La responsabilità penale degli amministratori di un’associazione senza scopo di lucro. Nello svolgimento dell’attività associativa (sia che si tratti di associazioni sportive, culturali, organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, ect.) possono verificarsi fatti lesivi dei diritti altrui; in taluni casi l’esigenza di tutela è talmente forte (si pensi alla tutela della vita, dell’integrità fisica, della propria reputazione, ecc.) da far sì che l’eventuale lesione del diritto integri non solo una responsabilità civile (con l’obbligo al risarcimento del danno), ma pure una responsabilità penale (con l’assoggettamento a pena). Com’è noto, la responsabilità penale, ai sensi dell’articolo 27 della Costituzione, è sempre personale. Pertanto, di eventuali reati (siano essi delitti o contravvenzioni) risponderanno i singoli associati che li abbiano commessi e, in nessun caso l’associazione. La responsabilità penale presuppone una condotta dolosa (cioè, cosciente e volontaria) o quanto meno colposa (cioè non intenzionale) del soggetto agente; tuttavia, pensando alle associazioni (e agli scopi ideali che queste perseguono), è difficile immaginare un’attività associativa volontariamente preordinata alla lesione di diritti altrui. E’ evidente, piuttosto (e la casistica ce ne dà conferma), che la responsabilità penale in cui possono incorrere gli enti associativi si ricollega prevalentemente ad eventi dannosi che si producono per colpa. L’art.43, co.1 c.p. stabilisce che il delitto è colposo, o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti ordini o discipline. Dunque, ciò che si rimprovera al soggetto a titolo di responsabilità colposa è di avere realizzato, sia pure in modo del tutto involontario, un fatto-reato che egli tuttavia poteva e doveva evitare mediante l’osservanza di doverose regole di condotta. Quest’ultime possono essere regole di condotta non scritte (così, quelle che impongono a ciascuno di agire con prudenza, perizia e diligenza), oppure regole di condotta scritte (cioè codificate in leggi, regolamenti, ordine o discipline). Quanto al loro contenuto, esse possono prevedere: l’obbligo di astenersi da una determinata attività quando questa comporti un rischio insostenibile; l’obbligo di adottare tutte le misure di sicurezza necessarie a scongiurare o a contenere situazioni di pericolo; l’obbligo di informazione (per esempio sulle norme antinfortunistiche che presiedono allo svolgimento dell’attività da realizzare); l’obbligo di scegliere idonei collaboratori e di operare sugli stessi un adeguato controllo. Un altro aspetto che assume particolare rilevanza per l’accertamento della responsabilità è quello della c.d. imputazione soggettiva: è necessario, cioè, che la verificazione del fatto-reato possa concretamente riferirsi alla colpevole condotta del soggetto. E’ chiaro, infatti, che se l’evento dannoso non poteva essere in alcun modo previsto o impedito dal soggetto agente, nessun rimprovero potrà a lui muoversi se il fatto si è comunque verificato, dovendosi pertanto escludere la responsabilità penale. Si pensi, per esempio, ad un’associazione naturalista che organizza una scalata in montagna affidando ad un proprio membro, che è solito svolgere tale attività, il compito di guida ed istruttore. In caso d’incidente, è ovvio che la legge non faccia riferimento alle conoscenze ed esperienze specifiche della guida improvvisata, ma a quelle di un agente-modello (guida di montagna esperta); e se dovesse risultare che il sinistro poteva essere previsto ed evitato da parte di una guida esperta, si configurerebbe necessariamente la responsabilità penale per colpa della guida impiegata. Di fronte a questi episodi risulterà sempre tutelante per un’associazione sportiva quantomeno dotarsi di un’adeguata copertura assicurativa al fine di “limitare” le dannose conseguenze derivanti dall’accertamento di una responsabilità penale in capo ai propri amministratori. Avv. Massimiliano Cané