Mixer Audio “Virtuali”

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Università degli Studi di Pisa
Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
Corso di Laurea in Informatica
Esame di Audio Digitale
Mixer Audio “Virtuali”
L’era della “Postproduzione” Discografica
Studente: David Frassi – Nr. matricola: 228375
Anno Accademico 2001-2002
David Frassi studia Informatica presso l’Universitá di Pisa dal 1999, ma nel tempo libero si dedica
spesso alla composizione di musica Elettronica-Dance. Sono disponibili su Internet alcuni dei suoi
brani scaricabili al sito http://stage.vitaminic.it/odyssea.
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INDICE
Introduzione
pag.
4
1. L’informatica tra il Musicista e il Dee Jay
“
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2. Un po’ di teoria sull’Audio Digitale e sull’MP3
“
7
“
“
7
10
“
12
“
“
“
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13
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Conclusioni
“
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Bibliografia
“
20
2.1 Forme d’onda
2.2 Trasformata di Fourier
3. Studio di un caso “Cool Edit Pro 1.2a”
3.1 Cool Edit e Requisiti di sistema
3.2 Mixaggio digitale
3.3 Masterizzazione del Compact Disk
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Introduzione
Con l’avvento delle nuove tecnologie informatiche si è assistito ad un proliferare di
soluzioni software anche in ambito musicale, sviluppate a sostegno delle più svariate figure
artistiche, dal compositore di musica elettronica a quello di musica rock, dal cantante solista al
deejay professionista.
I prodotti che erano presenti sul mercato a partire dalla seconda metà degli anni ottanta, occupavano
esclusivamente le ROM di qualche costoso strumento hardware (tastiere, campionatori e
sintetizzatori).
Prima di vederne uno sviluppo indipendente dalla piattaforma si è dovuto attendere fino alla metà
degli anni novanta, quando le CPU, le schede audio e le RAM dei personal computers sono entrati
in una fascia di mercato alla portata di molti, ed hanno soprattutto raggiunto quella potenza di
calcolo necessaria al sempre più “affamato” mercato multimediale.
In questi ultimi anni gli strumenti musicali veri e propri si sono mescolati con quelli virtuali, dando
alla luce una promiscuità di suoni che, non solo ha contribuito al lavoro del musicista classico, ma
ha anche stimolato il sorgere di nuovi generi musicali (Trip pop, Acid jazz, Jungle, Free Style,
Drum‘n Bass ecc.); regalando finalmente al mondo della musica quei nuovi input creativi necessari
ad ogni salto evolutivo.
Oggi più che mai, forti dell’eredità tecnico artistica del nostro passato musicale, ma anche
assorbiti da uno sviluppo tecnologico sempre più rapido, possiamo vedere l’Informatica come un
vero e proprio “pozzo di idee musicali”, dal quale ogni “CyberMusicista” può attingere con tutta la
sua proverbiale “ingordigia”.
E’ sufficiente una semplice scheda audio inserita in un PC, a darci la possibilità di manipolare e
modificare a nostro piacimento ogni singolo suono percepibile dall’orecchio umano.
Tutta la banda di frequenza dai 20Hz ai 20KHz è pronta per essere sottomessa ai nostri voleri, alla
nostra fantasia musicale e al nostro estro creativo.
L’uso di questi strumenti non è però relegato soltanto alla creazione di nuovi brani musicali.
Esso trova applicazione anche nel perfezionamento di sorgenti audio esistenti, come per esempio la
pulizia digitale di sorgenti “vintage”1 (vinile o nastro), la creazione di effetti digitali su sorgenti
prive di effetto, ed infine, ma non ultimo in importanza, il mixaggio digitale.
E’ proprio di quest’ultima tecnica che ci occuperemo nel prosieguo di queste pagine, cercando di
metterne in luce le caratteristiche salienti, attraverso l’analisi di un caso reale. Ovvero la creazione
di una compilation mixata.
