Diritto dei contratti e tutela del consumatore

annuncio pubblicitario
Capitolo Primo
Diritto dei contratti e
tutela del consumatore
SOMMARIO: 1. Predisposizione contrattuale e contrattazione di massa. – 1.1. La contrattazione standardizzata. – 1.2. La tutela dell’aderente: la disciplina delle condizioni generali di contratto. – 1.3. Predisposizione di massa e predisposizione individuale. – 2. Contratto del consumatore e contratto con asimmetria di potere. – 3. Il
contraente consumatore. – 3.1. Il contraente debole e il consumatore. – 3.2. Origini
ed estensione della nozione. – 3.3. La definizione del Codice del consumo. – 3.4.
Rilevanza del fine. – 4. Disciplina dei contratti e tutela del consumatore. – 4.1. Le
origini della normativa a tutela del consumatore. – 4.2. I successivi sviluppi. – 4.3.
La Comunità europea e la tutela del consumatore. – 5. Segue. La normativa nazionale. – 5.1. Premessa. – 5.2. La regolamentazione di settore. – 5.3. La regolamentazione intersettoriale. – 5.4. Il Codice del consumo. – 5.5. La disciplina delle pratiche commerciali scorrette. – 5.5.1. La novella al Codice del consumo. – 5.5.2. Ambito di applicazione soggettivo e oggettivo. – 5.5.3. Le pratiche commerciali scorrette: il divieto generale. – 5.5.4. Le pratiche commerciali scorrette: le tipologie. –
5.5.4.1. Le pratiche ingannevoli. – 5.5.4.2. Le pratiche aggressive. – 5.5.5. I rimedi. – 5.5.6. La disciplina della pubblicità ingannevole. – 5.5.6.1. Le finalità: tutela dei professionisti e tutela dei consumatori. – 5.5.6.2. La nozione di “pubblicità
ingannevole”. – 5.5.6.3. La nozione di “pubblicità comparativa”. – 5.5.6.4. Le sanzioni. – 5.6. La tutela del consumatore-investitore. – 5.6.1. Premessa. – 5.6.2. Lo
sviluppo della legislazione. – 5.6.3. Il T.u.f. – 5.6.4. Le regole di condotta degli intermediari. – 5.6.5. Classificazione della clientela e differenziazione del livello di
tutela. – 6. Contratti del consumatore e efficienza del mercato. – 7. Regolamentazione del mercato e problemi di qualificazione dei nuovi istituti. – 7.1. Obiettivi comunitari e diritto dei contratti. – 7.2. Pluralità di mercati e pluralità di regole: la comunitarizzazione/europeizzazione del diritto.
1. Predisposizione contrattuale e contrattazione di massa
1.1. La contrattazione standardizzata
“Contrattazione di massa”, “predisposizione” del testo del contratto e “tutela del consumatore” sono temi che vengono spesso – giu-
2
I contratti del consumatore
stamente – accostati: la contrattazione di massa caratterizza da tempo,
da un punto di vista giuridico, il settore della produzione e dello scam1
bio di beni e servizi : le clausole che compongono il contenuto del
contratto spesso non sono il frutto di negoziazioni intercorse tra le
parti ma espressione della volontà del solo predisponente il quale, in
questo modo, fissa un determinato contenuto contrattuale che verrà
utilizzato nei confronti di un numero indeterminato di aderenti. E fra
tali aderenti emerge la figura del “consumatore”, inteso – ma sul punto torneremo amplius a breve – come quel contraente persona fisica
che agisce nei confronti di una controparte qualificata al di fuori dell’eventuale attività imprenditoriale o professionale svolta.
Nella contrattazione tra consumatore e professionista si riscontra,
dunque, generalmente, uno spazio limitato per intavolare un’equilibrata trattativa tra le parti stipulanti.
La fattispecie del contratto per adesione si caratterizza spesso per
la presenza di parti in posizione di forza contrattuale differente tale
da permettere ad uno dei contraenti (l’imprenditore o il professionista) di predisporre clausole contrattuali; alla controparte resta unicamente la libertà di contrarre o meno potendo sceglier se accettare
o rifiutare il contenuto di quanto stabilito dal predisponente ma mai di
modificarlo; viene a mancare, quindi, nella formazione del contratto,
2
la fase delle trattative .
In linea di massima, è il professionista a predisporre unilateralmente
il contratto e con esso a fissare l’assetto degli interessi sottostanti. In altri
termini, le clausole di un contratto, in questi casi, sono proposte e quasi
imposte dall’imprenditore, annullando le possibilità di scelta del consumatore. L’aderente non è messo nella condizione di poter modificare
il contenuto del contratto, sia per la necessaria mancanza di trattativa
individuale in questo tipo di contrattazione, sia per la mancanza di conoscenze tecniche di cui, invece, il professionista in quanto tale dispone.
È esperienza quotidiana quella del consumatore al quale vengono
spiegate in modo approssimativo e a volte subdolo le condizioni generali del contratto, riportate in appositi prestampati. Così, può accadere che successivamente alla conclusione del contratto il consumatore scopra “amare sorprese” nel leggere ex post le minuscole clausole in esso contenute.
1
A mettere in rilievo la matrice economica del fenomeno giuridico della contrattazione di massa è F. GALGANO, Diritto ed economia alle soglie del nuovo millennio,
in Contr. e impr., 2000, 196.
2
P. PERLINGIERI, Nuovi profili del contratto, in Riv. crit. dir. priv., 2001, 243.
Diritto dei contratti e tutela del consumatore
3
È evidente che la presenza di posizioni contrattuali di peso diverso
tende inevitabilmente a riflettersi all’interno del contratto creando situazioni di disequilibrio; queste sono ancora più gravi e possibili quando gli interlocutori dei soggetti in posizione di forza sono consumatori, soggetti spesso sprovveduti e sforniti di competenze tali da permettere una comprensione completa della valenza di quanto predisposto e a loro proposto
Alla predisposizione del contenuto contrattuale si deve poi aggiungere il pericolo di quelle che possono essere definite distorsioni del
mercato e della concorrenza: non esiste, infatti, per il contraente, e soprattutto per il contraente-consumatore, la possibilità di operare una
scelta tra offerte concorrenti dal momento che spesso le imprese agiscono in regime di monopolio o appartengono ad associazioni di categoria che suggeriscono l’utilizzo di clausole analoghe tra le stesse imprese, per cui il suo atto di adesione si presenta come solo formalmente volontario: o aderisce o rinuncia ai beni e servizi che offre la grande
impresa.
