LE COSTANTI FONDAMENTALI E IL SISTEMA SI Franco Cabiati*, Anita Calcatelli* Ricerche sono da tempo indirizzate verso una versione del Sistema Internazionale di unità di misura (SI) interamente basato su invarianti fisici, con lo scopo di sostituire i campioni materiali di tipo tradizionale con campioni naturali. Un tale sistema di unità di misura offre grossi vantaggi alla metrologia perché le caratteristiche di indistruttibilità, invariabilità, accessibilità e indipendenza dal luogo della misurazione sono senza dubbio superiori a quelle di qualsiasi campione materiale. L'ulteriore tendenza a prediligere come riferimento quegli invarianti che le teorie fisiche assumono come costanti fondamentali comuni a più branche della metrologia aggiunge coerenza all'intero sistema delle unità. Riguardo all'unità di lunghezza (simbolo m), l'attuale definizione ("il metro è la lunghezza del tragitto compiuto dalla luce nel vuoto in un intervallo di tempo di 1/299 792 458 di secondo") stabilisce il metro in termini del secondo e del valore assegnato per definizione alla velocità della luce nel vuoto. Il passaggio dalla lunghezza d’onda (o dalla frequenza, che essendo c costante esatta può essere convertita in lunghezza d’onda senza aumentarne l’incertezza) al metro si attua mediante interferometri ottici. L’unità di massa (simbolo kg) è l’unica che viene definita con riferimento ad un campione materiale artificiale: il prototipo di platino/iridio conservato a Sèvres (“il kilogrammo è l’unità di massa; essa è uguale alla massa del prototipo internazionale del kilogrammo”). Un campione materiale presenta ovvii svantaggi: i rischi di danni o addirittura di distruzione, la difficoltà della conservazione in uno stato ben definito, la scarsa praticità di un riferimento unico a livello mondiale, le restrizioni imposte all'utilizzo del campione dall'inevitabile usura. L'utilizzazione di bilance con incertezza di misura di 1 μg ha messo in evidenza tutti questi problemi e anche il fatto che il prototipo internazionale del kilogrammo può presentare variazioni di 1 μg al mese, nei primi mesi dopo che è stato pulito e lavato secondo particolari procedure oggetto di continuo studio e revisione. Infatti le sostanze adsorbite dal prototipo vengono rimosse con operazioni di lavaggio continuate finché viene meno la loro efficacia. Tuttavia, naturalmente, l'adsorbimento riprende immediatamente, ed è tanto più veloce quanto più pulita è la superficie. La necessaria operazione di pulizia induce quindi un periodo di instabilità e di non definita conoscenza dello stato reale del prototipo, come di tutte le copie. Nel seguito, in condizioni "stazionarie", l'adsorbimento è pari a circa 1 μg all'anno. Per questo nel 1989, in occasione della terza verifica dei campioni nazionali, il CIPM (Comité International des Poids et Mesures) raccomandò di considerare il kilogrammo come la massa del prototipo internazionale subito dopo l'operazione di pulizia-lavaggio secondo il metodo utilizzato dal BIPM (Bureau International des Poids et Mesures). Si tratta di una raccomandazione e non di una ridefinizione. Naturalmente anche tutti i campioni nazionali da confrontare vanno trattati nello stesso modo. Una ridefinizione del kilogrammo direttamente legata al concetto classico di massa potrebbe essere così enunciata: "il kilogrammo è la massa di N particelle nello stato fondamentale, in quiete e non interagenti", dove si potrebbe identificare la particella con l'elettrone, il protone o un particolare atomo. La continuità con l'attuale definizione sarebbe data dalla relazione: 1 N= mk mx = mk Mx NA dove mk denota la massa del prototipo internazionale del kilogrammo, mx ed Mx sono rispettivamente la massa e la massa molare della particella scelta ed NA è la costante di Avogadro. Per adottare questa definizione è opportuno determinare NA ed Mx con un'incertezza a livello di 10-8, per evitare che in futuro determinazioni più accurate delle relazioni tra quelle costanti e il kilogrammo prototipo richiedano una variazione eccessiva del valore dei campioni materiali usati nella pratica metrologica; questo livello non è stato ancora raggiunto, però questa è una delle direzioni in cui attualmente opera la ricerca. Presso alcuni laboratori metrologici, tra cui l'INRIM