Arriveremo però a questo risultato soltanto dopo aver fornito un minimo di basi teoriche sull’audio
digitale, specie per quanto riguarda il suo formato di compressione più diffuso, l’MP3.
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Vintage. Con questo termine si indicano tutte quelle strumentazioni o supporti audio che sono caduti in disuso vista la
tecnologia ormai datata con cui sono stati costruiti.
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1. L’Informatica tra il Musicista e il Dee Jay
Negli ultimi vent’anni, le tradizionali figure del musicista che “produce” e quella del dee jay
che “riproduce” musica, hanno subito una rapida evoluzione, accelerata dall’affermarsi della
tecnologia del campionamento digitale del suono. E’ stata anzi questa tecnologia a favorire il loro
avvicinamento, cosicché oggi i progetti musicali in studio e live nei quali partecipano “alla pari”
musicisti e dee jay, sono numerosissimi.
La possibilità di manipolare digitalmente il suono degli strumenti musicali ha permesso anche ai
“non musicisti” di creare la propria musica senza conoscerne le basi teorico-tecniche.
Così sono nati nuovi compositori, meno avvezzi al mondo delle note, ma attratti dai suoni, dai ritmi
e dalle possibilità di sperimentazione offerte dagli strumenti musicali della nuova era digitale.
E’ ormai nota la scomparsa dalle case discografiche del ruolo del musicista classico, colui
che dopo anni di studi in conservatorio si accingeva a suonare la “Nona sinfonia di Beethoven”
dietro ad un lucente pianoforte a coda.
Egli, dando sfogo alla passionalità e alla creatività artistica, riusciva quasi sempre a trasmettere al
brano quella magia ed espressività, che rendevano unica ogni sua interpretazione.
Oggi invece, in ogni studio discografico che si rispetti, esiste un ambiente di sviluppo eterogeneo
dove si alternano strumenti musicali elettronici con quelli virtuali, emulati dalle schede audio di un
PC. Si tratta quasi sempre di strumenti dotati di interfacce MIDI2 ma coordinati immancabilmente
da un Sequencer software. Ovvero un programma attraverso il quale è possibile comporre un brano,
“editandone” nota per nota tutto lo spartito. Coordinando poi i vari strumenti musicali utilizzati, è
possibile determinare a priori i volumi e lo stile con cui il computer (attraverso il MIDI) dovrà
suonarli realmente. La sensazione “a pelle” che vive l’artista utilizzando queste strumentazioni è di
identificarsi come vero factotum della propria composizione. Su di sé infatti convergono sia la
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(MIDI) Musical Instrument Digital Interface. Protocollo di comunicazione che definisce gli standard Hardware e
Software per permettere a strumenti di diversi produttori di scambiarsi informazioni.
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figura del compositore del brano, sia quella di ogni singolo musicista, nonché quella del direttore
d’orchestra.
Questa rivoluzione non ha riguardato solo il musicista ma anche il deejay. La cui visione
vecchio stile lo vedeva “sudare le sette camice” davanti ai suoi due piatti e al suo “bravo” mixer,
prima di creare una nuova compilation “dance” di successo. Adesso si ricorre sempre più al mixing
audio in postproduzione, ovvero non in tempo reale. In questo modo anche i tecnici del suono, gli
artisti che lavorano a tempo pieno nelle case discografiche e che quindi non hanno tempo per fare i
dj in discoteca, oppure, perché no, anche il comunissimo musicista amatoriale “della porta accanto”,
possono cimentarsi nella “creazione” di una compilation mixata, sedendosi comodamente davanti al
proprio pc.
Con questi strumenti infatti, non è più indispensabile avere il carisma di quei trascinatori di folle
che agitano le discoteche e riscaldano gli animi di centinaia di ragazzi. Non essendo obbligati ad
essere veloci, agili e istintivi, è sufficiente avere un po’ d’orecchio musicale e un paio d’ore da
perdere.
