Anno 12 – Numero 21 12 novembre 2014 NORMATIVA, GIURISPRUDENZA, DOTTRINA E PRASSI IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ D IRETTA DA O RESTE C AGNASSO C OORDINATA DA E M AURIZIO I RRERA G ILBERTO G ELOSA ATTI DEL CONVEGNO Il diritto e le discipline economiche Torino, 8 maggio 2014 ItaliaOggi DIREZIONE SCIENTIFICA Oreste Cagnasso – Maurizio Irrera COORDINAMENTO SCIENTIFICO Gilberto Gelosa La Rivista è pubblicata con il supporto degli Ordini dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili di: Bergamo, Biella, Busto Arsizio, Casale Monferrato, Crema, Cremona, Lecco, Mantova, Monza e Brianza, Verbania NDS collabora con: SEZIONE DI DIRITTO FALLIMENTARE a cura di Luciano Panzani SEZIONE DI DIRITTO INDUSTRIALE a cura di Massimo Travostino e Luca Pecoraro SEZIONE DI DIRITTO TRIBUTARIO a cura di Gilberto Gelosa SEZIONE DI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E IMPRESA a cura di Marco Casavecchia SEZIONE DI TRUST E NEGOZI FIDUCIARI a cura di Riccardo Rossotto e Anna Paola Tonelli COMITATO SCIENTIFICO DEI REFEREE Carlo Amatucci, Guido Bonfante, Mia Callegari, Oreste Calliano, Maura Campra, Stefano A. Cerrato, Mario Comba, Maurizio Comoli, Paolo Efisio Corrias, Emanuele Cusa, Eva Desana, Francesco Fimmanò, Patrizia Grosso, Manlio Lubrano di Scorpaniello, Angelo Miglietta, Gabriele Racugno, Paolo Revigliono, Emanuele Rimini, Marcella Sarale, Giorgio Schiano di Pepe COMITATO DI INDIRIZZO Carlo Luigi Brambilla, Alberto Carrara, Paola Castiglioni, Luigi Gualerzi, Stefano Noro, Carlo Pessina, Ernesto Quinto, Mario Rovetti, Michele Stefanoni, Mario Tagliaferri, Maria Rachele Vigani, Ermanno Werthhammer REDAZIONE Maria Di Sarli (coordinatore) Paola Balzarini, Alessandro Bollettinari, Alessandra Bonfante, Maurizio Bottoni, Mario Carena, Marco Sergio Catalano, Massimiliano Desalvi, Elena Fregonara, Giulia Garesio, Sebastiano Garufi, Stefano Graidi, Alessandro Monteverde, Enrico Rossi, Riccardo Russo, Cristina Saracino, Marina Spiotta, Andrea Sacco Ginevri, Maria Venturini HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Maurizio Cafagno, Marco Casavecchia, Luciano Panzani, Ciro Santariello I saggi costituenti “Studi e Opinioni” sono sottoposti a blind referees, scelti tra professori universitari universitaricompetenti appartenenti al settori. Comitato nei vari La scientifico valutazione dei deglireferee, atti di competenti nei vari settori della Rivista. convegni e degli scritti giàscientifici pubblicatioggetto o di prossima pubblicazione è riservata ai Direttori. Ognidegli scritto un scritti abstract italiano oe diinprossima inglese. La valutazione attièdipreceduto convegni edadegli giàinpubblicati Saranno pubblicati scritti,aioltre che in italiano, in inglese, francese, spagnolo e pubblicazione è riservata Direttori. portoghese. Ogni scritto è accompagnato da un abstract in italiano e in inglese. Vengono pubblicati scritti, oltre che in italiano, in: inglese; francese; spagnolo e portoghese. INDICE Pag. Il diritto e le discipline economiche Torino, 8 maggio 2014 RELAZIONI A CONVEGNI Introduzione di Marco Casavecchia 9 La dimensione internazionale dell’insolvenza. Recenti sviluppi di Luciano Panzani 12 Analisi economica e procedure di gara per l’affidamento di contratti pubblici, alla luce delle nuove direttive europee 32 di Maurizio Cafagno Principi e categorie economiche nell’ambito del diritto societario concorsuale 50 di Oreste Cagnasso La rilevanza penale dell’abuso del diritto di Ciro S antoriello 58 APPENDICE di Marco Casavecchia 107 SEGNALAZIONI DI DIRITTO COMMERCIALE 118 SEGNALAZIONI DI DIRITTO TRIBUTARIO 123 IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 4 SOMMARIO Il diritto e le discipline economiche Torino, 8 maggio 2014 RELAZIONI A CONVEGNI Introduzione di Marco Casavecchia La dimensione internazionale dell’insolvenza. Recenti sviluppi L’Autore tratta il tema della dimensione internazionale dell’insolvenza, con particolare riferimento, tra gli altri, all’aspetto della disciplina dell’insolvenza transfrontaliera e dell’abuso del diritto nel trasferimento del COMI. di Luciano Panzani Analisi e conomica e proce dure di gara pe r l’affidamento di contratti pubblici, alla luce delle nuove direttive europee L’Autore, esaurita una premessa in tema di diritto ed economia, si sofferma sulle implicazioni del teorema di Vickrey, sulla contrattazione incompleta e asimmetrie informative post-contrattuali e sulle nuove diret tive europee in materia di appalti pubblici e concessioni. di Maurizio Cafagno Principi e cate gorie e conomiche nell’ambito del diritto socie tario concorsuale L’Autore, nel confrontarsi con il rapporto tra diritto ed economia, si sofferma prioritariamente su due aspetti: il nesso tra diritto e scienze economiche, dall'altro, quello tra diritto e fenomeni economici. Egli affronta poi il tema della rilevanza del capitale sociale, dell'equilibrio patrimoniale e dell'equilibrio finanziario. di Oreste Cagnasso La rilevanza penale dell’abuso del diritto Il contributo si apre con alcune riflessioni in tema di ricerca della definizione dell’abuso del diritto; successivamente, l’attenzione viene spostata sui profili penalistici della figura, con particolare riferimento alle previsioni incriminatrici che richiamano condotte di abuso del diritto e all’elemento soggettivo. di Ciro S antoriello APPENNDICE di Marco Casavecchia IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 5 INDEX-ABSTRACT Page Il diritto e le discipline economiche Torino, 8 maggio 2014 REPORT ON CONFERENCES Introduction di Marco Casavecchia 9 International dimension of insolvency. Recent developments The Author deals with the issue of the international aspects of insolvency, with particular reference to, among others, the issue of cross-border insolvency rules and the abuse of rights in the transfer of the COMI. by Luciano Panzani 12 Economic analysis and procedures for tender for custody of pu blic contracts in the light of New European The Author, an empty premise in terms of law and economics, focuses on the implications of Vickrey 's theorem on incomplete contracting and postcontractual information asymmetries and the new European directives on public procurement and concessions. by Maurizio Cafagno 32 Principles and economic categories under the company law an d competition The Author, in dealing with the relationship between law and economics, focuses primarily on two issues: the relationship between law and economics, on the other, that of law and economic phenomena. He then tackles the issue of the importance of social capital, balance sheet and financial equilibrium. by Oreste Cagnasso 50 IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 6 INDEX-ABSTRACT The importance of criminal abuse right The contribution begins with some reflections on the research topic of the definition of abuse of rights; Later, the focus is shifted to the criminal law profiles of the figure, with particular reference to the provisions incriminating recalling conduct and abuse of the right to the subjective element. by Ciro S antoriello APPENDIX by Marco Casavecchia 58 107 IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 7 Consiglio dell’Ordine degli avvocati di To rino IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE Torino, 8 maggio 2014 RELAZIONI A CONVEGNI INTRODUZIONE di MARCO CASAVECCHIA Il convegno di oggi è il terzo dopo quelli (che si sono tenuti presso questo stesso Palazzo) su “Il diritto, l’equità e la giustizia” (con relazioni di G.M . Flick e G. Zagrebelsky) e “La giurisprudenza come fonte del diritto” (con relazioni di P. Lotti, U. Scotti e M . Weigmann) 1. Senza voler rubare tempo ai relatori (e senza andare troppo indietro nel tempo), rammento unicamente che le discipline giuridiche e quelle economiche sono contigue. Da qui il fatto che l’una disciplina dovrebbe tener conto dell’altra e ciò senza pervenire ad indebiti assorbimenti del diritto da parte delle discipline economiche o viceversa. Assorbimenti e condizionamenti che, pure, ci sono stati, da sinistra e da destra. K. M arx, ad esempio, ebbe a dire: La mia ricerca arrivò alla conclusione che tanto i rapporti giuridici quanto le forme dello Stato non possono essere compresi né per se stessi, né per la cosiddetta evoluzione generale dello spirito umano, ma hanno le loro radici, piuttosto, nei rapporti materiali dell’esistenza il cui complesso viene abbracciato da Hegel, seguendo l’esempio degli inglesi e dei francesi del secolo XVIII, sotto il termine di <<società civile>>; e che l’anatomia della società civile è da cercare nell’economia politica. Avevo incominciato lo studio di questa scienza a Parigi, e la continuai a Bruxelles, dove ero emigrato in seguito a un decreto di espulsione del Sig. Guizot. Il risultato generale al quale arrivai e che, una volta acquisito, mi servì da filo conduttore nei miei studi, può essere brevemente formulato così: nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali. L’insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, 1 V.si, per il programma completo: “Riflessioni su temi generali di diritto (comuni ai giuristi: avvocati e magistrati) che possono essere di una qualche utilità per una migliore soluzione di casi pratici”, pubblicato in Appendice). IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 9 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l’espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l’innanzi s’erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un’epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della 2 base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura . La concezione marxiana influenzò il pensiero giuridico sovietico: il diritto non venne concepito <<come sistema o ordinamento di norme…>> (alla Kelsen), bensì come il sistema dei rapporti sociali di cui quelli economici erano la struttura3. Sul versante del pensiero liberale, possiamo citare B. Croce: alla forma economica dello spirito appartengono anche il diritto e lo Stato4. Avverso al normativismo e alla teoria pura del diritto possiamo citare altresì il pensiero sociale cattolico (J. M aritan: Humanisme intégral) 5. Venendo al mondo anglosassone, <<l’analisi economica del diritto quale oggi è diffusamente riconosciuta e praticata … si caratterizza per il fatto di aver elevato l’approccio economico a metodo generale di ricostruzione e interpretazione dell’ordinamento giuridico, attraverso il ricorso a categorie concettuali e strumenti conoscitivi propri della microeconomia e della teoria dei giochi… [diventando così] parte integrante degli studi giuridici in materia di diritto civile e commerciale … [mentre] i suoi confini sono andati ben al di là delle frontiere statunitensi, coinvolgendo anche gli ordinamenti estranei alla tradizione di common law>> 6. Analisi economica che, più recentemente, sta investendo anche il diritto pubblico7. Ora senza arrivare alle critiche alla teoria pura del diritto di Kelsen da parte di Pasukanis per il quale ultimo: “Una simile teoria generale del diritto, che non spiega nulla, che fin dall’inizio volta le spalle ai fatti della realtà e che opera soltanto su norme, senza però interessarsi alla loro origine (questione metagiuridica!) o al loro 2 K. MARX, Per la critica dell’economia politica, Prefazione, pagg. 4-5, Ed. Riuniti, 1969; U. CERRONI, Marx e il diritto moderno, Ed. Riuniti, 1962. 3 V.si, P.I. STUCKA , La funzione rivoluzionaria del diritto e dello Stato, Einaudi, 1967, 13 e segg., 424 e segg.; STUCKA -P ASUKANIS-VYSINSKIJ-STROGOVIC, Teorie sovietiche del diritto (a cura di U. Cerroni), Giuffrè, 1964;U. CERRONI, Il pensiero giuridico sovietico, 1969. 4 B. CROCE , Riduzione della filosofia del dirotto alla filosofia dell’economia (da N. Abbagnano, Storia della filosofia, III, UTET , 1993, 533). 5 V.si, per una radicale critica a Kelsen, altresì F. GALLO, DA CELSO A KELSEN , Giappichelli, 2011. 6 G. NAPOLITANO-M.ABRESIA , Analisi economica del diritto pubblico, Il Mulino, 2009; AA.VV., Analisi economica del diritto privato (a cura di G. Alpa e altri). 7 V. nota 6, nonché S. STIGLITZ, Il ruolo economico dello Stato, Il Mulino, 1992. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 10 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE nesso con un qualche evento reale [teoria che], può aspirare al massimo nel senso in cui si suol parlare, per esempio, di teoria degli scacchi [e che] non ha nulla a che fare con la scienza”8, appare plausibile affermare che la giurisprudenza attuale, nel ricostruire (e molte volte invertire) le norme giuridiche deve uscire da se stessa e dal formalismo tipico del positivismo giuridico e interpretare “anche” alla luce dei principi economici. Attività, quest’ultima, non facile se si tiene presente che, attualmente, le discipline economiche stanno abbandonando l’idea che nei rapporti economici l’essere umano si comporti come un puro homo oeconomicus e non come un ente complesso 9 (“homo neuroeconomicus, homo socialis) . (Chiaramente ciò comporta, per il giurista, aprire le finestre a nuove idee e concepire le discipline della società alla luce della complessità). M a ora la parola ai relatori. 8 Citazione da pag. XXXIII della Prefazione di M. G. Losano all’opera di H. Kelsen, T eoria generale delle norme, Einaudi, 1979. 9 V.si, C. S. BERTUGLIA e F. VANO, Complessità e modelli, Bollati Boringhieri, 2011, par. 13 e 14 su “ I sistemi sociali complessi e le interazioni fra gli individui” (458 e segg.) e “ Modelli complessi dei sistemi economici e sociali” (518 e segg.); AA.VV. (a c ura di M. Motterlini e F. Guala, Economia cognitiva e sperimentale, U. Bocconi, 2005; AA.VV (a cura di R. Viale), Le Nuove economie. Dall’economia evolutiva a quelle cognitiva: oltre i fallimenti della teoria neoclassica, Il Sole – 24 Ore, 2005 (la “Parte quarta” del volume è dedicata al tema “complessità ed economia”). IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 11 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE LA DIMENSIONE INTERNAZIONALE DELL’INSOLVENZA. RECENTI SVILUPPI L’Autore tratta il tema della dimensione internazionale dell’insolvenza, con particolare riferimento, tra gli altri, all’aspetto della disciplina dell’insolvenza transfrontaliera e dell’abuso del diritto nel trasferimento del COMI. di LUCIANO PANZANI 1. Modelli nazionali. Il modello normalmente seguito dalla legislazione delle economie più avanzate, ma anche dalla Cina, da Singapore e da buona parte dell’America latina, é quello americano, introdotto nel 1978. Tale modello è normalmente identificato nel c.d. Chapter 11, vale a dire in una procedura di ristrutturazione dell’impresa in crisi fondata sull’accordo con i creditori e sul tempestivo ingresso in procedura quando ancora l’insolvenza non è irreversibile e la ristrutturazione può sortire esiti favorevoli. Anche se questi sono i tratti della legislazione americana che sono più conosciuti e più copiati nella legislazione dei Paesi che si sono rifatti al modello americano, va detto che in tale modello gioca un ruolo altrettanto importante l’idea di assicurare all’imprenditore in crisi la possibilità di ricominciare da zero, il c.d. fresh start, che presuppone che nei suoi confronti non si applichino sanzioni e più non valga il principio decoctor ergo fraudator che dalla legislazione italiana dell’età dei Comuni è passato nella legislazione europea dell’Ottocento e della prima metà del Novecento. Al venir meno dello stigma nei confronti dell’imprenditore decotto si accompagna nella tradizione anglosassone, non soltanto americana ma anche inglese, l’esdebitazione, il c.d. discharge, che consente l’estinzione dei debiti e la possibilità di ripartire da zero. A dire il vero questi principi non sono poi così estranei alla tradizione europea di civil law ove si consideri che, come gli studi di storia del diritto dell’insolvenza hanno 10 ampiamente messo in luce, gli Statuti dell’Italia dei Comuni prevedevano pene 10 In proposito si veda l’ampia rassegna della legislazione statutaria di U. SANTARELLI, Per la storia del fallimento nelle legislazioni italiane dell’età intermedia, Padova, 1964. Dello stesso A. cfr. anche U. SANTARELLI, Procedure concorsuali – Storia del fallimento, in Il Diritto – Enciclopedia giuridica de IlSole24Ore, vol. XI, Milano, 2007; ID ., Mercanti e società fra mercanti, 2 ed., T orino, 1992. Si consultino inoltre V. P IERGIOVANNI, Riflessioni della scienza commercialistica sul fallimento tra Medioevo ed Età Moderna, in La giurisdizione fallimentare. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 12 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE esemplari per il commerciante insolvente, dove il fallito era identificato con il fugitivus, cioè con colui che cercava salvezza dai creditori tramite la fuga (in genere a breve distanza data la modesta estensione del territorio dei Comuni dell’Italia del basso M edioevo), ma consentivano il rilascio di un salvacondotto perché il fugitivus potesse ritornare e trattare con i creditori la composizione della crisi. La trattativa con i creditori rappresentò sempre una via alternativa alla durezza delle pene, preferita dai creditori 11 che allora come oggi badavano soprattutto al recupero del loro credito . E a Venezia la legislazione era sorprendentemente mite con gli imprenditori decotti, forse proprio perché si trattava di una Repubblica fondata sul commercio che ben conosceva l’importanza degli accordi 12. La stessa durezza del codice di commercio francese del 1808, dovuta alla volontà di Napoleone 13, portò come risultato alla fuga dalle aule di giustizia perché i creditori, preoccupati dalla rigidità del sistema, preferivano evitare di chiedere il fallimento e trattavano lungamente con il debitore che finiva per avvantaggiarsi di un sistema che in teoria avrebbe dovuto essere inflessibile. Nel 1838 il codice fu riformato e fu abbandonata la rigidità voluta da Napoleone. La Francia ha una disciplina concorsuale molto diversa dal modello inglese e da quello tedesco, che è fortemente simile a quello americano. Il sistema francese, che fa perno sul ruolo dei tribunali di commercio, i cui giudici sono di nomina elettiva e di derivazione imprenditoriale, è fortemente accentrato ed attribuisce al giudice veri e propri poteri inquisitori. Tuttavia il sistema prevede procedimenti diretti a convincere l’imprenditore ad entrare tempestivamente in procedura e, soprattutto, a raggiungere un accordo con i creditori per il tramite di un mediatore ( mandataire) nominato dal giudice Modelli dottrinali e prassi locali tra Basso Medioevo ed Età Moderna a cura di A.Legnani Annichini e N. Sarti, Bologna, 2011; ID ., Banchieri e falliti nelle “Decisiones de mercatura”della Rota civile di Genova, in Diritto civile, diritto commerciale, diritto veneziano a cura di K.Nelsen Von Strik, D. Noerr, Venezia, 1985. 11 C. PECORELLA e U. GUALAZZINI, Fallimento (storia), in Enc. Diritto, 225. 12 12 Su tale specifica esperienza è d’obbligo la citazione dell’opera di CASSANDRO , Le rappresaglie ed il fallimento a Venezia nei secoli XIII-XVI con documenti inediti, in Documenti e studi per la storia del commercio e del diritto commerciale italiano a cura di F. Patetta e M. Chiaudano, XIV, Torino, 1938. 13 La chiara volontà di Napoleone di mantenere una legislazione assolutamente punitiva nei confronti dei commercianti insolventi risulta dal testo consegnato al Consiglio di Stato in occasione della redazione del “ libro dei fallimenti e delle bancarotte”. Napoleone osservava che “ Nel fallimento c’è un fondo di reato perché il fallito fa torto ai suoi creditori…. Un capitano che perde la sua nave, anche in caso di naufragio, si consegna subito in prigione… La severità diviene necessaria, le bancarotte servono la fortuna senza far perdere l’onore… Bisogna che, per prevenzione, si dia anzitutto il nome di bancarottiere ad ogni commerciante che provoca perdite ai suoi creditori…”. Cfr. D. DESURVIRE , Histoire de la banqueroute e faillite contemporaine, Paris, 2000, 45. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 13 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE e che a questi riferisce. La procedura di sauvegarde e il redressement judiciaire sono diretti ad assicurare la ristrutturazione ed il salvataggio, mentre la liquidation judiciaire rappresenta comunque l’ultima soluzione. Anche il sistema inglese, come vedremo meglio in seguito, presenta procedure molto semplici e destrutturate nelle quali il controllo del giudice interviene soltanto su richiesta di una delle parti e mai sulle scelte gestionali. 2. La disciplina dell’insolvenza transfrontaliera. Com’è noto la materia fallimentare è stata a lungo esclusa dalle convenzioni internazionali, salvo pochi accordi bilaterali tra Stati, perché ogni Stato è sempre stato geloso delle sue prerogative in materia. Non a caso la concezione c.d. universalistica della procedura, per cui la legge di uno Stato si applica senza limitazione di confini, è stata dominante nell’elaborazione dottrinale. I tempi sono però mutati. Attualmente vi sono strumenti sovranazionali. All’interno dell’Unione Europea vige il Regolamento 1346/2000 in materia d’insolvenza transfrontaliera che si applica alle imprese insolventi che svolgono la loro attività in più Stati membri. Tale Regolamento è in corso di revisione. La Commissione ha presentato una proposta ed il Parlamento Europeo ha già espresso il suo parere, che in parte non coincide con la proposta. Il Regolamento si preoccupa soltanto di dettare norme di diritto internazionale privato che regolano l’individuazione del giudice competente e della legge applicabile nel caso di procedure transfrontaliere, prevedendo che sia competente il giudice davanti al quale si è aperta la procedura principale, tale essendo quello del luogo in cui si trova il centro degli interessi principali dell’imprenditore ( Centre of main interests - COM I). Salvo deroghe si applica la legge dello Stato in cui si è aperta la procedura principale. Con pochissime eccezioni prevale il principio di mutua fiducia tra Stati: se il giudice che per primo ha pronunciato ha riconosciuto la propria competenza, tale statuizione non può essere messa in discussione e la procedura così aperta rimane la procedura principale, con la sola possibilità di aprire negli altri Paesi procedure secondarie ad effetti limitati, in pratica a tutela dei soli creditori locali, soprattutto ipotecari e privilegiati. Poiché la disciplina concorsuale è differenziata tra Stato e Stato dell’Unione sono sorti problemi di concorrenza tra ordinamenti e forum shopping. La Germania, pur avendo un sistema improntato secondo il modello americano, allo scopo di assicurare il pronto ingresso dell’imprenditore in procedura, ha previsto la regola c.d. dei 21 giorni in forza della quale quando il debitore è una società o comunque una persona giuridica i cui soci sono soltanto altre persone giuridiche, i suoi amministratori sono tenuti a presentare la domanda di apertura della procedura al più tardi entro tre settimane dal momento in cui la società è divenuta insolvente. Questa regola è finalizzata ad imporre che la ristrutturazione avvenga sotto il controllo del giudice. La rigidità della normativa non agevola però le trattative tra il debitore ed i creditori con la conseguenza che in molti casi le società tedesche hanno trasferito, con vari artifici, il COM I in Inghilterra, IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 14 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE per approfittare del più liberale sistema del Regno Unito dove non sono previsti termini rigidi per l’apertura della procedura, ed in particolare della CVA. Inoltre Londra risulta appetibile come luogo di apertura di una procedura concorsuale perché i practitioners inglesi sono particolarmente apprezzati per la loro competenza ed imparzialità, anche se i costi sono estremamente elevati. Altre volte il pendolo è oscillato verso Parigi perché anche le procedure francesi possono essere considerate concorrenziali rispetto a quelle previste in altri Stati avendo dimostrato in molti casi di funzionare in modo adeguato. I costi inoltre sono minori di quelli inglesi. Va aggiunto che la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha respinto tutti i tentativi di estendere la normativa del regolamento 1346/2000 in via interpretativa ai gruppi di imprese, escludendo che il COM I della controllante possa essere considerato come il centro di direzione effettiva delle controllate ove tale situazione non sia 14 verificabile dai creditori . Questa rigidità della Corte è stata sostanzialmente ignorata dalla giurisprudenza dei tribunali di commercio francesi, soprattutto dai tribunali di Parigi e dell’area parigina 15. Radicare la competenza a Parigi è stato quindi un modo per trovare una sede dove trattare in modo congiunto le insolvenze delle varie società di un gruppo, approfittando del fatto che una volta aperta la procedura principale in uno Stato membro non è più possibile, salvo invocare il limite dell’ordine pubblico, contestare la competenza del giudice di quello Stato. I fenomeni di forum shopping hanno riguardato anche le insolvenze delle persone fisiche. Vi è stata una fuga dalla Germania a favore della Francia per approfittare del più favorevole termine previsto dal diritto francese per poter beneficiare dell’esdebitazione a fronte degli otto anni richiesti dalla legge tedesca, ora recentemente 16 ridotti in termini più ragionevoli . 14 La giurisprudenza della Corte si è formata con le sentenze CGCE, 2 maggio 2006, Eurofood IFSC Ltd, causa C-341/04, cit.; CGCE , 17 gennaio 2006, Staubitz-Schreiber, causa Case C1/04; CGUE, Sez. I, 20 ottobre 2011, Interedil, in causa C-396/09; CGUE, Sez. I, 15 dicembre 2011, Rastelli, in causa C-191/10. Sulla giurisprudenza della Corte e la nozione di COMI rinvio a L. P ANZANI, La nozione di COMI nella disciplina comunitaria dell'insolvenza transfrontaliera: i casi Interedil e Rastelli (nota a Corte di giustizia dell'Unione europea, Sez. I, 20 ottobre 2011, C-396/09; Corte di giustizia dell'Unione europea, Sez. I, 15 dicembre 2011, C191/10), in Int'l Lis, 2012, 1, 32. 15 G. MONTELLA , La competenza internazionale del giudice italiano, in Fallimento, 2011, 712 e ss. 16 La riforma della legge tedesca sull’Insolvenza (InsO) ha portato a ridurre a far tempo dal 1 luglio 2014 a soli tre anni il c.d. periodo di buona condotta nel quale il de bitore deve devolvere tutti i suoi ricavi disponibili a favore dei creditori per poter beneficiare dell’esdebitazione. T ale periodo di tempo era stato fissato nel 1999, all’entrata in vigore della InsolvenzOrdnung, che aveva sostituito la vecchia legge fallimentare, in sette anni, ridotti poi nel 2001 a sei. Va però detto che la legge tedesca rimane ancora fortemente restrittiva perché il debitore per beneficiare IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 15 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE In dottrina vi sono state voci, più o meno interessate, a favore o contro il forum shopping. Nonostante il quarto Considerando del Regolamento 1346/2000 valuti negativamente ed intenda prevenire il forum shopping, affermando che “è necessario per il corretto funzionamento del mercato interno evitare incentivi alle parti a trasferire gli asset o i procedimenti giudiziali da uno Stato membro all’altro nel tentativo di ottenere una posizione giuridica più favorevole”, occorre riconoscere che si tratta di una realtà di fatto. Si è voluto distinguere tra un forum shopping positivo, diretto a trovare tra i Paesi dell’Unione quello con la disciplina più favorevole al caso di specie, ed un forum shopping negativo, diretto a frodare le ragioni dei creditori. Vi è stato a questo proposito 17 anche chi, argomentando dalla sentenza Centros della Corte di Giustizia , che ha affermato in materia societaria il principio della libertà di stabilimento, ha sostenuto che tale principio dovesse valere anche con riferimento all’insolvenza. Vi sarebbe quindi un vero e proprio diritto della società insolvente di trasferire la propria sede all’estero, nel Paese membro dell’Unione europea in cui fosse in vigore la disciplina più favorevole per il raggiungimento di un accordo con i creditori. Come si è detto, il Regolamento 1346/2000 prevede che sia competente il giudice del luogo in cui il debitore ha il suo centre of main interests (COM I). Per le società il Regolamento prevede una presunzione semplice che il COM I coincida con la sede legale. L’accertamento del luogo in cui il debitore ha il suo COM I, dipende in misura rilevante da circostanze di fatto, che si prestano ad interpretazioni differenti18. Il trasferimento della sede di una società, in qualche caso ricorrendo ad operazioni di ingegneria societaria come la fusione, non è particolarmente complesso, soprattutto quando non si tratta di società operative dotate di stabilimenti e dipendenti. L’esperienza comunque insegna che, una volta che la sede sia stata trasferita, soprattutto dell’esdebitazione deve pur sempre pagare tutti i costi amministrativi della procedura d’insolvenza e corrispondere ai creditori almeno il 35% dei loro crediti. Non è quindi detto che i casi di forum shopping anche per quel che riguarda l’insolvenza delle persone fisiche siano destinati a diminuire. 17 Le sentenze che hanno affermato il principio della libertà di stabilimento in materia societaria sono Corte di Giustizia, ) marzo 1999, C-212/97 (Centros), Corte di Giustizia, 5 Novembre 2002, C-208/00 (Überseering) e Corte di Giustizia 30 Settembre 2003, C-167/01 (Inspire Art). Per la relazione tra questi casi, in materia di diritto societario, e la disciplina dell’insolvenza si veda M.L. LENNARTS, The review of the EU Insolvency Regulation – Time to recognize the ties that bind company law and insolvency law?, NACIIL Reports 2011 (Amsterdam, Ius 2012), p. 49-50 e W.G. RINGE , Forum Shopping under the EU Insolvency Regulation, EBOR 2008/9, p. 609-612. 18 M.L. LENNARTS, The review of the EU Insolvency Regulation – Time to recognize the ties that bind company law and insolvency law?, cit. conclude che il COMI è necessariamente un concetto impreciso e che nessuna definizione sarà mai in grado di porvi rimedio. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 16 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE quando non vi sono contestazioni in proposito da parte dei creditori più rilevanti, sarà relativamente semplice aprire una procedura d’insolvenza nel Paese in cui è avvenuto il trasferimento senza che vengano sollevate eccezioni. Le ragioni che possono spingere al trasferimento del COM I non sono uniformi e non sempre possono essere individuate con facilità. Anche le ragioni indicate dal debitore vanno valutate con cautela perché il trasferimento sovente avvantaggia qualcuna delle parti coinvolte e ne danneggia qualche altra; raramente si tratta di un’operazione neutrale. Un esempio eloquente delle problematiche che derivano dalla COM I migration 19 è stato il caso BenQ . La società olandese BenQ M obile Holding B.V. operava sia in Germania che in Olanda. Nel 2006 la società chiese l’apertura di una procedura d’insolvenza in Olanda. Le attività ammontavano all’epoca a 17 milioni di euro. Un azionista taiwanese vantava un credito di 70 milioni a fronte di un finanziamento concesso in qualità di socio. Secondo il diritto tedesco si trattava di un credito postergato. All’epoca per diritto olandese non vi erano né norme di legge né precedenti giurisprudenziali in tal senso. Per evitare che l’ammissione del credito danneggiasse gli altri creditori, i creditori tedeschi sostennero che si era di fronte ad un caso di forum shopping e che il COM I era in Germania. La Corte olandese negò l’appello contro la decisione di primo grado. Affermò che il possibile danno per i creditori non era da solo argomento sufficiente per ritenere che la procedura non dovesse essere aperta in Olanda. Nei fatti il curatore olandese riuscì a negoziare un accordo sul pagamento dei crediti infragruppo che rese possibile il soddisfacimento al 100% degli altri creditori. In questo caso, a dire il vero si poteva sostenere che l’esistenza di un forum shopping fosse quantomeno incerta e che in realtà la questione se il COM I fosse in Olanda o in Germania fosse quantomeno controversa. Tuttavia si può agevolmente sostenere che il trasferimento del COM I produce effetti negativi perché crea incertezza sulla disciplina legale e maggiori costi. Ciò deriva dal fatto che una società deve essere liquidata secondo una disciplina che è diversa da quella che regola il suo assetto societario. Anche i creditori, che hanno stipulato i contratti da cui derivano i loro crediti nell’aspettativa che venisse applicata una certa normativa, si trovano di fronte alla spiacevole sorpresa che la liquidazione avviene secondo una legge diversa e non familiare. 19 District Court Amsterdam, 24 Gennaio 2008, JOR 2008/17 (BenQ). Si veda in proposito T .M. Bos, Forumshopping in een Europese insolventie, in: B.E. REINHARTZ e.a. (eds.), Derden in het privaatrecht (Den Haag, BJU 2008), p. 183-213. Al caso BenQ fanno riferimento R.J K DE VEIJS, M.BREEMAN , Comi-migration: use or abuse of european insolvency law?, Amsterdam Law School Legal Studies Research Paper No. 2013-38, Centre for the Study of European Contract Law Working Paper No. 2013-07, 5 e ss. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 17 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE A queste obiezioni i sostenitori della COM I migration obiettano che non sono le regole sulla responsabilità degli amministratori o il trattamento degli azionisti che spingono a trasferire il COM I, ma la possibilità di giovarsi di regole migliori in tema di riorganizzazione. Si fanno gli esempi dei casi Schefenhacker e Deutsche Nikel 20. In questi due casi, che risalgono al 2007, il trasferimento del COM I dalla Germania a Londra, grazie a complicate operazioni societarie, ha consentito di proporre ai creditori una ristrutturazione fondata sulla trasformazione del debito in capitale di rischio che in Germania non sarebbe stata possibile perché gli azionisti potevano opporre un voto di blocco. I creditori furono ampiamente favorevoli. Va però aggiunto che lo spostamento del COM I fu possibile proprio per il consenso dei creditori, perché la verità era che la stragrande maggioranza delle attività e dei dipendenti erano in Germania e che in altri simili casi, l’opposizione dei creditori provocò l’intervento del giudice inglese che ritenne che il COM I non fosse in Inghilterra, ma in Germania. Come si è accennato, non è agevole per i creditori opporsi al trasferimento del COM I in un altro Stato membro, perché ciò implica agire in sede di appello davanti al giudice straniero, con i costi e le difficoltà che ne conseguono. L’eccezione al carattere vincolante in tutta l’Unione Europea della decisione che ha aperto la procedura principale d’insolvenza è rappresentata soltanto dal principio di ordine pubblico, che si può ritenere violato soltanto quanto sono in gioco i diritti fondamentali, ad esempio il diritto ad un giusto processo, come è stato ritenuto dalla Corte di Giustizia nel caso Eurofood. Tuttavia in dottrina è stato suggerito che l’indebito trasferimento del COM I possa essere considerato un’ipotesi di abuso del diritto. La giurisprudenza della Corte di Giustizia ha ritenuto che sussista l’abuso del diritto quando sono presenti un elemento oggettivo, rappresentato dal fatto che, nonostante il formale rispetto delle norme comunitarie, non viene raggiunto lo scopo per cui queste norme sono state emanate, ed un elemento soggettivo, costituito dall’intenzione di trarre vantaggio dalla disciplina 21 dell’Unione creando artificialmente le condizioni per la loro applicazione . Nella 20 W.G. RINGE , Forum Shopping under the EU Insolvency Regulation, EBOR 2008/9, p. 585587. 21 I casi principali che hanno dato luogo alla costruzione del principio del divieto di abuso del diritto in sede comunitaria sono: Corte di giustizia, 14 dicembre 2000, in causa C-110/99, Emsland-Stärke GmbH v Hauptzollamt Hamburg- Jonas, in cui era questione di beni che venivano esportati per venir poi reimportati, senza che gli imballaggi venissero neppure aperti, al solo fine di trarre vantaggio dalla disciplina fiscale in materia di IVA; Corte di Giustizia, 21 febbraio 2006, in causa C-255/02, Halifax plc v. Commissioners of Customs & Excise, caso in cui la società aveva evitato di pagare l’IVA sui lavori di costruzione di immobili moltipllicando le società controllate che gestivano formalmente le operazioni; Corte di Giustizia, 12 settembre 2006, in causa C-196/04, Cadbury Schweppes, caso in cui era questione della legalità di una disciplina che imponeva tasse sulla capogruppo inglese sui profitti realizzati da controllate aventi sede in Irlanda; Corte di Giustizia, 5 luglio 2007, in causa C-321/05, Kofoed v IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 18 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE sentenza Kofoed la Corte ha fatto espressamente riferimento al divieto di abuso del diritto come ad un principio generale del diritto dell’Unione, sì che si può affermare che tale principio valga anche con riguardo alla materia disciplinata dal Regolamento 1346/2000. Tuttavia va detto che non vi sono casi in cui la Corte di Giustizia abbia fatto 22 effettiva applicazione del principio in materia d’insolvenza . Poiché, come si è detto, la decisione del giudice nazionale di apertura di una procedura principale è vincolante per tutti gli Stati membri, si può dubitare che l’abuso del diritto possa essere fatto valere di fronte ad una diversa giurisdizione, salvo ritenere che esso possa venir ricompreso nell’ambito della violazione dei principi di ordine pubblico, che sola legittima il giudice di un altro Stato membro a non riconoscere la decisione di apertura della procedura principale23. Una volta riconosciuto che il divieto dell’abuso del diritto si applica anche nel campo dell’insolvenza, occorre ancora stabilire in quali ipotesi di trasferimento del COM I vi può essere abuso. In assenza di pronunce della Corte di giustizia, la dottrina24 ha suggerito alcuni criteri. Si è osservato, facendo riferimento ai casi più noti di trasferimento del COM I verso il Regno Unito ( in genere il trasferimento mira ad avvalersi della disciplina inglese dell’insolvenza, considerata più favorevole per la sua maggior elasticità e libertà), che in genere lo spostamento del COM I è stato utilizzato in quattro ipotesi: a) per poter varare più facilmente piani di ristrutturazione; b) per poter ottenere il consenso dei creditori su forme di ristrutturazione secondo il modello della pre-packaged bankruptcy; c) per avvalersi di un diverso regime delle revocatorie; d) per evitare che i finanziamenti concessi dai soci siano postergati. Le prime due ipotesi sono compatibili con quello che è certamente lo scopo principale della disciplina comunitaria transfrontaliera dell’insolvenza: procedere alla ristrutturazione in modo tale da assicurare la massimizzazione delle attività nell’interesse dei creditori. Le altre ipotesi, Skattenminister-iet, caso relativo all’applicazione di una clausola antiabuso inserita nell’art. 11 (1)(a) della Direttiva Merger. Per una rassegna cfr A. LENAERTS , The General Principle of the Prohibition of Abuse of Rights: A critical position on its role in a codified European Contract Law, in European Review of Private Law, 2010/6, 1121-1154. 22 In dottrina si sono espressi nel senso dell’applicabilità del divieto di abuso del diritto: H. EIDENMÜLLER, Abuse of Law in the context of European Insolvency Law, ECFR 2009/1, p. 9; J. I SRAËL , Shopping voor een schone lei, NTBR 2012/19; R.J K DE VEIJS, M.BREEMAN , Comimigration: use or abuse of european insolvency law?, cit., 12. Ritiene applicabile il principio anche J. ARMOUR, Abuse of European Insolvency Law? A Discussion, in: R. DE LA FERIA e S. VOGENAUER (a cura di) Prohibition of Abuse of Law, Oxford, 2011, 161 e ss., che però conclude per la non utilizzabilità in concreto del principio. 23 In senso contrario R.J K DE VEIJS, M.BREEMAN, Comi-migration: use or abuse of european insolvency law?, cit., 13. 24 EIDENMÜLLER, Abuse of Law in the context of European Insolvency Law, cit., 14 e ss.; R.J K DE VEIJS, M.BREEMAN, Comi-migration: use or abuse of european insolvency law?, cit., 14. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 19 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE che favoriscono taluni creditori a spese di altri, rientrano invece o possono rientrare nell’ambito dell’abuso del diritto. 3. L’abuso del diritto nel trasferimento del COMI. Casi pratici. Sulla base dell’esperienza è dunque possibile individuare le ragioni più frequenti che hanno determinato il forum shopping e valutarne la compatibilità con il divieto di abuso del diritto con riferimento alla disciplina comunitaria dell’insolvenza. Per quanto riguarda i piani di riorganizzazione dell’impresa, la disciplina varia 25 considerevolmente tra i vari Stati membri dell’Unione Europea . Le maggioranze richieste per l’approvazione del piano sono diverse. La Germania e l’Olanda richiedono una maggioranza pari al 50% dei creditori chirografari sia per numero che per somma 26 (la Germania richiede anche l’approvazione di tutte le classi di creditori), con il temperamento rappresentato dal cram down in virtù del quale il giudice, quando la maggioranza richiesta non sia stata raggiunta, può imporre ugualmente il piano ai creditori dissenzienti quando dalla liquidazione essi non possano ottenere di meglio. Il Regno Unito prevede invece per la CVA una maggioranza molto più elevata, pari al 75% per valore dei creditori, presenti di persona o per delega 27. A fronte di tale elevata maggioranza però il sistema inglese stabilisce che gli azionisti possano essere vincolati dal piano. Gli azionisti hanno diritto di votare in una assemblea separata, ma il loro voto può essere superato dal voto dei creditori, salva la possibilità di contestare il risultato davanti al giudice. Lo scheme of arrangement, un diverso tipo di procedura, presenta le stesse maggioranze e può essere vincolante anche per i creditori privilegiati 28 dissenzienti . La possibilità di paralizzare il voto contrario degli stakeholders e tra questi degli azionisti, è il motivo che in molti casi ha spinto a trasferire il COM I in Inghilterra. Proprio per questo motivo nel 2012 la Germania ha modificato la sua legislazione 29 prevedendo che gli azionisti possano votare il piano, ma che in caso di voto contrario la Corte possa superare tale voto negativo in base al principio della Obstruktionverbot, cioè del cram down, salvo che essi possano dimostrare che con il piano essi 25 Per un’analisi comparativa si veda V. FINCH, Corporate Insolvency Law, Cambridge, 2009, 291-292. 26 Si veda per la Germania prima delle modifiche introdotte nel 2012 su cui infra, l’art. 244 della Insolvenzordnung (InsO). Per l’Olanda si consultino gli artt. 145 e 268 della legge sull’insolvenza (Faillissementswet). Sul diritto olandese si veda SOEDIRA, Het Akkoord, Deventer, 2011, 141 - 142. 27 Insolvency Rules 1986 1.19 (2). Si veda A. KEAY e P. WALTON , Insolvency Law, Bristol, 2008, 148. 28 R. BORK , Rescuing companies in England and Germany, cit., 216. 29 Si tratta della ESUG, Das Gesetz zur weiteren Erleichterung der Sanierung von Unternehmen, cioè della legge per facilitare il risanamento dell’impresa. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 20 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE riceverebbero un trattamento meno favorevole che in caso di liquidazione. Un tratto peculiare della nuova disciplina tedesca è che i creditori persone fisiche non possono essere obbligati ad accettare la conversione del debito in capitale di rischio. Questi creditori hanno così un potere di ostruzione che può portare alla necessità di pagarli, derogando al principio della parità di trattamento. In conclusione lo spostamento del COM I può essere visto in questi casi come uno strumento diretto a favorire la ristrutturazione e quindi in linea con gli scopi della disciplina comunitaria dell’insolvenza transfrontaliera, senza quindi che si possano porre problemi di abuso del diritto. Un altro motivo per preferire la disciplina inglese è rappresentato dalla possibilità di avvalersi della pre-packaged bankruptcy, vale a dire di organizzare la vendita dell’azienda in funzionamento prima dell’apertura della procedura, evitando quindi i costi in prededuzione che si accumulano durante la prosecuzione dell’attività dell’impresa prima della vendita. A dire il vero la pre-packaged bankruptcy non è vista 30 con favore perché sovente i creditori chirografari non ricevono nulla, specialmente quando la vendita avviene a favore di parti correlate, quali i precedenti azionisti o i manager. La disciplina inglese prevede a tal fine dei correttivi rappresentati da obblighi di informazione a carico del gestore della procedura 31. Se lo spostamento del COM I in Inghilterra è fatto per massimizzare il valore dell’impresa nell’interesse dei creditori e non per favorire le parti correlate, non vi sono motivi dal punto di vista del diritto comunitario per escludere tale soluzione ed essa non può essere necessariamente considerata un caso di abuso del diritto32. Vi è un terzo motivo per andare in Inghilterra e riguarda il regime dell’azione revocatoria nel caso in cui vengano concesse nuove garanzie a fronte di nuovi finanziamenti, che possono anche coprire in parte precedenti erogazioni di credito. Per diritto tedesco la concessione della nuova garanzia è valida per la sola parte relativa alla nuova concessione di credito, mentre è soggetta all’azione revocatoria per la parte relativa al credito anteriore 33. Se poi non è possibile distinguere quale parte della garanzia si riferisca a tale ultimo credito, l’intero negozio può essere revocato. Per 30 Si vedano in proposito i rilievi di R.J K DE VEIJS, M.BREEMAN , Comi-migration: use or abuse of european insolvency law?, cit., 21 ed ivi ulteriori riferimenti. 31 Si tratta dello Statement of Insolvency Practice (SIP) 16. Per un’analisi del SIP 16 J. ARMOUR, The rise of the “pre-pack”; corporate Restructuring in the UK and proposals for reform, cit.43-78. 32 Questa è l’opinione espressa da R.J K DE VEIJS, M.BREEMAN, Comi-migration: use or abuse of european insolvency law?, cit., 21. 33 Così R.J K DE VEIJS, M.BREEMAN , Comi-migration: use or abuse of european insolvency law?, cit., 24 ed ivi ulteriori riferimenti. In generale si veda il par. 133 della InsO. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 21 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE diritto olandese 34 si guarda al fatto che la concessione di nuovo credito a fronte della garanzia danneggia gli altri creditori e che se con il denaro così erogato il debitore paga una parte dei creditori anteriori, il danno si riferisce agli altri creditori non soddisfatti. Di conseguenza il negozio è soggetto all’azione revocatoria. La disciplina inglese invece, non guarda al danno per i creditori, ma all’ingiusto vantaggio ottenuto dalla 35 controparte , che nel caso in esame non sussiste posto che la garanzia è a fronte del finanziamento. Il negozio ricade nella disciplina della revocatoria soltanto per la parte relativa al credito anteriore. Più in generale la disciplina inglese della revocatoria è meno rigorosa di quella tedesca o di altri Paesi, perché l’art. 239 dell’Insolvency Act lega la revocatoria all’intenzione del debitore. La revoca è ammessa soltanto se il debitore è stato influenzato dal desiderio di preferire, situazione questa che, al di fuori delle operazioni con parti correlate ove vige una presunzione semplice, è di difficile prova. Inoltre l’atto deve essere stato compiuto nei sei mesi anteriori al manifestarsi dell’insolvenza ed occorre che il debitore fosse già insolvente o lo sia divenuto per effetto dell’atto compiuto. In conclusione la disciplina inglese, fortemente criticata anche in sede domestica, sembra più favorevole di quella di altri Paesi alla concessione di garanzie a favore di nuove erogazioni di credito. Si è quindi detto che a priori il trasferimento del COM I per profittare di questo più favorevole regime non è necessariamente un atto di abuso del diritto, anche se il punto debole di questo ragionamento è che il trasferimento avviene per beneficiare della legge fallimentare di uno Stato che detta un regime di favore per quanto riguarda l’azione revocatoria. Un’ulteriore ragione per trasferire il COM I nel Regno Unito è rappresentata dall’intenzione di mutare il grado di privilegio di un credito, in particolare come si è già accennato, per beneficiare del fatto che per diritto inglese il finanziamento erogato da un socio non è postergato, diversamente da quanto avviene per diritto tedesco quando non si tratti di finanza nuova. Si è detto che in quest’ipotesi il trasferimento del COM I non rientra nelle finalità per cui è stata emanata la disciplina comunitaria dell’insolvenza transfrontaliera e tale conclusione può essere condivisa perché il fine non è quello di rendere più efficiente la ristrutturazione, ma quello di favorire un creditore a danno degli altri. Vi è quindi sia la divergenza oggettiva dell’atto dallo scopo per cui è stata emanata la norma comunitaria, sia la finalità soggettiva di avvantaggiare un determinato soggetto. E’ stato peraltro sostenuto che il giudice inglese dovrebbe tener fermo il grado di preferenza previsto dalla disciplina dello Stato membro in cui si trovava in 34 Cfr. ancora da R. J K DE VEIJS, M.BREEMAN , Comi-migration: use or abuse of european insolvency law?, cit., ivi. 35 Cfr. ancora da R.J K DE VEIJS, M.BREEMAN, Comi-migration: use or abuse of european insolvency law?, cit., 23. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 22 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE precedenza la sede della società, applicando l’art. 239 (6) dell’Insolvency Act in materia di revocatoria 36. 4. La re visione del Regolamento 1346/2000. La Model Law dell’Uncitral. La proposta di modifica del Regolamento 1346, 37 presentata dalla Commissione europea il 12 dicembre 2012 , non ha introdotto modifiche sostanziali riguardo al forum shopping, sì che il dibattito sulla legittimità del trasferimento del COM I rimane aperto. La proposta ha invece esteso la disciplina del regolamento ai gruppi di imprese. Ha preso però atto delle difficoltà, registrate anche in ambito extraeuropeo, per dettare una disciplina cogente dell’insolvenza dei gruppi. E’ difficile stabilire in modo univoco quale sia la società holding, la cui procedura determina la competenza dei giudici dello Stato in cui essa ha sede. Vi sono inoltre casi in cui in Europa vi è soltanto una subholding o neppure quella ed il controllo è al di fuori dell’Unione europea. M olti Stati membri, soprattutto i Paesi dell’Est europeo, sono restii ad accettare una regolamentazione che comporti il trasferimento della competenza sulle procedure d’insolvenza delle società che hanno sede nei loro territori, ad un giudice di un Paese dell’Europa occidentale nel timore di uno svuotamento sostanziale delle attività nell’interesse del gruppo. E’ prevalsa pertanto, nella proposta di modifica del Regolamento da parte della Commissione, una soluzione che auspica una gestione coordinata delle procedure d’insolvenza delle varie società del gruppo, rimettendo però tale coordinamento ad un obbligo di collaborazione tra i giudici dei vari Paesi interessati, che possono anche avere contatti diretti o per il tramite dei titolari degli organi gestori delle rispettive procedure. E’ pure favorita la prassi, affermatasi a livello internazionale negli ultimi anni, della redazione di protocolli d’intesa, vale a dire di 36 R.J K DE VEIJS, M.BREEMAN , Comi-migration: use or abuse of european insolvency law?, cit., 27 e ss. 37 La proposta della Commissione è stata oggetto della Risoluzione del 5 febbraio 2014 del Parlamento Europeo che ha indicato modifiche rilevanti al testo della Commissione. Il Considerando 13 bis prevede, con riferimento al COMI, che “Si presume che il «centro degli interessi principali» di una società o altra persona giuridica si trovi nel luogo della sua sede statutaria. Tale presunzione deve poter essere superata se l'amministrazione centrale della società è situata in uno Stato membro diverso da quello della sede statutaria e una valutazione globale di tutti gli elementi rilevanti consente di stabilire che, in maniera riconoscibile dai terzi, il centro effettivo di direzione e di controllo della società stessa, nonché della gestione dei suoi interessi, è situato in tale altro Stato membro. Per converso, non deve essere possibile superare tale presunzione laddove gli organi direttivi e di controllo di una società si trovino presso la sua sede statutaria e le decisioni di gestione di tale società siano assunte, in maniera riconoscibile dai terzi, in detto luogo”. L’ultimo periodo del Considerando è stato soppresso dal Parlamento Europeo. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 23 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE accordi tra procedure per lo scambio di informazioni o per lo svolgimento coordinato di talune attività, ad esempio la vendita di asset che venduti separatamente scontino una diminuzione di valore. L’Unione europea non è l’unica sede internazionale in cui si discuta della disciplina dell’insolvenza. In seno all’Uncitral è stata elaborata da diversi anni (1997) la Model law in materia di procedure transfrontaliere che deve costituire un modello da recepire da parte degli Stati aderenti alle Nazioni Unite. La Model law ha come obiettivo l’autorizzazione e l’incoraggiamento alla cooperazione ed al coordinamento tra giurisdizioni diverse, senza cercare di raggiungere il più ambizioso obiettivo di uniformare la legislazione in materia d’insolvenza degli Stati. Rispetta le differenze di procedura tra i vari Stati. Secondo la Model Law la procedura transfrontaliera è quella in cui il debitore insolvente ha beni in più di uno Stato ovvero in cui almeno parte dei creditori ed il debitore non appartengono al medesimo Stato in cui la procedura sta avendo luogo. L’assistenza e cooperazione danno anzitutto ai rappresentanti delle procedure straniere ed ai creditori il diritto di accedere alla Corte del Paese in cui si chiede il riconoscimento. In secondo luogo la Model Law prevede procedure semplificate per il riconoscimento delle procedure straniere allo scopo di ridurre i tempi processuali ed assicurare la certezza del diritto. Il procedimento straniero può essere riconosciuto sia come procedura principale sia come procedura secondaria secondo lo stesso criterio, fondato sul COMI, adottato dal Regolamento 1346/2000 dell’Unione Europea. Si tratta di una circostanza di fondamentale importanza perché la giurisprudenza dei giudici europei e della Corte di Giustizia in materia di COM I ha potuto essere utilizzata anche dai giudici dei Paesi che hanno recepito la Model Law, tra i quali gli Stati Uniti. Il riconoscimento della procedura straniera produce numerosi effetti, primo tra tutti il relief, vale a dire la protezione contro le azioni esecutive e giudiziarie promosse dai creditori. La disciplina del relief non è né quella dello Stato straniero in cui è stata aperta la procedura di cui si chiede il riconoscimento né quella dello Stato in cui si chiede il riconoscimento. Elementi chiave sono la possibilità di concedere protezione (interim relief) nella fase preliminare di ammissione alla procedura, a discrezione del giudice, e la protezione automatica (automatic stay) dopo il riconoscimento del procedimento straniero. A discrezione del giudice il relief può essere accordato tanto alla procedura principale straniera che a quella secondaria. La Model Law è stata recepita da Australia, Canada, Cile, Colombia, Grecia, Giappone, M auritius, M essico, M ontenegro, Nuova Zelanda, Polonia, Corea, Romania, Serbia, Slovenia, Sud Africa, U ganda, Regno Unito, Stati Uniti. L’Italia non ha ancora provveduto. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 24 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE Oltre alla Model Law l’Uncitral 38 ha emanato a tutt’oggi la Practice Guide on Cross Border Insolvency Cooperation (2009), la Legislative Guide on Insolvency (2004) che dovrebbe guidare i Paesi aderenti all’Onu nell’emanazione di una disciplina legislativa in materia d’insolvenza. Così non è stato quando l’Italia ha riformato la sua legislazione. Le proposte essenziali della Insolvency Guide riguardano la previsione di criteri standardizzati in ordine all’apertura della procedura, alla sospensione delle azioni esecutive per proteggere i beni del debitore anche dalle azioni dei creditori privilegiati, ai criteri per l’erogazione di finanza nuova per la ristrutturazione, alle modalità di partecipazione dei creditori, alla previsione di un procedimento rapido di ristrutturazione, all’introduzione di criteri semplificati per l’insinuazione e l’ammissione dei crediti, alla possibilità di convertire il procedimento di riorganizzazione in liquidazione in caso d’insuccesso della prima, oltre a chiare regole per l’esdebitazione e la chiusura della procedura. Nel 2010 la Legislative Guide è stata integrata con una Parte terza, che riguarda il trattamento dei gruppi di imprese in caso d’insolvenza, e nel 2013 con una parte quarta che ha ad oggetto la responsabilità degli amministratori di società in caso d’insolvenza. Va sottolineato che per quanto concerne l’insolvenza dei gruppi l’orientamento prevalente è stato quello di far perno su principi di collaborazione e coordinamento tra le procedure relative alle diverse società, senza prevedere criteri vincolanti relativi all’accertamento della competenza del giudice di uno specifico Paese per le ragioni che già si sono esposte con riguardo alla revisione del Regolamento 1346/2000. Per quanto concerne invece gli amministratori di società le norme proposte si riferiscono alla responsabilità degli amministratori prescindendo dalla disciplina societaria del Paese che intende recepire le proposte dell’Uncitral, concependo quindi i doveri degli amministratori di società in caso d’insolvenza come norme proprie del diritto dell’insolvenza. E’ previsto che tali norme divengano applicabili soltanto dopo l’apertura della procedura d’insolvenza. Lo scopo è di proteggere i legittimi interessi dei creditori e degli altri stakeholders e di incentivare azioni tempestive per ridurre al minimo gli effetti del dissesto finanziario, massimizzando il valore dell’impresa in funzionamento. 5. La Raccoman dazione 12 marzo 2014 della Commissione europea. Si è visto che la disciplina internazionale sia a livello comunitario che di Model Law elaborata dall’Uncitral si è concentrata sulla previsione di regole di diritto internazionale privato per regolare la competenza e la legge applicabile alle insolvenze transfrontaliere. La possibilità di trasferire il centro degli interessi principali dell’impresa da un Paese all’altro incide sulla concorrenza tra ordinamenti in materia. In 38 I documenti cui si fa riferimento nel testo sono consultabili sul sito dell’Uncitral, facendo riferimento al Working Group V, che è quello che si occupa della materia dell’insolvenza. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 25 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE Europa questo fenomeno ha dato luogo ad episodi frequenti di forum shopping soprattutto a favore del Regno Unito. Il 12 marzo 2014 la Commissione europea ha approvato una Raccomandazione 39 diretta ad assicurare l’introduzione da parte degli Stati membri entro un anno di una disciplina uniforme in materia di insolvenza. La raccomandazione non ha più ad oggetto la creazione di una cornice comune relativa a regole di diritto internazionale privato, ma di vere e proprie norme sostanziali fondate su principi comuni. Il primo considerando della Raccomandazione indica come finalità “garantire alle imprese sane in difficoltà finanziaria, ovunque siano stabilite nell’Unione, l’accesso a un quadro nazionale in materia di insolvenza che permetta loro di ristrutturarsi in una fase precoce in modo da evitare l’insolvenza, massimizzandone pertanto il valore totale per creditori, dipendenti, proprietari e per l’economia in generale”. Un secondo obiettivo è di assicurare “una seconda opportunità in tutta l’Unione agli imprenditori onesti che falliscono”. Il primo obiettivo risente all’evidenza del dibattito che si è sviluppato a livello internazionale negli scorsi anni su quelli che debbono essere gli obiettivi di una procedura di ristrutturazione. E’ significativo che la massimizzazione del valore dell’impresa nell’interesse dei creditori sia visto come l’obiettivo principale. Si tratta del resto di un obiettivo che è condiviso anche dalla nostra legislazione, come si evince chiaramente dai lavori preparatori della Riforma del 2005-06. Va però osservato che tra gli stakeholders non figurano soltanto i creditori, ma anche i dipendenti e gli stessi proprietari, oltre che l’economia in generale. E’ aperta quindi la strada alla tutela dei posti di lavoro, che può andare a danno dei creditori, perché consente di proseguire l’attività a scapito dei loro interessi. Ed è possibile, sulla base dei valori indicati dalla Raccomandazione, che la ristrutturazione sia attuata anche nell’interesse degli azionisti e pubblico. L’insolvenza non ha quindi una dimensione soltanto privatistica. Nel quarto Considerando la Commissione osserva che “La disparità tra i quadri nazionali in materia di ristrutturazione e la diversità delle norme nazionali che danno una seconda opportunità agli imprenditori onesti sono causa di costi aggiuntivi e fonte di incertezza nella valutazione dei rischi connessi agli investimenti in un altro Stato membro; frammentano le condizioni di accesso al credito e danno luogo a tassi di recupero del credito diversi; impediscono ai gruppi transfrontalieri di imprese di elaborare e adottare piani di ristrutturazione coerenti. Più in generale, possono costituire un disincentivo per le imprese che intendono stabilirsi in Stati membri diversi”. 39 Il testo della Raccomandazione è facilmente reperibile sul sito della Commissione. Per un primo commento si veda G. LO CASCIO , Il rischio d’insolvenza: le nuove frontiere europee, in Fallimento, 2014, 733 e ss. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 26 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE La Commissione ritiene che sia necessario assicurare che l’intervento di ristrutturazione avvenga in una fase precoce anche se per “evitare potenziali rischi di abuso della procedura, è necessario che le difficoltà finanziarie del debitore comportino con tutta probabilità l’insolvenza del debitore e che il piano di ristrutturazione sia tale da impedire l’insolvenza e garantire la redditività dell’impresa”. E’ una chiara indicazione che la ristrutturazione non va tentata ad ogni costo e che non deve costituire un alibi per abusare sostanzialmente delle regole di favore connesse all’ingresso in procedura. M a è anche evidente che la Commissione chiede che vi siano procedure dirette a favorire la ristrutturazione prima che l’insolvenza divenga irreversibile. Si chiede inoltre di prevedere procedure flessibili, in cui l’intervento del giudice sia limitato ai casi in cui è necessario e proporzionato per tutelare gli interessi dei creditori e terzi eventuali. E’ una chiara indicazione che va in senso contrario alla tendenza del nostro legislatore e della giurisprudenza ad affermare un onnipresente controllo del giudice. Va però subito aggiunto che la Raccomandazione considera necessaria l’omologazione giudiziaria del piano di ristrutturazione a tutela dei diritti dei creditori, chiarendo al par. 6 (d) che l’omologazione è richiesta perché il piano di ristrutturazione approvato dalla maggioranza dei creditori sia vincolante anche per i dissenzienti. Deve esservi un adeguato bilanciamento del diritto di libertà d’impresa e della tutela del diritto di proprietà garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Il diritto di credito è dunque tutelato come espressione del diritto di proprietà ed è conseguentemente costituzionalmente garantito a livello comunitario (19° Considerando). Ancora si aggiunge che i nuovi finanziamenti necessari per la ristrutturazione non debbono essere colpiti da azioni revocatorie o di nullità quali atti pregiudizievoli per la massa dei creditori. Lo stesso principio riguarda la responsabilità civile e penale di chi eroga finanza nuova (par. 27-29). Si deroga in caso di frode. La Raccomandazione ai par. 8-9 stabilisce – e si tratta indubbiamente di una precisazione importante – che il debitore deve poter avviare il processo di ristrutturazione senza richiedere obbligatoriamente l’intervento del giudice. La nomina di un mediatore o di un supervisore non deve essere obbligatoria, ma va rimessa alla decisione del giudice, caso per caso, quando sia necessaria per condurre a buon fine i negoziati tra debitore e creditori nel caso del mediatore, e per vigilare sull’attività del debitore e dei creditori nel caso del supervisore. Va sottolineato che, a differenza dell’esperienza di molti Paesi tra cui la Francia, la nostra legislazione non prevede l’intervento del mediatore che sarebbe utilissimo e che il commissario giudiziale nel concordato vigila soltanto sull’operato del debitore e non sui creditori, come sarebbe opportuno nel caso di operazioni con parti correlate e di atti che vadano a detrimento della massa. I diritti dei creditori dissenzienti non possono essere compressi in misura tale da assicurare loro meno di quanto otterrebbero senza il piano di ristrutturazione. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 27 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE L’automatic stay è previsto, ma esso non dovrebbe avere, inizialmente, una durata superiore a quattro mesi per bilanciare i diritti del debitore con quelli dei creditori (18° Considerando). Si tratta di un’indicazione chiara che dovrebbe essere tenuta presente per chi ritiene che nel concordato in bianco la possibilità che il giudice conceda la sospensione delle azioni esecutive senza che vi sia il piano per 120 giorni, sia una lesione eccessiva dei diritti dei creditori. Il par. 13 precisa che la durata della sospensione dovrebbe essere in funzione della complessità delle misure di ristrutturazione previste. La proroga è ammissibile sino ad un anno purché siano dimostrati i progressi dei negoziati sul piano di ristrutturazione. Se previsto dal diritto nazionale (par. 12) la sospensione dovrebbe comportare anche la sospensione dell’obbligo di presentare istanza di fallimento e delle istanze di fallimento dei creditori. La sospensione dovrebbe essere revocata quando non più necessaria per facilitare l’adozione del piano di ristrutturazione (par. 14). In ordine all’approvazione del piano, i paragrafi da 16 a 20 prevedono regole importanti ed in parte innovative per il nostro Paese. Sono chiamati a votare sia i creditori chirografari che quelli privilegiati, previsione questa che assume particolare rilievo in Italia nel momento in cui non è più vero che i creditori privilegiati non siano pregiudicati dal piano, quantomeno in ordine al tempo del pagamento dei loro crediti. Si prevede la formazione di classi in funzione degli interessi di cui i creditori sono titolari. L’approvazione dovrebbe avvenire a maggioranza in ciascuna classe, salvo il potere del giudice di approvare il piano sostenuto dalla maggioranza delle classi, se esse sono più di due. Sarà consentito prevedere che i creditori non coinvolti dal piano non votino. Il piano che abbia ripercussioni sugli interessi dei creditori dissenzienti o che preveda finanza nuova, la cui erogazione incide sull’attivo distribuibile ai creditori, deve essere approvato dal giudice. Il giudice deve poter respingere “il piano di ristrutturazione che manifestamente non ha nessuna prospettiva di impedire l’insolvenza del debitore né di garantire la redditività dell’impresa, ad esempio perché non prevede i nuovi finanziamenti necessari per proseguire le attività” ( par. 23). Al di fuori del caso di approvazione del piano all’unanimità, esso sarà vincolante “per il singolo creditore interessato ed identificato dal piano”. Questa regola produrrà effetti rilevanti nella redazione del piano perché oggi si parte dal presupposto che esso sia comunque vincolante per tutti i creditori anteriori, lasciando a successive controversie l’accertamento di crediti contestati o neppure denunciati. La Commissione afferma infine (20° Considerando) che “Gli effetti del fallimento, in particolare la stigmatizzazione sociale, le conseguenze giuridiche e l’incapacità di far fronte ai propri debiti sono un forte deterrente per gli imprenditori che intendono avviare un’attività o ottenere una seconda opportunità, anche se è dimostrato che gli imprenditori dichiarati falliti hanno maggiori probabilità di avere successo la seconda volta. È opportuno pertanto adoperarsi per ridurre gli effetti IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 28 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE negativi del fallimento sugli imprenditori, prevedendo la completa liberazione dai debiti dopo un lasso di tempo massimo”. Per quanto questa previsione sia limitata agli imprenditori, il §. 36 della Raccomandazione annuncia che la Commissione valuterà l’interazione di quanto previsto con le procedure d’insolvenza in altri settori, ivi compresi i “termini di riabilitazione delle persone fisiche che non esercitano un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale”. Il termine massimo per l’esdebitazione viene indicato in tre anni ( par. 30) con decorrenza dalla data di apertura della procedura di liquidazione o dalla data di attuazione di un piano di rientro dall’esposizione debitoria. L’esdebitazione dovrebbe essere automatica con effetto dalla scadenza del termine senza necessità di ricorrere al giudice. All’imprenditore può essere consentito di conservare alcune attività a garanzia del sostentamento suo e della famiglia (par. 32 lett. c). L’esdebitazione dopo la scadenza del termine non si applica in caso di frode o nel caso in cui l’imprenditore non abbia aderito alle soluzioni di composizione della crisi. La Raccomandazione non è un atto vincolante per gli Stati membri, ma va sottolineato che la Commissione ha previsto di valutarne l’effetto dopo 18 mesi dalla sua adozione ed eventualmente di proporre altre misure, evidentemente più stringenti. Ci si può domandare se la Raccomandazione corrisponda agli standard internazionali in materia d’insolvenza di cui abbiamo in precedenza trattato. Si può ritenere che in linea di massima il complesso delle disposizioni dirette ad assicurare un rapido ingresso in procedura ai fini della ristrutturazione, l’intervento del mediatore e del supervisore, il bilanciamento tra gli interessi del debitore e quelli dei creditori, l’intervento del giudice in sede di omologazione del piano quando esso non sia approvato all’unanimità, la tutela dei creditori dissenzienti, le garanzie per gli atti di erogazione di finanza nuova corrispondano a regole normalmente accettate a livello internazionale, ampiamente basate sul modello che, come si è detto, dall’esperienza americana è divenuto ormai un’acquisizione generalizzata. Altrettanto può dirsi per l’esdebitazione rapida, fondata sul decorso di un termine senza ulteriori interventi da parte del giudice, salvo il caso di frode. Possiamo ritenere che la disciplina italiana sia sostanzialmente in linea con la maggior parte delle indicazioni che vengono dalla Commissione per quanto concerne la procedura di ristrutturazione. I piani attestati non sono una vera procedura e si fondano sul consenso dei creditori aderenti, comportando soltanto eccezioni alla disciplina della revocatoria e della responsabilità penale, fatti salvi i casi di frode vera e propria. Non rientrano quindi in linea di massima nella previsione della Raccomandazione, ma neppure confliggono perché i creditori estranei non sono pregiudicati. Anche i piani attestati non sono in conflitto con la Raccomandazione perché il par. 20 prevede che il piano di ristrutturazione possa essere adottato soltanto da alcuni creditori o classi di creditori se gli altri creditori non sono coinvolti ed il par. 21 in IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 29 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE questo caso non richiede l’omologazione da parte del giudice. Vero è però che in Italia il regime dei piani di ristrutturazione incide anche sui creditori estranei per quanto concerne l’automatic stay ed i tempi di soddisfazione dei loro crediti. Per questa parte la disciplina dei piani attestati può entrare in contrasto con i principi della Raccomandazione. Il concordato preventivo fondamentalmente è regolato secondo norme e principi che non contrastano con la Raccomandazione. Ciò non significa peraltro che non possano essere introdotte modifiche che armonizzino maggiormente la nostra procedura con le regole previste dalla Raccomandazione. L’intervento del giudice è previsto per l’approvazione del piano qualora vi siano creditori dissenzienti. Si auspica che le forme siano il più possibile libere e che vi siano fasi anche extragiudiziali. Ne deriva che l’attuale disciplina del concordato potrebbe essere alleggerita, sia prevedendo che la votazione non avvenga nelle aule giudiziarie, sia rimuovendo gli eccessivi e pesanti controlli giudiziali che esulano dall’approvazione del piano e degli atti di straordinaria amministrazione. Va invece sottolineato che il rischio di abuso della procedura, quando non vi sono le condizioni per avvalersene, è sottolineato anche dalla Commissione e che, sotto questo profilo, gli interventi di controllo del giudice sono perfettamente in linea con la Raccomandazione. M anca invece del tutto la previsione di una mediazione affidata ad un soggetto nominato dal giudice che potrebbe produrre risultati positivi. Presente nell’esperienza francese la mediazione ha oggi un autorevole riconoscimento di carattere internazionale. Il criterio secondo il quale sono chiamati a votare i creditori secondo la Raccomandazione differisce sensibilmente dalla disciplina oggi in vigore. La possibilità che anche i creditori privilegiati siano chiamati a votare, se pregiudicati dal piano; la suddivisione obbligatoria dei creditori in classi; il principio per cui il dissenso della minoranza delle classi può essere superato dal giudice con il cram down sono tutti elementi che o sono del tutto assenti o comunque sono regolati in termini diversi da quelli esistenti nel nostro Paese. Non mi pare però che queste divergenze abbiano importanza fondamentale. Come si è visto, la tendenza a cercare di trasferire il COM I in Inghilterra non è stata ostacolata dalle maggioranze più elevate previste dalla legge inglese a fronte di vantaggi su altri fronti. Dove sicuramente la nostra legislazione è gravemente carente e deve adeguarsi alle diverse regole previste dalla Raccomandazione è nella disciplina dell’esdebitazione. Si è già visto che i tempi dell’esdebitazione e il suo carattere non automatico sono molto lontani dalle indicazioni della Commissione. Qui certamente vi è il rischio che la concorrenza tra ordinamenti vada a danno del nostro Paese, anche se pare improbabile che vi possa essere una fuga dall’Italia per beneficiare delle più favorevoli regole di altri ordinamenti di soggetti che nella massima parte hanno limitate possibilità economiche. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 30 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE Possiamo dunque concludere che con questa ultima importante eccezione per il resto la disciplina dell’insolvenza in Italia corrisponde agli standard internazionali? Rispondere di si sarebbe eccessivo. Si è già detto che nella pratica vi è un accesso tardivo alle procedure, che compromette le possibilità di successo, ed anche un uso strumentale delle stesse per evitare la dichiarazione di insolvenza e la liquidazione fallimentare. La stessa realtà delle imprese italiane, tutte di piccole dimensioni ed a controllo familiare, rende difficile la ristrutturazione che comporta non soltanto l’emersione anticipata della crisi, ma anche la disponibilità di dimensioni d’impresa e di mezzi che rendano credibile il tentativo di ristrutturazione, in ragione dei costi, sempre elevati. Per altro verso il controllo giudiziale certamente rigoroso e minuzioso, attuato sovente con un rigore che è conseguenza diretta del tentativo di accesso indiscriminato e tardivo alle procedure, genera incertezza perché il consenso dei creditori non è sufficiente, occorrendo anche convincere il tribunale, che si muove secondo logiche che sono almeno in parte diverse. Si tratta di una situazione che se è perfettamente comprensibile ove si tenga conto della situazione di fatto da cui essa deriva, certamente non favorisce la certezza del diritto e la rapidità delle soluzioni. La responsabilità non è soltanto degli imprenditori e dei giudici, perché occorre aggiungere un corpo di curatori e commissari giudiziali che sovente non hanno una cultura imprenditoriale e preferiscono soluzioni tecnicamente corrette, contrarie al salvataggio dell’impresa, che non li espongono a rischi. Inoltre il sistema bancario raramente è disponibile ad erogare credito ove non abbia già una rilevante esposizione a cui porre in qualche modo rimedio. I tempi di risposta e di decisione delle banche sono frequentemente incompatibili con una rapida gestione della crisi con la conseguenza che i tempi della procedura raramente sono brevi. La mancanza di una disciplina dell’insolvenza di gruppo accentua i difetti di cui si è detto. Per le grandi imprese, definite tali secondo parametri che corrispondono in realtà ad imprese medie, si applicano le diverse regole dell’amministrazione straordinaria, la cui gestione è sovente burocratica e lenta e dove quasi sempre le risorse vengono consumate nella prosecuzione dell’attività oltre i limiti del ragionevole. Non sorprende quindi che l’Italia conosca pochi casi di procedure transfrontaliere. Ciò dipende oltre che dalla debolezza intrinseca della nostra economia, da questo insieme di fattori che fa sì che ove si debba aprire una procedura di crisi si cerchi, talvolta su consiglio degli stessi professionisti italiani, di aprirla in un altro Paese. Si tratta di un deficit che non nasce tanto dalle norme, ma dallo spirito con cui esse sono applicate e dalla cultura d’impresa che qui come in altri settori è carente. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 31 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE ANALISI ECONOMICA E PROCEDURE DI GARA PER L’AFFIDAMENTO DI CONTRATTI PUBBLICI, ALLA LUCE DELLE NUOVE DIRETTIVE EUROPEE L’Autore, esaurita una premessa in tema di diritto ed economia, si sofferma sulle implicazioni del teorema di Vickrey, sulla contrattazione incompleta e asimmetrie informative post-contrattuali e sulle nuove direttive europee in materia di appalti pubblici e concessioni. di MAURIZIO CAFAGNO 1. Una premessa su diritto ed economia Penso che la pretesa di affrontare l’argomento generale dei rapporti tra diritto ed economia, nell’esiguo spazio concesso dal preambolo di un intervento mirato sui contratti pubblici, sarebbe fuori luogo, oltre che velleitaria. In un’introduzione che può giusto ambire alla preliminare enunciazione di un punto di vista, senza illudersi di porgere persuasive dimostrazioni, credo sia giusto ricordare che l’etichetta “analisi economica del diritto” raccoglie oggi correnti di pensiero molto diverse. Il mio personale convincimento è che non sia affatto necessario condividere 1 l’ideologia della c.d. scuola di Chicago per apprezzare l’utilità del ricorso alla teoria economica, nella trattazione dei problemi giuridici 2. 1 Le obiezioni cui si espongono gli assunti di fatto ed i giudizi di valore sui quali poggia questa linea di pensiero sono abbastanza note da non sconsigliare chiose; basti un rinvio, in proposito, a P. T RIMARCHI, L’analisi economica del diritto. Tendenze e prospettive, Quadrimestre, 1987, p. 563 ss.; F. DENOZZA , Norme efficienti, Giuffrè, 2002, p. 116 ss.; si vedano ancora E. KRECKÈ (2003), Economic analysis and legal pragmatism, International Review of Law and Economics, Vol. 23, Issue 4, , p. 421-437; F. MERUSI, Analisi economica del diritto e diritto amministrativo, in Dir. Amm., 3/2007, p. 434; G. MINDA , Teorie postmoderne del diritto, Il Mulino, 2001, p. 167; ELI M SALZBERGER, The Economic Analysis of Law – The Dominant Methodology for Legal Research ?!, University of Haifa Faculty of Law Legal Studies Research, Paper No. 1044382, 2007, p. 27 in part.; il lavoro è al momento consultabile online all'indirizzo http://ssrn.com 2 Di fatto non mancano, tra gli studiosi di la w and economics, autori che muovono da premesse ragionevoli, disconoscono all’economia un ruolo prescrittivo, negano la supremazia del criterio IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 32 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE Penso possa bastare molto meno, credo sia sufficiente la disponibilità a valorizzare il metodo interpretativo basato sullo studio delle conseguenze 3. L’ottica conseguenzialista imprime al lavoro ermeneutico una valenza pratica, di partecipazione al processo di orientamento delle condotte e dei sottostanti incentivi, che porta a vagliare le norme come ipotesi predittive. Ritengo che l’armamentario teoretico della microeconomia possa offrire all’interprete – non sempre e di principio, bensì in concreto e secondo la natura dei problemi – strumenti utili ad affinare la capacità di anticipare le plausibili risposte dei consociati al vincolo legale. Il contributo della riflessione economica può talvolta aiutare a capire quale soluzione - tra quelle alternativatemente ammesse dall’analisi sistematica e letterale delle norme - sia la più adatta al raggiungimento del fine politico perseguito dall’ordinamento (qualunque esso sia, vicino o lontano dall’efficienza). Questo appello per certi aspetti minimalista e locale al contributo dell’economia confida in altri termini di trovare un aiuto a misurare il grado di congruenza tra obiettivi perseguiti dalla legge e reazioni che essa (o un certo modo di intenderla) promette di 4 innescare nel gruppo sociale . L’impostazione che questo breve preambolo lascia trasparire se da un lato è ben lungi dal ridurre il ragionamento legale a parodia di quello economico, è al contempo dell'efficienza, accordano il giusto peso ad istanze di equità distributiva e giustizia. Scontato il rinvio a G. CALABRESI, Costo degli incidenti e responsabilità civile, Giuffré (trad. it.), Giuffrè, 1975; G. CALABRESI, A.D. MELAMED, Property rules, liability rules and inalienability: one view of the cathedral, in Harvard Law Review, Vol. 85, 1972, p.1089 ss; F. DENOZZA , Norme efficienti, cit., F. T RIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, Giuffrè, 1961; ID., Tendenze e prospettive, ult. cit.; G.L. P RIEST, The Modern Expansion of Tort Liability: Its Sources, Its Effects, and Its Reform, in Journal of Econ. Perspectives, 1991 (5), pp. 31 ss.; S. ULEN, Law and Economics: Settled. Issues and Open Questions, in AA. VV., Law and Economics, a cura di N. MERCURO , 1998, p. 210 in part.; per un’analisi critica delle possibilità applicative del metodo nel diritto pubblico, S. CASSESE , Il sorriso del gatto, ovvero dei metodi nello studio del diritto pubblico, in Riv. trim. dir. pubbl., 2006, p. 597; F. MERUSI, Analisi economica del diritto e diritto amministrativo, cit.; G. NAPOLITANO, M. ABRESCIA , Analisi economica del diritto pubblico. Teorie, applicazioni e limiti, Il Mulino, 2009; E. P ICOZZA , Prefazione a AA.VV, Diritto dell'economia, Giappichelli, a cura di E. P ICOZZA , V. RICCIUTO , 2013; apprfondimenti e ulteriori riferimenti bibliografici in AA.VV., Analisi economica del diritto, a cura di G. ALPA , P.L. CHIASSONI, A. PERICU , F. PULITINI, S. RODOTÀ, F. ROMANI, Giuffrè 1997; M. CASAVECCHIA , Brevi cenni sull'ordinamento giuridico inteso come un insieme strutturato di norme giuridiche, parte I, Il nuovo diritto delle Società, 2013, vol. 11, fasc. 3, p. 9 ss. 3 Cfr. L. MENGONI, Ermeneutica e dogmatica giuridica, Giuffrè, 1996 4 S. E. LANDSBURG, L'economista in pantofole, Milano 1995, p. 12, osserva efficacemente che “ la maggior parte della teoria economica può essere ridotta a cinque parole: Gli individui rispondono agli incentivi. T utto il resto si riduce a un commento”. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 33 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE restia a considerare l’ordinamento giuridico come un sistema di concetti e di formule conchiuso e autosufficiente e di certo rifiuta quella visione formalistica del diritto che di fatto tende a pretermettere - quasi si trattasse di questione metagiuridica – ogni verifica di consonanza tra risultati effettivi, documentati dall’esperienza, e valori o pretese ideali. M i permetto di notare – per inciso – che sebbene la possibilità e la potenziale 5 utilità del ricorso all’analisi conseguenzialista siano date per assodate, nella teoria , le cose vanno abbastanza diversamente, nella pratica. La prosaica lettura delle norme di settore, nelle aule giudiziarie o nelle elaborazioni dottrinali, di fatto concede all’approccio orientato alle conseguenze uno spazio abbastanza modesto. M algrado s’intraveda spesso, dietro l’argomentazione formale o l’analisi testuale, l’ansia di affermare soluzioni avvertite come giuste, o comunque ritenute portatrici di effetti desiderabili, l’analisi comparata delle conseguenze associabili alle opzioni interpretative concorrenti raramente varca la soglia dell’approssimazione istintiva o, addirittura, del sottinteso e dell’inespresso. Accade abbastanza di rado che l’operatore giuridico si spinga a verificare la tenuta delle soluzioni caldeggiate, al banco dei fatti. Probabilmente tutto ciò dipende anche dal background culturale del giurista, che per tradizione non comprende gli strumenti concettuali necessari allo sviluppo di approfondite analisi conseguenzialiste. Basti considerare - a titolo illustrativo della necessità e della difficoltà di attrezzarsi – quali notevoli sorprese la teoria dei giochi sappia riservare ai non addetti ai lavori, mostrando quanto di frequente la combinazione di azioni e strategie individuali prevedibili, del tutto razionali, approdi a equilibri collettivi e ad esiti sociali inattesi, assolutamente contriointuitivi. Il tipo di analisi economica che trovo persuasiva non pretende in definitiva di fornire al giurista una chiave di lettura globale delle norme, una teoria fondativa 6 dell’ordinamento . Piuttosto, si offre all’interpete come uno strumento tra gli altri, da riporre in una composita cassetta degli attrezzi. 5 Semmai ricorre la sottolineatura dei rischi connaturati ad un uso non adeguatamente sorvegliato del metodo; si veda L. MENGONI, ult. cit., p. 101 ss., a proposito dei vincoli cui soggiace l’interprete, quanto alla selezione delle conseguenze rilevanti e quanto alla cernita delle prospettive di valutazione delle conseguenze selezionate. 6 G. MINDA , Teorie postmoderne del diritto, cit., p. 141 ss., ritiene di poter situare l’analisi economica del diritto tra le teorie giuridiche postmoderne; critico, sul punto, M. BARCELLONA , Critica del nichilismo giuridico, Giappichelli, 2006, p. 190, con riferimenti bibliografici a supporto in n. 51. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 34 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE G. Israel, in un recente volume dedicato alla modellizzazione matematica, ha espresso il convincimento che “la scienza non pretende più di scoprire l’essenza intima dei fenomeni (….) non vuol essere uno specchio dei fenomeni”; piuttosto “si limita a fornire delle immagini – i modelli – che vanno valutate soltanto sulla base di criteri di efficacia, ovvero rispetto al fatto che ‘funzionino’ più o meno bene, e quindi permettano di prevedere certi effetti o almeno di farsi certe idee qualitative e s ia pure parziali dei 7 fatti. Non importa quanto vere, purchè utili ” . In questo spirito, penso l’abbandono delle visioni oltranziste dell’analisi economica del diritto, a favore di concezioni più misurate, valga a dissipare l’illusoria presunzione che uno studio per così dire scientifico dell’ordinamento giuridico 8 possa fungere da preludio ad un governo scientifico dell’ordinamento, per sua natura simile più ad un lussureggiante ecosistema, che ad un complicato congegno meccanico, progettato o progettabile a tavolino 9. Chiarito in sintesi il mio punto di vista sui rapporti tra studio del diritto e studio dell’economia, passo rapidamente a declinarlo nello svolgimento del tema che mi è stato assegnato. 7 G. I SRAEL , Modelli matematici. Introduzione alla matematica applicata, Muzzio, 2009, p. 122; il brano riecheggia la citazione di Von Neumann con cui il libro esordisce, a p. 7: “ le scienze non cercano di spiegare, a malapena tentano di interpretare, ma fanno soprattutto dei modelli. Per modello s’intende un costrutto logico che, con l’aggiunta di certe interpretazioni verbali, descrive dei fenomeni osservati. La giustificazione di un siffatto costrutto è soltanto e precisamente che ci si aspetta che funzioni (….). Inoltre esso deve soddisfare certi criteri estetici – cioè, in relazione con la quantità di descrizione che fornisce, deve essere piuttosto semplice”. 8 Sulla c ui possibilità e auspicabilità, in una prospettiva consentanea agli studi di analisi economica del diritto, T. S. ULEN , A Nobel Prize in Legal Science: Theory, Empirical Work, and the Scientific Method in the Study of Law, University of Illinois Law Review, Vol. 2002, No. 4, al momento visionabile al seguente indirizzo: http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=419823 9 Vale peraltro la pena di notare che l’evoluzione del pensiero di R. Posner - forse il più autorevole e celebrato esponente della fazione più intransigente e radicale, nel propugnare l’egemonia degli obiettivi di efficienza economica - lascia trapelare i sintomi di una trasformazione della metodologia in senso anti-fondazionalista, scettico sulla razionalità dell’ordinamento, pragmatico nel proporre espedienti e rimedi, secondo alcuni post-moderno. Si leggano R. POSNER, The Problems of Jurisprudence, Harvard University Press, 1993; ID, Overcoming Law, Harvard University Press, 1996; a commento, E. KRECKÈ, Economic analysis and legal pragmatism, cit.; D. T . OSTAS (1998), Postmodern Economic Analysis of Law: Extending the pragmatic cisions of R. A. Posner, American Business Law Journal, vol. 36, p. 193 – 220; G. ZACCARIA , Una teoria di pragmatismo prescrittivo. Sulla jurisprudence di Richard A. Posner, in Diritto privato, 1995, p. 451 ss.. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 35 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE 2. Analisi funzionale Nel seguito dello scritto10 mi prefiggo di attingere alla teoria economica in materia di aste e contrattazione incompleta per sottoporre a vaglio critico l’assunto diffusosi nel nostro ordinamento in nome delle pressanti esigenze di prevenzione dei fenomeni di corruttela - secondo cui, a fronte di un’eventuale evasività o duttilità del diritto comunitario in materia di procedure di scelta del contraente privato, sarebbe scorretto un recepimento che pretendesse di allentare i vincoli concorsuali, ma sarebbe legittimo o addirittura auspicabile un recepimento atto a moltiplicare o ad aggravare 11 questi vincoli . La linea di pensiero ha avuto manifestazioni eclatanti nel passato – facile il rimando all’abrogata legge M erloni - ma ritengo sia ancora viva, alimentata dalla propensione al sospetto nei confronti della discrezionalità amministrativa. Vorrei nel seguito mostrare che questo approccio è discutibile in punto di principio (par. 3 e 4) e di fatto smentito dalla recente disciplina europea (par. 5) Una prima esemplificativa riprova del fatto che esso comunque persiste e sopravvive, è desumibile dalla pratica applicativa del dialogo competitivo. E’ noto che l’istituto, ispirato a criteri di marcata flessibilità procedurale, ha rappresentato una delle più ambiziose innovazioni della direttiva 17/2004/Ce, sui c.d. settori classici12. 10 Che di qui in poi riprende M. CAFAGNO , La prevenzione della corruzione e i vincoli procedurali: osservazioni critiche, in Atti del Convegno tenutosi presso l'Università degli studi di T rento il 14 febbraio 2014, dal titolo Strumenti e buone pratiche per contrastare la corruzione nel settore sanitario, al momento in corso di pubblicazione, per i tipi di Egea. 11 Per il tratteggio delle coordinate generali entro le quali si posiziona il ragionamento, con il corredo di opportuni riferimenti bibliografici, si permetta il rinvio a M. CAFAGNO , Lo stato banditore, Giuffrè, 2001; , passim e p. 251 ss.; ID, Gare Pubbliche, in Dizionario di diritto amministrativo, a cura di S. Cassese, Giuffrè, 2006, p. 2651 ss.; ID., Responsabilità amministrativa nascente dalla violazione delle norme di gara ed evoluzione della disciplina dell’evidenza pubblica, in AA. VV., Negoziazioni pubbliche. Scritti su concessioni e partenariati pubblico-privati, a cura di M. CAFAGNO, A. BOTTO , G. FIDONE , G. BOTTINO , Giuffrè, 2013, p. 249 ss.; 12 V. art. 29 della direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004, il cui considerando n. 31 enunciava esplicitamente la necessità, per contratti complessi, di “prevedere una procedura flessibile che salvaguardi sia la concorrenza tra operatori economici sia la necessità delle amministrazioni aggiudicatrici di discutere con ciascun candidato tutti gli aspetti dell’appalto”. In dottrina, tra i molti, R. DI P ACE , Le procedure di scelta del contraente ed i criteri di aggiudicazione, in AA.VV., I contratti di appalto pubblico, a cura di C. FRANCHINI, Utet, 2010,p. 622 ss.; G. FIDONE, Dalla rigidità della legge merloni al recepimento del dialogo competitivo : il difficile equilibrio tra rigore e discrezionalità, in Foro amm. TAR, 2007, 12, p. 3971 ss.; F. FRACCHIA , L. CARROZZA , Il difficile equilibrio tra flessibilità e concorrenza nel dialogo competitivo disciplinato dalla Direttiva 2004/18/Ce, in www.giustamm.it; B. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 36 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE Ciononostante in Italia la normativa sul dialogo, per l’intero decennio successivo, è praticamente rimasta lettera morta, vittima di ritrosie tanto legislative quanto aministrative. Per capacitarsene, può bastare una rapida consultazione della banca dati del servizio TED (Tenders Electronic Daily) - versione online del Supplemento alla 13 Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, per gli appalti pubblici . Nel quadro di una recente verifica 14 il database, interrogato tramite le opportune stringhe, ha consentito di appurare che, tra il 2009 e la fine del 2013, in Europa sono stati nel complesso pubblicati circa 9.000 atti relativi a procedure di dialogo. Circoscrivendo la ricerca ai bandi, è emerso che soltanto 47 di essi sono stati pubblicati in Italia, contro - a titolo di emblematica comparazione - i 2000 della Francia o i 1599 del Regno Unito. Anno per anno, nel 2009 si contano in Italia 6 bandi, contro i 358 del Regno Unito e i 389 della Francia; nel 2010 i bandi nazionali sono 7, contro 311 e 427 rispettivamente degli altri due Paesi; nel 2011 passiamo ad 11, contro 355 e 429; nel 2012 arriviamo a 14, contro 278 e 377; le proporzioni non cambiano significativamente, nell’anno seguente. L’esito di questa esplorazione un po’ manuale corrisponde nella sostanza all’indicazione cui meno artigianalalmente approda uno studio acquisito nel 2011 dalla Commissione Europea 15. RAGANELLI, Il dialogo competitivo dalla direttiva 2004/18/CE al Codice dei contratti: verso una maggiore flessibilità dei rapporti tra pubblico e privato, in Riv. it. dir. pubbl. comunitario 2009, 1, p. 127 ss.; M. RICCHI, Negoauction, discrezionalità, dialogo competitivo e il nuovo promotore, in AA.VV. Le gare pubbliche. Il futuro di un modello, a cura di G. D. COMP ORTI, Editoriale Scientifica, 2011, ; D. M. T RAINA , Verso il recepimento delle direttive sugli appalti pubblici: il dialogo competitivo (e di alcuni problemi circa la competenza delle regioni), in Riv. it. dir. pubbl. comunitario 2005, 6, 1967; G. URBANO , M. GIUSTINIANI, Procedure per la scelta del contraente, in AA.VV., Commentario al codice dei contratti pubblici, a cura di M. CLARICH , Giappichelli, 2010, p. 387 ss. 13 http://ted.europa.eu/TED/main/HomePage.do 14 Mi riferisco all’analisi condotta in M. CAFAGNO , Flessibilità e negoziazione. Riflessioni sull'affidamento dei contratti complessi, in Rivista di diritto pubblico comunitario, 2013, p. 991 ss.; uno studio empirico precedente è offerta da P. CONIO , L. LEONE, Il dialogo competitivo: uno strumento procedurale innovativo per gli appalti di servizi integrati, FMI - Facility Management Italia n.8/2010, al momento visionabile al seguente indirizzo: center.terotec.it/documenti/3077documento.pdf 15 PwC - London Economics - Ecorys, “Public procurement in Europe. Cost and Effectiviness”, 2011, p. 31, visionabile al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/internal_market/publicprocurement/modernising_rules/evaluation/index_en. htm IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 37 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE Restringendo l’indagine alle procedure esperite nel settore della sanità, con l’inserimento dell’apposita voce nella maschera di ricerca TED, è affiorato che nel periodo compreso tra il 2009 e la fine del 2013, le procedure di dialogo bandite in Italia sono state 9, a fronte delle 446 nel Regno Unito e nelle 316 in Francia. Su base annuale, riscontriamo 1 affidamento nel 2009 (a fronte di 66 e 71 negli altri due paesi) 0 nel 2010, 3 nel 2011, 3 nel 2012, 2 nel 2013. Analoga riprova è desumibile dal regime riservato alle concessioni amministrative. Nel 2000, con apposito documento interpretativo la Commissione Europea ha chiarito che i procedimenti di affidamento delle concessioni - nel rispetto di alcuni 16 principi generali e come tali elastici - avrebbero tollerato malleabili modellizzazioni . Quest’atteggiamento europeo di apertura nei riguardi della flessibilità degli affidamenti concessori ha trovato una conferma perlomeno implicita nel silenzio serbato dalle direttive del 2004 sugli appalti pubblici e, di recente, ha incontrato un avallo esplicito nella Direttiva 2014/23/UE 17. 16 Cfr. Comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario, pubblicata nella G.U.C.E. C 121 del 29 aprile 2000, il cui par. 3.2.1.2., in particolare, dedicato a “ la scelta del tipo di procedura”, ha precisato: ”per quanto riguarda le concessioni (…) il concedente è libero di scegliere la procedura più appropriata e, in particolare, di esperire una procedura negoziata”. In linea, Parere del Comitato economico e sociale sul tema Rafforzamento del diritto delle concessioni e dei contratti di partenariato pubblico-privato (PPP), del 19 ottobre 2000, relatore Levaux, GUCE C 14 del 16 gennaio 2001, p. 91 ss. Ancor più chiaramente la medesima Commissione nella comunicazione “sull'applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI)”, Bruxelles, 05.02.2008, C(2007)6661, il cui par. 2.3.2. ha affermato che “ le amministrazioni aggiudicatrici possono sempre ricorrere alla procedura negoziata con pubblicazione di un bando di gara per l'aggiudicazione di concessioni”. 17 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, pubblicata nella G.U.U.E. L 94 del 28 marzo 2014; per un commento, in dottrina, M. RICCHI, La nuova Direttiva comunitaria sulle concessioni e l’impatto sul Codice dei contratti pubblici, in Urbanistica e appalti 7/2014, p. 741 ss. Un’anticipazione di nicchia dell’atteggiamento di apertura nei riguardi della duttilità procedimentale, nella specifica materia dei servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia, si è avuta con l’art. 5 c. 3 del regolamento CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007, n. 1370/2007. Per un’analisi organica del mutamento di qua dro apportato dalle nuove norme europee in materia di aggiudicazione dei contratti pubblici, muovendo dalle proposte poi confluite nella direttiva 2014/24/UE, per i settori c.d. ordinari, e nella direttiva 2014/25/UE, sui settori c.d. speciali, M. COZZIO , Prime considerazioni sulle proposte di direttive europee in tema di public procurement, in AA.VV., Negoziazioni pubbliche, cit., p. 119 ss.; per la consultazione dei materiali normativi e di una ricca e curata documentazione, illustrativa dei lavori preparatori e IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 38 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE Nondimeno, l’articolo 194 del vigente Codice sui contratti pubblici tutt’oggi prescrive che, di default, le concessioni siano attribuite mediante procedura aperta o procedura ristretta, vale a dire ricorrendo ai più consueti schemi meccanici 18. La riluttanza italiana a impiegare gare flessibili 19 poggia su un modo di intendere la funzione delle procedure selettive a mio giudizio discutibile. E’ risaputo che, all’esito di una lenta evoluzione normativa, i vincoli di gara hanno finito con l’incorporare due anime, nel nostro sistema: una più antica, ereditata dalla vecchia disciplina contabile, e una pià recente, ispiratrice del diritto europeo20. del dibattitto che ha scandito il tormentato processo di approvazione delle direttive, si acceda all’Osservatorio di diritto comunitario e nazionale sugli appalti pubblici, Università di T rento, a cura di Gian Antonio Benacchio e Michele Cozzio, al seguente indirizzo: http://www.osservatorioappalti.unitn.it/ 18 T rattasi di soluzione non nuova, nel diritto interno, ad esempio già sposata dall’art. 20 dell’abrogata legge quadro sugli appalti, 11 febbraio 1994 n. 109, o dall’art. 20 della Legge 5 gennaio 1994, n. 36, c.d. legge Galli, in materia di concessioni idriche. Sullo specifico tema delle procedure di attribuzione delle concessioni, si permetta di abbreviare rimandando a M. CAFAGNO , Vincoli di gara ed affidamenti concessori, in AA. VV., Finanza di progetto, a cura di G. CARTEI, Editoriale Scientifica, Napoli, 2010, p. 395 ss., con le annesse annotazioni bibliografiche. 19 La ritrosia trova una testimonianza eloquente nei dati appena ripresi, per i contratti il cui importo supera le soglie di rilevanza europea, quelli appunto soggetti al regime di pubblicità TED; giova invece segnalare che, al di sotto delle soglie europee, parrebbe invece prevalere la tendenza opposta. la relazione annuale per il 2012 dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (consultabile all’indirizzo http://www.avcp.it) ha stigmatizzato, con qualche allarme, una tendenza al crescente impiego di procedure negoziate, nemmeno precedute da bando, ai fini della stipulazione di contratti che comportano un impegno economico meno rilevante; trattasi di un approccio alla flessibilità procedimentale che, come vedremo nel corso dello scritto, è in qualche modo contraddittorio e rovesciato rispetto a quello che sarebbe lecito desumere dal diritto europeo. 20 In tema, AA. VV., Amministrazione pubblica dei contratti, a cura di D. SORACE , Editoriale scientifica, 2013; AA. VV., Gli appalti pubblici tra regole europee e nazionali, a cura di G. A. BENACCHIO G.A., M. COZZIO , Milano, EGEA, 2012; AA.VV., Negoziazioni pubbliche. Scritti su concessioni e partenariati pubblico-privati, cit.; AA.VV. Le gare pubbliche. Il futuro di un modello, cit.; F. LEDDA , Per una nuova normativa sulla contrattazione pubblica, in AA.VV. Studi in onore di Antonio Amorth, vol. I, Scritti di diritto amministrativo, Giuffrè, 1982, p. 317 ss.; G. P ERICU , Note in tema di attività di diritto privato della pubblica amministrazione, Giuffrè, 1966; G. P ERICU , M. GOLA, L'attività consensuale dell'amministrazione pubblica, in AA. VV., Diritto amministrativo, II, a cura di L. MAZZAROLLI, G. PERICU, A. ROMANO, F. ROVERSI MONACO , F. G. SCOCA , Bologna, 2005, p. 283 ss.; E. P ICOZZA , L'appalto pubblico tra diritto comunitario e diritto nazionale. Una difficile convivenza, in AA.VV., I contratti di appalto pubblico, a cura di C. FRANCHINI, Utet, 2010, p. 29 ss. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 39 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE La prima impostazione, che tipicamente galvanizza l’attenzione dei giuristi, interpreta automatismi concorsuali e regole di trasparenza come strumenti di moderazione dei problemi di controllo nascenti dalle asimmetrie informative che di solito penalizzano l’ente pubblico, nel rapporto con i suoi agenti 21. In poche parole, assumendo che sarebbe illusorio tentar d’imbrigliare le condotte dei funzionari mediante la sola verifica, a posteriori, dei risultati contrattuali conseguiti, una rigorosa procedimentalizzazione dei meccanismi di scelta, a priori, si erge a misura utile a prevenire arbitrio o corruttela, nella consapevolezza del fatto che le amministrazioni sono pur sempre apparati che agiscono sul mondo attraverso gli atti e i comportamenti dei loro organi e dei loro burocrati 22. Un’ottica alternativa, assai più valorizzata dalla riflessione economica, assegna alle procedure concorsuali lo scopo prioritario di attribuire il titolo contrattuale in palio al candidato capace di sfruttarlo nel modo più fruttuoso per la collettività; le gare si prestano così ad essere investigate come dispositivi di emulazione controllata delle dinamiche concorrenziali, come processi di interazione che, distillando e riproducendo gli andamenti di un mercato competitivo, consentono alla committenza pubblica di sfruttare l’antagonismo tra gli aspiranti per mitigare le proprie debolezze conoscitive sul versante esterno, cioè nel rapporto con le imprese23. Osservata nella prima prospettiva, la gara è una camicia di forza, supplisce alla presumibile debolezza del controllo postumo con la previa e cautelativa imposizione di protocolli decisionali serrati. 21 T ra i molti, basti un rinvio a F. LEDDA, Per una nuova normativa sulla contrattazione pubblica, cit.; M. S. GIANNINI, Istituzioni di diritto amministrativo, Giuffrè, 1981, p. 459 ss. 22 Cfr. I. RIZZO , I contratti nella Pubblica amministrazione: considerazioni metodologiche per una verifica empirica, in Econ. pubbl., 1994, p. 7 ss. 23 T ra gli abbondanti contributi scientifici che trattano le procedure di gara attingendo a teoria dei giochi e analisi economica, AA.VV., Handbook of Procurement, a cura di N. DIMITRI, G. P IGA , G. SP AGNOLO, Cambridge University Press, 2006; AA.VV. The Economic Theory of Auctions, vol. I e II, a cura di P. KLEMPERER, Cheltenham, UK, Edward Elgar, 1999; P. KLEMPERER, What Really Matters in Auction Design, Nuffield College, Oxford, feb. 2001 (http://www.nuff.ox.ac.uk/users/klemperer); R. P. MCAFEE E J. MCMILLAN , Auctions and Bidding, in Journal of Economic Literature, 1987, 25(2), p. 699 ss.; K. M. SCHMIDT E M. SCHNITZER, Methods of Privatization: Auctions, Bargaining and Give-Aways, in H. GIERSCH (ed.), Privatization at the End of the Century, Berlino, 1997, p. 97 ss. (consultabile in formato paper qui: http://citeseerx.ist.psu.edu/viewdoc/download?doi=10.1.1.201.9784&rep=rep1&type=pdf); W. VICKREY , Counterspeculation, Auctions, and Competitive Sealed Tenders, in Journal of Finance, 1961, 16(1), p. 8 ss. (lo si veda anche in AA.VV., The Economic Theory of Auctions, cit., vol. I contributo n. 2, p. 65 ss.); E. WOLFSTETTER, Auctions: An Introduction, in Journal of Economic Surveys, 1995, 10(4), p. 367 ss.; una ricca antologia di utili e pregevoli saggi dottrinali è visionabile all’indirizzo http://www.market-design.com/library-general.html. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 40 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE Assecondando questa logica, diviene lecito supporre che tanto più fiscali e severamente regolamentate siano le gare, tanto meno spazio concedano cioè alla libertà di scelta dei funzionari (e quindi alla possibilità di uno sfruttamento opportunistico del vantaggio informativo da essi detenuto, a danno dell’ente e della collettività), tanto meglio. Sul secondo versante la gara diventa una cosa piuttosto diversa, diviene un modo 24 di riprodurre in laboratorio le dinamiche di un mercato competitivo . Finché le due filosofie si sposano (il che di norma accade quando si tratti di perfezionare contratti semplici e standardizzati) non nascono grossi problemi. Purtroppo, però, al crescere della complessità delle transazioni i due punti di vista entrano in conflitto, sicchè non può esser dato per scontato che le soluzioni procedimentali buone per raggiungere un risultato (il controllo dei funzionari) siano egualmente buone per raggiungere l’altro (l’efficienza della contrattazione). Il riscontrato favore per la rigidità indica che la prassi nazionale tende a risolvere la tensione all’insegna di un criterio di prevalenza della prima visuale sulla seconda, non di rado appellandosi per l’appunto, implicitamente o esplicitamente, alla prioritaria necessità di ostacolare la corruzione. Non è questa la prospettiva sposata dal diritto comunitario, a mio giudizio per buone ragioni, che proverò a illustrare nel seguito. 3. Il teorema di equivalenza di Vickrey e le sue implicazioni. L’argomento del disegno di aste efficienti impegna una ricca letteratura interdisciplinare. Non ho la pretesa velleitaria di riassumerla ora in poche parole, tuttavia penso che anche l’enunciativo e telegrafico richiamo di alcuni suoi capisaldi, cone annessi richiami bibliografici, valga a prospettare opportunità di studio e orizzonti metodologici promettenti, in campo giuridico. 24 E’ quasi inutile soggiungere che rinvigorire le garanzie d’imparzialità amministrativa, da una parte, e incrementare l’efficienza contrattuale, dall’altra, significa al contempo promuovere il terzo essenziale fine dei vincoli concorsuali, cioè salvaguardare il mercato e la concorenza. La varietà degli obiettivi perseguiti dalle procedure di gara, nell’ordinamento vigente, è ben rappresentata dalla lettera dell'art. 2 c. 1 del D. Lgs. 163/2006, secondo cui l’amministrazione “deve garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza; (…) deve altresì rispettare i principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché quello di pubblicità”; per un commento, G. FIDONE , Principi e disposizioni comuni, in AA.VV., Commentario al codice dei contratti pubblici, a cura di M. CLARICH , cit., p. 46 ss.; ivi si legga anche L P ROSPERETTI, M. MERINI, I contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Una prospettiva economica, p. 27 ss. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 41 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE Il contributo concettuale forse più interessante, ai nostri fini, ricavabile da questi scritti specialistici, è la dimostrazione - basata sull’analisi comparata dei prototipi d’asta diffusi nella prassi (non soltanto pubblicistica) – che in condizioni realistiche il loro grado di efficienza è variabile, secondo le caratteristiche dei contratti e secondo il contesto delle operazioni selettive. In altre parole, questa teoria insegna che per conseguire l’obiettivo dell’efficienza e della convenienza contrattuale la scelta e la configurazione dei modelli procedimentali devono duttilmente adattarsi alla natura delle sottostanti transazioni economiche, alle caratteristiche dei candidati, alle peculiarità del mercato e dell’ambiente competitivo. Trattasi di risultato che assume a piattaforma concettuale il c.d. “teorema di equivalenza”di Vickrey, premio nobel per l’economia, il quale ha dimostrato che quattro prototipi di asta diffusi nella pratica – esemplificativi, nelle loro diversità, del 25 grande assortimento di modelli cui il disegno delle procedure può attingere - generano risultati equivalenti, sul piano dell’efficienza e dei guadagni del banditore, a condizione che siano soddisfatti presupposti estremamente severi, al punto da risultare sostanzialmente irrealistici 26. M a proprio l’implausibilità di queste condizioni si dimostra carica di implicazioni teoriche interessanti, per l’interprete, perché in tal modo il teorema finisce precisamente col fornire la base alla dimostrazione del fatto che, nella pratica, le forme di gara non sono affatto equivalenti, sicchè l’obiettivo dell’efficienza reclama elasticità, nel disegno dei concorsi 27. 25 Gara ad offerte palesi al rialzo, gara ad offerte palesi decrescenti, gara in busta chiusa alla miglior offerta o al prezzo più conveniente, gara alla Vickrey, o in busta chiusa al secondo miglior prezzo; R.. P. MCAFEE e J. MCMILLAN, Auctions and Bidding, in Journal of Economic Literature, 1987, 25(2), p. 699 ss.; L. PARISIO, Meccanismi d’asta, Carocci, 1999; E. RASMUNSEN, Teoria dei Giochi e informazione, Hoepli, 1993, p. 275 ss. 26 Tra di essi, neutralità al rischio dei partecipanti alla gara, loro “ simmetria”, monodimensionalità dei criteri di confronto, natura “ comune” o “ correlata” della procedura; per il chiarimento e l’approfondimento del significato dei vari presupposti, W. VICKREY , Counterspeculation, Auctions, and Competitive Sealed Tenders, cit.; AA.VV. The Economic Theory of Auctions, a cura di P. KLEPERER, cit.; K. M. SCHMIDT e M. SCHNITZER, Methods of Privatization: Auctions, Bargaining and Give Aways, cit. 27 Si le gga ancora W. VICKREY , ult. cit.; per un’efficace e chiara sintesi della portata applicativa del teorema, K. M. SCHMIDT e M. SCHNITZER, Methods of Privatization: Auctions, Bargaining and Give Aways, cit.; per una più ampia e approfondita panoramica, AA.VV. The Economic Theory of Auctions, a cura di P. KLEMPERER, cit.; P. MILGROM, Putting Auction Theory to Work, Cambridge University Press, 2004; per una lungimirante operazione di traduzione dei tecnicismi in un linguaggio accessibile ai non addetti ai lavori, senza perdita di contenuto, AA.VV., Handbook of Procurement, cit.; IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 42 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE Gli esperti in materia mostrano che semplicemente non esiste un modello di gara universalmente appropriato e invitano a guardarsi dalla rigidità dei metodi selettivi. In breve, l’obiettivo di innalzare efficienza e convenienza impone soluzioni diversificate. Rovesciando il discorso, la povertà e la mancanza di elasticità dei modelli concorsuali scoraggiano la partecipazione ai negoziati, giacchè riducono il surplus che le parti possono sperare di dividersi, contrattando. Bisogna aggiungere che le perdite di efficienza causate dal formalismo e dalla fissità procedimentale si aggravano di pari passo con l’aumento della complessità dei contratti bisognosi di allocazione. Questo accade perché gli automatismi propedeutici all’intensificazione del controllo degli organi pubblici poco si conciliano col bisogno di apprendimento, abitualmente connaturato al perfezionamento di transazioni onerose, incerte e di lungo 28 periodo . Nelle consuete gare meccaniche, la p.a. è tenuta a specificare, prima della gara, l’oggetto dei suoi bisogni, i requisiti occorrenti a soddisfarli, i parametri di valutazione delle proposte acquisite, il loro peso relativo. I concorrenti devono a loro volta definire condizioni contrattuali e strategie competitive prima di confrontarsi, poiché l’offerta, una volta presentata, resta di regola anonima e non revisionabile, sino al giudizio conclusivo. Non sono previsti momenti intermedi, che consentano di affinare la domanda pubblica o le offerte private, durante lo svolgimento del concorso. In breve, i risultati di queste gare – gli esemplari prediletti dalla prassi nazionale - vengono a dipendere da una ponderazione compiuta prima del loro esperimento. M a la dottrina ha mostrato che l’impossibilità di acquisire e di sfruttare nuova informazione, in corso di gara, e la conseguente soppressione di quei meccanismi correttivi che sono il propellente di ogni virtuosa dinamica adattativa, possono costare molto, in termini di efficienza, quando in gioco sia il perfezionamento di rapporti 29 negoziali non banali . Quando la negoziazione presuppone investimenti cospicui e aleatori, l’opportunità di aggiustare e rivedere le stime in corso di gara, tenendo conto delle strategie rivali e delle informazioni che esse svelano, incoraggia la partecipazione, 28 M. CAFAGNO , lo stato banditore, cit., con ulteriori rimandi bibliografici Sugli e spedienti utili a mitigare il problema dell’incertezza, all’interno delle gare, anche attraverso procedure ibride e miste, che alternino fasi di competizione aperta a fasi di competizione al buio, P. KLEMPERER, What Really Matters in Auction Design, cit.; K. M. SCHMIDT E M. SCHNITZER, Methods of Privatization: Auctions, Bargaining and Give-Aways, cit. p. 97 ss.; N. DONI, L'affidamento mediante gara di contratti pubblici: l'importanza della reputazione, in Pol. econ., 2005, p. 307 ss.; M. RICCHI, Negoauction, discrezionalità, dialogo competitivo e il nuovo promotore, cit. 29 IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 43 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE anche perché allevia il timore di compiere errori irreversibli, nella formulazione delle offerte. Analisi speculari hanno provato che per imprese ragionevolmente avverse al rischio la necessità di basare un’impegnativa candidatura su congetture sviluppate al buio, per giunta non ritrattabili, opera viceversa come un serio elemento di 30 dissuasione . La già evocata disciplina europea del dialogo competitivo - sinora quasi pretermessa dal diritto interno - testimonia proprio che un malleabile coinvolgimento delle imprese, già in fase ideativa, risponde alla necessità di concedere spazio all’affinamento delle conoscenze (anche per spronare scoperte e innovazioni) in funzione del perfezionamento di contratti onerosi e incerti 31. 4. Contrattazione incompleta e asimmetrie informative post-contrattuali. Vorrei ora spendere qualche parola per mostrare che, quando in gioco sia la conclusione di contratti complessi, la rigidità delle gare promette di risolversi in misura inefficace (rispetto agli stessi obiettivi di prevenzione che proclama di perseguire), oltre che inefficiente. Contratti come partenariati istituzionali o concessioni amministrative sono di frequente caratterizzati da elevati profili d’incompletezza: a causa dell’entità e della specificità degli investimenti richiesti, delle conseguenti durate, propedeutiche al completamento dei necessari ammortamenti, questi accordi spesso costringono i contraenti a scegliere in uno stato di forte incertezza e debolezza informativa, cui corrisponde una scarsa capacità di calcolo e previsione, che impedisce una preventiva 32 specificazione di diritti e obblighi reciproci, all’interno di accurate clausole negoziali . 30 Si vedano, tra I molti, P. MILGROM E R. WEBER, A Theory of Auctions and Competitive Bidding, in Econometrica, 1982, 50/5, p. 1089 ss.; P. BAJARI, S. T ADELIS, Incentives and award procedures: competitive tendering vs. negotiations, in AA. VV., Handbook of Procurement, cit.; il fenomeno del cosiddetto "winner curse" – originato precisamente dal fatto che potrebbe non essere del tutto rassicurante, per un partecipante a una gara in busta chiusa, propedeutica all’affidamento di una commessa contraddistinta da forte incertezza, scoprire a fatto compiuto di aver presentato un’offerta sensibilmente al di sopra della media - è ad esempio trattato da M. KLEIN , Designing Auctions for Concessions – Guessing the Right Value to bid and the Winner’s Curse, in Public Policy for the Private Sector, The World Bank Group, 1998, n. 160; E. RASMUNSEN , Teoria dei Giochi e informazione, Hoepli, 1993, p. 275 ss.; P. KLEMP ERER, What Really Matters in Auction Design, cit. 31 Cfr. D. MOSEY , Early Contractor Involvement in Building Procurement: Contracts, Partnering and Project Management, Wiley - Blackwell Publishing, 2009. 32 Imprescindibile il richiamo di O.E. W ILLIAMSON , La gara per la concessione di sfruttamento di un monopolio naturale, in Le istituzioni economiche del capitalismo (trad. it), Franco Angeli, 1986, p. 485 ss.; su questo argomento, il rapporto dell’AGCM su Concorrenza e IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 44 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE Si tratta chiaramente di un altro serio fattore d’intralcio all’esperimento di procedure formali e meccaniche, che invece si distinguono, come abbiamo ricordato, per l’esigenza di un’anticipazione analitica e scrupolosa dei criteri e dei termini della comparazione concorsuale 33. Non è difficile intuire che procedure fiscali e severe, le quali tuttavia impediscano alle parti di apprendere le une dalle altre e di moderare incognite e rischi, quando in gioco siano transazioni non banali, possono indurre una ritrosia a competere persino più grave di quella associabile all’eventuale fragilità degli strumenti di controllo sui funzionari. Soprattutto – spettro più temibile, sul piano della prevenzione della corruzione – esse di solito non azzerano il potere o la necessità di compiere scelte o valutazioni discrezionali ma, più semplicemente, ne procrastinano l’esercizio al momento dell’esecuzione, sospingendolo in un cono d’ombra. Alle condizioni ipotizzate è verosimile che, quanto più rigida e minuziosa sia la prefigurazione nel bando o nei documenti di gara dei criteri selettivi e dei contenuti pattizi, tanto più cresca la probabilità d’imprevisti in corso d’esecuzione (veri o anche soltanto annunciati) e, perciò, di rinegoziazioni postume. Queste revisioni contrattuali da un lato smentiscono le asserite virtù del formalismo della selezione iniziale, d’altro lato riaprono invariati tutti i problemi di asimmetria informativa e tutti i problemi di supervisione dei funzionari che la meccanicità del concorso avrebbe preteso di azzerare, in una fase della vita del contratto in cui non è nemmeno più possibile confidare sul naturale interesse dei concorrenti a 34 controllarsi reciprocamente . regolamentazione nei servizi di pubblica utilità, AS026, del 1 luglio 1994, all’indirizzo http://www.agcm.it/, p. 26 osserva per l’appunto che il ricorso alle procedure di gara al fine di incrementare la contendibilità di attività monopolistiche “comporta generalmente notevoli problemi legati alla variabilità dei fattori che nel tempo possono incidere sulle condizioni economiche di fornitura del servizio. Soprattutto laddove la specificità degli investimenti, nonché la lunghezza del periodo di realizzazione e di ammortamento economico degli stessi tendono ad ampliare in misura consistente la durata ottimale della concessione, l'esatta definizione dei contratti risulta estremamente difficile e costosa”; in dottrina, tra i molti scritti, si consultino ancora K. J. CROCKER E S. E. MASTEN , Mitigating Contractual Hazards: Unilateral Options and Contract Length, in Rand Journal of Economics 1988, 19, p. 327 ss.; V. GOLDBERG , Regolamentazione e contratti amministrati (trad. it.), in AA.VV., Concorrenza, monopolio, regolamentazione, a cura di D. GRILLO , M. COSSUTTA , Il Mulino, 1997, p. 342 ss.; J. J. LAFFONT, J. TIROLE, A Theory of Incentives in Procurement and Regulation, the M.I.T. Press, 1993; A. NICITA , V. SCOP PA , Economia dei contratti, Carocci, 2005, p. 195 ss. 33 In tema, C. S., V. Sez., n. 5845/2008. 34 Opportuno un nuovo rimando a O.E. W ILLIAMSON , La gara per la concessione di sfruttamento di un monopolio naturale, cit., nonché, per una trattazione formalizzata, a J. J. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 45 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE La dottrina ha giustamente osservato che le gare possono contrastare asimmetrie informative precontrattuali, ma sono armi spuntate, quando proliferano problemi di asimmetria informativa postcontrattuale. Coerente a quest’ordine di osservazioni, la “Relazione sulla lotta alla corruzione”, appena pubblicata dalla Commissione europea, riferisce per l’appunto che, stando agli studi empirici e ai resoconti della Corte dei Conti, “in Italia la corruzione risulta particolarmente lucrativa nella fase successiva all’aggiudicazione” e che spesso, dopo gare formalmente inattaccabili, “la qualità dei lavori viene intenzionalmente 35 compromessa nella fase di esecuzione” . Trattasi di problema antico, già ampiamente denunciato dal cosiddetto rapporto Cassese36. Si aggiunga il fatto, ben noto alla prassi, che la varietà e l’eterogeneità dei parametri comparativi cui deve necessariamente rimettersi la valutazione di offerte propedeutiche al perfezionamento di contratti complessi rende praticamente impossibile azzerare il rischio di inconsistenze o manipolazioni, quale che sia il livello di meticolosità e di precisione adoperato nel precostituire pesi e criteri ad uso delle commissioni aggiudicatrici 37. LAFFONT, J. T IROLE , ult. cit.; si vedano poi J. LUIS GUASCH , Granting and Renegotiating Infrastructure Concessions. Doing it Right, The World Bank, Washington, D.C., 2004; R. CORI, I. P ARADISI, La fase di esecuzione del contratto di concessione di lavori pubblici, in AA. VV., Negoziazioni pubbliche, cit. p. 568 ss.; per un interessante studio di ampio respiro, in ambito più strettamente giuridico, A. GIANNELLI, Esecuzione e rinegoziazione degli appalti pubblici, Editoriale scientifica, 2012 35 Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento sulla lotta alla corruzione, Bruxelles, 3.2.2014, COM (2014) 38 final, Annex 12 - allegato sull’Italia - p. 12. 36 Atti Parlamentari XIII Legislatura - Camera dei Deputati, rapporto del Comitato di studio sulla prevenzione della corruzione, presentato al Presidente della Camera il 23 ottobre 1996; limitando ad un cenno i mille riferimenti dottrinali possibili al tema di lotta alla curruzione, basti un rimando a AA.VV., Il contrasto al fenomeno della corruzione nelle amministrazioni, a cura di G. TERRACCIANO , S. T OSCHEI STEFANO , V. ZAMBRANO , Roma, 2013; AA.VV., Il sistema degli appalti, a cura di G. COLOMBO, Giuffrè, 1995; A. VANNUCCI, Il lato oscuro della discrezionalità. Appalti, rendite e corruzione, in AA.VV. Le gare pubbliche. Il futuro di un modello, cit. 37 V. par. 4.2.2.3 del menzionato parere del Comitato Economico e Sociale sul "Rafforzamento del diritto delle concessioni e dei contratti di partenariato pubblico-privato", del 19 ottobre 2000; P. A. MORI, Perché il metodo aggregativo compensatore è sconsigliabile per l’aggiudicazione dei contratti pubblici, in AA.VV., Negoziazioni pubbliche, cit., p. 356 ss.; ivi anche F. PATRONE , Sulla manipolabilità del metodo aggregativo compensatore, p. 381 ss.; P. A. MORI, Quando l’offerta economicamente più vantaggiosa è davvero vantaggiosa?, in Economia Pubblica, 1997, p. 5 ss. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 46 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE 5. Flessibilità e nuove direttive europee su appalti pubblici e concessioni Le considerazioni sin qui svolte non intendono naturalmente sminuire l’importanza del tema della lotta alla corruzione. Suggeriscono piuttosto di prendere atto che è illusorio e sviante pensare che procedure concorsuali rigide garantiscano per definizione la simultanea ottimizzazione di efficienza, concorrenza, controllo. Quando gli obiettivi confliggono e vi sono buone ragioni per non sacrificare la flessibilità delle interazioni precontrattuali, nasce piuttosto l’esigenza di affidare la 38 prevenzione degli illeciti a strumenti e rimedi appositi, complementari alla gara . Di fatto una dichiarata volontà di recupero della flessibilità informa le direttive appena approvate, sull’affidamento dei contratti pubblici. Il quarantaduesimo considerando della direttiva 2014/24/UE esordisce con l’affermazione secondo cui “è indispensabile che le amministrazioni aggiudicatrici dispongano di maggiore flessibilità nella scelta di una procedura d'appalto che prevede la negoziazione” ed è plausibile “che un più ampio ricorso a tali procedure incrementi anche gli scambi transfrontalieri”. Coerentemente la nuova disciplina degli appalti nei settori ordinari estende notevolmente la possibilità di ricorso alla procedura negoziata competitiva39. Altra innovazione all’insegna della malleabilità dei concorsi, volta a facilitare la conduzione di transazioni originali e rischiose, è l’ideazione dell’istituto dei “partenariati per l’innovazione” 40. La direttiva 2014/25/UE , regolante l’aggiudicazione degli appalti nei settori speciali, dal canto suo, ha confermato la preesistente libertà di utilizzo della procedura negoziata competitiva, aggiungendovi la più ampia possibilità di ricorso al dialogo competitivo e la simmetrica previsone dei partenariati per l’innovazione. La direttiva 2014/23/UE, in materia di concessioni, ha infine decretato apertamente – con l’art. 37, dedicato alle “garanzie procedurali” – che, ai fini della cernita del concessionario, “l'amministrazione aggiudicatrice (…) può condurre 41 liberamente negoziazioni con i candidati e gli offerenti . 38 Dei quali è auspicabile voglia farsi promotrice l’Autorità di settore, nell’esercizio delle sue nuove e moltiplicate competenze. In forza dell’art. 19 D.L. 90/2014, l’A.N.A.C. ha di recente assorbito le funzioni della soppressa autorità di vigilanza sui contratti. Opportuno un rimando al sito dell’Istituzione, all’indirizzo http://www.anticorruzione.it/ 39 Si vedano gli artt. 26, in materia di “ scelta delle procedure”, 29, per l’appunto dedicato alla procedura competitiva con negoziazione, nocnhè 30, sul dialogo competitivo. 40 Art. 31 della direttiva 2014/24/UE . 41 Puntualizzando subito dopo che “ l'oggetto della concessione, i criteri di aggiudicazione e i requisiti minimi non sono modificati nel corso delle negoziazioni” (comma 6). IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 47 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE Ragionando per assurdo, questi riscontri normativi dimostrano che il controllo dei funzionari non è affatto la priorità incondizionata delle gare, secondo il diritto europeo. Infatti, un sistema di regole che fosse egemonizzato dallo scopo di intensificare la guardia sui funzionari, reprimendone per quanto possibile la libertà d’azione, dovrebbe tanto più irrigidirsi quanto più severe fossero le minacce incombenti sull’imparzialità amministrativa. Contratti complessi, parteneariati pubblico-privati, rapporti concessori mobilitano di regola risorse ingenti, non di rado conferiscono posizioni addirittura monopolistiche, prospettano vantaggi proporzionalmente più elevati, hanno marcati effetti distributivi. Nell’economia di queste negoziazioni è dunque maggiore il pericolo che si 42 sviluppino tentativi d’interferenza, pressioni indebite e attività di rent seeking . Cionondimeno il diritto europeo – sulla base di argomenti persuasivi, dei quali ho tentato di dar conto - legittima canoni flessibili e non scoraggia affatto l’uso della discrezionalità. A fronte di processi di riforma del diritto internazionale 43 precisamente animati dalla consapevolezza che, quando in gioco siano contratti non standardizzati, la rigidità delle procedure di gara tende ad ostacolare, piuttosto che a favorie, un mercato aperto e virtuoso delle commesse pubbliche, diviene secondo me contraddittorio assumere che i vincoli europei individuino soglie minime di rigore, sempre aggravabili in sede attuativa, in nome di un postulato di priorità della prevenzione dei fenomeni di 44 corruttela . La sentenza della Corte di Giustizia che nel 2004 ha censurato l’art. 21 dell’allora vigente legge M erloni45 costituisce un precedente istruttivo. 42 Sulla relazione che lega effetti distributivi delle scelte contrattuali e cosiddetti “costi di influenza”, P. MILGROM, J. ROBERTS, Economia, organizzazione e management, Il Mulino, 1994, p. 399 s.; ID ., An Economic Approach to Influence Activities in Organizations, in American journal of sociology, (supplemento), 1988, 94, p. 154 ss.; P. MILGROM, Bargaining and Influence Costs and the Organization of Economic Activity, in Perspectives on positive political economy, a cura di J. ALT E , K. SHEP SLE , Cambridge, MA, Cambridge University Press, 1990, p. 57 ss. 43 Le cui tappe intermedie sono analiticamente descritte in M. CAFAGNO , Responsabilità amministrativa nascente dalla violazione delle norme di gara ed evoluzione della disciplina dell’evidenza pubblica, cit., cui pertanto si rimanda. 44 E’ quasi superfluo notare che un ragionamento a parte va riservato a quelle norme europee bisognose di recepimento che obiettivamente facoltizzano i legislatori nazionali ad optare tra soluzioni alternative. 45 Corte di Giustizia, Seconda Sezione, 7 ottobre 2004, procedimento C-247/02 IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 48 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE E’ noto che con quell’articolo - al cospetto di una normativa comunitaria che, regolando le modalità di valutazione delle offerte, rimetteva alle stazioni appaltanti il compito di scegliere tra il criterio del prezzo più basso e quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa - il legislatore nazionale decise di accordare un favore aprioristico al primo metodo, in quanto per sua natura adatto a minimizzare la discrezionalità amministrativa. Il giudice europeo ha censurato la norma interna, chiarendo che la pretesa di tradurre i vincoli concorsuali in un letto di Procuste, sul quale adagiare la stima delle offerte e le operazioni contrattuali, in nome delle istanze di controllo degli amministratori pubblici, non soddisfa ma al piuttosto tradisce gli scopi perseguiti dal 46 diritto europeo, con la previsione degli obblighi di gara . Acquisire questa consapevolezza è a mio giudizio importante, in una fase storica in cui l’ordinamento nazionale, in piena crisi economica, dovrà profondersi nella revisione sostanziale della disciplina dei contratti pubblici, assolvendo gli obblighi di recepimento delle nuove direttive. 46 Cfr. par. 39 e ss. della motivazione della sentenza. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 49 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE PRINCIPI E CATEGORIE ECONOMICHE NELL'AMBITO DEL DIRITTO SOCIETARIO E CONCORSUALE L’Autore, nel confrontarsi con il rapporto tra diritto ed economia, si sofferma prioritariamente su due aspetti: il nesso tra diritto e scienze economiche, dall'altro, quello tra diritto e fenomeni economici. Egli affronta poi il tema della rilevanza del capitale sociale, dell'equilibrio patrimoniale e dell'equilibrio finanziario. di O RESTE CAGNASSO 1. Premesse. Nell'affrontare il tema dei rapporti tra diritto ed economia pare necessario distinguere due profili: da un lato, il nesso tra diritto e scienze economiche, dall'altro, quello tra diritto e fenomeni economici. E' opportuno, nella prima prospettiva, riferirsi alle scienze economiche al fine di tener conto sia dell'economia politica, sia dell'economia aziendale. L'una e l'altra possono offrire ed hanno offerto strumenti di notevole rilievo per il giurista al fine di verificare la razionalità economica delle norme, il loro impatto e i loro effetti. L'analisi economica del diritto ha aperto prospettive di indagine, fornito strumenti interpretativi, indicato possibili soluzioni de iure condendo di grande utilità, anche se non possono essere sottaciuti i limiti di tale approccio. E' poi evidente che il diritto o meglio un settore del diritto disciplina fenomeni economici. Al proposito è oramai consolidata la categoria del diritto dell'economia, ripartibile in diritto privato, sostanzialmente coincidente con il diritto commerciale, e in diritto pubblico dell'economia. Come si osservava, l'interprete può con profitto, e in certi casi deve, utilizzare principi e categorie elaborati dalle scienze economiche. A volte, e mi pare che il profilo meriti particolare attenzione, è lo stesso legislatore a far propri principi e categorie tratti dalle scienze economiche. In tal caso si verifica una sorta di "innesto" di regole extra giuridiche nel corpo dell'ordinamento giuridico (innesto peraltro presente anche con riferimento a principi e categorie desunti da altri contesti). Quale la posizione dell'interprete nel ricostruire la portata di tali regole di fonte esterna e nell'applicarle? Possono essere "lette" con gli stessi criteri con cui vengono interpretate le altre disposizioni? Oppure occorre tener conto della loro fonte ed utilizzare particolari IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 50 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE tecniche ermeneutiche? Certamente la circostanza che si tratti di principi o di categorie "prese a prestito" dalle scienze economiche non può essere ignorata dall'interprete, come pure non possono essere trascurati i problemi dall'innesto di questo corpo in qualche misura estraneo nell'ambito dell'ordinamento giuridico, al fine di evitare "crisi di rigetto" o un inserimento solo parziale. In particolare mi sembra che debbano essere evitati alcuni rischi e possa essere opportuno utilizzare alcuni criteri. Il tema su cui vorrei soffermarmi è circoscritto l'innesto di principi e categorie tratti dall'economia aziendale nell'ambito della disciplina societaria e fallimentare alla luce delle recenti riforme e dei loro sviluppi. Gli esempi sono numerosi e facilmente individuabili. Così con riferimento ai principi, si possono richiamare quelli di corretta amministrazione, di corretta gestione societaria e imprenditoriale, l'obbligo di creare assetti adeguati. Come è noto, l'art. 2403 c.c. dispone che il collegio sindacale vigila sul rispetto dei principi di corretta amministrazione da parte dell'organo gestorio: pertanto gli amministratori di società per azioni debbono svolgere i loro compiti applicando tali principi. L'art. 2497 c.c. sancisce la responsabilità della società e degli enti che svolgono attività di direzione e coordinamento in violazione, tra l'altro, di principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale. Pertanto, l'attività di eterodirezione deve conformarsi ad essi. Gli organi delegati, ai sensi dell'art. 2381 c.c., debbono "costruire" assetti adeguati organizzativi, amministrativi e contabili e quindi porre in essere procedimenti relativi ai vari ambiti dell'attività gestoria coerenti con la natura e le dimensioni dell'impresa societaria. Il Consiglio di Amministrazione li valuta e il collegio sindacale vigila sulla loro adeguatezza e sulla loro applicazione. Ed ancora il legislatore in vari casi fa riferimento a categorie tratte dalle scienze aziendalistiche. Si pensi, ad esempio, all'eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto, che rappresenta uno dei presupposti per qualificare come anomali i finanziamenti effettuati dai soci di s.r.l. o infragruppo, così da far scattare la regola della postergazione ai sensi dell'art. 2467 c.c.. Nell'ambito del diritto concorsuale e tra le soluzioni alternative al fallimento viene prevista la redazione di un piano idoneo ad assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria dell'imprenditore (art. 67 l. f.). Anche il concordato in continuità, previsto dall'art. 186 bis l. f., presuppone un piano che consenta all''imprenditore di conseguire il riequilibrio finanziario. 2. I rischi nell'interpretazione. Come si è osservato, l'interprete non può dimenticare la fonte delle regole IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 51 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE introdotte nell'ordinamento, ma tratte dalle discipline economiche. In qualche misura deve utilizzare nella lettura delle stesse "occhiali differenti". In particolare deve cercare di non incorrere in alcuni rischi che possano in varia misura annullare o ridurre la portata dell'innesto del "corpo estraneo" nel corpus normativo. Un primo rischio è quello di una lettura sostanzialmente abrogante. Potrebbe sembrare una soluzione strana, ma in realtà questo rischio è in qualche misura sempre in agguato e in alcuni casi si è effettivamente verificato. Se i principi tratti dalle discipline economiche vengono interpretati come una sorta di sintesi delle regole giuridiche già presenti, praticamente viene annullata la loro portata. Si pensi, per richiamare un esempio appartenente al passato, all'interpretazione dei principi di evidenza e verità in tema di bilancio (o degli attuali principi di chiarezza e rappresentazione veritiera e corretta) come semplici regole di sintesi che erano dirette a richiamare le norme in tema di struttura dei documenti contabili ed i criteri di valutazione. In altre parole, un bilancio, per usare le formule più recenti, sarebbe chiaro, se sono rispettate le regole concernenti il contenuto dei vari documenti che lo compongono; sarebbe veritiero e corretto, se sono rispettati i criteri di valutazione. La giurisprudenza (e la dottrina) hanno fermamente contrastato tale opinione riduttiva, sancendo l'autonomia dei principi generali in tema di bilancio di esercizio. In altre parole, il rispetto delle regole relative al contenuto ed ai criteri di valutazione non garantisce ancora di per sé che il bilancio sia conforme ai principi di chiarezza e di rappresentazione veritiera e corretta. Analogamente verrebbe del tutto annullata la portata innovativa del richiamo a principi di corretta amministrazione se questi venissero ricondotti agli obblighi degli amministratori già previsti dal legislatore nelle varie norme. Occorre, per contro, sottolineare l'autonomia del rinvio a tali principi: quindi gli amministratori debbono adempiere agli obblighi previsti dalla legge ed inoltre a quelli ulteriori conformi ai principi di corretta amministrazione. Un ulteriore approccio di carattere riduttivo potrebbe essere quello che interpreta il richiamo a regole di fonte extra normativa in qualche misura appiattendole su quelle giuridiche. Così, ad esempio, la previsione dell'obbligo di costruire assetti organizzativi adeguati non può essere semplicemente inteso come una sorta di ripetizione della regola di diligenza: si tratta un obbligo che ha un suo particolare contenuto, individuabile attraverso anche l'elaborazione effettuata dalle scienze aziendalistiche, con specifiche modalità in ordine ai soggetti obbligati ad elaborarli, applicarli, valutarli, controllarli. E ciò tanto più ove si tenga conto che la presenza e l'applicazione di assetti adeguati e quindi in buona sostanza l'attività istruttoria e preparatoria delle scelte di gestione IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 52 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE costituisce oggi un parametro di riferimento fondamentale nella valutazione della responsabilità degli amministratori. Come si è sottolineato molto efficacemente da parte della dottrina, ciò che rileva a tal fine non è tanto che cosa hanno fatto gli amministratori, ma come l'hanno fatto. I principi a cui si è fatto riferimento rappresentano standard e quindi clausole generali, di portata aperta. Un ulteriore rischio, che ne ridurrebbe l'impatto, potrebbe essere quello di trasformarli in rules e cioè in regole rigide. Certamente è possibile, attraverso l'attività ermeneutica, individuare specificazioni e quindi determinare una serie di regole deducibili, ad esempio, dai principi di corretta amministrazione o da quelli di corretta gestione societaria ed imprenditoriale o ancora dall'obbligo di costruire assetti adeguati. M a, trattandosi di clausole generali, non credo sia mia possibile ricondurle a regole rigide esaustive. Ed inoltre la loro natura di standard, e questo mi sembra molto rilevante sotto il profilo applicativo, comporta che sempre vadano applicati tenendo conto delle peculiarità del singolo caso concreto. 3. Criteri interpretativi. Come appare evidente, i principi o le categorie tratte dal legislatore dall'economia aziendale non possono essere intese senza tener conto della loro origine e dell'elaborazione in tale ambito. Tuttavia si tratta di regole o parti di regole che vengono inserite nel contesto del corpus normativo e quindi debbono essere "amalgamate" con esso. Ciò comporta, a mio avviso, in primo luogo la necessità di coordinare tale innesto con l'istituto "ricevente" e quindi non è neppure possibile leggere tali principi o ricostruire le fattispecie senza tenerne conto. Si tratta in altre parole di un elemento in qualche misura estraneo, ma che deve inserirsi e coordinarsi con un insieme che presenta proprie caratteristiche e finalità. In secondo luogo, occorre tener conto che l'inserimento nel sistema normativo implica in ogni caso che quanto desunto dall'economia aziendale assuma una rilevanza giuridica. E' evidente, per riprendere gli esempi sopra formulati, che l'imporre agli amministratori non solo i doveri previsti o ricavabili da norme di legge, ma anche quelli desumibili dai principi di corretta amministrazione, comporta che la violazione di tali obblighi determinerà l'applicazione delle sanzioni previste dall'ordinamento giuridico. Lo stesso discorso vale per i principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale nell'esercizio dell'attività di eterodirezione e per la creazione degli assetti adeguati. Così l'eccessivo squilibrio tra l'indebitamento e il patrimonio netto viene a costituire un elemento della fattispecie che determina la qualificazione dei finanziamenti dei soci come anomali con le relative conseguenze sia sotto il profilo sostanziale sia sotto il IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 53 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE profilo concorsuale. Qualora poi si ritenga che un principio rinvenibile negli studi aziendalistici rappresenti una regola anche sotto il profilo giuridico, occorrerà individuare, da un lato, la norma che ne giustifica l'applicazione e, dall'altro, le conseguenze della sua violazione. Un esempio può essere fornito traendo spunto dal dibattito, oggi particolarmente vivo anche nella dottrina giuridica, tra il rilievo nella vita dell'impresa dell'equilibrio patrimoniale e quello dell'equilibrio finanziario. Al proposito occorre brevemente richiamare l'attuale ridimensionamento della rilevanza del capitale sociale e quindi dell'equilibrio patrimoniale e gli indici normativi che fanno riferimento all'equilibrio finanziario. 4. La rilevanza del capitale sociale e dell'equilibrio patrimoniale. Varie recenti innovazioni hanno inciso sulla rilevanza del capitale sociale, inserendosi in un contesto normativo e in un dibattito di vasta portata a livello comunitario e non solo comunitario. Come è noto, dopo un processo tanto rapido quanto tumultuoso, oggi è prevista la possibilità di costituire s.r.l. con capitale inferiore al minimo di 10.000 euro, purché sia almeno di un euro. Con il d. l. c.d. Del fare del 28 giugno 2013, n. 76, convertito nella legge 9 agosto 2013, n. 98, infatti il legislatore ha modificato la disciplina della s.r.l. semplificata, ha abrogato la s.r.l. a capitale ridotto, ha ammesso per tutte le s.r.l. la possibilità di costituirsi con un capitale inferiore ai 10.000,00 euro. La s.r.l. semplificata può oggi essere costituita da persone fisiche di qualsiasi età: il capitale sociale deve essere compreso tra 1 e 9.999,99 euro, costituito da conferimenti in denaro interamente versati. Deve essere adottato uno statuto corrispondente a quello standard contenuto nel decreto ministeriale. In presenza di tali presupposti, non sono dovuti onorari notarili e non sussistono costi per la registrazione. In ogni caso possono costituirsi s.r.l. con capitale inferiore a 10.000,00 euro: in tale ipotesi la quota degli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato, destinati a formare la riserva legale, deve essere di almeno un quinto degli stessi, fino a quando la riserva, unitamente al capitale sociale, abbia raggiunto l’importo di euro 10.000,00. La riserva così costituita può essere solo imputata a capitale ovvero destinata alla copertura di eventuali perdite, con l’obbligo di reintegrarla qualora diminuisca per qualsiasi ragione. La scelta di prevedere un capitale simbolico, ma “a formazione progressiva”, mutuata dal modello tedesco, pare in qualche misura collegabile a disposizioni dettate in altri contesti in tema di perdita del capitale sociale. Nell’ambito della disciplina delle start up innovative, infatti, sono previste regole peculiari in tema di riduzione del capitale per perdite sia con riferimento alla IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 54 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE fattispecie della perdita superiore al terzo, sia in relazione all’ipotesi di quella oltre al minimo. Invero l’art. 26 del Decreto sviluppo, al primo comma, stabilisce che, in caso di perdita oltre al terzo del capitale sociale, quest’ultima deve risultare a meno di un terzo entro il secondo esercizio successivo. Per contro, in caso di perdita che riduca il capitale al di sotto del minimo, l’assemblea, convocata senza indugio dagli amministratori, può sia ridurre immediatamente il capitale e contemporaneamente aumentarlo ad una cifra non inferiore al minimo, sia rinviare tale decisione alla chiusura dell’esercizio successivo senza che operi la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale. Se entro l’esercizio successivo il capitale non risulta reintegrato al di sopra del minimo, l’assemblea deve adottare i noti provvedimenti e quindi o ridurre e aumentare il capitale almeno al minimo, o trasformare la società, o porla in scioglimento. Si tratta quindi di disposizioni che derogano in modo sensibile alla disciplina comune sia della s.p.a. sia della s.r.l., anche se vengono in considerazione, come tutte le regole peculiari delle start up, per un periodo limitato di tempo e precisamente per i primi quattro anni dalla costituzione. Sussistono ancora disposizioni che sembrano collocarsi sullo stesso piano, ma che in realtà si inseriscono in uno scenario profondamente diverso: si tratta delle regole contenute nell’art. 182 sexies l. f. in tema di concordato preventivo e di accordi di ristrutturazione dei debiti. Anche in questo caso il legislatore sospende l’applicazione delle norme in tema di riduzione del capitale per perdite oltre il terzo e sotto il minimo, sia nell’ambito delle s.p.a. sia in quello delle s.r.l., per un periodo circoscritto di tempo, che va dal deposito della domanda per l’ammissione al concordato preventivo o per l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione o della proposta di accordo sino all’omologazione. Pure in questa ipotesi per tale periodo non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale. Decorso tale termine, troveranno applicazione le regole comuni con le varie alternative in caso di perdita del capitale sociale al di sopra del minimo. La rilevanza dell'equilibrio finanziario e quindi della possibilità per l'impresa di generare utili o quanto meno di non produrre perdite, assicurando la continuità aziendale, rappresenta un elemento rilevante ai fini della redazione del bilancio; il riequilibrio finanziario è poi l'obiettivo dei piani attestati e dei piani del concordato in continuità., Gli studi aziendalistici e in tempi più recenti anche giuridici mettono in rilievo l'importanza fondamentale dell'equilibrio finanziario, anche rispetto a quello patrimoniale. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 55 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE 5. La rilevanza dell'equilibrio finanziario. Il legislatore detta una complessa serie di norme in tema di società di capitali a garanzia dell'equilibrio patrimoniale. Nel caso di perdite, come è noto, scattano una serie di obblighi di vario contenuto a carico degli amministratori e la previsione dell'intervento dell'assemblea. In particolare qualora il capitale sociale a causa di perdite si riduca al di sotto del minimo vale la regola "ricapitalizza o liquida" (salvo la trasformazione in società di persone o s.r.l. o anche in s.r.l. con capitale inferiore a 10.000 euro). Regole analoghe non sono espressamente previste nel caso in cui venga meno l'equilibrio finanziario e quindi la società sia destinata a produrre in modo irreversibile in perdita. Tuttavia l'interprete può "inserire" tale regola a condizione di trovare una norma che lo giustifichi ed individuarne le conseguenze. Nell’ambito della disciplina della s.p.a., il legislatore, accanto ai tradizionali doveri generici, ha introdotto, come si è già rilevato, quello consistente nel conformarsi ai principi di corretta amministrazione. Ritengo che le regole fondamentali di governance, sia pure con gli opportuni adattamenti, trovino necessaria applicazione anche nell’ambito della s.r.l.. In altre parole, mentre le disposizioni suppletive, idonee a colmare le lacune della disciplina della s.r.l. relativa agli amministratori, possono essere desunte alternativamente dalla s.p.a. o dalle società di persone, a seconda dei modelli utilizzati in concreto dai soci, i principi fondamentali della governance (la diligenza, l’applicazione dei principi di corretta amministrazione, l’agire in modo informato) non possono non valere anche per la s.r.l., dato il regime di responsabilità limitata che la accomuna alla s.p.a.. Da tali principi deriva l’obbligo per gli amministratori del monitoraggio dei rischi di liquidità e solvibilità al fine di verificare la sussistenza dell’equilibrio e della continuità dell’esercizio. Qualora vengano individuati rischi di liquidità e solvibilità, gli amministratori, al di là dell’applicazione delle regole sul capitale, debbono adottare, in ossequio ai principi di corretta amministrazione, gli opportuni rimedi. Questi ultimi, oltre ovviamente all’eventuale ricapitalizzazione da parte dei soci, possono, a mio avviso, collocarsi sia sul piano sostanziale sia su quello fallimentare. Da un lato, gli amministratori potranno far ricorso alle opportune procedure concorsuali, ma, dall’altro, potrà venire in considerazione la causa di scioglimento del rapporto sociale per impossibilità sopravvenuta di conseguire l’oggetto sociale o meglio lo scopo sociale, con il conseguente passaggio ad una gestione di tipo conservativo. Infatti, in tale prospettiva si colloca l’ipotesi di scioglimento del rapporto sociale per la sopravvenuta antieconomicità dell’esercizio dell’attività sociale. In questo caso non sopravvengono circostanze esterne alla società che rendano impossibile l’esercizio dell’attività comune, né circostanze interne alla società che facciano venir meno i IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 56 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE presupposti personali o patrimoniali - finanziari necessari per la continuazione dell’attività economica. Nel caso in esame sopravvengono circostanze che incidono non sulla possibilità di esercitare l’attività, ma sulla possibilità di conseguire il risultato a cui è diretto l’esercizio dell’attività comune. Un’interpretazione della regola in esame (la sopravvenuta impossibilità di conseguire l’oggetto sociale determina lo scioglimento del rapporto sociale), legata alla lettera della medesima, potrebbe condurre ad escludere dall’ambito dell’impossibilità sopravvenuta rilevante quella che, appunto, non incide sull’oggetto, ma concerne lo scopo. L’analisi storica, sistematica e degli interessi in gioco giustifica, per contro, la lettura ampia. Sotto il profilo sistematico è necessario rilevare come il rapporto sociale sia necessariamente soggetto a scioglimento nelle ipotesi in cui vengano meno gli “elementi” tipici del modello società, e, tra questi, la possibilità di raggiungere lo scopo della società. La conclusione risulta avvalorata, nel contesto della disciplina societaria, dalla stessa rilevanza esterna del modello organizzativo. In altre parole, la riconduzione dell’antieconomicità della gestione alle ipotesi di scioglimento del rapporto sociale trova giustificazione non solo nell’ottica interna, degli interessi dei soci, ma anche nell’ottica esterna, degli interessi, in particolare, dei creditori. L’esercizio di un’attività stabilmente ed irreversibilmente destinata a produrre perdite non può che pregiudicare gli interessi dei creditori stessi. La “logica” del contratto di società - riguardata sotto il profilo dei rapporti interni, sia nell’ottica dei rapporti esterni - impone quindi di equiparare, quale causa dello scioglimento del rapporto sociale, l’impossibilità di conseguire lo scopo sociale a quella di conseguire l’oggetto sociale (in senso stretto). IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 57 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE LA RILEVANZA PENALE DELL’ABUSO DEL DIRITTO Il contributo si apre con alcune riflessioni in tema di ricerca della definizione dell’abuso del diritto; successivamente, l’attenzione viene spostata sui profili penalistici della figura, con particolare riferimento alle previsioni incriminatrici che richiamano condotte di abuso del diritto e all’elemento soggettivo. di CIRO SANTORIELLO 1. L’abuso del diritto: una sommaria definizione. Come può evincersi dalla radice etimologica del termine (ab-uti) con l’espressione “abuso del diritto” si suole indicare un limite all’esercizio di un determinato diritto soggettivo. La particolarità di questa figura, tuttavia, è data dal fatto che nel caso di specie il limite non è dettato dalla medesima norma che attribuisce la facoltà giuridica esercitata né è previsto in via generale da un’altra specifica disposizione dell’ordinamento ma è rinvenuto in via di interpretazione dall’operatore giuridico allorquando costui, valutando la condotta del singolo, ritenga che il comportamento di questi si ponga in contrasto con gli scopi etici e sociali per il cui il diritto stesso è riconosciuto e tutelato dal legislatore. Riflessioni e studi circa la possibile rilevanza di tale difformità fra l’esercizio di una propria posizione o potere giuridico e le ragioni per cui tale facoltà è attribuita e 1 2 tutelata a livello normativo sono presenti da tempo nella dottrina italiana ed è ormai 1 Appunto, con riferimento all’abuso del diritto, di difformità dell’esercizio dalla ragione della tutela legislativa parla PANDEMIGLIO, L’abuso del diritto nei trattati di Nizza e Lisbona, in Contratto ed Impresa, 2011, 1076. 2 Per una indicazione bibliografica – che comunque sarà necessariamente parziale, in ragione della numerosissima mole di lavori pubblicati sul punto –, RESCI GNO, L’abuso del diritto, in Riv. Dir. Civ., 1965, I, 205; RODOT A’, Note critiche in tema di proprietà, in Riv. Trim., 1960, 1252; GIORGIANNI, L’abuso del diritto nella teoria della norma giuridica, Milano 1963, 129; NAT OLI, Note preliminari ad una teoria dell'abuso del diritto nell'ordinamento giuridico italiano, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1958, 18; ROMANO, Abuso. C) Diritto attuale, in Enc. Dir., vol. I, Milano 1958, 170; CATTANEO, Buona fede obiettiva e abuso del diritto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1971, 634; GROSSO, Abuso del diritto. A) Diritto romano, in Enc. Dir., vol. I, 1958, 161; GUALAZZINI, Abuso del diritto. B) Diritto intermedio, ibidem, 165. Fra le voci critiche, SCIALOJA, Il “non uso” è “abuso” del diritto soggettivo, in Foro It., 1961, I, 256; SANT ORO PASSARELLI, Dottrine di diritto civile, Napoli 1954 (4^ ed.), 60;MULLER ERZBACH, L’abuso del diritto secondo la dottrina teleologica, in Riv. Dir. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 58 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE Comm., 1950, I, 89; MAZZONI, Atti emulativi, utilità sociale ed abuso del diritto, in Riv. Dic. Civ., 1965, I, 205; DOSSETT I, Orientamenti giurisprudenziali in tema di abuso del diritto, in Giur. It., 1969, I, 1, 1573. Si ricorda anche la posizione di ROT ONDI, L’abuso del diritto, in Riv. Dir. Civ., 1923, 105, secondo cui l’abuso del diritto “ è un fenomeno sociale, non un concetto giuridico, anzi uno di quei fenomeni che il diritto non potrà mai disciplinare in tutte le sua applicazioni…; è uno stato d’animo, è la valutazione etica di un periodo di transizione, è quel che si vuole, ma non una categoria giuridica”. Fra gli a utori stranieri, per le voci più risalenti, basterà qui citare JOSSERAND, De l’abus de s droits, Parigi 1905; ID., De l’esprit des droits et de leur relativité. Théorie dite de l’abus des droits, Parigi 1939 nonché, nella dottrina tedesca, SIEBERT, Verwirkung und Unzulässigkeit der Rechtsausübung, Marburg 1934. In senso critico, RIPERT , Abus ou relativé des droits, in Rev. Crit. De Lègisl. Ed de jurispr., 1929, 30; PLANIOL, T raitè èlèmentaire de droit civil, II, Paris, 1900, 269, secondo cui “le droit cesse où l’abus commence”. Più di recente invece, nella sola letteratura italiana, si veda, SACCO, L’abuso della libertà contrattuale, in Dir. priv., 1997, 217 ss.; SAL VI, Abuso del diritto. I) Diritto civile, in Enc. Giur., vol. I, Roma 1988; GAMBARO, Abuso del diritto. II) Diritto comparato, ibidem; MESSINETTI, Abuso del diritto, in Enc. dir., II Agg., Milano, 1998, 1; MARTINES, Teoria e prassi sull’abuso del diritto, Padova, 2006; GALGANO, Qui suo iure abutitur neminem leadit?, in Contratto e Impresa, 2011, 311; RESCI GNO, Forme “singolari di esercizio dell’autonomia collettiva (i concessionari italiani della Renault), ivi, 2010, 589; VETT ORI, L’abuso del diritto, in Obbl. e contr., 3, 2010, 166; D’AMICO, Recesso ad nutum e abuso del diritto, in Contratti, 5, 2010, 11; NATOLI, Abuso del diritto e abuso di dipendenza economica, ibidem, 524; SALERNO, Abuso del diritto, buona fede, proporzionalità: i limiti del diritto di recesso in un esempio di ius dicere “per principi”, in Giur. it., 2010, 809; MAST RORILLI, L’abuso del diritto e il terzo contratto, in Dann. e resp., 2010, 352; SCOGNAMIGLIO, Abuso del diritto, buona fede, ragionevolezza (verso una riscoperta della pretesa funzione correttiva dell’interpretazione del contratto), in Nuova Giur. Civ. Comm., 2011, II, 139; T RUBIANI, Un ipotesi di utilizzo “scorretto” della risoluzione: un nuovo caso di abuso del diritto?, in Obbl. e contr., 4, 2011, p. 263; BEGHIN, L’abuso del diritto nelle operazioni internazionali, in Corr. trib., 12, 2010, p. 957; MACARIO, Recesso ad nutum e valutazione di abusività nei contratti tra imprese: spunti da una recente sentenza della Cassazione, in Corr. Giur., 2009, 1577; MAUGERI, Concessione di vendita, recesso e abuso del diritto, in Nuova giur. civ. comm., 2010, II, 319; CENINI - GAMBARO, Abuso del diritto, risarcimento del danno e contratto: quando la chiarezza va in vacanza, in Corr. Giur., 2011, 109; RESTIVO, Abuso del diritto e autonomia privata. Considerazioni critiche a margine di una sentenza eterodossa, in Riv. Crit. Dir. Priv., 2010, 341; VIGLIONE, Il giudice riscrive il contratto per le parti: l’autonomia negoziale stretta tra giustizia, buona fede e abuso del diritto, in Nuova giur. civ. comm., 2010, II, 148; BARALDI, Il recesso ad nutum non è, dunque, ad libitum. La Cassazione di nuovo sull’abuso del diritto, in Contr. e Impr., 2010, 41; GENT ILI, Abuso del diritto e uso dell’argomentazione, in Resp. Civ. Prev., 2010, 354; LEVI, L’abuso del diritto, Milano 1993, 120; SACCO, L’esercizio e l’abuso del diritto, in AA.VV., Trattato di diritto civile, diretto da SACCO, vol. II, Il diritto soggettivo, Torino 2001, 317. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 59 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE sempre più frequente il ricorso nelle nostre aule giudiziarie alla figura dell’abuso del diritto, tanto da potersi sostenere che a giurisprudenza – in specie a quella della Cassazione – attribuisce pieno riconoscimento all’operatività di tale nozione nell’ambito del nostro ordinamento giuridico 3. D’altronde, sotto un profilo di teoria generale, le ragioni dell’affermarsi di tale formula paiono ben fondate e sono anche facilmente individuabili. In proposito va osservato come da sempre l’esperienza mostri uno scarto ineliminabile ed irresolubile fra singole previsioni normative ed esigenze della società e sicché si afferma con sempre maggiore frequenza che le direttive con cui il diritto sceglie di regolamentare controversie, rapporti, conflitti di interesse non rispondono alle modalità di sistemazione ritenute ottimali dalla collettività. Specie in anni più recenti, questo distacco fra le diverse previsioni e disposizioni dell’ordinamento e le nuove situazioni bisognose di disciplina ha assunto connotazioni particolarmente intense, tanto da porre financo in discussione l’assunto che possa essere la legge – con la sua rigidità contenutistica, la sua astrattezza e la sua lontananza dalla vita dell’uomo concreto - lo strumento migliore per regolamentare con la necessaria tempestività una realtà sociale in costante movimento. Proprio questa ineliminabile astrattezza della norma giuridica la quale difficilmente può contemplare tutte le possibili varianti dei comportamenti concreti – comporta il rischio che ogni singola previsione legislativa attributiva di un diritto, di una facoltà, di una libertà possa essere utilizzata per la realizzazione di fini diametralmente contrastanti con lo spirito e la ratio della disciplina legislativa: detto altrimenti, l’affinarsi delle tecniche commerciali e negoziali fra privati, da un lato, la ineliminabile vetustà delle previsioni normative rispetto all’esigenze che la collettività esprime dall’altro, sono circostanze che fanno sempre più emergere il rischio che gli istituti giuridici e le situazioni soggettive predisposte dal legislatore a vantaggio dei singoli e per la soddisfazione dei loro legittimi interessi individuali possano essere concretamente utilizzate per finalità ed obiettivi talvolta immeritevoli di tutela. In questo quadro si comprende come lo strumento concettuale simboleggiato da una figura dai contorni sicuramente incerti come l’”abuso del diritto” possa rappresentare una chiave di soluzione, una modalità per colmare lo iato fra previsione normativa e rapporti economici o personali ed in effetti la nozione in parola rappresenta 3 In particolare, per un primo espresso ed indiscutibile riconoscimento del legittimo ricorso alla figura dell’abuso del diritto nell’ambito dei rapporti fra privati, cfr. Cass., 15 novembre 1960, n. 3040, in Foro It., 1961, I, 256, dove si legge che l’abuso ricorre “ogniqualvolta un diritto attribuito dalla legge venga utilizzato dal suo titolare in modo non conforme alla funzione economico-sociale per la quale lo stesso è protetto dall’ordinamento”; PATTI, Abuso del diritto, in Digesto Priv., sez. comm., vol. I, T orino 1987, 1; GAMBARO, Abuso del diritto. II) Diritto comparato e straniero, in Enc. Giur., vol. I, Roma 1988, 1. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 60 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE da sempre uno dei “correttivi più noti”4all’inefficienza che spesso caratterizza la disciplina normativa 5. In sostanza, la funzione della figura giuridica allo studio è quella di “riporre un duttile strumento nelle mani dei giuristi (dei giudici, e con modalità diverse, dei dogmatici) al fine di introdurre un correttivo extra ordinem nella trame del diritto puramente legale, e ciò in forza di una delega che viene attribuita all’interprete 6 dal legislatore oppure, a seconda dei casi, che l’interprete si autoattribuisce” : quando, nel concreto articolarsi dei rapporti umani, l’ordinamento mostra la sua inefficienza e l’attribuzione di un diritto, effettuata in via generale ed astratta dalla norma, finisce per disattendere nel caso concreto le finalità che giustificano l’attribuzione medesima, il giudice – o l’interprete – può rifiutarsi di tollerare, di ritenere legittima tale situazione e vi pone rimedio contestando l’abuso del diritto – o meglio, affermando il divieto di abusare dal proprio diritto7. Come magistralmente affermato da uno degli autori che per primo si è interessato al tema in parola “nei suoi limiti e nella sua vocazione, la dottrina dell’abuso 4 PATTI, Abuso del diritto, cit., 1. Efficace l’espressione di GAMBARO, Abuso del diritto, cit., 1, che riconnette il ricorso alla figura in discoro ad ipotesi di “ fallimento della programmazione normativa”. 6 PINO, L’abuso del diritto fra teoria e dogmatica (precauzioni per l’uso), in AA.VV. (a cura di MANIACI), Eguaglianza, ragionevolezza e logica giuridica, MILANO 2006, 117. Dello stesso autore, cfr. L’esercizio del diritto soggettivo ed i suoi limiti. Note a margine della dottrina dell’abuso del diritto, in Ragion Pratica, 24, 2005, 161. 7 Come è evidente, le ragioni della “ fortuna” e del sempre più frequente ricorso alla figura dell’abuso del diritto sono assolutamente analoghe ai motivi che hanno segnato l’affermarsi dell’utilizzo delle clausole generali nell’ambito del diritto privato. In entrambi i casi si è in presenza – per utilizzare le parole di una lontano autore che per primo riconobbe l’indispensabile ricorso alle clausole generali – di “organi respiratori che la legislazione possiede per poter vivere e conservarsi pur salendo ad altezze dove l’aria si fa sempre più ossigenata e frizzante” (POLACCO, La scuola di diritto civile nell’ora presente. Prolusione al corso di diritto civile del 17 dicembre 1918, in Riv. Dir. Civ., 1919, 116) ed in effetti tanto le clausole generali che la figura dell’abuso del diritto sono strumenti – le prime di fonte legislativa, la seconda di origine pretoria – caratterizzati da un canone di generalità tale da consentire al giudice “ tutti gli sviluppi che i tempi nuovi domandano” (ancora POLACCO, op. cit.). Nello stesso senso, DONATI, Il problema delle lacune nell’ordinamento giuridico, Milano 1910, 208, secondo cui le clausole generali sono “ i mezzi più idonei … che il legislatore abbia a sua disposizione per far sì che l’ordinamento giuridico si mantenga adeguato alle nuove e diverse esigenze sociali” 5 IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 61 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE finisce con testimoniare l’antica miseria del diritto e la pena del giurista che cerca di riscattarla” 8. 2. Qualche cenno sull’affermarsi della figura dell’abuso del diritto nell’esperienza italiana. Nella vigenza del codice civile del 1865, la magistratura - coerentemente con l’impostazione rigidamente positivistica e con l’adesione alla teoria pandettistica che allora esprimevano tanto i giudici che la cultura giuridica italiana - ha assunto un atteggiamento di chiusura assoluta verso l’utilizzo della figura dell’abuso del diritto, negando qualsiasi possibilità di sanzionare o di reagire giuridicamente all’esercizio 9 abusivo di un diritto, riconnettendo a tali condotte una sanzione solo morale . La situazione non venne a modificarsi neppure dopo l’entrata in vigore del nuovo codice civile. In realtà, nel progetto preliminare di tale corpus normativo era stata introdotta una clausola generale, all’art. 7, la quale recitava che “nessuno può esercitare il proprio diritto in contrasto con lo scopo per il quale il diritto medesimo gli è stato riconosciuto”. Tale previsione – come è noto – venne poi eliminata nel testo definitivo e proprio sulla scorta di tale esclusione divenne agevole sostenere che il legislatore rimaneva ancorato ad una visione del giudice quale mero esecutore di una volontà normativa espressa da un potere legislativo sovrano e sistematizzata da una scienza giuridica a quest’ultimo socialmente omogenea; contro questa conclusione a nulla valsero le istanze dirette ad individuare un nuovo equilibrio fra le opposte esigenze della certezza della norma e della giustizia del caso singolo “in connessione con le necessità 10 ambientali e le concezioni etico-giuridiche delle varie società e dei vari tempi” , né trovarono ascolto le preoccupazioni di chi evidenziava il rischio che l’opera del giurista divenisse “sempre più meschina di fronte alla grandiosità, alla complessità, alla vivacità di certi fenomeni” 11. Le perplessità sopra illustrate sono venute meno dopo l’approvazione della nostra Carta fondamentale. Come è noto, nella Costituzione manca una qualsiasi clausola generale che vieti in modo espresso di abusare di un diritto o di un potere e ciò 8 Il già citato RESCIGNO, L’abuso del diritto, in Riv. Dir. Civ., 1965, I, 205, ma ora presente anche in ID., L’abuso del diritto, Bologna 1998, 11. 9 SCIALOJA, Degli atti d’emulazione nell’esercizio dei diritti, in Foro It., 1878, I, 481., secondo cui tale teorica è “ segnata in ogni sua parte dello stampo di quel medioevo nel quale andavano sempre confuse le idee di diritto, morale e religione”. In giurisprudenza, Cass., 8 febbraio 1940, in Mass. Foro It., 1940, 73 10 CARRARO, Valore attuale della massima fraus omnia corrumpit, in Riv. Trim. dir. Proc. Civ., 1949, 783. 11 VASSALLI, Della legislazione di guerra e dei nuovi confini del diritto privato, in Studi giuridici, Milano 1960, II, 359. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 62 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE ha consentito alla giurisprudenza, per lungo tempo, di affermare che “la violazione dei doveri generici di lealtà e correttezza è fonte di responsabilità per danni solo quanto concreti la violazione di un diritto altrui, riconosciuto in base ad altre norme”12. Tuttavia, l’evidente impostazione solidaristica e comunitaria che sorregge numerose disposizioni della Carta ha spinto diversi autori a rinvenire un fondamento costituzionale ad istituti e figure come l’”abuso del diritto” o la “buona fede contrattuale”, recuperando un collegamento fra tali nozioni e le prescrizioni di cui agli artt. 2 (con il richiamo ivi presente ai doveri di “solidarietà politica, economica e sociale”), 3, comma 2 (che indica una dimensione sostanziale dell’uguaglianza), 41 (sull’iniziativa economica privata, che è libera, ma “non può svolgersi in contrasto con 13 l’utilità sociale”), 42 (che fa riferimento alla “funzione sociale” della proprietà) Cost. . Tuttavia, la diversa impostazione generale e la distanza anche in termini di contenuti concreti e puntuali che indiscutibilmente poteva – e può tuttora -riscontrarsi fra le prescrizioni della Carta fondamentale ed il nostro codice civile ha reso indispensabile individuare strumenti ed istituti in grado di assicurare al dato normativo del 1942 una maggiore aderenza ad una realtà la cui evoluzione si è rivelata di giorno in giorno più accelerata e multidirezionale. E’ stata la giurisprudenza14 ad assumersi l’onere di tale interpretazione adeguatrice delle disposizioni ordinarie rispetto ai predetti principi fondamentali: a fronte dell’inerzia del legislatore ordinario ed in assenza di un’apposita previsione normativa idonea a reprimere l’abuso del diritto in via generale ed assoluta, sono stati infatti prevalentemente gli organi giurisdizionali ad individuare ipotesi in cui – pur in assenza di puntuali violazioni di singole prescrizioni - la difformità fra le ragioni di attribuzione di un diritto e le finalità per il cui perseguimento tale diritto veniva in concreto esercitato erano di tale rilievo da connotare di illegittimità la condotta del singolo. 12 Cass. Civ., sez. I, 16 febbraio 1963, n. 357, in Foro Padano, 1964, I, 1283, con nota critica di RODOT A’, Appunti sul principio di buona fede. 13 Per una valorizzazione dei rapporti fra le clausole generali presenti nel codice civile e le citate disposizioni della Costituzione, cfr. NAT OLI, Clausole generali e principi fondamentali davanti alla Corte di cassazione, in Legge, giudici, giuristi. Atti del convegno di Cagliari 18-21 maggio 1981, Milano 1982, 252; BIGLIAZZI GERI, A proposito di ideologia e diritto, ibidem,310; RODOT A’, Condizioni generali di contratto, buona fede e poteri del giudice, in Condizioni generali di contratto e tutela del contraente debole, Milano 1970, 219 14 Pur con frequenti oscillazioni. In particolare, in diverse occasioni è dato riscontrare che anche laddove le decisioni valorizzano l’intento fraudolento del soggetto agente nell’esercitare un diritto a lui attribuito dall’ordinamento, la sanzione per tale condotta non è rinvenuta in una figura di carattere generale ricavabile in via interpretativa – come appunto l’abuso del diritto o similiari -, bensì facendo applicazioni di specifiche disposizioni che vincolerebbero l’esercizio di determinate facoltà a precisi presupposti di fatto e di diritto: cfr., Cass. civ., sez. un., 27 giugno 1961, n. 1553, in Foro It., 1961, I, 1454. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 63 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE Il cammino giurisprudenziale ebbe inizio dalla materia dei diritti reali, ambito nel quale il controllo del giudice veniva agevolato – e con maggiore facilità poteva quindi affermarsene la legittimazione – dalla presenza del disposto di cui all’art. 833 cod. civ.. Sulla base di tale disposizione la Cassazione ha potuto agevolmente definire l’abuso come una situazione ricorrente “ogni qualvolta un diritto attribuito dalla legge venga utilizzato dal suo titolare in modo non conforme alla funzione economico-sociale per la quale lo stesso è protetto dall’ordinamento positivo”: in tali situazioni, la cui individuazione concreta e caso per caso era evidentemente rimessa alla valutazione discrezionale del singolo organo giurisdizionale, la giurisprudenza ha cominciato a riconnettere alla condotta eccedente i limiti del diritto esercitato una possibile responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 15. Successivamente, l’ambito di operatività dell’istituto in esame è venuto ad estendersi, sempre grazie all’attività pretoria, ai rapporti contrattuali, laddove il divieto di abusare del proprio diritto – ovvero delle diverse posizioni giuridiche di vantaggio che le clausole negoziali eventualmente attribuivano ad una delle parti contraenti – è stato ricavato dalla previsione di un obbligo di buona fede nell’esecuzione dei relativi adempimenti. Esemplificativamente, si è perciò ritenuto violativo del predetto criterio di buona fede il comportamento di una compagnia di assicurazione che, eccependo la sospensione del contratto ex art. 1912 cod. civ., si fosse poi rifiutata di risarcire il sinistro adducendo il mancato pagamento del premio dopo che, per vari anni, aveva riscosso i premi per mezzo di un proprio incaricato16; si è ritenuto decaduto dal diritto di esigere il proprio credito il mutuante privilegiato quando, dopo aver chiesto al mutuatario di assicurare a proprio favore il bene oggetto di privilegio, verificatosi il perimento del bene abbia dichiarato di voler profittare dell’assicurazione senza però far valere effettivamente il diritto all’indennità, aggravando così la posizione del debitore 17; con riferimento alla disciplina in tema di società per azioni, si è rinvenuto un’ipotesi di abuso del diritto quando la maggioranza abbia deliberato un aumento di capitale al solo scopo di liberarsi di una scomoda minoranza, nella consapevolezza che questa non fosse in grado di sottoscrivere le azioni di nuova emissione 18; analoghe conclusioni sono state pure assunte con riferimento allo svolgimento di un rapporto contrattuale di agenzia 19, in caso di esercizio mala fide del diritto di opzione ex art. 1331 cod. civ, di ingiustificato 15 Cfr., ad esempio, Cass., 15 novembre 1960, n. 3040 Cass., civ., 8 novembre 1984, n. 5639, in Foro It., 1985, I, 2050. Nello stesso senso, Cass. civ., 9 settembre 1987, n. 1372, in Mass. Uff., n. 450830. 17 Cass. civ., 25 luglio 2000, n. 9728, in Mass. Uff., n. 538751. 18 Trib. Roma, 28 febbraio 1983, in Foro It., 1984, I, 1986; Trib. Milano, 20 giugno 1991, in Giur. It., 1992, I, 2, 186. 19 Cass. civ., 18 dicembre 1985, n. 6475, in Giur. It., 1986, I, 2, 1650 16 IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 64 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE recesso dal contratto già concluso20, in caso di intenzionale causazione di un altrui stato di insolvenza con conseguente dichiarazione di fallimento 21. Infine, la figura in esame è stata applicata (non più solo a proposito di rapporti negoziali ed obbligatori, ma anche in termini più generali ovvero) con riferimento ad istituti quali la trascrizione immobiliare – laddove, in caso di doppia alienazione immobiliare la giurisprudenza è 22 giunta a parlare di “abuso della trascrizione” - o nell’ipotesi di fraudolenta trascrizione di una domanda giudiziale introduttiva del giudizio civile 23 o infine con riferimento all’operatività dei termini di decadenza 24. A questo punto i tempi erano maturi per un riconoscimento definitivo della rilevanza della figura dell’abuso del diritto e per la piena cittadinanza di tale strumento nel nostro ordinamento. Le ultime remore probabilmente vennero superate quando la Cassazione, spinta se non addirittura obbligata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia tributaria, ritenne indispensabile ricorrere alla nozione di “abuso del diritto” per far fronte alla progressiva diffusione dei comportamenti elusivi dei contribuenti e con le tre decisioni delle sezioni unite nn. 30055, 30056, 30057 del 23 dicembre 2008 ammise esplicitamente la sanzionabilità del compimento di atti anche non espressamente vietati, qualora il giudice li ritenga posti in essere al solo scopo di ottenere una riduzione del carico di imposta. L’abuso del diritto entrava così a pieno titolo nell’armamentario del giudice e la Cassazione giungeva a darne anche una compiuta definizione affermando che tale situazione ricorre “quando il titolare di un diritto soggettivo, pur in assenza di divieti formali, lo eserciti con modalità non necessarie ed irrispettose del dovere di correttezza e buona fede, causando uno sproporzionato ed ingiustificato sacrificio della controparte contrattuale, ed al fine di conseguire risultati diversi ed ulteriori rispetto a quelli per i quali quei poteri o facoltà furono attribuiti. Ricorrendo tali presupposti, è consentito al 20 Cass. civ., 11 febbraio 1980, n. 960, in Giust. Civ., 1980, I, 1947. Cass. civ., 19 settembre 2000, n. 12405, in Foro It., 2001, I, 2326. 22 Cass., cvi., 8 gennaio 1982, n. 76, in Foro It., 1982, I, 93, secondo cui “ l'acquirente di un immobile, il quale, pur conoscendo l'avvenuta vendita dello stesso bene effettuata dal proprio alienante, nonché la mancata trascrizione del relativo contratto da parte del compratore, determini, mediante la trascrizione del suo titolo, la inopponibilità a sé del pregresso trasferimento, risponde dei danni subiti dal primo acquirente, a norma dell'art. 2043 cod. civ., in quanto pone in essere, in violazione delle norme di correttezza, una condotta di cosciente cooperazione nell'inadempimento dello alienante verso tale primo acquirente, implicante la definitiva perdita dei diritti allo stesso derivanti dal precedente contratto”. Nello stesso senso, Cass. civ., 15 giugno 1988, n. 4090, in Arch. Civ., 1988, 146. 23 T rib. Milano, 7 agosto 1988, in Giur. It., 1999, 524; T rib. Roma, 19 settembre 1995, in Riv. Dir. Proc. Civ., 1997, 1239. 24 Cass. civ., 8 febbraio 1989, n. 786, in Arch. Civ., 1989, 491, con riferimento al termine di decadenza del creditore ex art. 1957 cod. civ.. 21 IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 65 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE giudice di merito sindacare e dichiarare inefficaci gli atti compiuti in violazione del divieto di abuso del diritto, oppure condannare colui il quale ha abusato del proprio diritto al risarcimento del danno in favore della controparte contrattuale, a prescindere dall'esistenza di una specifica volontà di nuocere, senza che ciò costituisca una ingerenza nelle scelte economiche dell'individuo o dell'imprenditore, giacché ciò che è censurato in tal caso non è l'atto di autonomia negoziale, ma l'abuso di esso” 25. 3. La rilevanza penalistica dell’abuso del diritto. La possibile violazione dei canoni di tassatività e determinatezza propri del diritto criminale… Dopo questa breve – ma non troppo – premessa, è il momento di verificare se il cosiddetto “divieto di abuso del diritto” abbia una rilevanza anche all’interno dell’ordinamento penale ed in particolare se le condotte che possono meritare la qualifica di “abuso delle proprie facoltà giuridiche” – o altre similari come quella di “elusione della legge nazionale” o comportamenti “in frode alla legge” – possano trovare sanzione anche nell’ambito del nostro sistema criminale. Non poche voci si sono levate e continuano a levarsi contro una soluzione positiva a tale quesito. Come detto, la teorica dell’abuso tende a stigmatizzare le condotte di quanti utilizzano una loro posizione giuridica, che pure trae legittimazione da specifiche norme sostanziali o processuali, per farne conseguire effetti che, a seguito di una non superficiale considerazione delle concrete circostanze della vicenda, appaiono incongrui, o addirittura incompatibili, con la ratio sottesa al dettato 25 Cass. civ., sez. III, 18 settembre 2009, n. 20106. Commenti alla decisione possono leggersi in GIORGINI, Recesso ad nutum secondo ragionevolezza, in Rass. Dir. Civ., 2010, 579; PANETT I, Buona fede, recesso ad nutum e investimenti non recuperabili dell'affiliato nella disciplina dei contratti di distribuzione, in Riv. Dir. Civ., 2010, II, 653; MAST RORILLI, L'a buso del diritto e il terzo contratto, in Danno Resp., 2010, 347; D'AMICO, Recesso ad nutum, buona fede e abuso del diritto, in Contratti, 2010, 5; PALMIERI – PARDOLESI, Della serie "a volte ritornano": l'abuso del diritto alla riscossa, in Foro It., 2010, I, 85; ORLANDI, Contro l'abuso del diritto, in Nuova Giur. Civ. Comm., 2010, II, 129; SCOGNAMI GLIO, Abuso del diritto, buona fede, ragionevolezza (verso una riscoperta della pretesa funzione correttiva dell'interpretazione del contratto?), ibidem, 140; SALERNO, Abuso del diritto, buona fede, proporzionalità: i limiti del diritto di recesso in un esempio di jus dicere "per principi", in Giur. It., 2010, I, 809; MONT ELEONE – SCAGLIONE, Clausola di recesso ad nutum dal contratto e abuso del diritto. Abuso di potere contrattuale e dipendenza economica, ibidem, 556; DELLI PRISCOLI, Abuso del diritto e mercato, in Giur. Comm., 2010, II, 828; BARCELLONA, Buona fede e abuso del diritto di recesso ad nutum tra autonomia privata e sindacato giurisdizionale, ivi, 2011, II, 286; CENINI – GAMBARO, Abuso di diritto: risarcimento del danno e contratto: quando la chiarezza va in vacanza, in Corr. Giur., 2011, 109. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 66 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE legislativo 26. Il problema dell’abuso del diritto, dunque, può essere considerato come un’ipotesi in cui l’attribuzione di una certa facoltà giuridica, effettuata in via generale ed astratta dall’ordinamento, finisce per disattendere nel singolo caso proprio le finalità che giustificano tale titolarità, determinando così una situazione che l’ordinamento non dovrebbe e non può tollerare. Proprio questa impostazione renderebbe, secondo molti, inconfigurabile un ricorso, in sede penale, alla teorica dell’abuso del diritto. Secondo questa posizione, sanzionare in sede penale comportamenti conformi al diritto sulla base della sola finalità che il soggetto agente persegue con la sua condotta significherebbe attribuire al giudice un potere di interpretazione della disposizione fortemente discrezionale, laddove i limiti per l’esercizio del diritto non vengono rinvenuti solo sulla base di quanto espressamente dispone la norma che attribuisce la facoltà esercitata, ma vengono anche ricostruiti alla luce degli obiettivi (nella ricostruzione che ne opera il giudicante) che l’ordinamento intende perseguire con il riconoscimento al singolo del diritto esercitato nel caso concreto. Ciò comporta, in primo luogo, un contrasto con le posizioni di quanti, vicini al pensiero liberale e fortemente ancorati ad una visione individualistica dell’agire privato, attribuiscono allo Stato il solo compito di assicurare il libero godimento dei diritti individuali, di talché il ricorso alla figura dell’abuso del diritto – quand’anche formalmente espressa in una norma di legge – rappresenterebbe comunque una pericolosa intrusione della macchina statuale nell’ambito delle sfere di libertà che l’ordinamento garantisce ai singoli. A prescindere da tale considerazione – la cui attualità può evidentemente revocarsi in dubbio dopo l’entrata in vigore della Costituzione del 1948 e contestualmente al radicarsi nella coscienza sociale dell’idea che l’esercizio dei diritti soggettivi non si possa risolvere nella sfera egoistica del titolare, ma debba inserirsi 27 nella rete degli interessi perseguiti dalla comunità politica nel suo complesso - vi è 26 Su tale definizione, ex multis, oltre agli autori citati in precedenza PELLIZZI, Exceptio doli (diritto civile), in N.ss. Dig. It., vol. VI, Torino 1960, 1077; NANNI, L’uso giurisprudenziale dell’exceptio doli generalis, in Contr. Impresa, 1986, 213; PATTI, Abuso del diritto, in Digesto Priv., sez. civ., vol. I, Torino 1987, 1; VIARO, Abuso del diritto ed eccezione di dolo generale, 76; MERUZZI, L’exceptio doli dal diritto civile al diritto commerciale, nella collana Le monografie di Contratto ed Impresa, Padova 2005, 458. 27 Sul punto, senza alcuna pretesa di completezza, COGLIANDRO, Rule of la w. La possibilità del contenuto morale del diritto, Milano 2012; RODOT A’, Il terribile diritto, 3^ ed., Bologna 2013; BARCELLONA, Proprietà (tutela costituzionale), in Dig. Priv., sez. civ., vol. XV, Torino 1997, 456; RESCIGNO, Per uno studio sulla proprietà, in Riv. Dir. Civ., 1972, 1; FERRI, La formula “funzione sociale” dalle idee del positivismo giuridico alle scelte del legislatore del 1942, in Riv. Dir. Priv., 2003, 681. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 67 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE poi da considerare come, secondo quanto da più parti sottolineato, il riconoscimento di una possibile sanzione per l’esercizio smodato di proprie facoltà giuridiche possa risolversi in un inaccettabile sacrificio del valore della certezza del diritto, venendosi a subordinare l’uso delle facoltà e dei poteri riconosciuti dalla legge ad uno standard evanescente e tale da rimettere interamente alla valutazione discrezionale del giudice la qualificazione della correttezza dei diversi comportamenti individuali 28. In effetti, quale che siano le espressioni utilizzate dal legislatore o dalla giurisprudenza per descrivere la condotta di abuso e per quanto analitica venga ad essere la relativa fattispecie normativa è comunque al singolo giudice che viene ad essere rimessa da un lato l’individuazione dei singoli comportamenti qualificabili nei termini suddetti, e dall’altro le modalità ed in particolare gli indici, gli aspetti della concreta vicenda, sulla base dei quali concludere che vi sia stato o meno illegittimo utilizzo di un potere giuridico – il che, chiaramente, presenta profili di ancora maggiore complessità quando si verta in materia penalistica 29. Nel senso che il ricorso al divieto di abuso del diritto avrebbe determinato una progressiva erosione del principio della assoluta discrezionalità ed immunità da ogni forma di controllo degli atti compiuti nell’ambito dell’autonomia privata, consentendo il passaggio da una morale dell’economia di stampo liberale ad una di tipo sociale, PATTI, Abuso del diritto, cit., 8. 28 Cfr. SALVI, Abuso del diritto. I) Diritto civile, in Enc. Giur., I, Roma 1988, 5; MESSINA, L’abuso del diritto, Napoli 2004, 9; PELOSI, Riflessioni su recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di causa del contratto e di abuso del diritto, in AA.VV., Elusione ed abuso del diritto tributario, a cura di MAI ST O, Milano 2009, 55; PANNARALE, L’abuso del diritto visto dai giudici, in Soc. Diritto, 2001, 2, 173; DE CARIA. La nuova fortuna dell’abuso del diritto nella giurisprudenza di legittimità: la Cassazione sta “abusando dell’abuso”? Una riflessione sul piano costituzionale e della politica del diritto, in Giur. Cost., 2010, 3627. 29 Profilo sottolineato dalla pressoché totalità dei commentatori della decisione della Cassazione sul caso “ Dolce e Gabbana” (Cass., sez. V, 22 novembre 2011, Gabbana, in Società, 2012, 692): PERINI, La tipicità inafferrabile ovvero elusione fiscale "abuso del diritto" e norme penali, in Riv. Trim. Dir. Proc. Pen., 2013, 731; T ROYER, La rilevanza penale dell’elusione fra Suprema Corte e legislatore dopo la sentenza D&G, in Società, 2012, 692; VENEZIANI, Elusione, “esterovestizione” e dichiarazione infedele, in Dir. Pen. Proc., 2012, 863; CORSO, Una elusiva sentenza della Corte di cassazione sulla rilevanza penale dell’elusione, in Corr. Trib., 2012, 1074; FLORA, Perché “l’elusione fiscale” non può costituire reato (a proposito del “caso Dolce & Gabbana”), in Riv. Trim. Dir. Pen. Ec., 2011, 865; D’AVRRO, L’elusione entra a torto nell’illecito penale tributario, in Corr. Giur., 2012, 493; MENARDO, Sulla rilevanza penale dell’elusione fiscale, in Giur. It., 2013, 657; LUNGHINI – VALENTINI, Irrilevanza penale dell’elusione ed inutilizzabilità delle presunzioni tributarie, in Corr. Mer., 2011, 967; T ROYER – INGRASSIA, Eslcusa nuovamente la tipicità dell’elusione. A margine di un noto caso di esterovestizione fra divieto di presunzioni legali nel processo penale e libertà di stabilimento, in Riv. Dott. Comm., 2011, 441. In senso favorevole a questa decisione, D’ARCANGELO, Le condizioni per la rilevanza penale dell’elusione fiscale, in Società, 2013, 1336. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 68 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE 4. … e le previsioni incriminatrici che richiamano condotte di abuso del diritto Le conclusioni che hanno chiuso il paragrafo precedente appaiono in realtà eccessive nonché in radicale contrasto con l’atteggiamento che sul punto sta assumendo la giurisprudenza penale maggioritaria, la quale, come è noto, da circa un paio di anni fa sempre più ricorso alla categoria dell’abuso del diritto. In particolare, diverse e recenti decisioni della Cassazione paiono riconoscere rilievo a tale modalità di comportamento nel settore del diritto penale tributario sostenendo che la violazione penalmente rilevante della normativa fiscale può realizzarsi (non solo mediante la realizzazione pedissequa delle ipotesi descritte e punite negli artt. 2, 3 e 4 d.lgs. n. 74 del 2000, ma) anche per il tramite della conclusione di atti negoziali, utilizzo di scelte imprenditoriali ecc. di per sé conformi ai poteri ed alla discrezionalità del contribuente e dell’imprenditore ma che – in ragione delle finalità in concreto perseguite (ovvero il risparmio fiscale o l’integrale omesso pagamento dell’imposta) – realizzano una condotta vietata30. Certo, a questa posizione giurisprudenziale potrebbe replicarsi sostenendo che per l’appunto si tratta della conseguenza di un’ardita operazione ermeneutica portata avanti dai giudici, che non intendono rassegnarsi alla presa d’atto che nel nostro ordinamento penale manca una qualsiasi forma di sanzione di condotte di abuso del diritto e che per l’appunto suppliscono a questa lacuna (o meglio a questa situazione che loro qualificano come lacuna) dilatando oltre ogni misura l’ambito di prensione di fattispecie incriminatrici costruite con tutt’altra finalità. Il punto tuttavia è che non pare corretto sostenere che l’ingresso nell’ambito penalistico dell’”abuso del diritto” sia un fenomeno dovuto essenzialmente al contributo dell’interpretazione giudiziale, giacché a ben vedere numerose fattispecie criminose presenti da sempre nel nostro diritto penale altro non sono che ipotesi sanzionatorie di comportamenti di esercizio smodato ed illecito di proprie facoltà giuridiche e negoziale. Per rendersene conto basti considerare alcune previsioni criminose e vedere come esse presuppongono – o meglio come esse descrivano – per l’appunto una condotta che si concreta in un abuso del diritto. Pensiamo ad esempio ad una disposizione del codice penale forse di raro utilizzo nelle aule di giustizia ma Più in generale, MUCCIARELLI, Abuso del diritto, elusione fiscale e fattispecie incriminatrici, in AA.VV., Elusione ed abuso del diritto tributario, cit., 421; SALCUNI, Abuso del diritto ed elusione fiscale: fra offensività e determinatezza, in Riv. Trim. Dir. Pen. Ec., 2013, 110; FASANI, L’irrilevanza penale dell’elusione tributaria, in Società, 2012, 791. 30 Chiaro il riferimento alla decisione Cass., sez. II, 22 novembre 2011, Dolce, in Mass. Uff., n. 252019. Decisione che ha comunque trovato seguito in Cass., sez. V, 23 maggio 2013, Della Gatta, inedita. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 69 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE assolutamente emblematica ai nostri fini, ovvero l’art. 388 c.p., che configura il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice ed in particolare il primo comma di questa disposizione, secondo la quale è punito “chiunque, per sottrarsi all'adempimento degli obblighi civili nascenti da una sentenza di condanna, o dei quali è in corso l'accertamento dinanzi l'Autorità giudiziaria, compie, sui propri o sugli altrui beni, atti simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti”. L’art. 388, comma 1, c.p. evidentemente considera la posizione di un soggetto (ancora) nel pieno possesso del suo titolo di proprietario del bene con le connesse facoltà di uso e disponibilità dello stesso, ma che ciò nonostante può vedere sanzionate alcune forme di utilizzo della cosa quando tale scelta – altrimenti lecita - sia connotata dal perseguimento di una particolare finalità fraudolenta e siano presenti alcune condizioni – come la sussistenza di obblighi civili nascenti da una sentenza di condanna, o dei quali è in corso l'accertamento dinanzi l'Autorità giudiziaria. Ad esempio, fra le condotte vietate vengono in considerazione negozi giuridici, purché connotati in senso fraudolento ovvero posti in essere per realizzare un ingiusto profitto a danno di chi ha interesse a far valere il provvedimento del giudice. L’esame del contenuto dell’art. 388, comma 1, c.p. evidenzia dunque come questa previsione codicistica operi una vera e propria opera di delimitazione dei poteri che invece, in situazioni per così dire “di normalità”, competono al proprietario del bene, giungendo al punto di sanzionare finanche operazioni negoziali che di per sé si palesano come assolutamente lecite. Non sorprende perciò che in dottrina si sia giunti a qualificare la fattispecie criminosa in discorso quale sorta di bancarotta fraudolenta del non imprenditore31, riconoscendo valenza criminosa anche alla condotta di chi ceda un proprio bene immobile occultando poi il corrispettivo monetario ricevuto, così da rendere più difficile per il creditore l’aggressione del proprio patrimonio e porre nel nulla l’efficacia della decisione giudiziale 32; anche con tale comportamento, infatti, le 31 PAGLIARO, Principi di diritto penale, Parte speciale, II, Delitti contro l'amministrazione della giustizia, Milano, 2000, 217; PIOLETT I, Mancata esecuzione dolosa di provvedimenti del giudice, in AA.VV., I delitti contro l'amministrazione della giustizia, a cura di Coppi, Torino, 1996, 577. 32 Considerazioni analoghe possono formularsi con riferimento alla previsione di cui all’art. 388 ter c.p., giusto il quale “ chiunque, per sottrarsi all’esecuzione di una multa o di una ammenda o di una sanzione amministrativa pecuniaria, compie, sui propri o sugli altrui beni, atti simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti, è punito, qualora non ottemperi nei termini all’ingiunzione di pagamento contenuta nel precetto, con la reclusione da sei mesi a tre anni”. Rispetto alla più generale previsione di cui all’art. 388 c.p., infatti, rimane identica la condotta e la connotazione dell’elemento soggettivo dell’agente, mentre muta l’identità del soggetto passivo del reato, che non può identificarsi in qualsiasi creditore del proprietario del bene, ma è l’amministrazione statuale cui dovrebbe essere corrisposto l’importo della sanzione pecuniaria. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 70 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE ragioni che i terzi possono vantare sul patrimonio del singolo vengono ad essere frustrate, pur essendo la condotta sopra descritta di regola assolutamente priva di ogni contenuto di illiceità. Considerazioni assolutamente analoghe possono farsi anche con riferimento al reato – cui non a caso si è fatto precedentemente cenno – di bancarotta fraudolenta per distrazione o di bancarotta semplice patrimoniale. Gli artt. 216 e 217 della legge fallimentare infatti rappresentano l'emblematica modalità con cui l'ordinamento penale reagisce all'illecito utilizzo che il proprietario scelga di fare dei propri beni, punendosi una insana gestione del patrimonio dell'imprenditore, così come dimostrata ed accertata dallo stato di insolvenza dichiarato dal provvedimento giudiziale 33. Detto altrimenti seguendo quello che è il costante insegnamento della giurisprudenza in tema di dolo nel reato di bancarotta fraudolenta 34 -, la pronuncia di una dichiarazione di fallimento legittima l’Autorità giudiziaria a riconsiderare l'intera attività imprenditoriale svolta in precedenza dal fallito onde verificare se questi abbia o meno costantemente gestito il proprio patrimonio per il raggiungimento del miglior risultato economico, con conseguente possibile applicazione della sanzione penale anche in caso di condotte semplicemente imprudenti ed inutilmente dispendiose - sia pur rinvenendosi, in tale ultimo caso, la sussistenza del meno grave reato di bancarotta semplice. Ciò significa, dunque, che una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento gli atti di disposizione del proprio patrimonio posti in essere dal fallito - i quali in precedenza erano ritenuti assolutamente leciti dall'ordinamento statuale - vengono qualificati in maniera profondamente diversa dal legislatore, giacché l'insolvenza dell'impresa - essendo tale condizione economica significativa di un deficit patrimoniale rispetto all'esigenze dell'azienda ed alle legittime istanze dei relativi creditori - segnala che vi è stato un illecito utilizzo di beni da parte del singolo proprietario, il quale ha conseguentemente lasciato insoddisfatti alcuni soggetti che vantavano nei suoi confronti pretese giuridicamente significative. Anche nel diritto penale tributario però sono presenti fattispecie sanzionatorie di un mero abuso del diritto – e ben al di là delle ipotesi su cui di recente si è soffermata la giurisprudenza e di cui si è dato brevemente conto in precedenza. Oltre al reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000 – che presenta evidenti analogie rispetto ai citati reati di cui agli art. 38 c.p. e 216 R.D. n. 33 Per tale ricostruzione dei delitti di bancarotta, DEST ITO, I reati fallimentari, in AA.VV., Lineamenti di diritto penale dell’economia, a cura di SANT ORIELLO, vol. I, Torino 2008, 1 ss., nonché sia consentito rinviare a SANT ORIELLO, I reati di bancarotta, Torino 2000, 1 ss.. 34 Cfr. Cass., sez. V, 19 marzo 1999, Bortoletti, in Mass. Uff., 213808; Cass., sez. V, 9 marzo 1999, Spinelli, in Cass. Pen., 2000, 3445 IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 71 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE 267 del 194235 -, si consideri il delitto di utilizzo di fatture relative ad operazioni inesistenti ed in particolare l’ipotesi in cui tale delitto è realizzato ponendo in essere una cosiddetta “frode carosello”, ovvero concludendo una serie di operazioni negoziali – alcune delle quali asseritamente fittizie - il cui scopo è solo quello di aggirare la normativa in materia di IVA tra varie società UE. Orbene, assai di frequente la fittizietà di alcune delle operazioni negoziali considerate come facenti parte della frode sussiste non perché il rapporto contrattuale fra le parti sia materialmente inesistente ma in ragione della circostanza che il legislatore o il giudice ritengono l’atto negoziale – pur valido e legittimo sotto profilo giuridico e quindi di per sé assolutamente produttivo dei relativi effetti previsti dalla norma – non giustificato sotto un profilo economico e finalizzato solo a consentire un minore pagamento dell’Imposta sul Valore Aggiunto. Come si vede siamo chiaramente in presenza di una condotta che è qualificata illecita in quanto concretantesi in un’ipotesi di “abuso di un diritto”: il proprietario o l’imprenditore può pacificamente disporre come meglio crede dei propri beni o dei propri traffici giuridici, ma l’ordinamento interviene, punendolo, quando il suo comportamento – pur costituendo, sotto un profilo giuridico, estrinsecazione di tali facoltà – si ponga in contrasto (secondo indici che variano di volta in volta) con le ragioni che giustificano l’attribuzione del relativo diritto esercitato, ovvero quando le finalità in concreto perseguite dal singolo non paiano meritevoli di tutela alla luce dei valori perseguiti dall’intero ordinamento normativo. Questo breve esame dimostra come – nonostante sembri una novità di questi giorni e conseguenza di un particolare attivismo giudiziale – nel nostro diritto penale sono molte le fattispecie incriminatrici la cui operatività presuppone la definizione – rimessa prevalentemente al singolo interprete – di un soddisfacente equilibrio fra una pluralità d’interessi contrapposti. Numerose ipotesi di reato presenti nella legislazione italiana, infatti, (non richiedono l’adozione di un comportamento ab origine illecite e criminose, ma) si innestano su un sistema che mentre attribuisce in via generale al singolo una pluralità di poteri e facoltà, al contempo presenta alcune importanti eccezioni che impongono al titolare del diritto alcuni modelli di condotta che ne limitano la discrezionalità nell’agire e lo vincolano al rispetto di determinati canoni comportamentali; in particolare, il diritto penale interviene allorquando la ricorrenza di determinate circostanze viene per l’appunto a privare il soggetto di tale assoluta libertà di azione, qualificando come illegittimo il suo comportamento se tenuto in presenza di determinate condizioni o in vista del raggiungimento di specifici (e censurabili) obiettivi – nel che, ci pare, si pone l’ubi consistam dell’abuso del diritto. Ciò posto, è vero – come paventato dai critici del ricorso alla categoria dell’abuso del diritto – che fattispecie di tal fatta si pongono spesso in rapporto stridente 35 In proposito, sia consentito rinviare a SANT ORIELLO, Abusi nei trasferimenti di beni mobili e immobili: reati configurabili, in Fisco, 2009, 713. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 72 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE con i principi di tassività e determinatezza del processo penale, andando pericolosamente a violare le garanzie connesse a tali valori. Per convincersene basta considerare come, nella pressoché totalità delle disposizioni criminose sopra indicate, il legislatore non tipizza affatto – o comunque descrive in maniera assai poco chiara – le condizioni in presenza delle quali il comportamento del singolo possa dirsi illecito, né indica le modalità con cui il diritto andrebbe correttamente esercitato nel caso concreto considerato; di regola, la regolamentazione penalistica dell’esercizio di un proprio diritto è realizzato assumendo in sede sanzionatoria un sostanziale disinteresse nei confronti della svariata tipologia di atti negoziali e comportamenti materiali che il singolo può realizzare su propri beni e mai lo strumento della pena viene finalizzato ad imporre un esercizio solidaristico o economicamente profittevole dei diritti soggettivi ed in specie di quello di gran lungo più importante ovvero del diritto di proprietà. La ratio dell’intervento penalistico, piuttosto, è quella di reagire ad alcune condotte, che pur sussumibili nella categoria di esercizio di un diritto, siano fornite di una concreta idoneità lesiva nei confronti dell'interesse di terzi: solo in presenza di una lesione o di un'aggressione alla posizione giuridica di tali soggetti l'ordinamento reagisce con il ricorso allo strumentario penalistico. Questa scelta del legislatore di reagire alle condotte del soggetto solo quando concretamente lesive degli interessi dei terzi è sicuramente aderente al nostro sistema democratico ed in particolare alla disciplina in tema di rapporti economici presente nella nostra Carta fondamentale, il cui dettato presumibilmente impone l'astensione da interventi normativi impositivi di un obbligo di facere 36. Tuttavia, è indiscutibile che si tratti di un'opzione pericolosa per il singolo, giacché in questo modo si finisce per assistere ad una imputazione per così dire "ad intermittenza" di diverse condotte, le quali in alcuni momenti storici sono assolutamente lecite ed in altre circostanze vengono invece qualificate come penalmente rilevanti37. 36 Indicazioni bibliografiche sul punto sarebbero sicuramente insufficienti e rappresenterebbero qualcosa di estraneo allo scopo di questo lavoro. Comunque, per una prima analisi della materia, senza alcuna pretesa di completezza, si indicano MORRONE, Libertà d’impresa nell’ottica del controllo sull’utilità sociale, in Giur. Cost, 2001, 1473; BALDASSARRE, Proprietà. I- Diritto costituzionale, in Enc. Giur., vol. XXV, Roma 1992; LUCIANI, Economia nel diritto costituzionale, in Dig. Disc. Pubbl., vol. V, Torino, 1990, 375; AZZARITI, L’ordine giuridico del mercato, in ID., Forme e soggetti della democrazia pluralista, Torino, 2000, 147; ANDREONI, Lavoro, diritti sociali e sviluppo economico, Torino, 2006, 92; ANGELINI, Art. 44, in Commentario alla Costituzione, a cura di BIFULCO – CELOTT O - OLIVETTI, Torino, 2006, 902. 37 Chiaramente il problema ha ragione di porsi specie in relazione a quelle fattispecie in cui l'elemento soggettivo richiesto si ritiene non presenti una adeguata capacità selettiva delle condotte conformi alla fattispecie criminosa. Si pensi, in particolare, al delitto di bancarotta fraudolenta, laddove la volontà dolosa si esaurisce nel mero compimento di un atto estraneo alle IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 73 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE Questo è dunque il vero punto problematico dell’utilizzo dell’abuso del diritto nel sistema penale. Non è questione di dimostrare come tale istituto possa trovare cittadinanza anche in tale ramo dell’ordinamento, giacché – come detto – si tratta di dubbio che una lettura delle fattispecie incriminatrici consente agevolmente di superare, quanto di definire con la massima precisione possibile quali siano i presupposti per una possibile rilevanza penale delle condotte assunte dal singolo proprietario sui propri beni. A tale compito saranno dedicate molte delle pagine che seguono. 5. Per una compiuta definizione della rilevanza penale della condotta di abuso. La rilevanza dell’elemento soggettivo. Prima di determinare quali siano i presupposti perché una condotta di esercizio di un proprio diritto possa essere qualificata in termini di abusività occorre fare una premessa, relativa al principale motivo per cui questo compito si presenta particolarmente difficoltoso e delicato – e non solo quando tale giudizio venga formulato in sede penale, ma anche allorquando la medesima valutazione venga fatta in altre sedi, ad esempio in sede civile o in sede tributaria. La ragione delle problematiche che si andranno ad incontrare nel prosieguo del lavoro deriva dalla circostanza che una condotta di abusivo esercizio di un diritto non si differenzia affatto sotto un profilo naturalistico dall’esercizio del medesimo diritto che abusivo non sia. Detto altrimenti: l’abuso del diritto quale condotta illecita – in qualsiasi sede venga preso in esame - si connota e si caratterizza per una specificità che non può essere colta limitando l’esame della vicenda al solo profilo naturalistico, ovvero al comportamento materiale ed esteriore tenuto dal soggetto. Per essere più chiari facciamo ad alcuni esempi, considerando una vicenda – Tizio non paga un debito che Caio vanta verso di lui – che può avere riflessi e rilievo tanto in ambito civilistico che nel settore tributario e nel diritto penale. Con riferimento al diritto civile, se Caio e Tizio hanno stipulato un negozio di compravendita, la esigenze dell'impresa, senza che sia necessaria la volontà di arrecare un danno ai creditori, ovvero alla bancarotta semplice, per la cui sussistenza è sufficiente la mera colpa in capo al soggetto agente. Emblematica in proposito la decisione di Cass., sez. V, 21 settembre 2007, Spitoni, in Mass. Uff., 238212, secondo la quale “ non integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione il finanziamento concesso al socio e da questi restituito in epoca anteriore al fallimento, in quanto la distrazione costitutiva del delitto di bancarotta si ha solo quando la diminuzione della consistenza patrimoniale comporti uno squilibrio tra attività e passività, capace di porre concretamente in pericolo l'interesse protetto e cioè le ragioni della massa dei creditori ed il momento cui fare riferimento per verificare la consumazione dell'offesa è quello della dichiarazione giudiziale di fallimento e non già quello in cui sia stato commesso l'atto, in ipotesi, antidoveroso”. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 74 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE condotta di Tizio andrà qualificata come inadempimento dell’obbligo su di lui gravante di versare il corrispettivo; indubbiamente, Tizio potrà addurre delle ragioni a giustificazione del mancato pagamento, potrà asserire che il bene è diverso dal pattuito, che versa in difficoltà economiche ecc., ma quel che è certo è che la descrizione naturalistica dell’accaduto è sufficiente per qualificare prima facie la condotta di Tizio come inadempimento: quale sarà il trattamento giudiziale che a questi andrà riservato è questione che dipenderà da un molteplice ordine di ragioni, ma è indiscusso che la mera rappresentazione esteriore dell’accadimento è bastevole per darne una valutazione in termini di (presunta) illiceità. Analoghe considerazioni possono farsi in ambito tributario. Se il contribuente Tizio non paga il debito verso l’erario siamo in presenza di un inadempimento fiscale, cui conseguono senz’altro effetti sfavorevoli per chi ha emesso di versare l’imposta dovuta. Anche in questo caso, l’approfondimento dell’episodio potrà portare a modificare il giudizio finale sul comportamento del debitore, ma la mera descrizione – limitata al piano materiale – della vicenda ne evidenzia l’irregolarità e ne consente una prima qualificazione da parte dell’ordinamento. Nulla cambia se al fatto cerchiamo di dare una dimensione penalistica. Il mancato pagamento può dar luogo al reato di insolvenza fraudolenta di cui all’art. 641 c.p. in base al quale “chiunque, dissimulando il proprio stato d’insolvenza, contrae un’obbligazione col proposito di non adempierla, è punito… qualora l’obbligazione non sia adempiuta”: la condotta del mancato pagamento immediatamente dirige l’attenzione del giudice – e prima ancora del pubblico ministero – verso l’applicazione della disposizione incriminatrice in discorso, salve poi le considerazioni attinenti le ragioni dell’inadempimento e la definizione dell’atteggiamento soggettivo del singolo prima di contrarre l’obbligazione. Queste considerazioni non operano invece con riferimento all’istituto dell’abuso del diritto, la sussistenza del quale – come abbiamo già detto più volte – si caratterizza proprio perché la fattispecie normativa nell’ambito della quale la condotta del singolo va inquadrata ha una connotazione di assoluta liceità: riguardata sotto il profilo materiale, cioè, la vicenda consiste nell’esercizio da parte del singolo, di un diritto a lui riconosciuto dall’ordinamento e quindi la sua condotta non può che ritenersi, in prima battuta, assolutamente consentita dall’ordinamento. Anche qui, gli esempi non mancano. Il primo è ricavabile dal codice civile e dalla definizione che lo stesso fornisce di una tipica fattispecie di abuso del diritto ovvero l’atto emulativo di cui all’art. 833 cod. civ.: se, in base al precedente art. 832 cod. civ., il proprietario di un bene ha diritto di godere e disporre dello stesso in modo pieno ed esclusivo, tale facoltà viene meno quando il titolare ponga in essere atti “i quali non abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri”. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 75 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE Ancora più emblematica però si presenta l’esemplificazione dell’esercizio smodato di propri diritti quando la riflessione si svolga con riferimento al diritto tributario ed in particolare al fenomeno dell’elusione fiscale - che i più ritengono una particolare ipotesi di abuso del diritto38. E’ di aiuto sul punto già l’esame della importante sentenza Halifax39, con cui la Corte di Giustizia ammise il ricorso alla nozione in parola per consentire la tassabilità, ai fini I.V.A., di alcune transazioni rivolte ad evitarne gli effetti. Di fronte al giudice comunitario si presentavano due esigenze contrapposte: da un lato quella di prevenire il fenomeno della tax avoidance e delle pratiche abusive; per altro verso, occorreva evitare di censurare sempre e comunque i soggetti sottoposti a tassazione per aver tratto vantaggio dalla formulazione di una specifica disposizione o da una lacuna normativa, anche laddove non fossero state utilizzate modalità e tecniche idonee a frustrare gli obiettivi perseguiti dalla disciplina tributaria di diritto comunitario. Orbene, nella vicenda in parola, a fronte di una serie di transazioni poste in essere tra diverse società appartenenti al gruppo Halifax al fine di riuscire a recuperare l’intero importo dell’I.V.A. dovuta, la Corte di Giustizia – pur in astratto riconoscendo come legittimo il comportamento di chi articola la struttura delle proprie operazioni in modo da ottimizzarne l’effetto fiscale – ha qualificato come abusiva tale condotta per la sussistenza di due circostanze: da un lato venne negata legittimità ad operazioni economiche e negoziali il cui effetto comportasse il conseguimento di un vantaggio fiscale in contraddizione con gli obiettivi perseguiti attraverso la normativa comunitaria; in secondo luogo, la programmazione fiscale venne qualificata come abusiva in quanto presentava elementi obiettivi che consentivano di escludere la veridica natura delle diverse operazioni negoziali poste in essere di cui era occultato il carattere meramente artificioso, in quanto per gli atti negoziali conclusi non esisteva un’effettiva business justification né era rinvenibile un’effettiva operazione economica. L’impostazione della Corte comunitaria è stata poi espressamente ripresa dal nostro legislatore, il quale, come è noto, ha espressamente tipizzato la figura 38 Il rapporto fra abuso del diritto ed elusione fiscale è comunque assai complesso, giacché mentre alcuni autori ritengono che le due nozioni possano essere senz’altro sovrapposte (PIST ONE, L’elusione fiscale come abuso del diritto: certezza giuridica oltre le imprecisioni terminologiche della Corte di Giustizia europea in materia di I.V.A., in Rass. Trb., 2006, 1016; CONT RINO, Elusione fiscale, evasione e strumenti di contrasto, Bologna 1996, 307), in altri lavori invece si insiste per una differenziazione dei due concetti – richiamandosi, peraltro, quale criterio distintivo delle due figure, indici diversi (cfr. BASILAVECCHIA, Elusione ed abuso del diritto: una integrazione possibile, in Riv. Giur. Trib., 2008, 741; ID., Norma antielusiva e “relatività” delle operazioni imponibili, in Corr. Trib., 2006, 1466). 39 Corte di giustizia, 21 febbraio 2006, Halifax, causa C-255/02. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 76 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE dell’elusione fiscale – da ultimo - nell’art. 37-bis d.P.R. n. 600 del 1973, affermando l’inopponibilità all’amministrazione finanziaria dei atti, fatti e negozi – fra cui a) trasformazioni, fusioni, scissioni, liquidazioni volontarie e distribuzioni ai soci di somme prelevate da voci del patrimonio netto diverse da quelle formate con utili; b) conferimenti in società, nonché negozi aventi ad oggetto il trasferimento o il godimento di aziende; c) cessioni di crediti; d) cessioni di eccedenze d’imposta, ecc. -, “anche collegati tra loro, pri vi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti”. Come si vede da queste esemplificazioni – non a caso, come meglio si dirà in seguito, non tratte dal diritto penale, ma da altri ambiti del nostro ordinamento -, per contestare ad un soggetto di aver esercitato secondo modalità illegittime una propria facoltà occorre esaminare – accanto ed oltre al profilo materiale ed oggettivo della vicenda, anche – le finalità per il cui il singolo ha agito: in sostanza, la qualificazione negativa di una condotta in termini di abuso deriva non solo dalla particolare tipologia di comportamento assunto dall’agente ma anche dagli obiettivi che intende perseguire, obiettivi il cui ottenimento l’ordinamento non deve consentire o che comunque non deve permettere vengano ottenuti con le modalità che caratterizzano la vicenda presa in considerazione. Breve: l’esercizio di un diritto è abusivo quando la condotta materiale è assistita da una particolare direzione della volontà, quando cioè il singolo agisce per raggiungere obiettivi che non rientrano nella ratio che giustifica l’attribuzione, da parte dell’ordinamento, del diritto dal singolo esercitato. Si dirà: quelle sopra riportate sono banalità. Specie nel diritto penale, nessuna condotta può dirsi assistita da sanzione se non sorretta da una particolare volontarietà: ritornando all’esempio precedente del mancato pagamento del debito punito ai sensi dell’art. 641 c.p., è proprio questa disposizione incriminatrice a richiedere che il soggetto già prima dell’inadempimento fosse consapevole del suo stato di insolvenza ed intenzionato a non versare quanto da lui dovuto. Del pari, anche con riferimento al fenomeno dell’elusione tributaria, l’ordinamento reagisce ad un atteggiamento del contribuente maliziosamente diretto ad ottenere un ingiusto vantaggio di imposta, così come nessuno in sede civile parla di inadempimento se la mancata esecuzione della prestazione dovuta non sia in qualche modo attribuibile ad un comportamento colpevole del terzo. Se si accoglie questa obiezione, il nostro tentativo di individuare il profilo specifico dell’abuso ricollegandolo alla dimensione soggettiva della vicenda, al contenuto intenzionale del soggetto agente, è destinato a non cogliere nel segno; tuttavia, a noi pare che alle considerazioni si possa replicare con due argomentazioni. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 77 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE 6. Funzione e contenuto dell’elemento soggettivo nella condotta di abuso del diritto. In primo luogo, ci pare che l’obiezione sopra richiamata non consideri come l’interprete possa attribuire alla dimensione soggettiva di una condotta due diversi significati, giacché è diversa la valenza di tale profilo a seconda che lo stesso, nell’ambito della vicenda portata all’esame del giudice, vada a giustificare la comminatoria della sanzione di un comportamento che già di per sé – cioè prima ancora di considerare l’elemento soggettivo – appaia meritevole di riprovazione ovvero valga invece a dirigerne la qualificazione verso un giudizio di illegittimità. Tale diversa funzione dell’elemento soggettivo è evidente proprio nel caso da noi considerato di una condotta di abuso, come risulta evidente se, in maniera esemplificativa, si pongano a confronto da un lato, la (già più volte richiamata) vicenda di un mancato adempimento di un debito fra privati e dall’altro una operazione negoziale di elusione degli obblighi fiscali. Nell’ambito della prima fattispecie, si è sicuramente in presenza di una vicenda di fatto che l’ordinamento qualifica negativamente: nessuno ha diritto a non pagare i propri debiti e nessuno può giustificare il proprio inadempimento asserendo che lui paga, fra i suo creditori, coloro che liberamente sceglie, secondo le modalità da lui preferite40. Orbene, in presenza di tale situazione, l’esame dell’atteggiamento soggettivo del singolo non serve a verificare se la condotta dallo stesso tenuta sia qualificata dall’ordinamento in termini di liceità – posto che, come detto, la risposta a tale quesito è certamente negativa -, quanto a verificare se il protagonista dei fatti debba o meno essere sanzionato: il venditore che non consegna la cosa all’acquirente potrebbe non meritare la sanzione perché la sua condotta materiale – che è sicuramente conforme alla fattispecie normativa dell’inadempimento dell’obbligazione – è giustificata dal perimento a lui non dovuto della cosa, così come l’acquirente in tal caso potrebbe non versare il corrispettivo eppure – pur assumendo anch’egli un comportamento senz’altro conforme alla figura giuridica dell’inadempimento – andare esente da responsabilità sulla base del principio inadimplenti non est adimplendum. Del pari, non ogni inadempimento è fonte di responsabilità penale, ma solo quello che si ponga al termine 40 Ovviamente facciamo riferimento ad un inadempimento di cui il debitore sia pienamente consapevole, con il che non richiamiamo solo le ipotesi in cui il singolo volontariamente sceglie di omettere il pagamento ma anche le vicende in cui la mancata osservanza dei propri obblighi sia dovuto ad un previo atteggiamento negligente o imprudente – si pensi ad esempio ad un acquirente che contrae un negozio di compravendita senza avvedersi che il corrispettivo da versare va al di là delle sue possibilità economiche. Ciò che però rileva è che, in ogni caso, il soggetto sappia che si sta rendendo inadempiente, sia cioè pienamente consapevole di quanto stia accadendo e – o perché non vuole o perché non può – non faccia nulla per rimediarvi. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 78 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE di una contrattazione condotta con la consapevolezza del proprio stato di difficoltà economica e con l’intento di provvedere poi a fare quanto pattuito. Detto in sintesi, molteplici vicende di fatto ricevono una qualificazione negativa da parte dell’ordinamento, giacché vi è una sovrapposizione – sotto il profilo oggettivo – fra tali vicende e le diverse fattispecie normative latu sensu sanzionatorie applicabili al caso concreto. Da tale qualificazione di riprovevolezza operata in astratto dal legislatore, tuttavia, non deriva necessariamente una attribuzione di responsabilità a carico di chi ha tenuto il comportamento sottoposto a giudizio, giacché la norma – ed in particolare la norma che descrive in astratto la fattispecie sotto cui l’episodio concreto va sussunto – richiede anche che in capo al singolo possa rinvenirsi un determinato atteggiamento soggettivo. Come detto, in tali circostanze la verifica circa la volontà del soggetto agente serve a “completare” il giudizio di negatività che del fatto fornisce l’ordinamento e nel contempo a legittimare e giustificare la sanzione di colui che a quel fatto ha dato causa ed origine. Tutto ciò non è vero nel caso dell’abuso del diritto, laddove la vicenda concreta – considerata nella sua materialità – non può essere sussunta sotto alcun giudizio di illeceità o illegittimità, senza che se ne valuti previamente la dimensione soggettiva e psicologica. Si consideri, come accennato, ad una operazione negoziale – ad esempio ad una fusione fra persone giuridiche per dar vita ad una “bara fiscale” – avente finalità elusive: la predisposizione e la realizzazione di una fusione societaria è evento assolutamente lecito e che fa parte del fisiologico svolgersi dei traffici giuridici, sicché una qualificazione della vicenda in termini di illegittimità o di immeritevolezzza da parte dell’ordinamento in questo caso non è nemmeno ipotizzabile e però…. Però, qui l’atteggiamento soggettivo dei protagonisti fa la differenza – non, come visto in precedenza, fra il definitivo riconoscimento della responsabilità del singolo e la giustificazione dell’applicazione della sanzione a suo carico, ma – fra la valutazione positiva o meno che dell’operazione negoziale fa la disciplina tributaria. Del pari, in ambito penalistico, si consideri l’amministratore di una serie di persone giuridiche rientranti in un medesimo gruppo societario, il quale, nell’ambito di rapporti commerciali fra le società del gruppo, concluda negozi a condizioni economiche in qualche modo vantaggiose per alcune delle stesse e deleterie per le altre. L’instaurazione di traffici mercantili fra persone giuridiche, quali che ne siano i contenuti concreti, di regola rientra nel normale svolgersi del libero mercato: cos’è che può portare ad una qualificazione in termini di penale rilevanza della condotta dell’amministratore – ad esempio quale fatto di bancarotta in caso di fallimento – se non l’accertamento circa la sua volontà di spogliare con quegli accordi commerciali il patrimonio della sua azienda a vantaggio delle altre persone giuridiche? Non è dunque la condotta materiale dell’amministratore a giustificarne la rimproverabilità in sede penale – ed in effetti cosa si può rimproverare ad un imprenditore che stipula accordi IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 79 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE commerciali? -, quanto è la ragione, le finalità per cui agisce in quel determinato modo a giustificare la sua punizione. Volendo dirlo in sintesi: nelle fattispecie di abuso del diritto, la considerazione dell’atteggiamento soggettivo non serve a verificare la possibilità di sanzionare la condotta considerata ma determina una radicale modifica della sua qualificazione, nel senso che un medesimo comportamento viene considerato lecito quanto tenuto per il raggiungimento di determinate finalità, mentre se assunto per altri obiettivi viene ad essere giudicato negativamente. Sul punto va fatta una puntualizzazione, che serve a definire meglio i contorni del nostro discorso: quando facciamo riferimento alla circostanza che, nel caso di una condotta di abuso, la valutazione delle ragioni che stanno a fondamento del comportamento esaminato possono portare a modificare il giudizio sulla meritevolezza dello stesso non intendiamo riferirci solo all’ipotesi –più radicale, ma forse meno significativa ai fini del discorso che stiamo conducendo in questo lavoro – in cui una condotta considerata come assolutamente lecita e permessa tout court dall’ordinamento viene ad essere vietata se assunta a determinati fini. Rientrano infatti nello spettro della nostra argomentazione anche le vicende di fatto in cui la parametrazione degli obiettivi che il soggetto vuole raggiungere determina sì una modifica del giudizio che di quel comportamento danno le norme ma non nel senso che da una valutazione di assoluta legittimità si passa ad una completa stigmatizzazione dello stesso, quanto nel senso che si passa da un livello di illegittimità ad un più severo giudizio di illiceità. Il senso di questa considerazione emerge chiaramente facendo riferimento alla condotta – sopra descritta - dell’amministratore di più società facenti parte di un medesimo gruppo, il quale – mediante l’adozione di determinati atti giuridici, ad esempio contratti di compravendita, fusioni ecc. - avvantaggi alcune delle stesse a danno di altre. Certamente, questa vicenda assume una coloritura di illegittimità già sotto un profilo civilistico, giacché questa condotta – di per sé considerata, valutata cioè nella sua materialità oggettiva ed a prescindere dalla ragioni che ne hanno determinato l’assunzione – è sicuramente fonte di una possibile responsabilità civile per danni a carico dell’amministratore; tuttavia, ferma restando la qualifica negativa che l’ordinamento assume della vicenda in parola sulla base delle sole connotazioni oggettive della stessa, è evidente che la considerazione delle concrete finalità che il singolo intendeva perseguire non è indifferente perché tale accertamento può determinare – si pensi, ad esempio, al caso dell’amministratore che, trasferendone l’intero patrimonio ad altre società del gruppo, depauperi completamente una delle persone giuridiche da lui gestite facendola poi fallire e lasciando così completamente insoddisfatti i suoi creditori – un nuovo e più severo giudizio sulla condotta medesima, la quale trova la sua sanzione non più solo a livello civilistico ma anche in sede penalistica - configurandosi, nell’esempio considerato ed in ragione delle finalità che IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 80 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE hanno spinto il singolo ad agire nel modo descritto, non una mera incapacità gestionale ma una fattispecie di bancarotta fraudolenta. M eglio precisando quanto detto prima, quindi può affermarsi che la centralità dell’atteggiamento soggettivo del singolo in una concreta fattispecie di abuso del diritto risiede o nel fatto che il suo contegno è considerato lecito dal legislatore, salvo modificarsi tale giudizio in ragione degli obiettivi che l’agente voleva perseguire oppure nella circostanza che una condotta già di per sé – ovvero in ragione dei suoi caratteri esteriori – sanzionata da un dato ambito dell’ordinamento viene, per i risultati illeciti che con tale condotta si intendevano raggiungere, più severamente punita dall’ordinamento medesimo, ammettendosi il ricorso alla più rigorosa sanzione penale. Potranno sembrare considerazioni ovvie, ma se ne vedrà il rilievo più avanti, quando si verificherà come possano in concreto rinvenirsi condotte di abuso che, pur se apparentemente conformi ad una fattispecie incriminatrice, non rivestano in realtà rilevanza penale ma solo una dimensione di illiceità civile. Si è detto in precedenza che le ragioni della rilevanza, per l’individuazione di una situazione di abuso del diritto, delle finalità perseguite dal soggetto agente con l’esercizio di proprie facoltà giuridiche erano due. Della prima – attinente la circostanza che nei casi da noi richiamati la considerazione dell’elemento soggettivo che governa la condotta determina (non il giudizio circa la meritevolezza della sanzione in capo al soggetto agente rispetto ad una vicenda che l’ordinamento considera già di per se in senso sfavorevole, bensì) la negativa valutazione, in termini di illegittimità o illiceità, del comportamento considerato – si è appena detto; è tempo ora di analizzare la seconda delle motivazioni cui facevamo riferimento, attinente al contenuto della volontarietà che assiste la condotta del singolo quando abusi di una sua potestà o facoltà giuridica. Quanti negano la speciale rilevanza che, per individuare una condotta di abuso del diritto, riveste il profilo soggettivo dell’agente evidenziano – come detto in precedenza – come l’ordinamento sanzioni sempre e solo comportamenti comunque assistiti da un atteggiamento colpevole da parte del singolo: per ritornare ad esempi già utilizzati, il debitore che non adempie deve – per sopportare le conseguenze sfavorevoli della sua omissione – volere non pagare, così come l’amministratore di più società deve voler concludere accordi negoziali dal contenuto non equilibrato che sacrifichino le ragioni di una persona giuridica da lui gestita a vantaggio di altri soggetti. Da qui la conclusione secondo cui la considerazione che il soggetto cui viene rimproverato un esercizio arbitrario ed irrituale del suo diritto deve voler porre in essere tale comportamento è constatazione appena ovvia e per nulla significativa per delimitare quale sia la corretta modalità di usufruire delle facoltà giuridiche spettanti a ciascun singolo. Questa replica si fonda però su equivoco. Quando si afferma che la considerazione dell’atteggiamento soggettivo dell’agente è essenziale per qualificare la IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 81 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE sua condotta in termini di abuso del diritto non si fa riferimento al fatto – questo sì davvero scontato – che il soggetto deve essere consapevole della sua condotta e delle conseguenze dannose che ne derivano, così come deve voler tenere il comportamento che viene a lui rimproverato. Certamente possono darsi ipotesi in cui un amministratore stipuli contratti deleteri per le sorti patrimoniali della sua azienda senza avvedersi dei danni che possono derivarne, ma in tal caso di un “abuso” dei suoi poteri gestori non si starà nemmeno a discutere perché egli non ha consapevolezza della pessima gestione che sta ponendo in essere e delle conseguenze negative della sua condotta né vuole assumere comportamenti illegittimi nei confronti della compagine sociale cui deve essere fedele. E’ ovvio, dunque, – ed in questo la tesi che si critica è pienamente fondata -, che una condotta di abuso sussiste sempre che il singolo sia consapevole e voglia porre in essere la condotta contestata; si potrà eventualmente sostenere che tale comportamento non deve essere necessariamente doloso, potendo anche essere determinato da negligenza o imprudenza – ad esempio, l’amministratore potrebbe pensare che favorire un’impresa appartenente al gruppo di cui fa parte la società da lui gestita porterà in futuro vantaggi anche a quest’ultima oppure ritenere che la mancata stipula del negozio avrebbe determinato per la persona giuridica da lui gestita conseguenze ancora più negative di quelle derivate dalla conclusione del contratto -, ma occorre comunque che il soggetto considerato sia consapevole dello squilibrio negoziale che viene a determinarsi fra le società protagoniste dell’accordo e voglia che il contratto abbia questo particolare contenuto. Quando richiamiamo la rilevanza dell’atteggiamento soggettivo del soggetto agente cui si rimproveri di abusare di proprie facoltà giuridiche evidentemente intendiamo riferirci a qualcosa di più significativo, intendiamo cioè richiamare non il mero substrato della volontà che sostiene la condotta concretamente tenuta – per ritornare all’esempio dell’amministratore, la stipula di contratti aventi clausole sfavorevoli per la persona giuridica da lui diretta –, quanto le finalità che con tale comportamento si vogliono raggiungere, le ragioni cioè che hanno determinato l’assunzione di un determinato atteggiamento comportamentale. Con la contestazione di una fattispecie di abuso del diritto, l’ordinamento reagisce non ad semplice comportamento volontario e consapevole del soggetto agente quanto alla circostanza che tale comportamento sia stato dettato da determinate considerazioni finalistiche. Per esemplificare quanto si va dicendo, può considerarsi – sia pure mutatis mutandis – la disciplina penale in tema di furto. Se Tizio volontariamente e consapevolmente si impossessa dell’auto di Caio per impedirgli di raggiungere l’appuntamento con l’amante di cui i due si contendono i favori oppure per mero dispetto, l’art. 624 c.p. non risulta violato, mentre diversa è la conclusione quando la sottrazione dell’auto è finalizzata al conseguimento di un profitto che il possesso del veicolo può far maturare in capo a Tizio: medesima la condotta, medesimo – per certi IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 82 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE profili – l’atteggiamento psicologico sottostante il comportamento – in entrambi i casi consapevolezza dell’altruità della cosa e volontarietà dell’impossessamento della stessa nonostante il mancato consenso del proprietario -, ma diverse le ragioni a fondamento della sottrazione e solo se tali ragioni hanno carattere economico il delitto di furto è integrato. La stessa tecnica di costruzione della fattispecie normativa è utilizzata dal legislatore, volendo fare un ulteriore esempio più aderente al nostro tema, con riferimento alla tematica dell’elusione fiscale. Il contribuente pone in essere una serie di operazioni negoziali e/o societarie e/o finanziarie; la valutazione dell’ordinamento di tali interventi non dipende dal contenuto degli stessi – né dal fatto che gli stessi siano posti in essere con piena consapevolezza e volontarietà dall’imprenditore: come si può pensare ad una fusione societaria realizzata “involontariamente”? -, quanto dagli obiettivi che il contribuente vuole perseguire: il giudizio su tali operazioni è negativo se esse sono giustificare dal solo intento di realizzare un risparmio d’imposta. Ecco dunque la replica all’obiezione in precedenza esposta. In presenza di una sospetta ipotesi di “abuso del diritto”, l’atteggiamento psicologico dell’agente su cui il giudice deve indagare non attiene alla volontarietà della condotta ed alla consapevolezza delle circostanze di fatto in cui la stessa è posta in essere, quanto agli obiettivi che il singolo vuole perseguire giacché solo se tali finalità non sono quelle che l’ordinamento riconnette al diritto di cui nel caso concreto il soggetto agente afferma di voler godere la sua azione merita un giudizio di riprovevolezza. Non la volontarietà e consapevolezza del concreto comportamento è il profilo soggettivo che riteniamo si debba valorizzare nell’esame delle singole concrete vicende in cui si sospetta la presenza di un’ipotesi di abuso del diritto, quanto l’accertamento circa lo scopo ulteriore verso cui tende la volontà del soggetto agente: volendo dirlo con categorie penalistiche, l’abuso del diritto è sempre e necessariamente un illecito a dolo specifico, integrato quando una condotta – di per sé consentita dall’ordinamento – presenti una tipizzazione dell’obiettivo finalistico ulteriore rispetto al comportamento tenuto e tale obiettivo sia considerato in termini negativi dal legislatore. 7. L’accertamento dell’elemento soggettivo in caso di contestazione di una condotta di abuso del diritto: l’assenza di apprezzabili ragioni a giustificazione del comportamento del singolo. Se le superiori considerazioni consentono di individuare la principale specificità della condotta di abuso del diritto, le stesse però aprono anche un fronte problematico. La previa individuazione delle finalità soggettive che guidano il comportamento del singolo è in astratto un soddisfacente criterio di distinzione fra le ipotesi di arbitrario utilizzo di una propria facoltà giuridica e le condotte di esercizio lecito dei propri diritti; tuttavia, nel concreto svolgersi delle controversie giudiziali è indiscutibile che IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 83 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE l’accertamento delle ragioni per cui un soggetto sceglie di agire secondo determinate modalità è verifica tutt’altro che agevole, spesso rimessa all’utilizzo di indici evanescenti, soggettivi, nient’affatto controllabili tanto sotto il profilo della loro individuazione che in ordine al loro impiego in sede di decisione. In realtà, il profilo dell’accertamento dell’elemento soggettivo che ha supportato la condotta dannosa o illecita è un aspetto la cui delicatezza è avvertibile ogniqualvolta debba assumersi una decisione giudiziale che involga e si fondi su tale profilo41. Tuttavia, tale valutazione è assai più impegnativa allorquando tale giudizio venga svolto con riferimento a vicende nell’ambito delle quali al protagonista è rimproverato - non di aver realizzato una condotta difforme rispetto a qualsiasi previsione normativa, bensì – di aver utilizzato in maniera smodata ed arbitraria i poteri che l’ordinamento gli attribuiva: in tali ipotesi, infatti, il comportamento sottoposto all’esame dell’autorità giurisdizionale non è ab origine illecito, ma sconfina in tale ambito a partire dal momento in cui se ne considerano le finalità che ne hanno determinato l’adozione. Detto altrimenti, le difficoltà inerenti l’accertamento dell’elemento soggettivo nell’ambito di condotte contrassegnate da un abuso del diritto sono maggiori perché l’elemento esteriore – rappresentato dal comportamento sub judice, unico profilo 41 Sulle particolari problematiche connesse all’accertamento del dolo in sede civile, BIANCA , La responsabilità, Diritto civile, V, Milano, 1995; CENDON , Il dolo nella responsabilità extracontrattuale, T orino, 1976; FRANZONI, L'illecito, in Trattatto della responsabilità civile, a cura di FRANZONI, Milano, 2004; ID ., Dei fatti illeciti. Artt. 2043-2059, in Commentario al codice civile, a cura di Scialoja - Branca, Bologna-Roma, 1993; GIANNINI - POGLIANI, La responsabilità da illecito civile, Milano, 1996; MONATERI, La responsabilità civile, in Trattato di diritto civile, a cura di Sacco, Torino, 1998; VENEZIANO, Il dolo extracontrattuale, in CENDON (a cura di), La responsabilità civile, Torino, 1998; VISINTINI, Trattato breve della responsabilità civile, Padova, 1996. Con riferimento all’accertamento delle finalità elusive nell’ambito di operazioni economiche e negoziali fiscalmente rilevanti, cfr. POGGIOLI, Riflessioni critiche in tema di operazini fittizie ed accertamento del reddito d’impresa, in Riv. Dir. Trib., 2008, II, 304; FANT OZZI, Sindacabilità delle scelte imprenditoriali e funzione nomofilattica della Cassazione, ivi, 2003, II, 553; LUPI, A proposito di inerenza … Il fisco può entrare nel merito delle scelte imprenditoriali, ivi, 1992, II, 940; MARELLO, Elusione fiscale ed abuso del diritto: profili procedimentali e processuali, in Giur. It., 2010, IV, 103; TESAURO, La motivazione degli atti di accertamento antielusivi ed i suoi riflessi processuali, in Corr. Trib., 2009, 3635; RAGUCCI, Il contraddittorio come principio generale del diritto comunitario, in Rass. Trib., 2009, 580; PEVERINI, Giudizio di fatto e giudizio di diritto in materia di costi non inerenti all’attività d’impresa, in Riv. Dir. Trib., 2008, I, 931; PODDIGHE, Abuso del diritto e contraddittorio processuale, in Rass. Trib., 2009, 150; BEGHIN, Abuso del diritto, giustizia tributaria e certezza dei rapporti fra Fisco e contribuente, in Riv. Dir. Trib., 2009, II, 410; CARPENTIERI, L’ordinamento tributario fra abuso ed incertezza del diritto, in Riv. Dir. Trib., 2008, I, 1060. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 84 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE oggettivo della vicenda percepibile da terzi – non presenta una caratterizzazione psicologica di particolare intensità e significanza, non presenta cioè un’evidente finalità di aggressione nei confronti delle posizioni giuridiche dei terzi ed anzi si pone nello spazio di liceità che l’ordinamento riconosce all’agire privato. A fronte di un proprietario che scelga di innalzare il muro che cinge la sua proprietà, come si potrà provare – e come chi legge il provvedimento giudiziario potrà ritenere essere stato effettivamente e correttamente dimostrato dal giudice – la circostanza che l’innalzamento è funzionale ad un qualche interesse del soggetto agente e non è invece diretto semplicemente a pregiudicare gli interessi del vicino cui il muro finisce per ostruire la visuale; del pari, a fronte di una operazione negoziale di fusione, come attestarne la finalità elusiva intesa ad ottenere un risparmio d’imposta? La riflessione non muta di segno, ed anzi si presenta ancora più complessa, laddove l’esame di singole concrete condotte – riguardate nell’ottica di un possibile abuso del diritto – venga a svolgersi in sede penale. Sull’importanza che l’elemento soggettivo – ed in particolare quello più intenso, rappresentato dal dolo – riveste nelle fattispecie criminose è finanche superfluo soffermarsi: da un lato, il reato doloso non è solo la realizzazione del fatto tipico previsto dalla norma incriminatrice, ma anche l’assunzione consapevole e volontaria della condotta vietata; dall’altro, la considerazione delle gravissime conseguenze che derivano in caso di accertata responsabilità del soggetto accusato per il fatto attribuitogli impone al giudice di riservare massima attenzione anche all’atteggiamento con cui il singolo ha tenuto il comportamento vietato. Ciò nonostante, è indiscutibile che frequentemente nelle aule di giustizia si faccia continuo ricorso ad ogni sorta di presunzione relativamente alla sussistenza dell’elemento soggettivo, in omaggio ad una concezione del dolo quale substrato psicologico necessariamente immanente allo stesso fatto materiale conforme alla fattispecie incriminatrice, con conseguente applicazione dell’automatismo deduttivo sottinteso dal canone dolus in est in re ipsa 42. 42 Il tema meriterebbe ben altro sviluppo e ben altra indicazione bibliografica. In questa sede, senza alcuna pretesa di completezza, ci si limita a segnalare, fra i lavori più recente, CAT ENACCI, I reati di pericolo presunto fra diritto e processo penale, in Studi in onore di Giorgio Marinucci, a cura di DOLCINI - PALIERO, II, Milano, 2006, 1415; FIORELLA, Il principio della responsabilità personale fra codice penale e leggi complementari, Relazione tenuta a T eramo l’8 giugno 2001, nell’ambito del convegno su “Politica criminale e riforma della parte speciale fra codificazione e decodificazione”, 13; MARAFIOT I, Appunti in tema di dolo e regime della prova, in Giur. it., 2002, 653; MASUCCI, ‘Fatto’ e ‘valore’ nella definizione del dolo, T orino, 2004, 28; PIERDONATI, Dolo ed accertamento nelle fattispecie penali c.d. “preganti”, Napoli, 2012; DE MURO, Il dolo. L’accertamento, Milano 2010; DONINI, Il volto attuale dell’illecito penale. La democrazia penale fra differenziazione e sussidiarietà, Milano, 2004, 202; EUSEBI, Il dolo come volontà, Brescia, 1993, 118; IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 85 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE Espressione emblematica di tale impostazione sono le affermazioni rese con riferimento al reato di turbata libertà degli incanti, laddove la Cassazione riconosce che la prova della collusione, e, quindi, del dolo dei concorrenti, “può essere desunta dal collegamento sostanziale tra le imprese partecipanti alla gara, in quanto da tale circostanza può evincersi l'esistenza di unico centro di interessi mirante, attraverso la parcellizzazione delle offerte, ad aumentare le possibilità di aggiudicarsi l'appalto alterando il normale gioco della concorrenza” 43. Può altresì richiamarsi una costante affermazione in tema di omicidio il dolo del quale “deve essere desunto dalla concreta circostanza dell'azione e dalla oggettiva idoneità della stessa a cagionare la morte, e ciò in riguardo ai mezzi adoperati e alla modalità dell'aggressione, a nulla rilevando la mancata reiterazione dei colpi”44; ancora più emblematica la posizione in tema di reati contro l’onore, secondo cui “se ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di diffamazione è sufficiente il solo dolo generico e, cioè, la consapevolezza di ledere l’onore o la reputazione di un altro soggetto, quando il carattere diffamatorio delle espressioni rivolte, assuma una consistenza offensiva intrinseca, essa non può sfuggire all’agente, il quale – anzi – le ha usate proprio per dare maggiore efficacia al suo dictum, per cui nessuna particolare indagine sulla ricorrenza o meno dell’elemento psicologico del reato si presenta necessaria”45. Non meno severa si presenta la giurisprudenza in tema di bancarotta fraudolenta, secondo la quale la prova del relativo elemento soggettivo sarebbe ricavabile dal semplice “mancato ritrovamento, all’atto della dichiarazione di fallimento, di beni e valori societari” 46. Questo approccio della giurisprudenza si risolve in sostanza in una rinuncia a svolgere una puntuale verifica dell’elemento soggettivo richiesto per l’integrazione del reato contestato, che viene sostanziale presunto iuris et de iure quando la condotta materiale si presenta conforme a quella descritta dalla fattispecie incriminatrice 47 considerata . Tuttavia, questa impostazione può ancora apparire – se non condivisibile, PEDRAZZI, Tramonto del dolo?, in Riv. it. dir. proc. pen., 2000, 1265 ss.; PROSDOCIMI, Reato doloso, in Dig. disc. pen., XI, Torino, 1996, 235. Fra i lavori meno recenti, indispensabile rimane il riferimento a BRICOLA, Dolus in re ipsa. Osservazioni in tema di oggetto e di accertamento del dolo, Milano, 1960, nonché GALLO, Il dolo. Oggetto e accertamento, Milano, 1953, 14, secondo cui l’accertamento processuale di tale elemento è un momento irrinunciabile per la verifica della “ praticabilità” dei concetti penalistici; dello stesso Autore, cfr. Dolo (Dir. pen.), in Enc. dir., XIII, Milano, 1964, 801; ID., Appunti di diritto penale, II, Il reato, II, L’elemento psicologico, Torino, 2001, 129. 43 Cass., sez. VI, 31 gennaio 2013, Messuti, in Mass. Uff., 254901 44 Cass., sez. I, 16 giugno 2009, Sartori, in Mass. Uff., 244540. 45 Cass., sez. V, 2 ottobre 2001, Campobasso, inedita. 46 Cass., sez. V, 17 giugno 2010, De Angelis, in Mass. Uff., 248425. 47 MARINUCCI, Finalismo, responsabilità obiettiva, oggetto e struttura del dolo, in Riv. it. dir. proc. pen., 2003, 377 ss., secondo cui il problema della prova può decidere della sopravvivenza IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 86 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE quanto meno – non particolarmente elusiva degli obblighi motivazionali gravanti sul giudice in caso di condanna dell’imputato laddove questo verdetto sia riferito a fattispecie criminose cosiddette “soggettivamente” pregnanti, riferendosi tale termine a quei reati rispetto a quali – stante la condotta naturalistica particolarmente incisiva che li connota – potrebbe apparire superfluo indugiare nella prova del dolo, poiché quest’ultima emergerebbe dalla “univocità soggettiva” del puro comportamento materiale, il quale, in sé e per sé considerato, rivelerebbe immediatamente la presenza di una significativa volontarietà in capo al soggetto agente 48. Di contro, tale modalità di accertamento – e la relativa tecnica motivazionale che conseguentemente viene ad essere adottata nella decisione – non è certamente utilizzabile con riferimento a condotte la cui rilevanza delittuosa risiede nell’esercizio abusivo di propri diritti da parte del soggetto accusato del reato. In tali ipotesi infatti la materialità della condotta non presenta profili di contrasto con singole fattispecie incriminatrici giacché la illiceità dei relativi comportamenti non deriva dal contenuto oggettivo delle azioni che il singolo realizza quanto dalla finalità che le governa, sicché se è l’atteggiamento psicologico che consente di qualificare come criminoso un comportamento altrimenti consentito dall’ordinamento non è possibile ricavare l’esistenza di tale rilevante profilo soggettivo dall’esame dei caratteri esteriori della vicenda. Breve: come più volte detto, il comportamento del singolo, nel caso dell’abuso del diritto, è assolutamente muto in ordine alle sue effettive intenzioni. L’imprenditore individuale dona al figlio un immobile di sua proprietà dopo di che fallisce, un contribuente trasferisce all’estero le proprie attività, un soggetto in pendenza di una controversia civile che lo vede come convenuto aliena ad un prezzo che si può ritenere incongruo i propri beni: sono tutte condotte che non presentano nulla di penalmente rilevante – concretandosi per l’appunto nell’esercizio, da parte del soggetto agente, di proprie facoltà giuridiche -, ma che si colorano di significativa illiceità se invece la finalità che le governava era quella, rispettivamente, di distrarre i beni dell’azione, di realizzare una elusiva esterovestizione per non pagare imposte, di sottrarsi all'adempimento degli obblighi civili dei quali era in corso l'accertamento dinanzi l'Autorità giudiziaria. In tali ipotesi, di cui si è fornita qualche esemplificazione, il problema dunque è dato proprio dal fatto che l’individuazione degli obiettivi per cui il singolo ha agito – e la valutazione dell’immeritevolezza e illegalità degli stessi – non è stessa del dolo, come forma di responsabilità distinta dalla colpa, giacché solo una verifica dei dati obiettivi esterni permette di ricostruire l’esperienza psicologica interiore, contribuendo così a delineare lo stesso concetto di dolo altrimenti inafferrabile. 48 In proposito, cfr. BRICOLA, Dolus in re ipsa, cit., 141; PAGLIARO, Il fatto di reato, Palermo, 1960, 420; ID., Il reato, in Trattato di Diritto penale, Parte Generale, diretto da GROSSO-PADOVANI-PAGLIARO, Milano, 2007, 106. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 87 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE possibile sulla base di un esame degli indici esteriori della vicenda, non potendosi sostenere che l’esistenza in capo all’imputato di una volontà dolosa è attestata dalle modalità criminosa con cui ha agito giacché la condotta da lui tenuta assume carattere delinquenziale perché criminoso era l’atteggiamento che lo ha spinto ad agire in quel determinato modo. Queste considerazioni sembrano confermare i dubbi e le critiche di quanti da tempo sostengono che l’accoglimento da parte della giurisprudenza della figura dell’abuso del diritto determina necessariamente un significativo vulnus ai valori della certezza del diritto e della soggezione dell’autorità giudiziaria alla legge. Infatti, se la sussistenza di un’ipotesi di abuso del diritto è determinata dalle particolari finalità che con tale comportamento il singolo vuole perseguire e se l’accertamento circa le ragioni della singola condotta non può essere svolto alla luce del contenuto della condotta medesima – la quale apparentemente si presenta conforme alla relativa disciplina legale -, non si vede come possa negarsi che la valutazione circa la sussistenza dell’abuso venga di fatto sempre ad essere pronunciata in assenza di parametri di decisione condivisibili ed oggettivi, essendo dunque inevitabilmente rimessa all’incontrollata discrezionalità del giudice. In effetti, è indubbio che – nel definire se sussiste o meno un’ipotesi di abuso del diritto – non è possibile procedere ad un accertamento dell’intenzionalità dell’agente, né risulta utile l’esame delle modalità comportamentali assunte da questi nella concreta vicenda, data la irrilevanza normativa, se non addirittura l’assoluta liceità delle stesse. Ciò tuttavia non significa che il giudice, nella sua valutazione, sia privo di qualsiasi ancoraggio a dati oggettivi e materiali e debba (e possa) affidarsi a sue intuizioni arbitrarie ed assolutamente discrezionali, giacché egli può invece fare riferimento ad elementi fattuali esteriormente percepibili; in particolare, come ora meglio vedremo, la presenza, nella condotta sottoposta a ponderazione giudiziale, di un abuso nel godimento di proprie facoltà giuridiche può essere riscontrata verificando quali siano stati gli esiti della vicenda ovvero quali conseguenze siano derivate dal comportamento sub iudice in termini di soddisfazione di esigenze personali del soggetto agente, di danni a terzi, di nuovi assetti contrattuali ed economici, di nuova ripartizione di benefici ed obblighi ecc.. Punto di partenza di questa nostra affermazione è l’accordo sul fatto che si è in presenza di un’ipotesi di abuso del diritto quando il singolo esercita una propria facoltà giuridica per conseguire obiettivi e risultati che l’ordinamento non riconosce e soprattutto non consente di realizzare mediante la facoltà di cui il soggetto ha inteso usufruire. Se questa tesi è corretta allora a nostro parere può escludersi che si sia in presenza di una tale tipologia di illecito quando il singolo con il suo comportamento – a prescindere dalle finalità che effettivamente lo animavano e che sono destinate a restare sempre sconosciute ai terzi – ha comunque ottenuto uno degli scopi per il cui IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 88 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE raggiungimento il diritto di cui ha usufruito gli è stato ab origine attribuito dall’ordinamento; in tal caso, infatti, le conseguenze materiali ed esteriormente percepibili della condotta sottoposta a giudizio stanno a dimostrare che le finalità perseguite dall’agente con il suo comportamento – almeno nella misura in cui le stesse sono ricostruibili alla luce degli effetti che ne sono derivati – sono conformi alle prescrizioni normative, ovvero rientrano nel novero di quelle che l’ordinamento ammette siano riconnesse all’esercizio del potere del cui legittimo utilizzo si discute. Detto altrimenti, fino a quando si ritiene che il giudice, per contestare la sussistenza di uno smodato esercizio di propri poteri giuridici, non possa fare altro che accertare l’animus interiore del soggetto agente, allora occorre effettivamente riconoscere che la relativa decisione sarà necessariamente opinabile, priva di un ancoraggio rispetto ai dati concreti della vicenda, la quale – come più volte detto – appare inidonea a fornire indici significativi circa l’intenzionalità del singolo. Se però modifichiamo l’angolo di visuale dal quale condurre l’indagine e piuttosto che cercare la prova della volontà dolosa ed illecita del soggetto ricerchiamo indici fattuali che ci consentano (non di provare la presenza, ma al contrario) di escludere la sussistenza di tale volontà, ecco che la valutazione del giudice torna a soffermarsi ed ad avere ad oggetto elementi forniti di un sufficiente grado di oggettività, di una esteriorità percepibile dai terzi. A questo punto, allora, la domanda da porsi diventa quali possono essere queste concrete circostanze il cui ricorrere può consentire di concludere nel senso che nel caso sottoposto a giudizio l’esercizio del diritto non è stato realizzato con modalità – e con intenzioni – abusive, quali siano cioè i dati materiali da cui il giudice può ricavare una convinzione circa la legittimità della condotta del singolo. Orbene, a nostro parere, tali indici – come si è accennato - sono rinvenibili nell’esito finale della vicenda, nelle conseguenze che dal comportamento oggetto di valutazione giudiziale sono derivate, nel senso che laddove con la sua condotta il soggetto abbia comunque realizzato (uno de)gli obiettivi al cui raggiungimento l’ordinamento consente si pervenga mediante l’esercizio di un determinato diritto non potrà mai sostenersi che a quel diritto, nel caso in considerazione, si sia fatto illegittimamente o illegalmente ricorso. Questa impostazione è accolta anche dalla giurisprudenza comunitaria, laddove essa fa applicazione dell’art. 54 della Carta di Nizza, rubricato per l’appunto “Divieto dell’abuso del diritto” ed ai sensi del quale “nessuna disposizione [. . .] deve essere interpretata nel senso di comportare il diritto di esercitare un’attività o compiere un atto che miri alla distruzione dei diritti e delle libertà [. . .] o di imporre a tali diritti e libertà limitazioni più ampie di quelle previste [. . .]” 49. In proposito, la Corte di Giustizia – 49 Su c ui, senza pretesa di completezza, GALGANO, Qui suo iure abutitur neminem leadit?, in Contratto e Impresa, 2011, 311; PANDEMIGLIO, L’abuso del diritto nei trattati di Nizza e Lisbona, ivi, 1076. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 89 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE dopo aver ribadito, richiamando una sua giurisprudenza antecedente all’introduzione del citato art. 54, che i presupposti di una condotta di abuso del diritto vanno rinvenuti da un lato nell’esercizio della facoltà per il raggiungimento di un obiettivo diverso rispetto alla finalità per il cui perseguimento il diritto è attribuito al singolo e dall’altro nella sussistenza in capo al soggetto agente di un particolare atteggiamento soggettivo – evidenzia come il profilo maggiormente delicato della materia attenga appunto all’accertamento della volontarietà della condotta sub judice ed allora cerca di agevolare il compito dei giudici nazionali chiamati a giudicare dell’eventuale utilizzo elusivo di disposizioni comunitarie sostenendo che l’esistenza di un riprovevole atteggiamento soggettivo deve presumersi ogni qualvolta il comportamento considerato abbia determinato una illegittima ed ingiustificata compromissione di un altrui posizione giuridica 50. In sostanza, secondo la Corte di Giustizia, la valutazione giudiziale circa la sussistenza dell’animus nocendi dell’atto di abuso è effettivamente di difficile – se non impossibile - assolvimento laddove l’esame dell’Autorità giudiziaria rimanga confinato ai caratteri del comportamento esteriore del singolo, i quali nulla indicano circa l’effettiva intenzionalità di chi agisce. Altri sono infatti i dati materiali della vicenda che vanno esaminati, dovendo l’attenzione di chi giudica dirigersi verso – non la condotta assunta bensì - gli esiti della stessa nel senso che tutte le volte che il singolo, esercitando un proprio potere giuridico, realizzi la compressione di un altrui diritto che l’ordinamento comunitario considera come fondamentale ed inattingibile 51, si sarà senz’altro in presenza di un abus des droits, senza necessità di vagliare quale fosse l’effettiva intenzione fraudolenta o pervicace del singolo; di contro, quando questa lesione manchi allora l’azione del privato non potrà essere in alcun modo tacciata di illiceità ma rappresenterà una legittima fruizione delle facoltà ed opportunità che 52 l’ordinamento comunitario gli riconosce . Di questa impostazione la giurisprudenza comunitaria ha fatto frequente utilizzo nell’ambito del diritto tributario, onde verificare se determinati comportamenti del contribuente andassero o meno sanzionati in ragione della violazione di obblighi erariali. Si è già accennato alla fondamentale sentenza Halifax – nella quale si afferma per la prima volta in maniera espressa che il carattere elusivo di un’operazione 50 Cfr., per tutte, Corte Giustizia, 9 marzo 1999, Centros, causa C-212/97. Nel senso che, ai fini della sussistenza dell’abuso di diritto “comunitario”, non è sufficiente la lesione di una qualsiasi altrui posizioni giuridiche, ma occorre che il diritto leso rientri fra quelli contemplati nella Carta di Nizza, BIFULCO – CART ABIA – CELOTT O (a cura di), L’Europa dei diritti: commento alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, Bologna 2001, 368; CAFARO, L’abuso di diritto nel sistema comunitario: dal caso Van Binsbergen alla Carta dei diritti, passando per gli ordinamenti nazionali, in Il Diritto dell’Unione Europea, 2003, 318. 52 Ancora PANDEMIGLIO, L’abuso, cit., 1095. 51 IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 90 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE negoziale può essere individuato nella circostanza che la stessa venga posta in essere in assenza di un’effettiva business justification -, ma di particolare rilievo si presenta la decisione relativa al caso Cadbury Schweppes53, con cui i giudici di Strasburgo – con riferimento all’esercizio della libertà di stabilimento – hanno escluso l’esistenza di un abuso di tale facoltà allorquando, pur in presenza di motivazioni di natura fiscale, la società estera controllata sia realmente impiantata nello Stato di stabilimento e ivi eserciti attività economiche effettive, giacché in questo caso si è in presenza di un insediamento stabile con relativo “esercizio effettivo di un’attività economica reale” idonea a “favorire l’interpretazione economica e sociale nel territorio della Comunità nel settore delle attività indipendenti” in coerenza con la funzione e gli obiettivi della disciplina comunitaria del diritto di stabilimento. Come si vede, dunque, è assolutamente consolidato in ambito UE la conclusione secondo cui la volontà elusiva del singolo – ovvero la sua intenzione di abusare del diritto esercitato – va valutata sulla base di indici esterni, da cogliersi però non nella struttura materiale della condotta da lui tenuta, bensì in relazione alle risultanze e conseguenze pratiche che ne sono derivate, nel senso che non potrà mai parlarsi di un esercizio smodato di proprie facoltà giuridiche nel caso in cui, nonostante la apparente artificiosità della vicenda e del comportamento negoziale tenuto, risulti comunque l’effettività dell’operazione economica posta in essere e la sua idoneità a conseguire un interesse meritevole di tutela, “giustificato dagli elementi soggettivi ed oggettivi della sottesa operazione oltreché coerente con le varie norme imperative ad essa altrimenti 54 applicabili” . M edesima impostazione è presente anche nell’esperienza italiana ed in specie nelle disposizioni di diritto tributario dirette a contrastare forme di elusione fiscale: l’art. 37-bis d.P.R. n. 600 del 1973 infatti fonda l’inopponibilità all’amministrazione finanziaria di determinati atti, fatti e negozi sulla circostanza che tali comportamenti siano “privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti”. Nonostante la formulazione della disposizione possa far sorgere delle perplessità – nel senso che la norma pare distinguere il profilo attinente all’assenza di una business justification e quello relativo alla volontà del contribuente di godere di un ingiustificato risparmio di imposta, richiedendo che entrambi questi profili debbano ricorrere, separatamente, nella singola vicenda – ci pare che anche in questo ambito la costruzione della fattispecie normativa avvenga secondo le modalità più volte descritte ovvero esercizio di poteri e facoltà giuridiche per l’intenzionale perseguimento di finalità non consentite dovendosi trarre la prova di tale volontà fraudolenta dalla circostanza che alla azione sub judice non sono riconducibili finalità diverse da quelle 53 54 Corte di giustizia, 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes, causa C-196/04. Ancora la sentenza Cadbury Schweppes citata. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 91 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE vietate dall’ordinamento: esemplificativa in tal senso è una pronuncia della Corte di Cassazione proprio in materia tributaria, giusta la quale non possono tacciarsi di illegittimità operazioni di ristrutturazione societaria quando – per l’appunto - si accerti «la compresenza, non marginale, di ragioni extrafiscali che non si identificano necessariamente in una redditività immediata dell’operazione, ma possono essere anche di natura meramente organizzativa e consistere in un miglioramento strutturale e funzionale dell’impresa» 55. Insomma, se lo specifico di una condotta di abuso del diritto risiede nell’intenzionalità fraudolenta che governa e dirige il comportamento, ciò non comporta che il relativo accertamento giudiziale segua percorsi arbitrari ed incontrollabili intesi all’(impossibile) individuazione dell’atteggiamento soggettivo del singolo. La prova circa le finalità effettivamente perseguite dal soggetto agente infatti può ben essere ricavata tramite una valutazione delle conseguenze che dal comportamento sotto giudizio sono derivate, da una valutazione dell’assetto degli interessi che ne è risultato, dalla sussistenza di possibili ragioni – lecite ed esteriormente percepibili – che possano giustificate l’assunzione della condotta effettivamente tenuta. Rispetto a questa conclusione va fatta un’ulteriore precisazione. Cosa accade, come deve decidere il giudice, quando si accerti che nella vicenda sottoposta a suo esame vi sia una divaricazione fra le intenzioni dell’agente e le conseguenze della condotta da lui tenuta ovvero quando, pur avendo il singolo agito per il raggiungimento di una finalità illecita o che comunque l’ordinamento non ritiene meritevole di protezione, le risultanze finali della vicenda non presentano profili di censura – si pensi, ad esempio, ad una fusione societaria posta in essere con chiara finalità elusiva ma da cui però derivino, seppur non considerate o di cui addirittura si ignorava il loro futuro inverarsi, risparmi di spesa in termini di costo del lavoro, sostenibilità del ricorso al credito bancario ecc.? Riteniamo che in tali ipotesi il giudice – ed in generale chiunque sia chiamato a valutare la possibile sussistenza di una condotta di abuso del diritto – debba mantenere fermo il suo ancoraggio ai dati concreti, agli elementi materiali di cui può avere oggettiva contezza e sulla cui sussistenza può porsi in contraddittorio con altri terzi interessati alla vicenda; di conseguenza, riteniamo che nelle circostanze sopra descritte di abuso del diritto non possa parlarsi. Due ragioni sostengono questa affermazione, una di carattere, per così dire, “processuale” ed attinente il regime probatorio relativo alla 55 Cass., sez. trib., 21 gennaio 2011, n. 1372. Si vedano i commenti di ST EVANAT O, Ancora un'accusa di elusione senza "aggiramento" dello spirito della legge, in Corr. Trib., 2011, 673; FANTETT I, Esercizio della libertà economica non limitato per ragioni fiscali, in Dir. Prat. Soc., 2011, 11/12, 57; VIT ALE, Abuso di diritto: onere della prova all'amministrazione finanziaria, ivi, 2011, 9, 43; FIORENTINO, Note critiche in tema di abuso del diritto, in Dir. Prat. Trib., 2011, 733. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 92 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE qualificazione in termini di illiceità del comportamento considerato, l’altra afferente la stessa nozione della condotta di esorbitante esercizio di proprie facoltà giuridiche. Sotto il primo aspetto, la nostra conclusione ci pare imposta dalla diversa valenza probatoria che ha l’accertamento in ordine ai benefici legittimi che il singolo ha ricavato per il tramite dell’esercizio di un suo diritto – anche laddove se ne abbia ragione di sospettarne il carattere smodato ed arbitrario – e le considerazioni che possono svolgersi in ordine alle effettive intenzioni per il perseguimento delle quali il comportamento è stato assunto. M entre la prima valutazione – inerente l’avvenuto soddisfacimento delle esigenze per la cui realizzazione il diritto è abitualmente attribuito – è condotta sulla base di parametri tendenzialmente oggettivi, giacché l’esame si dirige su dati di fatto, su accadimenti concreti, su profili della vicenda esteriormente percepibili, ogni considerazione sull’effettivo animus nocendi che ha spinto il soggetto ad agire presenta invece un margine di opinabilità essendo lo stesso oggetto di tale giudizio evanescente e praticamente inconoscibile. Alla definizione dell’elemento soggettivo sottostante ad un comportamento si giunge sempre mediante una ricostruzione indiretta, che origina dall’esame delle circostanze concrete della condotta sotto esame per verificare se le stesse hanno una qualche valenza significativa e sono in qualche modo espressione delle ragioni che hanno spinto il singolo ad agire: la difficoltà di questa valutazione viene però esasperata – fino a rischiare di sfociare in arbitrio – quando, come accade nelle ipotesi di abuso del diritto, la condotta si presenti, per definizione, priva di ogni indice di intenzionalità fraudolenta ed è per questo che laddove si accerti che il concreto esercizio del potere del cui possibile abuso si discute abbia determinato il raggiungimento di obiettivi non censurabili e legittimamente perseguibili con il diritto di cui si è usufruito nel caso concreto a questo accertamento occorre arrestarsi, essendo indifferente – e, verrebbe da dire, comunque indimostrabile – che il singolo poi volesse perseguire effettivamente quelle o altre e meno commendevoli finalità. In secondo luogo, riteniamo che nell’ipotesi considerata – ovvero quando il soggetto agisce con un’intenzionalità censurabile ma ciò nonostante realizza obiettivi meritevoli di protezione e conformi alle conseguenze che l’ordinamento riconnette al potere giuridico esercitato – manchi (non solo, come detto sopra, la prova, ma finanche) la stessa sussistenza di un’ipotesi di abuso del diritto. Per convincersene basta considerare come l’eventuale illiceità nell’esercizio di facoltà giuridiche non risiede nella difformità fra il comportamento tenuto ed una fattispecie normativa che descrive le corrette modalità di condotta, bensì nelle finalità e negli effetti che il soggetto vuole realizzare con il potere da lui vantato; di conseguenza, quando le risultanze materiali ed effettive dell’azione tenuta dal singolo non appaiono contrastanti con le ragioni in considerazione delle quali il diritto è stato allo stesso attribuito viene meno qualsiasi profilo di contrasto fra la condotta e l’ordinamento. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 93 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE Detto altrimenti, quando gli effetti della vicenda non sono antigiuridici non vi è alcuno spazio per qualificare il comportamento tenuto in termini di abuso e ciò anche in presenza di elementi che possano far ritenere che il soggetto abbia agito con un’intenzionalità contra legem - ammettendo in via meramente ipotetica che tale conclusione possa essere formulata in presenza di dati fattuali che paiono attestare diversamente. In tale caso infatti viene a mancare il presupposto fondamentale per qualificare una condotta di esercizio di una facoltà giuridica in termini di abuso ovvero aver cercato di realizzare, con l’utilizzo di un proprio diritto, finalità il cui raggiungimento non può essere ottenuto mediante il ricorso al diritto medesimo: il singolo, infatti, ha conseguito con il suo comportamento quella posizione di vantaggio, quel beneficio che l’ordinamento riconnette al potere giuridico di cui ha vantato la titolarità nel caso concreto. E, si badi, questa conclusione non muta di segno nel caso in cui il concreto svolgimento della vicenda possa aver danneggiato la posizione di terzi, posto che in tal caso la lesione di altrui posizioni giuridiche non è la conseguenza di un agire illecito, ma l’esito di una condotta consentita dal legislatore e diretta all’ottenimento di risultati apprezzati positivamente dall’ordinamento; che contestualmente alla positiva realizzazione di tali risultati si sia verificato anche un pregiudizio per altri interessi, per altri soggetti, non è secondo il legislatore circostanza che possa determinare una diversa qualificazione dell’azione posta in essere e giustificare l’adozione forme di sanzione (di qualsiasi tipo) a contrasto della stessa. Si pensi ad una fusione fra due società, da cui derivino contestualmente miglioramenti in termini organizzativi e di efficienza dell’impresa nonché l’aggiramento di obblighi fiscali; orbene, l’ordinamento consente l’adozione di questi comportamenti negoziali quando dagli stessi derivino le conseguenze che si sono effettivamente verificate nel caso concreto ed a tale qualificazione in termini di liceità deve fermarsi l’interprete, non potendo capovolgere il giudizio che della vicenda fornisce il legislatore solo perché riscontra, fra gli effetti della condotta considerata, anche ulteriori profili di danno per altri soggetti. 8. La s pecificità dell’abuso del diritto penalmente rilevante: la presenza di profili di fraudolenza nella condotta. Ricapitoliamo. L’abuso del diritto ricorre quando il titolare dello stesso, pur in assenza di divieti formali, lo eserciti con modalità non necessarie al fine di conseguire risultati diversi ed ulteriori rispetto a quelli per i quali quei poteri o quelle facoltà furono attribuite; la specificità di tale tipologia di condotta illecita, dunque, risiede – non, come di regola si verifica, nella difformità fra l’atteggiamento di chi agisce e determinate previsioni normative, bensì – nel contrasto fra le finalità e gli obiettivi che il singolo si propone di raggiungere con l’esercizio di una sua facoltà e gli scopi etici e sociali per il soddisfacimento dei quali il diritto stesso è riconosciuto e tutelato dal legislatore. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 94 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE Entrambi i profili sono presenti in qualsiasi definizione di “abuso del diritto” l’interprete voglia fornire, a prescindere cioè dall’ambito dell’ordinamento entro il quale tale nozione viene ad essere richiamata: detto altrimenti, non vi è un esercizio abusivo di propri poteri giuridici rilevante – quale che sia la sede (civile, tributaria, amministrativa, penale) in cui la valutazione è operata – se non vi è un utilizzo degli stessi orientato al perseguimento di interessi ed obiettivi il cui raggiungimento non è consentito dall’ordinamento. Tuttavia, laddove da una generica valutazione di censurabilità del comportamento del singolo si voglia passare a giudicarne della penale rilevanza – si discuta cioè se una condotta di abuso dei propri diritti integri o meno una fattispecie di reato -, riteniamo che la predetta definizione non sia sufficiente giacché l’attribuzione della responsabilità penale necessita che il comportamento del singolo presenti - accanto alle circostanze ora menzionate - un profilo ulteriore di rimproverabilità, attinente le specifiche modalità e concrete caratteristiche della condotta di cui si sospetta la valenza criminale. Prima di esaminare quali siano queste ulteriori connotazioni e peculiarità che l’ordinamento penale richiede per attribuire rilevanza ad un utilizzo arbitrario dei propri diritti, è però il caso di soffermarsi sulle ragioni per cui riteniamo necessario differenziare la condotta di criminoso esercizio di propri poteri rispetto ad analoghi comportamenti sanzionabili solo in altre sedi, ovvero le ragioni per cui pensiamo debba riconoscersi una sovrapposizione solo parziale fra un’ipotesi di abuso del diritto “genericamente” qualificata e la medesima tipologia di comportamento cui vanno applicate sanzioni criminali. Una prima riflessione va condotta con riferimento alla necessaria caratterizzazione naturalistica che possiede qualsivoglia fattispecie di reato prevista dal nostro ordinamento. Come detto più volte, profilo centrale della nozione di abuso del diritto come ricostruita dalla dottrina e giurisprudenza – specie nell’ambito civilistico – è la particolare intenzionalità del soggetto agente, la cui condotta deve essere diretta al conseguimento di obiettivi che l’ordinamento non consente di perseguire mediante l’esercizio dei poteri del cui utilizzo si discute nel caso di specie: in questo modo, dunque, l’illiceità del comportamento viene a risiedere non nel contrasto e nella difformità fra l’azione materiale del singolo ed una previsione normativa, ma nell’atteggiamento soggettivo sottostante. Orbene, tale approccio pare difficilmente compatibile con il nostro sistema penale, da sempre – ed ancor di più dopo l’entrata in vigore della Carta costituzionale – contrassegnantesi come un diritto penale del fatto, come ambito giuridico in cui viene considerato rilevante e sono predisposte severe sanzioni per come un soggetto agisce e non per le ragioni che sottostanno a quel suo determinato comportamento56. 56 Evidentemente sul tema, nell’ambito del presente lavoro, le indicazioni bibliografiche possono essere solo sommarie. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 95 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE Non è certo questa la sede per esaminare le diverse ricostruzioni in tema di teoria generale del reato, della sua struttura e del ruolo che al suo interno svolgono il fatto, l’antigiuridicità e la colpevolezza57. Tuttavia – pur nella consapevolezza che l’argomento meriterebbe ben altri approfondimenti, non possibili in tal sede -, ci pare di poter affermare che se è vero che la penale rilevanza di una qualsiasi condotta non può prescindere dalla presenza, in capo a chi agisce, di un pregnante e significativo 58 atteggiamento soggettivo , è altresì certo che primaria componente del reato è la difformità del comportamento rispetto ad una fattispecie incriminatrice, quanto meno nel senso che in mancanza della commissione di una azione vietata non vi è alcuna ragione di chiedersi se il singolo fosse o meno animato da intenzioni criminose, poi di fatto non poste in essere59. Proprio rispetto a questa ricostruzione dell’illecito penale – principalmente incentrata sulle connotazioni materiali della condotta tenuta dal singolo – sarebbe chiaramente stridente l’attribuzione di una rilevanza criminosa ad un comportamento che non si presenta, nella sua materialità, in contrasto con alcuna disposizione incriminatrice e che anzi rappresenta il mero esercizio di un diritto che Sul punto ci si limita ad alcune citazioni fra le opere più recenti: MANES, Il principio di offensività nel diritto penale, T orino 2005; PAGLIARO, Il reato, in Trattato di diritto penale, diretto a GROSSO – PADOVANI – PAGLIARO, Milano 2007, 62; DONINI, Teoria del reato. Un’introduzione, Padova 1996; CAVALIERE, Riflessioni intorno ad oggettivismo e soggettivismo, in Studi in onore di Giorgio Marinucci, II, Milano 2006, 1443; DE VERO, Disvalore d’azione ed imputazione dell’evento in un’aggiornata costruzione separata dei tipi criminosi, ivi, 1487; ID., Illecito e colpevolezza nell’imputazione del reato, Milano 1991; ROMANO, Commentario sistematico del codice penale, I, Milano 2004, 306; FERRAJOLI, Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale, 10^ ed., Roma- Bari 2011, 482. Fra gli scritti meno recenti, MARINUCCI, Fatto, condotta illecita e responsabilità obiettiva nella teoria del reato, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 1985, 623; CADOPPI, “Non evento” e beni giuridici “relativi”: spunti per una reinterpretazione dei reati omissivi propri in chiave di offensività, in Ind. Pen., 1989, 373; MAZZACUVA, Il disvalore di evento nell’illecito penale, Milano 1983. Ancora più risalenti, ma la lettura pare indispensabile, indispensabile il riferimento a DELIT ALA, Il fatto nella teoria generale del reato, Padova 1930; MARINUCCI, Il reato come azione, Milano 1971; PAGLIARO, Il fatto di reato, Palermo 1960. 57 Per approfondimenti sul punto rinviamo a FIANDACA – MUSCO, Diritto penale, 6^ ed., Bologna 2010, 156; ROMANO, Commentario, cit., 300; DE FRANCESCO, Il modello analitico fra dottrina e giurisprudenza: dogmatica e garantismo nella collocazione sistematica dell’elemento psicologico del reato, in AA.VV., Le discrasie fra dottrina e giurisprudenza in diritto penale, Napoli 1991, 191. 58 Per tale valorizzazione, PAGLIARO, Il reato, cit., 44 59 PIFFERI, Generalia delictorum, Milano 2006, 116; MARINUCCI – DOLCINI, Manuale di diritto penale, 2^ ed., Milano 2006, 149 IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 96 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE l’ordinamento attribuisce al soggetto agente60: ecco perché, se si vuole configurare un illecito penale con riferimento all’esercizio di una facoltà giuridica non è sufficiente che la relativa condotta sia supportata da un atteggiamento soggettivo riprovevole ma occorre altresì che dello stesso diritto il singolo ne goda secondo particolari modalità, ed in particolare mediante il ricorso – come meglio si dirà in seguito – a tecniche 61 comportamentali fraudolente ed ingannatorie . Insomma, stante i caratteri del nostro diritto penale – che pone nella condotta esteriore del soggetto, nel cosiddetto “fatto”, “tutto ciò che di oggettivo si trova nella descrizione legale e tutto ciò che rileva al fine del giudizio conclusivo sull’illiceità” 62 della vicenda 63 -, deve ritenersi che l’utilizzo di un proprio diritto assuma una valenza criminosa solo quando già sotto il profilo della materialità della condotta – e quindi a prescindere ed oltre alla presenza in capo all’agente di un animus nocendi particolarmente qualificato – sia riscontrabile che l’esercizio della facoltà giuridica presenta indici di rimproverabilità e sia quindi, sotto questo aspetto, parzialmente difforme rispetto alle ordinarie modalità con cui l’ordinamento consente si possa godere del diritto. In secondo luogo, l’esigenza di differenziare le condotte di abuso criminale dei propri diritti rispetto ad analoghi comportamenti privi di tale spessore delittuoso deriva dal carattere necessariamente frammentario del diritto penale, carattere a sua volta conseguente alla scelta di ricorrere alla sanzione penale - considerata quale extrema ratio delle possibili risposte punitive cui il legislatore può prevedere - solo in presenza di vicende connotate da particolare gravità. Con il richiamo al principio di frammentarietà del diritto penale si intende far riferimento alla circostanza che la funzione di tutela espressa da tale settore dell’ordinamento si esplica solo in presenza di specifiche forme di aggressione contro determinati beni giuridici, il che significa – 60 Come ha detto Hobbes, “per le intenzioni, che non si manifestano mai con atti esteriori, non vi è posto all’accusa umana … [delitti] sono solo quelle colpe che possono essere presentate davanti al giudice e che perciò non sono semplici intenzioni” (Leviatano, XXVII, 240). 61 Il richiamo alla necessaria materialità di una condotta di abuso, chiaramente percepibile nel suo carattere illecito – non potendosi esaurire tale qualificazione nell’atteggiamento soggettivo del singolo -, rappresenta una riaffermazione anche in questo ambito della funzione processualgarantista del requisito dell’oggettività esteriore del comportamento sanzionato quale presupposto per la verificabilità dell’accusa, come sottolineato ai primordi dell’elaborazione del diritto criminale: MONTESQUIEU, Lo spirito delle leggi, XII, 7, 438; BECCARIA, Dei delitti e delle pene, XIII, 33. 62 ROMANO, Commentario, cit., 309 63 In proposito, PAGLIARO, Fatto, condotta illecita e responsabilità obiettiva nella teoria del reato, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 1985, 623; MANT OVANI, Principi di diritto penale, Padova 2002, 109; MARINI, Lineamenti del sistema penale, Milano 1993, 272; FIORELLA, Reato in generale, in Enc. Dir., vol. XXXVIII, Milano 1987, 786. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 97 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE volendo dirlo altrimenti – che il diritto penale non reagisce tout court a qualsiasi ipotesi di lesione della sfera giuridica di terzi, ma solo laddove il danno o la messa in pericolo degli altrui interessi consegua all’adozione di particolari e specifiche condotte ritenute dall’ordinamento particolarmente censurabili; d’altro canto, proprio dalla possibilità di far ricorso alla più severa sanzione criminale solo quando l’aggressione di un bene giuridico meritevole di protezione sia stata realizzata con particolare intensità ed insidiosità deriva la possibilità di far legittimamente ricorso a tale terribile tipologia punitiva esclusivamente solo quando le forme di reazione approntate dagli altri rami dell’ordinamento abbiano dimostrato la loro inadeguatezza sia in termini di protezione dei valori investiti dalla condotta illecita che in ragione della gravità e violenza di quest’ultima64. In che termini i due principi della frammentarietà e sussidiarietà del diritto penale vengano ad interagire con la tematica che stiamo affrontando è agevole comprendere. Se la criminalizzazione di una determinata condotta è legittima non nella misura in cui la stessa attenta a determinati beni giuridici – ed in particolare all’altrui patrimonio -, ma solo se tale aggressione è condotta secondo forme o modalità di offesa che si ritengono particolarmente intollerabili, allora è evidente che la mera circostanza che in sede civile o tributaria venga riscontrata un’ipotesi di abuso del diritto non è sufficiente perché tale condotta trovi una risposta anche in ambito penalistico, proprio perché la risposta penale deve dirigersi verso forme di comportamento che presentino una maggiore lesività degli interessi coinvolti nella vicenda e soprattutto una maggiore connotazione di insidiosità e fraudolenza. Detto altrimenti, la qualificazione di illiceità o illegittimità che una determinata condotta riceve in un ambito dell’ordinamento nazionale non può determinare automaticamente una valutazione di criminosità della medesima, dovendo il fatto di reato presentare una sua specificità in termini di intensità dell’offesa sì da doversi valutare inadeguata ogni altra risposta diversa da quella penalistica e da giustificare la scelta di responsabile in maniera particolarmente severa, 65 limitandone la stessa libertà personale . 64 BRICOLA, Tecniche di tutela penale e tecniche alternative di tutela, in AA.VV., (a cura di DE ACUTIS – PALOMBARINI), Funzioni e limiti del diritto penale, Padova 1984; DOLCINI, Sanzione penale o sanzione amministrativa: problemi di scienza della legislazione, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 1984, 589; PADOVANI, La distribuzione di sanzioni penali e di sanzioni amministrative secondo l’esperienza italiana, ibidem, 952; PALAZZO, I confini della tutela penale: selezione dei beni e criteri della criminalizzazione, ivi, 1992, 453; PEDRAZZI, Diritto penale, in Dig. Disc. Pen., vol. IV, T orino 1990, 64; FORTI, L’immane concretezza, Milano 2000. 65 Sulla natura del diritto penale quale extrema ratio, FERRAJOLI, Diritto e ragione, cit., 197; ROMANO, Diritto penale in materia economica, riforma del codice, abuso di finanziamenti IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 98 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE Indubbiamente, se lo sguardo dell’interprete si rivolge all’esperienza concreta di questi ultimi anni deve riconoscersi che la concezione del diritto penale sopra descritta si è assai poco inverata nel sistema italiano: da un lato, il legislatore incede sempre più di frequente nel ricorso alla costruzione di nuove fattispecie di reato, non sapendo rinvenire altri strumenti per contenere fenomeni di malcostume del vivere collettivo ed assegnando alla pena - detentiva o patrimoniale – funzioni quasi palingenetiche della società66; dall’altro, la stessa giurisprudenza non ha remore nell’ampliare la sfera di prensione delle fattispecie delittuose67, anche grazie alla pessima tecnica di formulazione delle medesime – spesso configurate in maniera generica, prive di quei caratteri di tassatività e determinatezza che ogni previsione incriminatrice dovrebbe invece possedere 68. Tuttavia, occorre prendere atto che queste continue scelte di pubblici, in AA.VV., Comportamenti economici e legislazione penale, a cura di PEDRAZZI COCO, Milano 1979, 185. Nel senso di un necessario collegamento fra il carattere frammentario del diritto penale e la sua natura sussidiaria rispetto agli strumenti sanzionatori e di reazioni individuati in altri ambiti dell’ordinamento, ANGIONI, Contenuto e funzioni del concetto di bene giuridico, Milano 1983, 163; DONINI, Sussidiarietà penale e sussidiarietà comunitaria, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2003, 141. 66 Cfr. i lavori citati nelle note precedenti, oltre a DEMURO, Ultima ratio: alla ricerca di limiti all’espansione del diritto penale, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2013, 1654. 67 Emblematica in tal senso la vicenda relativa alla figura del concorso esterno in associazione mafiosa - su cui FIANDACA, Questioni aperte in tema di concorso esterno, in Foro It., 2012, 565. Possibile richiamare anche la giurisprudenza in tema di dolo eventuale ed omicidio, con riferimento ad esempio agli incidenti stradali: GIOVANNIELLO, La progressiva espansione del dolo eventuale: ragioni general preventive e principio di legalità, in Giur. Merito, 2013, 133; PAOLONI, Dolo eventuale e colpa cosciente nei delitti di omicidio o lesioni personali connessi alla circolazione stradale, in Cass. Pen., 2013, 2281. Più in generale su tale tendenza della giurisprudenza a colmare per via interpretativa quelli che si ritengono lacune del legislatore FIANDACA, Il diritto penale giurisprudenziale fra orientamenti e disorientamenti, Napoli 2008; DI GIOVINE, Considerazioni su interpretazione, retorica e deontologia in diritto penale, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2009, 93; MANES, Il ruolo poliedrico del giudice penale, fra spinte di esegesi adeguatrice e vincoli di sistema, in Cass. Pen., 2014, 1918. 68 Emblematica in questo senso la vicenda relativa al nuovo reato di induzione indebita a dare a promettere utilità, di difficile definizione e sostanzialmente indistinguibile rispetto alle ipotesi criminose di corruzione e concussione: sul punto, cfr. PIVA, “Alla ricerca dell’induzione perduta”: le Sezioni Unite tentano una soluzione, in www.dirittopenalecontemporaneo; MONGILLO, L’incerta frontiera: il discrimine fra concussione ed induzione indebita nel nuovo statuto penale della pubblica amministrazione, ivi. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 99 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE criminalizzazione del Parlamento e la estensiva interpretazione ermeneutica che del relativo prodotto normativo adotta la giurisprudenza oggi non paiono più solo in contrasto con principi di carattere costituzionale69, ma confliggono anche con chiare indicazioni rinvenibili in una serie di decisioni della Corte Europea dei diritti dell’Uomo con una serie di decisioni. Assolutamente emblematica, anche perché emessa nei confronti dello nostro 70 Stato, è la pronuncia n. 18640/10 del 4 marzo 2014 , relativa al trattamento sanzionatorio riservato in Italia ad alcuni soggetti ed persone giuridiche vicine alla famiglia Agnelli, le quali, dopo aver concluso un negozio di equity swap, ne diedero notizia alla C.O.N.S.O.B., illustrandone il contenuto, le finalità e gli effetti che ne sarebbero derivati sul titolo IFIL. Queste comunicazioni vennero ritenute inveritiere e mendaci dalla Commissione di controllo, la quale condannò i protagonisti della vicenda in via amministrativa per la condotta di “manipolazione di mercato” di cui all’art. 187ter punto 1 d.lgs. n. 58 del 1998; contestualmente, però, la Procura di Torino, in relazione alle medesime comunicazioni già sanzionate in sede amministrativa, contestò agli stessi soggetti la violazione del reato di aggiotaggio informativo di cui all’art. 185 del citato decreto n. 58 ed il relativo processo penale, pur se conclusosi con una sentenza di annullamento della Cassazione 71, vide in sede di appello gli imputati condannati per il reato loro contestato. Nelle more del procedimento penale, i diversi soggetti coinvolti nella complessa vicenda – tanto le persone fisiche imputate che le persone giuridiche sanzionate dalla Commissione di controllo della Borsa – hanno fatto ricorso alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo, lamentando diverse violazioni della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. La parte della decisione di interesse ai nostri fini riguarda la circostanza che i ricorrenti lamentavano la violazione, ad opera dello Stato italiano, del principio del ne bis in idem di cui all’art. 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione europea, in base al quale nessuno può essere sottoposto a un nuovo giudizio quando sia stato già condannato o assolto in via definitiva: secondo i ricorrenti, nel caso di specie, tale principio sarebbe risultato violato Come esempio di fattispecie criminosa indeterminata e generica può richiamarsi la fattispecie di cd. stalking, di cui all’art. 612-bis c.p., su cui è dovuta intervenire anche la Corte costituzionale onde precisarne i confini, cfr. Corte cost., sentenza 11 giugno 2014 n. 172. In dottrina VAL SECCHI, Il delitto di atti persecutori, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2009, 1390. 69 -----. 70 La decisione può leggersi in http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_20_1.wp?previsiousPage=mg_1_20&contentId=SDU9 97175. 71 Cass., sez. I, 16 dicembre 2013. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 100 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE in quanto costoro erano stati prima sanzionati dalla CONSOB e poi sottoposti a un procedimento penale in relazione ai medesimi fatti. Orbene, la Corte europea ha ritenuto fondata tale censura, sulla base di una duplice valutazione. In primo luogo, i giudici di Strasburgo hanno ritenuto che la procedura davanti alla CONSOB fosse inerente – nonostante la qualificazione che l’ordinamento assegnava alla violazione – ad una “accusa in materia penale”; in secondo luogo, anche qui prescindendo dalle diverse qualificazioni in termini di illiceità ed illegittimità che le norme riservavano loro, secondo la Corte lussemburghese le condotte descritte dall’art. 187-ter (di cui al procedimento amministrativo) e 185, co. 1, d.lgs. n. 58 del 1998 (di cui al procedimento penale) andavano considerate come le medesime. Sulla scorta di tali osservazioni, la C.E.D.U. ha dichiarato che la scelta dell’ordinamento italiano di avviare un procedimento penale dopo la conclusione del procedimento amministrativo integrasse la violazione del divieto di ne bis in idem, perché per l’appunto una stessa condotta, una medesima violazione di un precetto, era punito due volte, in due distinte sedi giurisdizionali 72. Ancora più interessante – stante la circostanza che ci si riferiva proprio ad una ipotesi di contestuale svolgimento di un procedimento penale e di un procedimento amministrativo in materia di frode fiscale – è la recentissima Nykanen vs. Finlandia, del 20 maggio 2014. L’argomentare della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo segue cadenze già viste: prima l’affermazione che la reazione dell’ordinamento ad una condotta illecita può essere qualificata come sanzione non solo quando segua all’accertamento della responsabilità per la commissione di un fatto di reato, ma anche nel caso in cui – pur essendo la violazione contestata di natura amministrativa – la risposta repressiva predisposta dall’ordinamento ha natura fortemente afflittiva – perché, ad esempio, priva il singolo di una considerevole parte del proprio patrimonio -, ovvero mira alla punizione del “colpevole” ed ha perciò natura deterrente e non compensativa; ciò precisato, la Corte europea ribadisce che anche le condanne pronunciate in sede tributaria possono avere natura punitiva quando al contribuente inadempiente vengano applicate sanzioni pecuniarie significative, con un significativo incremento del debito verso l’erario, il cui ammontare non esprime più una funzione risarcitoria rispetto all’obbligazione tributaria rimasta originariamente inadempiuta, ma assume natura afflittiva nei confronti del contribuente infedele. La conclusione è analoga a quella vista nella decisione sul caso Ifil: quando ad una medesima condotta qualificata negativamente - l’ordinamento reagisca non solo con la risposta penale ma anche con altre modalità fortemente afflittive per l’interessato, si è in presenza di una duplice sanzione dello stesso comportamento e ciò determina una violazione del 72 Per approfondimenti, sia consentito il rinvio a SANT ORIELLO, Carta dei Diritti dell’Uomo e mancato pagamento delle imposte in sede penale e amministrativa, in Fisco, 2014, 17, 1656. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 101 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE principio del ne bis in idem di cui all’art. 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione europea. Le indicazioni della giurisprudenza sovranazionale – non fosse sufficiente quanto desumibile dai menzionati principi del diritto penale nazionale – sono dunque nel senso di dover ricercare una particolare specificità della condotta criminosa, giacché è solo questa specificità che legittima e giustifica la punizione che viene comminata penale. In sostanza, una medesima vicenda può ricevere, all’interno di uno stesso ordinamento, un diverso giudizio di illiceità a seconda dell’ambito entro il quale tale valutazione è resa: quando il profilo considerato è quello della rilevanza delittuosa della condotta non è però sufficiente che questa presenti una generica difformità da quei dettami normativi la cui inosservanza giustifica invece l’applicazione di una sanzione in sede civile amministrativa o in ambito tributario. Riportando queste indicazioni al tema oggetto di questo lavoro ne deriva che l’esercizio di un proprio diritto, pur quando se ne riscontri l’abusività e l’arbitrarietà in sede di giudizio civile o in una controversia con l’Erario, non per questo ha anche una rilevanza penale giacché per approdare a quest’ultima valutazione occorre che il censurato utilizzo della facoltà giuridica venga posto in essere con modalità particolarmente riprovevoli e maggiormente significative in ordine all’aggressione e lesione degli interessi protetti dalla fattispecie incriminatrice. Chiaramente, a questo punto, il problema diventa stabilire quali siano le modalità che attribuiscono valenza criminale ad una condotta altrimenti penalmente non rilevante, quali siano cioè le connotazioni concrete della vicenda che ne legittimano la punibilità quale fatto di reato. La risposta al quesito in realtà non ci pare difficile né particolarmente complessa, pur non potendosi negare la possibile insorgenza di difficoltà quando di tali criteri si cerca di dare concreta attuazione nelle singole vicende oggetto di giudizio. A nostro parere, la specificità della condotta penalmente rilevante è da rinvenire nelle modalità fraudolente – e non semplicemente arbitrarie e smodate – con cui il diritto è esercitato, nel senso che è configurabile una responsabilità penale del singolo che abusi di proprie facoltà giuridiche – sempre che il fatto sia sussumibile sotto qualche fattispecie delittuosa – solo quando questi abbia occultato l’intenzione di raggiungere finalità diverse da quelle che l’ordinamento riconnette all’esercizio di quei poteri o abbia rappresentato in maniera mendace le circostanze in presenza delle quali si pone la sua azione o abbia nascosto le particolari e censurabili modalità con cui è stato esercitato il diritto di cui pure è titolare, ecc.. Qualche esempio può chiarire quanto andiamo dicendo. Si immagini che un imprenditore, mentre la sua società è in stato di insolvenza, per far fronte ad alcune impellenti necessità economiche e così ritardare la relativa dichiarazione di fallimento, venda un bene aziendale dietro il versamento di un corrispettivo, pattuendo con l’acquirente un termine per il pagamento a fronte dell’immediata cessione del bene; se i IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 102 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE creditori dell’imprenditore ritengono il prezzo irrisorio o mancanti le garanzie in ordine al futuro pagamento dello stesso, essi potranno agire secondo le ordinarie modalità dell’azione revocatoria ordinaria di cui all’art. 2901 cod. civ., così come in revocatoria ex art. 67 della legge fallimentare potrà agire il curatore in caso di successiva dichiarazione di fallimento; fin qui nulla di penalmente rilevante 73, nel senso che la condotta del fallendo trova una reazione nell’ambito del diritto civile, reazione giustificata dalla circostanza che in questo caso il diritto di proprietà - che pure ordinariamente ricomprende la facoltà di vendere liberamente i propri beni secondo una valutazione rimessa integralmente alla discrezionalità del titolare – è stato esercitato onde ritardare la necessaria dichiarazione di fallimento dell’impresa, così da danneggiare gli interessi dei creditori. Il quadro però cambia e diventa possibile ipotizzare una valenza delittuosa della condotta, quando l’imprenditore – ad esempio – ceda il bene ad un prezzo diverso da quello dichiarato, occultando il surplus di corrispettivo che riceve, o concorda una scadenza di pagamento senza farsi garantire in alcun modo il versamento del prezzo ed in accordo con l’acquirente che tale versamento non vi sarà o vi sarà in maniera solo parziale o ancora nasconde l’avvenuta cessione in modo da far maturare il termine di prescrizione ed impedire agli interessati di far ricorso alla revocatoria. Ancora un esempio. Un imprenditore dichiara di aver trasferito la propria azienda o parte della stessa all’estero e chiede che la tassazione sia calcolata sulla base di questa circostanza – ovvero dichiari di pagare all’estero i tributi o comunque che il fisco italiano riconosca che parte dell’obbligazione tributaria è assolta altrove: l’Erario può ritenere infondata tale richiesta, affermando che la tassazione debba continuare ad essere calcolata come se l’impresa operasse in Italia, perché la condotta del contribuente non è tale da modificare la sede effettiva dei propri affari ed il luogo ove egli matura i propri ricavi; anche in questo caso, trattasi di una vicenda che il diritto tributario censura, con il determinarsi di conseguenze negative in capo al contribuente, ma nulla legittima il ricorso alla sanzione penale. Diversa invece la circostanza in cui il contribuente, per giustificare la sua affermazione di aver trasferito l’impresa all’estero, rappresentasse agli organi competenti una situazione diversa da quella reale, dichiarando falsamente che all’estero ha sede ed opera il board organizzativo dell’azienda o che all’estero sono presenti diversi stabilimenti operativi ecc.. Detto altrimenti ed in maniera più generale, la condotta di abuso del diritto ha una penale rilevanza solo quando il comportamento esteriore del soggetto presenta – 73 Salvo forse una responsabilità per il delitto di bancarotta semplice ai sensi dell’art. 217, comma 1, R.D. n. 267 del 1942. Trattasi di ipotesi marginale, in ragione della irrilevanza della fattispecie, ma di cui si può in questa sede soprassedere stante il fatto che trattasi di reato punibile anche a titolo di colpa, mentre in questo lavoro – come si è già detto in precedenza – il nostro interesse si concentra principalmente su condotte di carattere doloso. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 103 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE rispetto ad ogni altra generica ipotesi di scorretto esercizio di proprie facoltà giuridiche – una connotazione fraudolenta, ingannatoria, che cela la reale struttura della vicenda in cui si cala il comportamento del singolo, ne camuffa i presupposti e le effettive conseguenze74. Anche in questo caso tali affermazioni trovano riscontro nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Si può in proposito richiamare la recente sentenza Frasson C-617-10 del 26 febbraio 2013 in tema di rapporti fra giudizio penale 74 In alcuni casi, la specificità della condotta sanzionata penalmente può essere rinvenuta anche nelle conseguenze che la stessa è idonea a determinare e che si presentano come diverse rispetto agli effetti derivanti da comportamenti analoghi ma non integranti un fatto di reato. E’ quanto, ad esempio, ci si era permessi di sostenere – unitamente ad altri autori (ZANOTTI, Il nuovo diritto penale dell’economia, 2^ ed., Milano 2008, 418; MELCHIONDA, Art. 2637 – art. 185 d.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58, in AA. VV., I nuovi reati societari, a cura di LANZI CADOPPI, Padova, 2006, 264; MAGRO, Le manipolazioni di mercato fra illecito penale ed illecito amministrativo, in Cass. Pen., 2007, 61; PALIERO, Market abuse e legislazione penale: un connubio tormentato, in Corr. Merito, 2005, 800; LUNGHINI, La manipolazione del mercato, in Dir. Pen. Proc., 2005, 811) ed a parte della giurisprudenza (Cass., sez. VI, 16 marzo 2006, Labella, in Cass. Pen., 2007, 56) – con riferimento ai rapporti fra il reato di manipolazione del mercato di cui all’art. 185 del testo unico sulla finanza e l’illecito amministrativo previsto dall’art. 187 ter del medesimo testo unico. Stante una descrizione delle relative condotte pressoché identica in entrambi i casi, avevano sostenuto che la differenza fra le due ipotesi andasse rinvenuta nel senso che il legislatore, nel disegno della fattispecie criminosa, aveva prestato particolare attenzione al dato quantitativo della variazione del valore del titolo, dovendo la condotta essere concretamente idonea a determinare una sensibile alterazione del prezzo dello stesso, mentre tale profilo non era affatto richiamato nel citato art. 187 ter , con la conseguenza che mentre l’illecito penale sarebbe posto a tutela del mercato da strategie manipolative concretamente idonee a porre in pericolo il normale meccanismo di formazione dei prezzi, l’illecito amministrativo sarebbe una fattispecie di pericolo astratto, in cui la soglia della punibilità viene anticipata a condotte non artificiose, non dotate di una vera idoneità ingannatoria (SANT ORIELLO, Lineamenti -------). Evidentemente, laddove questa ricostruzione fosse stata accolta – e non implicitamente rigettata dal giudice di le gittimità (Cass., sez. V, 20 giugno 2012, Gabetti e altri, in Cass. Pen., 2013, 4623, con nota di NOT ARGIACOMO, La manipolazione del mercato informativa. Sulla pronuncia, si veda anche LENZINI, Manipolazione di mercato: inadeguatezza del metodo dell’event study nell’accertamento dell’offesa ed alterazione per stabilizzazione artificiosa, in Riv. Trim. Dir. Pen. Ec., 2012, 925) – la differenziazione fra le due fattispecie penale ed amministrativa avrebbe reso inconfigurabile un cumulo fra le rispettive sanzioni, dovendo invece trovare applicazione il criterio della consunzione ed il delitto avrebbe dovuto escludere la sussistenza della contravvenzione amministrativa, con il che la Corte Europea non avrebbe potuto contestare la violazione del ne bis in idem in questa vicenda. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 104 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE e procedimento innanzi alla giustizia tributaria, con la quale si è riconosciuta la possibilità che l’azione penale nei confronti di un contribuente accusato di frode finanziaria aggravata potesse essere accompagnata anche da sanzioni penali, essendo possibile, per i giudici di Strasburgo, che “esistano sovrattasse e sanzioni penali se queste afferiscono a fattispecie di diritto diverse”. Consapevole dell’equivoco cui questa conclusione avrebbe potuto indurre gli interpreti – stante l’apparente contrasto con le altre decisioni che si sono sopra menzionate – la stessa Corte ha avuto cura di precisare il proprio pensiero, evidenziando come nella sua giurisprudenza non fosse rinvenibile l’affermazione secondo cui un soggetto non può essere condannato in sede penale ed in sede tributaria per un medesima violazione fiscale, ovvero per il mancato versamento di una medesima imposta: quello che occorre perché non si verifichi una violazione del ne bis in idem è che la condotta penalmente rilevante si presenti comunque diversa – per l’insidiosità della modalità di esecuzione, per i sotterfugi utilizzati, per l’atteggiamento fraudolento tenuto dal contribuente ecc. – rispetto al comportamento che assume rilevanza in sede tributaria. Ecco perché nella citata sentenza Frasson la Corte E.d.u. non ha rinvenuto la violazione dell’art. 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione europea e non ha censurato il concorso di sanzioni penali ed amministrative relativamente ad una accusa di frode finanziaria: nel caso di specie, infatti, il contribuente non si era limitato ad evadere l’imposta – profilo che rileva in sede di contestazione della violazione tributaria -, ma aveva anche assunto comportamenti fraudolenti onde celare il suo adempimento – e questo surplus di condotta – che coincide con quello che noi abbiamo indicato come lo specifico del comportamento penalmente rilevante – giustifica, in presenza di un mancato contributo dell’imposta, la scelta del legislatore nazionale di applicare una punizione anche in sede penale 75. Chiara ci pare la coincidenza – pur essendo diverse le prospettive da cui viene esaminato il problema – fra la nostra tesi e le affermazioni della Corte Europea. Noi affermiamo che l’abuso del diritto assume una dimensione criminosa quando l’esercizio del potere da parte del titolare non è semplicemente smodato ma si presenta con 75 Analoghe considerazioni sono presenti nella decisione Corte di giustizia, 14 dicembre 2000, Emsland-Stärke, causa C-110/99 avente ad oggetto una fattispecie la cui abusività era per molti versi facilmente riconoscibile. Un esportatore tedesco di patate verso la Svizzera pretendeva di giovarsi dei benefici all’esportazione previsti dalla normativa comunitaria pur in presenza della prova inequivoca che tali sue esportazioni venivano immediatamente reimportate nell’area doganale comunitaria attraverso gli stessi mezzi di trasporto impiegati per la loro esportazione ed in tale ambito venivano destinate alla loro utilizzazione definitiva; non era, quindi, difficile provare che si trattava di un’operazione rivolta ad ottenere un premio all’esportazione in contrasto con gli “obiettivi comunitari” attraverso la creazione di “ condizioni artificiose” relative ad un’esportazione fittizia. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 105 RELAZIONI A CONVEGNI IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE connotazioni fraudolente ed ingannatorie, la Corte Europea dei diritti dell'uomo ritiene violi il principio del ne bis in idem la sanzione in sede penale ed in altro ambito giurisdizionale di condotte sostanzialmente identiche e sovrapponibili, perché – ad esempio – offendono il medesimo bene giuridico – si pensi ad un semplice mancato pagamento di un’imposta, che dà luogo sia ad una contravvenzione amministrativa che ad un delitto, pur andando a ledere sempre e solo l’interesse patrimoniale dell’erario -, hanno la stessa connotazione naturalistica, si collochino nel medesimo lasso temporale ecc.. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 106 APPENDICE RIFLESSIONI SU TEMI GENERALI DI DIRITTO (COMUNI AI GIURISTI: AVVOCATI E MAGISTRATI) CHE POSSONO ESSERE DI UNA QUALCHE UTILITÀ PER UNA MIGLIORE SOLUZIONE DI CASI PRATICI di MARCO CASAVECCHIA a) Come già enunciato nel titolo, il programma non ha ambizioni teoriche. Ha solo un fine pratico: quello di rendere possibilmente migliore l’attività degli avvocati e dei giudici. Siccome il mestiere dei giuristi è quello di interpretare testi normativi, il corso tende –attraverso il dialogo tra professori di diritto e non, avvocati e magistrati- ad elevare il livello della loro attività. A tal fine enfatizza il ruolo della giurisprudenza come fonte del diritto (I^ conferenza); tende a dare un senso pratico alla teoria dell’ordinamento giuridico (2^ conferenza); pone a confronto il diritto con le scienze naturali (3^ conferenza), con l’attuale teoria della complessità (4^ conferenza), con la letteratura (5^ conferenza), con l’economia (6^ conferenza), con le scienze cognitive (7^ conferenza), con l’informatica (8^ conferenza), con la teoria dei giochi (9^ conferenza), e, infine, con l’etica e la giustizia, qualsivoglia cosa vogliano oggi dire tali discipline (ultima conferenza). b) Il corso, quindi, si svolgerà attraverso 10 conferenze alle quali parteciperanno come oratori un professore esperto della materia, un avvocato e un magistrato. c) Le conferenze avranno per oggetto le seguenti tematiche. 1. Il linguaggio del diritto e le sue fonti: in particolare si parlerà della giurisprudenza come fonte del diritto. 1.1. Casi pratici. (i) Sino al 1999 (Cass. 500/1999) chi violava un interesse legittimo non incorreva nella sanzione del risarcimento dei danni. Successivamente, e per effetto della citata sentenza, la violazione di un interesse legittimo viene ritenuta un illecito a sensi dell’art. 2043 cc. La nuova interpretazione giurisprudenziale della Cassazione (500/99) ha efficacia retroattiva? e cioè chi, ad esempio, ha violato le norme sul rilascio di una concessione edilizia nel 1995, deve rispondere di danni a sensi dell’art. 2043 cc? Si IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 107 APPENDICE discute il caso alla luce delle sentenze del Cons. di S tato, IV, 11-12-98, n. 1627, della C.A.Torino, III civile, 19-10-2006 n. 1638, del T. Alba, 43/98 del 5-1-1998. (ii) Allorquando la Cassazione cambia parere in punto giurisdizione e si verifica un’ipotesi capovolta rispetto a quanto si interpreta a proposito dell’art. 5 cpc, quale è la “regola da seguire”? Si discute il caso di Cass. SS .UU., ord. 9-2-2010, n. 2906/2010 in relazione a Cass. 17-6-2010 n. 14.627; Corte Giustizia CE, 8-2-2007, n. 3; CEDU, 26-32006, n. 64.886/01 (v.si, altresì: M.P. Morelli, Ingiustificato allarme sui decreti ingiuntivi: termini dimezzati solo per le nuove opposizioni, Guida del diritto, 44/2010). 1.2. La conferenza verrà tenuta dal prof. P.Lotti (magistrato del Consiglio di Stato); dal dott. U. S cotti (della Corte di Appello di Torino) e dal'avv. M .Weigmann. B. Bibliografia minima di riferimento (al diritto come linguaggio e alle fonti del diritto). (i) L. Wittgenstein, Ricerche filosofiche, Einaudi, 1967; AA.VV., Gli atti linguistici (a cura di M.S bisà), Feltrinelli, 1978; J.L. Austin, Come fare cose con le parole, M arietti 1987; W. Twining e D. Miers, Come far cose con le regole, Giuffrè, 1990; J.R.S earle, Atti linguistici, Saggio di filosofia del linguaggio. Bollati Boringhieri, 1992; P.Amselek, La teoria degli atti linguistici e il diritto, Giappichelli, 1990 (191 e segg.); N.Bobbio, Scienza del diritto e analisi del linguaggio; U.S carpelli, Scienza del diritto e analisi del linguaggio, ambedue in “Il linguaggio del diritto” (a cura di U.S carpelli e P.Di Lucia), LED 1994, rispettivamente, alle pagg. 87 e segg. e 95 e segg.; R.Guastini, Il diritto come linguaggio, Giappichelli, 2001; B.M.Garavelli, Le parole e la giustizia. Divagazioni grammaticali e retoriche su testi giuridici italiani, Einaudi, 2001; G.Garzone e F.S antulli (a cura di), Il linguaggio giuridico, Prospettive interdisciplinari, Giuffrè, 2008. (ii) H.Kelsen, La dottrina pura del diritto, Einaudi, 1966 (V, Le cosiddette <<fonti del diritto>> [263 e segg.] e sub g): la giurisdizione [267 e segg.]; H.L.A.Hart, Il concetto di diritto, Einuadi, 1961, 158-159 e 166 e segg. (VII, 3. Definitività e infallibilità della sentenza); A.Ross, Diritto e giustizia, Einaudi, 1965, 72 e segg. [III, Le fonti del diritto e par. 17 sub “Il precedente”); R. S acco, Introduzione al diritto comparato, VI ed., Giappichelli, capitolo secondo, par. 4. (27 e segg.) e 5. (36 e segg.); A.Pizzorusso, Delle Fonti del diritto, Artt. 1-9, Zanichelli-Foro it., 1977, Appendice, 379 e segg. e, in particolare, par. VII su “Il precedente giudiziario” (525 e segg.); R.S acco, L’interpretazione e G. Monateri, I grandi interpreti, in AA.VV, Le fonti non scritte e l’interpretazione (a cura di G. Alpa e altri), UTET, 1999, rispettivamente, in Titolo secondo, 159 e segg. e Titolo terzo, 423 e segg.; G.Tarello, L’interpretazione della legge, Giuffrè, 1980; AA.VV., Sistemi giuridici comparati (a cura di A. Gambaro e R. S acco), UTET, 1999; U. Mattei, Common Law. Il diritto anglo-americano, UTET, 1992, capitolo sesto (Le fonti del diritto, 1. La giurisprudenza); U.Pagallo, Alle fonti del diritto, Giappichelli, 2002; A. Punzi, Dialogica del diritto. Studi per una filosofia IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 108 APPENDICE della giurisprudenza, Giappichelli, 2009. 2. Se l’insieme delle norme giuridiche costituisce, a suo modo, un ordinamento alla luce dei principi di unità, coerenza e completezza, quale organo della Magistratura (GO o GA) deve valutare, ad esempio, l’abuso edilizio alla luce delle norme di cui agli artt. 44 e 45 del dpr 6-6-2001, n. 380? e quale organo (Cassazione o Consiglio di S tato) si deve pronunciare in punto giurisdizione? infine, nei casi di interferenze tra disciplina civile e disciplina penale (es. nei casi di c.d. “contratto e reato”), quale indirizzo deve prevalere? 2.1. Casi pratici. (i) Si prendono in considerazione le sentenze Cass. 31-5-1983, Zanotti; Cass. 13-1-1984, Zungano; Cass. 13-3-85, M araviglia; Cass. 31-1-1986, Ainora; Cass. SS.UU. 12-1-93, Riv. Giur. Ed. 1994, I, 405 e segg.. (ii) Si prendono, altresì, in considerazione i casi di contrasto, in punto giurisdizione, di cui alla sent. AP Cons. S t., 30-7-2008, n. 9, in relazione a Cass. SS.UU. 28-12-2007, n. 27.169 e successive. (iii) Si prendono in considerazione i casi di contratto e reato. 2.2. Bibliografia minima: (i) (sull’ordinamento giuridico): H.Kelsen, cit.; N.Bobbio, Studi per una teoria generale del diritto, Giappichelli, 1970; G.Tarello, Cultura giuridica e politica del diritto, Il M ulino, 1988 (Parte seconda, par. 2, <<Ordinamento giuridico>> [173 e segg.] e Parte quarta, par. 4 “Sulla teoria (generale) del diritto [391 e segg.]); M.G.Losano, Sistema e struttura nel diritto (3 volumi), Giuffrè, 2002; U.Pagallo, Testi e contesti dell’ordinamento giuridico, Cedam, 2001; N.Bobbio, La consuetudine come fatto normativo, Giappichelli, 2010. (ii) G.Cocco, La rilevanza penale dei vizi degli atti amministrativi elementi della fattispecie estintiva penale: in particolare le ipotesi della concessione edilizia in sanatoria e del condono edilizio, in AA.VV., Studi economico-giuridici, Giappichelli, 1998, 73 e segg.; N. Assini, Codice dell’urbanistica e dell’edilizia, Cedam, 2009; A.Di Amato, Contratto e reato. Profili civilistici, ESI, 2003, in Trattato di diritto civile . . . (diretto da P.Perlingieri); A.Liberati, Contratto e reato. Interferenze tra disciplina civile e disciplina penale, Giuffrè, 2004; 3. Se il diritto è linguaggio prescrittivo, appare utile un raffronto di tale linguaggio con quello c.d. descrittivo tipico delle scienze della natura ed in particolare della fisica quantistica. 3.1. Il rapporto tra scienze fisico-matematiche e scienze economiche, politiche e morali, a partire dalla seconda metà del Settecento, è stato particolarmente intenso (vedasi, in particolare, la diffusione del newtonianesimo in Europa). IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 109 APPENDICE Se è poi vero che <<il problema quantistico è così straordinariamente importante . . . che dovrebbe essere al centro dell’attenzione di tutti>> (A.Einstein), allora, almeno nei suoi principi fondamentali, non può che essere utile anche per i giuristi. E ciò senza cadere in facili trasposizioni di concetti dal settore scientifico a quello umanistico (al quale appartiene il diritto) già denunciati da Sokal e Bricmont. 3.2. Nel campo del diritto in particolare, la conoscenza di certi principi della fisica quantistica può essere di stimolo per riconsiderare e ristudiare la distinzione tra “diritto soggettivo e interesse legittimo”, i casi del (relativo) superamento della dicotomia “diritto privato”-“diritto pubblico” a favore di un unico “diritto comune: privato e pubblico” al contempo, i casi delle società come “enti e organi” (le c.d. “società in house”), dei “consorzi stabili” (art. 44 d.lg. 163/06) come “soggetti” e come soggetti agenti a “nome e per conto” dei loro consorziati eccetera. 3.3. Bibliografia minima: (i) V. Ferrone, Scienza, Natura, Religione. M ondo newtoniano e cultura italiana nel primo settecento. Jovene ed., 1982; A.Einstein-L.Infeld, L’evoluzione della fisica dai concetti iniziali alla relatività e ai quanti, Bollati Boringhieri, 2000, 4, Quanti, 257 e segg.; G.Gamow, Trent’anni che sconvolsero la fisica. La storia della teoria dei quanti, Zanichelli, 1966; J.M.Jauch, Sulla realtà dei quanti, Adelphi, 1980; L.Lederman, La particella di Dio, M ondadori, 1996; R.P.Feynman, QED. La strana teoria della luce e della materia, Adelphi, 1989; G.C.Ghirardi, Un’occhiata alle carte di Dio. Gli interrogativi che la scienza moderna pone all’uomo, NET, 2003; D.Z.Albert, M eccanica quantistica e senso comune, Adelphi, 2000; Amir D.Aczel, Entanglement. Il più grande mistero della fisica, Cortina, 2004; D.Lindley, Incertezza. Einstein, Heisemberg, Bohr e il principio di indeterminazione, Einaudi, 2008; M.Kumar, Quantum. Da Einstein a Bohr, la teoria dei quanti, una nuova idea di realtà, M ondadori, 2010; J.Renn, Sulle spalle di giganti e mani, Boringhieri, 2012; C.Lamberti, Il bosone di Higgs, Aberti Ed., 2012; S .Ortoli e S .P.Pharabod, M etafisica quantistica, Castelvecchi, 2012; L.M.Lederman, C.T.Hill, Fisica quantistica per poeti, Bollati Boringhieri, 2013; J.Bernstein, Salti quantici, Adelphi, 2013; J.Gribbin, Erwich Schrödinger. La vita, gli amori e la rivoluzione quantistica, E.Dedalo, 2013. (1).1. A.S okal e J.Bricmont, Imposture intellettuali. Quale deve essere il rapporto tra filosofia e scienza? Garzanti, 1999; J.P.Chageux-P.Ricoeur, La natura e la regola, Cortina, 1999; (ii) R. De Nictolis e L. Cameriero, Le società pubbliche in house e miste, Giuffrè, 2008; G.Fischione, Consorzi stabili, in AA.VV, La legge <<quadro>> in materia di lavori pubblici (a cura di A. Carullo e A. Clarizia), Cedam, 2004, I, 550 e segg.; R. S avoia, I consorzi stabili, Trattato sui contratti pubblici (a cura di M.A. S andulli e altri), Giuffrè, 2008, II, 1099 e segg.. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 110 APPENDICE 4. Il diritto come sistema economico-sociale complesso. 4.0. L’argomento abbisogna di una breve spiegazione preliminare. Lo studio dei sistemi complessi attraversa, attualmente, diverse discipline. Ad esempio M .Gell-M ann (in bibl. 1996, pagg. 13-14) include tra queste “la matematica, l’informatica, la fisica, la chimica, la biologia delle popolazioni, l’ecologia, la biologia evoluzionistica, la biologia dello sviluppo, l’immunologia, l’archeologia, la linguistica, la scienza politica, l’economia e la storia”. Recentemente la lista si è allungata. Proprio al Santa Fe Institute (diretto da Gell M ann) dal 19 al 21 marzo 2009 si è tenuto il Workshop “Evolution, Complexity, and the Law”. Se economia e diritto sono discipline “vicine”, allora si giustifica il titolo della conferenza. Non solo: può essere l’occasione per verificare se la teoria giuridica della complessità si concilia –e in che limiti- con un modello giuridico more geometrico constructo alla Kelsen o al modello per cui <<ius est ars boni et aequi>> alla Celso (U.Pagallo, 2006, 237; F.Gallo, sub 5.2(1)) e, ancora, con il neurodiritto (bibl. 7.3). L’argomento della complessità giuridica è, quindi, centrale rispetto a tutti gli altri di cui alle 10 conferenze proposte. E ciò, almeno, sino a quando non sia, forse, superato da quello oggetto della conferenza n. 7. 4.1. Alla luce di quanto sopra accennato, occorre verificare se le “regole giuridiche da seguire” sono, e in che limite, prevedibili in ambito sociale e se poi, in giurisprudenza, vi è prevedibilità. Si esaminano i casi di cui a Cons. S t., V, 1-10-2001, n. 5194; 11-5-2009, n. 885; 16-3-2010, n. 1528. 4.2. Bibliografia minima (i) M.Gell-Mann, Il quark e il giaguaro. Avventure nel semplice e nel complesso, Bollati Boringhieri, 1996; L.Von Bertalanffy, Teoria generale dei sistemi, Oscar M ondadori, 2004; G.J.Chaitin, Teoria algoritmica della complessità, Giappichelli, 2006; Alla ricerca di omega, Adelphi, 2007; Darwin alla prova. L'evoluzione vista da un matematico, Le scienze, 2013; R.Bernkirane, La teoria della complessità, Bollati Boringhieri, 2007; J.S tewart. Dio gioca a dadi. La nuova matematica del caos, Bollati Boringhieri, 2010; A.Gandolfi, Formicai, imperi, cervelli. Introduzione alla scienza della complessità, Bollati Boringhieri, 2008; V.De Angelis, La logica della complessità. Introduzione alla teoria dei sistemi, B.M ondadori, 1996. AA.VV., La sfida della complessità (a cura di G.Bocchi e M.Ceruti), Bruno M ondadori, 2007; AA.VV. (a cura di A. S paziante), Conoscere la complessità, B. M ondadori, 2009; C.S .Bertuglia e F.Vaio, Complessità e modelli, Bollati Boringhieri, 2011, nonché (sempre degli stessi Autori), Non linearità, caos, complessità. Le dinamiche dei sistemi naturali e sociali, Bollati Boringhieri, 2003; D.Boursier, Sciences juridiques et complexitè. Un nouveaux modèle d'analyse, Revue internazionale interdisciplinare, 61/2011; AA.VV., Droit et complexité. Pour une nouvelle intelligence IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 111 APPENDICE du droit vivent, Presse universitarie de Rennes, 2007. (ii) G.Castignone, Diritto, linguaggio, realtà. Saggi sul realismo giuridico, Giappichelli, 1995; G.Gometz, La certezza giuridica come prevedibilità; AA.VV., La complessità di Gödel e il diritto, 77 e segg.; U.Pagallo, La teoria giuridica della complessità, Giappichelli, 2006. 5. Il diritto come letteratura (Law in Literature; Law as Literature; diritto come narrazione, come racconto di fatti e loro svelamento). 5.1. Occorre verificare se l’attività interpretativa del diritto non sia un’arte (<<Ius est ars boni et aequi>>: Celsius) e se non sia utile un raffronto tra interpreti di testi letterari e interpreti di testi normativi. 5.2. Bibliografia: (i) G.Alpa, Law as Literature, in “Contratto e Impresa”, 1999, 263 e segg.; A.S ansone, Diritto e letteratura, Un’introduzione generale, Giuffrè, 2001; F. Galgano, Il diritto e le altre arti. Una sfida alla divisione tra le culture, ECB, 2009.; G.Bartoli, Il problema dell’interpretazione giuridica tra ermeneutica e fenomenologia, Giappichelli, 2010; R.Ceserani, Convergenze, Bruno M ondadori, 2010 (v. par. 10. Giudici, avvocati, esperti nel determinare colpe e punizioni); F.Gallo, Celso e Kelsen. Per la rifondazione della scienza giuridica, Giappichelli, 2011; G. Lolli, Discorso sulla matematica. Una rilettura delle Lezioni americane di Italo Calvino, Bollati Boringhieri, 2011, S .Zechi, Splendori e miserie del cervello, Codice, 2010; C.Faralli, Diritto e letteratura nella formazione del giurista in "Contratto e Impresa", 2/2014, 535 e segg.; L.MaffeiA.Fiorentini, Arte e cervello, Zanichelli, 2008. 6. Il diritto e le discipline economiche. 6.1. Occorre valutare se può essere essere utile per l’interprete (giuridico) tener conto di principi economici. 6.2. La relazione verrà tenuta dal prof. Maurizio Cafagno, (ordinario di diritto amministrativo a Castellanza), dall’avv. prof. Oreste Cagnasso, dai magistrati Luciano Panzani e Ciro S antoriello. 6.3. Bibliografia. (i) S tucka-Pasukanis-Vysinskij-S trogvich, Teorie sovietiche del diritto (a cura di U.Cerroni), Giuffrè, 1964; M.R.Ferrarese, Diritto e mercato. Il caso degli Stati Uniti, Giappichelli, 1992 (cap. secondo, Il mercato tra etica e diritto); P.Chiassoni, Law and Economics: l’analisi economica del diritto negli Stati Uniti, Giappichelli, 1992; AA.VV., Studi economico-giuridici, Giappichelli, 1998; AA.VV., Analisi economica del diritto privato (a cura di G. Alpa e altri), Giuffrè, 1998; F.Galgano, Diritto e economia alla soglia del nuovo millennio, Contratto e Impresa, 2000, 189; F.Denozza, Norme efficienti. L’analisi economica delle regole giuridiche, Giuffrè, 2002; G. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 112 APPENDICE Napolitano-M. Abrescia, Analisi economica del diritto pubblico, Il M ulino, 2009; G.Mocellin, L’homo occonominus in evoluzione, Bruno M ondadori, 2011; J.Deulofen, Dilemma del prigioniero e strategie dominanti. La teoria dei giochi, M ondo matematico, 2011. 7. Il diritto, l’etica e le scienze cognitive. 7.1. Se non fossimo liberi, possiamo essere puniti? In ogni caso, il diritto non implica anche l’etica? 7.2. Bibliografia minima: (i) F.Grispigni, Diritto penale italiano, Giuffrè, 1947, I (II, par. 4. “Dalla nascita della Scuola positiva al diritto penale vigente”); R.A. Frosali, Sistema penale italiano (voll. 1-4), Torino, 1998 (Origine ed evoluzione del diritto penale, Cap. II- La <<Scuola positiva>> di diritto penale); P.S .Churchland, Neurophilosophy, Toward a Unified Science of the M ind/Brain, Cambridge (M A), The M it Press, 1986; C.S .Nino, Diritto come morale applicata, Giuffrè, 1999; B.G.Bara, Il metodo della scienza cognitiva. Un approccio evolutivo allo studio della mente, Bollati Boringhieri, 2000; M.D.Hauser, M enti morali. Le origini naturali del bene e del male, Il Saggiatore, 2006; A.Lavazza, Neuroscienze e filosofia morale, Riv. di filosofia, Il M ulino, 2007, 327 e segg.; AA.VV., Neuroscienze controverse. Da Aristotele alla moderna scienza del linguaggio (a cura di M.Piccolino), Bollati Boringhieri, 2008; M. Piattelli Palmerini, Le scienze cognitive classiche: un panorama, Einaudi, 2008, G.Lakoff, Pensiero politico e scienza della mente, Bruno M ondadori, 2009; AA.VV. (a cura di T.Pievani), L’evoluzione della mente, Sperling, 2008; F.Ansermet, P.Magistretti, A ciascuno il suo cervello, Boringhieri, 2008; De Caro-Lavazza-S artori, Siamo davvero liberi? Le neuroscienze e il mistero del libero arbitrio, Codice, 2010; S .S alardi, Test geometrici tra determinismo e libertà, Giappichelli, 2010; S .Zeki, Splendori e miserie del cervello, Codice, 2010; AA.VV. (a cura di E.Picozza e altri), Neurodiritto, Una introduzione, Giappichelli, 2011; A.L.Barábasi, La trama nascosta che guida la nostra vita; D.S waab, Noi siamo il nostro cervello, Elliot, 2011; C.Triberti, Omicidio o follia?, S.Raffaele, 2011; J.Kagan, La trama della vita, Come geni, cultura, tempo e destino determinano il nostro temperamento, Boringhieri, 2011; A.Lavazza-L.S ammicheli, Il delitto del cervello. La mente tra scienza e diritto. Codice, 2012; P.C.Churchland, Neurobiologia della morale, Cortina ed., 2012; M.Gazzaniga, Chi comanda? Scienza, mente e libero arbitrio. Codice, 2013; C.Triberti, Omicidio o follia? Come le nuove scienze possono cambiare le norme, San Raffaele, 2013. 8. Il diritto e l’informatica. 8.1. E’ possibile, attraverso l’informatica, rendere più chiari i testi normativi e, quindi, <<legiferare meglio>> (v.si Accordo interistituzionale “Legiferare meglio>> del IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 113 APPENDICE 23-9-2003) e, per converso, diminuire il tasso di arbitrarietà dell’interpretazione? è possibile, cioè, che le norme (N), come frutto di prescrizioni normative (P) e di interpretazione (I), facciano tendenzialmente a meno di I? è possibile, in definitiva, una giurimetria? 8.2. Bibliografia minima. (i) G.Bode, L’analisi matematica della logica, Bollati Boringhieri, 1993; V.Knapp, L'applicabilità della cibernetica al diritto, Einaudi 1963; C.Perelman e Olbrectts-Tyteca, Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, Einaudi, 1966; G. Kalinowski, Introduzione alla logica giuridica, Giuffrè, 1971; N.MacCormick, Ragionamento giuridico e teoria del diritto, Giappichelli, 1978; O. Becker, Logica modale. Calcolo modale, F.E., 1979; C. Perelman, Logica giuridica. Nuova retorica, Giuffrè, 1979; A.Ross, Critica del diritto e analisi del linguaggio, Il M ulino, 1982; U.S carpelli, L'etica senza verità, Il M ulino 1982; M.G. Losano, Giuscibernetica, M acchine e modelli cibernetici nel diritto, Einaudi, 1969; Il diritto privato dell'informatica. Corso di informatica giuridica, Einaudi 1986; A.G.Conte, un saggio filosofico sulla logica deontica, in Filosofia del linguaggio normativo, I, 3 e segg.; AA.VV. (P.Comanducci e R.Guastini), L'analisi del ragionamento giuridico, voll. I e II, Giappichelli, 1987 e 1989; AA.VV. (P.Mariani e D.Tiscornia, a cura di), Sistemi esperti giuridici. L'Intelligenza artificiale applicata al diritto, F.Angeli, 1989; N.Bobbio, Contributi ad un dizionario giuridico, Giappichelli, 1994, v. Logica giuridica (I) e Logica giuridica (II); C.E. Alchourron, Concezioni della logica, in Analisi e diritto 1994, Giappichelli, pag. 17 e segg.; E.Buligyn, Norme, validità, sistemi normativi, Giappichelli 1995 (sono da leggere i capitoli "Norme e logica. Kelsen e Weinberger sull'ontologia delle norme" e "Sul problema dell'applicabilità della logica al diritto"); H.Kelsen, Diritto e logica, in Problemi di teoria del diritto (a cura di R.Guastini); Il M ulino, pag. 173 e segg.; A.Pintore, Il diritto senza verità, Giappichelli, 1996; N.Bobbio, Ragionamento giuridico, in contributi ad un dizionario giuridico (cit.); T.Mazzarese, Logica deontica e linguaggio giuridico, Cedam, 1999; AA.VV., Prolegomeni di informatica giuridica (a cura di U.Pagallo), Cedam, 2003; AA.VV. (a cura di M.Durante e U.Pagallo), M anuale di informatica giuridica e di diritto delle nuove tecnologie, UTET, 2013; A.C.Amato Mangiameli, Informatica giuridica, Giappichelli, 2010. 9. Il diritto e la teoria dei giochi. 9.1. Casi pratici. La corruzione è così diffusa in Italia da indurre a dire che senza una (relativa) sconfitta di tale fenomeno diventa difficile una lotta per il diritto. In realtà occorre distinguere tra corruzione e concussione: la teoria dei giochi –come risulta dall’articolo di A.Massarenti di seguito citato- può aiutare a distinguere e ad evidenziare quale può essere la causa del fenomeno corruttivo. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 114 APPENDICE 9.2. Bibliografia minima (i) A.Massarenti, I prigionieri della tangente, “Sole-24 Ore” del 28-6-1992 (trattasi di articolo sulla applicazione della teoria dei giochi di J.von Neumann e O.Morgestern alle tangenti e al pizzo. Articolo scritto in occasione del convegno su “kmowledge, Belief & Strategic Interaction. The problem of learning”, tenutosi a Castiglioncello (Livorno) dal 18 al 22 giugno del 1992, organizzato dal Centro fiorentino di storia e filosofia della scienza, dal Centro universitario per la teoria dei giochi e le applicazioni, e dalla Carnegie M ellon University di Pittsburgh, cui hanno partecipato studiosi della disciplina come Ken Binmore, Robert Axelrod, Richard Jeffrey e Peython Young); K.Binmore, teoria dei giochi, Codice 2008; G.Israel e M.Gasca, Il mondo come gioco matematico. La vita e le idee di John von Neumann, Bollati Boringhieri, 2008; A.Galante Garrone, L’Italia corrotta 1995-1996, Aragno, 2009; K.Binmore, Teoria dei giochi, Codice, 2008. (ii) M.Romano, I delitti contro la pubblica amministrazione, Giuffrè, 2002, 91 e segg.. 10. Il diritto, l’equità e la giustizia. 10.0. Il diritto (che, almeno nel nostro ordinamento giuridico, include, in alcuni casi, anche l’equità come <<giustizia del caso concreto>>) e la giustizia sono due insiemi separati? Oppure si può adottare la teoria del diritto integrata a un solo sistema, integrata dalla morale e, in particolare, dalla giustizia? Cosa vuol dire la parola <<giustizia>>? 10.1. Si può concepire la giustizia come criterio interpretativo primario di tutto il diritto e quindi per gran parte di casi concreti? 10.2. La conferenza verrà tenuta dal prof. G.Zagrebelsky e dall’avv. prof. G.M.Flick. Bibliografia: (i) Platone, La Repubblica, in Opere complete (traduz. F.Sartori), Laterza, 1971, 6, 19 e segg.; Leggi (traduz. A.Zadro), Laterza, 1971, 123 e segg.; Lettera VII (traduz. A.M addalena), op. cit. 1971, 8, 34 e segg.; Aristotele, Etica Nicomachea, Rusconi, 1993 (traduz. di C.M azzarelli); Zenone di Cizio e Crisippo di S oli, Frammenti sull’etica (da Stoici Antichi, Tutti i Frammenti a cura di H.Von Arnim e R.Radice, Rusconi, 1998, 87 e segg.; 975 e segg.); M.Isnardi Parente, Opere di Epicuro, Torino, 1974; S eneca, Operette morali, 3 vol., Bologna, 1971 (a cura di R.Del Re); S .Tommaso, AA.VV., San Tommaso d’Aquino nel suo settimo centenario, 9 voll. Napoli, 1975-1978; Spinoza, Etica dimostrata con metodo geometrico (a cura di E.Giancotti), Ed. Riuniti, 1995; S pinoza, Studi sull’ontologia di Spinoza (a cura di P.Di Vona), Firenze, 1969; A.Damasio, Alla ricerca di Spinoza, Adelphi, 2003; Kant, Critica della ragione pratica (a cura di A.M .M arietti), Bur, 1992. IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 115 APPENDICE (ii) N.Bobbio, Teoria della giustizia, Giappichelli, 1952-1953; G.H.Perelman, La giustizia, Giappichelli, 1959; F.von Kutschera, I fondamenti dell’etica, Angeli ed., 1982; B.Barry, Teoria della giustizia, Il Saggiatore, 1989; R.H. Hare, Libertà e ragione, Il Saggiatore, 1990; R.H.Hare, Sulla morale politica, Il Saggiatore, 1992; J.L. Mackie, Etica: inventare il giusto e l’ingiusto, Giappichelli, U. S carpelli, L’etica senza verità, Il M ulino, 1982; C.A. Viano, Teorie etiche contemporanee, Bollati Boringhieri (v. F. Fagiani, Etica e teoria dei diritti, 87 e segg.); G.Zagrebelsky, Il diritto mite, Einaudi, 1992; A.Pintore, Il diritto senza verità, Giappichelli, 1996; F. D’Agostino, Filosofia del diritto, Giappichelli, 1996 (II. Diritto e morale, 25 e segg.; IX, La giustizia tra moderno e postmoderno; XV, Corruzione e diritto; XVI, La giustizia tributaria) C.S .Nino, Diritto come morale applicata, Giuffrè, 1999; C.Guarnieri, La giustizia in Italia, Il M ulino, 2001; G.Zagrebelsky, La legge e la sua giustizia, Il M ulino, 2008; AA.VV., L’attività del giudice. M ediazione degli interessi e controllo delle attività (a cura di M. Bessone), Giappicheli, 1997; E. Missana, L’etica nel pensiero contemporaneo, Paravia scriptorium, 2000; M.Garavelli, M a cosa è questa giustizia? Luci e ombre di un’istituzione contestata, Ed. Riuniti, 2003; G.Zagrebelsky, Contro l’etica della verità; H.Putmann, Fatto/valore: fine di una dicotomia, Fazi ed., 2004; H.Putmann, Etica senza ontologia, Bruno M ondadori, 2005; G.Zagrebelsky, Bobbio e il diritto in AA.VV., Norberto Bobbio tra diritto e politica, Laterza, 2005, 3 e segg.; C. Boris Menghi, Logica del diritto sociale, Giappichelli, 2006; F.D’Agostino, Parole di giustizia, Giappichelli, 2006; M. Borrello, Diritto e forza. La questione della regola come limite all’arbitrio giuridico, Giappichelli, 2006; D. Anselmo, Shari’a e diritti umani, Giappichelli, 2007; F.Gianaria e A. Mittone, L’avvocato necessario, Einaudi, 2007; M. Vogliotti, Tra fatto e diritto. Oltre la modernità giuridica, Giappichelli, 2007 (v. Capitolo quinto, Dalla centralità della legge alla centralità dell’uomo di legge); Girotto, Pievani, Vallortigara, Nati per credere, Codice, 2008; E.Coco, Egoisti, malvagi e generosi. Storia naturale dell’altruismo, Bruno M ondandori, 2008; F.de Waal, Primati e filosofi. Evoluzione e moralità, Garzanti, 2008; B.Romano, M ale ed ingiusto. Riflessioni con Luhmann e Boncinelli, Giappichelli, 2009; J.Rawls, Una teoria della giustizia, Feltrinelli, 2008; A.S en, L’idea di giustizia, M ondadori, 2010; R.De Monticelli, La questione morale, 2010; L. Gianformaggio, Rapporti tra etica e diritto, 149 e segg.); AA.VV., Etica e diritto. Le vie della giustificazione razionale (a cura di L. Gianformaggio e E. Lecaldano), Laterza; G.Cosi-G.Romaldi, La mediazione dei conflitti. Teoria e pratica ADR, Giappichelli, 2010; M.S andel, Giustizia, Feltrinelli, 2010; G.P.Parolin, Dimensioni dell’appartenenza e cittadinanza nel mondo arabo, Jovene, 2007; AA.VV. (a cura di R.Aluffi Beck-Peccoz), Identità religiosa e integrazione dei musulmani in Italia e in Europa. Omaggio alla memoria di F.Castro, Giappichelli, 2008; E.Bencivenga, L’etica di Kant. La razionalità del bene, M ondadori, 2010; P.S .Churcland, Neurobiologia della morale, Cortina, 2011; F.Gallo, IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 116 APPENDICE Celso e Kelsen, Giappichelli, 2011; Nasr Hamid Abu Zayd, Testo sacro e libertà: per una lettura critica del Corano, M arsiglio, 2012; F.D’Agostino, Ius quia Justum, Giappichelli, 2012; R.D workin, Giustizia per ricci, Feltrinelli, 2013; M.Gazzaniga, Chi comanda? Scienza, mente e libero arbitrio. Codice, 2013. (iii) Per una panoramica relativa ai problemi dell’etica e della giustizia secondo ciascun filosofo, si rinvia a N.Abbagnano, Storia della filosofia, UTET (3 voll.) e a G.Fornero, e S .Tassinari, Le filosofie del Novecento, M ondadori, 2002 (v. cap. 51 su “Etica e bioetica”, pagg. 1519 e segg.). IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 117 SEGNALAZIONI DIRITTO COMMERCIALE SEGNALAZIONI DI DIRITTO COMMERCIALE INDICAZIONI INTERPRETATIVE E APPLICATIVE ASSIREVI Incarico di revisione legale dei conti – L’Assirevi ha reso noto il Documento di ricerca n. 186, nel quale sono analizzati alcuni “Aspetti operativi connessi alle Comunicazioni Consob n. 23665 del 27 marzo 2014 e n. 57066 del 7 luglio 2014”, le quali affrontano “il tema dell’indipendenza del revisore correlata alla durata complessiva degli incarichi di revisione conferiti da un ente di interesse pubblico al medesimo revisore, senza soluzione di continuità con precedenti incarichi di revisione”, (vds., rispettivamente, segnalazioni di diritto commerciale pubblicate sui nn. 7 e 15 del 2014 di questa Rivista). Nell’approfondimento sono proposte, tra l’altro, alcune “possibili misure di salvaguardia idonee a ridurre il potenziale rischio di «familiarità» del revisore con il soggetto sottoposto a revisione e tali quindi da consentire la prosecuzione dell’incarico in caso di superamento della durata novennale”. Il Documento n. 186, diffuso nel mese di ottobre 2014, è disponibile sul sito www.assirevi.it. AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO Sanzioni – L’AGCM ha adottato le “Linee Guida sulla modalità di applicazione dei criteri di quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall’Autorità in applicazione dell’art. 15, 1° co., della L. n. 287/1990”. Obiettivo del documento è quello di “illustrare i principi che l’Autorità applicherà per la quantificazione delle sanzioni nei casi di infrazioni gravi alle norme nazionali o comunitarie in materia di intese e di abuso di posizione dominante al fine di assicurare la trasparenza e la prevedibilità del proprio processo decisionale”, e, correlatamente, “scoraggiare le violazioni del diritto antitrust”. Le Linee guida, divulgate il 31 ottobre 2014, sono consultabili sul sito www.agcm.it. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 118 SEGNALAZIONI DIRITTO COMMERCIALE BANCA D’ITALIA Disposizioni di vigilanza per le banche – La Banca d’Italia ha pubblicato in data 4 novembre 2014 il sesto aggiornamento alla Circolare n. 285 del 17 dicembre 2013, relativa alle Disposizioni di vigilanza per le banche, al fine di adeguare il testo all’avvio del meccanismo di vigilanza unico. Il testo aggiornato della Circolare è reperibile sul sito www.bancaditalia.it. CNDCEC Massime – Sono state pubblicate sul sito ufficiale del CNDCEC – www.commercialisti.it. – le Massime tratte da otto decisioni assunte dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili nel corso del 2013. CONSOB D.L. 24 giugno 2014, n. 91 – La Consob ha avviato in data 5 novembre 2014 una pubblica consultazione concernente alcune modifiche da apportare al Regolamento emittenti, determinate dalle innovazioni introdotte nel T.U.F. dal D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito con modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 116 (vds. segnalazioni di diritto commerciale pubblicate sul n. 17/2014 di questa Rivista). Trattasi, in particolare, delle norme relative alla disciplina dell’OPA obbligatoria e degli assetti proprietari, nonché della possibilità, ora prevista dall’art. 127 quinquies T.U.F., di attribuire un diritto di voto maggiorato. Il documento, in consultazione sino al 26 novembre 2014, è disponibile sul sito www.consob.it. GIURISPRUDENZA Mancata convocazione dell’assemblea di s.r.l. – Il Tribunale di Milano ha dichiarato l’invalidità della delibera assembleare di approvazione del bilancio di una s.r.l. assunta “con voto determinante di un socio in asserito conflitto di interessi” e per la quale gli altri soci hanno lamentato di “non avere ricevuto alcuna comunicazione della convocazione”. Peraltro, il relativo verbale assembleare “dà atto della partecipazione ai lavori del solo socio di maggioranza”, “senza in alcun modo menzionare (e tanto meno documentare) il rituale invio di convocazione nei confronti dei soci assenti”. “In tale contesto – per il Tribunale – sarebbe stato onere della società convenuta offrire prova della rituale convocazione o comunque della piena conoscenza da parte dei soci assenti dell’intervenuta convocazione dell’assemblea”: onere, questo, non assolto dalla società, la quale non si è costituita in causa. La decisione del Tribunale di Milano del 14 ottobre 2014 è consultabile sul sito www.giurisprudenzadelleimprese.it. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 119 SEGNALAZIONI DIRITTO COMMERCIALE Custode giudiziario delle quote sociali – Il Tribunale di Milano ha ritenuto privo di legittimazione all’impugnazione delle delibere assembleari il socio le cui quote siano state affidate ad un custode giudiziario, eccezion fatta per l’ipotesi in cui egli intenda contestare la sussistenza dei vizi di nullità previsti dall’art. 2479 ter, 3° co., c.c. Egli, inoltre, non avrebbe alcun diritto di “ricevere la convocazione per l’assemblea dei soci, legittimamente indirizzata al solo custode”. Viceversa, il socio – “opportunamente ma non doverosamente” – può esser “invitato a partecipare” all’assemblea “allo scopo di verificare in una sede formale la sua eventuale disponibilità, quale soggetto titolare sostanziale delle quote, a coprire le perdite di gestione e così superare la causa che impone la messa in liquidazione della società”. La sentenza del Tribunale di Milano del 27 ottobre 2014 è reperibile sul sito www.giurisprudenzadelleimprese.it. Obbligo dell’amministratore di ritrasferimento di beni – La Suprema Corte ha statuito – in relazione ad una società di fatto – il principio di diritto in forza del quale, “nell’ipotesi in cui la società si estingua prima che il socio agente abbia operato il ritrasferimento del diritto acquistato in nome proprio e per conto della stessa, la situazione giuridica soggettiva, di natura obbligatoria, vantata dalla società al ritrasferimento del bene, prevista dall’art. 1706, 2° co., c.c., si trasmette in contitolarità a tutti i soci che siano tali al momento dell’estinzione dell’ente”. Di conseguenza, “accertata la sussistenza di siffatto obbligo traslativo del socio e del corrispondente diritto dei soci rimanenti, il giudice può disporre, ai sensi dell’art. 2932 c.c., direttamente in favore di questi ultimi il trasferimento delle rispettive percentuali di proprietà del bene, il quale diviene in tal modo nella contitolarità di tutti i soci, ivi compreso l’originario intestatario, in capo al quale si riuniscono le qualità di creditore e di debitore, onde l’obbligazione si estingue pro quota ai sensi dell’art. 1253 c.c.”. Cassazione, 29 ottobre 2014, n. 22988. Compenso degli amministratori – La Corte di legittimità, confermando la decisione della Corte d’Appello di Palermo, ha ribadito che, “in un giudizio di liquidazione del compenso azionato da un amministratore di società di capitali”, non si può “prescindere dall’allegazione e dalla prova della qualità e quantità delle prestazioni concretamente svolte, risultando di per sé sola insufficiente l’indicazione del compenso pattuito in esercizi sociali di anni diversi”. Cassazione, 29 ottobre 2014, n. 23004. Affitto di azienda e contratto di locazione di immobile – La Corte di Cassazione, sulla scorta di due precedenti arresti (Cass. 21 marzo 2008, n. 7686; Cass. 28 febbraio 2013, n. 4986), ha stabilito che, “nel caso di affitto di azienda, comprendente un immoIL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 120 SEGNALAZIONI DIRITTO COMMERCIALE bile goduto in forza di un contratto di locazione, la sostituzione di un terzo nel rapporto giuridico preesistente di locazione non si verifica automaticamente ma come effetto o di un negozio separato fra cedente e cessionario dell’azienda ex art. 36 della L. n. 392/1978 o per effetto della presunzione posta dall’art. 2558 c.c. in base alla quale può ritenersi intervenuta, fino a prova contraria, una cessione del contratto di locazione se il locatore abbia accettato, direttamente in suo favore, il pagamento, da parte del cessionario dell’azienda, del canone di locazione”. Circostanza, quest’ultima, verificatasi nel caso concreto, unitamente alla comunicazione del subentro nel contratto di locazione effettuata dal soggetto cedente al locatore. Inoltre, non sarebbe “ostativa alla cessione” la diversa durata dei due rapporti contrattuali, sicché il “subentro dell’affittuario non può non avere efficacia temporanea pari alla durata del rapporto di affitto” dell’azienda. Cassazione, 30 ottobre 2014, n. 23087. Opposizione alla dichiarazione di fallimento – La delibera assembleare di una s.r.l. che autorizzi l’organo amministrativo a presentare ricorso per la dichiarazione di fallimento ha efficacia vincolante nei confronti di tutti i soci, ai sensi dell’art. 2377 c.c., ancorché essi siano al contempo creditori della società. Ragion per cui, come ribadito dalla Suprema Corte, “l’opposizione non può essere proposta da chi ha chiesto la dichiarazione di fallimento”, a fortiori nel caso di specie, poiché il finanziamento infruttifero concesso alla società dal socio-creditore opponente era “volto a incrementarne il patrimonio netto”. Di conseguenza, si deve escludere sia sorto “un corrispondente credito esigibile alla restituzione, stante l’indisponibilità durante societate della riserva in tal modo costituita: condizione, questa, in tutto analoga a quella del diritto, spettante ad ogni socio, alla restituzione della quota di capitale sottoscritto, inesigibile sino all’approvazione del bilancio finale di liquidazione ed al soddisfacimento dei creditori sociali”. Cassazione, ordinanza, 30 ottobre 2014, n. 23089. Divieto di immistione del socio accomandante – La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello di Napoli in cui si è riscontrata la violazione del divieto di immistione imposto al socio accomandante dall’art. 2320 c.c. nell’ipotesi in cui questi abbia sottoscritto (quattro) assegni bancari correlati ad un solo “affare”, apponendo la propria firma in calce al timbro della società. Una tale condotta proverebbe, nella vicenda oggetto della pronuncia, “la spendita del nome sociale e della stessa qualità di amministratore, senza alcuna procura speciale per i singoli atti, dimostrando altresì la piena disponibilità del conto corrente sociale, a riprova dell’esercizio di un potere autonomo di disposizione del patrimonio della società, con conseguente decadenza dal beneficio della responsabilità limitata”. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 121 SEGNALAZIONI DIRITTO COMMERCIALE Pertanto, l’accomandante, “in difetto della prova della sussistenza di una mera delega di cassa, assume solidale ed illimitata responsabilità ai sensi dell’art. 2320 c.c. per tutte le obbligazioni sociali e, in caso di fallimento della società, è assoggettabile al fallimento in proprio”. Cassazione, 6 novembre 2014, n. 23651. Impresa familiare e forma societaria – Le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno sancito “l’incompatibilità dell’impresa familiare con la disciplina delle società di qualunque tipo”, sia a motivo del disposto letterale dell’art. 230 bis c.c., sia in ragione della “disciplina patrimoniale concernente la partecipazione del familiare agli utili ed ai beni acquistati con essi, nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato, anche al di fuori dell’impresa, e non, quindi, in proporzione alla quota di partecipazione”. Inoltre, proseguono i Giudici, riconoscere diritti corporativi al familiare del socio sarebbe “confliggente con regole operative del sottosistema societario”, introducendo “un inedito metodo collegiale maggioritario, integrato con la presenza dei familiari dei soci nelle decisioni concernenti l’impiego degli utili, degli incrementi e altresì la gestione straordinaria e gli indirizzi produttivi; e financo la cessazione dell’impresa stessa”. Cassazione, Sezioni Unite, 6 novembre 2014, n. 23676. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 122 SEGNALAZIONI DIRITTO TRIBUTARIO SEGNALAZIONI DI DIRITTO TRIBUTARIO NORMATIVA Fissato il cambio delle valute estere per il mese di ottobre 2014 Sul sito internet dell’A genzia delle entrate è stato pubblicato, con le relative tabelle allegate, il Provvedimento che reca - ai sensi dell’art. 10, comma 9, del Tuir e agli effetti degli articoli dei Titoli I e II, dello stesso Tuir, che vi fanno riferimento l’accertamento del cambio delle valute estere per il mese di settembre 2014. (Agenzia delle entrate, Provvedimento del 17 ott. 2014) PRASSI Detraibilità delle erogazioni liberali in denaro alle Onlus - chiarimenti per gli enti non commerciali Gli enti non commerciali possono continuare a detrarre dall’Ires le erogazioni liberali in denaro in favore delle Onlus, nella misura del 19%. La conferma arriva con la risoluzione n. 89/E di oggi, con cui l’A genzia delle Entrate scioglie i dubbi emersi alla luce delle modifiche introdotte dalla Legge n. 96/2012. Le Entrate chiariscono che la norma non intendeva escludere gli enti non commerciali dalla possibilità di accedere al beneficio fiscale. Pertanto questi enti possono continuare a considerare detraibili le liberalità erogate in favore delle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale, nella misura del 19% stabilita dall’art. 147 del Tuir. (Agenzia delle entrate, risoluzione. n. 89 del 17 ottobre 2014) Annotazione sulla carta di circolazione del veicolo della persona diversa dall’intestatario che dispone del veicolo per un periodo di tempo superiore a 30 giorni. Il M inistero delle infrastrutture e dei trasporti con propria Circolare ha espresso dei chiarimenti alla Legge n. 120/2010 che ha istituito l’obbligo, a decorrere dal 3 novembre 2014, di aggiornamento della carta di circolazione in caso di temporanea disponibilità del veicolo in favore di un soggetto terzo per un periodo superiore a 30 giorni. La circolare, con riferimento ai veicoli aziendali ha chiarito quanto segue: è da escludere la sussistenza di comodato ogni qual volta la disponibilità del veicolo IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 123 SEGNALAZIONI DIRITTO TRIBUTARIO costituisca, a qualunque titolo e in tutto in parte, un corrispettivo. Inoltre si ribadisce che nel comodato di veicoli aziendali deve sussistere un uso esclusivo e personale del veicolo in capo all’utilizzatore. Pertanto sono da ritenere escluse dall’ambito di applicazione della normativa: • l’utilizzo di veicoli aziendali in disponibilità del dipendente/amministratore a titolo di fringe benefits; • l’utilizzo promiscuo di veicoli aziendali; • l’ipotesi di utilizzo del medesimo veicolo aziendale da parte di più dipendenti; Inoltre, nell’ipotesi di comodato d’uso stipulato successivamente al 3 novembre 2014, qualora nel contratto non sia riportata una data di scadenza non è necessario procedere ad annotare sul libretto (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Circolare prot.n. 23743 del 27/10/2014). G IURISPRUDENZA Valida la notifica nelle mani del coniuge non “collaborativo” La notifica di un atto tributario ai sensi dell’articolo 139 del codice di procedura civile, mediante consegna del plico al coniuge del contribuente, non può ritenersi illegittima a causa di un non meglio precisato “rapporto di conflittualità” tra il soggetto che ha ricevuto la cartella e l’effettivo destinatario. La Cassazione, nella sentenza 22928 del 29 ottobre, ha inoltre osservato che, ai fini della valutazione della ritualità di una notifica, occorre aver riguardo in modo puntuale ai suoi elementi rilevanti, quali il luogo in cui si perfeziona e il soggetto che riceve l’atto. (Cassazione, sentenza 22928 del 29 ottobre 2014) VARIE L’Agenzia scrive a 100mila società e spiega come fornire l’Iban L’Agenzia delle Entrate, per restituire più velocemente i rimborsi fiscali, sta chiedendo a 100mila società, attraverso la posta elettronica certificata (Pec), di comunicare il proprio codice Iban per ricevere le somme direttamente sul conto corrente. Gli inviti sono recapitati agli indirizzi Pec delle società presenti nel registro delle imprese. Gli unici due canali ammessi per comunicare l’Iban del conto corrente bancario o postale sono: - i servizi online disponibili sul sito www.agenziaentrate.it. Per comunicare il codice (o modificare quello precedentemente fornito) basta accedere alla propria area autenticata, riservata agli utenti abilitati ai servizi telematici; IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 124 SEGNALAZIONI DIRITTO TRIBUTARIO - gli uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate. In questo caso occorre presentare il modello per la richiesta di accreditamento disponibile presso gli stessi uffici o sul sito www.agenziaentrate.it, al percorso: Home > Cosa devi fare > Richiedere > Rimborsi > Accredito rimborsi su conto corrente. (Agenzia delle Entrate, comunicato stampa del 24 ottobre 2014) IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014 125 MODALITÀ DI ABBONAMENTO La rivista Il Nuovo Diritto delle Società viene distrubuita previa sottoscrizione di un abbonamento annuale, che comprende 24 numeri al costo di 120,00 euro. In seguito alla sottoscrizione, all’abbonato vengono assegnati una username ed una password, che consentono di accedere all’archivio storico della Rivista nonché alle banche dati di Italia Oggi (www.italiaoggi.it). L’abbonamento può essere richiesto: • telefonando al numero verde 800-822195 • inviando un fax al numero verde 800-822196. In entrambi i casi, è necessario allegare alla richiesta di abbonamento i dati anagrafici e un indirizzo di posta elettronica al quale inviare i numeri della Rivista più: • la fotocopia dell’assegno non trasferibile intestato a: ItaliaOggi Editori - Erinne srl - via M arco Burigozzo 5 - 20122 M ilano; • oppure fotocopia del bonifico bancario intestato a Banca Popolare di M ilano, agenzia 500, via M azzini 9/11 M ilano – IBAN IT58N0558401700000000047380 Distribuzione: ItaliaOggi Editori Erinne srl – via M arco Burigozzo 5 – 20122 M ilano, numero verde 800-822195. Per informazioni e/o segnalazioni contattare il Servizio Clienti al numero verde 800822195 oppure inviare un fax al numero verde 800-822196. NORMATIVA, GIURISPRUDENZA, DOTTRINA E PRASSI IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ ItaliaOggi ItaliaOggi Editori - Erinne srl – Via Marco Burigozzo 5 – 20122 Milano Telefono 02/58219.1 – Telefax 02/58317598 – email: [email protected] Direttore responsabile ed editore Paolo Panerai (02/58219209) Tariffe abbonamenti: euro 120,00 (abbonamento annuale 24 numeri) Per la sottoscrizione di nuovi abbonamenti telefonare al numero verde 800-822195 oppure inviare un fax al numero verde 800822196 allegando, oltre alla richiesta di abbonamento con i propri dati anagrafici, fotocopia dell’assegno non trasferibile intestato a: ItaliaOggi Editori - Erinne srl – via Marco Burigozzo 5 - 20122 Milano, oppure fotocopia del bonifico bancario intestato a Banca Popolare di Milano, agenzia 500, via Mazzini 9/11 Milano – IBAN IT58N0558401700000000047380 Distribuzione: ItaliaOggi Editori - Erinne srl – via Marco Burigozzo 5 – 20122 Milano, numero verde 800-822195. Vendita esclusiva per abbonamento. 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