si impiega l'interferometria ottica abbinata con quella a raggi X, per determinare il passo reticolare, e quindi il lato a0 della cella elementare, di un monocristallo di silicio con purezza e composizione isotopica note. Misurato per altra via il volume molare M / ρ sullo stesso monocristallo, si ottiene la costante di Avogadro dalla relazione NA = 8 M / (ρ a03). Altre ricerche vengono inoltre compiute per determinare NA con altri metodi, come per esempio dalla relazione NA = F / e, dove F è la costante di Faraday (carica elettrica di una mole di elettroni) ed e è la carica dell'elettrone. Un altro tipo di ridefinizione dell’unità di massa discende da una visione più ampia della realtà fisica implicata dalla massa, che include la teoria relativistica e in particolare l’equivalenza con l’energia stabilita dall’equazione forse più celebre tra quelle dovute ad Einstein: E = m c2, dove E è l’energia equivalente della massa m e c è la velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche nel vuoto. Il collegamento della massa agli invarianti fisici è fornito dalla costante fondamentale più strettamente legata all’energia, la costante di Planck h, attraverso l'equazione E = h f, dove f è la frequenza del fotone corrispondente all'energia E. La relazione che da quelle equazioni deriva per la massa di riferimento per l'unità, m = h f / c2, trova normalmente riscontro sperimentale nel mondo delle particelle elementari. Quindi le diverse ipotesi di ridefinizione del kilogrammo che da quella equazione derivano, pur avendo pieno significato teorico non corrispondono a effettive possibilità di realizzazione dell’unità. Un modo rivelatosi assai efficace di mettere in relazione una massa macroscopica, dell’ordine del kilogrammo, con la costante di Planck è offerto dai campioni elettrici basati sugli effetti Josephson e Hall quantistico. Infatti, combinando le equazioni più sotto riportate per la definizione delle unità elettriche mediante questi due effetti, si ottiene una potenza elettrica PE, di scala macroscopica, espressa in funzione di h e della frequenza che interviene nel campione Josephson: UJ2 1 2 = n i hf2 RH 4 Per riferire una massa ad h è dunque possibile confrontare un’energia o potenza meccanica con una equivalente in forma elettrica, misurata per riferimento ai campioni quantici. Questo confronto è appunto l’obiettivo principale di esperimenti messi in atto da alcuni laboratori metrologici, i cui sistemi con denominazioni diverse (bilancia del watt, bilancia con bobina in movimento, kilogrammo elettrico o elettronico, ecc.) consentono nella sostanza la determinazione di h in termini di unità SI e quindi anche del kilogrammo. L’equazione generalmente stabilita da questi esperimenti è PE = m g v = U I = kS h f 2 dove g è l’accelerazione di gravità (quindi m g è la forza peso), v è la velocità (di pochi centimetri al secondo) impressa all’equipaggio mobile del sistema per determinare, 2 anziché calcolare come in passato, la costante di interazione tra bobina mobile e flusso magnetico e kS è una costante adimensionale dipendente dal sistema di misura. Sono attualmente in corso esperimenti per la determinazione sia di NA sia di h, nell’intento di raggiungere il livello di incertezza necessario per una ridefinizione del kilogrammo. Va notato inoltre che le due costanti sono legate tra loro dalla relazione c α 2 Me 1 2 R∞ N A dove α è la costante di struttura fine, Me la massa molare dell’elettrone e R∞ la costante di Rydberg. Il vincolo tra h ed NA è reso particolarmente stretto dal fatto che le altre costanti coinvolte sono conosciute con un valore dell’incertezza almeno un almeno un ordine di grandezza minore di quella richiesta per una ridefinizione del kilogrammo. Ne consegue che la ricerca per la determinazione di NA confluisce con quella per la determinazione di h e i risultati dell’una costituiscono una verifica di quelli dell’altra. h= La definizione dell’unità di tempo (simbolo s) “il secondo è l'intervallo di tempo che contiene 9 192 631 770 periodi della radiazione corrispondente alla transizione tra i due livelli iperfini dello stato fondamentale dell'atomo di cesio 133” assume come riferimento naturale, universale e costante nel tempo, l’atomo di cesio 133Cs non perturbato (cioè alla temperatura termodinamica di 0 K). Gli orologi atomici a fascio di cesio che mantengono il secondo presso l’iNRiM hanno incertezze relative di 10-14. Dal 2003 il campione primario dell’Istituto si realizza mediante campioni di frequenza a fontana atomica che impiega atomi di cesio raffreddati alla temperatura di 1μK con incertezze relative dell’ordine di 10-15. Probabilmente ci sarà per il secondo, così come capita oggi per il metro, una definizione di tipo generale, accompagnata da regole per la “mise en pratique”, da seguire per la realizzazione dei campioni primari. Spingendo l’incertezza nella definizione del secondo a valori sempre più piccoli, oltre -17 10 , diventerà sensibile l'effetto della gravità terrestre e dovrà essere reso disponibile come riferimento un orologio mantenuto in condizioni di microgravità, presenti nei laboratori spaziali orbitanti. La sfida attuale consiste nell’arrivare ad agganciare le frequenze coinvolte nella definizione del secondo a quelle coinvolte nella definizione del metro. A quel punto, infatti, fermo restando il valore esatto della velocità delle onde elettromagnetiche nel vuoto, le unità secondo e metro potranno essere riferite ad una stessa transizione atomica. Naturalmente dal miglioramento dei valori di incertezza delle unità di tempo e di lunghezza si avvantaggerebbero anche tutte le unità da esse derivate. L’unità di corrente elettrica (simbolo A) è definita attualmente attraverso l’assegnazione, sia pure in modo implicito, di un valore fisso alla costante magnetica (“l’ampere è l’intensità di una corrente costante che, mantenuta in due conduttori paralleli, rettilinei, di lunghezza infinita, di sezione circolare trascurabile e posti alla distanza di 1 metro l’uno dall’altro nel vuoto, produrrebbe in questi conduttori una forza uguale a 2×10-7 newton per metro di lunghezza”). Infatti, in base alla teoria elettrodinamica, il sistema ideale descritto dalla definizione produce la forza indicata solo assumendo per la costante magnetica il valore μ0 = 4π×10-7. E’ tuttavia evidente che il sistema descritto non è realizzabile se non mediante dispositivi con effetti elettrodinamici riconducibili, attraverso la teoria, a quelli del sistema ideale. Le realizzazioni classiche dell’ampere sono sistemi in forma di bilancia, che confrontano la forza elettrodinamica, prodotta per interazione tra bobine percorse da corrente, con la forza peso di un campione di massa. L’accuratezza di 3 questi sistemi era comunque limitata dalla difficoltà di calcolare il rapporto tra forza e corrente a partire dalle dimensioni e caratteristiche geometriche delle bobine. Grazie a scoperte effettuate nella seconda metà del secolo scorso, la metrologia delle grandezze elettromagnetiche è venuta a disporre di nuovi campioni naturali, utilizzati per la riproduzione delle unità di tensione (effetto Josephson) e di resistenza (effetto Hall quantistico). Le giunzioni Josephson si presentano come convertitori naturali frequenza-tensione; infatti quando due superconduttori, posti ad una distanza tale da consentire un processo di tunnel da parte di una supercorrente (alcuni nanometri) vengono irradiati con una radiazione elettromagnetica (microonda) di frequenza f, si viene a stabilire attraverso la giunzione una tensione UJ (tensione Josephson) il cui valore quantizzato è dato dalla relazione UJ = n f h / 2e dove n è un numero intero, h è la costante di Planck ed e è la carica dell'elettrone. UJ non dipende dal materiale utilizzato, né dalle dimensioni o dalle tecniche costruttive. La costante KJ = 2e / h (detta costante di Josephson) si può utilizzare per definire un "campione naturale" di tensione dipendente unicamente dall'unità di base nota con minore incertezza (il secondo). L'effetto Hall quantistico è un caso particolare di interazione elettrodinamica tra un campo magnetico e una corrente tra loro perpendicolari. Esso trae importanza dal fatto di consentire la riproduzione dell'unità di resistenza mediante l'aggancio alla resistenza quantizzata di Hall 2 RH = h / i e 2 con i numero intero. L'aggancio è diretto perché la costante RK = h/e (detta costante di von Klitzing) ha le dimensioni di una resistenza. E’ interessante notare come uguagliando una tensione Josephson alla tensione prodotta da una corrente elettrica I su una resistenza quantizzata di Hall si ottiene I = UJ / RH = n i f e dove la corrente è espressa dal numero n i f di cariche elementari (elettroni) al secondo. A questa via per porre una corrente in rapporto con la costante fondamentale e se ne affianca un’altra, più diretta, offerta dai dispositivi a singolo elettrone, che producono una corrente elettrica (per ora assai piccola) come flusso di f cariche elementari al secondo, dove f è la frequenza di un segnale elettrico ad alta frequenza che scandisce il passaggio degli elettroni. La semplice relazione I = f e che ne deriva fornisce la base ideale per una nuova definizione dell’ampere. L'utilizzazione metrologica degli effetti quantici descritti è resa conveniente essenzialmente dalla loro grande riproducibilità, che permette di ricavarne campioni con stabilità molto maggiore dell’accuratezza con cui le costanti implicate sono conosciute in unità SI. Nel 1990 sono stati assegnati, per convenzione, valori esatti alle costanti di Josephson e di von Klitzing (rispettivamente KJ-90 e RK-90). I campioni di tensione e di resistenza che adottano questi valori convenzionali hanno incertezze minori di 10-8. 4 Al presente, l’unità di temperatura (simbolo K) è definita con riferimento ad un fenomeno naturale: la coesistenza delle tre fasi dell’acqua (“il kelvin, unità di temperatura termodinamica, è la frazione 1/273,16 della temperatura termodinamica del punto triplo dell'acqua”). Essa è tuttavia legata per definizione a una particolare proprietà di un materiale che può presentare cause di deviazioni quali: possibili interazioni con il vetro del contenitore, limitata purezza dell’acqua o presenza di isotopi degli elementi componenti. Per il kelvin, fissato il valore della costante di Boltzman k, si potrebbe adottare la seguente definizione: “il kelvin è la variazione di temperatura termodinamica che determina una variazione di energia termica pari a 1,3806505x10-23 Joule”. Oggi il kelvin è realizzato con incertezza nel campo di 10-7 e sarebbe opportuno che la ridefinizione mantenesse almeno questo livello di incertezza, mentre k è ancora determinata con un’incertezza di 2x10-6. e perciò si auspica un’ampia collaborazione di tutti gli istituti metrologici per arrivare ad una migliore determinazione. Una delle strade più promettenti, a cui lavorano anche ricercatori dell’INRIM, è quella della termometria acustica, basata sulla velocità del suono in un gas puro (elio o argo). Questa è ricavata da misure di frequenza e di volume in risonatori acustici di acciaio di tipo sferico, cioè di una forma regolare ben verificabile anche con metodi interferometrici. L'unità di quantità di sostanza (simbolo mol), la mole, è attualmente definita come "la quantità di sostanza di un sistema che contiene tante entità elementari quanti sono gli atomi in 0,012 kg di carbonio 12. Le entità elementari devono essere specificate e possono essere atomi, molecole, ioni, elettroni, ecc. ovvero gruppi specificati di tali particelle". Quando si ha a che fare con reazioni chimiche e relative equazioni, è necessario conoscere la quantità e la proporzione degli atomi e delle molecole che reagiscono. Data la struttura atomica della materia, occorre quindi sapere quante particelle (individui chimici, o entità elementari) sono contenute in una certa massa di sostanza, espressa in kilogrammi. Da questa definizione segue che la massa di una mole di 12C è esattamente eguale a 0,012 kg o, in modo equivalente, che la massa molare di 12C, M (12C), è eguale a 0,012 kg/mol. Il numero di entità per mole è, appunto, la costante di Avogadro NA ( ≈ 6,022x1023 mol-1), il che significa che in ogni mole di 12C ci sono NA atomi o ancora che NA entità elementari sono contenute in una mole di qualsiasi sostanza. Pertanto si potrebbe ridefinire la mole come ”la quantità di sostanza di un sistema che contiene 6,0221415x1023 entità elementari”, dove il numero indicato corrisponde al valore della costante di Avogadro, che verrebbe fissato esattamente. Al momento dell’introduzione della nuova definizione, quello sarebbe anche il valore risultante dalle migliori determinazioni del rapporto M(12C)/m(12C), mentre il valore di quello stesso rapporto, non più implicato dalla definizione, diverrebbe oggetto di determinazione sperimentale. 5 Infine l'unità di intensità luminosa (simbolo cd), attualmente definita come “l’intensità luminosa, in una data direzione, di una sorgente che emette una radiazione monocromatica di frequenza 540×1012 hertz e la cui intensità di radiazione in quella direzione è 1/683 watt allo steradiante” (essendo lo steradiante l’unità di angolo solido), è realizzata con riferimento al watt e si basa sulla capacità di misurare la potenza irradiata da una sorgente laser mediante un radiometro criogenico con accuratezza migliore di 0,01% . Il fascio laser così misurato viene usato per tarare un fotometro campione, ossia un rivelatore la cui risposta spettrale simula la risposta dell’occhio umano, caratterizzata da una funzione della lunghezza d’onda V(λ). Il fotometro viene a sua volta usato per determinare l’intensità luminosa (in candele) di una lampada ad incandescenza con filamento di tungsteno con un’accuratezza di 0,1%. Conclusione L’attuale Sistema Internazionale di unità di misura fondato sulle sette unità di base ha già diverse implicazioni con costanti fisiche fondamentali, alcune delle quali sono già fissate dalle definizioni delle unità, come indica il diagramma di Fig. 1. L’estensione di questo tipo di definizione ad altre unità è stato oggetto di proposte e di discussione a partire dal 2005. Delle diverse ipotesi di ridefinizione mediante riferimento ad una costante fondamentale, quelle di alcune unità di base sono oggi concretamente raccomandate dagli enti internazionali competenti per uno studio approfondito da parte dei laboratori metrologici. In particolare esse riguardano: il kilogrammo, l’ampere, il kelvin e la mole. Un possibile diagramma delle relazioni tra le attuali unità di base e i nuovi riferimenti, fissati dalle ridefinizioni proposte, è mostrato in Fig. 2. Infine la Conferenza Generale dei Pesi e Misure (organismo deliberante in materia) nella riunione del 2007 ha raccomandato ufficialmente di considerare la possibilità di ridefinire le suddette unità SI in funzione di costanti fondamentali e indica come tempo la successiva riunione del 2011. Figura 1. L’attuale Sistema Internazionale di unità di misura. Le unità di base (nei blocchi circolari) sono rappresentate sotto i rispettivi riferimenti (nei blocchi quadrati), mentre le 6 frecce rappresentano le dipendenze funzionali stabilite dalla definizione di ciascuna unità dai riferimenti e dalle altre unità di base. Figura 2. Un possibile assetto del futuro SI secondo le nuove definizioni proposte per alcune unità di base. 7 Bibliografia essenziale Le Système International d’Unitès (SI), Bureau International des Poids et Mesures, Paris, 1998. Le BIPM et la Convention du Mètre, Bureau International des Poids et Mesures, Paris, 1997. C.J.Bordé, Base Units of SI, Fundamental Constants and Modern Quantum Physics, Phil. Trans. Roy. Soc. A, in press (September 2005). B.W. Petley, The fundamental constants and metrology, in Proceedings of the international school of physics “Enrico Fermi”, course CXLVI “Recent advances in metrology and fundamental constants”, Società Italiana di Fisica IOS Press Ohmsa, Amsterdam, 2001, 121-155 M. Mills, P. J. Mohr, T. J. Quinn, B. N. Taylor and E. R. Williams, Redefiniton of the kilogram: a decision whose time has come, Metrologia, 42 (2005) 71-80 R. L. Steiner, E. R. Williams, D. B. Newell and R. Liu, Towards an electric kilogram: an improved measurement of the Plank constant and electron mass, Metrologia, 42 (2005) 431-441 CD multimediale, Il linguaggio delle misure, a cura di Anita Calcatelli – INRIM , 2006 (eventualmente richiedere a Elisabetta Melli- tel 011 3919524;e-mail:[email protected]) Franco Cabiati, Il Sistema Internazionale delle unità (SI) tra evoluzione e rivoluzione, Atti della XXVI Giornata della Misurazione, Padova, 5-6 luglio 2007 Siti web utili BIPM (Bureau International des Poids et Mesures): www.bipm.org CODATA (Committee on Data for Science and Techonology of International Council for Science) : www.codata.org IUPAP (International Union for Pure and Applied Physics): www.iupap.org IUPAC (International Union of Pure and Applied Chemistry): www.iupac.org iNRiM (Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica): www.inrim.it *Ricercatori iNRiM 8