“Il dj è, per definizione, un grande ascoltatore di musica, potenzialmente in grado di
assimilare senza pregiudizi l’enorme quantità di suoni provenienti dalle più remote aree del nostro
mondo globalizzato.
Il successo che molti dj hanno acquisito negli ultimi anni è stato determinato anche da
questa loro capacità di interpretare la musica come il frutto di incroci, mescolanze e
“contaminazioni”.
Questa integrazione tra elementi musicali differenti che si adattano in funzione di un unico
progetto è esattamente quello che i nuovi strumenti musicali (software e hardware) permettono di
fare e che i dj sono portati naturalmente a intuire.”
(da “Strumenti Musicali” nr. 252 del 2002 )
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2. Un po’ di Teoria sull’Audio Digitale e sull’MP3
L'acronimo MP3 indica la terza versione del formato di compressione utilizzato nelle
codifiche MPEG1 ed MPEG2, ovvero l'MPEG Audio Layer 3. In effetti l’MP3 ha conquistato il suo
meritato successo grazie alle superbe prestazioni e alla gratuità della tecnologia impiegata.
I dati forniti dal consorzio MPEG in tal senso sono sconcertanti: fino a 15 ore di audio in qualità
CD e fino a 60 ore di “parlato” su singolo CD-ROM.
Queste caratteristiche hanno dato vita a tutta una serie di applicazioni, tra le quali spicca la
distribuzione via Internet di intere tracce audio in qualità CD. Il più delle volte si tratta di attività
illegali per via della violazione dei diritti d’autore.
Resta tuttavia l’enorme disponibilità di materiale che l’MP3 ha indotto, promuovendo se non altro il
lavoro di artisti emergenti più di quanto le case discografiche, troppo spesso legate da interessi
economici, siano mai state disposte a fare.
In questo capitolo cercheremo di introdurre alcuni dei concetti teorici che stanno alla base
dell’MP3. Si tratta di concetti molto complessi, ma il nostro scopo é lontano dalla rigorosa
trattazione matematica, e indirizzeremo la nostra attenzione verso i concetti essenziali di questa
tecnologia.
2.1 Forme d’onda
Il suono é una entità fisica che si basa sul concetto di onda, che all'atto
pratico é una specie di vibrazione. Ogni suono induce vibrazioni diverse sul mezzo che ne é
preposto alla ricezione, come per esempio un microfono o l'orecchio. Quindi, per registrare il
suono, vorremmo saper descrivere la vibrazione che esso induce. Per far questo utilizziamo il
concetto matematico di funzione.
Un'onda sonora é in pratica una funzione del tempo, perché essa descrive la vibrazione al variare
del tempo (in realtà é anche funzione dello spazio, ma noi assumeremo di descrivere la vibrazione
in un determinato punto dello spazio, eliminando questa scomoda variabile).
L'onda sonora più semplice che possiamo immaginare é l'onda armonica, che ha questa forma :
Come è possibile notare, si tratta di una serie ininterrotta di onde che salgono e scendono.
Se potessimo inserire questa funzione nel nostro computer, sentiremmo un tono continuo, che
riproduce sempre la stessa nota.
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Un'onda armonica possiede alcune caratteristiche che la rendono unica. Esse sono la frequenza e
l'ampiezza. Osserviamo la seguente figura :
Nella prima onda (quella in nero) vediamo che i picchi sono più diradati rispetto alla seconda.
Questo significa che possiede una frequenza più bassa, con una conseguente variazione della nota
riprodotta. La prima onda sarà quindi più grave rispetto alla seconda.
La frequenza si misura in Hertz (Hz) e tanto più è grande, tanto più la nota riprodotta sarà acuta.
La seconda caratteristica a cui facciamo riferimento, oltre alla frequenza, è l'ampiezza. Questa
rappresenta l'altezza che le onde posseggono. Più questa misura é grande, più il suono avrà un
volume elevato.