Il contratto di massa è un fenomeno tipico e diffuso nelle società
industrializzate.
Scaturito dall’esigenza di una più efficiente organizzazione e formazione dei contratti, è coerente con la tendenza a favorire l’ottica
3
produttivistica del XX secolo .
La formazione del contratto di massa si trova in una posizione intermedia tra la determinazione del contratto ad opera delle parti e la
regolamentazione contrattuale per contratto.
La prima avviene attraverso i modi individualistici della contrattazione, preceduta da trattative. La seconda, invece, trova la sua regolamentazione attraverso il riferimento ad una fonte esterna (per relationem perfectam); formazione caratterizzata dalla preventiva ed unilaterale formulazione di uno schema contrattuale, destinato ad essere
utilizzato per la costituzione di una generalità di rapporti tra l’imprenditore predisponente e i terzi. Nella prassi l’intero contenuto del contratto risulta dall’atto del predisponente mentre l’accettazione dell’altra parte si riduce, di fatto, a mera adesione.
Il fenomeno della contrattazione di massa costituisca il risvolto
giuridico della produzione industriale e del commercio su larga scala
di beni e servizi: come i beni vengono prodotti e distribuiti in base a
3
Lo rilevava già M. NUZZO, Condizioni generali di contratto, in Dizionario di diritto privato, diretto da N. Irti, Milano, 1980, 157.
4
I contratti del consumatore
procedimenti uniformi, in maniera altrettanto uniforme vengono regolati i rapporti contrattuali con i soggetti che con tali beni o servizi entrano in relazione, siano essi i consumatori, gli utenti, i distributori, gli
agenti, i concessionari. Una siffatta regolamentazione si ottiene, come
è intuibile, mediante le condizioni generali di contratto le quali hanno
appunto la funzione di disciplinare in modo uniforme i rapporti intercorrenti tra un determinato predisponente e tutti gli aderenti.
Attraverso il contratto, infatti, l’impresa crea dei moduli di comportamento conformi alle proprie esigenze ed è attraverso il contrat4
to che a tali moduli conferisce il carattere della obbligatorietà .
Le imprese, nella messa a punto di tali moduli, hanno piena consapevolezza che lo strumento contrattuale è idoneo ad incidere sia
sui profitti sia sulla struttura del mercato.
Spesso si tratta di modelli elaborati dalle grandi imprese multinazionali, preoccupate di garantirsi una uniformità di comportamento
5
nei vari segmenti nazionali in cui si articola il mercato globale . L’impresa, soprattutto la grande impresa, tende a conseguire un duplice
obiettivo: superare le barriere che le varie sovranità nazionali sovrappongono alla unicità del mercato ed ovviare alla ridotta attitudine della legge alla innovazione giuridica.
Si è così creato un sistema di contratti che si arricchisce di nuovi tipi
6
e che non di rado si presenta con tratti uniformi in tutto il mondo . La
pedissequa ripetizione riguarda, spesso, singole clausole, che attraverso
la loro variabile combinazione offrono la possibilità di giungere a mo7
delli contrattuali differenziati, eppure ancorati a principi comuni .
Si deve tener conto, peraltro, da un lato, che le associazioni di imprenditori spesso provvedono alla predisposizione di moduli contrattuali uniformi per l’intera categoria, messi a punto nella prospettiva
della migliore organizzazione, nell’interesse delle imprese associate,
di quello specifico segmento di mercato; dall’altro, che le singole imprese sono condizionate nella scelta dei modelli contrattuali, almeno
tendenzialmente, dalla tipologia produttiva e dalla tecnica di produzione. In via di massima, ad una produzione standardizzata corrispon4
Cfr. P. BARCELLONA, Diritto privato e società moderna, Napoli, 1996, 471.
Si apre così il problema di quello che è stato autorevolmente definito “contratto alieno”: cfr., in particolare, al riguardo, G. DE NOVA, Il contratto alieno, II ed.,
Torino, 2010.
6
F. GALGANO, Lex mercatoria, Bologna, 1993, 209 ss.
7
L’osservazione è di M. BIN, La circolazione internazionale dei modelli contrattuali,
in Contr. e impr., 1993, 475 ss.
5
Diritto dei contratti e tutela del consumatore
5
de una contrattazione standardizzata e ad una produzione non in serie corrisponde una contrattazione frutto di volta in volta di apposita
8
negoziazione .
L’osservazione della realtà, quindi, induce ad affermare che l’utilizzo di modelli standardizzati e l’utilizzo di modelli frutto di apposita trattativa sono direttamente dipendenti non già della dimensione
9
dell’affare, bensì dalla natura del medesimo .
Se poi si passa a considerare come si è evoluta la immissione sul
mercato dei modelli contrattuali da parte delle singole imprese si deve
fare una ulteriore, rilevante constatazione: il contenuto contrattuale è
10
divenuto esso stesso strumento di concorrenza , nel senso che la cresciuta maturità del mercato ha reso i consumatori più diffusamente
sensibili al dato che la maggiore o minore convenienza del bene e del
servizio offerto da un determinato imprenditore non dipende solo dalle qualità intrinseche del servizio o del prodotto, rapportate al prezzo,
ma anche dalle condizioni contrattuali che accompagnano lo scambio.
Negli ultimi anni, grazie all’azione di associazioni di consumatori in
primis, il cittadino, che quotidianamente stipula contratti per fruire
di servizi o di beni, inizia a mostrarsi più consapevole nelle scelte e
meno disinteressato agli obblighi a cui si lega con un contratto.
Questa particolare morfologia e funzione assunta dal contratto ha
fatto sorgere e diventare via via più pressante l’esigenza di procedere
ad una regolamentazione di questa nuova dimensione, esigenza che è
stata avvertita in vari ordinamenti: intorno agli anni ’70 del secolo scorso si è assistito pressoché in tutta Europa ad un proliferare di riforme
legislative volte a fornire una risposta concreta alle manifestate istanze di tutela di quello che per definizione andava ad essere individua11
to come il contraente debole, ossia l’aderente .
8
Cfr. L. RUGGERI, La prassi mercantile nella contrattazione internazionale, Napoli, 1994, 23 ss.
9
V. NUZZO, Predisposizione di clausole e procedimento di formazione del contratto, in Studi in onore di F. Santoro Passarelli, vol. III, Napoli, 1982, 564.
