Approfondimento “Breve, anzi brevissima, storia della
musica elettronica”
curato da Valeria Carrieri
Lo sviluppo della tecnologia è stato un fattore decisivo per lo evoluzione della musica
elettronica e per l’inevitabile moltiplicarsi di generi musicali che sono a essa collegati.
L’elettronica si trasforma, da mero strumento registrazione e diffusione dei brani, in forma
e sostanza del brano stesso, grazie all’uso, via via più diffuso, degli strumenti elettronici.
Gli strumenti elettronici, non sono da confondere con quelli elettrici o elettromeccanici, il
cui suono è determinato dalle variazioni del campo magnetico presente in natura, anche se
proprio da loro traggono origine.
Forse, il primo vero progenitore, strumento rivoluzionario, utilizzato ancora oggi, è il
theremin, progettato nel 1917. Funziona traducendo il campo elettromagnetico in suono e
controllandone sia l’altezza sia l’ampiezza.
Negli anni ‘40 si assiste all’avvento dei transistor e dei primi elaboratori elettronici.
Si tratta di strumenti molto costosi e difficili sia da reperire sia da utilizzare. Per questo
motivo durante gli anni ‘50 e ‘60 la musica elettronica si diffonde attraverso i compositori
d’avanguardia come John Cage o i nostri italianissimi Luciano Berio, Luigi Nono, Bruno
Maderna.
La svolta, negli anni ’60, con i sintetizzatori analogici e i campionatori: il moog (il primo
sintetizzatore a tastiera) e il mellotron (il primo campionatore che suona spezzoni di nastro
preregistrato).
Negli anni ‘70, è la volta del minimoog, strumento leggero ed economicamente accessibile
che permette di essere suonato facilmente in concerto; poi i sequenzer, che permettono di
memorizzare e usare suoni; e ancora le drum machine, che creano una base ritmica
costante; il synclavier, primo sintetizzatore e campionatore.
È dalla Germania che partono tutti i nuovi fermenti culturali dal rock elettronico e la new
wave della trilogia berlinese di David Bowie, alla techno-pop dei Kraftwerk, dall’ambient e
la new age di Brian Eno, alla kosmiche musik, ad esempio, dei Tangerine dream.
Alla ricerca di un protocollo standar che permette la comunicazione con qualsiasi
strumento digitale si arriva nel 1983 con il primo MIDI (Musical Instrument Digital
Interace) determinando il vero cambiamento qualitativo e per quanto riguarda i generi
musicali anche quantitativo. Nascono così i nuovi stili techno, house, industrial, trip hop,
drum ‘n’ bass, chill out, jungle o si moltiplicano di sfumature elettroniche linguaggi già
affermati come il jazz, il rock, il pop, il soul e quant’altro.
Oggi la musica elettronica permette a tutti di diventare compositori e/o fruitori di musica
liquida, una ulteriore espressione di democratizzazione in questa società liquida, in cui
privilegiare la capacità di svolgere più funzioni passando con rapidità da un’attività a
un’altra è il fenomeno che andremo a governare.
La musica non si sottrae, attraverso l’uso di diverse app, che offrono la possibilità di
sviluppare nuove conoscenze non sequenziali, facendo ulteriormente modellare il rapporto
tra i nativi digitali e gli artefatti, in una esplorazione guidata e/o spontanea, sviluppando
competenze, non così facilmente disponibili a molti coetanei delle generazioni passate, o a
quelle dei paesi che attualmente, non investono nell’uso della banda larga.
Una cultura partecipativa, democratica ed etica potrà supportare una politica del
cambiamento, che occorre attuare in tempi brevi, per favorire la dimensione individuale
dei processi di apprendimento, non dimenticando che l’avvento del Web 2.0 ha spostato la
centralità degli apprendimenti sulla intelligenza condivisa, partecipativa, creativa,
collaborativa, multitasking, multicanale, multi codice, rendendo i contenuti aperti e mobili,
come nella interessantissima esperienza dei “thoughts” e “sound”, pensieri e suono, ideata
da Francesco Fraioli, che cercava un social network per gli appassionati fruitori e creatori
sonori e musicali, un’intuizione che oggi è una realtà.
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The Thounds Team, Needs a big change, 2012, http://thounds.com/savethounds,
27.05.2012