Supponiamo di avere due onde armoniche di diversa frequenza, che quindi riproducono due
note diverse, e supponiamo di volerle suonare contemporaneamente. Per far questo non dobbiamo
altro che sommare, istante per istante, le due forme d'onda, in modo da generarne una
completamente nuova. Vediamo come avviene questo processo :
Come possiamo notare, l'onda risultate ha una forma molto strana, dovuta alla somma delle due
onde originali. In effetti le onde sonore assumono di solito forme ben più strane ed imprevedibili di
questa. Tuttavia esse possono essere sempre ricondotte alla somma di forme d'onda più semplici.
Ed é da questa considerazione che Fourier ideò l'analisi armonica, argomento di fondamentale
importanza nella moderna teoria dei segnali.
Secondo Fourier qualsiasi onda sonora, di qualsiasi forma essa sia, può essere pensata come
la somma di un certo numero di onde sonore più semplici (le onde armoniche) di diversa ampiezza
e frequenza.
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Fourier diede anche una formula che riassumeva questo concetto :
Ai più questa formula potrà sembrare incomprensibile, cerchiamo comunque di coglierne il
significato. Possiamo notare innanzitutto che il numero di onde sonore da sommare é infinito:
questa é una condizione imprescindibile, che però può essere aggirata utilizzando delle
approssimazioni.
Le funzioni sin e cos rappresentano proprio le armoniche, ovvero le onde sonore fondamentali. La
frequenza di tali armoniche é data dalla n che compare nell'argomento di sin e cos. Notiamo quindi
che queste frequenze sono fisse: 1, 2, 3 ecc. Non ci sono mezze vie.
L'analisi di Fourier infatti, tiene in considerazione solo alcune onde armoniche che vengono definite
fondamentali. L'ampiezza di queste onde armoniche fondamentali é rappresentata dai coefficienti
An e Bn. Più questi valori sono alti, più l'armonica corrispondente sarà preponderante nel suono.
Fourier ha dato anche le formule per questi due coefficienti. Esse sono :
Supponiamo che l'onda sonora che vogliamo analizzare corrisponda proprio ad una armonica
fondamentale, ad esempio la quinta. Se utilizzassimo le formule integrali di Fourier per determinare
i coefficienti ci accorgeremmo che questi sono tutti nulli, tranne il quinto. Questo ci dice che il
suono é formato da una sola armonica fondamentale, la quinta. Ed é proprio così infatti, visto che il
suono analizzato corrisponde proprio alla quinta armonica.
Un suono può essere quindi rappresentato sia attraverso la sua forma d'onda che attraverso la sua
rappresentazione di Fourier. Quest'ultima però offre un vantaggio netto sulla prima: essa può essere
compressa molto più efficacemente, in quanto é sostanzialmente una sequenza quasi ininterrotta di
zeri. Supponiamo ora di combinare due diverse onde armoniche fondamentali, ad esempio la quinta
e l'ottava. Allora tutti i coefficienti di Fourier saranno nulli, tranne, ovviamente, il quinto e l'ottavo.
Un esempio un po’ più complesso é il seguente, in cui utilizziamo un'onda quadra :
A1 = 1,683
A2 = 0,91
A3 = 0,094
...
A160 = 0,002
Come vediamo, in questo caso i coefficienti di Fourier sono tutti diversi da zero, ma
diventano sempre più piccoli man mano che le armoniche crescono (per n che diventa grande). Da
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un certo punto in poi, queste armoniche diventeranno pressoché impercettibili all'orecchio umano,
tanto da poter essere eliminate dalla rappresentazione di Fourier.
In casi reali, gran parte dei coefficienti risultano molto piccoli (il suono possiede frequenze
localizzate in bande precise), tanto da poter essere completamente eliminati senza che il segnale
subisca degradazioni di alcun genere, e generando una successione di valori quasi tutti nulli e quindi
altamente comprimibile.
