservation Institute, il Getty Research Institute (a pianta circolare) per la storia dell’arte e dell’umanità, il Getty Education Institute per le Arti, il Getty Information Institute, il Getty Grant Program e una serie di bar e ristoranti. Meier ha concepito la sua opera in perfetta sintonia con il luogo. Le forme eleganti dell’intero complesso assecondano ed esaltano la topografia del terreno e i percorsi creano scorci prospettici dall’effetto sorprendente. Il travertino, una pietra che richiama alla tradizione e alla durata, è usato estesamente al Getty Center. Per la sua posizione, in cima ad una collina, e per l’uso sapiente del travertino come materiale di rivestimento, il complesso è stato comparato all’Acropoli di Atene. La struttura dei suoi edifici, le piazze alberate, i vasti giardini, le vasche e i corsi d’acqua costituiscono un ambiente sereno perfettamente integrato col luogo e con la luce brillante ed unica della California meridionale. Si esalta, così, il confronto tra spazio interno e spazio esterno e si crea una forte relazione tra architettura e panorama. Richard Meier ha previsto, per i visitatori, anche la possibilità di fare del giardinaggio, creando un’opportunità singolare di vivere lo spazio verde in assoluta libertà e pienezza. Il percorso di accesso alla piazza di ingresso del Paul Getty Museum consente ai visitatori di scegliere, con varie diramazioni, di entrare nell’edificio per guardare le opere d’arte o di visitare i giardini. L’Atrio del Museo è costituito da un alto spazio cilindrico aperto sul cortile del Museo che conduce ad una serie di cinque padiglioni espositivi. La continuità del Museo è interrotta da questi piccoli padiglioni che, ognuno col proprio cortile interno, si articolano in percorsi facilmente comprensibili. I dipinti, i manoscritti, le sculture, i disegni e le fotografie, illuminati con luce a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini Richard Meier, The Getty Centre, Los Angeles, California, USA, 1984-97 naturale controllata, sono esposti in sale che, ubicate al pianterreno del Museo, sono organizzate secondo un ritmo che permette piacevoli soste sui frequenti terrazzamenti all’aperto. Adiacente al Getty Trust Offices, l’Auditorium, della capienza di 450 posti, segna la fine dell’estensione verso est del complesso. Il Getty Center non ha una singola immagine forte, memorabile. Non c’è un punto di vista privilegiato da dove si può mettere a fuoco l’intero Centro: il Getty è un insieme di grandi momenti. Diversamente dall’aspetto stupefacente del Guggenheim Museum di Gehry a Bilbao, il Getty Center, a prima vista, può sembrare quasi monastico o ospedaliero: la sua forza è, più che negli edifici in sé, nel modo in cui questi si relazionano l’uno con l’altro e col panorama. La composizione architettonica è l’unione tra il senso europeo e tradizionale di permanenza e l’irregolarità ariosa della California. È un superbo esempio di creazione di un luogo non autoritario, una tregua nel caos di Los Angeles, che offre al visitatore la possibilità di concentrarsi sull’arte e di godere, nel contempo, delle migliori viste panoramiche della città: è una villa democratica, sulla cima di una collina. Salendo verso il Getty Center e camminando fra i suoi edifici, si percepisce la sua unità organica, la sua natura articolata. La sensazione è di essere in una cittadella, in un luogo ideale, in una posizione dominante che accoglie, cordialmente, chiunque vi entri. Il visitatore, portato sui terrazzi della “piccola città di Meier”, ha la sensazione di “possedere” la città sparsa sotto, e provare, forse, quanto descritto da un personaggio di Jean Paul Sartre ne Il muro: “Gli uomini, bisogna vederli dall’alto... sul balcone di un sesto piano: è qui che avrei dovuto passare tutta la vita. Bisogna puntellare le superiorità morali mediante simboli materiali, se no quelle si afflosciano. Ora, di preciso, qual è la mia superiorità sugli uomini? Nient’altro che una superiorità di posizione: io mi sono piazzato al di sopra dell’umano che è in me e lo contemplo. Ecco perché mi piacevano le torri di Notre Dame, le piattaforme della Torre Eiffel, il Sacro Cuore, il mio sesto piano di via Delambre. Sono simboli eccellenti”. 