10
Lo evidenzia G. ALPA, voce Contratti di massa, a) Profili generali, in Enc. dir. Aggiornamento, vol. I, Milano, 1997, 408, il quale usa, in proposito, l’espressione
“concorrenza negoziale”, rilevando che si è modificata l’originaria prospettiva secondo cui i modelli uniformi servivano non solo a praticare parità di trattamento
alle controparti, ma anche a porre le imprese sullo stesso piano – un piano non concorrenziale – nella prospettiva negoziale.
11
Per un’analisi delle riforme legislative che si susseguirono in ambito europeo
nel corso degli anni ’70 si veda: C.M. BIANCA, Precedenti della legge di attuazione
della direttiva comunitaria e problemi di diritto intertemporale, in Nuove leggi civ.
6
I contratti del consumatore
1.2. La tutela dell’aderente: la disciplina delle condizioni generali di contratto
Nella contrattazione tra professionista e consumatore, le condizioni
generali di un contratto sono predisposte da uno solo dei contraenti,
quello economicamente più forte, oppure sono contenute in appositi
formulari già redatti, che il consumatore si limita a sottoscrivere. I casi
più frequenti sono quelli che si stipulano con banche, assicurazioni o
società di telecomunicazioni, ecc., nei quali l’imprenditore offre i propri servizi a condizioni predeterminate e il consumatore si limita semplicemente ad aderire con la sua sottoscrizione.
Il codice civile del 1942 è stato il primo codice civile moderno a
disciplinare il fenomeno della «contrattazione standardizzata».
I contratti standard, nati in conseguenza dell’intensificarsi della produzione di massa, svolgono oggi un ruolo di primo piano nei traffici
commerciali tra professionista e consumatore, consentendo una maggiore rapidità e immediatezza negli scambi.
Il professionista predispone unilateralmente il contratto in vista della conclusione di più contratti dello stesso tipo, ma con contraenti diversi, comunemente definiti aderenti. Questi ultimi si limitano, generalmente, ad aderire alla disciplina contrattuale predisposta dal professionista, senza alcun margine di trattativa.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, un contratto è qualificabile per adesione, ai sensi dell’art. 1341, comma 1, c.c., e come tale soggetto, per l’efficacia delle clausole cosiddette onerose, alla specifica
approvazione per iscritto, contemplata dal comma 2 di detta norma,
solo quando il contratto risulti predisposto unilateralmente da un solo
contraente, in base ad uno schema destinato ad essere utilizzato per
una pluralità di rapporti, così da escludere una sua formazione in esito
a trattativa negoziale e a relegare il potere dell’altro contraente, rima12
sto estraneo alla predisposizione, ad una mera accettazione .
La mancanza di trattativa nella contrattazione tra professionista e
aderente comporta il pericolo dell’introduzione di clausole comunemente definite vessatorie o abusive nei confronti dell’aderente stesso,
ossia di clausole spesso formulate a svantaggio dell’aderente e a vantaggio del professionista che le ha predisposte.
comm., 1997, 753 ss.; R. DE NEGRI, La tutela di matrice comunitaria nei confronti delle
clausole abusive nei contratti con i consumatori, in C. VACCÀ (a cura di), Consumatori, contratti, conflittualità, Milano, 2000, 171 ss.
12
Si veda, ad esempio, Cass. 21 aprile 1988, n. 3091, in De Jure.
Diritto dei contratti e tutela del consumatore
7
L’originaria disciplina contenuta nel codice civile tende ad evitare
che entrino a far parte del contratto clausole che l’aderente, rimasto
estraneo alla predisposizione, non ha potuto conoscere o su cui non
ha potuto adeguatamente riflettere. Per raggiungere detto scopo, gli
artt. 1341 e 1342 c.c. si limitano a richiedere la conoscibilità delle clausole e in alcuni casi la sottoscrizione da parte dell’aderente delle clausole vessatorie.
L’art. 1341, rubricato «Condizioni generali del contratto», al comma
1 prevede che «le condizioni generali del contratto predisposte unilateralmente da uno solo dei contraenti, sono efficaci nei confronti dell’altro,
se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o le
avrebbe dovute conoscere usando l’ordinaria diligenza».
Le condizioni generali di contratto cui fa riferimento l’art. 1341
c.c. si caratterizzano per due caratteri essenziali, quello della generalità e quello della unilateralità. In primo luogo, il professionista uniforma ad un unico schema o modello contrattuale la generalità di
rapporti con la clientela, per mezzo della standardizzazione contrattuale, in un’ottica di risparmio di tempi e costi rispetto alla trattativa
individuale. In secondo luogo, la caratteristica della unilateralità risiede nella circostanza per la quale l’assetto contrattuale è definito esclusivamente dal soggetto professionale nell’assoluta mancanza di una
trattativa individuale.
Secondo quanto disposto dall’art. 1341 c.c., il predisponente ha l’obbligo di rendere note all’aderente le condizioni contrattuali prima della conclusione del contratto, ma spetta all’aderente prendere cognizione delle condizioni generali di contratto, in virtù del principio della
autoresponsabilità. Di conseguenza, se l’aderente non abbia conosciuto tali condizioni generali per propria negligenza, queste sono perfettamente efficaci nei suoi confronti. Questo onere è delimitato dal parametro della ordinaria diligenza, cioè quella diligenza che è normale
attendersi dall’aderente medio in relazione al tipo di operazione economica compiuta. Pertanto, le clausole non conosciute o non conoscibili, non entrano a far parte del contenuto del contratto e saranno inefficaci nei confronti dell’aderente.
Il comma 2 dello stesso articolo, invece, prevede che alcune tra le
condizioni generali del contratto, ritenute dal legislatore particolarmente lesive per l’aderente, debbono essere specificatamente approvate per iscritto, pena l’inefficacia delle stesse. Si tratta delle cc.dd.
“clausole vessatorie”, che non hanno effetto se non specificamente
approvate per iscritto. Si definiscono vessatorie, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte limitazioni di respon-
8
I contratti del consumatore
sabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, oppure sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con terzi, proroghe o rinnovazioni tacite del contratto, clausole compromissorie, oppure deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria.
Il requisito della specifica approvazione per iscritto è anche richiesto dall’art. 1342 c.c. applicabile ai contratti conclusi mediante moduli o formulari. Nella pratica questo onere viene assolto attraverso
la “doppia sottoscrizione” del contratto, cioè attraverso una prima sottoscrizione del contratto, quale manifestazione del consenso negoziale, e una seconda diretta a rendere efficaci le clausole contenute nell’elenco dell’art. 1341, comma 2, c.c. Questa tutela formale della c.d.
“doppia firma” si è dimostrata del tutto insufficiente nella prassi. Infatti da un lato, pur firmando due volte, l’aderente spesso non ha le
conoscenze specialistiche o il tempo o l’accortezza di leggere il contenuto delle clausole; dall’altro non ha alternative, posto che la sua
scelta consiste nel decidere se “prendere o lasciare” e anche qualora
decidesse di non stipulare quel contratto, rivolgendosi ad altri professionisti, la realtà dimostra che le proposte contrattuali delle imprese o di singoli professionisti di un settore abbiano, spesso, contenuto analogo.
Per quanto riguarda gli effetti della mancata specifica approvazione
per iscritto, l’opinione prevalente preferisce optare per la nullità della
clausola. La specifica approvazione per iscritto rappresenterebbe, secondo tale tesi, un onere formale, di rispetto di una forma ad substantiam, avente la funzione di richiamare l’attenzione dell’aderente sull’impegno contrattuale.
Il successivo art. 1342, comma 1, c.c., relativamente ai contratti stipulati mediante moduli o formulari, prevede la prevalenza delle clausole aggiunte rispetto a quelle del modulo o formulario a condizione
che vi sia incompatibilità tra le stesse, anche se le clausole originarie
del modulo o del formulario non siano state cancellate.
L’art. 1370 c.c., poi, dispone che le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o in moduli e formulari predisposti da uno
dei contraenti si interpretano, in caso di dubbio, a favore di colui che
non le ha predisposte. La norma intende evidentemente tutelare la parte debole in caso di clausole plurivoche, cioè suscettibili di assumere
diversi significati, imponendo l’interpretazione più favorevole al consumatore. La regola ermeneutica contenuta nell’art. 1370 c.c. è sussidiaria alle regole di interpretazione soggettiva contenute nel codice
Diritto dei contratti e tutela del consumatore
9
civile, con la conseguenza che assume comunque valore residuale rispetto ai precedenti criteri dettati dagli artt. 1362 ss.
1.3. Predisposizione di massa e predisposizione individuale
L’evolversi della normativa in tema di contrattazione fra parte forte
e parte debole evidenzia che allo stato attuale per la legge rileva non
solo la predisposizione di massa ma anche quella individuale.
L’ambito di applicazione degli art. 33 e ss. cod. cons. è molto vasto e ricomprende tutti i contratti conclusi tra consumatore e professionista indipendentemente dal tipo contrattuale, ogni negozio tra vivi
a contenuto patrimoniale e, persino, gli atti unilaterali sottoscritti dal
consumatore se predisposti dal professionista. Presupposto unico è
quindi la presenza di un contratto tra professionista e consumatore,
a prescindere da qualsiasi riferimento alla contrattazione “di massa”,
che invece, costituisce il presupposto oggettivo dell’applicazione degli
artt. 1341, 1342 e 1370 c.c. La tutela del contraente debole di cui agli
artt. 1341 e 1342 c.c. è applicabile in presenza di contrattazione standardizzata, mentre la disciplina di consumo è applicabile anche per uno
specifico rapporto giuridico e non per disciplinare uniformemente una
serie di rapporti.
La disciplina delle clausole vessatorie introduce così nel nostro ordinamento una forma di controllo giurisdizionale sul contenuto del
contratto – introduce quindi una tutela sostanziale sui contratti stipulati tra consumatori e professionisti – indipendentemente dal fatto
che si tratti di contratti di serie o individuali, purché il regolamento contrattuale sia unilateralmente predisposto dal professionista, in assenza
di trattativa individuale, al fine di un uso singolo o plurimo.
Evidentemente, poi, in tutte le ipotesi in cui vi siano i presupposti
di applicabilità di entrambe le discipline si ritiene che la regolamentazione posta dal Codice del consumo sia cumulativa rispetto agli artt.
1341 e 1342 c.c., consentendo così l’applicazione congiunta delle discipline. Così, un contratto standardizzato dovrà essere oggetto sia di
controllo formale, e contenere la specifica approvazione per iscritto
delle clausole abusive, sia di controllo sostanziale sull’equilibrio normativo.
10
I contratti del consumatore
2. Contratto del consumatore e contratto con asimmetria di
potere
A partire dai primi anni del nuovo millennio si è cominciata a diffondere nel lessico della scienza giuridica del nostro Paese l’espressione
“contratto asimmetrico”, locuzione con la quale si vorrebbe definire
un nuovo paradigma contrattuale, intendendo per “nuovo paradigma
contrattuale” «un modello di contratto governato da un insieme di regole che diverge in modo significativo dalla disciplina del contratto “in genere” consegnataci dagli artt. 1321 e ss. c.c., e che possiamo chiamare
13
“contratto di diritto comune”» .
In particolare, con tale espressione, ci si vorrebbe riferire – almeno
secondo la dottrina che maggiormente ha trattato dell’argomento – a
tutti quei «contratti in cui si fronteggiano due soggetti di mercato caratterizzati da una significativa asimmetria di potere contrattuale: asimmetria che, per il fatto di derivare precisamente dalle rispettive “fisiologiche” posizioni di mercato, si presenta come asimmetria di tipo per l’ap14
punto fisiologico e non patologico» .
Ovviamente, già la disciplina dei contratti del consumatore diverge da quella del contratto in genere (o, se si preferisce, “di diritto comune”) e si caratterizza per essere – da un punto di vista soggettivo –
relativa a soggetti che – per l’appunto – assumono nella dinamica contrattuale ruoli connotati da una fisiologica, strutturale asimmetria di
potere.
La categoria del contratto “asimmetrico” sarebbe comunque più
ampia di quella dei consumatori: a tale categoria andrebbero infatti
ascritte anche una serie di discipline in cui il legislatore ha considerato e disciplinato altri e diversi rapporti asimmetrici: non fra professionale e non professionale, fra imprenditore e consumatore ma fra professionali, fra imprenditori, e in particolare fra professionale forte e
professionale debole, fra imprenditore più forte e imprenditore meno
forte.
Qualche riferimento a rapporti contrattuali caratterizzati da una
13
In questi termini, V. ROPPO, Parte generale del contratto, contratti del consumatore e contratti asimmetrici (con postilla sul «terzo contratto»), in Riv. dir. priv., 2007, 679680. Dello stesso Autore, si veda anche Prospettive del diritto contrattuale europeo. Dal
contratto del consumatore al contratto asimmetrico?, in Corr. giur., 2009, 267 ss.
14
Sempre, V. ROPPO, Parte generale del contratto, contratti del consumatore e contratti asimmetrici, cit., 683.
Diritto dei contratti e tutela del consumatore
11
situazione di asimmetria si rinviene anche nel campo del diritto europeo, tanto nelle direttive già formulate, quanto nei progetti in progress,
quanto, ancora e più in generale, nei corpi di regole pattizie sovranazionali. È il caso, ad esempio, nell’ambito della codificazione degli usi
commerciali internazionali, dell’art. 3.10 dei Principi Unidroit, dedicato alla disciplina della gross disparity; nei Principles of European
Contract Law, poi, l’art. 4.109 si riferisce a situazioni di “ingiusto profitto o vantaggio”.
Nella categoria del contratto “asimmetrico” sarebbero da ricomprendere tanto i contratti dei consumatori (c.d. B2C) quanto quelli
fra professionisti (B2B o, se si preferisce, B2b), contratti questi ultimi
che – secondo alcuni – caratterizzerebbero essi stessi di per sé un nuovo paradigma, un nuovo modello di contratto, il così detto “terzo con15
tratto” , da contrapporre tanto al “primo” (quello di diritto comune) quanto al “secondo” (quello dei consumatori).
È il caso, ad esempio, del contratto di “subfornitura”, oggetto di
un intervento legislativo limitativo della libertà contrattuale. In relazione a tale tipologia negoziale sono state infatti dettate una serie di norme
a tutela del contraente debole che per la prima volta non è il consuma16
tore . È il caso, ancora, della legge n. 129/2004, rubricata «Norme per
15
La paternità della formula “terzo contratto” è attribuita a Roberto Pardolesi;
cfr., in particolare, la sua Prefazione, XIII-XIV, a G. COLANGELO, L’abuso di dipendenza economica tra disciplina della concorrenza e diritto dei contratti. Un’analisi economica e comparata, Torino, 2004.
16
Con il contratto di subfornitura «un imprenditore si impegna ad effettuare per
conto di un impresa committente lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie
prime forniti dalla committente medesima, o si impegna a fornire all’impresa prodotti
o servizi destinati ad essere incorporati o comunque ad essere utilizzati nell’ambito
dell’attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso, in
conformità a prodotti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipi
forniti dall’impresa committente» (art. 1, legge 18 giugno 1998, n 192). Si tratta quindi
di contratti generalmente conclusi da imprese che possiamo definire “satelliti” le
quali lavorano continuativamente e il più delle volte in modo esclusivo per una o più
imprese di maggiori dimensioni. Questa figura contrattuale ha avuto modo di svilupparsi in seguito al diffondersi del cosiddetto fenomeno di decentramento o delocalizzazione produttiva ossia la tendenza delle imprese ad organizzare la propria
produzione non solo facendo ricorso alle proprie capacità produttive ma utilizzando
una serie di imprese terze; si realizza, in questo modo, l’inserimento dell’impresa satellite all’interno del processo produttivo dell’impresa maggiore, con il pericolo di abusi
di una parte nei confronti dell’altra proprio in ragione delle diverse reciproche posizioni delle imprese coinvolte. Il legislatore ha ritenuto quindi di dover intervenire per
regolamentare la fattispecie, e lo ha fatto mediante la legge 18 giugno 1998, n. 192
(nella vasta letteratura che si è sviluppata in materia si vedano: A. FRIGNANI, Disci-
12
I contratti del consumatore
la disciplina dell’affiliazione commerciale», con cui ha trovato cittadi17
nanza nel panorama legislativo italiano il franchising .
Vi è anche una nutrita serie di altre disposizioni che considerano
in generale una delle parti del rapporto contrattuale in posizione di
svantaggio fisiologico rispetto all’altra e per questo prevedono strumenti di tutela/riequilibrio. È curioso, peraltro, che in alcuni di questi
casi la rubrica delle disposizioni o di parti di testi normativi richiami
la figura del “consumatore” e le sue esigenze di tutela ma poi, nella
sostanza, la disciplina si rivolge a rapporti che non sono solo quelli
che contrappongono un professionista a un consumatore ma – più in
generale – il professionista al cliente (connotazione quest’ultima neutra, che nulla esprime in ordine alla natura consumeristica o meno del
soggetto controparte dell’esperto del settore, limitandosi a evidenziare la posizione di questi quale destinatario/fruitore del bene/servizio
offerto del professionale): nello specifico, si può fare l’esempio della
disciplina dell’art. 7, legge n. 40/2007 (c.d. Bersani bis) relativa all’estin18
zione anticipata dei mutui immobiliari .
plina della subfornitura nella L. 192/98: problemi di diritto sostanziale, in Contratti,
1999, 188 ss.; F. BORTOLOTTI, I contratti di subfornitura. La nuova legge sulla subfornitura nei rapporti interni ed internazionali, Padova, 1999; G. DE NOVA, La subfornitura: una legge grave, in Riv. dir. priv., 1998, 449 ss.).
17
Il testo di legge si compone di nove articoli e le linee di fondo della disciplina
possono essere così riassunte: i) l’articolato normativo si apre con una serie di definizioni, fra le quali primeggia – ovviamente – quella di “contratto di affiliazione
commerciale” (artt. 1 e 2); ii) il legislatore, in secondo luogo, impone per il contratto
di affiliazione commerciale la forma scritta ad substantiam (art. 3); iii) segue l’imposizione di una durata e di un contenuto minimo del contratto (art. 3); iv) il testo di
legge contempla, poi, una serie di obblighi informativi precontrattuali (alcuni a forma vincolata) posti a carico, a seconda dei casi, aspirante affiliante e/o affiliato (artt.
4 e 6); v) la legge prevede, inoltre, un particolare obbligo di riservatezza a carico
dell’affiliato (art. 5); vi) con particolare riferimento alle eventuali controversie che
possono sorgere, il legislatore esprime un favor conciliationis (art. 7); vii) quanto ai
rimedi, spicca nel testo di legge la possibilità di chiedere l’annullamento del contratto nel caso in cui la controparte abbia fornito false informazioni; viene in ogni caso
fatta la possibilità di chiedere il risarcimento del danno (art. 8); viii) infine, con riguardo ai contratti in corso all’atto dell’entrata in vigore della legge è previsto un
particolare obbligo di “adeguamento” (art. 9).
18
L’ambito di applicazione delle nuove disposizioni è delimitato in senso soggettivo e in senso oggettivo. Le norme prendono in considerazione due tipologie di
mutuo: da un lato, quelli stipulati per l’acquisto o la ristrutturazione di unità immobiliari adibite ad abitazione, dall’altro quelli stipulati per l’acquisto o la ristrutturazione di unità immobiliari adibite allo svolgimento della propria attività economica
o professionale da parte di persone fisiche. Da ciò si ricava che, necessariamente, il
Diritto dei contratti e tutela del consumatore
13
Riferirsi al “terzo contratto” significa individuare un modello distinto tanto da quello “in generale”, “di diritto comune”, quanto da quello “dei consumatori”, un modello riferibile sostanzialmente ai rapporti
B2B fra imprese con differente grado di forza nel mercato; significa,
quindi, ritenere che «la protezione delle parte debole nei rapporti B2B
implichi presupposti, obiettivi e tecniche di regolazione non assimilabili a quelli che valgono per la protezione dei consumatori verso i profes19
sionisti» .
Riconoscere che tale categoria costituirebbe di per sé un nuovo paradigma, un nuovo modello di contratto, significa ovviamente affermare e reclamare il suo distacco, la sua diversità dal modello del contratto del consumatore, e significa altresì affermare che tali modelli
(contratti B2C e contratti B2B) risponderebbero a logiche non ricon20
ducibili a linee unitarie .
Delineati i criteri per individuare da un punto di vista descrittivo
una categoria, si pone tuttavia il problema di verificare se – al di là per
l’appunto dei profili definitori e classificatori – tale insieme qualificato possa allo stato attuale definire una categoria concettuale «idonea
a proporsi quale perno nell’applicazione e selezione d’una specifica di21
sciplina» , la qual cosa appare – almeno allo stato – piuttosto improbabile.
mutuatario debba essere una persona fisica: nel secondo caso, poiché viene detto
esplicitamente dalla legge, nel primo perché l’unità immobiliare deve essere adibita
ad abitazione, il che sottintende, ovviamente, la natura di persona fisica del mutuatario. Rispetto al tradizionale ambito di applicazione della legislazione protezionistica sviluppatasi negli ultimi decenni, scompare ogni riferimento al consumatore, inteso come persona fisica che agisce al di fuori della propria attività economica o professionale. Rientrano nel campo di applicazione dell’art. 7, legge n. 40/2007, infatti,
anche coloro che hanno stipulato un contratto di mutuo per l’acquisto o la ristrutturazione di un’unità immobiliare adibita allo svolgimento della propria attività economica o professionale, purché si tratti di persone fisiche. Non rientrano dunque nel
campo di applicazione della legge i mutui in cui la parte mutuataria sia una società,
un comitato, una fondazione, mentre nulla viene detto in ordine alla parte mutuante, che potrà quindi essere persona fisica o giuridica.
19
Così, V. ROPPO, Prospettive del diritto contrattuale europeo, cit., 281, nel descrivere in sintesi la posizione dei fautori dell’autonomia del terzo contratto.
20
Lo evidenzia chiaramente, V. ROPPO, Parte generale del contratto, contratti del
consumatore e contratti asimmetrici, cit., 696.
21
È l’interrogativo con cui si apre l’ampio studio di A. ZOPPINI, Il contratto
asimmetrico tra parte generale, contratti di impresa e disciplina della concorrenza, in
Riv. dir. civ., 2008, I, 515 ss.
2.
14
I contratti del consumatore
3. Il contraente consumatore
3.1. Il contraente debole e il consumatore
Da anni si conosce e si discute intorno al contraente c.d. debole; in
particolare, a seguito delle iniziative della Comunità europea, si è via
via imposta all’attenzione tanto dei teorici quanto dei pratici il contraente caratterizzato da una posizione di (presunta) debolezza nei confronti della controparte professionale, definito in generale “consumatore”, ovvero, a seconda dei settori “cliente”, “investitore”, “turista”,
“acquirente”.
La dinamica degli affari ci consegna situazioni in cui – la circostanza è ben nota – il rapporto fra le parti è ben lontano da quella
posizione di parità di forze che in teoria dovrebbe essere garanzia di
una efficiente dinamica contrattuale; si tratta di situazioni verso le
quali il legislatore ha sentito la necessità di intervenire, settore per
settore, a ridisegnare il quadro delle regole al fine di favorire il ritorno di una corretta ed equilibrata dinamica contrattuale, grazie alla
previsione a una serie di correttivi e cautele.
Se di regola – ma approfondiremo a breve la questione nelle pagine che seguono – il termine “consumatore” viene utilizzato per indicare un contraente debole persona fisica che agisce fuori dall’attività professionale o imprenditoriale eventualmente svolta, le altre figura sopra accennate non sempre condividono tale sostanza.
Quanto ai rapporti bancari, ad esempio, la controparte dell’istituto di credito viene genericamente individuata – anche nelle norme
relative alla trasparenza dei rapporti contrattuali (sulle quali si veda
infra, cap. III) – nel “cliente”, il quale non individua un soggetto persona fisica che opera al di fuori dell’eventuale attività professionale o
imprenditoriale eventualmente svolta ma – per l’appunto – semplicemente la controparte del rapporto (cfr., ad esempio, artt. 117, 118 e
119 T.u.b.).
Il paragrafo 3 della sezione I dei Provvedimenti di Banca d’Italia
attuativi della deliberazione C.I.R.C. 4 marzo 2003 (di cui si dirà oltre) definisce “cliente” «qualsiasi soggetto, persona fisica o giuridica, che
ha in essere un rapporto contrattuale o che intenda entrare in relazione
con la banca / l’intermediario»; la medesima disposizione precisa, peraltro, che non rientrano nella definizione di “cliente” i seguenti soggetti: banche; società finanziarie (intermediari, nel Provvedimento Intermediari); IMEL; imprese di assicurazione; SIM (nel solo Provvedi-
15
Diritto dei contratti e tutela del consumatore
mento Intermediari); imprese di investimento; OICR (fondi comuni
di investimento e SICAV); SGR; società di gestione accentrata di strumenti finanziari; fondi pensione; Poste Italiane S.p.A.; Cassa Depositi e Prestiti e ogni altro soggetto che svolge attività di intermediazione finanziaria.
Dunque, non vi è necessariamente coincidenza fra consumatore e
le figure destinatarie di norme che appaiono come riequilibratrici del
rapporto con la controparte contrattuale professionale del settore di
riferimento e destinataria dei precetti comportamentali dettati dalle
stesse norme.
3.2. Origini ed estensione della nozione
22
L’originaria nozione di “consumatore” «non ha contenuti certi
23
né confini sicuri» ; la vaghezza che la connota deriva dalla sua gene24
si: sociologica ed economica più che giuridica .
La definizione di consumatore che si rinviene nei testi di deriva25
zione comunitaria è residuale e negativa, poiché è fondata su ciò
che questo soggetto non è, essendo lo stesso caratterizzato da tre elementi, due normativamente espressi, il terzo – essendone un corollario – ricavato dai precedenti: a) positivo, l’essere persona fisica; b) negativo, l’assenza di professionalità; c) l’agire per soddisfare bisogni della sfera privata (personali e/o familiari).
La figura di consumatore non si limita peraltro al solo contraente,
ma coinvolga molteplici situazioni giuridiche anche tra loro distanti.
Il panorama legislativo, infatti, inerisce ad un soggetto considerato di
volta in volta: a) come parte di un contratto, bisognevole di tutela
specifica nel momento stesso della contrattazione; b) come destinata22
G. ALPA, Il diritto dei consumatori, nuova edizione riveduta e aggiornata, Bari,
1999; AA.VV., Il consumatore e l’Europa: recenti sviluppi, Napoli, 1994; U. MATTEIF. PULITINI (a cura di), Consumatore, ambiente, concorrenza: analisi economica del
diritto, Milano, 1994; H.A.J. GREEN, La teoria del consumatore, Milano, 1976; A. DE
STROBEL, La sovranità del consumatore, Padova, 1970; G. FABRIS, Il comportamento
del consumatore: psicologia e sociologia dei consumi, Milano, 1970.
23
Così, incisivamente, F. DI MARZIO, Clausole vessatorie nel contratto tra professionista e consumatore, in Giust. civ., 1996, II, 517.
24
Così. G. ALPA, Consumatore, in Contr. e impr., 1987, 313.
25
Sulla definizione di consumatore e sul metodo per ricostruirla, si veda G. ALPA, Ancora sulla definizione di consumatore, in Contratti, 2001, 205 ss.
16
I contratti del consumatore
rio di una tutela contro gli abusi di cui può essere soggetto fuori dalla fase della contrattazione o prima della stessa e in funzione propedeutica a questa, ovvero dopo la conclusione del contratto, per essere indennizzato dai danni subiti a causa di questo; c) come indiretto
oggetto di tutela al di fuori dalla contrattazione e al di fuori di messaggi diretti; ad esempio con le leggi sulla protezione dell’ambiente e
26
del suolo che indirettamente tutelano il consumatore .
In quest’ottica, si evidenzia la molteplicità degli interessi di cui si
cura la tutela: il diritto alla salute, alla sicurezza e qualità dei prodotti
e dei servizi, ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità, all’educazione al consumo, alla correttezza e alla trasparenza ed
equità nei rapporti contrattuali concernenti beni e servizi alla promozione e allo sviluppo dell’associazionismo libero e volontario, all’erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità ed efficienza.
L’espressione “consumatore” delinea, dunque, colui che non è pro27
fessionista o imprenditore . In questa prospettiva, «il consumatore non
è il singolo individuo in quanto tale (il “particulier”) ma l’individuo che
è parte di un rapporto istituito con un soggetto a lui contrapposto, che
presenta caratteristiche opposte, cioè un individuo (o un ente) che svolge
28
attività professionale (commerciale, finanziaria, liberale, ecc.)» .
3.3. La definizione del Codice del consumo
Il Codice del consumo ha introdotto una definizione unitaria dei
protagonisti della vicenda di consumo, ossia – per l’appunto – il “consumatore”, da un lato, e il “professionista”, dall’altro, riprendendo sia le
definizioni degli stessi soggetti già presenti a livello delle singole discipline settoriali, sia la definizione contenuto a livello generale nella legge
30 luglio 1998, n. 281 («Disciplina dei diritti dei consumatori e degli
utenti»), che, in particolare, all’art. 2, lett. a), definiva “consumatore”
quella persona fisica che acquista o utilizza beni o servizi per scopi
non riferibili all’attività imprenditoriale e professionale eventualmente
svolta.
L’art. 3 cod. cons. stabilisce l’ambito soggettivo di applicazione
26
Lo rileva V. BUONOCORE, Contratti del consumatore e contratti d’impresa, in
Riv. dir. civ., 1995, I, 12.
27
G. BENACCHIO, Diritto privato della Comunità europea. Fonti, modelli, regole,
V ed., Padova, 2010, 306.
28
Così, G. ALPA, Ancora sulla definizione di consumatore, cit., 205.
Diritto dei contratti e tutela del consumatore
17
della sua disciplina definendo “consumatore” «la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana29
le o professionale eventualmente svolta» ; rispetto al dettato dell’art.
1469-bis c.c., quindi, si aggiunge, accanto all’attività imprenditoriale e
professionale, quella commerciale e artigianale. Inoltre, il Codice del
consumo, ha realizzato l’unificazione della nozione di consumatore, fino ad allora riconducibile ad una molteplicità di norme, soprattutto di
origine comunitaria, sparse nel codice civile e in leggi speciali.
Quanto alla definizione di “professionista”, rispetto all’art. 1469bis c.c., così come avvenuto per il consumatore, è stato aggiunto il
riferimento all’attività commerciale ed artigianale, in modo da creare
una figura perfettamente speculare al consumatore. Inoltre, la definizione di professionista presente nel Codice del consumo da un lato, integra la disciplina precedente prevedendo che la normativa si applica anche a chi agisce non in prima persona ma in quanto interme30
diario dall’altro, cancella l’inciso «pubblica o privata» relativo alla
persona giuridica; dunque, viene eliminato ogni riferimento al caso in
cui la Pubblica Amministrazione autorizzi o predisponga contratti di
diritto privato con i consumatori. Si ritiene peraltro che tale mancanza
sia dovuta al fatto che il significato dell’inciso è già ricompreso nella
formula generale «persona giuridica»; dunque la qualità di professionista viene generalmente riconosciuta anche alle persone giuridiche
31
pubbliche che svolgono attività d’impresa .
Altra novità introdotta dal Codice del consumo è che viene preso
in considerazione non solo il consumatore come individuo ma anche
collettività: l’art. 3, infatti, definisce le associazioni di consumatori come «formazioni sociali che abbiano per scopo statuario esclusivo la tu32
tela dei diritti e degli interessi dei consumatori» . La norma si riferisce implicitamente agli interessi diffusi dei consumatori, di cui l’associazione si fa portatrice e elencati al comma 2 del cod. cons.; inoltre,
specifica che lo scopo perseguito deve essere esclusivo: non sono quindi
ammessi gli enti con scopi ulteriori, con finalità più ampie o con scopo di lucro. In realtà, proprio in relazione a questi ultimi, la norma è
stata oggetto di critiche visto il ruolo svolto in Italia dalle società co29
Art. 3, comma 1, cod. cons.
30
Art. 1469-bis, comma 1.
31
E. GRAZIUSO, La tutela del consumatore contro le clausole abusive, Milano,
2002, 179.
32
Art. 3, comma 1, cod. cons.
18
I contratti del consumatore
33
operative di consumo nella promozione dei diritti dei consumatori .
La qualità di consumatore è data dall’atto di consumo posto in esse34
re ; con ciò si vuol dire che il soggetto agente cessa di essere consumatore «un momento dopo l’atto di consumo»; ciò vuol dire anche che
«non lo era ancora nel momento precedente» e che prima o subito do35
po può rivestire la qualità di imprenditore . In altre parole, l’essere
36
consumatore costituisce uno status temporaneo .
La Corte di Giustizia delle Comunità europee ha precisato che il
termine “consumatore”, come definito dall’art. 2, lett. b), della direttiva 93/13/CEE, deve essere interpretato nel senso che si riferisce esclu37
sivamente a persone fisiche .
Sebbene la fattispecie concreta riguardasse il caso di società, alla
Corte è stato sottoposto non solo il quesito «se possa considerarsi consumatore una società» (punto 10 della sentenza, quesito n. 3) ma anche quello «se il concetto di consumatore sia esclusivamente riferito alla persona fisica, con esclusione di qualsiasi altro soggetto» (punto 10
della sentenza, quesito n. 2, seconda parte).
La Corte ha deciso in poche battute la questione in base ad un’argomentazione prettamente letterale: posto che l’art. 2, lett. b), della
direttiva 93/13/CEE definisce “consumatore” «qualsiasi persona fisica» che soddisfa le condizioni enunciate dalla medesima disposizione
– rilevano i giudici comunitari –, «risulta quindi in modo chiaro (…)
che una persona diversa da una persona fisica, che stipula un contratto
33
E. GRAZIUSO, La tutela del consumatore, cit., 180 ss.
Cfr. V. FRANCESCHELLI, Consumer protection, teoria dell’atto di consumo ed il
centenario del codice di commercio, in Giur. comm., 1982, 776, richiamato anche da
F. DI MARZIO, Intorno alla nozione di “consumatore” nei contratti, in Giust. civ.,
2001, I, 2151 ss., spec. 2154, nota 13, in commento a Cass. 11 gennaio 2001, n. 314
con riguardo alla non applicazione della disciplina degli artt. 1469-bis ss. c.c. a un
contratto di fideiussione concluso da un amministratore unico di società e un istituto di credito a garanzia di alcuni rapporti accesi a vantaggio della società. La stessa
sentenza è pubblicata anche in Corr. giur., 2001, 891 ss., con nota di R. CONTI, La
fideiussione rispetto alle clausole vessatorie.
35
In questi termini, F. DI MARZIO, Intorno alla nozione di “consumatore” nei
contratti, cit., 2154-2155.
36
Cfr. E. GUERINONI, Sulla nozione di consumatore, in Contratti, 2002, 524-525.
37
Corte Giust. CE 22 novembre 2001 (cause C-541/99 e C-542/99), in Contratti,
2002, 519 ss., con nota di E. GUERINONI, Sulla nozione di consumatore. La soluzione
adottata dalla Corte di Giustizia, evidentemente, seppure si riferisca – per ovvie ragioni processuali – al caso sottoposto al suo esame relativo alla direttiva 93/13/CEE
(clausole abusive), ha valore anche con riferimento a tutte quelle altre ipotesi normative in cui si rinviene la medesima o simile definizione.
34
Diritto dei contratti e tutela del consumatore
19
con un professionista, non può essere considerata consumatore ai sensi
di detta disposizione».
Sono state così risolte – in senso negativo – le questioni relative alla
possibilità di configurare una categoria di “consumatori-imprenditori” (artigiani, piccoli commercianti e imprese familiari, che agiscono
per fini professionali e che si trovano in una situazione di debolezza
rispetto ad altri imprenditori loro controparti) e di comprendere nella definizione di consumatore, oltre alle persone fisiche, anche persone giuridiche e enti di fatto (per esempio, le ONLUS).
Proprio con riguardo a tali aspetti si è segnalata la possibilità di
una crisi della definizione di consumatore.
Sintomatica, al riguardo, è la vicenda relativa alla sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 1469-bis.
Il Giudice di pace de L’Aquila, ad esempio, ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della
norma dell’art. 1469-bis c.c. con riferimento agli artt. 3, 35 e 41 Cost.,
nella parte in cui definisce consumatore solo la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta e non anche la persona fisica che agisce per scopi professionali e la persona giuridica, imponendo una disciplina differenziata e discriminatoria per situazioni soggettive e contrattuali analo38
ghe, se non identiche .
La diversità di trattamento – rileva il giudice della rimessione – non
sembra avere sufficiente e razionale giustificazione, apparendo evidente che consumatore è colui il quale consuma o adopera per i suoi bisogni i prodotti dell’agricoltura e dell’industria, e tale non sarebbe per
la normativa precisata anche la persona giuridica o la persona fisica
39
che agisce per scopi imprenditoriali o professionali .
Tale discriminazione sembra al giudicante concretarsi non solo nella mancanza di tutela del lavoro in tutte le sue forme, restando fuori
della finalità della norma artigiani, piccoli imprenditori, imprenditori
agricoli, imprese familiari, ecc. che pure devono intendersi consumatori, ma anche nella violazione del principio di uguaglianza, perché si
impone un trattamento differenziato senza un apprezzabile motivo
40
costituzionale e quindi irragionevole .
38
Si veda l’ordinanza di rinvio emessa dal Giudice di pace L’Aquila 3 novembre
1997, in Giust. civ., 1998, I, 2341, con nota di L. GATT, L’ambito soggettivo di applicazione della normativa sulle clausole vessatorie.
39
Giudice di pace l’Aquila 3 novembre 1997 cit.
40
Giudice di pace l’Aquila 3 novembre 1997 cit., 2341.
Scarica