2.2 Trasformate di Fourier
Il problema dell'analisi di Fourier che abbiamo descritto é che essa é limitata a suoni
periodici e ripetitivi, al contrario di quanto succede nel mondo reale.
Per superare questa difficoltà, Fourier estese gli integrali che definiscono i coefficienti An e Bn a
tutto il campo reale.
Inoltre, all'interno di quegli integrali, sostituì la variabile n, che assume solo valori discreti, con la
variabile w, che invece può assumere qualsiasi valore continuo.
Ancora, utilizzando le definizioni di Eulero per l'esponenziale complesso, cambiò le due serie in :
Il fatto che esso sia un integrale complesso esteso a tutta la retta reale interessa poco, in quanto il
suo calcolo può essere automatizzato con degli algoritmi molto efficaci come la “Fast Fourier
Transform”. Quello che invece ci interessa é che il suo valore ci dice quanto é prominente la
frequenza w nel suono f(t).
Possiamo quindi immaginare la trasformata di Fourier come un'operazione che trasforma il suono
(il quale ricordiamolo, descrive una vibrazione nell'arco del tempo), in uno spettro, che non é
nient'altro che l'insieme delle frequenze contenute in un suono.
Vediamo ad esempio come si presenta la trasformata di Fourier di un'onda quadra :
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Come possiamo notare, lo spettro delle frequenze contenute nell'onda quadra é in generale diverso
da zero, ma allontanandoci dall'origine, queste tendono a diminuire di ampiezza e a diventare
insignificanti, tanto da poter essere eliminate.
Inoltre si é constatato che l'orecchio umano é sensibile solo ad un certo intervallo di frequenze
(detto campo dell'udibile), al di fuori del quale troviamo per esempio gli ultrasuoni. All'interno di
questo intervallo, l'orecchio umano é più sensibile a determinate frequenze rispetto ad altre, che
quindi possono venire maggiormente approssimate, senza avvertirne in genere alcuna differenza.
E’ per questo motivo che l’MP3, pur occupando 1/10 dello spazio disco rispetto ad un file
non compresso, permette di conservarne impercettibilmente le qualità sonore.
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3. Studio di un caso “Cool Edit Pro 1.2”
Il progetto che prenderemo in esame consiste nella creazione di una compilation mixata.
Sceglieremo i nostri brani musicali preferiti in formato MP3, li misceleremo tra loro fino alla
generazione del file master definitivo, eppoi masterizzeremo il tutto su cd audio.
3.1 Cool Edit e Requisiti di sistema
Il Software che utilizzeremo è “Cool edit” della Syntrillium, un programma nato freeware
che ha potuto per questo motivo farsi strada in maniera esponenziale tra le varie concorrenti. Oggi è
diventato esclusivamente a pagamento, ma il successo che continua a riscuotere non fa altro che
confermare quelle doti nel trattamento dell’audio, che l’hanno sempre contraddistinto.
La configurazione minima necessaria per far girare Cool Edit è la seguente:
-
Pentium con sistema operativo Windows95
Ram: 64 Mb
Scheda sonora: Sound Blaster compatibile
Hard Disk: 5 Gigabye o superiori
Dopo aver provveduto al download della versione demo su http://www.syntrillium.com/download/,
e alla sua successiva installazione, possiamo cimentarci nei nostri intenti. Ovviamente, non prima di
aver scaricato un po’ di MP3 da qualche “landa desolata del Cyber-spazio”3.
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E’ buona norma non incappare nel download di musiche protette dal diritto d’autore. Si consiglia quindi di utilizzare
siti che ospitano autori emergenti come per es. www.vitaminic.it dal quale è possibile scaricare musica “free”.
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3.2
Mixaggio Digitale
La finestra iniziale di Cool Edit appare come mostrato nello slide seguente, dal quale si
possono notare le caratteristiche salienti accessibili mediante i tasti iconizzati. Questa viene detta
modalità “monomode” e riguarda l’elaborazione di una singola traccia.
Cliccheremo qui per
accedere alla finestra in
modalità “multimode”
A noi però, interessa spostarci nella sezione riguardante la miscelazione di tracce audio, detta
modalità “multimode”. Qui la finestra appare come la somma di più “monomode”, una sopra
l’altra, ma prive di quelle funzionalità inutili allo scopo della miscelazione:
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Per poter iniziare il nostro lavoro dovremo trascinare uno o più file MP3 in queste finestre
oppure cliccare sul menù a tendina INSERT
WAVEFORM LIST, dal quale si accede ad una
finestra come quella illustrata di seguito. Premendo il pulsante “Open Wave” è possibile cercare la
musica che ci interessa, magari ascoltandone alcuni secondi grazie alla modalità “Auto Play”. Una
volta effettuata la nostra scelta apparirà il nome della musica nella Waveforms List, come è
possibile notare dallo slide:
A questo punto è sufficiente cliccare sul tasto Insert per inserire la traccia audio appena
selezionata nella prima delle tante tracce disponibili di CoolEdit
Tasto per zoommare
la forma d’onda.
Indicatore del tempo
d’ascolto trascorso
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Con la stessa modalità si possono importare altre musiche nel nostro ambiente di miscelazione. Ma
alla fine avremo una schermata simile a questa:
Track number.
E' da notare come sia possibile “zoommare” entrando in particolari che ci permettono di
capire graficamente, il comportamento audio dei due file messi a confronto.
Come è facile intuire i due file non hanno la stessa velocità, infatti pur partendo perfettamente in
sincronia, come si può notare dalla linea gialla, col passare del tempo i picchi sonori si disallineano
in prossimità della linea rossa. Questo significa che la “Track2” ha un diverso numero di battute per
minuto (BPM), in questo caso superiore, rispetto alla “Track1”.
Fortunatamente tra le varie funzioni della modalità “monomode” di CoolEdit possiamo
trovare anche il “Time Stretch” che permette di comprimere o espandere lo sviluppo temporale di
un file audio. Questa funzione ricalcola tutto il contenuto digitale del file interpolando i picchi e
facendo in modo che il contenuto audio occupi soltanto una percentuale dello spazio originario.
Questa percentuale sarà superiore o inferiore a cento a seconda che si tratti di una compressione
oppure di una espansione. Nel nostro caso si tratta di una espansione, infatti scopriremo che il tasso
più adatto per ottenere l’allineamento delle due tracce, è il 110% del valore originale.
Nota:CoolEdit Pro non riesce a fare praticamente nulla in tempo reale. Ciò significa che non
permette il ricalcolo della nuova forma d’onda e contemporaneamente la riproduzione della
stessa. Si limita a ricalcolare tutto il file audio e solo dopo qualche secondo ne permette
l’ascolto all’utente.
Una volta selezionata la funzione “Time Stretch” dal menù TRANSFORM TIME/PITCH apparirà
una finestra come quella mostrata di seguito, dove vengono indicate le modalità di espansione o di
compressione. Dovremo fare riferimento al campo “Ratio” per indicare la percentuale maggiore o
minore di cento.
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Campo in cui
specificare il
tasso di
espansione o
compressione
E’ da notare che ci sono mixer software quali “Traktor” della Native Instruments che riescono a
calcolare automaticamente i BPM di ogni brano permettendone anche l’adattamento della velocità.
Questi però non hanno ancora raggiunto un livello di precisione accettabile e il sistema manuale qui
descritto rimane attualmente quello migliore, anche se è un po’ “macchinoso”.
L’inconveniente maggiore, consiste nella necessità di effettuare numerosi tentativi prima di trovare
la percentuale corretta di Stretching.
Per questo motivo è consigliabile selezionare solo una piccola sezione della traccia audio e provare
a verificarne l’allineamento dei picchi sonori, salvo annulare poi le modifiche con la funzione
“undo”, raggiungibile dal menu “Edit”.
Inviluppo
sonoro in
dB.
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Una volta verificata la sincronizzazione delle due tracce (come indicato dai due segmenti
rossi in figura), ci aiuteremo con il sistema grafico di modifica inviluppi. Selezionando infatti
l’apposito pulsante come mostrato in figura, è possibile modificare i volumi delle due tracce
(indicati da due linee rette verde chiaro), facendoli convergere in “Crossfade”. In questo caso è stato
sfumato “in uscita” il volume della “Track 1” e in “entrata” quello della “Track 2”.
Una volta ripetuto questo procedimento per tutte le tracce di nostro interesse, è possibile
generare un’unica grande traccia che contiene tutta l’opera mixata. Per fare ciò dobbiamo
selezionare dal menù “Edit” la voce “MIXDOWN” “ALL WAVES”.
Il calcolo durerà qualche minuto, ma al termine verrà automaticamente mostrata la finestra
“monomode” che conterrà tutto il nostro lavoro. A questo punto provvederemo al suo salvataggio in
formato WAV non compresso, in modo da garantirne la maggiore qualità possibile.
3.2 Masterizzazione del compact disk.
Adesso, per ultimare la creazione della compilation, non dobbiamo fare altro che effettuare la
masterizzazione su cd della traccia appena salvata. Il software di cui ci serviremo in questa fase è
“Nero Burning Rom 5.5.7.2” della Ahead, ma avremo potuto utilizzare qualsiasi altro programma di
masterizzazione.
L’utilizzo di Nero è molto intuitivo e quindi si presume che il lettore sia in grado di trascinare il file
WAV nell’apposita finestra adibita alla masterizzazione di cd audio. Vedremo però, che per i nostri
scopi saranno necessarie operazioni un pochino meno banali del solito.
Prima di tutto è necessario spostarsi nella modalità “Edit” della traccia, accedendo alla seguente
finestra:
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Da qui è possibile modificare alcuni parametri informativi di tipo generico, quali il titolo della
musica o il nome dell’artista, ma le funzioni importanti si trovano nella finestra, “Indexes, Limits,
Split”, accessibile cliccando sull’apposito selettore di cambio finestra posizionato in alto.
Selettore di
cambio
finestra.
Permette di
suddividere una
traccia in più tracce.
Da questa finestra è possibile suddividere “virtualmente” la nostra traccia in più tracce, in
modo tale che il tasto “seek-forward” di un qualsiasi lettore di cd sia in grado di spostarsi alla
musica successiva. Nero ci aiuta nel nostro intento permettendoci di “Splittare” la traccia in maniera
virtuale, ovvero creando questa suddivisione soltanto sul cd da masterizzare, ma lasciando inalterato
il file di provenienza. Come si può vedere dallo slide, si potranno scegliere a piacimento le
posizioni dove collocare lo “Split” (identificate da una linea rossa verticale), magari ascoltandone
anche un estratto cliccando sul tasto “Play”.
A questo punto il gioco è fatto. E’ sufficiente selezionare il tasto “Burn” di Nero per dare
inizio alla masterizzazione del cd.
Tasto “Burn”
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Conclusioni
Questa nostra trattazione non è potuta risultare esauriente per l’enorme vastità dell’argomento
trattato, ma ci auspicheremmo diventasse quantomeno propositiva nell’approccio all’affascinante
mondo dell’Audio Digitale.
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BIBLIOGRAFIA
-
Enrico Paita, Computer e Musica Manuale Completo, Jackson Libri, Milano, 2000
Francesco Romani, Introduzione all’audio digitale (dispense), Università di Pisa.
Periodico mensile, Strumenti Musicali, VNU Business Pubblications, Italia
Cristiano Paris, Teoria sull’MP3, Dispensa, Università di Roma.
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