1. Aerofotogrammetrico 2. 3. Viste esterne 4. Assonometria 5. 6. Il Verde progettatoù 5. 6. Viste esterne bibliografia The Architectural Review, numero di febbraio 1998 a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini Juha Leiviska, Cultural Centre, Kaiaani, Finlandia, 1990 Gli architetti finlandesi hanno un notevole talento nel prendere influenze internazionali e reinterpretarle nel contesto del loro paesaggio, clima, tradizioni culturali, per produrre un’architettura regionale, escludendo tuttavia qualsiasi provincialismo. L’esempio più famoso è quello di Alvar Aalto, ma ci sono molti altri architetti finlandesi che hanno tale caratteristica: per esempio Ervi, Pietila, the Sirens. Juhna Leiviska è uno di questi, ed è l’autore di un’opera straordinaria: il Kajaani Cultural Centre. Questo centro culturale è stato costruito in accordo con una planimetria progettata da Kuovo e Partanen, vincitori del concorso. Il progetto prevedeva un teatro e sala conferenze, un istituto educativo e un piccolo museo d’arte. Il sito del progetto si trova sul fiume Kajaanoki , dall’altra parte del centro cittadino; la planimetria prevedeva la disposizione del complesso attorno ad una piazza pubblica, il progetto pur relazionandosi con il fiume si presentava centripeto rispetto alla piazza. Leiviska ha concepito diversamente il museo rispetto al progetto originario, creando un bordo costruito al terreno inclinato della collina: predispone una serie di aule espositive che guardano il fiume e seguono la morfologia dell’area. Importante nel progetto è lo studio della luce che illumina la galleria in maniera indiretta sfruttando l’azione zenitale. 1. Planivolumetrico 2. Modello 3. Prospetti 4. Schizzi 5. 6. Piante 7. 8. Sezioni 9. 10. Foto degli interni bibliografia The Architectural Review, numero di marzo 1990 a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini Arto Sipinien, Cultural Centre, Tapiola, Finlandia, 1980 A metà degli anni 60 Tapiola era la Città Nuova. Era visitata da migliaia di architetti stranieri e da critici, tutti ansiosi di vedere il connubio tra edifici moderni in una strategia urbana moderna, con la divisione delle funzioni. Questa strategia man mano è andata perduta ma si può intravedere nell’assetto della città la volontà originaria. Arto Sipinien vinse nel 1980 il concorso per un centro culturale che venne completato nel 1990. Il progetto consiste in un alto blocco al nord che contiene gli auditorium e un basamento più baso irregolare che contiene la biblioteca locale, un’area ristoro e altre numerose funzioni. L’edificio è stato progettato proprio per creare un suggestivo affaccio sul lago vicino, in contrasto con un altro edificio che vi è nella zona, un hotel razionalista. Era però importante che non si sovrastasse la torre dell’architetto Ervi, simbolo centrale di Tapiola. Le scatole contengono uno spazio continuo su livelli differenti che salgono dall’entrata e diventano leggeri man mano che si alza la quota. Le aperture giocano un ruolo fondamentale per creare dei giochi di luce, soprattutto al livello superiore che ricordano la maestria di Aalto. 1. 2. Piante 3. 4. Sezioni 5. 6. 7. 8. Viste esterne 9. 10. 11. 12. Viste interne bibliografia The Architectural Review, numero di marzo 1990 a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini Leslie Martin, Cultural Centre, Lisbona, Portogallo, 1983 L’antica idea che l’architettura è la regina delle arti deve essere oggi un concetto bizzarro per molte persone. Qui al Gulbenkian è semplicemente così: è sia emozionante che sereno, e un gioco istruttivo vedere l’architettura praticata al più alto livello, creando lo spazio per tutte le altre arti. Con queste parole Michael Sheperd commenta il lavoro di Leslie Martin per il Gulbenkian Centre for Modern Art a Lisbona durante l’innaugurazione nel 1983. Architettura come un luogo, più di un oggetto, un’architettura che si contraddistingue per la sua semplicità, per la dignità, come atteggiamento per il progetto in un luogo naturale come quello del parco in cui sorge questo complesso. Il centro vede la presenza di molte funzioni tra cui un teatro sperimentale, spazi espositivi, aule per le proiezioni, uffici; il tutto è immerso nel parco e si caratterizza per l’accurato studio degli spazi aperti e delle relazioni tra i volumi. 