relazioni a convegni - Ordine dei Dottori Commercialisti e degli

annuncio pubblicitario
Anno 12 – Numero 21
12 novembre 2014
NORMATIVA, GIURISPRUDENZA, DOTTRINA E PRASSI
IL NUOVO DIRITTO
DELLE SOCIETÀ
D IRETTA
DA
O RESTE C AGNASSO
C OORDINATA
DA
E
M AURIZIO I RRERA
G ILBERTO G ELOSA
ATTI DEL CONVEGNO
Il diritto e le discipline economiche
Torino, 8 maggio 2014
ItaliaOggi
DIREZIONE SCIENTIFICA
Oreste Cagnasso – Maurizio Irrera
COORDINAMENTO SCIENTIFICO
Gilberto Gelosa
La Rivista è pubblicata con il supporto degli Ordini dei Dottori
commercialisti e degli Esperti contabili di:
Bergamo, Biella, Busto Arsizio, Casale Monferrato, Crema,
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Saracino, Marina Spiotta, Andrea Sacco Ginevri, Maria Venturini
HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO
Maurizio Cafagno, Marco Casavecchia, Luciano Panzani, Ciro Santariello
I saggi costituenti “Studi e Opinioni” sono sottoposti a blind referees, scelti tra
professori universitari
universitaricompetenti
appartenenti
al settori.
Comitato
nei vari
La scientifico
valutazione dei
deglireferee,
atti di
competenti
nei vari
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della Rivista.
convegni e degli
scritti
giàscientifici
pubblicatioggetto
o di prossima
pubblicazione è riservata ai
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Ognidegli
scritto
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pubblicazione
è riservata
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Ogni scritto è accompagnato da un abstract in italiano e in inglese. Vengono
pubblicati scritti, oltre che in italiano, in: inglese; francese; spagnolo e
portoghese.
INDICE
Pag.
Il diritto e le discipline economiche
Torino, 8 maggio 2014
RELAZIONI A CONVEGNI
Introduzione
di Marco Casavecchia
9
La dimensione internazionale dell’insolvenza. Recenti sviluppi
di Luciano Panzani
12
Analisi economica e procedure di gara per l’affidamento di contratti pubblici, alla
luce delle nuove direttive europee
32
di Maurizio Cafagno
Principi e categorie economiche nell’ambito del diritto societario concorsuale
50
di Oreste Cagnasso
La rilevanza penale dell’abuso del diritto
di Ciro S antoriello
58
APPENDICE
di Marco Casavecchia
107
SEGNALAZIONI DI DIRITTO COMMERCIALE
118
SEGNALAZIONI DI DIRITTO TRIBUTARIO
123
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
4
SOMMARIO
Il diritto e le discipline economiche
Torino, 8 maggio 2014
RELAZIONI A CONVEGNI
Introduzione
di Marco Casavecchia
La dimensione internazionale dell’insolvenza. Recenti sviluppi
L’Autore tratta il tema della dimensione internazionale dell’insolvenza, con
particolare riferimento, tra gli altri, all’aspetto della disciplina dell’insolvenza
transfrontaliera e dell’abuso del diritto nel trasferimento del COMI.
di Luciano Panzani
Analisi e conomica e proce dure di gara pe r l’affidamento di contratti pubblici, alla luce
delle nuove direttive europee
L’Autore, esaurita una premessa in tema di diritto ed economia, si sofferma sulle
implicazioni del teorema di Vickrey, sulla contrattazione incompleta e asimmetrie
informative post-contrattuali e sulle nuove diret tive europee in materia di appalti
pubblici e concessioni.
di Maurizio Cafagno
Principi e cate gorie e conomiche nell’ambito del diritto socie tario concorsuale
L’Autore, nel confrontarsi con il rapporto tra diritto ed economia, si sofferma
prioritariamente su due aspetti: il nesso tra diritto e scienze economiche, dall'altro,
quello tra diritto e fenomeni economici. Egli affronta poi il tema della rilevanza del
capitale sociale, dell'equilibrio patrimoniale e dell'equilibrio finanziario.
di Oreste Cagnasso
La rilevanza penale dell’abuso del diritto
Il contributo si apre con alcune riflessioni in tema di ricerca della definizione
dell’abuso del diritto; successivamente, l’attenzione viene spostata sui profili
penalistici della figura, con particolare riferimento alle previsioni incriminatrici che
richiamano condotte di abuso del diritto e all’elemento soggettivo.
di Ciro S antoriello
APPENNDICE
di Marco Casavecchia
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
5
INDEX-ABSTRACT
Page
Il diritto e le discipline economiche
Torino, 8 maggio 2014
REPORT ON CONFERENCES
Introduction
di Marco Casavecchia
9
International dimension of insolvency. Recent developments
The Author deals with the issue of the international aspects of insolvency,
with particular reference to, among others, the issue of cross-border
insolvency rules and the abuse of rights in the transfer of the COMI.
by Luciano Panzani
12
Economic analysis and procedures for tender for custody of pu blic
contracts in the light of New European
The Author, an empty premise in terms of law and economics, focuses on the
implications of Vickrey 's theorem on incomplete contracting and postcontractual information asymmetries and the new European directives on
public procurement and concessions.
by Maurizio Cafagno
32
Principles and economic categories under the company law an d
competition
The Author, in dealing with the relationship between law and economics,
focuses primarily on two issues: the relationship between law and
economics, on the other, that of law and economic phenomena. He then
tackles the issue of the importance of social capital, balance sheet and
financial equilibrium.
by Oreste Cagnasso
50
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
6
INDEX-ABSTRACT
The importance of criminal abuse right
The contribution begins with some reflections on the research topic of the
definition of abuse of rights; Later, the focus is shifted to the criminal law
profiles of the figure, with particular reference to the provisions
incriminating recalling conduct and abuse of the right to the subjective
element.
by Ciro S antoriello
APPENDIX
by Marco Casavecchia
58
107
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
7
Consiglio dell’Ordine degli avvocati di To rino
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE
ECONOMICHE
Torino, 8 maggio 2014
RELAZIONI A CONVEGNI
INTRODUZIONE
di MARCO CASAVECCHIA
Il convegno di oggi è il terzo dopo quelli (che si sono tenuti presso questo stesso
Palazzo) su “Il diritto, l’equità e la giustizia” (con relazioni di G.M . Flick e G.
Zagrebelsky) e “La giurisprudenza come fonte del diritto” (con relazioni di P. Lotti, U.
Scotti e M . Weigmann) 1.
Senza voler rubare tempo ai relatori (e senza andare troppo indietro nel tempo),
rammento unicamente che le discipline giuridiche e quelle economiche sono contigue.
Da qui il fatto che l’una disciplina dovrebbe tener conto dell’altra e ciò senza pervenire
ad indebiti assorbimenti del diritto da parte delle discipline economiche o viceversa.
Assorbimenti e condizionamenti che, pure, ci sono stati, da sinistra e da destra.
K. M arx, ad esempio, ebbe a dire:
La mia ricerca arrivò alla conclusione che tanto i rapporti giuridici quanto le
forme dello Stato non possono essere compresi né per se stessi, né per la cosiddetta
evoluzione generale dello spirito umano, ma hanno le loro radici, piuttosto, nei rapporti
materiali dell’esistenza il cui complesso viene abbracciato da Hegel, seguendo
l’esempio degli inglesi e dei francesi del secolo XVIII, sotto il termine di <<società
civile>>; e che l’anatomia della società civile è da cercare nell’economia politica.
Avevo incominciato lo studio di questa scienza a Parigi, e la continuai a Bruxelles, dove
ero emigrato in seguito a un decreto di espulsione del Sig. Guizot. Il risultato generale al
quale arrivai e che, una volta acquisito, mi servì da filo conduttore nei miei studi, può
essere brevemente formulato così: nella produzione sociale della loro esistenza, gli
uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in
rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro
forze produttive materiali.
L’insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica
della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e
politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il modo
di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e
spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è,
1
V.si, per il programma completo: “Riflessioni su temi generali di diritto (comuni ai giuristi:
avvocati e magistrati) che possono essere di una qualche utilità per una migliore soluzione di
casi pratici”, pubblicato in Appendice).
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
9
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. A un dato punto del
loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i
rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto
l’espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l’innanzi s’erano mosse.
Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in
loro catene. E allora subentra un’epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della
2
base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura .
La concezione marxiana influenzò il pensiero giuridico sovietico: il diritto non
venne concepito <<come sistema o ordinamento di norme…>> (alla Kelsen), bensì
come il sistema dei rapporti sociali di cui quelli economici erano la struttura3.
Sul versante del pensiero liberale, possiamo citare B. Croce: alla forma
economica dello spirito appartengono anche il diritto e lo Stato4. Avverso al
normativismo e alla teoria pura del diritto possiamo citare altresì il pensiero sociale
cattolico (J. M aritan: Humanisme intégral) 5.
Venendo al mondo anglosassone, <<l’analisi economica del diritto quale oggi è
diffusamente riconosciuta e praticata … si caratterizza per il fatto di aver elevato
l’approccio economico a metodo generale di ricostruzione e interpretazione
dell’ordinamento giuridico, attraverso il ricorso a categorie concettuali e strumenti
conoscitivi propri della microeconomia e della teoria dei giochi… [diventando così]
parte integrante degli studi giuridici in materia di diritto civile e commerciale …
[mentre] i suoi confini sono andati ben al di là delle frontiere statunitensi,
coinvolgendo anche gli ordinamenti estranei alla tradizione di common law>> 6.
Analisi economica che, più recentemente, sta investendo anche il diritto
pubblico7.
Ora senza arrivare alle critiche alla teoria pura del diritto di Kelsen da parte di
Pasukanis per il quale ultimo: “Una simile teoria generale del diritto, che non spiega
nulla, che fin dall’inizio volta le spalle ai fatti della realtà e che opera soltanto su
norme, senza però interessarsi alla loro origine (questione metagiuridica!) o al loro
2
K. MARX, Per la critica dell’economia politica, Prefazione, pagg. 4-5, Ed. Riuniti, 1969; U.
CERRONI, Marx e il diritto moderno, Ed. Riuniti, 1962.
3
V.si, P.I. STUCKA , La funzione rivoluzionaria del diritto e dello Stato, Einaudi, 1967, 13 e
segg., 424 e segg.; STUCKA -P ASUKANIS-VYSINSKIJ-STROGOVIC, Teorie sovietiche del diritto (a
cura di U. Cerroni), Giuffrè, 1964;U. CERRONI, Il pensiero giuridico sovietico, 1969.
4
B. CROCE , Riduzione della filosofia del dirotto alla filosofia dell’economia (da N. Abbagnano,
Storia della filosofia, III, UTET , 1993, 533).
5
V.si, per una radicale critica a Kelsen, altresì F. GALLO, DA CELSO A KELSEN , Giappichelli,
2011.
6
G. NAPOLITANO-M.ABRESIA , Analisi economica del diritto pubblico, Il Mulino, 2009;
AA.VV., Analisi economica del diritto privato (a cura di G. Alpa e altri).
7
V. nota 6, nonché S. STIGLITZ, Il ruolo economico dello Stato, Il Mulino, 1992.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
10
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
nesso con un qualche evento reale [teoria che], può aspirare al massimo nel senso in
cui si suol parlare, per esempio, di teoria degli scacchi [e che] non ha nulla a che fare
con la scienza”8, appare plausibile affermare che la giurisprudenza attuale, nel
ricostruire (e molte volte invertire) le norme giuridiche deve uscire da se stessa e dal
formalismo tipico del positivismo giuridico e interpretare “anche” alla luce dei principi
economici. Attività, quest’ultima, non facile se si tiene presente che, attualmente, le
discipline economiche stanno abbandonando l’idea che nei rapporti economici l’essere
umano si comporti come un puro homo oeconomicus e non come un ente complesso
9
(“homo neuroeconomicus, homo socialis) . (Chiaramente ciò comporta, per il giurista,
aprire le finestre a nuove idee e concepire le discipline della società alla luce della
complessità).
M a ora la parola ai relatori.
8
Citazione da pag. XXXIII della Prefazione di M. G. Losano all’opera di H. Kelsen, T eoria
generale delle norme, Einaudi, 1979.
9
V.si, C. S. BERTUGLIA e F. VANO, Complessità e modelli, Bollati Boringhieri, 2011, par. 13 e
14 su “ I sistemi sociali complessi e le interazioni fra gli individui” (458 e segg.) e “ Modelli
complessi dei sistemi economici e sociali” (518 e segg.); AA.VV. (a c ura di M. Motterlini e F.
Guala, Economia cognitiva e sperimentale, U. Bocconi, 2005; AA.VV (a cura di R. Viale), Le
Nuove economie. Dall’economia evolutiva a quelle cognitiva: oltre i fallimenti della teoria
neoclassica, Il Sole – 24 Ore, 2005 (la “Parte quarta” del volume è dedicata al tema
“complessità ed economia”).
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
11
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
LA DIMENSIONE INTERNAZIONALE
DELL’INSOLVENZA.
RECENTI SVILUPPI
L’Autore tratta il tema della dimensione internazionale dell’insolvenza, con particolare
riferimento, tra gli altri, all’aspetto della disciplina dell’insolvenza transfrontaliera e
dell’abuso del diritto nel trasferimento del COMI.
di LUCIANO PANZANI
1. Modelli nazionali.
Il modello normalmente seguito dalla legislazione delle economie più avanzate,
ma anche dalla Cina, da Singapore e da buona parte dell’America latina, é quello
americano, introdotto nel 1978. Tale modello è normalmente identificato nel c.d.
Chapter 11, vale a dire in una procedura di ristrutturazione dell’impresa in crisi fondata
sull’accordo con i creditori e sul tempestivo ingresso in procedura quando ancora
l’insolvenza non è irreversibile e la ristrutturazione può sortire esiti favorevoli. Anche
se questi sono i tratti della legislazione americana che sono più conosciuti e più copiati
nella legislazione dei Paesi che si sono rifatti al modello americano, va detto che in tale
modello gioca un ruolo altrettanto importante l’idea di assicurare all’imprenditore in
crisi la possibilità di ricominciare da zero, il c.d. fresh start, che presuppone che nei suoi
confronti non si applichino sanzioni e più non valga il principio decoctor ergo fraudator
che dalla legislazione italiana dell’età dei Comuni è passato nella legislazione europea
dell’Ottocento e della prima metà del Novecento. Al venir meno dello stigma nei
confronti dell’imprenditore decotto si accompagna nella tradizione anglosassone, non
soltanto americana ma anche inglese, l’esdebitazione, il c.d. discharge, che consente
l’estinzione dei debiti e la possibilità di ripartire da zero.
A dire il vero questi principi non sono poi così estranei alla tradizione europea di
civil law ove si consideri che, come gli studi di storia del diritto dell’insolvenza hanno
10
ampiamente messo in luce, gli Statuti dell’Italia dei Comuni prevedevano pene
10
In proposito si veda l’ampia rassegna della legislazione statutaria di U. SANTARELLI, Per la
storia del fallimento nelle legislazioni italiane dell’età intermedia, Padova, 1964. Dello stesso
A. cfr. anche U. SANTARELLI, Procedure concorsuali – Storia del fallimento, in Il Diritto –
Enciclopedia giuridica de IlSole24Ore, vol. XI, Milano, 2007; ID ., Mercanti e società fra
mercanti, 2 ed., T orino, 1992. Si consultino inoltre V. P IERGIOVANNI, Riflessioni della scienza
commercialistica sul fallimento tra Medioevo ed Età Moderna, in La giurisdizione fallimentare.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
12
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
esemplari per il commerciante insolvente, dove il fallito era identificato con il fugitivus,
cioè con colui che cercava salvezza dai creditori tramite la fuga (in genere a breve
distanza data la modesta estensione del territorio dei Comuni dell’Italia del basso
M edioevo), ma consentivano il rilascio di un salvacondotto perché il fugitivus potesse
ritornare e trattare con i creditori la composizione della crisi. La trattativa con i creditori
rappresentò sempre una via alternativa alla durezza delle pene, preferita dai creditori
11
che allora come oggi badavano soprattutto al recupero del loro credito . E a Venezia la
legislazione era sorprendentemente mite con gli imprenditori decotti, forse proprio
perché si trattava di una Repubblica fondata sul commercio che ben conosceva
l’importanza degli accordi 12. La stessa durezza del codice di commercio francese del
1808, dovuta alla volontà di Napoleone 13, portò come risultato alla fuga dalle aule di
giustizia perché i creditori, preoccupati dalla rigidità del sistema, preferivano evitare di
chiedere il fallimento e trattavano lungamente con il debitore che finiva per
avvantaggiarsi di un sistema che in teoria avrebbe dovuto essere inflessibile. Nel 1838 il
codice fu riformato e fu abbandonata la rigidità voluta da Napoleone.
La Francia ha una disciplina concorsuale molto diversa dal modello inglese e da
quello tedesco, che è fortemente simile a quello americano. Il sistema francese, che fa
perno sul ruolo dei tribunali di commercio, i cui giudici sono di nomina elettiva e di
derivazione imprenditoriale, è fortemente accentrato ed attribuisce al giudice veri e
propri poteri inquisitori. Tuttavia il sistema prevede procedimenti diretti a convincere
l’imprenditore ad entrare tempestivamente in procedura e, soprattutto, a raggiungere un
accordo con i creditori per il tramite di un mediatore ( mandataire) nominato dal giudice
Modelli dottrinali e prassi locali tra Basso Medioevo ed Età Moderna a cura di A.Legnani
Annichini e N. Sarti, Bologna, 2011; ID ., Banchieri e falliti nelle “Decisiones de
mercatura”della Rota civile di Genova, in Diritto civile, diritto commerciale, diritto veneziano
a cura di K.Nelsen Von Strik, D. Noerr, Venezia, 1985.
11
C. PECORELLA e U. GUALAZZINI, Fallimento (storia), in Enc. Diritto, 225.
12 12
Su tale specifica esperienza è d’obbligo la citazione dell’opera di CASSANDRO , Le
rappresaglie ed il fallimento a Venezia nei secoli XIII-XVI con documenti inediti, in Documenti
e studi per la storia del commercio e del diritto commerciale italiano a cura di F. Patetta e M.
Chiaudano, XIV, Torino, 1938.
13
La chiara volontà di Napoleone di mantenere una legislazione assolutamente punitiva nei
confronti dei commercianti insolventi risulta dal testo consegnato al Consiglio di Stato in
occasione della redazione del “ libro dei fallimenti e delle bancarotte”. Napoleone osservava che
“ Nel fallimento c’è un fondo di reato perché il fallito fa torto ai suoi creditori…. Un capitano
che perde la sua nave, anche in caso di naufragio, si consegna subito in prigione… La severità
diviene necessaria, le bancarotte servono la fortuna senza far perdere l’onore… Bisogna che,
per prevenzione, si dia anzitutto il nome di bancarottiere ad ogni commerciante che provoca
perdite ai suoi creditori…”. Cfr. D. DESURVIRE , Histoire de la banqueroute e faillite
contemporaine, Paris, 2000, 45.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
13
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
e che a questi riferisce. La procedura di sauvegarde e il redressement judiciaire sono
diretti ad assicurare la ristrutturazione ed il salvataggio, mentre la liquidation judiciaire
rappresenta comunque l’ultima soluzione. Anche il sistema inglese, come vedremo
meglio in seguito, presenta procedure molto semplici e destrutturate nelle quali il
controllo del giudice interviene soltanto su richiesta di una delle parti e mai sulle scelte
gestionali.
2. La disciplina dell’insolvenza transfrontaliera.
Com’è noto la materia fallimentare è stata a lungo esclusa dalle convenzioni
internazionali, salvo pochi accordi bilaterali tra Stati, perché ogni Stato è sempre stato
geloso delle sue prerogative in materia. Non a caso la concezione c.d. universalistica
della procedura, per cui la legge di uno Stato si applica senza limitazione di confini, è
stata dominante nell’elaborazione dottrinale. I tempi sono però mutati. Attualmente vi
sono strumenti sovranazionali. All’interno dell’Unione Europea vige il Regolamento
1346/2000 in materia d’insolvenza transfrontaliera che si applica alle imprese insolventi
che svolgono la loro attività in più Stati membri. Tale Regolamento è in corso di
revisione. La Commissione ha presentato una proposta ed il Parlamento Europeo ha già
espresso il suo parere, che in parte non coincide con la proposta. Il Regolamento si
preoccupa soltanto di dettare norme di diritto internazionale privato che regolano
l’individuazione del giudice competente e della legge applicabile nel caso di procedure
transfrontaliere, prevedendo che sia competente il giudice davanti al quale si è aperta la
procedura principale, tale essendo quello del luogo in cui si trova il centro degli
interessi principali dell’imprenditore ( Centre of main interests - COM I). Salvo deroghe
si applica la legge dello Stato in cui si è aperta la procedura principale. Con pochissime
eccezioni prevale il principio di mutua fiducia tra Stati: se il giudice che per primo ha
pronunciato ha riconosciuto la propria competenza, tale statuizione non può essere
messa in discussione e la procedura così aperta rimane la procedura principale, con la
sola possibilità di aprire negli altri Paesi procedure secondarie ad effetti limitati, in
pratica a tutela dei soli creditori locali, soprattutto ipotecari e privilegiati.
Poiché la disciplina concorsuale è differenziata tra Stato e Stato dell’Unione
sono sorti problemi di concorrenza tra ordinamenti e forum shopping. La Germania, pur
avendo un sistema improntato secondo il modello americano, allo scopo di assicurare il
pronto ingresso dell’imprenditore in procedura, ha previsto la regola c.d. dei 21 giorni
in forza della quale quando il debitore è una società o comunque una persona giuridica i
cui soci sono soltanto altre persone giuridiche, i suoi amministratori sono tenuti a
presentare la domanda di apertura della procedura al più tardi entro tre settimane dal
momento in cui la società è divenuta insolvente. Questa regola è finalizzata ad imporre
che la ristrutturazione avvenga sotto il controllo del giudice. La rigidità della normativa
non agevola però le trattative tra il debitore ed i creditori con la conseguenza che in
molti casi le società tedesche hanno trasferito, con vari artifici, il COM I in Inghilterra,
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
14
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
per approfittare del più liberale sistema del Regno Unito dove non sono previsti termini
rigidi per l’apertura della procedura, ed in particolare della CVA. Inoltre Londra risulta
appetibile come luogo di apertura di una procedura concorsuale perché i practitioners
inglesi sono particolarmente apprezzati per la loro competenza ed imparzialità, anche se
i costi sono estremamente elevati. Altre volte il pendolo è oscillato verso Parigi perché
anche le procedure francesi possono essere considerate concorrenziali rispetto a quelle
previste in altri Stati avendo dimostrato in molti casi di funzionare in modo adeguato. I
costi inoltre sono minori di quelli inglesi.
Va aggiunto che la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha respinto tutti i
tentativi di estendere la normativa del regolamento 1346/2000 in via interpretativa ai
gruppi di imprese, escludendo che il COM I della controllante possa essere considerato
come il centro di direzione effettiva delle controllate ove tale situazione non sia
14
verificabile dai creditori . Questa rigidità della Corte è stata sostanzialmente ignorata
dalla giurisprudenza dei tribunali di commercio francesi, soprattutto dai tribunali di
Parigi e dell’area parigina 15. Radicare la competenza a Parigi è stato quindi un modo per
trovare una sede dove trattare in modo congiunto le insolvenze delle varie società di un
gruppo, approfittando del fatto che una volta aperta la procedura principale in uno Stato
membro non è più possibile, salvo invocare il limite dell’ordine pubblico, contestare la
competenza del giudice di quello Stato.
I fenomeni di forum shopping hanno riguardato anche le insolvenze delle
persone fisiche. Vi è stata una fuga dalla Germania a favore della Francia per
approfittare del più favorevole termine previsto dal diritto francese per poter beneficiare
dell’esdebitazione a fronte degli otto anni richiesti dalla legge tedesca, ora recentemente
16
ridotti in termini più ragionevoli .
14
La giurisprudenza della Corte si è formata con le sentenze CGCE, 2 maggio 2006, Eurofood
IFSC Ltd, causa C-341/04, cit.; CGCE , 17 gennaio 2006, Staubitz-Schreiber, causa Case C1/04; CGUE, Sez. I, 20 ottobre 2011, Interedil, in causa C-396/09; CGUE, Sez. I, 15 dicembre
2011, Rastelli, in causa C-191/10. Sulla giurisprudenza della Corte e la nozione di COMI rinvio
a L. P ANZANI, La nozione di COMI nella disciplina comunitaria dell'insolvenza
transfrontaliera: i casi Interedil e Rastelli (nota a Corte di giustizia dell'Unione europea, Sez. I,
20 ottobre 2011, C-396/09; Corte di giustizia dell'Unione europea, Sez. I, 15 dicembre 2011, C191/10), in Int'l Lis, 2012, 1, 32.
15
G. MONTELLA , La competenza internazionale del giudice italiano, in Fallimento, 2011, 712
e ss.
16
La riforma della legge tedesca sull’Insolvenza (InsO) ha portato a ridurre a far tempo dal 1
luglio 2014 a soli tre anni il c.d. periodo di buona condotta nel quale il de bitore deve devolvere
tutti i suoi ricavi disponibili a favore dei creditori per poter beneficiare dell’esdebitazione. T ale
periodo di tempo era stato fissato nel 1999, all’entrata in vigore della InsolvenzOrdnung, che
aveva sostituito la vecchia legge fallimentare, in sette anni, ridotti poi nel 2001 a sei. Va però
detto che la legge tedesca rimane ancora fortemente restrittiva perché il debitore per beneficiare
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
15
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
In dottrina vi sono state voci, più o meno interessate, a favore o contro il forum
shopping. Nonostante il quarto Considerando del Regolamento 1346/2000 valuti
negativamente ed intenda prevenire il forum shopping, affermando che “è necessario
per il corretto funzionamento del mercato interno evitare incentivi alle parti a trasferire
gli asset o i procedimenti giudiziali da uno Stato membro all’altro nel tentativo di
ottenere una posizione giuridica più favorevole”, occorre riconoscere che si tratta di una
realtà di fatto.
Si è voluto distinguere tra un forum shopping positivo, diretto a trovare tra i
Paesi dell’Unione quello con la disciplina più favorevole al caso di specie, ed un forum
shopping negativo, diretto a frodare le ragioni dei creditori. Vi è stato a questo proposito
17
anche chi, argomentando dalla sentenza Centros della Corte di Giustizia , che ha
affermato in materia societaria il principio della libertà di stabilimento, ha sostenuto che
tale principio dovesse valere anche con riferimento all’insolvenza. Vi sarebbe quindi un
vero e proprio diritto della società insolvente di trasferire la propria sede all’estero, nel
Paese membro dell’Unione europea in cui fosse in vigore la disciplina più favorevole
per il raggiungimento di un accordo con i creditori.
Come si è detto, il Regolamento 1346/2000 prevede che sia competente il
giudice del luogo in cui il debitore ha il suo centre of main interests (COM I). Per le
società il Regolamento prevede una presunzione semplice che il COM I coincida con la
sede legale. L’accertamento del luogo in cui il debitore ha il suo COM I, dipende in
misura rilevante da circostanze di fatto, che si prestano ad interpretazioni differenti18. Il
trasferimento della sede di una società, in qualche caso ricorrendo ad operazioni di
ingegneria societaria come la fusione, non è particolarmente complesso, soprattutto
quando non si tratta di società operative dotate di stabilimenti e dipendenti.
L’esperienza comunque insegna che, una volta che la sede sia stata trasferita, soprattutto
dell’esdebitazione deve pur sempre pagare tutti i costi amministrativi della procedura
d’insolvenza e corrispondere ai creditori almeno il 35% dei loro crediti. Non è quindi detto che i
casi di forum shopping anche per quel che riguarda l’insolvenza delle persone fisiche siano
destinati a diminuire.
17
Le sentenze che hanno affermato il principio della libertà di stabilimento in materia societaria
sono Corte di Giustizia, ) marzo 1999, C-212/97 (Centros), Corte di Giustizia, 5 Novembre
2002, C-208/00 (Überseering) e Corte di Giustizia 30 Settembre 2003, C-167/01 (Inspire Art).
Per la relazione tra questi casi, in materia di diritto societario, e la disciplina dell’insolvenza si
veda M.L. LENNARTS, The review of the EU Insolvency Regulation – Time to recognize the ties
that bind company law and insolvency law?, NACIIL Reports 2011 (Amsterdam, Ius 2012), p.
49-50 e W.G. RINGE , Forum Shopping under the EU Insolvency Regulation, EBOR 2008/9, p.
609-612.
18
M.L. LENNARTS, The review of the EU Insolvency Regulation – Time to recognize the ties
that bind company law and insolvency law?, cit. conclude che il COMI è necessariamente un
concetto impreciso e che nessuna definizione sarà mai in grado di porvi rimedio.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
16
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
quando non vi sono contestazioni in proposito da parte dei creditori più rilevanti, sarà
relativamente semplice aprire una procedura d’insolvenza nel Paese in cui è avvenuto il
trasferimento senza che vengano sollevate eccezioni.
Le ragioni che possono spingere al trasferimento del COM I non sono uniformi e
non sempre possono essere individuate con facilità. Anche le ragioni indicate dal
debitore vanno valutate con cautela perché il trasferimento sovente avvantaggia
qualcuna delle parti coinvolte e ne danneggia qualche altra; raramente si tratta di
un’operazione neutrale.
Un esempio eloquente delle problematiche che derivano dalla COM I migration
19
è stato il caso BenQ . La società olandese BenQ M obile Holding B.V. operava sia in
Germania che in Olanda. Nel 2006 la società chiese l’apertura di una procedura
d’insolvenza in Olanda. Le attività ammontavano all’epoca a 17 milioni di euro. Un
azionista taiwanese vantava un credito di 70 milioni a fronte di un finanziamento
concesso in qualità di socio. Secondo il diritto tedesco si trattava di un credito
postergato. All’epoca per diritto olandese non vi erano né norme di legge né precedenti
giurisprudenziali in tal senso. Per evitare che l’ammissione del credito danneggiasse gli
altri creditori, i creditori tedeschi sostennero che si era di fronte ad un caso di forum
shopping e che il COM I era in Germania. La Corte olandese negò l’appello contro la
decisione di primo grado. Affermò che il possibile danno per i creditori non era da solo
argomento sufficiente per ritenere che la procedura non dovesse essere aperta in Olanda.
Nei fatti il curatore olandese riuscì a negoziare un accordo sul pagamento dei crediti
infragruppo che rese possibile il soddisfacimento al 100% degli altri creditori. In questo
caso, a dire il vero si poteva sostenere che l’esistenza di un forum shopping fosse
quantomeno incerta e che in realtà la questione se il COM I fosse in Olanda o in
Germania fosse quantomeno controversa.
Tuttavia si può agevolmente sostenere che il trasferimento del COM I produce
effetti negativi perché crea incertezza sulla disciplina legale e maggiori costi. Ciò deriva
dal fatto che una società deve essere liquidata secondo una disciplina che è diversa da
quella che regola il suo assetto societario. Anche i creditori, che hanno stipulato i
contratti da cui derivano i loro crediti nell’aspettativa che venisse applicata una certa
normativa, si trovano di fronte alla spiacevole sorpresa che la liquidazione avviene
secondo una legge diversa e non familiare.
19
District Court Amsterdam, 24 Gennaio 2008, JOR 2008/17 (BenQ). Si veda in proposito T .M.
Bos, Forumshopping in een Europese insolventie, in: B.E. REINHARTZ e.a. (eds.), Derden in het
privaatrecht (Den Haag, BJU 2008), p. 183-213. Al caso BenQ fanno riferimento R.J K DE
VEIJS, M.BREEMAN , Comi-migration: use or abuse of european insolvency law?, Amsterdam
Law School Legal Studies Research Paper No. 2013-38, Centre for the Study of European
Contract Law Working Paper No. 2013-07, 5 e ss.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
17
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
A queste obiezioni i sostenitori della COM I migration obiettano che non sono le
regole sulla responsabilità degli amministratori o il trattamento degli azionisti che
spingono a trasferire il COM I, ma la possibilità di giovarsi di regole migliori in tema di
riorganizzazione. Si fanno gli esempi dei casi Schefenhacker e Deutsche Nikel 20. In
questi due casi, che risalgono al 2007, il trasferimento del COM I dalla Germania a
Londra, grazie a complicate operazioni societarie, ha consentito di proporre ai creditori
una ristrutturazione fondata sulla trasformazione del debito in capitale di rischio che in
Germania non sarebbe stata possibile perché gli azionisti potevano opporre un voto di
blocco. I creditori furono ampiamente favorevoli. Va però aggiunto che lo spostamento
del COM I fu possibile proprio per il consenso dei creditori, perché la verità era che la
stragrande maggioranza delle attività e dei dipendenti erano in Germania e che in altri
simili casi, l’opposizione dei creditori provocò l’intervento del giudice inglese che
ritenne che il COM I non fosse in Inghilterra, ma in Germania.
Come si è accennato, non è agevole per i creditori opporsi al trasferimento del
COM I in un altro Stato membro, perché ciò implica agire in sede di appello davanti al
giudice straniero, con i costi e le difficoltà che ne conseguono. L’eccezione al carattere
vincolante in tutta l’Unione Europea della decisione che ha aperto la procedura
principale d’insolvenza è rappresentata soltanto dal principio di ordine pubblico, che si
può ritenere violato soltanto quanto sono in gioco i diritti fondamentali, ad esempio il
diritto ad un giusto processo, come è stato ritenuto dalla Corte di Giustizia nel caso
Eurofood. Tuttavia in dottrina è stato suggerito che l’indebito trasferimento del COM I
possa essere considerato un’ipotesi di abuso del diritto. La giurisprudenza della Corte di
Giustizia ha ritenuto che sussista l’abuso del diritto quando sono presenti un elemento
oggettivo, rappresentato dal fatto che, nonostante il formale rispetto delle norme
comunitarie, non viene raggiunto lo scopo per cui queste norme sono state emanate, ed
un elemento soggettivo, costituito dall’intenzione di trarre vantaggio dalla disciplina
21
dell’Unione creando artificialmente le condizioni per la loro applicazione . Nella
20
W.G. RINGE , Forum Shopping under the EU Insolvency Regulation, EBOR 2008/9, p. 585587.
21
I casi principali che hanno dato luogo alla costruzione del principio del divieto di abuso del
diritto in sede comunitaria sono: Corte di giustizia, 14 dicembre 2000, in causa C-110/99,
Emsland-Stärke GmbH v Hauptzollamt Hamburg- Jonas, in cui era questione di beni che
venivano esportati per venir poi reimportati, senza che gli imballaggi venissero neppure aperti,
al solo fine di trarre vantaggio dalla disciplina fiscale in materia di IVA; Corte di Giustizia, 21
febbraio 2006, in causa C-255/02, Halifax plc v. Commissioners of Customs & Excise, caso in
cui la società aveva evitato di pagare l’IVA sui lavori di costruzione di immobili moltipllicando
le società controllate che gestivano formalmente le operazioni; Corte di Giustizia, 12 settembre
2006, in causa C-196/04, Cadbury Schweppes, caso in cui era questione della legalità di una
disciplina che imponeva tasse sulla capogruppo inglese sui profitti realizzati da controllate
aventi sede in Irlanda; Corte di Giustizia, 5 luglio 2007, in causa C-321/05, Kofoed v
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
18
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
sentenza Kofoed la Corte ha fatto espressamente riferimento al divieto di abuso del
diritto come ad un principio generale del diritto dell’Unione, sì che si può affermare che
tale principio valga anche con riguardo alla materia disciplinata dal Regolamento
1346/2000. Tuttavia va detto che non vi sono casi in cui la Corte di Giustizia abbia fatto
22
effettiva applicazione del principio in materia d’insolvenza . Poiché, come si è detto,
la decisione del giudice nazionale di apertura di una procedura principale è vincolante
per tutti gli Stati membri, si può dubitare che l’abuso del diritto possa essere fatto valere
di fronte ad una diversa giurisdizione, salvo ritenere che esso possa venir ricompreso
nell’ambito della violazione dei principi di ordine pubblico, che sola legittima il giudice
di un altro Stato membro a non riconoscere la decisione di apertura della procedura
principale23.
Una volta riconosciuto che il divieto dell’abuso del diritto si applica anche nel
campo dell’insolvenza, occorre ancora stabilire in quali ipotesi di trasferimento del
COM I vi può essere abuso. In assenza di pronunce della Corte di giustizia, la dottrina24
ha suggerito alcuni criteri. Si è osservato, facendo riferimento ai casi più noti di
trasferimento del COM I verso il Regno Unito ( in genere il trasferimento mira ad
avvalersi della disciplina inglese dell’insolvenza, considerata più favorevole per la sua
maggior elasticità e libertà), che in genere lo spostamento del COM I è stato utilizzato in
quattro ipotesi: a) per poter varare più facilmente piani di ristrutturazione; b) per poter
ottenere il consenso dei creditori su forme di ristrutturazione secondo il modello della
pre-packaged bankruptcy; c) per avvalersi di un diverso regime delle revocatorie; d) per
evitare che i finanziamenti concessi dai soci siano postergati. Le prime due ipotesi sono
compatibili con quello che è certamente lo scopo principale della disciplina comunitaria
transfrontaliera dell’insolvenza: procedere alla ristrutturazione in modo tale da
assicurare la massimizzazione delle attività nell’interesse dei creditori. Le altre ipotesi,
Skattenminister-iet, caso relativo all’applicazione di una clausola antiabuso inserita nell’art. 11
(1)(a) della Direttiva Merger. Per una rassegna cfr A. LENAERTS , The General Principle of the
Prohibition of Abuse of Rights: A critical position on its role in a codified European Contract
Law, in European Review of Private Law, 2010/6, 1121-1154.
22
In dottrina si sono espressi nel senso dell’applicabilità del divieto di abuso del diritto: H.
EIDENMÜLLER, Abuse of Law in the context of European Insolvency Law, ECFR 2009/1, p. 9; J.
I SRAËL , Shopping voor een schone lei, NTBR 2012/19; R.J K DE VEIJS, M.BREEMAN , Comimigration: use or abuse of european insolvency law?, cit., 12. Ritiene applicabile il principio
anche J. ARMOUR, Abuse of European Insolvency Law? A Discussion, in: R. DE LA FERIA e S.
VOGENAUER (a cura di) Prohibition of Abuse of Law, Oxford, 2011, 161 e ss., che però
conclude per la non utilizzabilità in concreto del principio.
23
In senso contrario R.J K DE VEIJS, M.BREEMAN, Comi-migration: use or abuse of european
insolvency law?, cit., 13.
24
EIDENMÜLLER, Abuse of Law in the context of European Insolvency Law, cit., 14 e ss.; R.J K
DE VEIJS, M.BREEMAN, Comi-migration: use or abuse of european insolvency law?, cit., 14.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
19
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
che favoriscono taluni creditori a spese di altri, rientrano invece o possono rientrare
nell’ambito dell’abuso del diritto.
3. L’abuso del diritto nel trasferimento del COMI. Casi pratici.
Sulla base dell’esperienza è dunque possibile individuare le ragioni più frequenti
che hanno determinato il forum shopping e valutarne la compatibilità con il divieto di
abuso del diritto con riferimento alla disciplina comunitaria dell’insolvenza.
Per quanto riguarda i piani di riorganizzazione dell’impresa, la disciplina varia
25
considerevolmente tra i vari Stati membri dell’Unione Europea . Le maggioranze
richieste per l’approvazione del piano sono diverse. La Germania e l’Olanda richiedono
una maggioranza pari al 50% dei creditori chirografari sia per numero che per somma 26
(la Germania richiede anche l’approvazione di tutte le classi di creditori), con il
temperamento rappresentato dal cram down in virtù del quale il giudice, quando la
maggioranza richiesta non sia stata raggiunta, può imporre ugualmente il piano ai
creditori dissenzienti quando dalla liquidazione essi non possano ottenere di meglio. Il
Regno Unito prevede invece per la CVA una maggioranza molto più elevata, pari al
75% per valore dei creditori, presenti di persona o per delega 27. A fronte di tale elevata
maggioranza però il sistema inglese stabilisce che gli azionisti possano essere vincolati
dal piano. Gli azionisti hanno diritto di votare in una assemblea separata, ma il loro voto
può essere superato dal voto dei creditori, salva la possibilità di contestare il risultato
davanti al giudice. Lo scheme of arrangement, un diverso tipo di procedura, presenta le
stesse maggioranze e può essere vincolante anche per i creditori privilegiati
28
dissenzienti .
La possibilità di paralizzare il voto contrario degli stakeholders e tra questi degli
azionisti, è il motivo che in molti casi ha spinto a trasferire il COM I in Inghilterra.
Proprio per questo motivo nel 2012 la Germania ha modificato la sua legislazione 29
prevedendo che gli azionisti possano votare il piano, ma che in caso di voto contrario la
Corte possa superare tale voto negativo in base al principio della Obstruktionverbot,
cioè del cram down, salvo che essi possano dimostrare che con il piano essi
25
Per un’analisi comparativa si veda V. FINCH, Corporate Insolvency Law, Cambridge, 2009,
291-292.
26
Si veda per la Germania prima delle modifiche introdotte nel 2012 su cui infra, l’art. 244 della
Insolvenzordnung (InsO). Per l’Olanda si consultino gli artt. 145 e 268 della legge
sull’insolvenza (Faillissementswet). Sul diritto olandese si veda SOEDIRA, Het Akkoord,
Deventer, 2011, 141 - 142.
27
Insolvency Rules 1986 1.19 (2). Si veda A. KEAY e P. WALTON , Insolvency Law, Bristol,
2008, 148.
28
R. BORK , Rescuing companies in England and Germany, cit., 216.
29
Si tratta della ESUG, Das Gesetz zur weiteren Erleichterung der Sanierung von
Unternehmen, cioè della legge per facilitare il risanamento dell’impresa.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
20
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
riceverebbero un trattamento meno favorevole che in caso di liquidazione. Un tratto
peculiare della nuova disciplina tedesca è che i creditori persone fisiche non possono
essere obbligati ad accettare la conversione del debito in capitale di rischio. Questi
creditori hanno così un potere di ostruzione che può portare alla necessità di pagarli,
derogando al principio della parità di trattamento.
In conclusione lo spostamento del COM I può essere visto in questi casi come
uno strumento diretto a favorire la ristrutturazione e quindi in linea con gli scopi della
disciplina comunitaria dell’insolvenza transfrontaliera, senza quindi che si possano
porre problemi di abuso del diritto.
Un altro motivo per preferire la disciplina inglese è rappresentato dalla
possibilità di avvalersi della pre-packaged bankruptcy, vale a dire di organizzare la
vendita dell’azienda in funzionamento prima dell’apertura della procedura, evitando
quindi i costi in prededuzione che si accumulano durante la prosecuzione dell’attività
dell’impresa prima della vendita. A dire il vero la pre-packaged bankruptcy non è vista
30
con favore perché sovente i creditori chirografari non ricevono nulla, specialmente
quando la vendita avviene a favore di parti correlate, quali i precedenti azionisti o i
manager. La disciplina inglese prevede a tal fine dei correttivi rappresentati da obblighi
di informazione a carico del gestore della procedura 31. Se lo spostamento del COM I in
Inghilterra è fatto per massimizzare il valore dell’impresa nell’interesse dei creditori e
non per favorire le parti correlate, non vi sono motivi dal punto di vista del diritto
comunitario per escludere tale soluzione ed essa non può essere necessariamente
considerata un caso di abuso del diritto32.
Vi è un terzo motivo per andare in Inghilterra e riguarda il regime dell’azione
revocatoria nel caso in cui vengano concesse nuove garanzie a fronte di nuovi
finanziamenti, che possono anche coprire in parte precedenti erogazioni di credito. Per
diritto tedesco la concessione della nuova garanzia è valida per la sola parte relativa alla
nuova concessione di credito, mentre è soggetta all’azione revocatoria per la parte
relativa al credito anteriore 33. Se poi non è possibile distinguere quale parte della
garanzia si riferisca a tale ultimo credito, l’intero negozio può essere revocato. Per
30
Si vedano in proposito i rilievi di R.J K DE VEIJS, M.BREEMAN , Comi-migration: use or
abuse of european insolvency law?, cit., 21 ed ivi ulteriori riferimenti.
31
Si tratta dello Statement of Insolvency Practice (SIP) 16. Per un’analisi del SIP 16 J.
ARMOUR, The rise of the “pre-pack”; corporate Restructuring in the UK and proposals for
reform, cit.43-78.
32
Questa è l’opinione espressa da R.J K DE VEIJS, M.BREEMAN, Comi-migration: use or abuse
of european insolvency law?, cit., 21.
33
Così R.J K DE VEIJS, M.BREEMAN , Comi-migration: use or abuse of european insolvency
law?, cit., 24 ed ivi ulteriori riferimenti. In generale si veda il par. 133 della InsO.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
21
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
diritto olandese 34 si guarda al fatto che la concessione di nuovo credito a fronte della
garanzia danneggia gli altri creditori e che se con il denaro così erogato il debitore paga
una parte dei creditori anteriori, il danno si riferisce agli altri creditori non soddisfatti.
Di conseguenza il negozio è soggetto all’azione revocatoria. La disciplina inglese
invece, non guarda al danno per i creditori, ma all’ingiusto vantaggio ottenuto dalla
35
controparte , che nel caso in esame non sussiste posto che la garanzia è a fronte del
finanziamento. Il negozio ricade nella disciplina della revocatoria soltanto per la parte
relativa al credito anteriore.
Più in generale la disciplina inglese della revocatoria è meno rigorosa di quella
tedesca o di altri Paesi, perché l’art. 239 dell’Insolvency Act lega la revocatoria
all’intenzione del debitore. La revoca è ammessa soltanto se il debitore è stato
influenzato dal desiderio di preferire, situazione questa che, al di fuori delle operazioni
con parti correlate ove vige una presunzione semplice, è di difficile prova. Inoltre l’atto
deve essere stato compiuto nei sei mesi anteriori al manifestarsi dell’insolvenza ed
occorre che il debitore fosse già insolvente o lo sia divenuto per effetto dell’atto
compiuto. In conclusione la disciplina inglese, fortemente criticata anche in sede
domestica, sembra più favorevole di quella di altri Paesi alla concessione di garanzie a
favore di nuove erogazioni di credito. Si è quindi detto che a priori il trasferimento del
COM I per profittare di questo più favorevole regime non è necessariamente un atto di
abuso del diritto, anche se il punto debole di questo ragionamento è che il trasferimento
avviene per beneficiare della legge fallimentare di uno Stato che detta un regime di
favore per quanto riguarda l’azione revocatoria.
Un’ulteriore ragione per trasferire il COM I nel Regno Unito è rappresentata
dall’intenzione di mutare il grado di privilegio di un credito, in particolare come si è già
accennato, per beneficiare del fatto che per diritto inglese il finanziamento erogato da un
socio non è postergato, diversamente da quanto avviene per diritto tedesco quando non
si tratti di finanza nuova. Si è detto che in quest’ipotesi il trasferimento del COM I non
rientra nelle finalità per cui è stata emanata la disciplina comunitaria dell’insolvenza
transfrontaliera e tale conclusione può essere condivisa perché il fine non è quello di
rendere più efficiente la ristrutturazione, ma quello di favorire un creditore a danno
degli altri. Vi è quindi sia la divergenza oggettiva dell’atto dallo scopo per cui è stata
emanata la norma comunitaria, sia la finalità soggettiva di avvantaggiare un determinato
soggetto. E’ stato peraltro sostenuto che il giudice inglese dovrebbe tener fermo il grado
di preferenza previsto dalla disciplina dello Stato membro in cui si trovava in
34
Cfr. ancora da R. J K DE VEIJS, M.BREEMAN , Comi-migration: use or abuse of european
insolvency law?, cit., ivi.
35
Cfr. ancora da R.J K DE VEIJS, M.BREEMAN, Comi-migration: use or abuse of european
insolvency law?, cit., 23.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
22
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
precedenza la sede della società, applicando l’art. 239 (6) dell’Insolvency Act in materia
di revocatoria 36.
4. La re visione del Regolamento 1346/2000.
La Model Law dell’Uncitral. La proposta di modifica del Regolamento 1346,
37
presentata dalla Commissione europea il 12 dicembre 2012 , non ha introdotto
modifiche sostanziali riguardo al forum shopping, sì che il dibattito sulla legittimità del
trasferimento del COM I rimane aperto.
La proposta ha invece esteso la disciplina del regolamento ai gruppi di imprese.
Ha preso però atto delle difficoltà, registrate anche in ambito extraeuropeo, per dettare
una disciplina cogente dell’insolvenza dei gruppi. E’ difficile stabilire in modo univoco
quale sia la società holding, la cui procedura determina la competenza dei giudici dello
Stato in cui essa ha sede. Vi sono inoltre casi in cui in Europa vi è soltanto una subholding o neppure quella ed il controllo è al di fuori dell’Unione europea. M olti Stati
membri, soprattutto i Paesi dell’Est europeo, sono restii ad accettare una
regolamentazione che comporti il trasferimento della competenza sulle procedure
d’insolvenza delle società che hanno sede nei loro territori, ad un giudice di un Paese
dell’Europa occidentale nel timore di uno svuotamento sostanziale delle attività
nell’interesse del gruppo. E’ prevalsa pertanto, nella proposta di modifica del
Regolamento da parte della Commissione, una soluzione che auspica una gestione
coordinata delle procedure d’insolvenza delle varie società del gruppo, rimettendo però
tale coordinamento ad un obbligo di collaborazione tra i giudici dei vari Paesi
interessati, che possono anche avere contatti diretti o per il tramite dei titolari degli
organi gestori delle rispettive procedure. E’ pure favorita la prassi, affermatasi a livello
internazionale negli ultimi anni, della redazione di protocolli d’intesa, vale a dire di
36
R.J K DE VEIJS, M.BREEMAN , Comi-migration: use or abuse of european insolvency law?,
cit., 27 e ss.
37
La proposta della Commissione è stata oggetto della Risoluzione del 5 febbraio 2014 del
Parlamento Europeo che ha indicato modifiche rilevanti al testo della Commissione. Il
Considerando 13 bis prevede, con riferimento al COMI, che “Si presume che il «centro degli
interessi principali» di una società o altra persona giuridica si trovi nel luogo della sua sede
statutaria. Tale presunzione deve poter essere superata se l'amministrazione centrale della
società è situata in uno Stato membro diverso da quello della sede statutaria e una valutazione
globale di tutti gli elementi rilevanti consente di stabilire che, in maniera riconoscibile dai terzi,
il centro effettivo di direzione e di controllo della società stessa, nonché della gestione dei suoi
interessi, è situato in tale altro Stato membro. Per converso, non deve essere possibile superare
tale presunzione laddove gli organi direttivi e di controllo di una società si trovino presso la
sua sede statutaria e le decisioni di gestione di tale società siano assunte, in maniera
riconoscibile dai terzi, in detto luogo”. L’ultimo periodo del Considerando è stato soppresso
dal Parlamento Europeo.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
23
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
accordi tra procedure per lo scambio di informazioni o per lo svolgimento coordinato di
talune attività, ad esempio la vendita di asset che venduti separatamente scontino una
diminuzione di valore.
L’Unione europea non è l’unica sede internazionale in cui si discuta della
disciplina dell’insolvenza. In seno all’Uncitral è stata elaborata da diversi anni (1997) la
Model law in materia di procedure transfrontaliere che deve costituire un modello da
recepire da parte degli Stati aderenti alle Nazioni Unite. La Model law ha come
obiettivo l’autorizzazione e l’incoraggiamento alla cooperazione ed al coordinamento
tra giurisdizioni diverse, senza cercare di raggiungere il più ambizioso obiettivo di
uniformare la legislazione in materia d’insolvenza degli Stati. Rispetta le differenze di
procedura tra i vari Stati. Secondo la Model Law la procedura transfrontaliera è quella in
cui il debitore insolvente ha beni in più di uno Stato ovvero in cui almeno parte dei
creditori ed il debitore non appartengono al medesimo Stato in cui la procedura sta
avendo luogo.
L’assistenza e cooperazione danno anzitutto ai rappresentanti delle procedure
straniere ed ai creditori il diritto di accedere alla Corte del Paese in cui si chiede il
riconoscimento. In secondo luogo la Model Law prevede procedure semplificate per il
riconoscimento delle procedure straniere allo scopo di ridurre i tempi processuali ed
assicurare la certezza del diritto. Il procedimento straniero può essere riconosciuto sia
come procedura principale sia come procedura secondaria secondo lo stesso criterio,
fondato sul COMI, adottato dal Regolamento 1346/2000 dell’Unione Europea. Si tratta
di una circostanza di fondamentale importanza perché la giurisprudenza dei giudici
europei e della Corte di Giustizia in materia di COM I ha potuto essere utilizzata anche
dai giudici dei Paesi che hanno recepito la Model Law, tra i quali gli Stati Uniti. Il
riconoscimento della procedura straniera produce numerosi effetti, primo tra tutti il
relief, vale a dire la protezione contro le azioni esecutive e giudiziarie promosse dai
creditori. La disciplina del relief non è né quella dello Stato straniero in cui è stata
aperta la procedura di cui si chiede il riconoscimento né quella dello Stato in cui si
chiede il riconoscimento. Elementi chiave sono la possibilità di concedere protezione
(interim relief) nella fase preliminare di ammissione alla procedura, a discrezione del
giudice, e la protezione automatica (automatic stay) dopo il riconoscimento del
procedimento straniero. A discrezione del giudice il relief può essere accordato tanto
alla procedura principale straniera che a quella secondaria.
La Model Law è stata recepita da Australia, Canada, Cile, Colombia, Grecia,
Giappone, M auritius, M essico, M ontenegro, Nuova Zelanda, Polonia, Corea, Romania,
Serbia, Slovenia, Sud Africa, U ganda, Regno Unito, Stati Uniti. L’Italia non ha ancora
provveduto.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
24
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
Oltre alla Model Law l’Uncitral 38 ha emanato a tutt’oggi la Practice Guide on
Cross Border Insolvency Cooperation (2009), la Legislative Guide on Insolvency (2004)
che dovrebbe guidare i Paesi aderenti all’Onu nell’emanazione di una disciplina
legislativa in materia d’insolvenza. Così non è stato quando l’Italia ha riformato la sua
legislazione. Le proposte essenziali della Insolvency Guide riguardano la previsione di
criteri standardizzati in ordine all’apertura della procedura, alla sospensione delle azioni
esecutive per proteggere i beni del debitore anche dalle azioni dei creditori privilegiati,
ai criteri per l’erogazione di finanza nuova per la ristrutturazione, alle modalità di
partecipazione dei creditori, alla previsione di un procedimento rapido di
ristrutturazione, all’introduzione di criteri semplificati per l’insinuazione e l’ammissione
dei crediti, alla possibilità di convertire il procedimento di riorganizzazione in
liquidazione in caso d’insuccesso della prima, oltre a chiare regole per l’esdebitazione e
la chiusura della procedura.
Nel 2010 la Legislative Guide è stata integrata con una Parte terza, che riguarda
il trattamento dei gruppi di imprese in caso d’insolvenza, e nel 2013 con una parte
quarta che ha ad oggetto la responsabilità degli amministratori di società in caso
d’insolvenza. Va sottolineato che per quanto concerne l’insolvenza dei gruppi
l’orientamento prevalente è stato quello di far perno su principi di collaborazione e
coordinamento tra le procedure relative alle diverse società, senza prevedere criteri
vincolanti relativi all’accertamento della competenza del giudice di uno specifico Paese
per le ragioni che già si sono esposte con riguardo alla revisione del Regolamento
1346/2000. Per quanto concerne invece gli amministratori di società le norme proposte
si riferiscono alla responsabilità degli amministratori prescindendo dalla disciplina
societaria del Paese che intende recepire le proposte dell’Uncitral, concependo quindi i
doveri degli amministratori di società in caso d’insolvenza come norme proprie del
diritto dell’insolvenza. E’ previsto che tali norme divengano applicabili soltanto dopo
l’apertura della procedura d’insolvenza. Lo scopo è di proteggere i legittimi interessi dei
creditori e degli altri stakeholders e di incentivare azioni tempestive per ridurre al
minimo gli effetti del dissesto finanziario, massimizzando il valore dell’impresa in
funzionamento.
5. La Raccoman dazione 12 marzo 2014 della Commissione europea.
Si è visto che la disciplina internazionale sia a livello comunitario che di Model
Law elaborata dall’Uncitral si è concentrata sulla previsione di regole di diritto
internazionale privato per regolare la competenza e la legge applicabile alle insolvenze
transfrontaliere. La possibilità di trasferire il centro degli interessi principali
dell’impresa da un Paese all’altro incide sulla concorrenza tra ordinamenti in materia. In
38
I documenti cui si fa riferimento nel testo sono consultabili sul sito dell’Uncitral, facendo
riferimento al Working Group V, che è quello che si occupa della materia dell’insolvenza.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
25
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
Europa questo fenomeno ha dato luogo ad episodi frequenti di forum shopping
soprattutto a favore del Regno Unito.
Il 12 marzo 2014 la Commissione europea ha approvato una Raccomandazione 39
diretta ad assicurare l’introduzione da parte degli Stati membri entro un anno di una
disciplina uniforme in materia di insolvenza. La raccomandazione non ha più ad oggetto
la creazione di una cornice comune relativa a regole di diritto internazionale privato, ma
di vere e proprie norme sostanziali fondate su principi comuni.
Il primo considerando della Raccomandazione indica come finalità “garantire
alle imprese sane in difficoltà finanziaria, ovunque siano stabilite nell’Unione,
l’accesso a un quadro nazionale in materia di insolvenza che permetta loro di
ristrutturarsi in una fase precoce in modo da evitare l’insolvenza, massimizzandone
pertanto il valore totale per creditori, dipendenti, proprietari e per l’economia in
generale”. Un secondo obiettivo è di assicurare “una seconda opportunità in tutta
l’Unione agli imprenditori onesti che falliscono”.
Il primo obiettivo risente all’evidenza del dibattito che si è sviluppato a livello
internazionale negli scorsi anni su quelli che debbono essere gli obiettivi di una
procedura di ristrutturazione. E’ significativo che la massimizzazione del valore
dell’impresa nell’interesse dei creditori sia visto come l’obiettivo principale. Si tratta del
resto di un obiettivo che è condiviso anche dalla nostra legislazione, come si evince
chiaramente dai lavori preparatori della Riforma del 2005-06. Va però osservato che tra
gli stakeholders non figurano soltanto i creditori, ma anche i dipendenti e gli stessi
proprietari, oltre che l’economia in generale. E’ aperta quindi la strada alla tutela dei
posti di lavoro, che può andare a danno dei creditori, perché consente di proseguire
l’attività a scapito dei loro interessi. Ed è possibile, sulla base dei valori indicati dalla
Raccomandazione, che la ristrutturazione sia attuata anche nell’interesse degli azionisti
e pubblico. L’insolvenza non ha quindi una dimensione soltanto privatistica.
Nel quarto Considerando la Commissione osserva che “La disparità tra i quadri
nazionali in materia di ristrutturazione e la diversità delle norme nazionali che danno
una seconda opportunità agli imprenditori onesti sono causa di costi aggiuntivi e fonte
di incertezza nella valutazione dei rischi connessi agli investimenti in un altro Stato
membro; frammentano le condizioni di accesso al credito e danno luogo a tassi di
recupero del credito diversi; impediscono ai gruppi transfrontalieri di imprese di
elaborare e adottare piani di ristrutturazione coerenti. Più in generale, possono
costituire un disincentivo per le imprese che intendono stabilirsi in Stati membri
diversi”.
39
Il testo della Raccomandazione è facilmente reperibile sul sito della Commissione. Per un
primo commento si veda G. LO CASCIO , Il rischio d’insolvenza: le nuove frontiere europee, in
Fallimento, 2014, 733 e ss.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
26
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
La Commissione ritiene che sia necessario assicurare che l’intervento di
ristrutturazione avvenga in una fase precoce anche se per “evitare potenziali rischi di
abuso della procedura, è necessario che le difficoltà finanziarie del debitore
comportino con tutta probabilità l’insolvenza del debitore e che il piano di
ristrutturazione sia tale da impedire l’insolvenza e garantire la redditività
dell’impresa”. E’ una chiara indicazione che la ristrutturazione non va tentata ad ogni
costo e che non deve costituire un alibi per abusare sostanzialmente delle regole di
favore connesse all’ingresso in procedura. M a è anche evidente che la Commissione
chiede che vi siano procedure dirette a favorire la ristrutturazione prima che
l’insolvenza divenga irreversibile.
Si chiede inoltre di prevedere procedure flessibili, in cui l’intervento del giudice
sia limitato ai casi in cui è necessario e proporzionato per tutelare gli interessi dei
creditori e terzi eventuali. E’ una chiara indicazione che va in senso contrario alla
tendenza del nostro legislatore e della giurisprudenza ad affermare un onnipresente
controllo del giudice. Va però subito aggiunto che la Raccomandazione considera
necessaria l’omologazione giudiziaria del piano di ristrutturazione a tutela dei diritti dei
creditori, chiarendo al par. 6 (d) che l’omologazione è richiesta perché il piano di
ristrutturazione approvato dalla maggioranza dei creditori sia vincolante anche per i
dissenzienti. Deve esservi un adeguato bilanciamento del diritto di libertà d’impresa e
della tutela del diritto di proprietà garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione Europea. Il diritto di credito è dunque tutelato come espressione del diritto
di proprietà ed è conseguentemente costituzionalmente garantito a livello comunitario
(19° Considerando). Ancora si aggiunge che i nuovi finanziamenti necessari per la
ristrutturazione non debbono essere colpiti da azioni revocatorie o di nullità quali atti
pregiudizievoli per la massa dei creditori. Lo stesso principio riguarda la responsabilità
civile e penale di chi eroga finanza nuova (par. 27-29). Si deroga in caso di frode.
La Raccomandazione ai par. 8-9 stabilisce – e si tratta indubbiamente di una
precisazione importante – che il debitore deve poter avviare il processo di
ristrutturazione senza richiedere obbligatoriamente l’intervento del giudice. La nomina
di un mediatore o di un supervisore non deve essere obbligatoria, ma va rimessa alla
decisione del giudice, caso per caso, quando sia necessaria per condurre a buon fine i
negoziati tra debitore e creditori nel caso del mediatore, e per vigilare sull’attività del
debitore e dei creditori nel caso del supervisore. Va sottolineato che, a differenza
dell’esperienza di molti Paesi tra cui la Francia, la nostra legislazione non prevede
l’intervento del mediatore che sarebbe utilissimo e che il commissario giudiziale nel
concordato vigila soltanto sull’operato del debitore e non sui creditori, come sarebbe
opportuno nel caso di operazioni con parti correlate e di atti che vadano a detrimento
della massa.
I diritti dei creditori dissenzienti non possono essere compressi in misura tale da
assicurare loro meno di quanto otterrebbero senza il piano di ristrutturazione.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
27
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
L’automatic stay è previsto, ma esso non dovrebbe avere, inizialmente, una
durata superiore a quattro mesi per bilanciare i diritti del debitore con quelli dei creditori
(18° Considerando). Si tratta di un’indicazione chiara che dovrebbe essere tenuta
presente per chi ritiene che nel concordato in bianco la possibilità che il giudice conceda
la sospensione delle azioni esecutive senza che vi sia il piano per 120 giorni, sia una
lesione eccessiva dei diritti dei creditori. Il par. 13 precisa che la durata della
sospensione dovrebbe essere in funzione della complessità delle misure di
ristrutturazione previste. La proroga è ammissibile sino ad un anno purché siano
dimostrati i progressi dei negoziati sul piano di ristrutturazione. Se previsto dal diritto
nazionale (par. 12) la sospensione dovrebbe comportare anche la sospensione
dell’obbligo di presentare istanza di fallimento e delle istanze di fallimento dei creditori.
La sospensione dovrebbe essere revocata quando non più necessaria per facilitare
l’adozione del piano di ristrutturazione (par. 14).
In ordine all’approvazione del piano, i paragrafi da 16 a 20 prevedono regole
importanti ed in parte innovative per il nostro Paese. Sono chiamati a votare sia i
creditori chirografari che quelli privilegiati, previsione questa che assume particolare
rilievo in Italia nel momento in cui non è più vero che i creditori privilegiati non siano
pregiudicati dal piano, quantomeno in ordine al tempo del pagamento dei loro crediti. Si
prevede la formazione di classi in funzione degli interessi di cui i creditori sono titolari.
L’approvazione dovrebbe avvenire a maggioranza in ciascuna classe, salvo il potere del
giudice di approvare il piano sostenuto dalla maggioranza delle classi, se esse sono più
di due. Sarà consentito prevedere che i creditori non coinvolti dal piano non votino.
Il piano che abbia ripercussioni sugli interessi dei creditori dissenzienti o che
preveda finanza nuova, la cui erogazione incide sull’attivo distribuibile ai creditori,
deve essere approvato dal giudice. Il giudice deve poter respingere “il piano di
ristrutturazione che manifestamente non ha nessuna prospettiva di impedire
l’insolvenza del debitore né di garantire la redditività dell’impresa, ad esempio perché
non prevede i nuovi finanziamenti necessari per proseguire le attività” ( par. 23).
Al di fuori del caso di approvazione del piano all’unanimità, esso sarà vincolante
“per il singolo creditore interessato ed identificato dal piano”. Questa regola produrrà
effetti rilevanti nella redazione del piano perché oggi si parte dal presupposto che esso
sia comunque vincolante per tutti i creditori anteriori, lasciando a successive
controversie l’accertamento di crediti contestati o neppure denunciati.
La Commissione afferma infine (20° Considerando) che “Gli effetti del
fallimento, in particolare la stigmatizzazione sociale, le conseguenze giuridiche e
l’incapacità di far fronte ai propri debiti sono un forte deterrente per gli imprenditori
che intendono avviare un’attività o ottenere una seconda opportunità, anche se è
dimostrato che gli imprenditori dichiarati falliti hanno maggiori probabilità di avere
successo la seconda volta. È opportuno pertanto adoperarsi per ridurre gli effetti
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
28
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
negativi del fallimento sugli imprenditori, prevedendo la completa liberazione dai debiti
dopo un lasso di tempo massimo”.
Per quanto questa previsione sia limitata agli imprenditori, il §. 36 della
Raccomandazione annuncia che la Commissione valuterà l’interazione di quanto
previsto con le procedure d’insolvenza in altri settori, ivi compresi i “termini di
riabilitazione delle persone fisiche che non esercitano un’attività commerciale,
industriale, artigianale o professionale”.
Il termine massimo per l’esdebitazione viene indicato in tre anni ( par. 30) con
decorrenza dalla data di apertura della procedura di liquidazione o dalla data di
attuazione di un piano di rientro dall’esposizione debitoria. L’esdebitazione dovrebbe
essere automatica con effetto dalla scadenza del termine senza necessità di ricorrere al
giudice. All’imprenditore può essere consentito di conservare alcune attività a garanzia
del sostentamento suo e della famiglia (par. 32 lett. c). L’esdebitazione dopo la scadenza
del termine non si applica in caso di frode o nel caso in cui l’imprenditore non abbia
aderito alle soluzioni di composizione della crisi.
La Raccomandazione non è un atto vincolante per gli Stati membri, ma va
sottolineato che la Commissione ha previsto di valutarne l’effetto dopo 18 mesi dalla
sua adozione ed eventualmente di proporre altre misure, evidentemente più stringenti.
Ci si può domandare se la Raccomandazione corrisponda agli standard
internazionali in materia d’insolvenza di cui abbiamo in precedenza trattato. Si può
ritenere che in linea di massima il complesso delle disposizioni dirette ad assicurare un
rapido ingresso in procedura ai fini della ristrutturazione, l’intervento del mediatore e
del supervisore, il bilanciamento tra gli interessi del debitore e quelli dei creditori,
l’intervento del giudice in sede di omologazione del piano quando esso non sia
approvato all’unanimità, la tutela dei creditori dissenzienti, le garanzie per gli atti di
erogazione di finanza nuova corrispondano a regole normalmente accettate a livello
internazionale, ampiamente basate sul modello che, come si è detto, dall’esperienza
americana è divenuto ormai un’acquisizione generalizzata.
Altrettanto può dirsi per l’esdebitazione rapida, fondata sul decorso di un
termine senza ulteriori interventi da parte del giudice, salvo il caso di frode.
Possiamo ritenere che la disciplina italiana sia sostanzialmente in linea con la
maggior parte delle indicazioni che vengono dalla Commissione per quanto concerne la
procedura di ristrutturazione. I piani attestati non sono una vera procedura e si fondano
sul consenso dei creditori aderenti, comportando soltanto eccezioni alla disciplina della
revocatoria e della responsabilità penale, fatti salvi i casi di frode vera e propria. Non
rientrano quindi in linea di massima nella previsione della Raccomandazione, ma
neppure confliggono perché i creditori estranei non sono pregiudicati.
Anche i piani attestati non sono in conflitto con la Raccomandazione perché il
par. 20 prevede che il piano di ristrutturazione possa essere adottato soltanto da alcuni
creditori o classi di creditori se gli altri creditori non sono coinvolti ed il par. 21 in
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
questo caso non richiede l’omologazione da parte del giudice. Vero è però che in Italia
il regime dei piani di ristrutturazione incide anche sui creditori estranei per quanto
concerne l’automatic stay ed i tempi di soddisfazione dei loro crediti. Per questa parte la
disciplina dei piani attestati può entrare in contrasto con i principi della
Raccomandazione.
Il concordato preventivo fondamentalmente è regolato secondo norme e principi
che non contrastano con la Raccomandazione. Ciò non significa peraltro che non
possano essere introdotte modifiche che armonizzino maggiormente la nostra procedura
con le regole previste dalla Raccomandazione. L’intervento del giudice è previsto per
l’approvazione del piano qualora vi siano creditori dissenzienti. Si auspica che le forme
siano il più possibile libere e che vi siano fasi anche extragiudiziali. Ne deriva che
l’attuale disciplina del concordato potrebbe essere alleggerita, sia prevedendo che la
votazione non avvenga nelle aule giudiziarie, sia rimuovendo gli eccessivi e pesanti
controlli giudiziali che esulano dall’approvazione del piano e degli atti di straordinaria
amministrazione. Va invece sottolineato che il rischio di abuso della procedura, quando
non vi sono le condizioni per avvalersene, è sottolineato anche dalla Commissione e
che, sotto questo profilo, gli interventi di controllo del giudice sono perfettamente in
linea con la Raccomandazione.
M anca invece del tutto la previsione di una mediazione affidata ad un soggetto
nominato dal giudice che potrebbe produrre risultati positivi. Presente nell’esperienza
francese la mediazione ha oggi un autorevole riconoscimento di carattere internazionale.
Il criterio secondo il quale sono chiamati a votare i creditori secondo la
Raccomandazione differisce sensibilmente dalla disciplina oggi in vigore. La possibilità
che anche i creditori privilegiati siano chiamati a votare, se pregiudicati dal piano; la
suddivisione obbligatoria dei creditori in classi; il principio per cui il dissenso della
minoranza delle classi può essere superato dal giudice con il cram down sono tutti
elementi che o sono del tutto assenti o comunque sono regolati in termini diversi da
quelli esistenti nel nostro Paese. Non mi pare però che queste divergenze abbiano
importanza fondamentale. Come si è visto, la tendenza a cercare di trasferire il COM I in
Inghilterra non è stata ostacolata dalle maggioranze più elevate previste dalla legge
inglese a fronte di vantaggi su altri fronti.
Dove sicuramente la nostra legislazione è gravemente carente e deve adeguarsi
alle diverse regole previste dalla Raccomandazione è nella disciplina dell’esdebitazione.
Si è già visto che i tempi dell’esdebitazione e il suo carattere non automatico sono molto
lontani dalle indicazioni della Commissione. Qui certamente vi è il rischio che la
concorrenza tra ordinamenti vada a danno del nostro Paese, anche se pare improbabile
che vi possa essere una fuga dall’Italia per beneficiare delle più favorevoli regole di altri
ordinamenti di soggetti che nella massima parte hanno limitate possibilità economiche.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
30
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
Possiamo dunque concludere che con questa ultima importante eccezione per il
resto la disciplina dell’insolvenza in Italia corrisponde agli standard internazionali?
Rispondere di si sarebbe eccessivo. Si è già detto che nella pratica vi è un accesso
tardivo alle procedure, che compromette le possibilità di successo, ed anche un uso
strumentale delle stesse per evitare la dichiarazione di insolvenza e la liquidazione
fallimentare. La stessa realtà delle imprese italiane, tutte di piccole dimensioni ed a
controllo familiare, rende difficile la ristrutturazione che comporta non soltanto
l’emersione anticipata della crisi, ma anche la disponibilità di dimensioni d’impresa e di
mezzi che rendano credibile il tentativo di ristrutturazione, in ragione dei costi, sempre
elevati.
Per altro verso il controllo giudiziale certamente rigoroso e minuzioso, attuato
sovente con un rigore che è conseguenza diretta del tentativo di accesso indiscriminato e
tardivo alle procedure, genera incertezza perché il consenso dei creditori non è
sufficiente, occorrendo anche convincere il tribunale, che si muove secondo logiche che
sono almeno in parte diverse. Si tratta di una situazione che se è perfettamente
comprensibile ove si tenga conto della situazione di fatto da cui essa deriva, certamente
non favorisce la certezza del diritto e la rapidità delle soluzioni. La responsabilità non è
soltanto degli imprenditori e dei giudici, perché occorre aggiungere un corpo di curatori
e commissari giudiziali che sovente non hanno una cultura imprenditoriale e
preferiscono soluzioni tecnicamente corrette, contrarie al salvataggio dell’impresa, che
non li espongono a rischi. Inoltre il sistema bancario raramente è disponibile ad erogare
credito ove non abbia già una rilevante esposizione a cui porre in qualche modo
rimedio. I tempi di risposta e di decisione delle banche sono frequentemente
incompatibili con una rapida gestione della crisi con la conseguenza che i tempi della
procedura raramente sono brevi. La mancanza di una disciplina dell’insolvenza di
gruppo accentua i difetti di cui si è detto. Per le grandi imprese, definite tali secondo
parametri che corrispondono in realtà ad imprese medie, si applicano le diverse regole
dell’amministrazione straordinaria, la cui gestione è sovente burocratica e lenta e dove
quasi sempre le risorse vengono consumate nella prosecuzione dell’attività oltre i limiti
del ragionevole.
Non sorprende quindi che l’Italia conosca pochi casi di procedure
transfrontaliere. Ciò dipende oltre che dalla debolezza intrinseca della nostra economia,
da questo insieme di fattori che fa sì che ove si debba aprire una procedura di crisi si
cerchi, talvolta su consiglio degli stessi professionisti italiani, di aprirla in un altro
Paese. Si tratta di un deficit che non nasce tanto dalle norme, ma dallo spirito con cui
esse sono applicate e dalla cultura d’impresa che qui come in altri settori è carente.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
31
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
ANALISI ECONOMICA E PROCEDURE
DI GARA PER L’AFFIDAMENTO DI
CONTRATTI PUBBLICI, ALLA LUCE
DELLE NUOVE DIRETTIVE EUROPEE
L’Autore, esaurita una premessa in tema di diritto ed economia, si sofferma sulle
implicazioni del teorema di Vickrey, sulla contrattazione incompleta e asimmetrie
informative post-contrattuali e sulle nuove direttive europee in materia di appalti
pubblici e concessioni.
di MAURIZIO CAFAGNO
1. Una premessa su diritto ed economia
Penso che la pretesa di affrontare l’argomento generale dei rapporti tra diritto ed
economia, nell’esiguo spazio concesso dal preambolo di un intervento mirato sui
contratti pubblici, sarebbe fuori luogo, oltre che velleitaria.
In un’introduzione che può giusto ambire alla preliminare enunciazione di un
punto di vista, senza illudersi di porgere persuasive dimostrazioni, credo sia giusto
ricordare che l’etichetta “analisi economica del diritto” raccoglie oggi correnti di
pensiero molto diverse.
Il mio personale convincimento è che non sia affatto necessario condividere
1
l’ideologia della c.d. scuola di Chicago per apprezzare l’utilità del ricorso alla teoria
economica, nella trattazione dei problemi giuridici 2.
1
Le obiezioni cui si espongono gli assunti di fatto ed i giudizi di valore sui quali poggia questa
linea di pensiero sono abbastanza note da non sconsigliare chiose; basti un rinvio, in proposito,
a P. T RIMARCHI, L’analisi economica del diritto. Tendenze e prospettive, Quadrimestre, 1987,
p. 563 ss.; F. DENOZZA , Norme efficienti, Giuffrè, 2002, p. 116 ss.; si vedano ancora E.
KRECKÈ (2003), Economic analysis and legal pragmatism, International Review of Law and
Economics, Vol. 23, Issue 4, , p. 421-437; F. MERUSI, Analisi economica del diritto e diritto
amministrativo, in Dir. Amm., 3/2007, p. 434; G. MINDA , Teorie postmoderne del diritto, Il
Mulino, 2001, p. 167; ELI M SALZBERGER, The Economic Analysis of Law – The Dominant
Methodology for Legal Research ?!, University of Haifa Faculty of Law Legal Studies
Research, Paper No. 1044382, 2007, p. 27 in part.; il lavoro è al momento consultabile online
all'indirizzo http://ssrn.com
2
Di fatto non mancano, tra gli studiosi di la w and economics, autori che muovono da premesse
ragionevoli, disconoscono all’economia un ruolo prescrittivo, negano la supremazia del criterio
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
32
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
Penso possa bastare molto meno, credo sia sufficiente la disponibilità a
valorizzare il metodo interpretativo basato sullo studio delle conseguenze 3.
L’ottica conseguenzialista imprime al lavoro ermeneutico una valenza pratica, di
partecipazione al processo di orientamento delle condotte e dei sottostanti incentivi, che
porta a vagliare le norme come ipotesi predittive.
Ritengo che l’armamentario teoretico della microeconomia possa offrire
all’interprete – non sempre e di principio, bensì in concreto e secondo la natura dei
problemi – strumenti utili ad affinare la capacità di anticipare le plausibili risposte dei
consociati al vincolo legale.
Il contributo della riflessione economica può talvolta aiutare a capire quale
soluzione - tra quelle alternativatemente ammesse dall’analisi sistematica e letterale
delle norme - sia la più adatta al raggiungimento del fine politico perseguito
dall’ordinamento (qualunque esso sia, vicino o lontano dall’efficienza).
Questo appello per certi aspetti minimalista e locale al contributo dell’economia
confida in altri termini di trovare un aiuto a misurare il grado di congruenza tra obiettivi
perseguiti dalla legge e reazioni che essa (o un certo modo di intenderla) promette di
4
innescare nel gruppo sociale .
L’impostazione che questo breve preambolo lascia trasparire se da un lato è ben
lungi dal ridurre il ragionamento legale a parodia di quello economico, è al contempo
dell'efficienza, accordano il giusto peso ad istanze di equità distributiva e giustizia. Scontato il
rinvio a G. CALABRESI, Costo degli incidenti e responsabilità civile, Giuffré (trad. it.), Giuffrè,
1975; G. CALABRESI, A.D. MELAMED, Property rules, liability rules and inalienability: one
view of the cathedral, in Harvard Law Review, Vol. 85, 1972, p.1089 ss; F. DENOZZA , Norme
efficienti, cit., F. T RIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, Giuffrè, 1961; ID., Tendenze e
prospettive, ult. cit.; G.L. P RIEST, The Modern Expansion of Tort Liability: Its Sources, Its
Effects, and Its Reform, in Journal of Econ. Perspectives, 1991 (5), pp. 31 ss.; S. ULEN, Law
and Economics: Settled. Issues and Open Questions, in AA. VV., Law and Economics, a cura di
N. MERCURO , 1998, p. 210 in part.; per un’analisi critica delle possibilità applicative del metodo
nel diritto pubblico, S. CASSESE , Il sorriso del gatto, ovvero dei metodi nello studio del diritto
pubblico, in Riv. trim. dir. pubbl., 2006, p. 597; F. MERUSI, Analisi economica del diritto e
diritto amministrativo, cit.; G. NAPOLITANO, M. ABRESCIA , Analisi economica del diritto
pubblico. Teorie, applicazioni e limiti, Il Mulino, 2009; E. P ICOZZA , Prefazione a AA.VV,
Diritto dell'economia, Giappichelli, a cura di E. P ICOZZA , V. RICCIUTO , 2013; apprfondimenti e
ulteriori riferimenti bibliografici in AA.VV., Analisi economica del diritto, a cura di G. ALPA ,
P.L. CHIASSONI, A. PERICU , F. PULITINI, S. RODOTÀ, F. ROMANI, Giuffrè 1997; M.
CASAVECCHIA , Brevi cenni sull'ordinamento giuridico inteso come un insieme strutturato di
norme giuridiche, parte I, Il nuovo diritto delle Società, 2013, vol. 11, fasc. 3, p. 9 ss.
3
Cfr. L. MENGONI, Ermeneutica e dogmatica giuridica, Giuffrè, 1996
4
S. E. LANDSBURG, L'economista in pantofole, Milano 1995, p. 12, osserva efficacemente che
“ la maggior parte della teoria economica può essere ridotta a cinque parole: Gli individui
rispondono agli incentivi. T utto il resto si riduce a un commento”.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
restia a considerare l’ordinamento giuridico come un sistema di concetti e di formule
conchiuso e autosufficiente e di certo rifiuta quella visione formalistica del diritto che di
fatto tende a pretermettere - quasi si trattasse di questione metagiuridica – ogni verifica
di consonanza tra risultati effettivi, documentati dall’esperienza, e valori o pretese
ideali.
M i permetto di notare – per inciso – che sebbene la possibilità e la potenziale
5
utilità del ricorso all’analisi conseguenzialista siano date per assodate, nella teoria , le
cose vanno abbastanza diversamente, nella pratica.
La prosaica lettura delle norme di settore, nelle aule giudiziarie o nelle
elaborazioni dottrinali, di fatto concede all’approccio orientato alle conseguenze uno
spazio abbastanza modesto.
M algrado s’intraveda spesso, dietro l’argomentazione formale o l’analisi
testuale, l’ansia di affermare soluzioni avvertite come giuste, o comunque ritenute
portatrici di effetti desiderabili, l’analisi comparata delle conseguenze associabili alle
opzioni interpretative concorrenti raramente varca la soglia dell’approssimazione
istintiva o, addirittura, del sottinteso e dell’inespresso.
Accade abbastanza di rado che l’operatore giuridico si spinga a verificare la
tenuta delle soluzioni caldeggiate, al banco dei fatti.
Probabilmente tutto ciò dipende anche dal background culturale del giurista, che
per tradizione non comprende gli strumenti concettuali necessari allo sviluppo di
approfondite analisi conseguenzialiste.
Basti considerare - a titolo illustrativo della necessità e della difficoltà di
attrezzarsi – quali notevoli sorprese la teoria dei giochi sappia riservare ai non addetti ai
lavori, mostrando quanto di frequente la combinazione di azioni e strategie individuali
prevedibili, del tutto razionali, approdi a equilibri collettivi e ad esiti sociali inattesi,
assolutamente contriointuitivi.
Il tipo di analisi economica che trovo persuasiva non pretende in definitiva di
fornire al giurista una chiave di lettura globale delle norme, una teoria fondativa
6
dell’ordinamento .
Piuttosto, si offre all’interpete come uno strumento tra gli altri, da riporre in una
composita cassetta degli attrezzi.
5
Semmai ricorre la sottolineatura dei rischi connaturati ad un uso non adeguatamente
sorvegliato del metodo; si veda L. MENGONI, ult. cit., p. 101 ss., a proposito dei vincoli cui
soggiace l’interprete, quanto alla selezione delle conseguenze rilevanti e quanto alla cernita
delle prospettive di valutazione delle conseguenze selezionate.
6
G. MINDA , Teorie postmoderne del diritto, cit., p. 141 ss., ritiene di poter situare l’analisi
economica del diritto tra le teorie giuridiche postmoderne; critico, sul punto, M. BARCELLONA ,
Critica del nichilismo giuridico, Giappichelli, 2006, p. 190, con riferimenti bibliografici a
supporto in n. 51.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
34
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
G. Israel, in un recente volume dedicato alla modellizzazione matematica, ha
espresso il convincimento che “la scienza non pretende più di scoprire l’essenza intima
dei fenomeni (….) non vuol essere uno specchio dei fenomeni”; piuttosto “si limita a
fornire delle immagini – i modelli – che vanno valutate soltanto sulla base di criteri di
efficacia, ovvero rispetto al fatto che ‘funzionino’ più o meno bene, e quindi permettano
di prevedere certi effetti o almeno di farsi certe idee qualitative e s ia pure parziali dei
7
fatti. Non importa quanto vere, purchè utili ” .
In questo spirito, penso l’abbandono delle visioni oltranziste dell’analisi
economica del diritto, a favore di concezioni più misurate, valga a dissipare l’illusoria
presunzione che uno studio per così dire scientifico dell’ordinamento giuridico 8 possa
fungere da preludio ad un governo scientifico dell’ordinamento, per sua natura simile
più ad un lussureggiante ecosistema, che ad un complicato congegno meccanico,
progettato o progettabile a tavolino 9.
Chiarito in sintesi il mio punto di vista sui rapporti tra studio del diritto e studio
dell’economia, passo rapidamente a declinarlo nello svolgimento del tema che mi è
stato assegnato.
7
G. I SRAEL , Modelli matematici. Introduzione alla matematica applicata, Muzzio, 2009, p. 122;
il brano riecheggia la citazione di Von Neumann con cui il libro esordisce, a p. 7: “ le scienze
non cercano di spiegare, a malapena tentano di interpretare, ma fanno soprattutto dei modelli.
Per modello s’intende un costrutto logico che, con l’aggiunta di certe interpretazioni verbali,
descrive dei fenomeni osservati. La giustificazione di un siffatto costrutto è soltanto e
precisamente che ci si aspetta che funzioni (….). Inoltre esso deve soddisfare certi criteri
estetici – cioè, in relazione con la quantità di descrizione che fornisce, deve essere piuttosto
semplice”.
8
Sulla c ui possibilità e auspicabilità, in una prospettiva consentanea agli studi di analisi
economica del diritto, T. S. ULEN , A Nobel Prize in Legal Science: Theory, Empirical Work,
and the Scientific Method in the Study of Law, University of Illinois Law Review, Vol. 2002, No.
4,
al
momento
visionabile
al
seguente
indirizzo:
http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=419823
9
Vale peraltro la pena di notare che l’evoluzione del pensiero di R. Posner - forse il più
autorevole e celebrato esponente della fazione più intransigente e radicale, nel propugnare
l’egemonia degli obiettivi di efficienza economica - lascia trapelare i sintomi di una
trasformazione della metodologia in senso anti-fondazionalista, scettico sulla razionalità
dell’ordinamento, pragmatico nel proporre espedienti e rimedi, secondo alcuni post-moderno. Si
leggano R. POSNER, The Problems of Jurisprudence, Harvard University Press, 1993; ID,
Overcoming Law, Harvard University Press, 1996; a commento, E. KRECKÈ, Economic analysis
and legal pragmatism, cit.; D. T . OSTAS (1998), Postmodern Economic Analysis of Law:
Extending the pragmatic cisions of R. A. Posner, American Business Law Journal, vol. 36, p.
193 – 220; G. ZACCARIA , Una teoria di pragmatismo prescrittivo. Sulla jurisprudence di
Richard A. Posner, in Diritto privato, 1995, p. 451 ss..
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
35
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
2. Analisi funzionale
Nel seguito dello scritto10 mi prefiggo di attingere alla teoria economica in
materia di aste e contrattazione incompleta per sottoporre a vaglio critico l’assunto diffusosi nel nostro ordinamento in nome delle pressanti esigenze di prevenzione dei
fenomeni di corruttela - secondo cui, a fronte di un’eventuale evasività o duttilità del
diritto comunitario in materia di procedure di scelta del contraente privato, sarebbe
scorretto un recepimento che pretendesse di allentare i vincoli concorsuali, ma sarebbe
legittimo o addirittura auspicabile un recepimento atto a moltiplicare o ad aggravare
11
questi vincoli .
La linea di pensiero ha avuto manifestazioni eclatanti nel passato – facile il
rimando all’abrogata legge M erloni - ma ritengo sia ancora viva, alimentata dalla
propensione al sospetto nei confronti della discrezionalità amministrativa.
Vorrei nel seguito mostrare che questo approccio è discutibile in punto di
principio (par. 3 e 4) e di fatto smentito dalla recente disciplina europea (par. 5)
Una prima esemplificativa riprova del fatto che esso comunque persiste e
sopravvive, è desumibile dalla pratica applicativa del dialogo competitivo.
E’ noto che l’istituto, ispirato a criteri di marcata flessibilità procedurale, ha
rappresentato una delle più ambiziose innovazioni della direttiva 17/2004/Ce, sui c.d.
settori classici12.
10
Che di qui in poi riprende M. CAFAGNO , La prevenzione della corruzione e i vincoli
procedurali: osservazioni critiche, in Atti del Convegno tenutosi presso l'Università degli studi
di T rento il 14 febbraio 2014, dal titolo Strumenti e buone pratiche per contrastare la
corruzione nel settore sanitario, al momento in corso di pubblicazione, per i tipi di Egea.
11
Per il tratteggio delle coordinate generali entro le quali si posiziona il ragionamento, con il
corredo di opportuni riferimenti bibliografici, si permetta il rinvio a M. CAFAGNO , Lo stato
banditore, Giuffrè, 2001; , passim e p. 251 ss.; ID, Gare Pubbliche, in Dizionario di diritto
amministrativo, a cura di S. Cassese, Giuffrè, 2006, p. 2651 ss.; ID., Responsabilità
amministrativa nascente dalla violazione delle norme di gara ed evoluzione della disciplina
dell’evidenza pubblica, in AA. VV., Negoziazioni pubbliche. Scritti su concessioni e
partenariati pubblico-privati, a cura di M. CAFAGNO, A. BOTTO , G. FIDONE , G. BOTTINO ,
Giuffrè, 2013, p. 249 ss.;
12
V. art. 29 della direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004, il cui considerando n. 31 enunciava
esplicitamente la necessità, per contratti complessi, di “prevedere una procedura flessibile che
salvaguardi sia la concorrenza tra operatori economici sia la necessità delle amministrazioni
aggiudicatrici di discutere con ciascun candidato tutti gli aspetti dell’appalto”.
In dottrina, tra i molti, R. DI P ACE , Le procedure di scelta del contraente ed i criteri di
aggiudicazione, in AA.VV., I contratti di appalto pubblico, a cura di C. FRANCHINI, Utet,
2010,p. 622 ss.; G. FIDONE, Dalla rigidità della legge merloni al recepimento del dialogo
competitivo : il difficile equilibrio tra rigore e discrezionalità, in Foro amm. TAR, 2007, 12, p.
3971 ss.; F. FRACCHIA , L. CARROZZA , Il difficile equilibrio tra flessibilità e concorrenza nel
dialogo competitivo disciplinato dalla Direttiva 2004/18/Ce, in www.giustamm.it; B.
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36
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
Ciononostante in Italia la normativa sul dialogo, per l’intero decennio
successivo, è praticamente rimasta lettera morta, vittima di ritrosie tanto legislative
quanto aministrative.
Per capacitarsene, può bastare una rapida consultazione della banca dati del
servizio TED (Tenders Electronic Daily) - versione online del Supplemento alla
13
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, per gli appalti pubblici .
Nel quadro di una recente verifica 14 il database, interrogato tramite le opportune
stringhe, ha consentito di appurare che, tra il 2009 e la fine del 2013, in Europa sono
stati nel complesso pubblicati circa 9.000 atti relativi a procedure di dialogo.
Circoscrivendo la ricerca ai bandi, è emerso che soltanto 47 di essi sono stati
pubblicati in Italia, contro - a titolo di emblematica comparazione - i 2000 della Francia
o i 1599 del Regno Unito.
Anno per anno, nel 2009 si contano in Italia 6 bandi, contro i 358 del Regno
Unito e i 389 della Francia; nel 2010 i bandi nazionali sono 7, contro 311 e 427
rispettivamente degli altri due Paesi; nel 2011 passiamo ad 11, contro 355 e 429; nel
2012 arriviamo a 14, contro 278 e 377; le proporzioni non cambiano significativamente,
nell’anno seguente.
L’esito di questa esplorazione un po’ manuale corrisponde nella sostanza
all’indicazione cui meno artigianalalmente approda uno studio acquisito nel 2011 dalla
Commissione Europea 15.
RAGANELLI, Il dialogo competitivo dalla direttiva 2004/18/CE al Codice dei contratti: verso
una maggiore flessibilità dei rapporti tra pubblico e privato, in Riv. it. dir. pubbl. comunitario
2009, 1, p. 127 ss.; M. RICCHI, Negoauction, discrezionalità, dialogo competitivo e il nuovo
promotore, in AA.VV. Le gare pubbliche. Il futuro di un modello, a cura di G. D. COMP ORTI,
Editoriale Scientifica, 2011, ; D. M. T RAINA , Verso il recepimento delle direttive sugli appalti
pubblici: il dialogo competitivo (e di alcuni problemi circa la competenza delle regioni), in Riv.
it. dir. pubbl. comunitario 2005, 6, 1967; G. URBANO , M. GIUSTINIANI, Procedure per la scelta
del contraente, in AA.VV., Commentario al codice dei contratti pubblici, a cura di M.
CLARICH , Giappichelli, 2010, p. 387 ss.
13
http://ted.europa.eu/TED/main/HomePage.do
14
Mi riferisco all’analisi condotta in M. CAFAGNO , Flessibilità e negoziazione. Riflessioni
sull'affidamento dei contratti complessi, in Rivista di diritto pubblico comunitario, 2013, p. 991
ss.; uno studio empirico precedente è offerta da P. CONIO , L. LEONE, Il dialogo competitivo: uno
strumento procedurale innovativo per gli appalti di servizi integrati, FMI - Facility
Management Italia n.8/2010, al momento visionabile al seguente indirizzo:
center.terotec.it/documenti/3077documento.pdf
15
PwC - London Economics - Ecorys, “Public procurement in Europe. Cost and Effectiviness”,
2011, p. 31, visionabile al seguente indirizzo:
http://ec.europa.eu/internal_market/publicprocurement/modernising_rules/evaluation/index_en.
htm
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
37
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
Restringendo l’indagine alle procedure esperite nel settore della sanità, con
l’inserimento dell’apposita voce nella maschera di ricerca TED, è affiorato che nel
periodo compreso tra il 2009 e la fine del 2013, le procedure di dialogo bandite in Italia
sono state 9, a fronte delle 446 nel Regno Unito e nelle 316 in Francia.
Su base annuale, riscontriamo 1 affidamento nel 2009 (a fronte di 66 e 71 negli
altri due paesi) 0 nel 2010, 3 nel 2011, 3 nel 2012, 2 nel 2013.
Analoga riprova è desumibile dal regime riservato alle concessioni
amministrative.
Nel 2000, con apposito documento interpretativo la Commissione Europea ha
chiarito che i procedimenti di affidamento delle concessioni - nel rispetto di alcuni
16
principi generali e come tali elastici - avrebbero tollerato malleabili modellizzazioni .
Quest’atteggiamento europeo di apertura nei riguardi della flessibilità degli
affidamenti concessori ha trovato una conferma perlomeno implicita nel silenzio serbato
dalle direttive del 2004 sugli appalti pubblici e, di recente, ha incontrato un avallo
esplicito nella Direttiva 2014/23/UE 17.
16
Cfr. Comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto
comunitario, pubblicata nella G.U.C.E. C 121 del 29 aprile 2000, il cui par. 3.2.1.2., in
particolare, dedicato a “ la scelta del tipo di procedura”, ha precisato: ”per quanto riguarda le
concessioni (…) il concedente è libero di scegliere la procedura più appropriata e, in particolare,
di esperire una procedura negoziata”. In linea, Parere del Comitato economico e sociale sul tema
Rafforzamento del diritto delle concessioni e dei contratti di partenariato pubblico-privato
(PPP), del 19 ottobre 2000, relatore Levaux, GUCE C 14 del 16 gennaio 2001, p. 91 ss.
Ancor più chiaramente la medesima Commissione nella comunicazione “sull'applicazione del
diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati
istituzionalizzati (PPPI)”, Bruxelles, 05.02.2008, C(2007)6661, il cui par. 2.3.2. ha affermato
che “ le amministrazioni aggiudicatrici possono sempre ricorrere alla procedura negoziata con
pubblicazione di un bando di gara per l'aggiudicazione di concessioni”.
17
Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sull’aggiudicazione
dei contratti di concessione, pubblicata nella G.U.U.E. L 94 del 28 marzo 2014; per un
commento, in dottrina, M. RICCHI, La nuova Direttiva comunitaria sulle concessioni e l’impatto
sul Codice dei contratti pubblici, in Urbanistica e appalti 7/2014, p. 741 ss.
Un’anticipazione di nicchia dell’atteggiamento di apertura nei riguardi della duttilità
procedimentale, nella specifica materia dei servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e
per ferrovia, si è avuta con l’art. 5 c. 3 del regolamento CE del Parlamento europeo e del
Consiglio del 23 ottobre 2007, n. 1370/2007.
Per un’analisi organica del mutamento di qua dro apportato dalle nuove norme europee in
materia di aggiudicazione dei contratti pubblici, muovendo dalle proposte poi confluite nella
direttiva 2014/24/UE, per i settori c.d. ordinari, e nella direttiva 2014/25/UE, sui settori c.d.
speciali, M. COZZIO , Prime considerazioni sulle proposte di direttive europee in tema di public
procurement, in AA.VV., Negoziazioni pubbliche, cit., p. 119 ss.; per la consultazione dei
materiali normativi e di una ricca e curata documentazione, illustrativa dei lavori preparatori e
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
Nondimeno, l’articolo 194 del vigente Codice sui contratti pubblici tutt’oggi
prescrive che, di default, le concessioni siano attribuite mediante procedura aperta o
procedura ristretta, vale a dire ricorrendo ai più consueti schemi meccanici 18.
La riluttanza italiana a impiegare gare flessibili 19 poggia su un modo di intendere
la funzione delle procedure selettive a mio giudizio discutibile.
E’ risaputo che, all’esito di una lenta evoluzione normativa, i vincoli di gara
hanno finito con l’incorporare due anime, nel nostro sistema: una più antica, ereditata
dalla vecchia disciplina contabile, e una pià recente, ispiratrice del diritto europeo20.
del dibattitto che ha scandito il tormentato processo di approvazione delle direttive, si acceda
all’Osservatorio di diritto comunitario e nazionale sugli appalti pubblici, Università di T rento, a
cura di Gian Antonio Benacchio e Michele Cozzio, al seguente indirizzo:
http://www.osservatorioappalti.unitn.it/
18
T rattasi di soluzione non nuova, nel diritto interno, ad esempio già sposata dall’art. 20
dell’abrogata legge quadro sugli appalti, 11 febbraio 1994 n. 109, o dall’art. 20 della Legge 5
gennaio 1994, n. 36, c.d. legge Galli, in materia di concessioni idriche. Sullo specifico tema
delle procedure di attribuzione delle concessioni, si permetta di abbreviare rimandando a M.
CAFAGNO , Vincoli di gara ed affidamenti concessori, in AA. VV., Finanza di progetto, a cura
di G. CARTEI, Editoriale Scientifica, Napoli, 2010, p. 395 ss., con le annesse annotazioni
bibliografiche.
19
La ritrosia trova una testimonianza eloquente nei dati appena ripresi, per i contratti il cui
importo supera le soglie di rilevanza europea, quelli appunto soggetti al regime di pubblicità
TED; giova invece segnalare che, al di sotto delle soglie europee, parrebbe invece prevalere la
tendenza opposta. la relazione annuale per il 2012 dell’Autorità di vigilanza sui contratti
pubblici (consultabile all’indirizzo http://www.avcp.it) ha stigmatizzato, con qualche allarme,
una tendenza al crescente impiego di procedure negoziate, nemmeno precedute da bando, ai fini
della stipulazione di contratti che comportano un impegno economico meno rilevante; trattasi di
un approccio alla flessibilità procedimentale che, come vedremo nel corso dello scritto, è in
qualche modo contraddittorio e rovesciato rispetto a quello che sarebbe lecito desumere dal
diritto europeo.
20
In tema, AA. VV., Amministrazione pubblica dei contratti, a cura di D. SORACE , Editoriale
scientifica, 2013; AA. VV., Gli appalti pubblici tra regole europee e nazionali, a cura di G. A.
BENACCHIO G.A., M. COZZIO , Milano, EGEA, 2012; AA.VV., Negoziazioni pubbliche. Scritti
su concessioni e partenariati pubblico-privati, cit.; AA.VV. Le gare pubbliche. Il futuro di un
modello, cit.; F. LEDDA , Per una nuova normativa sulla contrattazione pubblica, in AA.VV.
Studi in onore di Antonio Amorth, vol. I, Scritti di diritto amministrativo, Giuffrè, 1982, p. 317
ss.; G. P ERICU , Note in tema di attività di diritto privato della pubblica amministrazione,
Giuffrè, 1966; G. P ERICU , M. GOLA, L'attività consensuale dell'amministrazione pubblica, in
AA. VV., Diritto amministrativo, II, a cura di L. MAZZAROLLI, G. PERICU, A. ROMANO, F.
ROVERSI MONACO , F. G. SCOCA , Bologna, 2005, p. 283 ss.; E. P ICOZZA , L'appalto pubblico tra
diritto comunitario e diritto nazionale. Una difficile convivenza, in AA.VV., I contratti di
appalto pubblico, a cura di C. FRANCHINI, Utet, 2010, p. 29 ss.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
La prima impostazione, che tipicamente galvanizza l’attenzione dei giuristi,
interpreta automatismi concorsuali e regole di trasparenza come strumenti di
moderazione dei problemi di controllo nascenti dalle asimmetrie informative che di
solito penalizzano l’ente pubblico, nel rapporto con i suoi agenti 21.
In poche parole, assumendo che sarebbe illusorio tentar d’imbrigliare le condotte
dei funzionari mediante la sola verifica, a posteriori, dei risultati contrattuali conseguiti,
una rigorosa procedimentalizzazione dei meccanismi di scelta, a priori, si erge a misura
utile a prevenire arbitrio o corruttela, nella consapevolezza del fatto che le
amministrazioni sono pur sempre apparati che agiscono sul mondo attraverso gli atti e i
comportamenti dei loro organi e dei loro burocrati 22.
Un’ottica alternativa, assai più valorizzata dalla riflessione economica, assegna
alle procedure concorsuali lo scopo prioritario di attribuire il titolo contrattuale in palio
al candidato capace di sfruttarlo nel modo più fruttuoso per la collettività; le gare si
prestano così ad essere investigate come dispositivi di emulazione controllata delle
dinamiche concorrenziali, come processi di interazione che, distillando e riproducendo
gli andamenti di un mercato competitivo, consentono alla committenza pubblica di
sfruttare l’antagonismo tra gli aspiranti per mitigare le proprie debolezze conoscitive sul
versante esterno, cioè nel rapporto con le imprese23.
Osservata nella prima prospettiva, la gara è una camicia di forza, supplisce alla
presumibile debolezza del controllo postumo con la previa e cautelativa imposizione di
protocolli decisionali serrati.
21
T ra i molti, basti un rinvio a F. LEDDA, Per una nuova normativa sulla contrattazione
pubblica, cit.; M. S. GIANNINI, Istituzioni di diritto amministrativo, Giuffrè, 1981, p. 459 ss.
22
Cfr. I. RIZZO , I contratti nella Pubblica amministrazione: considerazioni metodologiche per
una verifica empirica, in Econ. pubbl., 1994, p. 7 ss.
23
T ra gli abbondanti contributi scientifici che trattano le procedure di gara attingendo a teoria
dei giochi e analisi economica, AA.VV., Handbook of Procurement, a cura di N. DIMITRI, G.
P IGA , G. SP AGNOLO, Cambridge University Press, 2006; AA.VV. The Economic Theory of
Auctions, vol. I e II, a cura di P. KLEMPERER, Cheltenham, UK, Edward Elgar, 1999; P.
KLEMPERER, What Really Matters in Auction Design, Nuffield College, Oxford, feb. 2001
(http://www.nuff.ox.ac.uk/users/klemperer); R. P. MCAFEE E J. MCMILLAN , Auctions and
Bidding, in Journal of Economic Literature, 1987, 25(2), p. 699 ss.; K. M. SCHMIDT E M.
SCHNITZER, Methods of Privatization: Auctions, Bargaining and Give-Aways, in H. GIERSCH
(ed.), Privatization at the End of the Century, Berlino, 1997, p. 97 ss. (consultabile in formato
paper
qui:
http://citeseerx.ist.psu.edu/viewdoc/download?doi=10.1.1.201.9784&rep=rep1&type=pdf); W.
VICKREY , Counterspeculation, Auctions, and Competitive Sealed Tenders, in Journal of
Finance, 1961, 16(1), p. 8 ss. (lo si veda anche in AA.VV., The Economic Theory of Auctions,
cit., vol. I contributo n. 2, p. 65 ss.); E. WOLFSTETTER, Auctions: An Introduction, in Journal of
Economic Surveys, 1995, 10(4), p. 367 ss.; una ricca antologia di utili e pregevoli saggi
dottrinali è visionabile all’indirizzo http://www.market-design.com/library-general.html.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
40
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
Assecondando questa logica, diviene lecito supporre che tanto più fiscali e
severamente regolamentate siano le gare, tanto meno spazio concedano cioè alla libertà
di scelta dei funzionari (e quindi alla possibilità di uno sfruttamento opportunistico del
vantaggio informativo da essi detenuto, a danno dell’ente e della collettività), tanto
meglio.
Sul secondo versante la gara diventa una cosa piuttosto diversa, diviene un modo
24
di riprodurre in laboratorio le dinamiche di un mercato competitivo .
Finché le due filosofie si sposano (il che di norma accade quando si tratti di
perfezionare contratti semplici e standardizzati) non nascono grossi problemi.
Purtroppo, però, al crescere della complessità delle transazioni i due punti di
vista entrano in conflitto, sicchè non può esser dato per scontato che le soluzioni
procedimentali buone per raggiungere un risultato (il controllo dei funzionari) siano
egualmente buone per raggiungere l’altro (l’efficienza della contrattazione).
Il riscontrato favore per la rigidità indica che la prassi nazionale tende a risolvere
la tensione all’insegna di un criterio di prevalenza della prima visuale sulla seconda, non
di rado appellandosi per l’appunto, implicitamente o esplicitamente, alla prioritaria
necessità di ostacolare la corruzione.
Non è questa la prospettiva sposata dal diritto comunitario, a mio giudizio per
buone ragioni, che proverò a illustrare nel seguito.
3. Il teorema di equivalenza di Vickrey e le sue implicazioni.
L’argomento del disegno di aste efficienti impegna una ricca letteratura
interdisciplinare.
Non ho la pretesa velleitaria di riassumerla ora in poche parole, tuttavia penso
che anche l’enunciativo e telegrafico richiamo di alcuni suoi capisaldi, cone annessi
richiami bibliografici, valga a prospettare opportunità di studio e orizzonti metodologici
promettenti, in campo giuridico.
24
E’ quasi inutile soggiungere che rinvigorire le garanzie d’imparzialità amministrativa, da una
parte, e incrementare l’efficienza contrattuale, dall’altra, significa al contempo promuovere il
terzo essenziale fine dei vincoli concorsuali, cioè salvaguardare il mercato e la concorenza.
La varietà degli obiettivi perseguiti dalle procedure di gara, nell’ordinamento vigente, è ben
rappresentata dalla lettera dell'art. 2 c. 1 del D. Lgs. 163/2006, secondo cui l’amministrazione
“deve garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità,
efficacia, tempestività e correttezza; (…) deve altresì rispettare i principi di libera concorrenza,
parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché quello di
pubblicità”; per un commento, G. FIDONE , Principi e disposizioni comuni, in AA.VV.,
Commentario al codice dei contratti pubblici, a cura di M. CLARICH , cit., p. 46 ss.; ivi si legga
anche L P ROSPERETTI, M. MERINI, I contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Una
prospettiva economica, p. 27 ss.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
41
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
Il contributo concettuale forse più interessante, ai nostri fini, ricavabile da questi
scritti specialistici, è la dimostrazione - basata sull’analisi comparata dei prototipi d’asta
diffusi nella prassi (non soltanto pubblicistica) – che in condizioni realistiche il loro
grado di efficienza è variabile, secondo le caratteristiche dei contratti e secondo il
contesto delle operazioni selettive. In altre parole, questa teoria insegna che per
conseguire l’obiettivo dell’efficienza e della convenienza contrattuale la scelta e la
configurazione dei modelli procedimentali devono duttilmente adattarsi alla natura delle
sottostanti transazioni economiche, alle caratteristiche dei candidati, alle peculiarità del
mercato e dell’ambiente competitivo.
Trattasi di risultato che assume a piattaforma concettuale il c.d. “teorema di
equivalenza”di Vickrey, premio nobel per l’economia, il quale ha dimostrato che
quattro prototipi di asta diffusi nella pratica – esemplificativi, nelle loro diversità, del
25
grande assortimento di modelli cui il disegno delle procedure può attingere - generano
risultati equivalenti, sul piano dell’efficienza e dei guadagni del banditore, a condizione
che siano soddisfatti presupposti estremamente severi, al punto da risultare
sostanzialmente irrealistici 26.
M a proprio l’implausibilità di queste condizioni si dimostra carica di
implicazioni teoriche interessanti, per l’interprete, perché in tal modo il teorema finisce
precisamente col fornire la base alla dimostrazione del fatto che, nella pratica, le forme
di gara non sono affatto equivalenti, sicchè l’obiettivo dell’efficienza reclama elasticità,
nel disegno dei concorsi 27.
25
Gara ad offerte palesi al rialzo, gara ad offerte palesi decrescenti, gara in busta chiusa alla
miglior offerta o al prezzo più conveniente, gara alla Vickrey, o in busta chiusa al secondo
miglior prezzo; R.. P. MCAFEE e J. MCMILLAN, Auctions and Bidding, in Journal of
Economic Literature, 1987, 25(2), p. 699 ss.; L. PARISIO, Meccanismi d’asta, Carocci, 1999;
E. RASMUNSEN, Teoria dei Giochi e informazione, Hoepli, 1993, p. 275 ss.
26
Tra di essi, neutralità al rischio dei partecipanti alla gara, loro “ simmetria”,
monodimensionalità dei criteri di confronto, natura “ comune” o “ correlata” della procedura; per
il chiarimento e l’approfondimento del significato dei vari presupposti, W. VICKREY ,
Counterspeculation, Auctions, and Competitive Sealed Tenders, cit.; AA.VV. The Economic
Theory of Auctions, a cura di P. KLEPERER, cit.; K. M. SCHMIDT e M. SCHNITZER, Methods of
Privatization: Auctions, Bargaining and Give Aways, cit.
27
Si le gga ancora W. VICKREY , ult. cit.; per un’efficace e chiara sintesi della portata applicativa
del teorema, K. M. SCHMIDT e M. SCHNITZER, Methods of Privatization: Auctions, Bargaining
and Give Aways, cit.; per una più ampia e approfondita panoramica, AA.VV. The Economic
Theory of Auctions, a cura di P. KLEMPERER, cit.; P. MILGROM, Putting Auction Theory to
Work, Cambridge University Press, 2004; per una lungimirante operazione di traduzione dei
tecnicismi in un linguaggio accessibile ai non addetti ai lavori, senza perdita di contenuto,
AA.VV., Handbook of Procurement, cit.;
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
42
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
Gli esperti in materia mostrano che semplicemente non esiste un modello di gara
universalmente appropriato e invitano a guardarsi dalla rigidità dei metodi selettivi.
In breve, l’obiettivo di innalzare efficienza e convenienza impone soluzioni
diversificate.
Rovesciando il discorso, la povertà e la mancanza di elasticità dei modelli
concorsuali scoraggiano la partecipazione ai negoziati, giacchè riducono il surplus che
le parti possono sperare di dividersi, contrattando.
Bisogna aggiungere che le perdite di efficienza causate dal formalismo e dalla
fissità procedimentale si aggravano di pari passo con l’aumento della complessità dei
contratti bisognosi di allocazione.
Questo accade perché gli automatismi propedeutici all’intensificazione del
controllo degli organi pubblici poco si conciliano col bisogno di apprendimento,
abitualmente connaturato al perfezionamento di transazioni onerose, incerte e di lungo
28
periodo .
Nelle consuete gare meccaniche, la p.a. è tenuta a specificare, prima della gara,
l’oggetto dei suoi bisogni, i requisiti occorrenti a soddisfarli, i parametri di valutazione
delle proposte acquisite, il loro peso relativo.
I concorrenti devono a loro volta definire condizioni contrattuali e strategie
competitive prima di confrontarsi, poiché l’offerta, una volta presentata, resta di regola
anonima e non revisionabile, sino al giudizio conclusivo.
Non sono previsti momenti intermedi, che consentano di affinare la domanda
pubblica o le offerte private, durante lo svolgimento del concorso.
In breve, i risultati di queste gare – gli esemplari prediletti dalla prassi nazionale
- vengono a dipendere da una ponderazione compiuta prima del loro esperimento.
M a la dottrina ha mostrato che l’impossibilità di acquisire e di sfruttare nuova
informazione, in corso di gara, e la conseguente soppressione di quei meccanismi
correttivi che sono il propellente di ogni virtuosa dinamica adattativa, possono costare
molto, in termini di efficienza, quando in gioco sia il perfezionamento di rapporti
29
negoziali non banali .
Quando la negoziazione presuppone investimenti cospicui e aleatori,
l’opportunità di aggiustare e rivedere le stime in corso di gara, tenendo conto delle
strategie rivali e delle informazioni che esse svelano, incoraggia la partecipazione,
28
M. CAFAGNO , lo stato banditore, cit., con ulteriori rimandi bibliografici
Sugli e spedienti utili a mitigare il problema dell’incertezza, all’interno delle gare, anche
attraverso procedure ibride e miste, che alternino fasi di competizione aperta a fasi di
competizione al buio, P. KLEMPERER, What Really Matters in Auction Design, cit.; K. M.
SCHMIDT E M. SCHNITZER, Methods of Privatization: Auctions, Bargaining and Give-Aways,
cit. p. 97 ss.; N. DONI, L'affidamento mediante gara di contratti pubblici: l'importanza della
reputazione, in Pol. econ., 2005, p. 307 ss.; M. RICCHI, Negoauction, discrezionalità, dialogo
competitivo e il nuovo promotore, cit.
29
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
43
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
anche perché allevia il timore di compiere errori irreversibli, nella formulazione delle
offerte.
Analisi speculari hanno provato che per imprese ragionevolmente avverse al
rischio la necessità di basare un’impegnativa candidatura su congetture sviluppate al
buio, per giunta non ritrattabili, opera viceversa come un serio elemento di
30
dissuasione .
La già evocata disciplina europea del dialogo competitivo - sinora quasi
pretermessa dal diritto interno - testimonia proprio che un malleabile coinvolgimento
delle imprese, già in fase ideativa, risponde alla necessità di concedere spazio
all’affinamento delle conoscenze (anche per spronare scoperte e innovazioni) in
funzione del perfezionamento di contratti onerosi e incerti 31.
4. Contrattazione incompleta e asimmetrie informative post-contrattuali.
Vorrei ora spendere qualche parola per mostrare che, quando in gioco sia la
conclusione di contratti complessi, la rigidità delle gare promette di risolversi in misura
inefficace (rispetto agli stessi obiettivi di prevenzione che proclama di perseguire), oltre
che inefficiente.
Contratti come partenariati istituzionali o concessioni amministrative sono di
frequente caratterizzati da elevati profili d’incompletezza: a causa dell’entità e della
specificità degli investimenti richiesti, delle conseguenti durate, propedeutiche al
completamento dei necessari ammortamenti, questi accordi spesso costringono i
contraenti a scegliere in uno stato di forte incertezza e debolezza informativa, cui
corrisponde una scarsa capacità di calcolo e previsione, che impedisce una preventiva
32
specificazione di diritti e obblighi reciproci, all’interno di accurate clausole negoziali .
30
Si vedano, tra I molti, P. MILGROM E R. WEBER, A Theory of Auctions and Competitive
Bidding, in Econometrica, 1982, 50/5, p. 1089 ss.; P. BAJARI, S. T ADELIS, Incentives and award
procedures: competitive tendering vs. negotiations, in AA. VV., Handbook of Procurement,
cit.; il fenomeno del cosiddetto "winner curse" – originato precisamente dal fatto che potrebbe
non essere del tutto rassicurante, per un partecipante a una gara in busta chiusa, propedeutica
all’affidamento di una commessa contraddistinta da forte incertezza, scoprire a fatto compiuto
di aver presentato un’offerta sensibilmente al di sopra della media - è ad esempio trattato da M.
KLEIN , Designing Auctions for Concessions – Guessing the Right Value to bid and the Winner’s
Curse, in Public Policy for the Private Sector, The World Bank Group, 1998, n. 160; E.
RASMUNSEN , Teoria dei Giochi e informazione, Hoepli, 1993, p. 275 ss.; P. KLEMP ERER, What
Really Matters in Auction Design, cit.
31
Cfr. D. MOSEY , Early Contractor Involvement in Building Procurement: Contracts,
Partnering and Project Management, Wiley - Blackwell Publishing, 2009.
32
Imprescindibile il richiamo di O.E. W ILLIAMSON , La gara per la concessione di sfruttamento
di un monopolio naturale, in Le istituzioni economiche del capitalismo (trad. it), Franco Angeli,
1986, p. 485 ss.; su questo argomento, il rapporto dell’AGCM su Concorrenza e
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
44
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
Si tratta chiaramente di un altro serio fattore d’intralcio all’esperimento di
procedure formali e meccaniche, che invece si distinguono, come abbiamo ricordato,
per l’esigenza di un’anticipazione analitica e scrupolosa dei criteri e dei termini della
comparazione concorsuale 33.
Non è difficile intuire che procedure fiscali e severe, le quali tuttavia
impediscano alle parti di apprendere le une dalle altre e di moderare incognite e rischi,
quando in gioco siano transazioni non banali, possono indurre una ritrosia a competere
persino più grave di quella associabile all’eventuale fragilità degli strumenti di controllo
sui funzionari.
Soprattutto – spettro più temibile, sul piano della prevenzione della corruzione –
esse di solito non azzerano il potere o la necessità di compiere scelte o valutazioni
discrezionali ma, più semplicemente, ne procrastinano l’esercizio al momento
dell’esecuzione, sospingendolo in un cono d’ombra.
Alle condizioni ipotizzate è verosimile che, quanto più rigida e minuziosa sia la
prefigurazione nel bando o nei documenti di gara dei criteri selettivi e dei contenuti
pattizi, tanto più cresca la probabilità d’imprevisti in corso d’esecuzione (veri o anche
soltanto annunciati) e, perciò, di rinegoziazioni postume.
Queste revisioni contrattuali da un lato smentiscono le asserite virtù del
formalismo della selezione iniziale, d’altro lato riaprono invariati tutti i problemi di
asimmetria informativa e tutti i problemi di supervisione dei funzionari che la
meccanicità del concorso avrebbe preteso di azzerare, in una fase della vita del contratto
in cui non è nemmeno più possibile confidare sul naturale interesse dei concorrenti a
34
controllarsi reciprocamente .
regolamentazione nei servizi di pubblica utilità, AS026, del 1 luglio 1994, all’indirizzo
http://www.agcm.it/, p. 26 osserva per l’appunto che il ricorso alle procedure di gara al fine di
incrementare la contendibilità di attività monopolistiche “comporta generalmente notevoli
problemi legati alla variabilità dei fattori che nel tempo possono incidere sulle condizioni
economiche di fornitura del servizio. Soprattutto laddove la specificità degli investimenti,
nonché la lunghezza del periodo di realizzazione e di ammortamento economico degli stessi
tendono ad ampliare in misura consistente la durata ottimale della concessione, l'esatta
definizione dei contratti risulta estremamente difficile e costosa”; in dottrina, tra i molti scritti,
si consultino ancora K. J. CROCKER E S. E. MASTEN , Mitigating Contractual Hazards:
Unilateral Options and Contract Length, in Rand Journal of Economics 1988, 19, p. 327 ss.; V.
GOLDBERG , Regolamentazione e contratti amministrati (trad. it.), in AA.VV., Concorrenza,
monopolio, regolamentazione, a cura di D. GRILLO , M. COSSUTTA , Il Mulino, 1997, p. 342 ss.;
J. J. LAFFONT, J. TIROLE, A Theory of Incentives in Procurement and Regulation, the M.I.T.
Press, 1993; A. NICITA , V. SCOP PA , Economia dei contratti, Carocci, 2005, p. 195 ss.
33
In tema, C. S., V. Sez., n. 5845/2008.
34
Opportuno un nuovo rimando a O.E. W ILLIAMSON , La gara per la concessione di
sfruttamento di un monopolio naturale, cit., nonché, per una trattazione formalizzata, a J. J.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
45
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
La dottrina ha giustamente osservato che le gare possono contrastare asimmetrie
informative precontrattuali, ma sono armi spuntate, quando proliferano problemi di
asimmetria informativa postcontrattuale.
Coerente a quest’ordine di osservazioni, la “Relazione sulla lotta alla
corruzione”, appena pubblicata dalla Commissione europea, riferisce per l’appunto che,
stando agli studi empirici e ai resoconti della Corte dei Conti, “in Italia la corruzione
risulta particolarmente lucrativa nella fase successiva all’aggiudicazione” e che spesso,
dopo gare formalmente inattaccabili, “la qualità dei lavori viene intenzionalmente
35
compromessa nella fase di esecuzione” .
Trattasi di problema antico, già ampiamente denunciato dal cosiddetto rapporto
Cassese36.
Si aggiunga il fatto, ben noto alla prassi, che la varietà e l’eterogeneità dei
parametri comparativi cui deve necessariamente rimettersi la valutazione di offerte
propedeutiche al perfezionamento di contratti complessi rende praticamente impossibile
azzerare il rischio di inconsistenze o manipolazioni, quale che sia il livello di
meticolosità e di precisione adoperato nel precostituire pesi e criteri ad uso delle
commissioni aggiudicatrici 37.
LAFFONT, J. T IROLE , ult. cit.; si vedano poi J. LUIS GUASCH , Granting and Renegotiating
Infrastructure Concessions. Doing it Right, The World Bank, Washington, D.C., 2004; R. CORI,
I. P ARADISI, La fase di esecuzione del contratto di concessione di lavori pubblici, in AA. VV.,
Negoziazioni pubbliche, cit. p. 568 ss.; per un interessante studio di ampio respiro, in ambito
più strettamente giuridico, A. GIANNELLI, Esecuzione e rinegoziazione degli appalti pubblici,
Editoriale scientifica, 2012
35
Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento sulla lotta alla corruzione,
Bruxelles, 3.2.2014, COM (2014) 38 final, Annex 12 - allegato sull’Italia - p. 12.
36
Atti Parlamentari XIII Legislatura - Camera dei Deputati, rapporto del Comitato di studio
sulla prevenzione della corruzione, presentato al Presidente della Camera il 23 ottobre 1996;
limitando ad un cenno i mille riferimenti dottrinali possibili al tema di lotta alla curruzione,
basti un rimando a AA.VV., Il contrasto al fenomeno della corruzione nelle amministrazioni, a
cura di G. TERRACCIANO , S. T OSCHEI STEFANO , V. ZAMBRANO , Roma, 2013; AA.VV., Il
sistema degli appalti, a cura di G. COLOMBO, Giuffrè, 1995; A. VANNUCCI, Il lato oscuro della
discrezionalità. Appalti, rendite e corruzione, in AA.VV. Le gare pubbliche. Il futuro di un
modello, cit.
37
V. par. 4.2.2.3 del menzionato parere del Comitato Economico e Sociale sul "Rafforzamento
del diritto delle concessioni e dei contratti di partenariato pubblico-privato", del 19 ottobre
2000; P. A. MORI, Perché il metodo aggregativo compensatore è sconsigliabile per
l’aggiudicazione dei contratti pubblici, in AA.VV., Negoziazioni pubbliche, cit., p. 356 ss.; ivi
anche F. PATRONE , Sulla manipolabilità del metodo aggregativo compensatore, p. 381 ss.; P. A.
MORI, Quando l’offerta economicamente più vantaggiosa è davvero vantaggiosa?, in Economia
Pubblica, 1997, p. 5 ss.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
46
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
5. Flessibilità e nuove direttive europee su appalti pubblici e concessioni
Le considerazioni sin qui svolte non intendono naturalmente sminuire
l’importanza del tema della lotta alla corruzione.
Suggeriscono piuttosto di prendere atto che è illusorio e sviante pensare che
procedure concorsuali rigide garantiscano per definizione la simultanea ottimizzazione
di efficienza, concorrenza, controllo.
Quando gli obiettivi confliggono e vi sono buone ragioni per non sacrificare la
flessibilità delle interazioni precontrattuali, nasce piuttosto l’esigenza di affidare la
38
prevenzione degli illeciti a strumenti e rimedi appositi, complementari alla gara .
Di fatto una dichiarata volontà di recupero della flessibilità informa le direttive
appena approvate, sull’affidamento dei contratti pubblici.
Il quarantaduesimo considerando della direttiva 2014/24/UE esordisce con
l’affermazione secondo cui “è indispensabile che le amministrazioni aggiudicatrici
dispongano di maggiore flessibilità nella scelta di una procedura d'appalto che prevede
la negoziazione” ed è plausibile “che un più ampio ricorso a tali procedure incrementi
anche gli scambi transfrontalieri”.
Coerentemente la nuova disciplina degli appalti nei settori ordinari estende
notevolmente la possibilità di ricorso alla procedura negoziata competitiva39.
Altra innovazione all’insegna della malleabilità dei concorsi, volta a facilitare la
conduzione di transazioni originali e rischiose, è l’ideazione dell’istituto dei
“partenariati per l’innovazione” 40.
La direttiva 2014/25/UE , regolante l’aggiudicazione degli appalti nei settori
speciali, dal canto suo, ha confermato la preesistente libertà di utilizzo della procedura
negoziata competitiva, aggiungendovi la più ampia possibilità di ricorso al dialogo
competitivo e la simmetrica previsone dei partenariati per l’innovazione.
La direttiva 2014/23/UE, in materia di concessioni, ha infine decretato
apertamente – con l’art. 37, dedicato alle “garanzie procedurali” – che, ai fini della
cernita del concessionario, “l'amministrazione aggiudicatrice (…) può condurre
41
liberamente negoziazioni con i candidati e gli offerenti .
38
Dei quali è auspicabile voglia farsi promotrice l’Autorità di settore, nell’esercizio delle sue
nuove e moltiplicate competenze.
In forza dell’art. 19 D.L. 90/2014, l’A.N.A.C. ha di recente assorbito le funzioni della soppressa
autorità di vigilanza sui contratti. Opportuno un rimando al sito dell’Istituzione, all’indirizzo
http://www.anticorruzione.it/
39
Si vedano gli artt. 26, in materia di “ scelta delle procedure”, 29, per l’appunto dedicato alla
procedura competitiva con negoziazione, nocnhè 30, sul dialogo competitivo.
40
Art. 31 della direttiva 2014/24/UE .
41
Puntualizzando subito dopo che “ l'oggetto della concessione, i criteri di aggiudicazione e i
requisiti minimi non sono modificati nel corso delle negoziazioni” (comma 6).
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
47
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
Ragionando per assurdo, questi riscontri normativi dimostrano che il controllo
dei funzionari non è affatto la priorità incondizionata delle gare, secondo il diritto
europeo.
Infatti, un sistema di regole che fosse egemonizzato dallo scopo di intensificare
la guardia sui funzionari, reprimendone per quanto possibile la libertà d’azione,
dovrebbe tanto più irrigidirsi quanto più severe fossero le minacce incombenti
sull’imparzialità amministrativa.
Contratti complessi, parteneariati pubblico-privati, rapporti concessori
mobilitano di regola risorse ingenti, non di rado conferiscono posizioni addirittura
monopolistiche, prospettano vantaggi proporzionalmente più elevati, hanno marcati
effetti distributivi.
Nell’economia di queste negoziazioni è dunque maggiore il pericolo che si
42
sviluppino tentativi d’interferenza, pressioni indebite e attività di rent seeking .
Cionondimeno il diritto europeo – sulla base di argomenti persuasivi, dei quali
ho tentato di dar conto - legittima canoni flessibili e non scoraggia affatto l’uso della
discrezionalità.
A fronte di processi di riforma del diritto internazionale 43 precisamente animati
dalla consapevolezza che, quando in gioco siano contratti non standardizzati, la rigidità
delle procedure di gara tende ad ostacolare, piuttosto che a favorie, un mercato aperto e
virtuoso delle commesse pubbliche, diviene secondo me contraddittorio assumere che i
vincoli europei individuino soglie minime di rigore, sempre aggravabili in sede
attuativa, in nome di un postulato di priorità della prevenzione dei fenomeni di
44
corruttela .
La sentenza della Corte di Giustizia che nel 2004 ha censurato l’art. 21
dell’allora vigente legge M erloni45 costituisce un precedente istruttivo.
42
Sulla relazione che lega effetti distributivi delle scelte contrattuali e cosiddetti “costi di
influenza”, P. MILGROM, J. ROBERTS, Economia, organizzazione e management, Il Mulino,
1994, p. 399 s.; ID ., An Economic Approach to Influence Activities in Organizations, in
American journal of sociology, (supplemento), 1988, 94, p. 154 ss.; P. MILGROM, Bargaining
and Influence Costs and the Organization of Economic Activity, in Perspectives on positive
political economy, a cura di J. ALT E , K. SHEP SLE , Cambridge, MA, Cambridge University
Press, 1990, p. 57 ss.
43
Le cui tappe intermedie sono analiticamente descritte in M. CAFAGNO , Responsabilità
amministrativa nascente dalla violazione delle norme di gara ed evoluzione della disciplina
dell’evidenza pubblica, cit., cui pertanto si rimanda.
44
E’ quasi superfluo notare che un ragionamento a parte va riservato a quelle norme europee
bisognose di recepimento che obiettivamente facoltizzano i legislatori nazionali ad optare tra
soluzioni alternative.
45
Corte di Giustizia, Seconda Sezione, 7 ottobre 2004, procedimento C-247/02
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
48
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
E’ noto che con quell’articolo - al cospetto di una normativa comunitaria che,
regolando le modalità di valutazione delle offerte, rimetteva alle stazioni appaltanti il
compito di scegliere tra il criterio del prezzo più basso e quello dell’offerta
economicamente più vantaggiosa - il legislatore nazionale decise di accordare un favore
aprioristico al primo metodo, in quanto per sua natura adatto a minimizzare la
discrezionalità amministrativa.
Il giudice europeo ha censurato la norma interna, chiarendo che la pretesa di
tradurre i vincoli concorsuali in un letto di Procuste, sul quale adagiare la stima delle
offerte e le operazioni contrattuali, in nome delle istanze di controllo degli
amministratori pubblici, non soddisfa ma al piuttosto tradisce gli scopi perseguiti dal
46
diritto europeo, con la previsione degli obblighi di gara .
Acquisire questa consapevolezza è a mio giudizio importante, in una fase storica
in cui l’ordinamento nazionale, in piena crisi economica, dovrà profondersi nella
revisione sostanziale della disciplina dei contratti pubblici, assolvendo gli obblighi di
recepimento delle nuove direttive.
46
Cfr. par. 39 e ss. della motivazione della sentenza.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
49
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
PRINCIPI E CATEGORIE ECONOMICHE
NELL'AMBITO DEL DIRITTO
SOCIETARIO E CONCORSUALE
L’Autore, nel confrontarsi con il rapporto tra diritto ed economia, si sofferma
prioritariamente su due aspetti: il nesso tra diritto e scienze economiche, dall'altro,
quello tra diritto e fenomeni economici. Egli affronta poi il tema della rilevanza del
capitale sociale, dell'equilibrio patrimoniale e dell'equilibrio finanziario.
di O RESTE CAGNASSO
1. Premesse.
Nell'affrontare il tema dei rapporti tra diritto ed economia pare necessario
distinguere due profili: da un lato, il nesso tra diritto e scienze economiche, dall'altro,
quello tra diritto e fenomeni economici.
E' opportuno, nella prima prospettiva, riferirsi alle scienze economiche al fine di
tener conto sia dell'economia politica, sia dell'economia aziendale. L'una e l'altra
possono offrire ed hanno offerto strumenti di notevole rilievo per il giurista al fine di
verificare la razionalità economica delle norme, il loro impatto e i loro effetti.
L'analisi economica del diritto ha aperto prospettive di indagine, fornito
strumenti interpretativi, indicato possibili soluzioni de iure condendo di grande utilità,
anche se non possono essere sottaciuti i limiti di tale approccio.
E' poi evidente che il diritto o meglio un settore del diritto disciplina fenomeni
economici. Al proposito è oramai consolidata la categoria del diritto dell'economia,
ripartibile in diritto privato, sostanzialmente coincidente con il diritto commerciale, e in
diritto pubblico dell'economia.
Come si osservava, l'interprete può con profitto, e in certi casi deve, utilizzare
principi e categorie elaborati dalle scienze economiche. A volte, e mi pare che il profilo
meriti particolare attenzione, è lo stesso legislatore a far propri principi e categorie tratti
dalle scienze economiche. In tal caso si verifica una sorta di "innesto" di regole extra
giuridiche nel corpo dell'ordinamento giuridico (innesto peraltro presente anche con
riferimento a principi e categorie desunti da altri contesti).
Quale la posizione dell'interprete nel ricostruire la portata di tali regole di fonte
esterna e nell'applicarle?
Possono essere "lette" con gli stessi criteri con cui vengono interpretate le altre
disposizioni? Oppure occorre tener conto della loro fonte ed utilizzare particolari
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
50
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
tecniche ermeneutiche?
Certamente la circostanza che si tratti di principi o di categorie "prese a prestito"
dalle scienze economiche non può essere ignorata dall'interprete, come pure non
possono essere trascurati i problemi dall'innesto di questo corpo in qualche misura
estraneo nell'ambito dell'ordinamento giuridico, al fine di evitare "crisi di rigetto" o un
inserimento solo parziale.
In particolare mi sembra che debbano essere evitati alcuni rischi e possa essere
opportuno utilizzare alcuni criteri.
Il tema su cui vorrei soffermarmi è circoscritto l'innesto di principi e categorie
tratti dall'economia aziendale nell'ambito della disciplina societaria e fallimentare alla
luce delle recenti riforme e dei loro sviluppi.
Gli esempi sono numerosi e facilmente individuabili. Così con riferimento ai
principi, si possono richiamare quelli di corretta amministrazione, di corretta gestione
societaria e imprenditoriale, l'obbligo di creare assetti adeguati.
Come è noto, l'art. 2403 c.c. dispone che il collegio sindacale vigila sul rispetto
dei principi di corretta amministrazione da parte dell'organo gestorio: pertanto gli
amministratori di società per azioni debbono svolgere i loro compiti applicando tali
principi. L'art. 2497 c.c. sancisce la responsabilità della società e degli enti che svolgono
attività di direzione e coordinamento in violazione, tra l'altro, di principi di corretta
gestione societaria e imprenditoriale. Pertanto, l'attività di eterodirezione deve
conformarsi ad essi.
Gli organi delegati, ai sensi dell'art. 2381 c.c., debbono "costruire" assetti
adeguati organizzativi, amministrativi e contabili e quindi porre in essere procedimenti
relativi ai vari ambiti dell'attività gestoria coerenti con la natura e le dimensioni
dell'impresa societaria. Il Consiglio di Amministrazione li valuta e il collegio sindacale
vigila sulla loro adeguatezza e sulla loro applicazione.
Ed ancora il legislatore in vari casi fa riferimento a categorie tratte dalle scienze
aziendalistiche.
Si pensi, ad esempio, all'eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al
patrimonio netto, che rappresenta uno dei presupposti per qualificare come anomali i
finanziamenti effettuati dai soci di s.r.l. o infragruppo, così da far scattare la regola della
postergazione ai sensi dell'art. 2467 c.c..
Nell'ambito del diritto concorsuale e tra le soluzioni alternative al fallimento
viene prevista la redazione di un piano idoneo ad assicurare il riequilibrio della
situazione finanziaria dell'imprenditore (art. 67 l. f.).
Anche il concordato in continuità, previsto dall'art. 186 bis l. f., presuppone un
piano che consenta all''imprenditore di conseguire il riequilibrio finanziario.
2. I rischi nell'interpretazione.
Come si è osservato, l'interprete non può dimenticare la fonte delle regole
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
51
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
introdotte nell'ordinamento, ma tratte dalle discipline economiche.
In qualche misura deve utilizzare nella lettura delle stesse "occhiali differenti".
In particolare deve cercare di non incorrere in alcuni rischi che possano in varia misura
annullare o ridurre la portata dell'innesto del "corpo estraneo" nel corpus normativo.
Un primo rischio è quello di una lettura sostanzialmente abrogante. Potrebbe
sembrare una soluzione strana, ma in realtà questo rischio è in qualche misura sempre in
agguato e in alcuni casi si è effettivamente verificato.
Se i principi tratti dalle discipline economiche vengono interpretati come una
sorta di sintesi delle regole giuridiche già presenti, praticamente viene annullata la loro
portata.
Si pensi, per richiamare un esempio appartenente al passato, all'interpretazione
dei principi di evidenza e verità in tema di bilancio (o degli attuali principi di chiarezza
e rappresentazione veritiera e corretta) come semplici regole di sintesi che erano dirette
a richiamare le norme in tema di struttura dei documenti contabili ed i criteri di
valutazione. In altre parole, un bilancio, per usare le formule più recenti, sarebbe chiaro,
se sono rispettate le regole concernenti il contenuto dei vari documenti che lo
compongono; sarebbe veritiero e corretto, se sono rispettati i criteri di valutazione.
La giurisprudenza (e la dottrina) hanno fermamente contrastato tale opinione
riduttiva, sancendo l'autonomia dei principi generali in tema di bilancio di esercizio. In
altre parole, il rispetto delle regole relative al contenuto ed ai criteri di valutazione non
garantisce ancora di per sé che il bilancio sia conforme ai principi di chiarezza e di
rappresentazione veritiera e corretta.
Analogamente verrebbe del tutto annullata la portata innovativa del richiamo a
principi di corretta amministrazione se questi venissero ricondotti agli obblighi degli
amministratori già previsti dal legislatore nelle varie norme.
Occorre, per contro, sottolineare l'autonomia del rinvio a tali principi: quindi gli
amministratori debbono adempiere agli obblighi previsti dalla legge ed inoltre a quelli
ulteriori conformi ai principi di corretta amministrazione.
Un ulteriore approccio di carattere riduttivo potrebbe essere quello che interpreta
il richiamo a regole di fonte extra normativa in qualche misura appiattendole su quelle
giuridiche.
Così, ad esempio, la previsione dell'obbligo di costruire assetti organizzativi
adeguati non può essere semplicemente inteso come una sorta di ripetizione della regola
di diligenza: si tratta un obbligo che ha un suo particolare contenuto, individuabile
attraverso anche l'elaborazione effettuata dalle scienze aziendalistiche, con specifiche
modalità in ordine ai soggetti obbligati ad elaborarli, applicarli, valutarli, controllarli. E
ciò tanto più ove si tenga conto che la presenza e l'applicazione di assetti adeguati e
quindi in buona sostanza l'attività istruttoria e preparatoria delle scelte di gestione
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
52
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
costituisce oggi un parametro di riferimento fondamentale nella valutazione della
responsabilità degli amministratori. Come si è sottolineato molto efficacemente da parte
della dottrina, ciò che rileva a tal fine non è tanto che cosa hanno fatto gli
amministratori, ma come l'hanno fatto.
I principi a cui si è fatto riferimento rappresentano standard e quindi clausole
generali, di portata aperta. Un ulteriore rischio, che ne ridurrebbe l'impatto, potrebbe
essere quello di trasformarli in rules e cioè in regole rigide.
Certamente è possibile, attraverso l'attività ermeneutica, individuare
specificazioni e quindi determinare una serie di regole deducibili, ad esempio, dai
principi di corretta amministrazione o da quelli di corretta gestione societaria ed
imprenditoriale o ancora dall'obbligo di costruire assetti adeguati. M a, trattandosi di
clausole generali, non credo sia mia possibile ricondurle a regole rigide esaustive. Ed
inoltre la loro natura di standard, e questo mi sembra molto rilevante sotto il profilo
applicativo, comporta che sempre vadano applicati tenendo conto delle peculiarità del
singolo caso concreto.
3. Criteri interpretativi.
Come appare evidente, i principi o le categorie tratte dal legislatore
dall'economia aziendale non possono essere intese senza tener conto della loro origine e
dell'elaborazione in tale ambito. Tuttavia si tratta di regole o parti di regole che vengono
inserite nel contesto del corpus normativo e quindi debbono essere "amalgamate" con
esso.
Ciò comporta, a mio avviso, in primo luogo la necessità di coordinare tale
innesto con l'istituto "ricevente" e quindi non è neppure possibile leggere tali principi o
ricostruire le fattispecie senza tenerne conto. Si tratta in altre parole di un elemento in
qualche misura estraneo, ma che deve inserirsi e coordinarsi con un insieme che
presenta proprie caratteristiche e finalità.
In secondo luogo, occorre tener conto che l'inserimento nel sistema normativo
implica in ogni caso che quanto desunto dall'economia aziendale assuma una rilevanza
giuridica.
E' evidente, per riprendere gli esempi sopra formulati, che l'imporre agli
amministratori non solo i doveri previsti o ricavabili da norme di legge, ma anche quelli
desumibili dai principi di corretta amministrazione, comporta che la violazione di tali
obblighi determinerà l'applicazione delle sanzioni previste dall'ordinamento giuridico.
Lo stesso discorso vale per i principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale
nell'esercizio dell'attività di eterodirezione e per la creazione degli assetti adeguati. Così
l'eccessivo squilibrio tra l'indebitamento e il patrimonio netto viene a costituire un
elemento della fattispecie che determina la qualificazione dei finanziamenti dei soci
come anomali con le relative conseguenze sia sotto il profilo sostanziale sia sotto il
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
53
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
profilo concorsuale.
Qualora poi si ritenga che un principio rinvenibile negli studi aziendalistici
rappresenti una regola anche sotto il profilo giuridico, occorrerà individuare, da un lato,
la norma che ne giustifica l'applicazione e, dall'altro, le conseguenze della sua
violazione. Un esempio può essere fornito traendo spunto dal dibattito, oggi
particolarmente vivo anche nella dottrina giuridica, tra il rilievo nella vita dell'impresa
dell'equilibrio patrimoniale e quello dell'equilibrio finanziario. Al proposito occorre
brevemente richiamare l'attuale ridimensionamento della rilevanza del capitale sociale e
quindi dell'equilibrio patrimoniale e gli indici normativi che fanno riferimento
all'equilibrio finanziario.
4. La rilevanza del capitale sociale e dell'equilibrio patrimoniale.
Varie recenti innovazioni hanno inciso sulla rilevanza del capitale sociale,
inserendosi in un contesto normativo e in un dibattito di vasta portata a livello
comunitario e non solo comunitario.
Come è noto, dopo un processo tanto rapido quanto tumultuoso, oggi è prevista
la possibilità di costituire s.r.l. con capitale inferiore al minimo di 10.000 euro, purché
sia almeno di un euro.
Con il d. l. c.d. Del fare del 28 giugno 2013, n. 76, convertito nella legge 9
agosto 2013, n. 98, infatti il legislatore ha modificato la disciplina della s.r.l.
semplificata, ha abrogato la s.r.l. a capitale ridotto, ha ammesso per tutte le s.r.l. la
possibilità di costituirsi con un capitale inferiore ai 10.000,00 euro.
La s.r.l. semplificata può oggi essere costituita da persone fisiche di qualsiasi
età: il capitale sociale deve essere compreso tra 1 e 9.999,99 euro, costituito da
conferimenti in denaro interamente versati. Deve essere adottato uno statuto
corrispondente a quello standard contenuto nel decreto ministeriale. In presenza di tali
presupposti, non sono dovuti onorari notarili e non sussistono costi per la registrazione.
In ogni caso possono costituirsi s.r.l. con capitale inferiore a 10.000,00 euro: in
tale ipotesi la quota degli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato,
destinati a formare la riserva legale, deve essere di almeno un quinto degli stessi, fino a
quando la riserva, unitamente al capitale sociale, abbia raggiunto l’importo di euro
10.000,00. La riserva così costituita può essere solo imputata a capitale ovvero destinata
alla copertura di eventuali perdite, con l’obbligo di reintegrarla qualora diminuisca per
qualsiasi ragione.
La scelta di prevedere un capitale simbolico, ma “a formazione progressiva”,
mutuata dal modello tedesco, pare in qualche misura collegabile a disposizioni dettate in
altri contesti in tema di perdita del capitale sociale.
Nell’ambito della disciplina delle start up innovative, infatti, sono previste
regole peculiari in tema di riduzione del capitale per perdite sia con riferimento alla
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
fattispecie della perdita superiore al terzo, sia in relazione all’ipotesi di quella oltre al
minimo.
Invero l’art. 26 del Decreto sviluppo, al primo comma, stabilisce che, in caso di
perdita oltre al terzo del capitale sociale, quest’ultima deve risultare a meno di un terzo
entro il secondo esercizio successivo. Per contro, in caso di perdita che riduca il capitale
al di sotto del minimo, l’assemblea, convocata senza indugio dagli amministratori, può
sia ridurre immediatamente il capitale e contemporaneamente aumentarlo ad una cifra
non inferiore al minimo, sia rinviare tale decisione alla chiusura dell’esercizio
successivo senza che operi la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita
del capitale. Se entro l’esercizio successivo il capitale non risulta reintegrato al di sopra
del minimo, l’assemblea deve adottare i noti provvedimenti e quindi o ridurre e
aumentare il capitale almeno al minimo, o trasformare la società, o porla in
scioglimento.
Si tratta quindi di disposizioni che derogano in modo sensibile alla disciplina
comune sia della s.p.a. sia della s.r.l., anche se vengono in considerazione, come tutte le
regole peculiari delle start up, per un periodo limitato di tempo e precisamente per i
primi quattro anni dalla costituzione.
Sussistono ancora disposizioni che sembrano collocarsi sullo stesso piano, ma
che in realtà si inseriscono in uno scenario profondamente diverso: si tratta delle regole
contenute nell’art. 182 sexies l. f. in tema di concordato preventivo e di accordi di
ristrutturazione dei debiti.
Anche in questo caso il legislatore sospende l’applicazione delle norme in tema
di riduzione del capitale per perdite oltre il terzo e sotto il minimo, sia nell’ambito delle
s.p.a. sia in quello delle s.r.l., per un periodo circoscritto di tempo, che va dal deposito
della domanda per l’ammissione al concordato preventivo o per l’omologazione
dell’accordo di ristrutturazione o della proposta di accordo sino all’omologazione.
Pure in questa ipotesi per tale periodo non opera la causa di scioglimento della
società per riduzione o perdita del capitale sociale.
Decorso tale termine, troveranno applicazione le regole comuni con le varie
alternative in caso di perdita del capitale sociale al di sopra del minimo.
La rilevanza dell'equilibrio finanziario e quindi della possibilità per l'impresa di
generare utili o quanto meno di non produrre perdite, assicurando la continuità
aziendale, rappresenta un elemento rilevante ai fini della redazione del bilancio; il
riequilibrio finanziario è poi l'obiettivo dei piani attestati e dei piani del concordato in
continuità., Gli studi aziendalistici e in tempi più recenti anche giuridici mettono in
rilievo l'importanza fondamentale dell'equilibrio finanziario, anche rispetto a quello
patrimoniale.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
5. La rilevanza dell'equilibrio finanziario.
Il legislatore detta una complessa serie di norme in tema di società di capitali a
garanzia dell'equilibrio patrimoniale. Nel caso di perdite, come è noto, scattano una
serie di obblighi di vario contenuto a carico degli amministratori e la previsione
dell'intervento dell'assemblea. In particolare qualora il capitale sociale a causa di perdite
si riduca al di sotto del minimo vale la regola "ricapitalizza o liquida" (salvo la
trasformazione in società di persone o s.r.l. o anche in s.r.l. con capitale inferiore a
10.000 euro).
Regole analoghe non sono espressamente previste nel caso in cui venga meno
l'equilibrio finanziario e quindi la società sia destinata a produrre in modo irreversibile
in perdita.
Tuttavia l'interprete può "inserire" tale regola a condizione di trovare una norma
che lo giustifichi ed individuarne le conseguenze.
Nell’ambito della disciplina della s.p.a., il legislatore, accanto ai tradizionali
doveri generici, ha introdotto, come si è già rilevato, quello consistente nel conformarsi
ai principi di corretta amministrazione. Ritengo che le regole fondamentali di
governance, sia pure con gli opportuni adattamenti, trovino necessaria applicazione
anche nell’ambito della s.r.l.. In altre parole, mentre le disposizioni suppletive, idonee a
colmare le lacune della disciplina della s.r.l. relativa agli amministratori, possono essere
desunte alternativamente dalla s.p.a. o dalle società di persone, a seconda dei modelli
utilizzati in concreto dai soci, i principi fondamentali della governance (la diligenza,
l’applicazione dei principi di corretta amministrazione, l’agire in modo informato) non
possono non valere anche per la s.r.l., dato il regime di responsabilità limitata che la
accomuna alla s.p.a..
Da tali principi deriva l’obbligo per gli amministratori del monitoraggio dei
rischi di liquidità e solvibilità al fine di verificare la sussistenza dell’equilibrio e della
continuità dell’esercizio.
Qualora vengano individuati rischi di liquidità e solvibilità, gli amministratori, al
di là dell’applicazione delle regole sul capitale, debbono adottare, in ossequio ai principi
di corretta amministrazione, gli opportuni rimedi. Questi ultimi, oltre ovviamente
all’eventuale ricapitalizzazione da parte dei soci, possono, a mio avviso, collocarsi sia
sul piano sostanziale sia su quello fallimentare. Da un lato, gli amministratori potranno
far ricorso alle opportune procedure concorsuali, ma, dall’altro, potrà venire in
considerazione la causa di scioglimento del rapporto sociale per impossibilità
sopravvenuta di conseguire l’oggetto sociale o meglio lo scopo sociale, con il
conseguente passaggio ad una gestione di tipo conservativo.
Infatti, in tale prospettiva si colloca l’ipotesi di scioglimento del rapporto sociale
per la sopravvenuta antieconomicità dell’esercizio dell’attività sociale. In questo caso
non sopravvengono circostanze esterne alla società che rendano impossibile l’esercizio
dell’attività comune, né circostanze interne alla società che facciano venir meno i
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
presupposti personali o patrimoniali - finanziari necessari per la continuazione
dell’attività economica. Nel caso in esame sopravvengono circostanze che incidono non
sulla possibilità di esercitare l’attività, ma sulla possibilità di conseguire il risultato a cui
è diretto l’esercizio dell’attività comune.
Un’interpretazione della regola in esame (la sopravvenuta impossibilità di
conseguire l’oggetto sociale determina lo scioglimento del rapporto sociale), legata alla
lettera della medesima, potrebbe condurre ad escludere dall’ambito dell’impossibilità
sopravvenuta rilevante quella che, appunto, non incide sull’oggetto, ma concerne lo
scopo. L’analisi storica, sistematica e degli interessi in gioco giustifica, per contro, la
lettura ampia.
Sotto il profilo sistematico è necessario rilevare come il rapporto sociale sia
necessariamente soggetto a scioglimento nelle ipotesi in cui vengano meno gli
“elementi” tipici del modello società, e, tra questi, la possibilità di raggiungere lo scopo
della società.
La conclusione risulta avvalorata, nel contesto della disciplina societaria, dalla
stessa rilevanza esterna del modello organizzativo. In altre parole, la riconduzione
dell’antieconomicità della gestione alle ipotesi di scioglimento del rapporto sociale
trova giustificazione non solo nell’ottica interna, degli interessi dei soci, ma anche
nell’ottica esterna, degli interessi, in particolare, dei creditori.
L’esercizio di un’attività stabilmente ed irreversibilmente destinata a produrre
perdite non può che pregiudicare gli interessi dei creditori stessi.
La “logica” del contratto di società - riguardata sotto il profilo dei rapporti
interni, sia nell’ottica dei rapporti esterni - impone quindi di equiparare, quale causa
dello scioglimento del rapporto sociale, l’impossibilità di conseguire lo scopo sociale a
quella di conseguire l’oggetto sociale (in senso stretto).
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IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
LA RILEVANZA PENALE DELL’ABUSO
DEL DIRITTO
Il contributo si apre con alcune riflessioni in tema di ricerca della definizione
dell’abuso del diritto; successivamente, l’attenzione viene spostata sui profili penalistici
della figura, con particolare riferimento alle previsioni incriminatrici che richiamano
condotte di abuso del diritto e all’elemento soggettivo.
di CIRO SANTORIELLO
1. L’abuso del diritto: una sommaria definizione.
Come può evincersi dalla radice etimologica del termine (ab-uti) con
l’espressione “abuso del diritto” si suole indicare un limite all’esercizio di un
determinato diritto soggettivo. La particolarità di questa figura, tuttavia, è data dal fatto
che nel caso di specie il limite non è dettato dalla medesima norma che attribuisce la
facoltà giuridica esercitata né è previsto in via generale da un’altra specifica
disposizione dell’ordinamento ma è rinvenuto in via di interpretazione dall’operatore
giuridico allorquando costui, valutando la condotta del singolo, ritenga che il
comportamento di questi si ponga in contrasto con gli scopi etici e sociali per il cui il
diritto stesso è riconosciuto e tutelato dal legislatore.
Riflessioni e studi circa la possibile rilevanza di tale difformità fra l’esercizio di
una propria posizione o potere giuridico e le ragioni per cui tale facoltà è attribuita e
1
2
tutelata a livello normativo sono presenti da tempo nella dottrina italiana ed è ormai
1
Appunto, con riferimento all’abuso del diritto, di difformità dell’esercizio dalla ragione della
tutela legislativa parla PANDEMIGLIO, L’abuso del diritto nei trattati di Nizza e Lisbona, in
Contratto ed Impresa, 2011, 1076.
2
Per una indicazione bibliografica – che comunque sarà necessariamente parziale, in ragione
della numerosissima mole di lavori pubblicati sul punto –, RESCI GNO, L’abuso del diritto, in
Riv. Dir. Civ., 1965, I, 205; RODOT A’, Note critiche in tema di proprietà, in Riv. Trim., 1960,
1252; GIORGIANNI, L’abuso del diritto nella teoria della norma giuridica, Milano 1963, 129;
NAT OLI, Note preliminari ad una teoria dell'abuso del diritto nell'ordinamento giuridico
italiano, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1958, 18; ROMANO, Abuso. C) Diritto attuale, in Enc.
Dir., vol. I, Milano 1958, 170; CATTANEO, Buona fede obiettiva e abuso del diritto, in Riv.
trim. dir. proc. civ., 1971, 634; GROSSO, Abuso del diritto. A) Diritto romano, in Enc. Dir.,
vol. I, 1958, 161; GUALAZZINI, Abuso del diritto. B) Diritto intermedio, ibidem, 165.
Fra le voci critiche, SCIALOJA, Il “non uso” è “abuso” del diritto soggettivo, in Foro It.,
1961, I, 256; SANT ORO PASSARELLI, Dottrine di diritto civile, Napoli 1954 (4^ ed.),
60;MULLER ERZBACH, L’abuso del diritto secondo la dottrina teleologica, in Riv. Dir.
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
Comm., 1950, I, 89; MAZZONI, Atti emulativi, utilità sociale ed abuso del diritto, in Riv. Dic.
Civ., 1965, I, 205; DOSSETT I, Orientamenti giurisprudenziali in tema di abuso del diritto, in
Giur. It., 1969, I, 1, 1573. Si ricorda anche la posizione di ROT ONDI, L’abuso del diritto, in
Riv. Dir. Civ., 1923, 105, secondo cui l’abuso del diritto “ è un fenomeno sociale, non un
concetto giuridico, anzi uno di quei fenomeni che il diritto non potrà mai disciplinare in tutte le
sua applicazioni…; è uno stato d’animo, è la valutazione etica di un periodo di transizione, è
quel che si vuole, ma non una categoria giuridica”.
Fra gli a utori stranieri, per le voci più risalenti, basterà qui citare JOSSERAND, De l’abus de s
droits, Parigi 1905; ID., De l’esprit des droits et de leur relativité. Théorie dite de l’abus des
droits, Parigi 1939 nonché, nella dottrina tedesca, SIEBERT, Verwirkung und Unzulässigkeit
der Rechtsausübung, Marburg 1934. In senso critico, RIPERT , Abus ou relativé des droits, in
Rev. Crit. De Lègisl. Ed de jurispr., 1929, 30; PLANIOL, T raitè èlèmentaire de droit civil, II,
Paris, 1900, 269, secondo cui “le droit cesse où l’abus commence”.
Più di recente invece, nella sola letteratura italiana, si veda, SACCO, L’abuso della libertà
contrattuale, in Dir. priv., 1997, 217 ss.; SAL VI, Abuso del diritto. I) Diritto civile, in Enc.
Giur., vol. I, Roma 1988; GAMBARO, Abuso del diritto. II) Diritto comparato, ibidem;
MESSINETTI, Abuso del diritto, in Enc. dir., II Agg., Milano, 1998, 1; MARTINES, Teoria e
prassi sull’abuso del diritto, Padova, 2006; GALGANO, Qui suo iure abutitur neminem leadit?,
in Contratto e Impresa, 2011, 311; RESCI GNO, Forme “singolari di esercizio dell’autonomia
collettiva (i concessionari italiani della Renault), ivi, 2010, 589; VETT ORI, L’abuso del diritto,
in Obbl. e contr., 3, 2010, 166; D’AMICO, Recesso ad nutum e abuso del diritto, in Contratti,
5, 2010, 11; NATOLI, Abuso del diritto e abuso di dipendenza economica, ibidem, 524;
SALERNO, Abuso del diritto, buona fede, proporzionalità: i limiti del diritto di recesso in un
esempio di ius dicere “per principi”, in Giur. it., 2010, 809; MAST RORILLI, L’abuso del
diritto e il terzo contratto, in Dann. e resp., 2010, 352; SCOGNAMIGLIO, Abuso del diritto,
buona fede, ragionevolezza (verso una riscoperta della pretesa funzione correttiva
dell’interpretazione del contratto), in Nuova Giur. Civ. Comm., 2011, II, 139; T RUBIANI, Un
ipotesi di utilizzo “scorretto” della risoluzione: un nuovo caso di abuso del diritto?, in Obbl. e
contr., 4, 2011, p. 263; BEGHIN, L’abuso del diritto nelle operazioni internazionali, in Corr.
trib., 12, 2010, p. 957; MACARIO, Recesso ad nutum e valutazione di abusività nei contratti
tra imprese: spunti da una recente sentenza della Cassazione, in Corr. Giur., 2009, 1577;
MAUGERI, Concessione di vendita, recesso e abuso del diritto, in Nuova giur. civ. comm.,
2010, II, 319; CENINI - GAMBARO, Abuso del diritto, risarcimento del danno e contratto:
quando la chiarezza va in vacanza, in Corr. Giur., 2011, 109; RESTIVO, Abuso del diritto e
autonomia privata. Considerazioni critiche a margine di una sentenza eterodossa, in Riv. Crit.
Dir. Priv., 2010, 341; VIGLIONE, Il giudice riscrive il contratto per le parti: l’autonomia
negoziale stretta tra giustizia, buona fede e abuso del diritto, in Nuova giur. civ. comm., 2010,
II, 148; BARALDI, Il recesso ad nutum non è, dunque, ad libitum. La Cassazione di nuovo
sull’abuso del diritto, in Contr. e Impr., 2010, 41; GENT ILI, Abuso del diritto e uso
dell’argomentazione, in Resp. Civ. Prev., 2010, 354; LEVI, L’abuso del diritto, Milano 1993,
120; SACCO, L’esercizio e l’abuso del diritto, in AA.VV., Trattato di diritto civile, diretto da
SACCO, vol. II, Il diritto soggettivo, Torino 2001, 317.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
sempre più frequente il ricorso nelle nostre aule giudiziarie alla figura dell’abuso del
diritto, tanto da potersi sostenere che a giurisprudenza – in specie a quella della
Cassazione – attribuisce pieno riconoscimento all’operatività di tale nozione nell’ambito
del nostro ordinamento giuridico 3. D’altronde, sotto un profilo di teoria generale, le
ragioni dell’affermarsi di tale formula paiono ben fondate e sono anche facilmente
individuabili.
In proposito va osservato come da sempre l’esperienza mostri uno scarto
ineliminabile ed irresolubile fra singole previsioni normative ed esigenze della società e
sicché si afferma con sempre maggiore frequenza che le direttive con cui il diritto
sceglie di regolamentare controversie, rapporti, conflitti di interesse non rispondono alle
modalità di sistemazione ritenute ottimali dalla collettività. Specie in anni più recenti,
questo distacco fra le diverse previsioni e disposizioni dell’ordinamento e le nuove
situazioni bisognose di disciplina ha assunto connotazioni particolarmente intense, tanto
da porre financo in discussione l’assunto che possa essere la legge – con la sua rigidità
contenutistica, la sua astrattezza e la sua lontananza dalla vita dell’uomo concreto - lo
strumento migliore per regolamentare con la necessaria tempestività una realtà sociale
in costante movimento. Proprio questa ineliminabile astrattezza della norma giuridica la quale difficilmente può contemplare tutte le possibili varianti dei comportamenti
concreti – comporta il rischio che ogni singola previsione legislativa attributiva di un
diritto, di una facoltà, di una libertà possa essere utilizzata per la realizzazione di fini
diametralmente contrastanti con lo spirito e la ratio della disciplina legislativa: detto
altrimenti, l’affinarsi delle tecniche commerciali e negoziali fra privati, da un lato, la
ineliminabile vetustà delle previsioni normative rispetto all’esigenze che la collettività
esprime dall’altro, sono circostanze che fanno sempre più emergere il rischio che gli
istituti giuridici e le situazioni soggettive predisposte dal legislatore a vantaggio dei
singoli e per la soddisfazione dei loro legittimi interessi individuali possano essere
concretamente utilizzate per finalità ed obiettivi talvolta immeritevoli di tutela.
In questo quadro si comprende come lo strumento concettuale simboleggiato da
una figura dai contorni sicuramente incerti come l’”abuso del diritto” possa
rappresentare una chiave di soluzione, una modalità per colmare lo iato fra previsione
normativa e rapporti economici o personali ed in effetti la nozione in parola rappresenta
3
In particolare, per un primo espresso ed indiscutibile riconoscimento del legittimo ricorso alla
figura dell’abuso del diritto nell’ambito dei rapporti fra privati, cfr. Cass., 15 novembre 1960, n.
3040, in Foro It., 1961, I, 256, dove si legge che l’abuso ricorre “ogniqualvolta un diritto
attribuito dalla legge venga utilizzato dal suo titolare in modo non conforme alla funzione
economico-sociale per la quale lo stesso è protetto dall’ordinamento”; PATTI, Abuso del diritto,
in Digesto Priv., sez. comm., vol. I, T orino 1987, 1; GAMBARO, Abuso del diritto. II) Diritto
comparato e straniero, in Enc. Giur., vol. I, Roma 1988, 1.
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60
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
da sempre uno dei “correttivi più noti”4all’inefficienza che spesso caratterizza la
disciplina normativa 5. In sostanza, la funzione della figura giuridica allo studio è quella
di “riporre un duttile strumento nelle mani dei giuristi (dei giudici, e con modalità
diverse, dei dogmatici) al fine di introdurre un correttivo extra ordinem nella trame del
diritto puramente legale, e ciò in forza di una delega che viene attribuita all’interprete
6
dal legislatore oppure, a seconda dei casi, che l’interprete si autoattribuisce” : quando,
nel concreto articolarsi dei rapporti umani, l’ordinamento mostra la sua inefficienza e
l’attribuzione di un diritto, effettuata in via generale ed astratta dalla norma, finisce per
disattendere nel caso concreto le finalità che giustificano l’attribuzione medesima, il
giudice – o l’interprete – può rifiutarsi di tollerare, di ritenere legittima tale situazione e
vi pone rimedio contestando l’abuso del diritto – o meglio, affermando il divieto di
abusare dal proprio diritto7.
Come magistralmente affermato da uno degli autori che per primo si è
interessato al tema in parola “nei suoi limiti e nella sua vocazione, la dottrina dell’abuso
4
PATTI, Abuso del diritto, cit., 1.
Efficace l’espressione di GAMBARO, Abuso del diritto, cit., 1, che riconnette il ricorso alla
figura in discoro ad ipotesi di “ fallimento della programmazione normativa”.
6
PINO, L’abuso del diritto fra teoria e dogmatica (precauzioni per l’uso), in AA.VV. (a cura di
MANIACI), Eguaglianza, ragionevolezza e logica giuridica, MILANO 2006, 117. Dello stesso
autore, cfr. L’esercizio del diritto soggettivo ed i suoi limiti. Note a margine della dottrina
dell’abuso del diritto, in Ragion Pratica, 24, 2005, 161.
7
Come è evidente, le ragioni della “ fortuna” e del sempre più frequente ricorso alla figura
dell’abuso del diritto sono assolutamente analoghe ai motivi che hanno segnato l’affermarsi
dell’utilizzo delle clausole generali nell’ambito del diritto privato.
In entrambi i casi si è in presenza – per utilizzare le parole di una lontano autore che per primo
riconobbe l’indispensabile ricorso alle clausole generali – di “organi respiratori che la
legislazione possiede per poter vivere e conservarsi pur salendo ad altezze dove l’aria si fa
sempre più ossigenata e frizzante” (POLACCO, La scuola di diritto civile nell’ora presente.
Prolusione al corso di diritto civile del 17 dicembre 1918, in Riv. Dir. Civ., 1919, 116) ed in
effetti tanto le clausole generali che la figura dell’abuso del diritto sono strumenti – le prime di
fonte legislativa, la seconda di origine pretoria – caratterizzati da un canone di generalità tale da
consentire al giudice “ tutti gli sviluppi che i tempi nuovi domandano” (ancora POLACCO, op.
cit.).
Nello stesso senso, DONATI, Il problema delle lacune nell’ordinamento giuridico, Milano
1910, 208, secondo cui le clausole generali sono “ i mezzi più idonei … che il legislatore abbia a
sua disposizione per far sì che l’ordinamento giuridico si mantenga adeguato alle nuove e
diverse esigenze sociali”
5
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
61
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
finisce con testimoniare l’antica miseria del diritto e la pena del giurista che cerca di
riscattarla” 8.
2. Qualche cenno sull’affermarsi della figura dell’abuso del diritto
nell’esperienza italiana.
Nella vigenza del codice civile del 1865, la magistratura - coerentemente con
l’impostazione rigidamente positivistica e con l’adesione alla teoria pandettistica che
allora esprimevano tanto i giudici che la cultura giuridica italiana - ha assunto un
atteggiamento di chiusura assoluta verso l’utilizzo della figura dell’abuso del diritto,
negando qualsiasi possibilità di sanzionare o di reagire giuridicamente all’esercizio
9
abusivo di un diritto, riconnettendo a tali condotte una sanzione solo morale .
La situazione non venne a modificarsi neppure dopo l’entrata in vigore del
nuovo codice civile. In realtà, nel progetto preliminare di tale corpus normativo era stata
introdotta una clausola generale, all’art. 7, la quale recitava che “nessuno può esercitare
il proprio diritto in contrasto con lo scopo per il quale il diritto medesimo gli è stato
riconosciuto”. Tale previsione – come è noto – venne poi eliminata nel testo definitivo e
proprio sulla scorta di tale esclusione divenne agevole sostenere che il legislatore
rimaneva ancorato ad una visione del giudice quale mero esecutore di una volontà
normativa espressa da un potere legislativo sovrano e sistematizzata da una scienza
giuridica a quest’ultimo socialmente omogenea; contro questa conclusione a nulla
valsero le istanze dirette ad individuare un nuovo equilibrio fra le opposte esigenze della
certezza della norma e della giustizia del caso singolo “in connessione con le necessità
10
ambientali e le concezioni etico-giuridiche delle varie società e dei vari tempi” , né
trovarono ascolto le preoccupazioni di chi evidenziava il rischio che l’opera del giurista
divenisse “sempre più meschina di fronte alla grandiosità, alla complessità, alla vivacità
di certi fenomeni” 11.
Le perplessità sopra illustrate sono venute meno dopo l’approvazione della
nostra Carta fondamentale. Come è noto, nella Costituzione manca una qualsiasi
clausola generale che vieti in modo espresso di abusare di un diritto o di un potere e ciò
8
Il già citato RESCIGNO, L’abuso del diritto, in Riv. Dir. Civ., 1965, I, 205, ma ora presente
anche in ID., L’abuso del diritto, Bologna 1998, 11.
9
SCIALOJA, Degli atti d’emulazione nell’esercizio dei diritti, in Foro It., 1878, I, 481.,
secondo cui tale teorica è “ segnata in ogni sua parte dello stampo di quel medioevo nel quale
andavano sempre confuse le idee di diritto, morale e religione”.
In giurisprudenza, Cass., 8 febbraio 1940, in Mass. Foro It., 1940, 73
10
CARRARO, Valore attuale della massima fraus omnia corrumpit, in Riv. Trim. dir. Proc.
Civ., 1949, 783.
11
VASSALLI, Della legislazione di guerra e dei nuovi confini del diritto privato, in Studi
giuridici, Milano 1960, II, 359.
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
ha consentito alla giurisprudenza, per lungo tempo, di affermare che “la violazione dei
doveri generici di lealtà e correttezza è fonte di responsabilità per danni solo quanto
concreti la violazione di un diritto altrui, riconosciuto in base ad altre norme”12.
Tuttavia, l’evidente impostazione solidaristica e comunitaria che sorregge numerose
disposizioni della Carta ha spinto diversi autori a rinvenire un fondamento
costituzionale ad istituti e figure come l’”abuso del diritto” o la “buona fede
contrattuale”, recuperando un collegamento fra tali nozioni e le prescrizioni di cui agli
artt. 2 (con il richiamo ivi presente ai doveri di “solidarietà politica, economica e
sociale”), 3, comma 2 (che indica una dimensione sostanziale dell’uguaglianza), 41
(sull’iniziativa economica privata, che è libera, ma “non può svolgersi in contrasto con
13
l’utilità sociale”), 42 (che fa riferimento alla “funzione sociale” della proprietà) Cost. .
Tuttavia, la diversa impostazione generale e la distanza anche in termini di
contenuti concreti e puntuali che indiscutibilmente poteva – e può tuttora -riscontrarsi
fra le prescrizioni della Carta fondamentale ed il nostro codice civile ha reso
indispensabile individuare strumenti ed istituti in grado di assicurare al dato normativo
del 1942 una maggiore aderenza ad una realtà la cui evoluzione si è rivelata di giorno in
giorno più accelerata e multidirezionale. E’ stata la giurisprudenza14 ad assumersi
l’onere di tale interpretazione adeguatrice delle disposizioni ordinarie rispetto ai predetti
principi fondamentali: a fronte dell’inerzia del legislatore ordinario ed in assenza di
un’apposita previsione normativa idonea a reprimere l’abuso del diritto in via generale
ed assoluta, sono stati infatti prevalentemente gli organi giurisdizionali ad individuare
ipotesi in cui – pur in assenza di puntuali violazioni di singole prescrizioni - la
difformità fra le ragioni di attribuzione di un diritto e le finalità per il cui perseguimento
tale diritto veniva in concreto esercitato erano di tale rilievo da connotare di illegittimità
la condotta del singolo.
12
Cass. Civ., sez. I, 16 febbraio 1963, n. 357, in Foro Padano, 1964, I, 1283, con nota critica di
RODOT A’, Appunti sul principio di buona fede.
13
Per una valorizzazione dei rapporti fra le clausole generali presenti nel codice civile e le citate
disposizioni della Costituzione, cfr. NAT OLI, Clausole generali e principi fondamentali
davanti alla Corte di cassazione, in Legge, giudici, giuristi. Atti del convegno di Cagliari 18-21
maggio 1981, Milano 1982, 252; BIGLIAZZI GERI, A proposito di ideologia e diritto,
ibidem,310; RODOT A’, Condizioni generali di contratto, buona fede e poteri del giudice, in
Condizioni generali di contratto e tutela del contraente debole, Milano 1970, 219
14
Pur con frequenti oscillazioni. In particolare, in diverse occasioni è dato riscontrare che anche
laddove le decisioni valorizzano l’intento fraudolento del soggetto agente nell’esercitare un
diritto a lui attribuito dall’ordinamento, la sanzione per tale condotta non è rinvenuta in una
figura di carattere generale ricavabile in via interpretativa – come appunto l’abuso del diritto o
similiari -, bensì facendo applicazioni di specifiche disposizioni che vincolerebbero l’esercizio
di determinate facoltà a precisi presupposti di fatto e di diritto: cfr., Cass. civ., sez. un., 27
giugno 1961, n. 1553, in Foro It., 1961, I, 1454.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
63
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
Il cammino giurisprudenziale ebbe inizio dalla materia dei diritti reali, ambito
nel quale il controllo del giudice veniva agevolato – e con maggiore facilità poteva
quindi affermarsene la legittimazione – dalla presenza del disposto di cui all’art. 833
cod. civ.. Sulla base di tale disposizione la Cassazione ha potuto agevolmente definire
l’abuso come una situazione ricorrente “ogni qualvolta un diritto attribuito dalla legge
venga utilizzato dal suo titolare in modo non conforme alla funzione economico-sociale
per la quale lo stesso è protetto dall’ordinamento positivo”: in tali situazioni, la cui
individuazione concreta e caso per caso era evidentemente rimessa alla valutazione
discrezionale del singolo organo giurisdizionale, la giurisprudenza ha cominciato a
riconnettere alla condotta eccedente i limiti del diritto esercitato una possibile
responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 15.
Successivamente, l’ambito di operatività dell’istituto in esame è venuto ad
estendersi, sempre grazie all’attività pretoria, ai rapporti contrattuali, laddove il divieto
di abusare del proprio diritto – ovvero delle diverse posizioni giuridiche di vantaggio
che le clausole negoziali eventualmente attribuivano ad una delle parti contraenti – è
stato ricavato dalla previsione di un obbligo di buona fede nell’esecuzione dei relativi
adempimenti.
Esemplificativamente, si è perciò ritenuto violativo del predetto criterio di buona
fede il comportamento di una compagnia di assicurazione che, eccependo la
sospensione del contratto ex art. 1912 cod. civ., si fosse poi rifiutata di risarcire il
sinistro adducendo il mancato pagamento del premio dopo che, per vari anni, aveva
riscosso i premi per mezzo di un proprio incaricato16; si è ritenuto decaduto dal diritto di
esigere il proprio credito il mutuante privilegiato quando, dopo aver chiesto al
mutuatario di assicurare a proprio favore il bene oggetto di privilegio, verificatosi il
perimento del bene abbia dichiarato di voler profittare dell’assicurazione senza però far
valere effettivamente il diritto all’indennità, aggravando così la posizione del debitore 17;
con riferimento alla disciplina in tema di società per azioni, si è rinvenuto un’ipotesi di
abuso del diritto quando la maggioranza abbia deliberato un aumento di capitale al solo
scopo di liberarsi di una scomoda minoranza, nella consapevolezza che questa non fosse
in grado di sottoscrivere le azioni di nuova emissione 18; analoghe conclusioni sono state
pure assunte con riferimento allo svolgimento di un rapporto contrattuale di agenzia 19,
in caso di esercizio mala fide del diritto di opzione ex art. 1331 cod. civ, di ingiustificato
15
Cfr., ad esempio, Cass., 15 novembre 1960, n. 3040
Cass., civ., 8 novembre 1984, n. 5639, in Foro It., 1985, I, 2050. Nello stesso senso, Cass.
civ., 9 settembre 1987, n. 1372, in Mass. Uff., n. 450830.
17
Cass. civ., 25 luglio 2000, n. 9728, in Mass. Uff., n. 538751.
18
Trib. Roma, 28 febbraio 1983, in Foro It., 1984, I, 1986; Trib. Milano, 20 giugno 1991, in
Giur. It., 1992, I, 2, 186.
19
Cass. civ., 18 dicembre 1985, n. 6475, in Giur. It., 1986, I, 2, 1650
16
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
recesso dal contratto già concluso20, in caso di intenzionale causazione di un altrui stato
di insolvenza con conseguente dichiarazione di fallimento 21. Infine, la figura in esame è
stata applicata (non più solo a proposito di rapporti negoziali ed obbligatori, ma anche
in termini più generali ovvero) con riferimento ad istituti quali la trascrizione
immobiliare – laddove, in caso di doppia alienazione immobiliare la giurisprudenza è
22
giunta a parlare di “abuso della trascrizione” - o nell’ipotesi di fraudolenta trascrizione
di una domanda giudiziale introduttiva del giudizio civile 23 o infine con riferimento
all’operatività dei termini di decadenza 24.
A questo punto i tempi erano maturi per un riconoscimento definitivo della
rilevanza della figura dell’abuso del diritto e per la piena cittadinanza di tale strumento
nel nostro ordinamento. Le ultime remore probabilmente vennero superate quando la
Cassazione, spinta se non addirittura obbligata dalla giurisprudenza della Corte di
Giustizia in materia tributaria, ritenne indispensabile ricorrere alla nozione di “abuso del
diritto” per far fronte alla progressiva diffusione dei comportamenti elusivi dei
contribuenti e con le tre decisioni delle sezioni unite nn. 30055, 30056, 30057 del 23
dicembre 2008 ammise esplicitamente la sanzionabilità del compimento di atti anche
non espressamente vietati, qualora il giudice li ritenga posti in essere al solo scopo di
ottenere una riduzione del carico di imposta.
L’abuso del diritto entrava così a pieno titolo nell’armamentario del giudice e la
Cassazione giungeva a darne anche una compiuta definizione affermando che tale
situazione ricorre “quando il titolare di un diritto soggettivo, pur in assenza di divieti
formali, lo eserciti con modalità non necessarie ed irrispettose del dovere di correttezza
e buona fede, causando uno sproporzionato ed ingiustificato sacrificio della controparte
contrattuale, ed al fine di conseguire risultati diversi ed ulteriori rispetto a quelli per i
quali quei poteri o facoltà furono attribuiti. Ricorrendo tali presupposti, è consentito al
20
Cass. civ., 11 febbraio 1980, n. 960, in Giust. Civ., 1980, I, 1947.
Cass. civ., 19 settembre 2000, n. 12405, in Foro It., 2001, I, 2326.
22
Cass., cvi., 8 gennaio 1982, n. 76, in Foro It., 1982, I, 93, secondo cui “ l'acquirente di un
immobile, il quale, pur conoscendo l'avvenuta vendita dello stesso bene effettuata dal proprio
alienante, nonché la mancata trascrizione del relativo contratto da parte del compratore,
determini, mediante la trascrizione del suo titolo, la inopponibilità a sé del pregresso
trasferimento, risponde dei danni subiti dal primo acquirente, a norma dell'art. 2043 cod. civ., in
quanto pone in essere, in violazione delle norme di correttezza, una condotta di cosciente
cooperazione nell'inadempimento dello alienante verso tale primo acquirente, implicante la
definitiva perdita dei diritti allo stesso derivanti dal precedente contratto”. Nello stesso senso,
Cass. civ., 15 giugno 1988, n. 4090, in Arch. Civ., 1988, 146.
23
T rib. Milano, 7 agosto 1988, in Giur. It., 1999, 524; T rib. Roma, 19 settembre 1995, in Riv.
Dir. Proc. Civ., 1997, 1239.
24
Cass. civ., 8 febbraio 1989, n. 786, in Arch. Civ., 1989, 491, con riferimento al termine di
decadenza del creditore ex art. 1957 cod. civ..
21
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65
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
giudice di merito sindacare e dichiarare inefficaci gli atti compiuti in violazione del
divieto di abuso del diritto, oppure condannare colui il quale ha abusato del proprio
diritto al risarcimento del danno in favore della controparte contrattuale, a prescindere
dall'esistenza di una specifica volontà di nuocere, senza che ciò costituisca una
ingerenza nelle scelte economiche dell'individuo o dell'imprenditore, giacché ciò che è
censurato in tal caso non è l'atto di autonomia negoziale, ma l'abuso di esso” 25.
3. La rilevanza penalistica dell’abuso del diritto. La possibile violazione dei
canoni di tassatività e determinatezza propri del diritto criminale…
Dopo questa breve – ma non troppo – premessa, è il momento di verificare se il
cosiddetto “divieto di abuso del diritto” abbia una rilevanza anche all’interno
dell’ordinamento penale ed in particolare se le condotte che possono meritare la
qualifica di “abuso delle proprie facoltà giuridiche” – o altre similari come quella di
“elusione della legge nazionale” o comportamenti “in frode alla legge” – possano
trovare sanzione anche nell’ambito del nostro sistema criminale.
Non poche voci si sono levate e continuano a levarsi contro una soluzione
positiva a tale quesito. Come detto, la teorica dell’abuso tende a stigmatizzare le
condotte di quanti utilizzano una loro posizione giuridica, che pure trae legittimazione
da specifiche norme sostanziali o processuali, per farne conseguire effetti che, a seguito
di una non superficiale considerazione delle concrete circostanze della vicenda,
appaiono incongrui, o addirittura incompatibili, con la ratio sottesa al dettato
25
Cass. civ., sez. III, 18 settembre 2009, n. 20106.
Commenti alla decisione possono leggersi in GIORGINI, Recesso ad nutum secondo
ragionevolezza, in Rass. Dir. Civ., 2010, 579; PANETT I, Buona fede, recesso ad nutum e
investimenti non recuperabili dell'affiliato nella disciplina dei contratti di distribuzione, in Riv.
Dir. Civ., 2010, II, 653; MAST RORILLI, L'a buso del diritto e il terzo contratto, in Danno
Resp., 2010, 347; D'AMICO, Recesso ad nutum, buona fede e abuso del diritto, in Contratti,
2010, 5; PALMIERI – PARDOLESI, Della serie "a volte ritornano": l'abuso del diritto alla
riscossa, in Foro It., 2010, I, 85; ORLANDI, Contro l'abuso del diritto, in Nuova Giur. Civ.
Comm., 2010, II, 129; SCOGNAMI GLIO, Abuso del diritto, buona fede, ragionevolezza (verso
una riscoperta della pretesa funzione correttiva dell'interpretazione del contratto?), ibidem,
140; SALERNO, Abuso del diritto, buona fede, proporzionalità: i limiti del diritto di recesso in
un esempio di jus dicere "per principi", in Giur. It., 2010, I, 809; MONT ELEONE –
SCAGLIONE, Clausola di recesso ad nutum dal contratto e abuso del diritto. Abuso di potere
contrattuale e dipendenza economica, ibidem, 556; DELLI PRISCOLI, Abuso del diritto e
mercato, in Giur. Comm., 2010, II, 828; BARCELLONA, Buona fede e abuso del diritto di
recesso ad nutum tra autonomia privata e sindacato giurisdizionale, ivi, 2011, II, 286; CENINI
– GAMBARO, Abuso di diritto: risarcimento del danno e contratto: quando la chiarezza va in
vacanza, in Corr. Giur., 2011, 109.
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
legislativo 26. Il problema dell’abuso del diritto, dunque, può essere considerato come
un’ipotesi in cui l’attribuzione di una certa facoltà giuridica, effettuata in via generale ed
astratta dall’ordinamento, finisce per disattendere nel singolo caso proprio le finalità che
giustificano tale titolarità, determinando così una situazione che l’ordinamento non
dovrebbe e non può tollerare.
Proprio questa impostazione renderebbe, secondo molti, inconfigurabile un
ricorso, in sede penale, alla teorica dell’abuso del diritto. Secondo questa posizione,
sanzionare in sede penale comportamenti conformi al diritto sulla base della sola finalità
che il soggetto agente persegue con la sua condotta significherebbe attribuire al giudice
un potere di interpretazione della disposizione fortemente discrezionale, laddove i limiti
per l’esercizio del diritto non vengono rinvenuti solo sulla base di quanto espressamente
dispone la norma che attribuisce la facoltà esercitata, ma vengono anche ricostruiti alla
luce degli obiettivi (nella ricostruzione che ne opera il giudicante) che l’ordinamento
intende perseguire con il riconoscimento al singolo del diritto esercitato nel caso
concreto.
Ciò comporta, in primo luogo, un contrasto con le posizioni di quanti, vicini al
pensiero liberale e fortemente ancorati ad una visione individualistica dell’agire privato,
attribuiscono allo Stato il solo compito di assicurare il libero godimento dei diritti
individuali, di talché il ricorso alla figura dell’abuso del diritto – quand’anche
formalmente espressa in una norma di legge – rappresenterebbe comunque una
pericolosa intrusione della macchina statuale nell’ambito delle sfere di libertà che
l’ordinamento garantisce ai singoli.
A prescindere da tale considerazione – la cui attualità può evidentemente
revocarsi in dubbio dopo l’entrata in vigore della Costituzione del 1948 e
contestualmente al radicarsi nella coscienza sociale dell’idea che l’esercizio dei diritti
soggettivi non si possa risolvere nella sfera egoistica del titolare, ma debba inserirsi
27
nella rete degli interessi perseguiti dalla comunità politica nel suo complesso - vi è
26
Su tale definizione, ex multis, oltre agli autori citati in precedenza PELLIZZI, Exceptio doli
(diritto civile), in N.ss. Dig. It., vol. VI, Torino 1960, 1077; NANNI, L’uso giurisprudenziale
dell’exceptio doli generalis, in Contr. Impresa, 1986, 213; PATTI, Abuso del diritto, in Digesto
Priv., sez. civ., vol. I, Torino 1987, 1; VIARO, Abuso del diritto ed eccezione di dolo generale,
76; MERUZZI, L’exceptio doli dal diritto civile al diritto commerciale, nella collana Le
monografie di Contratto ed Impresa, Padova 2005, 458.
27
Sul punto, senza alcuna pretesa di completezza, COGLIANDRO, Rule of la w. La possibilità
del contenuto morale del diritto, Milano 2012; RODOT A’, Il terribile diritto, 3^ ed., Bologna
2013; BARCELLONA, Proprietà (tutela costituzionale), in Dig. Priv., sez. civ., vol. XV,
Torino 1997, 456; RESCIGNO, Per uno studio sulla proprietà, in Riv. Dir. Civ., 1972, 1;
FERRI, La formula “funzione sociale” dalle idee del positivismo giuridico alle scelte del
legislatore del 1942, in Riv. Dir. Priv., 2003, 681.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
poi da considerare come, secondo quanto da più parti sottolineato, il riconoscimento di
una possibile sanzione per l’esercizio smodato di proprie facoltà giuridiche possa
risolversi in un inaccettabile sacrificio del valore della certezza del diritto, venendosi a
subordinare l’uso delle facoltà e dei poteri riconosciuti dalla legge ad uno standard
evanescente e tale da rimettere interamente alla valutazione discrezionale del giudice la
qualificazione della correttezza dei diversi comportamenti individuali 28. In effetti, quale
che siano le espressioni utilizzate dal legislatore o dalla giurisprudenza per descrivere la
condotta di abuso e per quanto analitica venga ad essere la relativa fattispecie normativa
è comunque al singolo giudice che viene ad essere rimessa da un lato l’individuazione
dei singoli comportamenti qualificabili nei termini suddetti, e dall’altro le modalità ed in
particolare gli indici, gli aspetti della concreta vicenda, sulla base dei quali concludere
che vi sia stato o meno illegittimo utilizzo di un potere giuridico – il che, chiaramente,
presenta profili di ancora maggiore complessità quando si verta in materia penalistica 29.
Nel senso che il ricorso al divieto di abuso del diritto avrebbe determinato una progressiva
erosione del principio della assoluta discrezionalità ed immunità da ogni forma di controllo
degli atti compiuti nell’ambito dell’autonomia privata, consentendo il passaggio da una morale
dell’economia di stampo liberale ad una di tipo sociale, PATTI, Abuso del diritto, cit., 8.
28
Cfr. SALVI, Abuso del diritto. I) Diritto civile, in Enc. Giur., I, Roma 1988, 5; MESSINA,
L’abuso del diritto, Napoli 2004, 9; PELOSI, Riflessioni su recenti orientamenti
giurisprudenziali in tema di causa del contratto e di abuso del diritto, in AA.VV., Elusione ed
abuso del diritto tributario, a cura di MAI ST O, Milano 2009, 55; PANNARALE, L’abuso del
diritto visto dai giudici, in Soc. Diritto, 2001, 2, 173; DE CARIA. La nuova fortuna dell’abuso
del diritto nella giurisprudenza di legittimità: la Cassazione sta “abusando dell’abuso”? Una
riflessione sul piano costituzionale e della politica del diritto, in Giur. Cost., 2010, 3627.
29
Profilo sottolineato dalla pressoché totalità dei commentatori della decisione della Cassazione
sul caso “ Dolce e Gabbana” (Cass., sez. V, 22 novembre 2011, Gabbana, in Società, 2012, 692):
PERINI, La tipicità inafferrabile ovvero elusione fiscale "abuso del diritto" e norme penali, in
Riv. Trim. Dir. Proc. Pen., 2013, 731; T ROYER, La rilevanza penale dell’elusione fra Suprema
Corte e legislatore dopo la sentenza D&G, in Società, 2012, 692; VENEZIANI, Elusione,
“esterovestizione” e dichiarazione infedele, in Dir. Pen. Proc., 2012, 863; CORSO, Una
elusiva sentenza della Corte di cassazione sulla rilevanza penale dell’elusione, in Corr. Trib.,
2012, 1074; FLORA, Perché “l’elusione fiscale” non può costituire reato (a proposito del
“caso Dolce & Gabbana”), in Riv. Trim. Dir. Pen. Ec., 2011, 865; D’AVRRO, L’elusione
entra a torto nell’illecito penale tributario, in Corr. Giur., 2012, 493; MENARDO, Sulla
rilevanza penale dell’elusione fiscale, in Giur. It., 2013, 657; LUNGHINI – VALENTINI,
Irrilevanza penale dell’elusione ed inutilizzabilità delle presunzioni tributarie, in Corr. Mer.,
2011, 967; T ROYER – INGRASSIA, Eslcusa nuovamente la tipicità dell’elusione. A margine
di un noto caso di esterovestizione fra divieto di presunzioni legali nel processo penale e libertà
di stabilimento, in Riv. Dott. Comm., 2011, 441.
In senso favorevole a questa decisione, D’ARCANGELO, Le condizioni per la rilevanza penale
dell’elusione fiscale, in Società, 2013, 1336.
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
4. … e le previsioni incriminatrici che richiamano condotte di abuso del
diritto
Le conclusioni che hanno chiuso il paragrafo precedente appaiono in realtà
eccessive nonché in radicale contrasto con l’atteggiamento che sul punto sta assumendo
la giurisprudenza penale maggioritaria, la quale, come è noto, da circa un paio di anni fa
sempre più ricorso alla categoria dell’abuso del diritto. In particolare, diverse e recenti
decisioni della Cassazione paiono riconoscere rilievo a tale modalità di comportamento
nel settore del diritto penale tributario sostenendo che la violazione penalmente
rilevante della normativa fiscale può realizzarsi (non solo mediante la realizzazione
pedissequa delle ipotesi descritte e punite negli artt. 2, 3 e 4 d.lgs. n. 74 del 2000, ma)
anche per il tramite della conclusione di atti negoziali, utilizzo di scelte imprenditoriali
ecc. di per sé conformi ai poteri ed alla discrezionalità del contribuente e
dell’imprenditore ma che – in ragione delle finalità in concreto perseguite (ovvero il
risparmio fiscale o l’integrale omesso pagamento dell’imposta) – realizzano una
condotta vietata30.
Certo, a questa posizione giurisprudenziale potrebbe replicarsi sostenendo che
per l’appunto si tratta della conseguenza di un’ardita operazione ermeneutica portata
avanti dai giudici, che non intendono rassegnarsi alla presa d’atto che nel nostro
ordinamento penale manca una qualsiasi forma di sanzione di condotte di abuso del
diritto e che per l’appunto suppliscono a questa lacuna (o meglio a questa situazione che
loro qualificano come lacuna) dilatando oltre ogni misura l’ambito di prensione di
fattispecie incriminatrici costruite con tutt’altra finalità. Il punto tuttavia è che non pare
corretto sostenere che l’ingresso nell’ambito penalistico dell’”abuso del diritto” sia un
fenomeno dovuto essenzialmente al contributo dell’interpretazione giudiziale, giacché a
ben vedere numerose fattispecie criminose presenti da sempre nel nostro diritto penale
altro non sono che ipotesi sanzionatorie di comportamenti di esercizio smodato ed
illecito di proprie facoltà giuridiche e negoziale.
Per rendersene conto basti considerare alcune previsioni criminose e vedere
come esse presuppongono – o meglio come esse descrivano – per l’appunto una
condotta che si concreta in un abuso del diritto. Pensiamo ad esempio ad una
disposizione del codice penale forse di raro utilizzo nelle aule di giustizia ma
Più in generale, MUCCIARELLI, Abuso del diritto, elusione fiscale e fattispecie incriminatrici,
in AA.VV., Elusione ed abuso del diritto tributario, cit., 421; SALCUNI, Abuso del diritto ed
elusione fiscale: fra offensività e determinatezza, in Riv. Trim. Dir. Pen. Ec., 2013, 110;
FASANI, L’irrilevanza penale dell’elusione tributaria, in Società, 2012, 791.
30
Chiaro il riferimento alla decisione Cass., sez. II, 22 novembre 2011, Dolce, in Mass. Uff., n.
252019. Decisione che ha comunque trovato seguito in Cass., sez. V, 23 maggio 2013, Della
Gatta, inedita.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
assolutamente emblematica ai nostri fini, ovvero l’art. 388 c.p., che configura il reato di
mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice ed in particolare il primo
comma di questa disposizione, secondo la quale è punito “chiunque, per sottrarsi
all'adempimento degli obblighi civili nascenti da una sentenza di condanna, o dei quali è
in corso l'accertamento dinanzi l'Autorità giudiziaria, compie, sui propri o sugli altrui
beni, atti simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti”.
L’art. 388, comma 1, c.p. evidentemente considera la posizione di un soggetto
(ancora) nel pieno possesso del suo titolo di proprietario del bene con le connesse
facoltà di uso e disponibilità dello stesso, ma che ciò nonostante può vedere sanzionate
alcune forme di utilizzo della cosa quando tale scelta – altrimenti lecita - sia connotata
dal perseguimento di una particolare finalità fraudolenta e siano presenti alcune
condizioni – come la sussistenza di obblighi civili nascenti da una sentenza di condanna,
o dei quali è in corso l'accertamento dinanzi l'Autorità giudiziaria. Ad esempio, fra le
condotte vietate vengono in considerazione negozi giuridici, purché connotati in senso
fraudolento ovvero posti in essere per realizzare un ingiusto profitto a danno di chi ha
interesse a far valere il provvedimento del giudice.
L’esame del contenuto dell’art. 388, comma 1, c.p. evidenzia dunque come
questa previsione codicistica operi una vera e propria opera di delimitazione dei poteri
che invece, in situazioni per così dire “di normalità”, competono al proprietario del
bene, giungendo al punto di sanzionare finanche operazioni negoziali che di per sé si
palesano come assolutamente lecite. Non sorprende perciò che in dottrina si sia giunti a
qualificare la fattispecie criminosa in discorso quale sorta di bancarotta fraudolenta del
non imprenditore31, riconoscendo valenza criminosa anche alla condotta di chi ceda un
proprio bene immobile occultando poi il corrispettivo monetario ricevuto, così da
rendere più difficile per il creditore l’aggressione del proprio patrimonio e porre nel
nulla l’efficacia della decisione giudiziale 32; anche con tale comportamento, infatti, le
31
PAGLIARO, Principi di diritto penale, Parte speciale, II, Delitti contro l'amministrazione
della giustizia, Milano, 2000, 217; PIOLETT I, Mancata esecuzione dolosa di provvedimenti del
giudice, in AA.VV., I delitti contro l'amministrazione della giustizia, a cura di Coppi, Torino,
1996, 577.
32
Considerazioni analoghe possono formularsi con riferimento alla previsione di cui all’art. 388
ter c.p., giusto il quale “ chiunque, per sottrarsi all’esecuzione di una multa o di una ammenda o
di una sanzione amministrativa pecuniaria, compie, sui propri o sugli altrui beni, atti simulati o
fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti, è punito, qualora non ottemperi
nei termini all’ingiunzione di pagamento contenuta nel precetto, con la reclusione da sei mesi a
tre anni”.
Rispetto alla più generale previsione di cui all’art. 388 c.p., infatti, rimane identica la condotta e
la connotazione dell’elemento soggettivo dell’agente, mentre muta l’identità del soggetto
passivo del reato, che non può identificarsi in qualsiasi creditore del proprietario del bene, ma è
l’amministrazione statuale cui dovrebbe essere corrisposto l’importo della sanzione pecuniaria.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
ragioni che i terzi possono vantare sul patrimonio del singolo vengono ad essere
frustrate, pur essendo la condotta sopra descritta di regola assolutamente priva di ogni
contenuto di illiceità.
Considerazioni assolutamente analoghe possono farsi anche con riferimento al
reato – cui non a caso si è fatto precedentemente cenno – di bancarotta fraudolenta per
distrazione o di bancarotta semplice patrimoniale. Gli artt. 216 e 217 della legge
fallimentare infatti rappresentano l'emblematica modalità con cui l'ordinamento penale
reagisce all'illecito utilizzo che il proprietario scelga di fare dei propri beni, punendosi
una insana gestione del patrimonio dell'imprenditore, così come dimostrata ed accertata
dallo stato di insolvenza dichiarato dal provvedimento giudiziale 33. Detto altrimenti seguendo quello che è il costante insegnamento della giurisprudenza in tema di dolo nel
reato di bancarotta fraudolenta 34 -, la pronuncia di una dichiarazione di fallimento
legittima l’Autorità giudiziaria a riconsiderare l'intera attività imprenditoriale svolta in
precedenza dal fallito onde verificare se questi abbia o meno costantemente gestito il
proprio patrimonio per il raggiungimento del miglior risultato economico, con
conseguente possibile applicazione della sanzione penale anche in caso di condotte
semplicemente imprudenti ed inutilmente dispendiose - sia pur rinvenendosi, in tale
ultimo caso, la sussistenza del meno grave reato di bancarotta semplice. Ciò significa,
dunque, che una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento gli atti di disposizione
del proprio patrimonio posti in essere dal fallito - i quali in precedenza erano ritenuti
assolutamente leciti dall'ordinamento statuale - vengono qualificati in maniera
profondamente diversa dal legislatore, giacché l'insolvenza dell'impresa - essendo tale
condizione economica significativa di un deficit patrimoniale rispetto all'esigenze
dell'azienda ed alle legittime istanze dei relativi creditori - segnala che vi è stato un
illecito utilizzo di beni da parte del singolo proprietario, il quale ha conseguentemente
lasciato insoddisfatti alcuni soggetti che vantavano nei suoi confronti pretese
giuridicamente significative.
Anche nel diritto penale tributario però sono presenti fattispecie sanzionatorie di
un mero abuso del diritto – e ben al di là delle ipotesi su cui di recente si è soffermata la
giurisprudenza e di cui si è dato brevemente conto in precedenza. Oltre al reato di
sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000 –
che presenta evidenti analogie rispetto ai citati reati di cui agli art. 38 c.p. e 216 R.D. n.
33
Per tale ricostruzione dei delitti di bancarotta, DEST ITO, I reati fallimentari, in AA.VV.,
Lineamenti di diritto penale dell’economia, a cura di SANT ORIELLO, vol. I, Torino 2008, 1
ss., nonché sia consentito rinviare a SANT ORIELLO, I reati di bancarotta, Torino 2000, 1 ss..
34
Cfr. Cass., sez. V, 19 marzo 1999, Bortoletti, in Mass. Uff., 213808; Cass., sez. V, 9 marzo
1999, Spinelli, in Cass. Pen., 2000, 3445
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
267 del 194235 -, si consideri il delitto di utilizzo di fatture relative ad operazioni
inesistenti ed in particolare l’ipotesi in cui tale delitto è realizzato ponendo in essere una
cosiddetta “frode carosello”, ovvero concludendo una serie di operazioni negoziali –
alcune delle quali asseritamente fittizie - il cui scopo è solo quello di aggirare la
normativa in materia di IVA tra varie società UE. Orbene, assai di frequente la fittizietà
di alcune delle operazioni negoziali considerate come facenti parte della frode sussiste
non perché il rapporto contrattuale fra le parti sia materialmente inesistente ma in
ragione della circostanza che il legislatore o il giudice ritengono l’atto negoziale – pur
valido e legittimo sotto profilo giuridico e quindi di per sé assolutamente produttivo dei
relativi effetti previsti dalla norma – non giustificato sotto un profilo economico e
finalizzato solo a consentire un minore pagamento dell’Imposta sul Valore Aggiunto.
Come si vede siamo chiaramente in presenza di una condotta che è qualificata illecita in
quanto concretantesi in un’ipotesi di “abuso di un diritto”: il proprietario o
l’imprenditore può pacificamente disporre come meglio crede dei propri beni o dei
propri traffici giuridici, ma l’ordinamento interviene, punendolo, quando il suo
comportamento – pur costituendo, sotto un profilo giuridico, estrinsecazione di tali
facoltà – si ponga in contrasto (secondo indici che variano di volta in volta) con le
ragioni che giustificano l’attribuzione del relativo diritto esercitato, ovvero quando le
finalità in concreto perseguite dal singolo non paiano meritevoli di tutela alla luce dei
valori perseguiti dall’intero ordinamento normativo.
Questo breve esame dimostra come – nonostante sembri una novità di questi
giorni e conseguenza di un particolare attivismo giudiziale – nel nostro diritto penale
sono molte le fattispecie incriminatrici la cui operatività presuppone la definizione –
rimessa prevalentemente al singolo interprete – di un soddisfacente equilibrio fra una
pluralità d’interessi contrapposti. Numerose ipotesi di reato presenti nella legislazione
italiana, infatti, (non richiedono l’adozione di un comportamento ab origine illecite e
criminose, ma) si innestano su un sistema che mentre attribuisce in via generale al
singolo una pluralità di poteri e facoltà, al contempo presenta alcune importanti
eccezioni che impongono al titolare del diritto alcuni modelli di condotta che ne
limitano la discrezionalità nell’agire e lo vincolano al rispetto di determinati canoni
comportamentali; in particolare, il diritto penale interviene allorquando la ricorrenza di
determinate circostanze viene per l’appunto a privare il soggetto di tale assoluta libertà
di azione, qualificando come illegittimo il suo comportamento se tenuto in presenza di
determinate condizioni o in vista del raggiungimento di specifici (e censurabili) obiettivi
– nel che, ci pare, si pone l’ubi consistam dell’abuso del diritto.
Ciò posto, è vero – come paventato dai critici del ricorso alla categoria
dell’abuso del diritto – che fattispecie di tal fatta si pongono spesso in rapporto stridente
35
In proposito, sia consentito rinviare a SANT ORIELLO, Abusi nei trasferimenti di beni mobili
e immobili: reati configurabili, in Fisco, 2009, 713.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
con i principi di tassività e determinatezza del processo penale, andando
pericolosamente a violare le garanzie connesse a tali valori. Per convincersene basta
considerare come, nella pressoché totalità delle disposizioni criminose sopra indicate, il
legislatore non tipizza affatto – o comunque descrive in maniera assai poco chiara – le
condizioni in presenza delle quali il comportamento del singolo possa dirsi illecito, né
indica le modalità con cui il diritto andrebbe correttamente esercitato nel caso concreto
considerato; di regola, la regolamentazione penalistica dell’esercizio di un proprio
diritto è realizzato assumendo in sede sanzionatoria un sostanziale disinteresse nei
confronti della svariata tipologia di atti negoziali e comportamenti materiali che il
singolo può realizzare su propri beni e mai lo strumento della pena viene finalizzato ad
imporre un esercizio solidaristico o economicamente profittevole dei diritti soggettivi ed
in specie di quello di gran lungo più importante ovvero del diritto di proprietà. La ratio
dell’intervento penalistico, piuttosto, è quella di reagire ad alcune condotte, che pur
sussumibili nella categoria di esercizio di un diritto, siano fornite di una concreta
idoneità lesiva nei confronti dell'interesse di terzi: solo in presenza di una lesione o di
un'aggressione alla posizione giuridica di tali soggetti l'ordinamento reagisce con il
ricorso allo strumentario penalistico.
Questa scelta del legislatore di reagire alle condotte del soggetto solo quando
concretamente lesive degli interessi dei terzi è sicuramente aderente al nostro sistema
democratico ed in particolare alla disciplina in tema di rapporti economici presente nella
nostra Carta fondamentale, il cui dettato presumibilmente impone l'astensione da
interventi normativi impositivi di un obbligo di facere 36. Tuttavia, è indiscutibile che si
tratti di un'opzione pericolosa per il singolo, giacché in questo modo si finisce per
assistere ad una imputazione per così dire "ad intermittenza" di diverse condotte, le
quali in alcuni momenti storici sono assolutamente lecite ed in altre circostanze vengono
invece qualificate come penalmente rilevanti37.
36
Indicazioni bibliografiche sul punto sarebbero sicuramente insufficienti e rappresenterebbero
qualcosa di estraneo allo scopo di questo lavoro. Comunque, per una prima analisi della
materia, senza alcuna pretesa di completezza, si indicano MORRONE, Libertà d’impresa
nell’ottica del controllo sull’utilità sociale, in Giur. Cost, 2001, 1473; BALDASSARRE,
Proprietà. I- Diritto costituzionale, in Enc. Giur., vol. XXV, Roma 1992; LUCIANI, Economia
nel diritto costituzionale, in Dig. Disc. Pubbl., vol. V, Torino, 1990, 375; AZZARITI, L’ordine
giuridico del mercato, in ID., Forme e soggetti della democrazia pluralista, Torino, 2000, 147;
ANDREONI, Lavoro, diritti sociali e sviluppo economico, Torino, 2006, 92; ANGELINI, Art.
44, in Commentario alla Costituzione, a cura di BIFULCO – CELOTT O - OLIVETTI, Torino,
2006, 902.
37
Chiaramente il problema ha ragione di porsi specie in relazione a quelle fattispecie in cui
l'elemento soggettivo richiesto si ritiene non presenti una adeguata capacità selettiva delle
condotte conformi alla fattispecie criminosa. Si pensi, in particolare, al delitto di bancarotta
fraudolenta, laddove la volontà dolosa si esaurisce nel mero compimento di un atto estraneo alle
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
Questo è dunque il vero punto problematico dell’utilizzo dell’abuso del diritto
nel sistema penale. Non è questione di dimostrare come tale istituto possa trovare
cittadinanza anche in tale ramo dell’ordinamento, giacché – come detto – si tratta di
dubbio che una lettura delle fattispecie incriminatrici consente agevolmente di superare,
quanto di definire con la massima precisione possibile quali siano i presupposti per una
possibile rilevanza penale delle condotte assunte dal singolo proprietario sui propri beni.
A tale compito saranno dedicate molte delle pagine che seguono.
5. Per una compiuta definizione della rilevanza penale della condotta di
abuso. La rilevanza dell’elemento soggettivo.
Prima di determinare quali siano i presupposti perché una condotta di esercizio
di un proprio diritto possa essere qualificata in termini di abusività occorre fare una
premessa, relativa al principale motivo per cui questo compito si presenta
particolarmente difficoltoso e delicato – e non solo quando tale giudizio venga
formulato in sede penale, ma anche allorquando la medesima valutazione venga fatta in
altre sedi, ad esempio in sede civile o in sede tributaria.
La ragione delle problematiche che si andranno ad incontrare nel prosieguo del
lavoro deriva dalla circostanza che una condotta di abusivo esercizio di un diritto non si
differenzia affatto sotto un profilo naturalistico dall’esercizio del medesimo diritto che
abusivo non sia. Detto altrimenti: l’abuso del diritto quale condotta illecita – in qualsiasi
sede venga preso in esame - si connota e si caratterizza per una specificità che non può
essere colta limitando l’esame della vicenda al solo profilo naturalistico, ovvero al
comportamento materiale ed esteriore tenuto dal soggetto.
Per essere più chiari facciamo ad alcuni esempi, considerando una vicenda –
Tizio non paga un debito che Caio vanta verso di lui – che può avere riflessi e rilievo
tanto in ambito civilistico che nel settore tributario e nel diritto penale. Con riferimento
al diritto civile, se Caio e Tizio hanno stipulato un negozio di compravendita, la
esigenze dell'impresa, senza che sia necessaria la volontà di arrecare un danno ai creditori,
ovvero alla bancarotta semplice, per la cui sussistenza è sufficiente la mera colpa in capo al
soggetto agente.
Emblematica in proposito la decisione di Cass., sez. V, 21 settembre 2007, Spitoni, in Mass.
Uff., 238212, secondo la quale “ non integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione il
finanziamento concesso al socio e da questi restituito in epoca anteriore al fallimento, in quanto
la distrazione costitutiva del delitto di bancarotta si ha solo quando la diminuzione della
consistenza patrimoniale comporti uno squilibrio tra attività e passività, capace di porre
concretamente in pericolo l'interesse protetto e cioè le ragioni della massa dei creditori ed il
momento cui fare riferimento per verificare la consumazione dell'offesa è quello della
dichiarazione giudiziale di fallimento e non già quello in cui sia stato commesso l'atto, in
ipotesi, antidoveroso”.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
condotta di Tizio andrà qualificata come inadempimento dell’obbligo su di lui gravante
di versare il corrispettivo; indubbiamente, Tizio potrà addurre delle ragioni a
giustificazione del mancato pagamento, potrà asserire che il bene è diverso dal pattuito,
che versa in difficoltà economiche ecc., ma quel che è certo è che la descrizione
naturalistica dell’accaduto è sufficiente per qualificare prima facie la condotta di Tizio
come inadempimento: quale sarà il trattamento giudiziale che a questi andrà riservato è
questione che dipenderà da un molteplice ordine di ragioni, ma è indiscusso che la mera
rappresentazione esteriore dell’accadimento è bastevole per darne una valutazione in
termini di (presunta) illiceità.
Analoghe considerazioni possono farsi in ambito tributario. Se il contribuente
Tizio non paga il debito verso l’erario siamo in presenza di un inadempimento fiscale,
cui conseguono senz’altro effetti sfavorevoli per chi ha emesso di versare l’imposta
dovuta. Anche in questo caso, l’approfondimento dell’episodio potrà portare a
modificare il giudizio finale sul comportamento del debitore, ma la mera descrizione –
limitata al piano materiale – della vicenda ne evidenzia l’irregolarità e ne consente una
prima qualificazione da parte dell’ordinamento.
Nulla cambia se al fatto cerchiamo di dare una dimensione penalistica. Il
mancato pagamento può dar luogo al reato di insolvenza fraudolenta di cui all’art. 641
c.p. in base al quale “chiunque, dissimulando il proprio stato d’insolvenza, contrae
un’obbligazione col proposito di non adempierla, è punito… qualora l’obbligazione non
sia adempiuta”: la condotta del mancato pagamento immediatamente dirige l’attenzione
del giudice – e prima ancora del pubblico ministero – verso l’applicazione della
disposizione incriminatrice in discorso, salve poi le considerazioni attinenti le ragioni
dell’inadempimento e la definizione dell’atteggiamento soggettivo del singolo prima di
contrarre l’obbligazione.
Queste considerazioni non operano invece con riferimento all’istituto dell’abuso
del diritto, la sussistenza del quale – come abbiamo già detto più volte – si caratterizza
proprio perché la fattispecie normativa nell’ambito della quale la condotta del singolo
va inquadrata ha una connotazione di assoluta liceità: riguardata sotto il profilo
materiale, cioè, la vicenda consiste nell’esercizio da parte del singolo, di un diritto a lui
riconosciuto dall’ordinamento e quindi la sua condotta non può che ritenersi, in prima
battuta, assolutamente consentita dall’ordinamento.
Anche qui, gli esempi non mancano. Il primo è ricavabile dal codice civile e
dalla definizione che lo stesso fornisce di una tipica fattispecie di abuso del diritto
ovvero l’atto emulativo di cui all’art. 833 cod. civ.: se, in base al precedente art. 832
cod. civ., il proprietario di un bene ha diritto di godere e disporre dello stesso in modo
pieno ed esclusivo, tale facoltà viene meno quando il titolare ponga in essere atti “i quali
non abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri”.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
Ancora più emblematica però si presenta l’esemplificazione dell’esercizio
smodato di propri diritti quando la riflessione si svolga con riferimento al diritto
tributario ed in particolare al fenomeno dell’elusione fiscale - che i più ritengono una
particolare ipotesi di abuso del diritto38.
E’ di aiuto sul punto già l’esame della importante sentenza Halifax39, con cui la
Corte di Giustizia ammise il ricorso alla nozione in parola per consentire la tassabilità,
ai fini I.V.A., di alcune transazioni rivolte ad evitarne gli effetti. Di fronte al giudice
comunitario si presentavano due esigenze contrapposte: da un lato quella di prevenire il
fenomeno della tax avoidance e delle pratiche abusive; per altro verso, occorreva evitare
di censurare sempre e comunque i soggetti sottoposti a tassazione per aver tratto
vantaggio dalla formulazione di una specifica disposizione o da una lacuna normativa,
anche laddove non fossero state utilizzate modalità e tecniche idonee a frustrare gli
obiettivi perseguiti dalla disciplina tributaria di diritto comunitario. Orbene, nella
vicenda in parola, a fronte di una serie di transazioni poste in essere tra diverse società
appartenenti al gruppo Halifax al fine di riuscire a recuperare l’intero importo
dell’I.V.A. dovuta, la Corte di Giustizia – pur in astratto riconoscendo come legittimo il
comportamento di chi articola la struttura delle proprie operazioni in modo da
ottimizzarne l’effetto fiscale – ha qualificato come abusiva tale condotta per la
sussistenza di due circostanze: da un lato venne negata legittimità ad operazioni
economiche e negoziali il cui effetto comportasse il conseguimento di un vantaggio
fiscale in contraddizione con gli obiettivi perseguiti attraverso la normativa
comunitaria; in secondo luogo, la programmazione fiscale venne qualificata come
abusiva in quanto presentava elementi obiettivi che consentivano di escludere la
veridica natura delle diverse operazioni negoziali poste in essere di cui era
occultato il carattere meramente artificioso, in quanto per gli atti negoziali conclusi
non esisteva un’effettiva business justification né era rinvenibile un’effettiva
operazione economica.
L’impostazione della Corte comunitaria è stata poi espressamente ripresa dal
nostro legislatore, il quale, come è noto, ha espressamente tipizzato la figura
38
Il rapporto fra abuso del diritto ed elusione fiscale è comunque assai complesso, giacché
mentre alcuni autori ritengono che le due nozioni possano essere senz’altro sovrapposte
(PIST ONE, L’elusione fiscale come abuso del diritto: certezza giuridica oltre le imprecisioni
terminologiche della Corte di Giustizia europea in materia di I.V.A., in Rass. Trb., 2006, 1016;
CONT RINO, Elusione fiscale, evasione e strumenti di contrasto, Bologna 1996, 307), in altri
lavori invece si insiste per una differenziazione dei due concetti – richiamandosi, peraltro, quale
criterio distintivo delle due figure, indici diversi (cfr. BASILAVECCHIA, Elusione ed abuso
del diritto: una integrazione possibile, in Riv. Giur. Trib., 2008, 741; ID., Norma antielusiva e
“relatività” delle operazioni imponibili, in Corr. Trib., 2006, 1466).
39
Corte di giustizia, 21 febbraio 2006, Halifax, causa C-255/02.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
dell’elusione fiscale – da ultimo - nell’art. 37-bis d.P.R. n. 600 del 1973, affermando
l’inopponibilità all’amministrazione finanziaria dei atti, fatti e negozi – fra cui a)
trasformazioni, fusioni, scissioni, liquidazioni volontarie e distribuzioni ai soci di
somme prelevate da voci del patrimonio netto diverse da quelle formate con utili; b)
conferimenti in società, nonché negozi aventi ad oggetto il trasferimento o il godimento
di aziende; c) cessioni di crediti; d) cessioni di eccedenze d’imposta, ecc. -, “anche
collegati tra loro, pri vi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o
divieti previsti dall’ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o
rimborsi, altrimenti indebiti”.
Come si vede da queste esemplificazioni – non a caso, come meglio si dirà in
seguito, non tratte dal diritto penale, ma da altri ambiti del nostro ordinamento -, per
contestare ad un soggetto di aver esercitato secondo modalità illegittime una propria
facoltà occorre esaminare – accanto ed oltre al profilo materiale ed oggettivo della
vicenda, anche – le finalità per il cui il singolo ha agito: in sostanza, la qualificazione
negativa di una condotta in termini di abuso deriva non solo dalla particolare tipologia
di comportamento assunto dall’agente ma anche dagli obiettivi che intende perseguire,
obiettivi il cui ottenimento l’ordinamento non deve consentire o che comunque non
deve permettere vengano ottenuti con le modalità che caratterizzano la vicenda presa in
considerazione.
Breve: l’esercizio di un diritto è abusivo quando la condotta materiale è assistita
da una particolare direzione della volontà, quando cioè il singolo agisce per raggiungere
obiettivi che non rientrano nella ratio che giustifica l’attribuzione, da parte
dell’ordinamento, del diritto dal singolo esercitato.
Si dirà: quelle sopra riportate sono banalità. Specie nel diritto penale, nessuna
condotta può dirsi assistita da sanzione se non sorretta da una particolare volontarietà:
ritornando all’esempio precedente del mancato pagamento del debito punito ai sensi
dell’art. 641 c.p., è proprio questa disposizione incriminatrice a richiedere che il
soggetto già prima dell’inadempimento fosse consapevole del suo stato di insolvenza ed
intenzionato a non versare quanto da lui dovuto. Del pari, anche con riferimento al
fenomeno dell’elusione tributaria, l’ordinamento reagisce ad un atteggiamento del
contribuente maliziosamente diretto ad ottenere un ingiusto vantaggio di imposta, così
come nessuno in sede civile parla di inadempimento se la mancata esecuzione della
prestazione dovuta non sia in qualche modo attribuibile ad un comportamento colpevole
del terzo.
Se si accoglie questa obiezione, il nostro tentativo di individuare il profilo
specifico dell’abuso ricollegandolo alla dimensione soggettiva della vicenda, al
contenuto intenzionale del soggetto agente, è destinato a non cogliere nel segno;
tuttavia, a noi pare che alle considerazioni si possa replicare con due argomentazioni.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
6. Funzione e contenuto dell’elemento soggettivo nella condotta di abuso del
diritto.
In primo luogo, ci pare che l’obiezione sopra richiamata non consideri come
l’interprete possa attribuire alla dimensione soggettiva di una condotta due diversi
significati, giacché è diversa la valenza di tale profilo a seconda che lo stesso,
nell’ambito della vicenda portata all’esame del giudice, vada a giustificare la
comminatoria della sanzione di un comportamento che già di per sé – cioè prima ancora
di considerare l’elemento soggettivo – appaia meritevole di riprovazione ovvero valga
invece a dirigerne la qualificazione verso un giudizio di illegittimità. Tale diversa
funzione dell’elemento soggettivo è evidente proprio nel caso da noi considerato di una
condotta di abuso, come risulta evidente se, in maniera esemplificativa, si pongano a
confronto da un lato, la (già più volte richiamata) vicenda di un mancato adempimento
di un debito fra privati e dall’altro una operazione negoziale di elusione degli obblighi
fiscali.
Nell’ambito della prima fattispecie, si è sicuramente in presenza di una vicenda
di fatto che l’ordinamento qualifica negativamente: nessuno ha diritto a non pagare i
propri debiti e nessuno può giustificare il proprio inadempimento asserendo che lui
paga, fra i suo creditori, coloro che liberamente sceglie, secondo le modalità da lui
preferite40. Orbene, in presenza di tale situazione, l’esame dell’atteggiamento soggettivo
del singolo non serve a verificare se la condotta dallo stesso tenuta sia qualificata
dall’ordinamento in termini di liceità – posto che, come detto, la risposta a tale quesito è
certamente negativa -, quanto a verificare se il protagonista dei fatti debba o meno
essere sanzionato: il venditore che non consegna la cosa all’acquirente potrebbe non
meritare la sanzione perché la sua condotta materiale – che è sicuramente conforme alla
fattispecie normativa dell’inadempimento dell’obbligazione – è giustificata dal
perimento a lui non dovuto della cosa, così come l’acquirente in tal caso potrebbe non
versare il corrispettivo eppure – pur assumendo anch’egli un comportamento senz’altro
conforme alla figura giuridica dell’inadempimento – andare esente da responsabilità
sulla base del principio inadimplenti non est adimplendum. Del pari, non ogni
inadempimento è fonte di responsabilità penale, ma solo quello che si ponga al termine
40
Ovviamente facciamo riferimento ad un inadempimento di cui il debitore sia pienamente
consapevole, con il che non richiamiamo solo le ipotesi in cui il singolo volontariamente sceglie
di omettere il pagamento ma anche le vicende in cui la mancata osservanza dei propri obblighi
sia dovuto ad un previo atteggiamento negligente o imprudente – si pensi ad esempio ad un
acquirente che contrae un negozio di compravendita senza avvedersi che il corrispettivo da
versare va al di là delle sue possibilità economiche.
Ciò che però rileva è che, in ogni caso, il soggetto sappia che si sta rendendo inadempiente, sia
cioè pienamente consapevole di quanto stia accadendo e – o perché non vuole o perché non può
– non faccia nulla per rimediarvi.
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
di una contrattazione condotta con la consapevolezza del proprio stato di difficoltà
economica e con l’intento di provvedere poi a fare quanto pattuito.
Detto in sintesi, molteplici vicende di fatto ricevono una qualificazione negativa
da parte dell’ordinamento, giacché vi è una sovrapposizione – sotto il profilo oggettivo
– fra tali vicende e le diverse fattispecie normative latu sensu sanzionatorie applicabili
al caso concreto. Da tale qualificazione di riprovevolezza operata in astratto dal
legislatore, tuttavia, non deriva necessariamente una attribuzione di responsabilità a
carico di chi ha tenuto il comportamento sottoposto a giudizio, giacché la norma – ed in
particolare la norma che descrive in astratto la fattispecie sotto cui l’episodio concreto
va sussunto – richiede anche che in capo al singolo possa rinvenirsi un determinato
atteggiamento soggettivo. Come detto, in tali circostanze la verifica circa la volontà del
soggetto agente serve a “completare” il giudizio di negatività che del fatto fornisce
l’ordinamento e nel contempo a legittimare e giustificare la sanzione di colui che a quel
fatto ha dato causa ed origine.
Tutto ciò non è vero nel caso dell’abuso del diritto, laddove la vicenda concreta
– considerata nella sua materialità – non può essere sussunta sotto alcun giudizio di
illeceità o illegittimità, senza che se ne valuti previamente la dimensione soggettiva e
psicologica. Si consideri, come accennato, ad una operazione negoziale – ad esempio ad
una fusione fra persone giuridiche per dar vita ad una “bara fiscale” – avente finalità
elusive: la predisposizione e la realizzazione di una fusione societaria è evento
assolutamente lecito e che fa parte del fisiologico svolgersi dei traffici giuridici, sicché
una qualificazione della vicenda in termini di illegittimità o di immeritevolezzza da
parte dell’ordinamento in questo caso non è nemmeno ipotizzabile e però…. Però, qui
l’atteggiamento soggettivo dei protagonisti fa la differenza – non, come visto in
precedenza, fra il definitivo riconoscimento della responsabilità del singolo e la
giustificazione dell’applicazione della sanzione a suo carico, ma – fra la valutazione
positiva o meno che dell’operazione negoziale fa la disciplina tributaria.
Del pari, in ambito penalistico, si consideri l’amministratore di una serie di
persone giuridiche rientranti in un medesimo gruppo societario, il quale, nell’ambito di
rapporti commerciali fra le società del gruppo, concluda negozi a condizioni
economiche in qualche modo vantaggiose per alcune delle stesse e deleterie per le altre.
L’instaurazione di traffici mercantili fra persone giuridiche, quali che ne siano i
contenuti concreti, di regola rientra nel normale svolgersi del libero mercato: cos’è che
può portare ad una qualificazione in termini di penale rilevanza della condotta
dell’amministratore – ad esempio quale fatto di bancarotta in caso di fallimento – se non
l’accertamento circa la sua volontà di spogliare con quegli accordi commerciali il
patrimonio della sua azienda a vantaggio delle altre persone giuridiche? Non è dunque
la condotta materiale dell’amministratore a giustificarne la rimproverabilità in sede
penale – ed in effetti cosa si può rimproverare ad un imprenditore che stipula accordi
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
commerciali? -, quanto è la ragione, le finalità per cui agisce in quel determinato modo
a giustificare la sua punizione.
Volendo dirlo in sintesi: nelle fattispecie di abuso del diritto, la considerazione
dell’atteggiamento soggettivo non serve a verificare la possibilità di sanzionare la
condotta considerata ma determina una radicale modifica della sua qualificazione, nel
senso che un medesimo comportamento viene considerato lecito quanto tenuto per il
raggiungimento di determinate finalità, mentre se assunto per altri obiettivi viene ad
essere giudicato negativamente.
Sul punto va fatta una puntualizzazione, che serve a definire meglio i contorni
del nostro discorso: quando facciamo riferimento alla circostanza che, nel caso di una
condotta di abuso, la valutazione delle ragioni che stanno a fondamento del
comportamento esaminato possono portare a modificare il giudizio sulla meritevolezza
dello stesso non intendiamo riferirci solo all’ipotesi –più radicale, ma forse meno
significativa ai fini del discorso che stiamo conducendo in questo lavoro – in cui una
condotta considerata come assolutamente lecita e permessa tout court dall’ordinamento
viene ad essere vietata se assunta a determinati fini. Rientrano infatti nello spettro della
nostra argomentazione anche le vicende di fatto in cui la parametrazione degli obiettivi
che il soggetto vuole raggiungere determina sì una modifica del giudizio che di quel
comportamento danno le norme ma non nel senso che da una valutazione di assoluta
legittimità si passa ad una completa stigmatizzazione dello stesso, quanto nel senso che
si passa da un livello di illegittimità ad un più severo giudizio di illiceità.
Il senso di questa considerazione emerge chiaramente facendo riferimento alla
condotta – sopra descritta - dell’amministratore di più società facenti parte di un
medesimo gruppo, il quale – mediante l’adozione di determinati atti giuridici, ad
esempio contratti di compravendita, fusioni ecc. - avvantaggi alcune delle stesse a
danno di altre. Certamente, questa vicenda assume una coloritura di illegittimità già
sotto un profilo civilistico, giacché questa condotta – di per sé considerata, valutata cioè
nella sua materialità oggettiva ed a prescindere dalla ragioni che ne hanno determinato
l’assunzione – è sicuramente fonte di una possibile responsabilità civile per danni a
carico dell’amministratore; tuttavia, ferma restando la qualifica negativa che
l’ordinamento assume della vicenda in parola sulla base delle sole connotazioni
oggettive della stessa, è evidente che la considerazione delle concrete finalità che il
singolo intendeva perseguire non è indifferente perché tale accertamento può
determinare – si pensi, ad esempio, al caso dell’amministratore che, trasferendone
l’intero patrimonio ad altre società del gruppo, depauperi completamente una delle
persone giuridiche da lui gestite facendola poi fallire e lasciando così completamente
insoddisfatti i suoi creditori – un nuovo e più severo giudizio sulla condotta medesima,
la quale trova la sua sanzione non più solo a livello civilistico ma anche in sede
penalistica - configurandosi, nell’esempio considerato ed in ragione delle finalità che
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IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
hanno spinto il singolo ad agire nel modo descritto, non una mera incapacità gestionale
ma una fattispecie di bancarotta fraudolenta.
M eglio precisando quanto detto prima, quindi può affermarsi che la centralità
dell’atteggiamento soggettivo del singolo in una concreta fattispecie di abuso del diritto
risiede o nel fatto che il suo contegno è considerato lecito dal legislatore, salvo
modificarsi tale giudizio in ragione degli obiettivi che l’agente voleva perseguire oppure
nella circostanza che una condotta già di per sé – ovvero in ragione dei suoi caratteri
esteriori – sanzionata da un dato ambito dell’ordinamento viene, per i risultati illeciti
che con tale condotta si intendevano raggiungere, più severamente punita
dall’ordinamento medesimo, ammettendosi il ricorso alla più rigorosa sanzione penale.
Potranno sembrare considerazioni ovvie, ma se ne vedrà il rilievo più avanti, quando si
verificherà come possano in concreto rinvenirsi condotte di abuso che, pur se
apparentemente conformi ad una fattispecie incriminatrice, non rivestano in realtà
rilevanza penale ma solo una dimensione di illiceità civile.
Si è detto in precedenza che le ragioni della rilevanza, per l’individuazione di
una situazione di abuso del diritto, delle finalità perseguite dal soggetto agente con
l’esercizio di proprie facoltà giuridiche erano due. Della prima – attinente la circostanza
che nei casi da noi richiamati la considerazione dell’elemento soggettivo che governa la
condotta determina (non il giudizio circa la meritevolezza della sanzione in capo al
soggetto agente rispetto ad una vicenda che l’ordinamento considera già di per se in
senso sfavorevole, bensì) la negativa valutazione, in termini di illegittimità o illiceità,
del comportamento considerato – si è appena detto; è tempo ora di analizzare la seconda
delle motivazioni cui facevamo riferimento, attinente al contenuto della volontarietà che
assiste la condotta del singolo quando abusi di una sua potestà o facoltà giuridica.
Quanti negano la speciale rilevanza che, per individuare una condotta di abuso
del diritto, riveste il profilo soggettivo dell’agente evidenziano – come detto in
precedenza – come l’ordinamento sanzioni sempre e solo comportamenti comunque
assistiti da un atteggiamento colpevole da parte del singolo: per ritornare ad esempi già
utilizzati, il debitore che non adempie deve – per sopportare le conseguenze sfavorevoli
della sua omissione – volere non pagare, così come l’amministratore di più società deve
voler concludere accordi negoziali dal contenuto non equilibrato che sacrifichino le
ragioni di una persona giuridica da lui gestita a vantaggio di altri soggetti. Da qui la
conclusione secondo cui la considerazione che il soggetto cui viene rimproverato un
esercizio arbitrario ed irrituale del suo diritto deve voler porre in essere tale
comportamento è constatazione appena ovvia e per nulla significativa per delimitare
quale sia la corretta modalità di usufruire delle facoltà giuridiche spettanti a ciascun
singolo.
Questa replica si fonda però su equivoco. Quando si afferma che la
considerazione dell’atteggiamento soggettivo dell’agente è essenziale per qualificare la
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
sua condotta in termini di abuso del diritto non si fa riferimento al fatto – questo sì
davvero scontato – che il soggetto deve essere consapevole della sua condotta e delle
conseguenze dannose che ne derivano, così come deve voler tenere il comportamento
che viene a lui rimproverato. Certamente possono darsi ipotesi in cui un amministratore
stipuli contratti deleteri per le sorti patrimoniali della sua azienda senza avvedersi dei
danni che possono derivarne, ma in tal caso di un “abuso” dei suoi poteri gestori non si
starà nemmeno a discutere perché egli non ha consapevolezza della pessima gestione
che sta ponendo in essere e delle conseguenze negative della sua condotta né vuole
assumere comportamenti illegittimi nei confronti della compagine sociale cui deve
essere fedele. E’ ovvio, dunque, – ed in questo la tesi che si critica è pienamente fondata
-, che una condotta di abuso sussiste sempre che il singolo sia consapevole e voglia
porre in essere la condotta contestata; si potrà eventualmente sostenere che tale
comportamento non deve essere necessariamente doloso, potendo anche essere
determinato da negligenza o imprudenza – ad esempio, l’amministratore potrebbe
pensare che favorire un’impresa appartenente al gruppo di cui fa parte la società da lui
gestita porterà in futuro vantaggi anche a quest’ultima oppure ritenere che la mancata
stipula del negozio avrebbe determinato per la persona giuridica da lui gestita
conseguenze ancora più negative di quelle derivate dalla conclusione del contratto -, ma
occorre comunque che il soggetto considerato sia consapevole dello squilibrio negoziale
che viene a determinarsi fra le società protagoniste dell’accordo e voglia che il contratto
abbia questo particolare contenuto.
Quando richiamiamo la rilevanza dell’atteggiamento soggettivo del soggetto agente cui si rimproveri di abusare di proprie facoltà giuridiche evidentemente
intendiamo riferirci a qualcosa di più significativo, intendiamo cioè richiamare non il
mero substrato della volontà che sostiene la condotta concretamente tenuta – per
ritornare all’esempio dell’amministratore, la stipula di contratti aventi clausole
sfavorevoli per la persona giuridica da lui diretta –, quanto le finalità che con tale
comportamento si vogliono raggiungere, le ragioni cioè che hanno determinato
l’assunzione di un determinato atteggiamento comportamentale. Con la contestazione di
una fattispecie di abuso del diritto, l’ordinamento reagisce non ad semplice
comportamento volontario e consapevole del soggetto agente quanto alla circostanza
che tale comportamento sia stato dettato da determinate considerazioni finalistiche.
Per esemplificare quanto si va dicendo, può considerarsi – sia pure mutatis
mutandis – la disciplina penale in tema di furto. Se Tizio volontariamente e
consapevolmente si impossessa dell’auto di Caio per impedirgli di raggiungere
l’appuntamento con l’amante di cui i due si contendono i favori oppure per mero
dispetto, l’art. 624 c.p. non risulta violato, mentre diversa è la conclusione quando la
sottrazione dell’auto è finalizzata al conseguimento di un profitto che il possesso del
veicolo può far maturare in capo a Tizio: medesima la condotta, medesimo – per certi
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IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
profili – l’atteggiamento psicologico sottostante il comportamento – in entrambi i casi
consapevolezza dell’altruità della cosa e volontarietà dell’impossessamento della stessa
nonostante il mancato consenso del proprietario -, ma diverse le ragioni a fondamento
della sottrazione e solo se tali ragioni hanno carattere economico il delitto di furto è
integrato.
La stessa tecnica di costruzione della fattispecie normativa è utilizzata dal
legislatore, volendo fare un ulteriore esempio più aderente al nostro tema, con
riferimento alla tematica dell’elusione fiscale. Il contribuente pone in essere una serie di
operazioni negoziali e/o societarie e/o finanziarie; la valutazione dell’ordinamento di
tali interventi non dipende dal contenuto degli stessi – né dal fatto che gli stessi siano
posti in essere con piena consapevolezza e volontarietà dall’imprenditore: come si può
pensare ad una fusione societaria realizzata “involontariamente”? -, quanto dagli
obiettivi che il contribuente vuole perseguire: il giudizio su tali operazioni è negativo se
esse sono giustificare dal solo intento di realizzare un risparmio d’imposta.
Ecco dunque la replica all’obiezione in precedenza esposta. In presenza di una
sospetta ipotesi di “abuso del diritto”, l’atteggiamento psicologico dell’agente su cui il
giudice deve indagare non attiene alla volontarietà della condotta ed alla
consapevolezza delle circostanze di fatto in cui la stessa è posta in essere, quanto agli
obiettivi che il singolo vuole perseguire giacché solo se tali finalità non sono quelle che
l’ordinamento riconnette al diritto di cui nel caso concreto il soggetto agente afferma di
voler godere la sua azione merita un giudizio di riprovevolezza. Non la volontarietà e
consapevolezza del concreto comportamento è il profilo soggettivo che riteniamo si
debba valorizzare nell’esame delle singole concrete vicende in cui si sospetta la
presenza di un’ipotesi di abuso del diritto, quanto l’accertamento circa lo scopo ulteriore
verso cui tende la volontà del soggetto agente: volendo dirlo con categorie penalistiche,
l’abuso del diritto è sempre e necessariamente un illecito a dolo specifico, integrato
quando una condotta – di per sé consentita dall’ordinamento – presenti una tipizzazione
dell’obiettivo finalistico ulteriore rispetto al comportamento tenuto e tale obiettivo sia
considerato in termini negativi dal legislatore.
7. L’accertamento dell’elemento soggettivo in caso di contestazione di una
condotta di abuso del diritto: l’assenza di apprezzabili ragioni a giustificazione del
comportamento del singolo.
Se le superiori considerazioni consentono di individuare la principale specificità
della condotta di abuso del diritto, le stesse però aprono anche un fronte problematico.
La previa individuazione delle finalità soggettive che guidano il comportamento del
singolo è in astratto un soddisfacente criterio di distinzione fra le ipotesi di arbitrario
utilizzo di una propria facoltà giuridica e le condotte di esercizio lecito dei propri diritti;
tuttavia, nel concreto svolgersi delle controversie giudiziali è indiscutibile che
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
l’accertamento delle ragioni per cui un soggetto sceglie di agire secondo determinate
modalità è verifica tutt’altro che agevole, spesso rimessa all’utilizzo di indici
evanescenti, soggettivi, nient’affatto controllabili tanto sotto il profilo della loro
individuazione che in ordine al loro impiego in sede di decisione.
In realtà, il profilo dell’accertamento dell’elemento soggettivo che ha supportato
la condotta dannosa o illecita è un aspetto la cui delicatezza è avvertibile ogniqualvolta
debba assumersi una decisione giudiziale che involga e si fondi su tale profilo41.
Tuttavia, tale valutazione è assai più impegnativa allorquando tale giudizio venga svolto
con riferimento a vicende nell’ambito delle quali al protagonista è rimproverato - non di
aver realizzato una condotta difforme rispetto a qualsiasi previsione normativa, bensì –
di aver utilizzato in maniera smodata ed arbitraria i poteri che l’ordinamento gli
attribuiva: in tali ipotesi, infatti, il comportamento sottoposto all’esame dell’autorità
giurisdizionale non è ab origine illecito, ma sconfina in tale ambito a partire dal
momento in cui se ne considerano le finalità che ne hanno determinato l’adozione.
Detto altrimenti, le difficoltà inerenti l’accertamento dell’elemento soggettivo
nell’ambito di condotte contrassegnate da un abuso del diritto sono maggiori perché
l’elemento esteriore – rappresentato dal comportamento sub judice, unico profilo
41
Sulle particolari problematiche connesse all’accertamento del dolo in sede civile, BIANCA , La
responsabilità, Diritto civile, V, Milano, 1995; CENDON , Il dolo nella responsabilità
extracontrattuale, T orino, 1976; FRANZONI, L'illecito, in Trattatto della responsabilità civile, a
cura di FRANZONI, Milano, 2004; ID ., Dei fatti illeciti. Artt. 2043-2059, in Commentario al
codice civile, a cura di Scialoja - Branca, Bologna-Roma, 1993; GIANNINI - POGLIANI, La
responsabilità da illecito civile, Milano, 1996; MONATERI, La responsabilità civile, in Trattato
di diritto civile, a cura di Sacco, Torino, 1998; VENEZIANO, Il dolo extracontrattuale, in
CENDON (a cura di), La responsabilità civile, Torino, 1998; VISINTINI, Trattato breve della
responsabilità civile, Padova, 1996.
Con riferimento all’accertamento delle finalità elusive nell’ambito di operazioni economiche e
negoziali fiscalmente rilevanti, cfr. POGGIOLI, Riflessioni critiche in tema di operazini fittizie
ed accertamento del reddito d’impresa, in Riv. Dir. Trib., 2008, II, 304; FANT OZZI,
Sindacabilità delle scelte imprenditoriali e funzione nomofilattica della Cassazione, ivi, 2003,
II, 553; LUPI, A proposito di inerenza … Il fisco può entrare nel merito delle scelte
imprenditoriali, ivi, 1992, II, 940; MARELLO, Elusione fiscale ed abuso del diritto: profili
procedimentali e processuali, in Giur. It., 2010, IV, 103; TESAURO, La motivazione degli atti
di accertamento antielusivi ed i suoi riflessi processuali, in Corr. Trib., 2009, 3635; RAGUCCI,
Il contraddittorio come principio generale del diritto comunitario, in Rass. Trib., 2009, 580;
PEVERINI, Giudizio di fatto e giudizio di diritto in materia di costi non inerenti all’attività
d’impresa, in Riv. Dir. Trib., 2008, I, 931; PODDIGHE, Abuso del diritto e contraddittorio
processuale, in Rass. Trib., 2009, 150; BEGHIN, Abuso del diritto, giustizia tributaria e
certezza dei rapporti fra Fisco e contribuente, in Riv. Dir. Trib., 2009, II, 410; CARPENTIERI,
L’ordinamento tributario fra abuso ed incertezza del diritto, in Riv. Dir. Trib., 2008, I, 1060.
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RELAZIONI A CONVEGNI
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oggettivo della vicenda percepibile da terzi – non presenta una caratterizzazione
psicologica di particolare intensità e significanza, non presenta cioè un’evidente finalità
di aggressione nei confronti delle posizioni giuridiche dei terzi ed anzi si pone nello
spazio di liceità che l’ordinamento riconosce all’agire privato. A fronte di un
proprietario che scelga di innalzare il muro che cinge la sua proprietà, come si potrà
provare – e come chi legge il provvedimento giudiziario potrà ritenere essere stato
effettivamente e correttamente dimostrato dal giudice – la circostanza che
l’innalzamento è funzionale ad un qualche interesse del soggetto agente e non è invece
diretto semplicemente a pregiudicare gli interessi del vicino cui il muro finisce per
ostruire la visuale; del pari, a fronte di una operazione negoziale di fusione, come
attestarne la finalità elusiva intesa ad ottenere un risparmio d’imposta?
La riflessione non muta di segno, ed anzi si presenta ancora più complessa,
laddove l’esame di singole concrete condotte – riguardate nell’ottica di un possibile
abuso del diritto – venga a svolgersi in sede penale.
Sull’importanza che l’elemento soggettivo – ed in particolare quello più intenso,
rappresentato dal dolo – riveste nelle fattispecie criminose è finanche superfluo
soffermarsi: da un lato, il reato doloso non è solo la realizzazione del fatto tipico
previsto dalla norma incriminatrice, ma anche l’assunzione consapevole e volontaria
della condotta vietata; dall’altro, la considerazione delle gravissime conseguenze che
derivano in caso di accertata responsabilità del soggetto accusato per il fatto attribuitogli
impone al giudice di riservare massima attenzione anche all’atteggiamento con cui il
singolo ha tenuto il comportamento vietato. Ciò nonostante, è indiscutibile che
frequentemente nelle aule di giustizia si faccia continuo ricorso ad ogni sorta di
presunzione relativamente alla sussistenza dell’elemento soggettivo, in omaggio ad una
concezione del dolo quale substrato psicologico necessariamente immanente allo stesso
fatto materiale conforme alla fattispecie incriminatrice, con conseguente applicazione
dell’automatismo deduttivo sottinteso dal canone dolus in est in re ipsa 42.
42
Il tema meriterebbe ben altro sviluppo e ben altra indicazione bibliografica. In questa sede,
senza alcuna pretesa di completezza, ci si limita a segnalare, fra i lavori più recente,
CAT ENACCI, I reati di pericolo presunto fra diritto e processo penale, in Studi in onore di
Giorgio Marinucci, a cura di DOLCINI - PALIERO, II, Milano, 2006, 1415; FIORELLA, Il
principio della responsabilità personale fra codice penale e leggi complementari, Relazione
tenuta a T eramo l’8 giugno 2001, nell’ambito del convegno su “Politica criminale e riforma
della parte speciale fra codificazione e decodificazione”, 13; MARAFIOT I, Appunti in tema di
dolo e regime della prova, in Giur. it., 2002, 653; MASUCCI, ‘Fatto’ e ‘valore’ nella
definizione del dolo, T orino, 2004, 28; PIERDONATI, Dolo ed accertamento nelle fattispecie
penali c.d. “preganti”, Napoli, 2012; DE MURO, Il dolo. L’accertamento, Milano 2010;
DONINI, Il volto attuale dell’illecito penale. La democrazia penale fra differenziazione e
sussidiarietà, Milano, 2004, 202; EUSEBI, Il dolo come volontà, Brescia, 1993, 118;
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
Espressione emblematica di tale impostazione sono le affermazioni rese con
riferimento al reato di turbata libertà degli incanti, laddove la Cassazione riconosce che
la prova della collusione, e, quindi, del dolo dei concorrenti, “può essere desunta dal
collegamento sostanziale tra le imprese partecipanti alla gara, in quanto da tale
circostanza può evincersi l'esistenza di unico centro di interessi mirante, attraverso la
parcellizzazione delle offerte, ad aumentare le possibilità di aggiudicarsi l'appalto
alterando il normale gioco della concorrenza” 43. Può altresì richiamarsi una costante
affermazione in tema di omicidio il dolo del quale “deve essere desunto dalla concreta
circostanza dell'azione e dalla oggettiva idoneità della stessa a cagionare la morte, e ciò
in riguardo ai mezzi adoperati e alla modalità dell'aggressione, a nulla rilevando la
mancata reiterazione dei colpi”44; ancora più emblematica la posizione in tema di reati
contro l’onore, secondo cui “se ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo del
reato di diffamazione è sufficiente il solo dolo generico e, cioè, la consapevolezza di
ledere l’onore o la reputazione di un altro soggetto, quando il carattere diffamatorio
delle espressioni rivolte, assuma una consistenza offensiva intrinseca, essa non può
sfuggire all’agente, il quale – anzi – le ha usate proprio per dare maggiore efficacia al
suo dictum, per cui nessuna particolare indagine sulla ricorrenza o meno dell’elemento
psicologico del reato si presenta necessaria”45. Non meno severa si presenta la
giurisprudenza in tema di bancarotta fraudolenta, secondo la quale la prova del relativo
elemento soggettivo sarebbe ricavabile dal semplice “mancato ritrovamento, all’atto
della dichiarazione di fallimento, di beni e valori societari” 46.
Questo approccio della giurisprudenza si risolve in sostanza in una rinuncia a
svolgere una puntuale verifica dell’elemento soggettivo richiesto per l’integrazione del
reato contestato, che viene sostanziale presunto iuris et de iure quando la condotta
materiale si presenta conforme a quella descritta dalla fattispecie incriminatrice
47
considerata . Tuttavia, questa impostazione può ancora apparire – se non condivisibile,
PEDRAZZI, Tramonto del dolo?, in Riv. it. dir. proc. pen., 2000, 1265 ss.; PROSDOCIMI,
Reato doloso, in Dig. disc. pen., XI, Torino, 1996, 235.
Fra i lavori meno recenti, indispensabile rimane il riferimento a BRICOLA, Dolus in re ipsa.
Osservazioni in tema di oggetto e di accertamento del dolo, Milano, 1960, nonché GALLO, Il
dolo. Oggetto e accertamento, Milano, 1953, 14, secondo cui l’accertamento processuale di tale
elemento è un momento irrinunciabile per la verifica della “ praticabilità” dei concetti
penalistici; dello stesso Autore, cfr. Dolo (Dir. pen.), in Enc. dir., XIII, Milano, 1964, 801; ID.,
Appunti di diritto penale, II, Il reato, II, L’elemento psicologico, Torino, 2001, 129.
43
Cass., sez. VI, 31 gennaio 2013, Messuti, in Mass. Uff., 254901
44
Cass., sez. I, 16 giugno 2009, Sartori, in Mass. Uff., 244540.
45
Cass., sez. V, 2 ottobre 2001, Campobasso, inedita.
46
Cass., sez. V, 17 giugno 2010, De Angelis, in Mass. Uff., 248425.
47
MARINUCCI, Finalismo, responsabilità obiettiva, oggetto e struttura del dolo, in Riv. it. dir.
proc. pen., 2003, 377 ss., secondo cui il problema della prova può decidere della sopravvivenza
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
quanto meno – non particolarmente elusiva degli obblighi motivazionali gravanti sul
giudice in caso di condanna dell’imputato laddove questo verdetto sia riferito a
fattispecie criminose cosiddette “soggettivamente” pregnanti, riferendosi tale termine a
quei reati rispetto a quali – stante la condotta naturalistica particolarmente incisiva che li
connota – potrebbe apparire superfluo indugiare nella prova del dolo, poiché
quest’ultima emergerebbe dalla “univocità soggettiva” del puro comportamento
materiale, il quale, in sé e per sé considerato, rivelerebbe immediatamente la presenza di
una significativa volontarietà in capo al soggetto agente 48.
Di contro, tale modalità di accertamento – e la relativa tecnica motivazionale che
conseguentemente viene ad essere adottata nella decisione – non è certamente
utilizzabile con riferimento a condotte la cui rilevanza delittuosa risiede nell’esercizio
abusivo di propri diritti da parte del soggetto accusato del reato. In tali ipotesi infatti la
materialità della condotta non presenta profili di contrasto con singole fattispecie
incriminatrici giacché la illiceità dei relativi comportamenti non deriva dal contenuto
oggettivo delle azioni che il singolo realizza quanto dalla finalità che le governa, sicché
se è l’atteggiamento psicologico che consente di qualificare come criminoso un
comportamento altrimenti consentito dall’ordinamento non è possibile ricavare
l’esistenza di tale rilevante profilo soggettivo dall’esame dei caratteri esteriori della
vicenda.
Breve: come più volte detto, il comportamento del singolo, nel caso dell’abuso
del diritto, è assolutamente muto in ordine alle sue effettive intenzioni. L’imprenditore
individuale dona al figlio un immobile di sua proprietà dopo di che fallisce, un
contribuente trasferisce all’estero le proprie attività, un soggetto in pendenza di una
controversia civile che lo vede come convenuto aliena ad un prezzo che si può ritenere
incongruo i propri beni: sono tutte condotte che non presentano nulla di penalmente
rilevante – concretandosi per l’appunto nell’esercizio, da parte del soggetto agente, di
proprie facoltà giuridiche -, ma che si colorano di significativa illiceità se invece la
finalità che le governava era quella, rispettivamente, di distrarre i beni dell’azione, di
realizzare una elusiva esterovestizione per non pagare imposte, di sottrarsi
all'adempimento degli obblighi civili dei quali era in corso l'accertamento dinanzi
l'Autorità giudiziaria. In tali ipotesi, di cui si è fornita qualche esemplificazione, il
problema dunque è dato proprio dal fatto che l’individuazione degli obiettivi per cui il
singolo ha agito – e la valutazione dell’immeritevolezza e illegalità degli stessi – non è
stessa del dolo, come forma di responsabilità distinta dalla colpa, giacché solo una verifica dei
dati obiettivi esterni permette di ricostruire l’esperienza psicologica interiore, contribuendo così
a delineare lo stesso concetto di dolo altrimenti inafferrabile.
48
In proposito, cfr. BRICOLA, Dolus in re ipsa, cit., 141; PAGLIARO, Il fatto di reato,
Palermo, 1960, 420; ID., Il reato, in Trattato di Diritto penale, Parte Generale, diretto da
GROSSO-PADOVANI-PAGLIARO, Milano, 2007, 106.
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
possibile sulla base di un esame degli indici esteriori della vicenda, non potendosi
sostenere che l’esistenza in capo all’imputato di una volontà dolosa è attestata dalle
modalità criminosa con cui ha agito giacché la condotta da lui tenuta assume carattere
delinquenziale perché criminoso era l’atteggiamento che lo ha spinto ad agire in quel
determinato modo.
Queste considerazioni sembrano confermare i dubbi e le critiche di quanti da
tempo sostengono che l’accoglimento da parte della giurisprudenza della figura
dell’abuso del diritto determina necessariamente un significativo vulnus ai valori della
certezza del diritto e della soggezione dell’autorità giudiziaria alla legge. Infatti, se la
sussistenza di un’ipotesi di abuso del diritto è determinata dalle particolari finalità che
con tale comportamento il singolo vuole perseguire e se l’accertamento circa le ragioni
della singola condotta non può essere svolto alla luce del contenuto della condotta
medesima – la quale apparentemente si presenta conforme alla relativa disciplina legale
-, non si vede come possa negarsi che la valutazione circa la sussistenza dell’abuso
venga di fatto sempre ad essere pronunciata in assenza di parametri di decisione
condivisibili ed oggettivi, essendo dunque inevitabilmente rimessa all’incontrollata
discrezionalità del giudice.
In effetti, è indubbio che – nel definire se sussiste o meno un’ipotesi di abuso del
diritto – non è possibile procedere ad un accertamento dell’intenzionalità dell’agente, né
risulta utile l’esame delle modalità comportamentali assunte da questi nella concreta
vicenda, data la irrilevanza normativa, se non addirittura l’assoluta liceità delle stesse.
Ciò tuttavia non significa che il giudice, nella sua valutazione, sia privo di qualsiasi
ancoraggio a dati oggettivi e materiali e debba (e possa) affidarsi a sue intuizioni
arbitrarie ed assolutamente discrezionali, giacché egli può invece fare riferimento ad
elementi fattuali esteriormente percepibili; in particolare, come ora meglio vedremo, la
presenza, nella condotta sottoposta a ponderazione giudiziale, di un abuso nel
godimento di proprie facoltà giuridiche può essere riscontrata verificando quali siano
stati gli esiti della vicenda ovvero quali conseguenze siano derivate dal comportamento
sub iudice in termini di soddisfazione di esigenze personali del soggetto agente, di danni
a terzi, di nuovi assetti contrattuali ed economici, di nuova ripartizione di benefici ed
obblighi ecc..
Punto di partenza di questa nostra affermazione è l’accordo sul fatto che si è in
presenza di un’ipotesi di abuso del diritto quando il singolo esercita una propria facoltà
giuridica per conseguire obiettivi e risultati che l’ordinamento non riconosce e
soprattutto non consente di realizzare mediante la facoltà di cui il soggetto ha inteso
usufruire. Se questa tesi è corretta allora a nostro parere può escludersi che si sia in
presenza di una tale tipologia di illecito quando il singolo con il suo comportamento – a
prescindere dalle finalità che effettivamente lo animavano e che sono destinate a restare
sempre sconosciute ai terzi – ha comunque ottenuto uno degli scopi per il cui
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
raggiungimento il diritto di cui ha usufruito gli è stato ab origine attribuito
dall’ordinamento; in tal caso, infatti, le conseguenze materiali ed esteriormente
percepibili della condotta sottoposta a giudizio stanno a dimostrare che le finalità
perseguite dall’agente con il suo comportamento – almeno nella misura in cui le stesse
sono ricostruibili alla luce degli effetti che ne sono derivati – sono conformi alle
prescrizioni normative, ovvero rientrano nel novero di quelle che l’ordinamento
ammette siano riconnesse all’esercizio del potere del cui legittimo utilizzo si discute.
Detto altrimenti, fino a quando si ritiene che il giudice, per contestare la
sussistenza di uno smodato esercizio di propri poteri giuridici, non possa fare altro che
accertare l’animus interiore del soggetto agente, allora occorre effettivamente
riconoscere che la relativa decisione sarà necessariamente opinabile, priva di un
ancoraggio rispetto ai dati concreti della vicenda, la quale – come più volte detto –
appare inidonea a fornire indici significativi circa l’intenzionalità del singolo. Se però
modifichiamo l’angolo di visuale dal quale condurre l’indagine e piuttosto che cercare
la prova della volontà dolosa ed illecita del soggetto ricerchiamo indici fattuali che ci
consentano (non di provare la presenza, ma al contrario) di escludere la sussistenza di
tale volontà, ecco che la valutazione del giudice torna a soffermarsi ed ad avere ad
oggetto elementi forniti di un sufficiente grado di oggettività, di una esteriorità
percepibile dai terzi.
A questo punto, allora, la domanda da porsi diventa quali possono essere queste
concrete circostanze il cui ricorrere può consentire di concludere nel senso che nel caso
sottoposto a giudizio l’esercizio del diritto non è stato realizzato con modalità – e con
intenzioni – abusive, quali siano cioè i dati materiali da cui il giudice può ricavare una
convinzione circa la legittimità della condotta del singolo. Orbene, a nostro parere, tali
indici – come si è accennato - sono rinvenibili nell’esito finale della vicenda, nelle
conseguenze che dal comportamento oggetto di valutazione giudiziale sono derivate, nel
senso che laddove con la sua condotta il soggetto abbia comunque realizzato (uno de)gli
obiettivi al cui raggiungimento l’ordinamento consente si pervenga mediante l’esercizio
di un determinato diritto non potrà mai sostenersi che a quel diritto, nel caso in
considerazione, si sia fatto illegittimamente o illegalmente ricorso.
Questa impostazione è accolta anche dalla giurisprudenza comunitaria, laddove
essa fa applicazione dell’art. 54 della Carta di Nizza, rubricato per l’appunto “Divieto
dell’abuso del diritto” ed ai sensi del quale “nessuna disposizione [. . .] deve essere
interpretata nel senso di comportare il diritto di esercitare un’attività o compiere un atto
che miri alla distruzione dei diritti e delle libertà [. . .] o di imporre a tali diritti e libertà
limitazioni più ampie di quelle previste [. . .]” 49. In proposito, la Corte di Giustizia –
49
Su c ui, senza pretesa di completezza, GALGANO, Qui suo iure abutitur neminem leadit?, in
Contratto e Impresa, 2011, 311; PANDEMIGLIO, L’abuso del diritto nei trattati di Nizza e
Lisbona, ivi, 1076.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
dopo aver ribadito, richiamando una sua giurisprudenza antecedente all’introduzione del
citato art. 54, che i presupposti di una condotta di abuso del diritto vanno rinvenuti da
un lato nell’esercizio della facoltà per il raggiungimento di un obiettivo diverso rispetto
alla finalità per il cui perseguimento il diritto è attribuito al singolo e dall’altro nella
sussistenza in capo al soggetto agente di un particolare atteggiamento soggettivo –
evidenzia come il profilo maggiormente delicato della materia attenga appunto
all’accertamento della volontarietà della condotta sub judice ed allora cerca di agevolare
il compito dei giudici nazionali chiamati a giudicare dell’eventuale utilizzo elusivo di
disposizioni comunitarie sostenendo che l’esistenza di un riprovevole atteggiamento
soggettivo deve presumersi ogni qualvolta il comportamento considerato abbia
determinato una illegittima ed ingiustificata compromissione di un altrui posizione
giuridica 50.
In sostanza, secondo la Corte di Giustizia, la valutazione giudiziale circa la
sussistenza dell’animus nocendi dell’atto di abuso è effettivamente di difficile – se non
impossibile - assolvimento laddove l’esame dell’Autorità giudiziaria rimanga confinato
ai caratteri del comportamento esteriore del singolo, i quali nulla indicano circa
l’effettiva intenzionalità di chi agisce. Altri sono infatti i dati materiali della vicenda che
vanno esaminati, dovendo l’attenzione di chi giudica dirigersi verso – non la condotta
assunta bensì - gli esiti della stessa nel senso che tutte le volte che il singolo, esercitando
un proprio potere giuridico, realizzi la compressione di un altrui diritto che
l’ordinamento comunitario considera come fondamentale ed inattingibile 51, si sarà
senz’altro in presenza di un abus des droits, senza necessità di vagliare quale fosse
l’effettiva intenzione fraudolenta o pervicace del singolo; di contro, quando questa
lesione manchi allora l’azione del privato non potrà essere in alcun modo tacciata di
illiceità ma rappresenterà una legittima fruizione delle facoltà ed opportunità che
52
l’ordinamento comunitario gli riconosce .
Di questa impostazione la giurisprudenza comunitaria ha fatto frequente utilizzo
nell’ambito del diritto tributario, onde verificare se determinati comportamenti del
contribuente andassero o meno sanzionati in ragione della violazione di obblighi
erariali. Si è già accennato alla fondamentale sentenza Halifax – nella quale si afferma
per la prima volta in maniera espressa che il carattere elusivo di un’operazione
50
Cfr., per tutte, Corte Giustizia, 9 marzo 1999, Centros, causa C-212/97.
Nel senso che, ai fini della sussistenza dell’abuso di diritto “comunitario”, non è sufficiente la
lesione di una qualsiasi altrui posizioni giuridiche, ma occorre che il diritto leso rientri fra quelli
contemplati nella Carta di Nizza, BIFULCO – CART ABIA – CELOTT O (a cura di), L’Europa
dei diritti: commento alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, Bologna 2001, 368;
CAFARO, L’abuso di diritto nel sistema comunitario: dal caso Van Binsbergen alla Carta dei
diritti, passando per gli ordinamenti nazionali, in Il Diritto dell’Unione Europea, 2003, 318.
52
Ancora PANDEMIGLIO, L’abuso, cit., 1095.
51
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
90
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
negoziale può essere individuato nella circostanza che la stessa venga posta in essere in
assenza di un’effettiva business justification -, ma di particolare rilievo si presenta la
decisione relativa al caso Cadbury Schweppes53, con cui i giudici di Strasburgo – con
riferimento all’esercizio della libertà di stabilimento – hanno escluso l’esistenza di un
abuso di tale facoltà allorquando, pur in presenza di motivazioni di natura fiscale, la
società estera controllata sia realmente impiantata nello Stato di stabilimento e ivi
eserciti attività economiche effettive, giacché in questo caso si è in presenza di un
insediamento stabile con relativo “esercizio effettivo di un’attività economica reale”
idonea a “favorire l’interpretazione economica e sociale nel territorio della Comunità
nel settore delle attività indipendenti” in coerenza con la funzione e gli obiettivi della
disciplina comunitaria del diritto di stabilimento.
Come si vede, dunque, è assolutamente consolidato in ambito UE la conclusione
secondo cui la volontà elusiva del singolo – ovvero la sua intenzione di abusare del
diritto esercitato – va valutata sulla base di indici esterni, da cogliersi però non nella
struttura materiale della condotta da lui tenuta, bensì in relazione alle risultanze e
conseguenze pratiche che ne sono derivate, nel senso che non potrà mai parlarsi di un
esercizio smodato di proprie facoltà giuridiche nel caso in cui, nonostante la apparente
artificiosità della vicenda e del comportamento negoziale tenuto, risulti comunque
l’effettività dell’operazione economica posta in essere e la sua idoneità a conseguire un
interesse meritevole di tutela, “giustificato dagli elementi soggettivi ed oggettivi della
sottesa operazione oltreché coerente con le varie norme imperative ad essa altrimenti
54
applicabili” .
M edesima impostazione è presente anche nell’esperienza italiana ed in specie
nelle disposizioni di diritto tributario dirette a contrastare forme di elusione fiscale: l’art.
37-bis d.P.R. n. 600 del 1973 infatti fonda l’inopponibilità all’amministrazione
finanziaria di determinati atti, fatti e negozi sulla circostanza che tali comportamenti
siano “privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti
dall’ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti
indebiti”. Nonostante la formulazione della disposizione possa far sorgere delle
perplessità – nel senso che la norma pare distinguere il profilo attinente all’assenza di
una business justification e quello relativo alla volontà del contribuente di godere di un
ingiustificato risparmio di imposta, richiedendo che entrambi questi profili debbano
ricorrere, separatamente, nella singola vicenda – ci pare che anche in questo ambito la
costruzione della fattispecie normativa avvenga secondo le modalità più volte descritte
ovvero esercizio di poteri e facoltà giuridiche per l’intenzionale perseguimento di
finalità non consentite dovendosi trarre la prova di tale volontà fraudolenta dalla
circostanza che alla azione sub judice non sono riconducibili finalità diverse da quelle
53
54
Corte di giustizia, 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes, causa C-196/04.
Ancora la sentenza Cadbury Schweppes citata.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
vietate dall’ordinamento: esemplificativa in tal senso è una pronuncia della Corte di
Cassazione proprio in materia tributaria, giusta la quale non possono tacciarsi di
illegittimità operazioni di ristrutturazione societaria quando – per l’appunto - si accerti
«la compresenza, non marginale, di ragioni extrafiscali che non si identificano
necessariamente in una redditività immediata dell’operazione, ma possono essere anche
di natura meramente organizzativa e consistere in un miglioramento strutturale e
funzionale dell’impresa» 55.
Insomma, se lo specifico di una condotta di abuso del diritto risiede
nell’intenzionalità fraudolenta che governa e dirige il comportamento, ciò non comporta
che il relativo accertamento giudiziale segua percorsi arbitrari ed incontrollabili intesi
all’(impossibile) individuazione dell’atteggiamento soggettivo del singolo. La prova
circa le finalità effettivamente perseguite dal soggetto agente infatti può ben essere
ricavata tramite una valutazione delle conseguenze che dal comportamento sotto
giudizio sono derivate, da una valutazione dell’assetto degli interessi che ne è risultato,
dalla sussistenza di possibili ragioni – lecite ed esteriormente percepibili – che possano
giustificate l’assunzione della condotta effettivamente tenuta.
Rispetto a questa conclusione va fatta un’ulteriore precisazione. Cosa accade,
come deve decidere il giudice, quando si accerti che nella vicenda sottoposta a suo
esame vi sia una divaricazione fra le intenzioni dell’agente e le conseguenze della
condotta da lui tenuta ovvero quando, pur avendo il singolo agito per il raggiungimento
di una finalità illecita o che comunque l’ordinamento non ritiene meritevole di
protezione, le risultanze finali della vicenda non presentano profili di censura – si pensi,
ad esempio, ad una fusione societaria posta in essere con chiara finalità elusiva ma da
cui però derivino, seppur non considerate o di cui addirittura si ignorava il loro futuro
inverarsi, risparmi di spesa in termini di costo del lavoro, sostenibilità del ricorso al
credito bancario ecc.?
Riteniamo che in tali ipotesi il giudice – ed in generale chiunque sia chiamato a
valutare la possibile sussistenza di una condotta di abuso del diritto – debba mantenere
fermo il suo ancoraggio ai dati concreti, agli elementi materiali di cui può avere
oggettiva contezza e sulla cui sussistenza può porsi in contraddittorio con altri terzi
interessati alla vicenda; di conseguenza, riteniamo che nelle circostanze sopra descritte
di abuso del diritto non possa parlarsi. Due ragioni sostengono questa affermazione, una
di carattere, per così dire, “processuale” ed attinente il regime probatorio relativo alla
55
Cass., sez. trib., 21 gennaio 2011, n. 1372. Si vedano i commenti di ST EVANAT O, Ancora
un'accusa di elusione senza "aggiramento" dello spirito della legge, in Corr. Trib., 2011, 673;
FANTETT I, Esercizio della libertà economica non limitato per ragioni fiscali, in Dir. Prat.
Soc., 2011, 11/12, 57; VIT ALE, Abuso di diritto: onere della prova all'amministrazione
finanziaria, ivi, 2011, 9, 43; FIORENTINO, Note critiche in tema di abuso del diritto, in Dir.
Prat. Trib., 2011, 733.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
qualificazione in termini di illiceità del comportamento considerato, l’altra afferente la
stessa nozione della condotta di esorbitante esercizio di proprie facoltà giuridiche.
Sotto il primo aspetto, la nostra conclusione ci pare imposta dalla diversa
valenza probatoria che ha l’accertamento in ordine ai benefici legittimi che il singolo ha
ricavato per il tramite dell’esercizio di un suo diritto – anche laddove se ne abbia
ragione di sospettarne il carattere smodato ed arbitrario – e le considerazioni che
possono svolgersi in ordine alle effettive intenzioni per il perseguimento delle quali il
comportamento è stato assunto. M entre la prima valutazione – inerente l’avvenuto
soddisfacimento delle esigenze per la cui realizzazione il diritto è abitualmente
attribuito – è condotta sulla base di parametri tendenzialmente oggettivi, giacché
l’esame si dirige su dati di fatto, su accadimenti concreti, su profili della vicenda
esteriormente percepibili, ogni considerazione sull’effettivo animus nocendi che ha
spinto il soggetto ad agire presenta invece un margine di opinabilità essendo lo stesso
oggetto di tale giudizio evanescente e praticamente inconoscibile. Alla definizione
dell’elemento soggettivo sottostante ad un comportamento si giunge sempre mediante
una ricostruzione indiretta, che origina dall’esame delle circostanze concrete della
condotta sotto esame per verificare se le stesse hanno una qualche valenza significativa
e sono in qualche modo espressione delle ragioni che hanno spinto il singolo ad agire: la
difficoltà di questa valutazione viene però esasperata – fino a rischiare di sfociare in
arbitrio – quando, come accade nelle ipotesi di abuso del diritto, la condotta si presenti,
per definizione, priva di ogni indice di intenzionalità fraudolenta ed è per questo che
laddove si accerti che il concreto esercizio del potere del cui possibile abuso si discute
abbia determinato il raggiungimento di obiettivi non censurabili e legittimamente
perseguibili con il diritto di cui si è usufruito nel caso concreto a questo accertamento
occorre arrestarsi, essendo indifferente – e, verrebbe da dire, comunque indimostrabile –
che il singolo poi volesse perseguire effettivamente quelle o altre e meno commendevoli
finalità.
In secondo luogo, riteniamo che nell’ipotesi considerata – ovvero quando il
soggetto agisce con un’intenzionalità censurabile ma ciò nonostante realizza obiettivi
meritevoli di protezione e conformi alle conseguenze che l’ordinamento riconnette al
potere giuridico esercitato – manchi (non solo, come detto sopra, la prova, ma finanche)
la stessa sussistenza di un’ipotesi di abuso del diritto. Per convincersene basta
considerare come l’eventuale illiceità nell’esercizio di facoltà giuridiche non risiede
nella difformità fra il comportamento tenuto ed una fattispecie normativa che descrive le
corrette modalità di condotta, bensì nelle finalità e negli effetti che il soggetto vuole
realizzare con il potere da lui vantato; di conseguenza, quando le risultanze materiali ed
effettive dell’azione tenuta dal singolo non appaiono contrastanti con le ragioni in
considerazione delle quali il diritto è stato allo stesso attribuito viene meno qualsiasi
profilo di contrasto fra la condotta e l’ordinamento.
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
Detto altrimenti, quando gli effetti della vicenda non sono antigiuridici non vi è
alcuno spazio per qualificare il comportamento tenuto in termini di abuso e ciò anche in
presenza di elementi che possano far ritenere che il soggetto abbia agito con
un’intenzionalità contra legem - ammettendo in via meramente ipotetica che tale
conclusione possa essere formulata in presenza di dati fattuali che paiono attestare
diversamente. In tale caso infatti viene a mancare il presupposto fondamentale per
qualificare una condotta di esercizio di una facoltà giuridica in termini di abuso ovvero
aver cercato di realizzare, con l’utilizzo di un proprio diritto, finalità il cui
raggiungimento non può essere ottenuto mediante il ricorso al diritto medesimo: il
singolo, infatti, ha conseguito con il suo comportamento quella posizione di vantaggio,
quel beneficio che l’ordinamento riconnette al potere giuridico di cui ha vantato la
titolarità nel caso concreto.
E, si badi, questa conclusione non muta di segno nel caso in cui il concreto
svolgimento della vicenda possa aver danneggiato la posizione di terzi, posto che in tal
caso la lesione di altrui posizioni giuridiche non è la conseguenza di un agire illecito,
ma l’esito di una condotta consentita dal legislatore e diretta all’ottenimento di risultati
apprezzati positivamente dall’ordinamento; che contestualmente alla positiva
realizzazione di tali risultati si sia verificato anche un pregiudizio per altri interessi, per
altri soggetti, non è secondo il legislatore circostanza che possa determinare una diversa
qualificazione dell’azione posta in essere e giustificare l’adozione forme di sanzione (di
qualsiasi tipo) a contrasto della stessa. Si pensi ad una fusione fra due società, da cui
derivino contestualmente miglioramenti in termini organizzativi e di efficienza
dell’impresa nonché l’aggiramento di obblighi fiscali; orbene, l’ordinamento consente
l’adozione di questi comportamenti negoziali quando dagli stessi derivino le
conseguenze che si sono effettivamente verificate nel caso concreto ed a tale
qualificazione in termini di liceità deve fermarsi l’interprete, non potendo capovolgere il
giudizio che della vicenda fornisce il legislatore solo perché riscontra, fra gli effetti
della condotta considerata, anche ulteriori profili di danno per altri soggetti.
8. La s pecificità dell’abuso del diritto penalmente rilevante: la presenza di
profili di fraudolenza nella condotta.
Ricapitoliamo. L’abuso del diritto ricorre quando il titolare dello stesso, pur in
assenza di divieti formali, lo eserciti con modalità non necessarie al fine di conseguire
risultati diversi ed ulteriori rispetto a quelli per i quali quei poteri o quelle facoltà furono
attribuite; la specificità di tale tipologia di condotta illecita, dunque, risiede – non, come
di regola si verifica, nella difformità fra l’atteggiamento di chi agisce e determinate
previsioni normative, bensì – nel contrasto fra le finalità e gli obiettivi che il singolo si
propone di raggiungere con l’esercizio di una sua facoltà e gli scopi etici e sociali per il
soddisfacimento dei quali il diritto stesso è riconosciuto e tutelato dal legislatore.
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
Entrambi i profili sono presenti in qualsiasi definizione di “abuso del diritto”
l’interprete voglia fornire, a prescindere cioè dall’ambito dell’ordinamento entro il quale
tale nozione viene ad essere richiamata: detto altrimenti, non vi è un esercizio abusivo
di propri poteri giuridici rilevante – quale che sia la sede (civile, tributaria,
amministrativa, penale) in cui la valutazione è operata – se non vi è un utilizzo degli
stessi orientato al perseguimento di interessi ed obiettivi il cui raggiungimento non è
consentito dall’ordinamento. Tuttavia, laddove da una generica valutazione di
censurabilità del comportamento del singolo si voglia passare a giudicarne della penale
rilevanza – si discuta cioè se una condotta di abuso dei propri diritti integri o meno una
fattispecie di reato -, riteniamo che la predetta definizione non sia sufficiente giacché
l’attribuzione della responsabilità penale necessita che il comportamento del singolo
presenti - accanto alle circostanze ora menzionate - un profilo ulteriore di
rimproverabilità, attinente le specifiche modalità e concrete caratteristiche della
condotta di cui si sospetta la valenza criminale.
Prima di esaminare quali siano queste ulteriori connotazioni e peculiarità che
l’ordinamento penale richiede per attribuire rilevanza ad un utilizzo arbitrario dei propri
diritti, è però il caso di soffermarsi sulle ragioni per cui riteniamo necessario
differenziare la condotta di criminoso esercizio di propri poteri rispetto ad analoghi
comportamenti sanzionabili solo in altre sedi, ovvero le ragioni per cui pensiamo debba
riconoscersi una sovrapposizione solo parziale fra un’ipotesi di abuso del diritto
“genericamente” qualificata e la medesima tipologia di comportamento cui vanno
applicate sanzioni criminali.
Una prima riflessione va condotta con riferimento alla necessaria
caratterizzazione naturalistica che possiede qualsivoglia fattispecie di reato prevista dal
nostro ordinamento. Come detto più volte, profilo centrale della nozione di abuso del
diritto come ricostruita dalla dottrina e giurisprudenza – specie nell’ambito civilistico –
è la particolare intenzionalità del soggetto agente, la cui condotta deve essere diretta al
conseguimento di obiettivi che l’ordinamento non consente di perseguire mediante
l’esercizio dei poteri del cui utilizzo si discute nel caso di specie: in questo modo,
dunque, l’illiceità del comportamento viene a risiedere non nel contrasto e nella
difformità fra l’azione materiale del singolo ed una previsione normativa, ma
nell’atteggiamento soggettivo sottostante. Orbene, tale approccio pare difficilmente
compatibile con il nostro sistema penale, da sempre – ed ancor di più dopo l’entrata in
vigore della Carta costituzionale – contrassegnantesi come un diritto penale del fatto,
come ambito giuridico in cui viene considerato rilevante e sono predisposte severe
sanzioni per come un soggetto agisce e non per le ragioni che sottostanno a quel suo
determinato comportamento56.
56
Evidentemente sul tema, nell’ambito del presente lavoro, le indicazioni bibliografiche
possono essere solo sommarie.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
Non è certo questa la sede per esaminare le diverse ricostruzioni in tema di
teoria generale del reato, della sua struttura e del ruolo che al suo interno svolgono il
fatto, l’antigiuridicità e la colpevolezza57. Tuttavia – pur nella consapevolezza che
l’argomento meriterebbe ben altri approfondimenti, non possibili in tal sede -, ci pare di
poter affermare che se è vero che la penale rilevanza di una qualsiasi condotta non può
prescindere dalla presenza, in capo a chi agisce, di un pregnante e significativo
58
atteggiamento soggettivo , è altresì certo che primaria componente del reato è la
difformità del comportamento rispetto ad una fattispecie incriminatrice, quanto meno
nel senso che in mancanza della commissione di una azione vietata non vi è alcuna
ragione di chiedersi se il singolo fosse o meno animato da intenzioni criminose, poi di
fatto non poste in essere59. Proprio rispetto a questa ricostruzione dell’illecito penale –
principalmente incentrata sulle connotazioni materiali della condotta tenuta dal singolo
– sarebbe chiaramente stridente l’attribuzione di una rilevanza criminosa ad un
comportamento che non si presenta, nella sua materialità, in contrasto con alcuna
disposizione incriminatrice e che anzi rappresenta il mero esercizio di un diritto che
Sul punto ci si limita ad alcune citazioni fra le opere più recenti: MANES, Il principio di
offensività nel diritto penale, T orino 2005; PAGLIARO, Il reato, in Trattato di diritto penale,
diretto a GROSSO – PADOVANI – PAGLIARO, Milano 2007, 62; DONINI, Teoria del reato.
Un’introduzione, Padova 1996; CAVALIERE, Riflessioni intorno ad oggettivismo e
soggettivismo, in Studi in onore di Giorgio Marinucci, II, Milano 2006, 1443; DE VERO,
Disvalore d’azione ed imputazione dell’evento in un’aggiornata costruzione separata dei tipi
criminosi, ivi, 1487; ID., Illecito e colpevolezza nell’imputazione del reato, Milano 1991;
ROMANO, Commentario sistematico del codice penale, I, Milano 2004, 306; FERRAJOLI,
Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale, 10^ ed., Roma- Bari 2011, 482.
Fra gli scritti meno recenti, MARINUCCI, Fatto, condotta illecita e responsabilità obiettiva
nella teoria del reato, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 1985, 623; CADOPPI, “Non evento” e beni
giuridici “relativi”: spunti per una reinterpretazione dei reati omissivi propri in chiave di
offensività, in Ind. Pen., 1989, 373; MAZZACUVA, Il disvalore di evento nell’illecito penale,
Milano 1983.
Ancora più risalenti, ma la lettura pare indispensabile, indispensabile il riferimento a
DELIT ALA, Il fatto nella teoria generale del reato, Padova 1930; MARINUCCI, Il reato come
azione, Milano 1971; PAGLIARO, Il fatto di reato, Palermo 1960.
57
Per approfondimenti sul punto rinviamo a FIANDACA – MUSCO, Diritto penale, 6^ ed.,
Bologna 2010, 156; ROMANO, Commentario, cit., 300; DE FRANCESCO, Il modello
analitico fra dottrina e giurisprudenza: dogmatica e garantismo nella collocazione sistematica
dell’elemento psicologico del reato, in AA.VV., Le discrasie fra dottrina e giurisprudenza in
diritto penale, Napoli 1991, 191.
58
Per tale valorizzazione, PAGLIARO, Il reato, cit., 44
59
PIFFERI, Generalia delictorum, Milano 2006, 116; MARINUCCI – DOLCINI, Manuale di
diritto penale, 2^ ed., Milano 2006, 149
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
l’ordinamento attribuisce al soggetto agente60: ecco perché, se si vuole configurare un
illecito penale con riferimento all’esercizio di una facoltà giuridica non è sufficiente che
la relativa condotta sia supportata da un atteggiamento soggettivo riprovevole ma
occorre altresì che dello stesso diritto il singolo ne goda secondo particolari modalità, ed
in particolare mediante il ricorso – come meglio si dirà in seguito – a tecniche
61
comportamentali fraudolente ed ingannatorie .
Insomma, stante i caratteri del nostro diritto penale – che pone nella condotta
esteriore del soggetto, nel cosiddetto “fatto”, “tutto ciò che di oggettivo si trova nella
descrizione legale e tutto ciò che rileva al fine del giudizio conclusivo sull’illiceità” 62
della vicenda 63 -, deve ritenersi che l’utilizzo di un proprio diritto assuma una valenza
criminosa solo quando già sotto il profilo della materialità della condotta – e quindi a
prescindere ed oltre alla presenza in capo all’agente di un animus nocendi
particolarmente qualificato – sia riscontrabile che l’esercizio della facoltà giuridica
presenta indici di rimproverabilità e sia quindi, sotto questo aspetto, parzialmente
difforme rispetto alle ordinarie modalità con cui l’ordinamento consente si possa godere
del diritto.
In secondo luogo, l’esigenza di differenziare le condotte di abuso criminale dei
propri diritti rispetto ad analoghi comportamenti privi di tale spessore delittuoso deriva
dal carattere necessariamente frammentario del diritto penale, carattere a sua volta
conseguente alla scelta di ricorrere alla sanzione penale - considerata quale extrema
ratio delle possibili risposte punitive cui il legislatore può prevedere - solo in presenza
di vicende connotate da particolare gravità. Con il richiamo al principio di
frammentarietà del diritto penale si intende far riferimento alla circostanza che la
funzione di tutela espressa da tale settore dell’ordinamento si esplica solo in presenza di
specifiche forme di aggressione contro determinati beni giuridici, il che significa –
60
Come ha detto Hobbes, “per le intenzioni, che non si manifestano mai con atti esteriori, non
vi è posto all’accusa umana … [delitti] sono solo quelle colpe che possono essere presentate
davanti al giudice e che perciò non sono semplici intenzioni” (Leviatano, XXVII, 240).
61
Il richiamo alla necessaria materialità di una condotta di abuso, chiaramente percepibile nel
suo carattere illecito – non potendosi esaurire tale qualificazione nell’atteggiamento soggettivo
del singolo -, rappresenta una riaffermazione anche in questo ambito della funzione processualgarantista del requisito dell’oggettività esteriore del comportamento
sanzionato quale
presupposto per la verificabilità dell’accusa, come sottolineato ai primordi dell’elaborazione del
diritto criminale: MONTESQUIEU, Lo spirito delle leggi, XII, 7, 438; BECCARIA, Dei delitti
e delle pene, XIII, 33.
62
ROMANO, Commentario, cit., 309
63
In proposito, PAGLIARO, Fatto, condotta illecita e responsabilità obiettiva nella teoria del
reato, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 1985, 623; MANT OVANI, Principi di diritto penale, Padova
2002, 109; MARINI, Lineamenti del sistema penale, Milano 1993, 272; FIORELLA, Reato in
generale, in Enc. Dir., vol. XXXVIII, Milano 1987, 786.
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
volendo dirlo altrimenti – che il diritto penale non reagisce tout court a qualsiasi ipotesi
di lesione della sfera giuridica di terzi, ma solo laddove il danno o la messa in pericolo
degli altrui interessi consegua all’adozione di particolari e specifiche condotte ritenute
dall’ordinamento particolarmente censurabili; d’altro canto, proprio dalla possibilità di
far ricorso alla più severa sanzione criminale solo quando l’aggressione di un bene
giuridico meritevole di protezione sia stata realizzata con particolare intensità ed
insidiosità deriva la possibilità di far legittimamente ricorso a tale terribile tipologia
punitiva esclusivamente solo quando le forme di reazione approntate dagli altri rami
dell’ordinamento abbiano dimostrato la loro inadeguatezza sia in termini di protezione
dei valori investiti dalla condotta illecita che in ragione della gravità e violenza di
quest’ultima64.
In che termini i due principi della frammentarietà e sussidiarietà del diritto
penale vengano ad interagire con la tematica che stiamo affrontando è agevole
comprendere. Se la criminalizzazione di una determinata condotta è legittima non nella
misura in cui la stessa attenta a determinati beni giuridici – ed in particolare all’altrui
patrimonio -, ma solo se tale aggressione è condotta secondo forme o modalità di offesa
che si ritengono particolarmente intollerabili, allora è evidente che la mera circostanza
che in sede civile o tributaria venga riscontrata un’ipotesi di abuso del diritto non è
sufficiente perché tale condotta trovi una risposta anche in ambito penalistico, proprio
perché la risposta penale deve dirigersi verso forme di comportamento che presentino
una maggiore lesività degli interessi coinvolti nella vicenda e soprattutto una maggiore
connotazione di insidiosità e fraudolenza. Detto altrimenti, la qualificazione di illiceità o
illegittimità che una determinata condotta riceve in un ambito dell’ordinamento
nazionale non può determinare automaticamente una valutazione di criminosità della
medesima, dovendo il fatto di reato presentare una sua specificità in termini di intensità
dell’offesa sì da doversi valutare inadeguata ogni altra risposta diversa da quella
penalistica e da giustificare la scelta di responsabile in maniera particolarmente severa,
65
limitandone la stessa libertà personale .
64
BRICOLA, Tecniche di tutela penale e tecniche alternative di tutela, in AA.VV., (a cura di
DE ACUTIS – PALOMBARINI), Funzioni e limiti del diritto penale, Padova 1984; DOLCINI,
Sanzione penale o sanzione amministrativa: problemi di scienza della legislazione, in Riv. It.
Dir. Proc. Pen., 1984, 589; PADOVANI, La distribuzione di sanzioni penali e di sanzioni
amministrative secondo l’esperienza italiana, ibidem, 952; PALAZZO, I confini della tutela
penale: selezione dei beni e criteri della criminalizzazione, ivi, 1992, 453; PEDRAZZI, Diritto
penale, in Dig. Disc. Pen., vol. IV, T orino 1990, 64; FORTI, L’immane concretezza, Milano
2000.
65
Sulla natura del diritto penale quale extrema ratio, FERRAJOLI, Diritto e ragione, cit., 197;
ROMANO, Diritto penale in materia economica, riforma del codice, abuso di finanziamenti
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
98
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
Indubbiamente, se lo sguardo dell’interprete si rivolge all’esperienza concreta di
questi ultimi anni deve riconoscersi che la concezione del diritto penale sopra descritta
si è assai poco inverata nel sistema italiano: da un lato, il legislatore incede sempre più
di frequente nel ricorso alla costruzione di nuove fattispecie di reato, non sapendo
rinvenire altri strumenti per contenere fenomeni di malcostume del vivere collettivo ed
assegnando alla pena - detentiva o patrimoniale – funzioni quasi palingenetiche della
società66; dall’altro, la stessa giurisprudenza non ha remore nell’ampliare la sfera di
prensione delle fattispecie delittuose67, anche grazie alla pessima tecnica di
formulazione delle medesime – spesso configurate in maniera generica, prive di quei
caratteri di tassatività e determinatezza che ogni previsione incriminatrice dovrebbe
invece possedere 68. Tuttavia, occorre prendere atto che queste continue scelte di
pubblici, in AA.VV., Comportamenti economici e legislazione penale, a cura di PEDRAZZI COCO, Milano 1979, 185.
Nel senso di un necessario collegamento fra il carattere frammentario del diritto penale e la sua
natura sussidiaria rispetto agli strumenti sanzionatori e di reazioni individuati in altri ambiti
dell’ordinamento, ANGIONI, Contenuto e funzioni del concetto di bene giuridico, Milano 1983,
163; DONINI, Sussidiarietà penale e sussidiarietà comunitaria, in Riv. It. Dir. Proc. Pen.,
2003, 141.
66
Cfr. i lavori citati nelle note precedenti, oltre a DEMURO, Ultima ratio: alla ricerca di limiti
all’espansione del diritto penale, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2013, 1654.
67
Emblematica in tal senso la vicenda relativa alla figura del concorso esterno in associazione
mafiosa - su cui FIANDACA, Questioni aperte in tema di concorso esterno, in Foro It., 2012,
565.
Possibile richiamare anche la giurisprudenza in tema di dolo eventuale ed omicidio, con
riferimento ad esempio agli incidenti stradali: GIOVANNIELLO, La progressiva espansione
del dolo eventuale: ragioni general preventive e principio di legalità, in Giur. Merito, 2013,
133; PAOLONI, Dolo eventuale e colpa cosciente nei delitti di omicidio o lesioni personali
connessi alla circolazione stradale, in Cass. Pen., 2013, 2281.
Più in generale su tale tendenza della giurisprudenza a colmare per via interpretativa quelli che
si ritengono lacune del legislatore FIANDACA, Il diritto penale giurisprudenziale fra
orientamenti e disorientamenti, Napoli 2008; DI GIOVINE, Considerazioni su interpretazione,
retorica e deontologia in diritto penale, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2009, 93; MANES, Il ruolo
poliedrico del giudice penale, fra spinte di esegesi adeguatrice e vincoli di sistema, in Cass.
Pen., 2014, 1918.
68
Emblematica in questo senso la vicenda relativa al nuovo reato di induzione indebita a dare a
promettere utilità, di difficile definizione e sostanzialmente indistinguibile rispetto alle ipotesi
criminose di corruzione e concussione: sul punto, cfr. PIVA, “Alla ricerca dell’induzione
perduta”: le Sezioni Unite tentano una soluzione, in www.dirittopenalecontemporaneo;
MONGILLO, L’incerta frontiera: il discrimine fra concussione ed induzione indebita nel nuovo
statuto penale della pubblica amministrazione, ivi.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
99
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
criminalizzazione del Parlamento e la estensiva interpretazione ermeneutica che del
relativo prodotto normativo adotta la giurisprudenza oggi non paiono più solo in
contrasto con principi di carattere costituzionale69, ma confliggono anche con chiare
indicazioni rinvenibili in una serie di decisioni della Corte Europea dei diritti dell’Uomo
con una serie di decisioni.
Assolutamente emblematica, anche perché emessa nei confronti dello nostro
70
Stato, è la pronuncia n. 18640/10 del 4 marzo 2014 , relativa al trattamento
sanzionatorio riservato in Italia ad alcuni soggetti ed persone giuridiche vicine alla
famiglia Agnelli, le quali, dopo aver concluso un negozio di equity swap, ne diedero
notizia alla C.O.N.S.O.B., illustrandone il contenuto, le finalità e gli effetti che ne
sarebbero derivati sul titolo IFIL. Queste comunicazioni vennero ritenute inveritiere e
mendaci dalla Commissione di controllo, la quale condannò i protagonisti della vicenda
in via amministrativa per la condotta di “manipolazione di mercato” di cui all’art. 187ter punto 1 d.lgs. n. 58 del 1998; contestualmente, però, la Procura di Torino, in
relazione alle medesime comunicazioni già sanzionate in sede amministrativa, contestò
agli stessi soggetti la violazione del reato di aggiotaggio informativo di cui all’art. 185
del citato decreto n. 58 ed il relativo processo penale, pur se conclusosi con una
sentenza di annullamento della Cassazione 71, vide in sede di appello gli imputati
condannati per il reato loro contestato.
Nelle more del procedimento penale, i diversi soggetti coinvolti nella complessa
vicenda – tanto le persone fisiche imputate che le persone giuridiche sanzionate dalla
Commissione di controllo della Borsa – hanno fatto ricorso alla Corte europea dei
Diritti dell’Uomo, lamentando diverse violazioni della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. La parte della decisione
di interesse ai nostri fini riguarda la circostanza che i ricorrenti lamentavano la
violazione, ad opera dello Stato italiano, del principio del ne bis in idem di cui all’art. 4
del Protocollo n. 7 della Convenzione europea, in base al quale nessuno può essere
sottoposto a un nuovo giudizio quando sia stato già condannato o assolto in via
definitiva: secondo i ricorrenti, nel caso di specie, tale principio sarebbe risultato violato
Come esempio di fattispecie criminosa indeterminata e generica può richiamarsi la fattispecie di
cd. stalking, di cui all’art. 612-bis c.p., su cui è dovuta intervenire anche la Corte costituzionale
onde precisarne i confini, cfr. Corte cost., sentenza 11 giugno 2014 n. 172. In dottrina
VAL SECCHI, Il delitto di atti persecutori, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2009, 1390.
69
-----.
70
La
decisione
può
leggersi
in
http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_20_1.wp?previsiousPage=mg_1_20&contentId=SDU9
97175.
71
Cass., sez. I, 16 dicembre 2013.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
100
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
in quanto costoro erano stati prima sanzionati dalla CONSOB e poi sottoposti a un
procedimento penale in relazione ai medesimi fatti.
Orbene, la Corte europea ha ritenuto fondata tale censura, sulla base di una
duplice valutazione. In primo luogo, i giudici di Strasburgo hanno ritenuto che la
procedura davanti alla CONSOB fosse inerente – nonostante la qualificazione che
l’ordinamento assegnava alla violazione – ad una “accusa in materia penale”; in
secondo luogo, anche qui prescindendo dalle diverse qualificazioni in termini di illiceità
ed illegittimità che le norme riservavano loro, secondo la Corte lussemburghese le
condotte descritte dall’art. 187-ter (di cui al procedimento amministrativo) e 185, co. 1,
d.lgs. n. 58 del 1998 (di cui al procedimento penale) andavano considerate come le
medesime. Sulla scorta di tali osservazioni, la C.E.D.U. ha dichiarato che la scelta
dell’ordinamento italiano di avviare un procedimento penale dopo la conclusione del
procedimento amministrativo integrasse la violazione del divieto di ne bis in idem,
perché per l’appunto una stessa condotta, una medesima violazione di un precetto, era
punito due volte, in due distinte sedi giurisdizionali 72.
Ancora più interessante – stante la circostanza che ci si riferiva proprio ad una
ipotesi di contestuale svolgimento di un procedimento penale e di un procedimento
amministrativo in materia di frode fiscale – è la recentissima Nykanen vs. Finlandia, del
20 maggio 2014. L’argomentare della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo segue
cadenze già viste: prima l’affermazione che la reazione dell’ordinamento ad una
condotta illecita può essere qualificata come sanzione non solo quando segua
all’accertamento della responsabilità per la commissione di un fatto di reato, ma anche
nel caso in cui – pur essendo la violazione contestata di natura amministrativa – la
risposta repressiva predisposta dall’ordinamento ha natura fortemente afflittiva –
perché, ad esempio, priva il singolo di una considerevole parte del proprio patrimonio -,
ovvero mira alla punizione del “colpevole” ed ha perciò natura deterrente e
non compensativa; ciò precisato, la Corte europea ribadisce che anche le condanne
pronunciate in sede tributaria possono avere natura punitiva quando al contribuente
inadempiente vengano applicate sanzioni pecuniarie significative, con un significativo
incremento del debito verso l’erario, il cui ammontare non esprime più una funzione
risarcitoria rispetto all’obbligazione tributaria rimasta originariamente inadempiuta, ma
assume natura afflittiva nei confronti del contribuente infedele. La conclusione è
analoga a quella vista nella decisione sul caso Ifil: quando ad una medesima condotta qualificata negativamente - l’ordinamento reagisca non solo con la risposta penale ma
anche con altre modalità fortemente afflittive per l’interessato, si è in presenza di una
duplice sanzione dello stesso comportamento e ciò determina una violazione del
72
Per approfondimenti, sia consentito il rinvio a SANT ORIELLO, Carta dei Diritti dell’Uomo
e mancato pagamento delle imposte in sede penale e amministrativa, in Fisco, 2014, 17, 1656.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
principio del ne bis in idem di cui all’art. 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione
europea.
Le indicazioni della giurisprudenza sovranazionale – non fosse sufficiente
quanto desumibile dai menzionati principi del diritto penale nazionale – sono dunque
nel senso di dover ricercare una particolare specificità della condotta criminosa, giacché
è solo questa specificità che legittima e giustifica la punizione che viene comminata
penale. In sostanza, una medesima vicenda può ricevere, all’interno di uno stesso
ordinamento, un diverso giudizio di illiceità a seconda dell’ambito entro il quale tale
valutazione è resa: quando il profilo considerato è quello della rilevanza delittuosa della
condotta non è però sufficiente che questa presenti una generica difformità da quei
dettami normativi la cui inosservanza giustifica invece l’applicazione di una sanzione in
sede civile amministrativa o in ambito tributario. Riportando queste indicazioni al tema
oggetto di questo lavoro ne deriva che l’esercizio di un proprio diritto, pur quando se ne
riscontri l’abusività e l’arbitrarietà in sede di giudizio civile o in una controversia con
l’Erario, non per questo ha anche una rilevanza penale giacché per approdare a
quest’ultima valutazione occorre che il censurato utilizzo della facoltà giuridica venga
posto in essere con modalità particolarmente riprovevoli e maggiormente significative
in ordine all’aggressione e lesione degli interessi protetti dalla fattispecie incriminatrice.
Chiaramente, a questo punto, il problema diventa stabilire quali siano le
modalità che attribuiscono valenza criminale ad una condotta altrimenti penalmente non
rilevante, quali siano cioè le connotazioni concrete della vicenda che ne legittimano la
punibilità quale fatto di reato. La risposta al quesito in realtà non ci pare difficile né
particolarmente complessa, pur non potendosi negare la possibile insorgenza di
difficoltà quando di tali criteri si cerca di dare concreta attuazione nelle singole vicende
oggetto di giudizio.
A nostro parere, la specificità della condotta penalmente rilevante è da rinvenire
nelle modalità fraudolente – e non semplicemente arbitrarie e smodate – con cui il
diritto è esercitato, nel senso che è configurabile una responsabilità penale del singolo
che abusi di proprie facoltà giuridiche – sempre che il fatto sia sussumibile sotto
qualche fattispecie delittuosa – solo quando questi abbia occultato l’intenzione di
raggiungere finalità diverse da quelle che l’ordinamento riconnette all’esercizio di quei
poteri o abbia rappresentato in maniera mendace le circostanze in presenza delle quali si
pone la sua azione o abbia nascosto le particolari e censurabili modalità con cui è stato
esercitato il diritto di cui pure è titolare, ecc..
Qualche esempio può chiarire quanto andiamo dicendo. Si immagini che un
imprenditore, mentre la sua società è in stato di insolvenza, per far fronte ad alcune
impellenti necessità economiche e così ritardare la relativa dichiarazione di fallimento,
venda un bene aziendale dietro il versamento di un corrispettivo, pattuendo con
l’acquirente un termine per il pagamento a fronte dell’immediata cessione del bene; se i
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
102
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
creditori dell’imprenditore ritengono il prezzo irrisorio o mancanti le garanzie in ordine
al futuro pagamento dello stesso, essi potranno agire secondo le ordinarie modalità
dell’azione revocatoria ordinaria di cui all’art. 2901 cod. civ., così come in revocatoria
ex art. 67 della legge fallimentare potrà agire il curatore in caso di successiva
dichiarazione di fallimento; fin qui nulla di penalmente rilevante 73, nel senso che la
condotta del fallendo trova una reazione nell’ambito del diritto civile, reazione
giustificata dalla circostanza che in questo caso il diritto di proprietà - che pure
ordinariamente ricomprende la facoltà di vendere liberamente i propri beni secondo una
valutazione rimessa integralmente alla discrezionalità del titolare – è stato esercitato
onde ritardare la necessaria dichiarazione di fallimento dell’impresa, così da
danneggiare gli interessi dei creditori. Il quadro però cambia e diventa possibile
ipotizzare una valenza delittuosa della condotta, quando l’imprenditore – ad esempio –
ceda il bene ad un prezzo diverso da quello dichiarato, occultando il surplus di
corrispettivo che riceve, o concorda una scadenza di pagamento senza farsi garantire in
alcun modo il versamento del prezzo ed in accordo con l’acquirente che tale versamento
non vi sarà o vi sarà in maniera solo parziale o ancora nasconde l’avvenuta cessione in
modo da far maturare il termine di prescrizione ed impedire agli interessati di far ricorso
alla revocatoria.
Ancora un esempio. Un imprenditore dichiara di aver trasferito la propria
azienda o parte della stessa all’estero e chiede che la tassazione sia calcolata sulla base
di questa circostanza – ovvero dichiari di pagare all’estero i tributi o comunque che il
fisco italiano riconosca che parte dell’obbligazione tributaria è assolta altrove: l’Erario
può ritenere infondata tale richiesta, affermando che la tassazione debba continuare ad
essere calcolata come se l’impresa operasse in Italia, perché la condotta del contribuente
non è tale da modificare la sede effettiva dei propri affari ed il luogo ove egli matura i
propri ricavi; anche in questo caso, trattasi di una vicenda che il diritto tributario
censura, con il determinarsi di conseguenze negative in capo al contribuente, ma nulla
legittima il ricorso alla sanzione penale. Diversa invece la circostanza in cui il
contribuente, per giustificare la sua affermazione di aver trasferito l’impresa all’estero,
rappresentasse agli organi competenti una situazione diversa da quella reale,
dichiarando falsamente che all’estero ha sede ed opera il board organizzativo
dell’azienda o che all’estero sono presenti diversi stabilimenti operativi ecc..
Detto altrimenti ed in maniera più generale, la condotta di abuso del diritto ha
una penale rilevanza solo quando il comportamento esteriore del soggetto presenta –
73
Salvo forse una responsabilità per il delitto di bancarotta semplice ai sensi dell’art. 217,
comma 1, R.D. n. 267 del 1942. Trattasi di ipotesi marginale, in ragione della irrilevanza della
fattispecie, ma di cui si può in questa sede soprassedere stante il fatto che trattasi di reato
punibile anche a titolo di colpa, mentre in questo lavoro – come si è già detto in precedenza – il
nostro interesse si concentra principalmente su condotte di carattere doloso.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
103
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
rispetto ad ogni altra generica ipotesi di scorretto esercizio di proprie facoltà giuridiche
– una connotazione fraudolenta, ingannatoria, che cela la reale struttura della vicenda in
cui si cala il comportamento del singolo, ne camuffa i presupposti e le effettive
conseguenze74.
Anche in questo caso tali affermazioni trovano riscontro nella giurisprudenza
della Corte europea dei diritti dell’uomo. Si può in proposito richiamare la recente
sentenza Frasson C-617-10 del 26 febbraio 2013 in tema di rapporti fra giudizio penale
74
In alcuni casi, la specificità della condotta sanzionata penalmente può essere rinvenuta anche
nelle conseguenze che la stessa è idonea a determinare e che si presentano come diverse rispetto
agli effetti derivanti da comportamenti analoghi ma non integranti un fatto di reato.
E’ quanto, ad esempio, ci si era permessi di sostenere – unitamente ad altri autori (ZANOTTI, Il
nuovo diritto penale dell’economia, 2^ ed., Milano 2008, 418; MELCHIONDA, Art. 2637 – art.
185 d.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58, in AA. VV., I nuovi reati societari, a cura di LANZI CADOPPI, Padova, 2006, 264; MAGRO, Le manipolazioni di mercato fra illecito penale ed
illecito amministrativo, in Cass. Pen., 2007, 61; PALIERO, Market abuse e legislazione penale:
un connubio tormentato, in Corr. Merito, 2005, 800; LUNGHINI, La manipolazione del
mercato, in Dir. Pen. Proc., 2005, 811) ed a parte della giurisprudenza (Cass., sez. VI, 16 marzo
2006, Labella, in Cass. Pen., 2007, 56) – con riferimento ai rapporti fra il reato di
manipolazione del mercato di cui all’art. 185 del testo unico sulla finanza e l’illecito
amministrativo previsto dall’art. 187 ter del medesimo testo unico.
Stante una descrizione delle relative condotte pressoché identica in entrambi i casi, avevano
sostenuto che la differenza fra le due ipotesi andasse rinvenuta nel senso che il legislatore, nel
disegno della fattispecie criminosa, aveva prestato particolare attenzione al dato quantitativo
della variazione del valore del titolo, dovendo la condotta essere concretamente idonea a
determinare una sensibile alterazione del prezzo dello stesso, mentre tale profilo non era affatto
richiamato nel citato art. 187 ter , con la conseguenza che mentre l’illecito penale sarebbe posto
a tutela del mercato da strategie manipolative concretamente idonee a porre in pericolo il
normale meccanismo di formazione dei prezzi, l’illecito amministrativo sarebbe una fattispecie
di pericolo astratto, in cui la soglia della punibilità viene anticipata a condotte non artificiose,
non dotate di una vera idoneità ingannatoria (SANT ORIELLO, Lineamenti
-------).
Evidentemente, laddove questa ricostruzione fosse stata accolta – e non implicitamente rigettata
dal giudice di le gittimità (Cass., sez. V, 20 giugno 2012, Gabetti e altri, in Cass. Pen., 2013,
4623, con nota di NOT ARGIACOMO, La manipolazione del mercato informativa. Sulla
pronuncia, si veda anche LENZINI, Manipolazione di mercato: inadeguatezza del metodo
dell’event study nell’accertamento dell’offesa ed alterazione per stabilizzazione artificiosa, in
Riv. Trim. Dir. Pen. Ec., 2012, 925) – la differenziazione fra le due fattispecie penale ed
amministrativa avrebbe reso inconfigurabile un cumulo fra le rispettive sanzioni, dovendo
invece trovare applicazione il criterio della consunzione ed il delitto avrebbe dovuto escludere
la sussistenza della contravvenzione amministrativa, con il che la Corte Europea non avrebbe
potuto contestare la violazione del ne bis in idem in questa vicenda.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
104
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
e procedimento innanzi alla giustizia tributaria, con la quale si è riconosciuta la
possibilità che l’azione penale nei confronti di un contribuente accusato di frode
finanziaria aggravata potesse essere accompagnata anche da sanzioni penali, essendo
possibile, per i giudici di Strasburgo, che “esistano sovrattasse e sanzioni penali se
queste afferiscono a fattispecie di diritto diverse”. Consapevole dell’equivoco cui questa
conclusione avrebbe potuto indurre gli interpreti – stante l’apparente contrasto con le
altre decisioni che si sono sopra menzionate – la stessa Corte ha avuto cura di precisare
il proprio pensiero, evidenziando come nella sua giurisprudenza non fosse rinvenibile
l’affermazione secondo cui un soggetto non può essere condannato in sede penale ed in
sede tributaria per un medesima violazione fiscale, ovvero per il mancato versamento di
una medesima imposta: quello che occorre perché non si verifichi una violazione del ne
bis in idem è che la condotta penalmente rilevante si presenti comunque diversa – per
l’insidiosità della modalità di esecuzione, per i sotterfugi utilizzati, per l’atteggiamento
fraudolento tenuto dal contribuente ecc. – rispetto al comportamento che assume
rilevanza in sede tributaria. Ecco perché nella citata sentenza Frasson la Corte E.d.u.
non ha rinvenuto la violazione dell’art. 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione europea
e non ha censurato il concorso di sanzioni penali ed amministrative relativamente ad
una accusa di frode finanziaria: nel caso di specie, infatti, il contribuente non si era
limitato ad evadere l’imposta – profilo che rileva in sede di contestazione della
violazione tributaria -, ma aveva anche assunto comportamenti fraudolenti onde celare il
suo adempimento – e questo surplus di condotta – che coincide con quello che noi
abbiamo indicato come lo specifico del comportamento penalmente rilevante –
giustifica, in presenza di un mancato contributo dell’imposta, la scelta del legislatore
nazionale di applicare una punizione anche in sede penale 75.
Chiara ci pare la coincidenza – pur essendo diverse le prospettive da cui viene
esaminato il problema – fra la nostra tesi e le affermazioni della Corte Europea. Noi
affermiamo che l’abuso del diritto assume una dimensione criminosa quando l’esercizio
del potere da parte del titolare non è semplicemente smodato ma si presenta con
75
Analoghe considerazioni sono presenti nella decisione Corte di giustizia, 14 dicembre 2000,
Emsland-Stärke, causa C-110/99 avente ad oggetto una fattispecie la cui abusività era per molti
versi facilmente riconoscibile.
Un esportatore tedesco di patate verso la Svizzera pretendeva di giovarsi dei benefici
all’esportazione previsti dalla normativa comunitaria pur in presenza della prova inequivoca che
tali sue esportazioni venivano immediatamente reimportate nell’area doganale comunitaria
attraverso gli stessi mezzi di trasporto impiegati per la loro esportazione ed in tale ambito
venivano destinate alla loro utilizzazione definitiva; non era, quindi, difficile provare che si
trattava di un’operazione rivolta ad ottenere un premio all’esportazione in contrasto con gli
“obiettivi comunitari” attraverso la creazione di “ condizioni artificiose” relative ad
un’esportazione fittizia.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
105
RELAZIONI A CONVEGNI
IL DIRITTO E LE DISCIPLINE ECONOMICHE
connotazioni fraudolente ed ingannatorie, la Corte Europea dei diritti dell'uomo ritiene
violi il principio del ne bis in idem la sanzione in sede penale ed in altro ambito
giurisdizionale di condotte sostanzialmente identiche e sovrapponibili, perché – ad
esempio – offendono il medesimo bene giuridico – si pensi ad un semplice mancato
pagamento di un’imposta, che dà luogo sia ad una contravvenzione amministrativa che
ad un delitto, pur andando a ledere sempre e solo l’interesse patrimoniale dell’erario -,
hanno la stessa connotazione naturalistica, si collochino nel medesimo lasso temporale
ecc..
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
106
APPENDICE
RIFLESSIONI SU TEMI GENERALI
DI DIRITTO (COMUNI AI GIURISTI:
AVVOCATI E MAGISTRATI) CHE
POSSONO ESSERE DI UNA QUALCHE
UTILITÀ PER UNA MIGLIORE
SOLUZIONE DI CASI PRATICI
di MARCO CASAVECCHIA
a) Come già enunciato nel titolo, il programma non ha ambizioni teoriche. Ha
solo un fine pratico: quello di rendere possibilmente migliore l’attività degli avvocati e
dei giudici. Siccome il mestiere dei giuristi è quello di interpretare testi normativi, il
corso tende –attraverso il dialogo tra professori di diritto e non, avvocati e magistrati- ad
elevare il livello della loro attività. A tal fine enfatizza il ruolo della giurisprudenza
come fonte del diritto (I^ conferenza); tende a dare un senso pratico alla teoria
dell’ordinamento giuridico (2^ conferenza); pone a confronto il diritto con le scienze
naturali (3^ conferenza), con l’attuale teoria della complessità (4^ conferenza), con la
letteratura (5^ conferenza), con l’economia (6^ conferenza), con le scienze cognitive
(7^ conferenza), con l’informatica (8^ conferenza), con la teoria dei giochi (9^
conferenza), e, infine, con l’etica e la giustizia, qualsivoglia cosa vogliano oggi dire tali
discipline (ultima conferenza).
b) Il corso, quindi, si svolgerà attraverso 10 conferenze alle quali parteciperanno
come oratori un professore esperto della materia, un avvocato e un magistrato.
c) Le conferenze avranno per oggetto le seguenti tematiche.
1. Il linguaggio del diritto e le sue fonti: in particolare si parlerà della
giurisprudenza come fonte del diritto.
1.1. Casi pratici.
(i) Sino al 1999 (Cass. 500/1999) chi violava un interesse legittimo non
incorreva nella sanzione del risarcimento dei danni. Successivamente, e per effetto della
citata sentenza, la violazione di un interesse legittimo viene ritenuta un illecito a sensi
dell’art. 2043 cc. La nuova interpretazione giurisprudenziale della Cassazione (500/99)
ha efficacia retroattiva? e cioè chi, ad esempio, ha violato le norme sul rilascio di una
concessione edilizia nel 1995, deve rispondere di danni a sensi dell’art. 2043 cc? Si
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
107
APPENDICE
discute il caso alla luce delle sentenze del Cons. di S tato, IV, 11-12-98, n. 1627, della
C.A.Torino, III civile, 19-10-2006 n. 1638, del T. Alba, 43/98 del 5-1-1998.
(ii) Allorquando la Cassazione cambia parere in punto giurisdizione e si verifica
un’ipotesi capovolta rispetto a quanto si interpreta a proposito dell’art. 5 cpc, quale è la
“regola da seguire”? Si discute il caso di Cass. SS .UU., ord. 9-2-2010, n. 2906/2010 in
relazione a Cass. 17-6-2010 n. 14.627; Corte Giustizia CE, 8-2-2007, n. 3; CEDU, 26-32006, n. 64.886/01 (v.si, altresì: M.P. Morelli, Ingiustificato allarme sui decreti
ingiuntivi: termini dimezzati solo per le nuove opposizioni, Guida del diritto, 44/2010).
1.2. La conferenza verrà tenuta dal prof. P.Lotti (magistrato del Consiglio di
Stato); dal dott. U. S cotti (della Corte di Appello di Torino) e dal'avv. M .Weigmann.
B. Bibliografia minima di riferimento (al diritto come linguaggio e alle fonti del
diritto).
(i) L. Wittgenstein, Ricerche filosofiche, Einaudi, 1967; AA.VV., Gli atti
linguistici (a cura di M.S bisà), Feltrinelli, 1978; J.L. Austin, Come fare cose con le
parole, M arietti 1987; W. Twining e D. Miers, Come far cose con le regole, Giuffrè,
1990; J.R.S earle, Atti linguistici, Saggio di filosofia del linguaggio. Bollati
Boringhieri, 1992; P.Amselek, La teoria degli atti linguistici e il diritto, Giappichelli,
1990 (191 e segg.); N.Bobbio, Scienza del diritto e analisi del linguaggio; U.S carpelli,
Scienza del diritto e analisi del linguaggio, ambedue in “Il linguaggio del diritto” (a cura
di U.S carpelli e P.Di Lucia), LED 1994, rispettivamente, alle pagg. 87 e segg. e 95 e
segg.; R.Guastini, Il diritto come linguaggio, Giappichelli, 2001; B.M.Garavelli, Le
parole e la giustizia. Divagazioni grammaticali e retoriche su testi giuridici italiani,
Einaudi, 2001; G.Garzone e F.S antulli (a cura di), Il linguaggio giuridico, Prospettive
interdisciplinari, Giuffrè, 2008.
(ii) H.Kelsen, La dottrina pura del diritto, Einaudi, 1966 (V, Le cosiddette
<<fonti del diritto>> [263 e segg.] e sub g): la giurisdizione [267 e segg.]; H.L.A.Hart,
Il concetto di diritto, Einuadi, 1961, 158-159 e 166 e segg. (VII, 3. Definitività e
infallibilità della sentenza); A.Ross, Diritto e giustizia, Einaudi, 1965, 72 e segg. [III,
Le fonti del diritto e par. 17 sub “Il precedente”); R. S acco, Introduzione al diritto
comparato, VI ed., Giappichelli, capitolo secondo, par. 4. (27 e segg.) e 5. (36 e segg.);
A.Pizzorusso, Delle Fonti del diritto, Artt. 1-9, Zanichelli-Foro it., 1977, Appendice,
379 e segg. e, in particolare, par. VII su “Il precedente giudiziario” (525 e segg.);
R.S acco, L’interpretazione e G. Monateri, I grandi interpreti, in AA.VV, Le fonti non
scritte e l’interpretazione (a cura di G. Alpa e altri), UTET, 1999, rispettivamente, in
Titolo secondo, 159 e segg. e Titolo terzo, 423 e segg.; G.Tarello, L’interpretazione
della legge, Giuffrè, 1980; AA.VV., Sistemi giuridici comparati (a cura di A. Gambaro
e R. S acco), UTET, 1999; U. Mattei, Common Law. Il diritto anglo-americano, UTET,
1992, capitolo sesto (Le fonti del diritto, 1. La giurisprudenza); U.Pagallo, Alle fonti
del diritto, Giappichelli, 2002; A. Punzi, Dialogica del diritto. Studi per una filosofia
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108
APPENDICE
della giurisprudenza, Giappichelli, 2009.
2. Se l’insieme delle norme giuridiche costituisce, a suo modo, un
ordinamento alla luce dei principi di unità, coerenza e completezza, quale organo
della Magistratura (GO o GA) deve valutare, ad esempio, l’abuso edilizio alla luce
delle norme di cui agli artt. 44 e 45 del dpr 6-6-2001, n. 380? e quale organo
(Cassazione o Consiglio di S tato) si deve pronunciare in punto giurisdizione?
infine, nei casi di interferenze tra disciplina civile e disciplina penale (es. nei casi di
c.d. “contratto e reato”), quale indirizzo deve prevalere?
2.1. Casi pratici.
(i) Si prendono in considerazione le sentenze Cass. 31-5-1983, Zanotti; Cass.
13-1-1984, Zungano; Cass. 13-3-85, M araviglia; Cass. 31-1-1986, Ainora; Cass.
SS.UU. 12-1-93, Riv. Giur. Ed. 1994, I, 405 e segg..
(ii) Si prendono, altresì, in considerazione i casi di contrasto, in punto
giurisdizione, di cui alla sent. AP Cons. S t., 30-7-2008, n. 9, in relazione a Cass.
SS.UU. 28-12-2007, n. 27.169 e successive.
(iii) Si prendono in considerazione i casi di contratto e reato.
2.2. Bibliografia minima:
(i) (sull’ordinamento giuridico): H.Kelsen, cit.; N.Bobbio, Studi per una teoria
generale del diritto, Giappichelli, 1970; G.Tarello, Cultura giuridica e politica del
diritto, Il M ulino, 1988 (Parte seconda, par. 2, <<Ordinamento giuridico>> [173 e
segg.] e Parte quarta, par. 4 “Sulla teoria (generale) del diritto [391 e segg.]);
M.G.Losano, Sistema e struttura nel diritto (3 volumi), Giuffrè, 2002; U.Pagallo, Testi
e contesti dell’ordinamento giuridico, Cedam, 2001; N.Bobbio, La consuetudine come
fatto normativo, Giappichelli, 2010.
(ii) G.Cocco, La rilevanza penale dei vizi degli atti amministrativi elementi della
fattispecie estintiva penale: in particolare le ipotesi della concessione edilizia in
sanatoria e del condono edilizio, in AA.VV., Studi economico-giuridici, Giappichelli,
1998, 73 e segg.; N. Assini, Codice dell’urbanistica e dell’edilizia, Cedam, 2009; A.Di
Amato, Contratto e reato. Profili civilistici, ESI, 2003, in Trattato di diritto civile . . .
(diretto da P.Perlingieri); A.Liberati, Contratto e reato. Interferenze tra disciplina
civile e disciplina penale, Giuffrè, 2004;
3. Se il diritto è linguaggio prescrittivo, appare utile un raffronto di tale
linguaggio con quello c.d. descrittivo tipico delle scienze della natura ed in
particolare della fisica quantistica.
3.1. Il rapporto tra scienze fisico-matematiche e scienze economiche, politiche e
morali, a partire dalla seconda metà del Settecento, è stato particolarmente intenso
(vedasi, in particolare, la diffusione del newtonianesimo in Europa).
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109
APPENDICE
Se è poi vero che <<il problema quantistico è così straordinariamente
importante . . . che dovrebbe essere al centro dell’attenzione di tutti>> (A.Einstein),
allora, almeno nei suoi principi fondamentali, non può che essere utile anche per i
giuristi. E ciò senza cadere in facili trasposizioni di concetti dal settore scientifico a
quello umanistico (al quale appartiene il diritto) già denunciati da Sokal e Bricmont.
3.2. Nel campo del diritto in particolare, la conoscenza di certi principi della
fisica quantistica può essere di stimolo per riconsiderare e ristudiare la distinzione tra
“diritto soggettivo e interesse legittimo”, i casi del (relativo) superamento della
dicotomia “diritto privato”-“diritto pubblico” a favore di un unico “diritto comune:
privato e pubblico” al contempo, i casi delle società come “enti e organi” (le c.d.
“società in house”), dei “consorzi stabili” (art. 44 d.lg. 163/06) come “soggetti” e come
soggetti agenti a “nome e per conto” dei loro consorziati eccetera.
3.3. Bibliografia minima:
(i) V. Ferrone, Scienza, Natura, Religione. M ondo newtoniano e cultura italiana
nel primo settecento. Jovene ed., 1982; A.Einstein-L.Infeld, L’evoluzione della fisica
dai concetti iniziali alla relatività e ai quanti, Bollati Boringhieri, 2000, 4, Quanti, 257 e
segg.; G.Gamow, Trent’anni che sconvolsero la fisica. La storia della teoria dei quanti,
Zanichelli, 1966; J.M.Jauch, Sulla realtà dei quanti, Adelphi, 1980; L.Lederman, La
particella di Dio, M ondadori, 1996; R.P.Feynman, QED. La strana teoria della luce e
della materia, Adelphi, 1989; G.C.Ghirardi, Un’occhiata alle carte di Dio. Gli
interrogativi che la scienza moderna pone all’uomo, NET, 2003; D.Z.Albert,
M eccanica quantistica e senso comune, Adelphi, 2000; Amir D.Aczel, Entanglement. Il
più grande mistero della fisica, Cortina, 2004; D.Lindley, Incertezza. Einstein,
Heisemberg, Bohr e il principio di indeterminazione, Einaudi, 2008; M.Kumar,
Quantum. Da Einstein a Bohr, la teoria dei quanti, una nuova idea di realtà, M ondadori,
2010; J.Renn, Sulle spalle di giganti e mani, Boringhieri, 2012; C.Lamberti, Il bosone
di Higgs, Aberti Ed., 2012; S .Ortoli e S .P.Pharabod, M etafisica quantistica,
Castelvecchi, 2012; L.M.Lederman, C.T.Hill, Fisica quantistica per poeti, Bollati
Boringhieri, 2013; J.Bernstein, Salti quantici, Adelphi, 2013; J.Gribbin, Erwich
Schrödinger. La vita, gli amori e la rivoluzione quantistica, E.Dedalo, 2013.
(1).1. A.S okal e J.Bricmont, Imposture intellettuali. Quale deve essere il
rapporto tra filosofia e scienza? Garzanti, 1999; J.P.Chageux-P.Ricoeur, La natura e la
regola, Cortina, 1999;
(ii) R. De Nictolis e L. Cameriero, Le società pubbliche in house e miste,
Giuffrè, 2008; G.Fischione, Consorzi stabili, in AA.VV, La legge <<quadro>> in
materia di lavori pubblici (a cura di A. Carullo e A. Clarizia), Cedam, 2004, I, 550 e
segg.; R. S avoia, I consorzi stabili, Trattato sui contratti pubblici (a cura di M.A.
S andulli e altri), Giuffrè, 2008, II, 1099 e segg..
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110
APPENDICE
4. Il diritto come sistema economico-sociale complesso.
4.0. L’argomento abbisogna di una breve spiegazione preliminare. Lo studio dei
sistemi complessi attraversa, attualmente, diverse discipline. Ad esempio M .Gell-M ann
(in bibl. 1996, pagg. 13-14) include tra queste “la matematica, l’informatica, la fisica,
la chimica, la biologia delle popolazioni, l’ecologia, la biologia evoluzionistica, la
biologia dello sviluppo, l’immunologia, l’archeologia, la linguistica, la scienza politica,
l’economia e la storia”. Recentemente la lista si è allungata. Proprio al Santa Fe
Institute (diretto da Gell M ann) dal 19 al 21 marzo 2009 si è tenuto il Workshop
“Evolution, Complexity, and the Law”. Se economia e diritto sono discipline “vicine”,
allora si giustifica il titolo della conferenza. Non solo: può essere l’occasione per
verificare se la teoria giuridica della complessità si concilia –e in che limiti- con un
modello giuridico more geometrico constructo alla Kelsen o al modello per cui <<ius
est ars boni et aequi>> alla Celso (U.Pagallo, 2006, 237; F.Gallo, sub 5.2(1)) e, ancora,
con il neurodiritto (bibl. 7.3).
L’argomento della complessità giuridica è, quindi, centrale rispetto a tutti gli
altri di cui alle 10 conferenze proposte. E ciò, almeno, sino a quando non sia, forse,
superato da quello oggetto della conferenza n. 7.
4.1. Alla luce di quanto sopra accennato, occorre verificare se le “regole
giuridiche da seguire” sono, e in che limite, prevedibili in ambito sociale e se poi, in
giurisprudenza, vi è prevedibilità.
Si esaminano i casi di cui a Cons. S t., V, 1-10-2001, n. 5194; 11-5-2009, n. 885;
16-3-2010, n. 1528.
4.2. Bibliografia minima
(i) M.Gell-Mann, Il quark e il giaguaro. Avventure nel semplice e nel
complesso, Bollati Boringhieri, 1996; L.Von Bertalanffy, Teoria generale dei sistemi,
Oscar M ondadori, 2004; G.J.Chaitin, Teoria algoritmica della complessità,
Giappichelli, 2006; Alla ricerca di omega, Adelphi, 2007; Darwin alla prova.
L'evoluzione vista da un matematico, Le scienze, 2013; R.Bernkirane, La teoria della
complessità, Bollati Boringhieri, 2007; J.S tewart. Dio gioca a dadi. La nuova
matematica del caos, Bollati Boringhieri, 2010; A.Gandolfi, Formicai, imperi, cervelli.
Introduzione alla scienza della complessità, Bollati Boringhieri, 2008; V.De Angelis, La
logica della complessità. Introduzione alla teoria dei sistemi, B.M ondadori, 1996.
AA.VV., La sfida della complessità (a cura di G.Bocchi e M.Ceruti), Bruno
M ondadori, 2007; AA.VV. (a cura di A. S paziante), Conoscere la complessità, B.
M ondadori, 2009; C.S .Bertuglia e F.Vaio, Complessità e modelli, Bollati Boringhieri,
2011, nonché (sempre degli stessi Autori), Non linearità, caos, complessità. Le
dinamiche dei sistemi naturali e sociali, Bollati Boringhieri, 2003; D.Boursier, Sciences
juridiques et complexitè. Un nouveaux modèle d'analyse, Revue internazionale
interdisciplinare, 61/2011; AA.VV., Droit et complexité. Pour une nouvelle intelligence
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111
APPENDICE
du droit vivent, Presse universitarie de Rennes, 2007.
(ii) G.Castignone, Diritto, linguaggio, realtà. Saggi sul realismo giuridico,
Giappichelli, 1995; G.Gometz, La certezza giuridica come prevedibilità; AA.VV., La
complessità di Gödel e il diritto, 77 e segg.; U.Pagallo, La teoria giuridica della
complessità, Giappichelli, 2006.
5. Il diritto come letteratura (Law in Literature; Law as Literature; diritto
come narrazione, come racconto di fatti e loro svelamento).
5.1. Occorre verificare se l’attività interpretativa del diritto non sia un’arte
(<<Ius est ars boni et aequi>>: Celsius) e se non sia utile un raffronto tra interpreti di
testi letterari e interpreti di testi normativi.
5.2. Bibliografia:
(i) G.Alpa, Law as Literature, in “Contratto e Impresa”, 1999, 263 e segg.;
A.S ansone, Diritto e letteratura, Un’introduzione generale, Giuffrè, 2001; F. Galgano,
Il diritto e le altre arti. Una sfida alla divisione tra le culture, ECB, 2009.; G.Bartoli, Il
problema dell’interpretazione giuridica tra ermeneutica e fenomenologia, Giappichelli,
2010; R.Ceserani, Convergenze, Bruno M ondadori, 2010 (v. par. 10. Giudici, avvocati,
esperti nel determinare colpe e punizioni); F.Gallo, Celso e Kelsen. Per la rifondazione
della scienza giuridica, Giappichelli, 2011; G. Lolli, Discorso sulla matematica. Una
rilettura delle Lezioni americane di Italo Calvino, Bollati Boringhieri, 2011, S .Zechi,
Splendori e miserie del cervello, Codice, 2010; C.Faralli, Diritto e letteratura nella
formazione del giurista in "Contratto e Impresa", 2/2014, 535 e segg.; L.MaffeiA.Fiorentini, Arte e cervello, Zanichelli, 2008.
6. Il diritto e le discipline economiche.
6.1. Occorre valutare se può essere essere utile per l’interprete (giuridico) tener
conto di principi economici.
6.2. La relazione verrà tenuta dal prof. Maurizio Cafagno, (ordinario di diritto
amministrativo a Castellanza), dall’avv. prof. Oreste Cagnasso, dai magistrati Luciano
Panzani e Ciro S antoriello.
6.3. Bibliografia.
(i) S tucka-Pasukanis-Vysinskij-S trogvich, Teorie sovietiche del diritto (a cura
di U.Cerroni), Giuffrè, 1964; M.R.Ferrarese, Diritto e mercato. Il caso degli Stati
Uniti, Giappichelli, 1992 (cap. secondo, Il mercato tra etica e diritto); P.Chiassoni, Law
and Economics: l’analisi economica del diritto negli Stati Uniti, Giappichelli, 1992;
AA.VV., Studi economico-giuridici, Giappichelli, 1998; AA.VV., Analisi economica
del diritto privato (a cura di G. Alpa e altri), Giuffrè, 1998; F.Galgano, Diritto e
economia alla soglia del nuovo millennio, Contratto e Impresa, 2000, 189; F.Denozza,
Norme efficienti. L’analisi economica delle regole giuridiche, Giuffrè, 2002; G.
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112
APPENDICE
Napolitano-M. Abrescia, Analisi economica del diritto pubblico, Il M ulino, 2009;
G.Mocellin, L’homo occonominus in evoluzione, Bruno M ondadori, 2011; J.Deulofen,
Dilemma del prigioniero e strategie dominanti. La teoria dei giochi, M ondo matematico,
2011.
7. Il diritto, l’etica e le scienze cognitive.
7.1. Se non fossimo liberi, possiamo essere puniti? In ogni caso, il diritto non
implica anche l’etica?
7.2. Bibliografia minima:
(i) F.Grispigni, Diritto penale italiano, Giuffrè, 1947, I (II, par. 4. “Dalla nascita
della Scuola positiva al diritto penale vigente”); R.A. Frosali, Sistema penale italiano
(voll. 1-4), Torino, 1998 (Origine ed evoluzione del diritto penale, Cap. II- La <<Scuola
positiva>> di diritto penale); P.S .Churchland, Neurophilosophy, Toward a Unified
Science of the M ind/Brain, Cambridge (M A), The M it Press, 1986; C.S .Nino, Diritto
come morale applicata, Giuffrè, 1999; B.G.Bara, Il metodo della scienza cognitiva. Un
approccio evolutivo allo studio della mente, Bollati Boringhieri, 2000; M.D.Hauser,
M enti morali. Le origini naturali del bene e del male, Il Saggiatore, 2006; A.Lavazza,
Neuroscienze e filosofia morale, Riv. di filosofia, Il M ulino, 2007, 327 e segg.;
AA.VV., Neuroscienze controverse. Da Aristotele alla moderna scienza del linguaggio
(a cura di M.Piccolino), Bollati Boringhieri, 2008; M. Piattelli Palmerini, Le scienze
cognitive classiche: un panorama, Einaudi, 2008, G.Lakoff, Pensiero politico e scienza
della mente, Bruno M ondadori, 2009; AA.VV. (a cura di T.Pievani), L’evoluzione
della mente, Sperling, 2008; F.Ansermet, P.Magistretti, A ciascuno il suo cervello,
Boringhieri, 2008; De Caro-Lavazza-S artori, Siamo davvero liberi? Le neuroscienze e
il mistero del libero arbitrio, Codice, 2010; S .S alardi, Test geometrici tra determinismo
e libertà, Giappichelli, 2010; S .Zeki, Splendori e miserie del cervello, Codice, 2010;
AA.VV. (a cura di E.Picozza e altri), Neurodiritto, Una introduzione, Giappichelli,
2011; A.L.Barábasi, La trama nascosta che guida la nostra vita; D.S waab, Noi siamo il
nostro cervello, Elliot, 2011; C.Triberti, Omicidio o follia?, S.Raffaele, 2011;
J.Kagan, La trama della vita, Come geni, cultura, tempo e destino determinano il nostro
temperamento, Boringhieri, 2011; A.Lavazza-L.S ammicheli, Il delitto del cervello. La
mente tra scienza e diritto. Codice, 2012; P.C.Churchland, Neurobiologia della morale,
Cortina ed., 2012; M.Gazzaniga, Chi comanda? Scienza, mente e libero arbitrio.
Codice, 2013; C.Triberti, Omicidio o follia? Come le nuove scienze possono cambiare
le norme, San Raffaele, 2013.
8. Il diritto e l’informatica.
8.1. E’ possibile, attraverso l’informatica, rendere più chiari i testi normativi e,
quindi, <<legiferare meglio>> (v.si Accordo interistituzionale “Legiferare meglio>> del
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113
APPENDICE
23-9-2003) e, per converso, diminuire il tasso di arbitrarietà dell’interpretazione? è
possibile, cioè, che le norme (N), come frutto di prescrizioni normative (P) e di
interpretazione (I), facciano tendenzialmente a meno di I? è possibile, in definitiva,
una giurimetria?
8.2. Bibliografia minima.
(i) G.Bode, L’analisi matematica della logica, Bollati Boringhieri, 1993;
V.Knapp, L'applicabilità della cibernetica al diritto, Einaudi 1963; C.Perelman e
Olbrectts-Tyteca, Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, Einaudi, 1966; G.
Kalinowski, Introduzione alla logica giuridica, Giuffrè, 1971; N.MacCormick,
Ragionamento giuridico e teoria del diritto, Giappichelli, 1978; O. Becker, Logica
modale. Calcolo modale, F.E., 1979; C. Perelman, Logica giuridica. Nuova retorica,
Giuffrè, 1979; A.Ross, Critica del diritto e analisi del linguaggio, Il M ulino, 1982;
U.S carpelli, L'etica senza verità, Il M ulino 1982; M.G. Losano, Giuscibernetica,
M acchine e modelli cibernetici nel diritto, Einaudi, 1969; Il diritto privato
dell'informatica. Corso di informatica giuridica, Einaudi 1986; A.G.Conte, un saggio
filosofico sulla logica deontica, in Filosofia del linguaggio normativo, I, 3 e segg.;
AA.VV. (P.Comanducci e R.Guastini), L'analisi del ragionamento giuridico, voll. I e
II, Giappichelli, 1987 e 1989; AA.VV. (P.Mariani e D.Tiscornia, a cura di), Sistemi
esperti giuridici. L'Intelligenza artificiale applicata al diritto, F.Angeli, 1989; N.Bobbio,
Contributi ad un dizionario giuridico, Giappichelli, 1994, v. Logica giuridica (I) e
Logica giuridica (II); C.E. Alchourron, Concezioni della logica, in Analisi e diritto
1994, Giappichelli, pag. 17 e segg.; E.Buligyn, Norme, validità, sistemi normativi,
Giappichelli 1995 (sono da leggere i capitoli "Norme e logica. Kelsen e Weinberger
sull'ontologia delle norme" e "Sul problema dell'applicabilità della logica al diritto");
H.Kelsen, Diritto e logica, in Problemi di teoria del diritto (a cura di R.Guastini); Il
M ulino, pag. 173 e segg.; A.Pintore, Il diritto senza verità, Giappichelli, 1996;
N.Bobbio, Ragionamento giuridico, in contributi ad un dizionario giuridico (cit.);
T.Mazzarese, Logica deontica e linguaggio giuridico, Cedam, 1999; AA.VV.,
Prolegomeni di informatica giuridica (a cura di U.Pagallo), Cedam, 2003; AA.VV. (a
cura di M.Durante e U.Pagallo), M anuale di informatica giuridica e di diritto delle
nuove tecnologie, UTET, 2013; A.C.Amato Mangiameli, Informatica giuridica,
Giappichelli, 2010.
9. Il diritto e la teoria dei giochi.
9.1. Casi pratici. La corruzione è così diffusa in Italia da indurre a dire che
senza una (relativa) sconfitta di tale fenomeno diventa difficile una lotta per il diritto. In
realtà occorre distinguere tra corruzione e concussione: la teoria dei giochi –come
risulta dall’articolo di A.Massarenti di seguito citato- può aiutare a distinguere e ad
evidenziare quale può essere la causa del fenomeno corruttivo.
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114
APPENDICE
9.2. Bibliografia minima
(i) A.Massarenti, I prigionieri della tangente, “Sole-24 Ore” del 28-6-1992
(trattasi di articolo sulla applicazione della teoria dei giochi di J.von Neumann e
O.Morgestern alle tangenti e al pizzo. Articolo scritto in occasione del convegno su
“kmowledge, Belief & Strategic Interaction. The problem of learning”, tenutosi a
Castiglioncello (Livorno) dal 18 al 22 giugno del 1992, organizzato dal Centro
fiorentino di storia e filosofia della scienza, dal Centro universitario per la teoria dei
giochi e le applicazioni, e dalla Carnegie M ellon University di Pittsburgh, cui hanno
partecipato studiosi della disciplina come Ken Binmore, Robert Axelrod, Richard
Jeffrey e Peython Young); K.Binmore, teoria dei giochi, Codice 2008; G.Israel e
M.Gasca, Il mondo come gioco matematico. La vita e le idee di John von Neumann,
Bollati Boringhieri, 2008; A.Galante Garrone, L’Italia corrotta 1995-1996, Aragno,
2009; K.Binmore, Teoria dei giochi, Codice, 2008.
(ii) M.Romano, I delitti contro la pubblica amministrazione, Giuffrè, 2002, 91 e
segg..
10. Il diritto, l’equità e la giustizia.
10.0. Il diritto (che, almeno nel nostro ordinamento giuridico, include, in alcuni
casi, anche l’equità come <<giustizia del caso concreto>>) e la giustizia sono due
insiemi separati? Oppure si può adottare la teoria del diritto integrata a un solo sistema,
integrata dalla morale e, in particolare, dalla giustizia? Cosa vuol dire la parola
<<giustizia>>?
10.1. Si può concepire la giustizia come criterio interpretativo primario di tutto il
diritto e quindi per gran parte di casi concreti?
10.2. La conferenza verrà tenuta dal prof. G.Zagrebelsky e dall’avv. prof.
G.M.Flick.
Bibliografia:
(i) Platone, La Repubblica, in Opere complete (traduz. F.Sartori), Laterza, 1971,
6, 19 e segg.; Leggi (traduz. A.Zadro), Laterza, 1971, 123 e segg.; Lettera VII (traduz.
A.M addalena), op. cit. 1971, 8, 34 e segg.; Aristotele, Etica Nicomachea, Rusconi,
1993 (traduz. di C.M azzarelli); Zenone di Cizio e Crisippo di S oli, Frammenti
sull’etica (da Stoici Antichi, Tutti i Frammenti a cura di H.Von Arnim e R.Radice,
Rusconi, 1998, 87 e segg.; 975 e segg.); M.Isnardi Parente, Opere di Epicuro, Torino,
1974; S eneca, Operette morali, 3 vol., Bologna, 1971 (a cura di R.Del Re);
S .Tommaso, AA.VV., San Tommaso d’Aquino nel suo settimo centenario, 9 voll.
Napoli, 1975-1978; Spinoza, Etica dimostrata con metodo geometrico (a cura di
E.Giancotti), Ed. Riuniti, 1995; S pinoza, Studi sull’ontologia di Spinoza (a cura di P.Di
Vona), Firenze, 1969; A.Damasio, Alla ricerca di Spinoza, Adelphi, 2003; Kant,
Critica della ragione pratica (a cura di A.M .M arietti), Bur, 1992.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
115
APPENDICE
(ii) N.Bobbio, Teoria della giustizia, Giappichelli, 1952-1953; G.H.Perelman,
La giustizia, Giappichelli, 1959; F.von Kutschera, I fondamenti dell’etica, Angeli ed.,
1982; B.Barry, Teoria della giustizia, Il Saggiatore, 1989; R.H. Hare, Libertà e
ragione, Il Saggiatore, 1990; R.H.Hare, Sulla morale politica, Il Saggiatore, 1992; J.L.
Mackie, Etica: inventare il giusto e l’ingiusto, Giappichelli, U. S carpelli, L’etica senza
verità, Il M ulino, 1982; C.A. Viano, Teorie etiche contemporanee, Bollati Boringhieri
(v. F. Fagiani, Etica e teoria dei diritti, 87 e segg.); G.Zagrebelsky, Il diritto mite,
Einaudi, 1992; A.Pintore, Il diritto senza verità, Giappichelli, 1996; F. D’Agostino,
Filosofia del diritto, Giappichelli, 1996 (II. Diritto e morale, 25 e segg.; IX, La giustizia
tra moderno e postmoderno; XV, Corruzione e diritto; XVI, La giustizia tributaria)
C.S .Nino, Diritto come morale applicata, Giuffrè, 1999; C.Guarnieri, La giustizia in
Italia, Il M ulino, 2001; G.Zagrebelsky, La legge e la sua giustizia, Il M ulino, 2008;
AA.VV., L’attività del giudice. M ediazione degli interessi e controllo delle attività (a
cura di M. Bessone), Giappicheli, 1997; E. Missana, L’etica nel pensiero
contemporaneo, Paravia scriptorium, 2000; M.Garavelli, M a cosa è questa giustizia?
Luci e ombre di un’istituzione contestata, Ed. Riuniti, 2003; G.Zagrebelsky, Contro
l’etica della verità; H.Putmann, Fatto/valore: fine di una dicotomia, Fazi ed., 2004;
H.Putmann, Etica senza ontologia, Bruno M ondadori, 2005; G.Zagrebelsky, Bobbio e
il diritto in AA.VV., Norberto Bobbio tra diritto e politica, Laterza, 2005, 3 e segg.; C.
Boris Menghi, Logica del diritto sociale, Giappichelli, 2006; F.D’Agostino, Parole di
giustizia, Giappichelli, 2006; M. Borrello, Diritto e forza. La questione della regola
come limite all’arbitrio giuridico, Giappichelli, 2006; D. Anselmo, Shari’a e diritti
umani, Giappichelli, 2007; F.Gianaria e A. Mittone, L’avvocato necessario, Einaudi,
2007; M. Vogliotti, Tra fatto e diritto. Oltre la modernità giuridica, Giappichelli, 2007
(v. Capitolo quinto, Dalla centralità della legge alla centralità dell’uomo di legge);
Girotto, Pievani, Vallortigara, Nati per credere, Codice, 2008; E.Coco, Egoisti,
malvagi e generosi. Storia naturale dell’altruismo, Bruno M ondandori, 2008; F.de
Waal, Primati e filosofi. Evoluzione e moralità, Garzanti, 2008; B.Romano, M ale ed
ingiusto. Riflessioni con Luhmann e Boncinelli, Giappichelli, 2009; J.Rawls, Una
teoria della giustizia, Feltrinelli, 2008; A.S en, L’idea di giustizia, M ondadori, 2010;
R.De Monticelli, La questione morale, 2010; L. Gianformaggio, Rapporti tra etica e
diritto, 149 e segg.); AA.VV., Etica e diritto. Le vie della giustificazione razionale (a
cura di L. Gianformaggio e E. Lecaldano), Laterza; G.Cosi-G.Romaldi, La
mediazione dei conflitti. Teoria e pratica ADR, Giappichelli, 2010; M.S andel,
Giustizia, Feltrinelli, 2010; G.P.Parolin, Dimensioni dell’appartenenza e cittadinanza
nel mondo arabo, Jovene, 2007; AA.VV. (a cura di R.Aluffi Beck-Peccoz), Identità
religiosa e integrazione dei musulmani in Italia e in Europa. Omaggio alla memoria di
F.Castro, Giappichelli, 2008; E.Bencivenga, L’etica di Kant. La razionalità del bene,
M ondadori, 2010; P.S .Churcland, Neurobiologia della morale, Cortina, 2011; F.Gallo,
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116
APPENDICE
Celso e Kelsen, Giappichelli, 2011; Nasr Hamid Abu Zayd, Testo sacro e libertà: per
una lettura critica del Corano, M arsiglio, 2012; F.D’Agostino, Ius quia Justum,
Giappichelli, 2012; R.D workin, Giustizia per ricci, Feltrinelli, 2013; M.Gazzaniga,
Chi comanda? Scienza, mente e libero arbitrio. Codice, 2013.
(iii) Per una panoramica relativa ai problemi dell’etica e della giustizia secondo
ciascun filosofo, si rinvia a N.Abbagnano, Storia della filosofia, UTET (3 voll.) e a
G.Fornero, e S .Tassinari, Le filosofie del Novecento, M ondadori, 2002 (v. cap. 51 su
“Etica e bioetica”, pagg. 1519 e segg.).
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SEGNALAZIONI
DIRITTO COMMERCIALE
SEGNALAZIONI DI
DIRITTO COMMERCIALE
INDICAZIONI INTERPRETATIVE E APPLICATIVE
ASSIREVI
Incarico di revisione legale dei conti – L’Assirevi ha reso noto il Documento di ricerca n. 186, nel quale sono analizzati alcuni “Aspetti operativi connessi alle Comunicazioni Consob n. 23665 del 27 marzo 2014 e n. 57066 del 7 luglio 2014”, le quali affrontano “il tema dell’indipendenza del revisore correlata alla durata complessiva degli incarichi di revisione conferiti da un ente di interesse pubblico al medesimo revisore,
senza soluzione di continuità con precedenti incarichi di revisione”, (vds., rispettivamente, segnalazioni di diritto commerciale pubblicate sui nn. 7 e 15 del 2014 di questa
Rivista).
Nell’approfondimento sono proposte, tra l’altro, alcune “possibili misure di salvaguardia idonee a ridurre il potenziale rischio di «familiarità» del revisore con il soggetto
sottoposto a revisione e tali quindi da consentire la prosecuzione dell’incarico in caso
di superamento della durata novennale”.
Il Documento n. 186, diffuso nel mese di ottobre 2014, è disponibile sul sito
www.assirevi.it.
AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO
Sanzioni – L’AGCM ha adottato le “Linee Guida sulla modalità di applicazione dei
criteri di quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate
dall’Autorità in applicazione dell’art. 15, 1° co., della L. n. 287/1990”.
Obiettivo del documento è quello di “illustrare i principi che l’Autorità applicherà per
la quantificazione delle sanzioni nei casi di infrazioni gravi alle norme nazionali o comunitarie in materia di intese e di abuso di posizione dominante al fine di assicurare la
trasparenza e la prevedibilità del proprio processo decisionale”, e, correlatamente,
“scoraggiare le violazioni del diritto antitrust”.
Le Linee guida, divulgate il 31 ottobre 2014, sono consultabili sul sito www.agcm.it.
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SEGNALAZIONI
DIRITTO COMMERCIALE
BANCA D’ITALIA
Disposizioni di vigilanza per le banche – La Banca d’Italia ha pubblicato in data 4 novembre 2014 il sesto aggiornamento alla Circolare n. 285 del 17 dicembre 2013, relativa alle Disposizioni di vigilanza per le banche, al fine di adeguare il testo all’avvio del
meccanismo di vigilanza unico.
Il testo aggiornato della Circolare è reperibile sul sito www.bancaditalia.it.
CNDCEC
Massime – Sono state pubblicate sul sito ufficiale del CNDCEC – www.commercialisti.it.
– le Massime tratte da otto decisioni assunte dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili nel corso del 2013.
CONSOB
D.L. 24 giugno 2014, n. 91 – La Consob ha avviato in data 5 novembre 2014 una pubblica consultazione concernente alcune modifiche da apportare al Regolamento emittenti, determinate dalle innovazioni introdotte nel T.U.F. dal D.L. 24 giugno 2014, n. 91,
convertito con modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 116 (vds. segnalazioni di diritto
commerciale pubblicate sul n. 17/2014 di questa Rivista).
Trattasi, in particolare, delle norme relative alla disciplina dell’OPA obbligatoria e degli
assetti proprietari, nonché della possibilità, ora prevista dall’art. 127 quinquies T.U.F.,
di attribuire un diritto di voto maggiorato.
Il documento, in consultazione sino al 26 novembre 2014, è disponibile sul sito
www.consob.it.
GIURISPRUDENZA
Mancata convocazione dell’assemblea di s.r.l. – Il Tribunale di Milano ha dichiarato
l’invalidità della delibera assembleare di approvazione del bilancio di una s.r.l. assunta
“con voto determinante di un socio in asserito conflitto di interessi” e per la quale gli
altri soci hanno lamentato di “non avere ricevuto alcuna comunicazione della convocazione”. Peraltro, il relativo verbale assembleare “dà atto della partecipazione ai lavori
del solo socio di maggioranza”, “senza in alcun modo menzionare (e tanto meno documentare) il rituale invio di convocazione nei confronti dei soci assenti”.
“In tale contesto – per il Tribunale – sarebbe stato onere della società convenuta offrire
prova della rituale convocazione o comunque della piena conoscenza da parte dei soci
assenti dell’intervenuta convocazione dell’assemblea”: onere, questo, non assolto dalla
società, la quale non si è costituita in causa.
La decisione del Tribunale di Milano del 14 ottobre 2014 è consultabile sul sito
www.giurisprudenzadelleimprese.it.
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119
SEGNALAZIONI
DIRITTO COMMERCIALE
Custode giudiziario delle quote sociali – Il Tribunale di Milano ha ritenuto privo di
legittimazione all’impugnazione delle delibere assembleari il socio le cui quote siano
state affidate ad un custode giudiziario, eccezion fatta per l’ipotesi in cui egli intenda
contestare la sussistenza dei vizi di nullità previsti dall’art. 2479 ter, 3° co., c.c.
Egli, inoltre, non avrebbe alcun diritto di “ricevere la convocazione per l’assemblea dei
soci, legittimamente indirizzata al solo custode”. Viceversa, il socio – “opportunamente
ma non doverosamente” – può esser “invitato a partecipare” all’assemblea “allo scopo
di verificare in una sede formale la sua eventuale disponibilità, quale soggetto titolare
sostanziale delle quote, a coprire le perdite di gestione e così superare la causa che impone la messa in liquidazione della società”.
La sentenza del Tribunale di Milano del 27 ottobre 2014 è reperibile sul sito
www.giurisprudenzadelleimprese.it.
Obbligo dell’amministratore di ritrasferimento di beni – La Suprema Corte ha statuito – in relazione ad una società di fatto – il principio di diritto in forza del quale,
“nell’ipotesi in cui la società si estingua prima che il socio agente abbia operato il ritrasferimento del diritto acquistato in nome proprio e per conto della stessa, la situazione giuridica soggettiva, di natura obbligatoria, vantata dalla società al ritrasferimento del bene, prevista dall’art. 1706, 2° co., c.c., si trasmette in contitolarità a tutti i
soci che siano tali al momento dell’estinzione dell’ente”.
Di conseguenza, “accertata la sussistenza di siffatto obbligo traslativo del socio e del
corrispondente diritto dei soci rimanenti, il giudice può disporre, ai sensi dell’art. 2932
c.c., direttamente in favore di questi ultimi il trasferimento delle rispettive percentuali
di proprietà del bene, il quale diviene in tal modo nella contitolarità di tutti i soci, ivi
compreso l’originario intestatario, in capo al quale si riuniscono le qualità di creditore
e di debitore, onde l’obbligazione si estingue pro quota ai sensi dell’art. 1253 c.c.”.
Cassazione, 29 ottobre 2014, n. 22988.
Compenso degli amministratori – La Corte di legittimità, confermando la decisione
della Corte d’Appello di Palermo, ha ribadito che, “in un giudizio di liquidazione del
compenso azionato da un amministratore di società di capitali”, non si può “prescindere dall’allegazione e dalla prova della qualità e quantità delle prestazioni concretamente svolte, risultando di per sé sola insufficiente l’indicazione del compenso pattuito in
esercizi sociali di anni diversi”.
Cassazione, 29 ottobre 2014, n. 23004.
Affitto di azienda e contratto di locazione di immobile – La Corte di Cassazione, sulla scorta di due precedenti arresti (Cass. 21 marzo 2008, n. 7686; Cass. 28 febbraio
2013, n. 4986), ha stabilito che, “nel caso di affitto di azienda, comprendente un immoIL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
120
SEGNALAZIONI
DIRITTO COMMERCIALE
bile goduto in forza di un contratto di locazione, la sostituzione di un terzo nel rapporto
giuridico preesistente di locazione non si verifica automaticamente ma come effetto o di
un negozio separato fra cedente e cessionario dell’azienda ex art. 36 della L. n.
392/1978 o per effetto della presunzione posta dall’art. 2558 c.c. in base alla quale può
ritenersi intervenuta, fino a prova contraria, una cessione del contratto di locazione se
il locatore abbia accettato, direttamente in suo favore, il pagamento, da parte del cessionario dell’azienda, del canone di locazione”. Circostanza, quest’ultima, verificatasi
nel caso concreto, unitamente alla comunicazione del subentro nel contratto di locazione effettuata dal soggetto cedente al locatore.
Inoltre, non sarebbe “ostativa alla cessione” la diversa durata dei due rapporti contrattuali, sicché il “subentro dell’affittuario non può non avere efficacia temporanea pari
alla durata del rapporto di affitto” dell’azienda.
Cassazione, 30 ottobre 2014, n. 23087.
Opposizione alla dichiarazione di fallimento – La delibera assembleare di una s.r.l.
che autorizzi l’organo amministrativo a presentare ricorso per la dichiarazione di fallimento ha efficacia vincolante nei confronti di tutti i soci, ai sensi dell’art. 2377 c.c., ancorché essi siano al contempo creditori della società.
Ragion per cui, come ribadito dalla Suprema Corte, “l’opposizione non può essere proposta da chi ha chiesto la dichiarazione di fallimento”, a fortiori nel caso di specie, poiché il finanziamento infruttifero concesso alla società dal socio-creditore opponente era
“volto a incrementarne il patrimonio netto”. Di conseguenza, si deve escludere sia sorto
“un corrispondente credito esigibile alla restituzione, stante l’indisponibilità durante
societate della riserva in tal modo costituita: condizione, questa, in tutto analoga a
quella del diritto, spettante ad ogni socio, alla restituzione della quota di capitale sottoscritto, inesigibile sino all’approvazione del bilancio finale di liquidazione ed al soddisfacimento dei creditori sociali”.
Cassazione, ordinanza, 30 ottobre 2014, n. 23089.
Divieto di immistione del socio accomandante – La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello di Napoli in cui si è riscontrata la violazione del
divieto di immistione imposto al socio accomandante dall’art. 2320 c.c. nell’ipotesi in
cui questi abbia sottoscritto (quattro) assegni bancari correlati ad un solo “affare”, apponendo la propria firma in calce al timbro della società. Una tale condotta proverebbe,
nella vicenda oggetto della pronuncia, “la spendita del nome sociale e della stessa qualità di amministratore, senza alcuna procura speciale per i singoli atti, dimostrando altresì la piena disponibilità del conto corrente sociale, a riprova dell’esercizio di un potere autonomo di disposizione del patrimonio della società, con conseguente decadenza
dal beneficio della responsabilità limitata”.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
121
SEGNALAZIONI
DIRITTO COMMERCIALE
Pertanto, l’accomandante, “in difetto della prova della sussistenza di una mera delega
di cassa, assume solidale ed illimitata responsabilità ai sensi dell’art. 2320 c.c. per tutte le obbligazioni sociali e, in caso di fallimento della società, è assoggettabile al fallimento in proprio”.
Cassazione, 6 novembre 2014, n. 23651.
Impresa familiare e forma societaria – Le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno
sancito “l’incompatibilità dell’impresa familiare con la disciplina delle società di qualunque tipo”, sia a motivo del disposto letterale dell’art. 230 bis c.c., sia in ragione della
“disciplina patrimoniale concernente la partecipazione del familiare agli utili ed ai beni
acquistati con essi, nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine
all’avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato, anche al di
fuori dell’impresa, e non, quindi, in proporzione alla quota di partecipazione”.
Inoltre, proseguono i Giudici, riconoscere diritti corporativi al familiare del socio sarebbe “confliggente con regole operative del sottosistema societario”, introducendo “un inedito metodo collegiale maggioritario, integrato con la presenza dei familiari dei soci
nelle decisioni concernenti l’impiego degli utili, degli incrementi e altresì la gestione
straordinaria e gli indirizzi produttivi; e financo la cessazione dell’impresa stessa”.
Cassazione, Sezioni Unite, 6 novembre 2014, n. 23676.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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SEGNALAZIONI
DIRITTO TRIBUTARIO
SEGNALAZIONI DI DIRITTO
TRIBUTARIO
NORMATIVA
Fissato il cambio delle valute estere per il mese di ottobre 2014
Sul sito internet dell’A genzia delle entrate è stato pubblicato, con le relative tabelle
allegate, il Provvedimento che reca - ai sensi dell’art. 10, comma 9, del Tuir e agli
effetti degli articoli dei Titoli I e II, dello stesso Tuir, che vi fanno riferimento l’accertamento del cambio delle valute estere per il mese di settembre 2014.
(Agenzia delle entrate, Provvedimento del 17 ott. 2014)
PRASSI
Detraibilità delle erogazioni liberali in denaro alle Onlus - chiarimenti per gli enti
non commerciali
Gli enti non commerciali possono continuare a detrarre dall’Ires le erogazioni liberali in
denaro in favore delle Onlus, nella misura del 19%. La conferma arriva con la
risoluzione n. 89/E di oggi, con cui l’A genzia delle Entrate scioglie i dubbi emersi alla
luce delle modifiche introdotte dalla Legge n. 96/2012.
Le Entrate chiariscono che la norma non intendeva escludere gli enti non commerciali
dalla possibilità di accedere al beneficio fiscale.
Pertanto questi enti possono continuare a considerare detraibili le liberalità erogate in
favore delle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale, nella misura del 19%
stabilita dall’art. 147 del Tuir.
(Agenzia delle entrate, risoluzione. n. 89 del 17 ottobre 2014)
Annotazione sulla carta di circolazione del veicolo della persona diversa
dall’intestatario che dispone del veicolo per un periodo di tempo superiore a 30
giorni.
Il M inistero delle infrastrutture e dei trasporti con propria Circolare ha espresso dei
chiarimenti alla Legge n. 120/2010 che ha istituito l’obbligo, a decorrere dal 3
novembre 2014, di aggiornamento della carta di circolazione in caso di temporanea
disponibilità del veicolo in favore di un soggetto terzo per un periodo superiore a 30
giorni. La circolare, con riferimento ai veicoli aziendali ha chiarito quanto segue: è da
escludere la sussistenza di comodato ogni qual volta la disponibilità del veicolo
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
123
SEGNALAZIONI
DIRITTO TRIBUTARIO
costituisca, a qualunque titolo e in tutto in parte, un corrispettivo. Inoltre si ribadisce che
nel comodato di veicoli aziendali deve sussistere un uso esclusivo e personale del
veicolo in capo all’utilizzatore.
Pertanto sono da ritenere escluse dall’ambito di applicazione della normativa:
• l’utilizzo di veicoli aziendali in disponibilità del dipendente/amministratore a
titolo di fringe benefits;
• l’utilizzo promiscuo di veicoli aziendali;
• l’ipotesi di utilizzo del medesimo veicolo aziendale da parte di più dipendenti;
Inoltre, nell’ipotesi di comodato d’uso stipulato successivamente al 3 novembre 2014,
qualora nel contratto non sia riportata una data di scadenza non è necessario procedere
ad annotare sul libretto
(Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Circolare prot.n. 23743 del 27/10/2014).
G IURISPRUDENZA
Valida la notifica nelle mani del coniuge non “collaborativo”
La notifica di un atto tributario ai sensi dell’articolo 139 del codice di procedura civile,
mediante consegna del plico al coniuge del contribuente, non può ritenersi illegittima a
causa di un non meglio precisato “rapporto di conflittualità” tra il soggetto che ha
ricevuto la cartella e l’effettivo destinatario.
La Cassazione, nella sentenza 22928 del 29 ottobre, ha inoltre osservato che, ai fini
della valutazione della ritualità di una notifica, occorre aver riguardo in modo puntuale
ai suoi elementi rilevanti, quali il luogo in cui si perfeziona e il soggetto che riceve
l’atto.
(Cassazione, sentenza 22928 del 29 ottobre 2014)
VARIE
L’Agenzia scrive a 100mila società e spiega come fornire l’Iban
L’Agenzia delle Entrate, per restituire più velocemente i rimborsi fiscali, sta chiedendo
a 100mila società, attraverso la posta elettronica certificata (Pec), di comunicare il
proprio codice Iban per ricevere le somme direttamente sul conto corrente. Gli inviti
sono recapitati agli indirizzi Pec delle società presenti nel registro delle imprese.
Gli unici due canali ammessi per comunicare l’Iban del conto corrente bancario o
postale sono:
- i servizi online disponibili sul sito www.agenziaentrate.it. Per comunicare il
codice (o modificare quello precedentemente fornito) basta accedere alla propria
area autenticata, riservata agli utenti abilitati ai servizi telematici;
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
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SEGNALAZIONI
DIRITTO TRIBUTARIO
-
gli uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate. In questo caso occorre presentare
il modello per la richiesta di accreditamento disponibile presso gli stessi uffici o
sul sito www.agenziaentrate.it, al percorso: Home > Cosa devi fare > Richiedere
> Rimborsi > Accredito rimborsi su conto corrente.
(Agenzia delle Entrate, comunicato stampa del 24 ottobre 2014)
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 21/2014
125
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