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Pubblicato il 28 Giugno 2015
Nel Palazzo M auro de André una suggestiva esecuzione del poema sinfonico di Franz Liszt
Dante Symphonie col basso obbligato
servizio di Athos Tromboni
RAVENNA - DanteXperience concerto multimediale. Ravenna Festival ha riproposto a Palazzo Mauro
de André, tredici anni dopo che era stata eseguita nel Teatro Alighieri per l'edizione 2002 del festival, la
Dante Symphonie di Franz Liszt, monumentale poema sinfonico per orchestra e coro femminile della
durata di oltre 50 minuti. Sul podio della Budapest MAV Symphony Orchestra e del coro Angelica Girls'
Choir di Budapest (preparato da Zsuszsanna Gràf) era l'ideatore del "concerto multimediale", il
pianista e direttore d'orchestra Vittorio Bresciani. Già Liszt aveva previsto che ci fosse un'esecuzione
multimediale per la sua Dante Symphonie del 1857 ma a quel tempo i fratelli Lumière non avevano
ancora inventato il cinematografo e i disegni preparati da Bonaventura Genelli (pittore tedesco di
origini italiane) non poterono essere proiettati con la lanterna magica visti i costi esorbitanti
dell'allestimento. Oggi la grafica computerizzata e le moderne tecnologie di illuminotecnica consentono qualsiasi proiezione,
con processi semplificati anche rispetto al 2002, per cui, bentornata DanteXperience multimediale, nel segno immaginato
dallo stesso Liszt. E se al posto delle illustrazioni di Genelli vengono proiettate le tavole di Gustave Doré incise e poi dipinte
per la «Divina Commedia» di Dante Alighieri tanto meglio, il messaggio è più universale perché quelle incisioni nacquero per
illustrare l'opera letteraria del fiorentino e non la composizione dell'abate ungherese.
Il direttore Bresciani però va al di là di Liszt: chiama un'attrice talentuosa, Chiara Muti, a leggere parti della «Commedia» da
lui appositamente selezionate ed inserite fra un movimento e l'altro dei gruppi tematici della Dante Symphonie (Inferno: nei
tem pi Lento, Allegro frenetico, Andante amoroso. Purgatorio: nei tempi Andante con moto e Lamentoso: Paradiso: con il
Magnificat cantato che sostituisce la lettura). E addirittura da inserire come testo con la musica di sottofondo (ad esempio nel
canto di Paolo e Francesca da Rimini). La direzione di Bresciani è attenta, a memoria, e la grande orchestra di Budapest
obbedisce alla sua bacchetta con malleabilità.
La dizione della Muti ha accentazioni e
sillabazioni, pause, respiri e smorzamenti,
accelerazioni e crescendo, sussurri, da
cantante ottimamente impostata. L'effetto è
coinvolgente, in sala si sentirebbe volare una
mosca; ma quello che si ode davvero è
sbalorditivo: fuori, mentre la musica procede in
pianissimo e la Muti racconta il pianto di
Francesca, il cielo si è incupito e lancia i suoi
tuoni in sottofondo, non saette, non boati
secchi, ma un brontolio che sembra il basso
obbligato
dell'esecuzione,
mandato
lì
estemporaneamente da Domine Dio per
contribuire all'attimo creativo della musica e
degli endecasillabi danteschi. Sul palco
l'orchestra è in penombra, le lampade dei leggii
riflettono le pagine bianche degli spartiti che
sembrano anime in attesa, mentre dal
graticciato del soffitto piovono sull'ultima fila
dell'orchestra, a destra e a sinistra, i colori vividi
dei riflettori: rosso fuoco per l'Inferno, giallo
acceso per il Purgatorio, azzurro luminoso per il
Paradiso (nel Magnificat). Il coro femminile, come aveva suggerito Liszt, non è a vista dietro l'orchestra, ma disposto sulle
tribunette laterali: a destra del direttore i soprani, a sinistra i mezzosoprani e i contralti; sul fondo della sala, dirimpetto
all'orchestra, la voce solista. L'effetto surround (o quadrifonico, se si usasse un termine non inglesizzato) è perfetto. Al
termine, gli applausi non smettono, le chiamate per Bresciani e la Muti sono numerose e loro decidono che sarà bissato
l'intero Magnificat. E con la musica devozionale che rappresenta il Paradiso, anche il cielo si è placato, non più tuoni, ma
qualche goccia di pioggia tranquilla, come un pianto silente di commozione, senza singulti, senza dolore.
Precedentemente era stato eseguito l'altro poema sinfonico d'ispirazione dantesca, la Francesca da Rimini di Petr Il'ic
Chajkovskij, una musica di vent'anni più giovane ma altrettanto bella e coinvolgente quanto quella di Liszt, là dove il
compositore russo va oltre il racconto di Dante perché la sua fantasia sinfonica si apre con l'imitazione della bufera infernale
che tormenta il corteo dei dannati da cui usciranno Paolo e Francesca per parlare con Dante e Virgilio, si sviluppa sul pianto
angosciato e lugubre dei due amanti e quando Dante alla fine del colloquio con Francesca sviene dal dispiacere e cade
"come corpo morto cade", Chajkovskij non termina qui il suo racconto musicale, ma riaccompagna Paolo e Francesco dentro
la bufera infernale e fa riapparire la musica imitativa del turbine che s'avviluppa a spirale; un incedere che il compositore ha
battezzato all'italiana Allegro vivo ma che di allegro ha proprio nulla, solo il ritmo, mentre la semantica è di orrore senza
speranza.
Fuori del Palazzo Mauro de Adré la pioggerella di punto in bianco ha smesso di cadere. Lontano qualche lampo illumina
all'orizzonte nuvoloni neri che sembrano montagne. Lo sciame del pubblico vociante che si dirige ai parcheggi e agli autobus
turistici ha ora sopra di sé, nel cielo, uno squarcio limpido. "E quindi uscimmo a riveder le stelle".
Crediti fotografici: Silvia Lelli per il Ravenna Festival
Nella miniatura in alto: il direttore Vittorio Bresciani
Al centro: l'attrice Chiara Muti con Bresciani
In basso: la Budapest MAV Symphony Orchestra in penombra e i leggii illuminati
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