1. Planimetria 2. Vista esterna 3. 4. 5. 6. Sezioni 7. 8. 9. Viste interne 10. Vista esterna bibliografia The Architectural Review, numero di settembre 1985 a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini Jean Nouvel, Cultural Centre, Lucerne, Svizzera, 1992-98 La struttura, fortemente voluta dalla municipalità, si fonde perfettamente con l’orizzonte, rispettando la struttura tradizionale della città. L’enorme sporgenza del tetto, le tre sezioni in cui si suddivide l’edificio sottostante ed il lungolago chiuso al traffico sono visibili soltanto da vicino. L’enorme tetto, con la sua sporgenza di quarantacinque metri, rappresenta l’elemento architettonicamente più ardito dell’edificio ma, nonostante ciò, aggetta leggero ed elegante fra terra e cielo, valorizzato da lastre piatte in alluminio che ne riflettono le linee decise in contrasto con le marezzature del lago. Le funzioni all’interno dell’edificio sono composte da una sala concerti, un centro congressi e un museo. All’esperienza visiva all’interno dell’edificio contribuiscono varie aperture di tipo diverso. La terrazza sottostante il tetto circonda la struttura ed offre una vista panoramica del paesaggio. Le varie finestre, nella loro diversità, offrono un’esperienza più controllata, catturando determinati momenti ed immagini della vita cittadina ed incorniciandoli ad uso dei visitatori. Nouvel ha creato effetti visivi utilizzando, in diversi settori della facciata, griglie metalliche caratterizzate da diversi gradi di trasparenza. L’effetto è sia interno (le griglie filtrano la luce ed occludono parzialmente la visione) che esterno, in quanto i passanti possono scorgere i movimenti dei visitatori ed il mondo della cultura ospitato all’interno. I tre elementi principali sono allineati perpendicolarmente al di sotto di un’enorme struttura orizzontale. Come una grande pagoda, il tetto ricopre le tre masse architettoniche di cui si compone l’edificio: ideato al fine di armonizzare il Centro con la distesa orizzontale del lago, invita i visitatori a passare un po’ di tempo all’esterno. Il Centro comprende una sala concerti da milleottocentoquaranta posti, un salone multifunzionale da novecento posti ed un museo completo di sala conferenze da trecento posti. L’ambizione di promuovere la città come centro turistico ed organizzatore di conferenze hanno inoltre consentito al Festival musicale di Lucerna, un’iniziativa di fama internazionale, di trovare una nuova sede. 1. Piante 2. Sezioni 3. 4. 5. Viste esterne bibliografia The Architectural Review, numero di ottobre 1998 a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini Armstrong Associates, Cultural Centre, Parigi, Francia, 1989-98 Concepito come un simbolo della cooperazione Franco-Giapponese e fondato dalla Japan Foundation, the Maison del la Culture du Japon cerca di aiutare l’opinione pubblica europea a capire più profondamente la cultura giapponese. Nel 1989 fu fatta una competizione per architetti registrati in Francia o in Giappone. Il governo francese approvò il progetto e l’arrotondamento dell’incrocio stradale preesistente. Il progetto vincitore di Armstrong in collaborazione con Masayuki Yamanaka presenta una facciata ricurva coperta per la quasi totalità di vetro. Lo schema, soprattutto quello della disposizione interna è stato cambiato molte volte dopo la vittoria nel concorso, prima della stesura definitiva. La superficie netta dell’edificio è di 7500 mq disposti su 11 piani. Le funzioni all’interno sono molteplici:spazi espositivi, teatro-auditorium, biblioteca, anche un’area per il la cerimonia del tè all’ultimo piano con vista sulla Senna. La qualità dell’edificio e soprattutto gli interni sono una reminescenza del lavoro di Foster, soprattutto nella biblioteca, per quanto riguarda gli arredi, il riferimento a quelli nella carrè d’art è esplicito. 1. Piante 2. Aerofotogrammetrico 3. Sezioni 4. 5. Viste esterne 5. Vista della terrazza 5. 6. Viste interne bibliografia The Architectural Review, numero di maggio 1998 a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini